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Full text of "Museo Cospiano annesso a quello del famoso Ulisse Aldrovandi e donato alla sua patria dall'illustrissimo signor Ferdinando Cospi patrizio di Bologna e senatore cavaliere commendatore di S. Stefano, Balì d'Arezzo, e march. di Petriolo, fra' gli Accademici Gelati il fedele, e principe al presente de' medisimi"

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MVSEO  COSPIANO 

ANNESSO  A  OyELLO  DEL  FAMOSO 

VLISSE  ALDROVANDI 

E  donato  alla  Tua  Patria  dall’  IlIuftriEimo  Signor 

FERDINANDO  COSPI 

PATRIZIO  DI  BOLOGNA  E  SENATORE 

Cavaliere  Commendatore  di  S.  Stefano^  Ball  d’ Arezzo,  e  March,  di  Petriolo, 
FRA’  GLI  ACCADEMICI  GELATI 

IL  FEDELE, 

E  PRINCIPE  AL  PRESENTE  DE’  MEDESIMI. 
DESCKIZIONE 

2>/  LORENZO  LEGACI  CREMONESE 

"Dottor  -Filofofo ,  Medico  j  e  Pubblico  Profefpìre  delle  Lettere  Greche  t»  Bologna , 

f^ccadentico  ApatiPtAj  e  Anjiofo . 

AL  SERENISSIMO 

FERDINANDO  III. 

PRINCIPE  DI  TOSCANA- 


IN  BOLOGNA,  per  Giiiconio  Monti.  MDCLXXVII.  Con  licenza  de’ Snpenori . 


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Digitized  by  thè  Internet  Archive 

in'2013  • 


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http://archive,org/details/museocospianoannOOIega 


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’  Alta  Providcnza ,  che  m’  avea  dcftmato  a  nafeere, 
e  vivere  Servidore  del  Scrcnifs.  Gran  Duca  Ferdinando  li.  Gloriola  Me¬ 
moria,  il  compiacque  provedermi  ancora  di  un  genio,  e  di  una  inclina» 
zione  alle  curìolìta  naturali ,  a  feconda  del  genio,  e  dell  *  inclinazione  di 
queir  Altezza,  altresì  che  in  ogni  cofa,in  quello  fapere  celebre,  e  prò- 
digiofa  a  tutto  il  Mondo  ^  £  perche  non  ebbi  il  talento, fé  non  a  mifura 

+  3  della 


della  condi‘zione>  e  inferiore  a  quello  di  si  Gran  Principe ,  quindi  c  >  che 
non  potei  darne ,  fé  non  debole  ancora ,  il  faggio  fra  gli  angufti  confini 
della  mia  Cafa>  e  in  quel  folo  pezzo  di  Mufèo,  che  alla  Patria  donai, 
tal  quale  ci  fi  fofTe  ,  con  gradimento  de’  miei  Signori  Colleghi  nel 
Senato.  Ma  in  oggi  il  Nome  diVoftra  Altezza  Scrcnifsima,  che  forte 
rumoreggia  fra  gli  uomini,  mi  dcfta  le  fpcranze  a  bramar  gloria  alla 
mia  inclinazione:  e  rifolvo  efporla  dedicatale  in  iftampa,  perche ,  su  ’l 
volo  alla  fua  Serenifs. Fama, (corra  gli  occhi  di  lontani  Pacfi,e  rifplen*- 
da  fotto  quc’  medefimi  titoli,  che  Tempre  diedero  il  luftro  alle  mie  più 
gradite  fortune  .  Furono  divertimenti  della  mia  gioventù  :  c  so  non 
avere  altro  merito  di  confervarfi  nelle  Stanze  unite  al  famofo  Mufeo 
Aldrovandi,  ò  di  comparire  in  pubblico, che  nelle  belle  cofc  donatemi 
dalla  generofa  bontà  de’  Serenifsimi  Principi  di  Tofcana*,  Nulladime- 
no  fupplico  umilifsimamentc  1’  Altezza  Voftra  a  contentarfi  di  dar  vi¬ 
ta  col  fuo  Nome  a  quefta  mia  leggiera  cofa,  e  a  gradirne  nel  Libro 
1*  imagtne,  come  imagine  della  mià  riverenza  alla  Gloriola -Memoria 
del  Serenilsimo  fuo  Grand’  Avo,  particolarmente  da  me  venerata  nc’ 
Filofofici,  e  virtuofi  divertimenti  di  Voftra  Altezza  Serenifsima,  alla 
quale  con  tutto  il  cuore  pregando  dat  Dio,  Salute,  Vita ,  e  Felicità 
profondifsim amente  m*  inchino. 

Di  V.  A»  Serenifsima  * 


Di  Bologna  li  ó.  Aprile  1677. 


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■  1.  ^ 


VmiliTsimo  Servo 
.  FirÀwandt^Cofpi» 


Dic  28.  lunii  iè6o.  . 

« 

Ongregatis  ìlluftrifsimis  Dominis  Rtformatorihus  Status  £i- 
htrtatts  Civitatis  Bononia  m  Aula  eorum  (olita  COngre» 
gationts  ,  Refidentu  in  numero  vigtnti  /ex Inter  epfos 
mfrafcrtptum  partitum  pofitumy  legitime  obtentum  fuit, 
videlicet . 

P.  C.  facultatem ,  atque  omnimodam  auctoritatem  in  Dominos  MunimiT 
ni  PrafsBos  i  per  (ufragta ,Viginti  quatuor  affirmativa  ,  collatam  efSe 
voluerunt  concedendi ,  feu  potius  af signandi  tn  perpetuum  D.  Balivo 
Adarchioni  Ferdinando  Cofpio  Senatori  unum  Conclave  adharens  Stu¬ 
dio  Aldrovando  in  publico  Palatio  Bonon.  cum  duabus  Manfiunculis 
udem  Conclavi  contiguis  i  eaque  ad  cuflodtam  Studii  Adifcedaneorum, 
quo  idem  O-  Marchio  muntffcè  agens  erga  liluCirt/simum  Senatum 
Publicam  rem  donavit  ,  qua  quidem  inftgni  liber  alitate  meriti/stmi 
Collega  P.  C.  permoti,  eas  manfiones  Stemmate  gentilitio  Gentis  Cofpia 
dtilingui,  ea/demque  Cofpias  tn  avum  denominari  vdmrunt ,  monu¬ 
mentumque  fuperinde  in  ipfis  apponi  mandarunt ,  DoCtori  autem,  cm 
Studii  Aldr ovandi  pro  tempore  fuerit  commtffa  cu^odta  feparqùm  ta¬ 
men,  ^  ad  partes  diligenti  perhabita  de/criptione  Typis  imprimenda 
omnium ,  fingularum  rerum  in  eifdem  Manfiontbus  contentarum 
jiat  traditio ,  iis  etiam  fuper additis ,  qua  tempore  obitus  dtóìt  D.  Mar^ 
chionis  Ferdinandi  adiséìa  tunc  compertum  fuerit  ,  cum  obligatione 
etujdem  Dodorts  mhil  unquam  amovendi ,  omniaque  fint  [uppofita 
JlluQrtfsimt  Domini  pro  tempore  txtUtferi  lu/litia  ,  Cf  Dominorum 
Archigy  mna  fio  Bonon.  Praf edorum  patrocinio  là  qmbus  Tàominu  Pra- 
jeCtis  unicam  /altem  quotannis  e  tu/dem  Studii  vifitationem ,  cumque 
Inventario,  [eu  de/criptione  praiida  rerum  omnium  collationem  mt~ 
mor  in  largitorem  pietas  exigat.  Contrariis  non  ob flantibus  qmbu/^ 
cumque,  CSCc, 

Ita  eli  Cofmus  GuaUndus  Illtifirifs,  Senatus  Bonon.  Secretarias , 

L.  ^  S. 


Vidit 


APPROBATIONES. 

Vidit  D.  Carolus  Gorranus  Re£^:o^  Poenitentiarice  pro  Eminentiis.  6c 
Rcvcrendirs.  D.  Hieronymo  Card.  Boncompagno  Archiepifc.  Bo¬ 
nonia?  3c  Principe,  (S:c. 

D.  Doftor  Bonfiliolos  Revifor^Sanfti  Officii  videat,  Sc  referat. 

Fr,  S$xt.  Ctrch,  Inqmfit,  (S^c. 

Mufci  Cofpiani  Libros  Quatuor  ab  eruditifsimo  Viro  Laurentio  Lega¬ 
to  eleganter  conftru£fos,  pro  Reverendiis.  Patre  Inquifitore  Bonon. 
vidi  ego  Silvefter  Bonfiliolus  Ph.  3c  Med.  D.  8c  SS.  Inquifitionis 
Revifor,  Sc  Imprefsione ,  &  immortalitate  dignos  cenfui . 


Hujufce  Mufci  Librum  Quintum  ,  &  ultimum  vidit  Valerius  Zanus 
pro  Reverendifs.  Patre  Magiftro  F.  Sixto  Cerchio  Inquifitore  Ge¬ 
nerali  Bononia?,  Sc  Typis  imprimi  pofTc  cenfuit. 


Imprimatur 

Fr.  Sixtus  Cerchius  Ordinis  Pra?dicatorum  Sacra?  Theologia?  Magift. 
ac  Inquifitor  Generalis  S.  Officii  Bononia?. 


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.  q7«  dei  'SÌg.  Marchep,  Bali  Bérdìnando  Cpffi  mi  dedicare  il  di  lui  Md-fm  ^ 

ALL’  ALTEZZA  SERENISSIMA 

DI  PER  D  I  N  A  N  D  O  TERZO 
PRINCIPE  DI  'toscana. 


Del  Sig.  Vincenzo  Maria  Marefcalchi  fra  ’  Gelati  il  Ritenuto.' 


Vlgido  Sol. d' Etruria,  o  come  poco 
Vario  fei  Tu  dal  Sol,  ch’i  lampi  luoi 
Manda  à  l*Efperio  Mar  da  i  lidi  Eoi, 
£  da  i  Climi  del  gelo  à  quei  del  foco. 


S’ei  gran  Duce  è  de  gli  Aftri:  in  pari  loco 
Sei  Tu  gran  Prenze  de’  più  chiari  Eroi, 
Onde,  à  ragion,  propizir  i  lumi  Tuoi,  ’ 
Quai  d’altro  Apollo,  à  le  mie  Mvse  invoco; 

=  ..  'P  ^ 

Quantunque  humil,  non  ifdegnar  1’ omaggio: 
Ch’il  Sol  baffo  vapore  anche  talhora 
Trahe  de  de  Stelle  ad  emulare  il  raggio:  r 

T 

Le  ftille  imperla  n  Sol,  gli  atomi  indora; 

Nè  ’l  farai  Tu,  che  con  sì  gran  vantaggio 
/  Spieghi  di  Meraviglie  i  Mondi  à  Flora? 

mi* 


7«  ferfona  del  fudetto  Signor  Marchefe 

ALLA  MEDESIMA  SERENISSIMA  ALTEZZA 
Del  Sig. Don.  AlelTandro  Barbieri  fra'  Gelati  l’Anelante. 

AVoij  Gran  Sire,  al  cui  crefeente  Impero, 

Quant’  è,  del  Mondo  un  Globo  fol  non  bafta,  ^ 

11  cui  gran  Senno  fui  fiorire  intero. 

Ben  degno  parto  è  d’  una  Mente  Vada. 


A  Voi,  per  cui  Sorte  a  Virtù  contrada, 

Marte,  eh’ anco  riforge  Anteo  più  fiero, 
A  Voi  Adrea  Nume  di  chi  fovrada. 
Trofeo  di  cori  innalzeranno  Altero. 


A  Voi,  perche  da  me  ciafeuno  impare, 

Confagro  con  ofiequio  il  più  profondo 
De  la  mia  Fè,  quede  reliquie  care. 

Fernando  à  Cosmo  Figlio,  e  non  fecondo. 

Ben  è  dover,  che  torni  il  rivo  al  Mare, 

£  eh’  offra  à  Voi  quanc’  hò  di  raro  al  Mondo. 


Del 


Del  Sig.  Canonico  Ca  Carlo  Ccfafc  MalvàGa  fra’  Gelati  I*  Afcofo. 

-  T  ‘  i  /\  * 

Setra  il  Mufeo  Cèfvuno ,  "  ' 

ODA. 

INgcgni,  o  voi,  che  di  Natura  amici 

I  fuoi  profondi  arcani  ita  cercando,  :orii  < 

Venite,  ove  fi  prende  il  gran  Fernando 
De  gl’intelletti  à  prò  cute  felici. 

Cumulo  tal  di  Maraviglie  ignote 

Con  Regio  dono  à  la  fua  Patria  aduna. 

Che  portento  maggior  lotto  la  Luna 
11  Sole  ifiefib  rimirar  non  puote. 

Ciò  che  lungo  tenor  di  freddo  Cielo, 

Ciò  che  d’orrido  Mar  lungo  tenore 
Impetri,  congelò,  qui  per  ftupore 
Fà  di  pietra  ciafeun,  rende  di  gelo. 

Ciò  che  mandano  mai  ftranìeri  Liti, 

Ciò  che  accolgono  mai  Rupi  (Iraniere, 

Ciò  che  chiudono  in  fen  cupe  Miniere, 

Sono  del  luo  defio  Voti  efaudici. 

Qui  partorifee  il  fuol,  vomita  l’onda 

Le  lofianze  più  occulte,  c  le  pili  rare, 

E  non  hà  più  la  Terra  ,  e  non  hà  il  Mare 
Cola,  che  nieghi  l’un,  l’altra  nalconda. 

Qui  gli  ElenKetitiihan  tiu6Vi  pugtìa»  e  quiti  ^ 

Il  primato  cialcun  chiede,  e  procura, 

E  qui  di  litigar  con  là  Natura 

Spiega  in  mill’  Opre  lue  l’Arte  i  motivi J 

Vola  intanto  la  Fama,  e  que’  litigi. 

Danno  a  la  Tromba  d*  or  fiati  eloquenti; 

L’ ifteffa  Lode  entrando  in  que’ portenti. 

Non  sd  più  terminar,  che  ne’  prodigi. 

Se  fù  già  foto  un  *  Aldrovandd  Vusse 

De’  Portenti  il  Maefiro,  ànfei  de*  Móstri, 

Non  è  più  fol,  nè  per  i  tempi  noftri 
11  non  più  oltre  ài  luo  Mvseo  ptéferifTe. 

Che,  s’egli  era  in  quel  fécólo  fecondo 
Fenice,  e  Sol  de’ più  elevati  Ingegni, 

Oggi  moftra  Fernando  a  rami  legni. 

Che  più  d’uti  Sole,  c  due  Fenici  hà  il  Mondo; 

oftru» 


Del  Sig.  Floriano  Malucz^,  "  !  :  '  l  i 


Ì)iJfervo  il' gran  concorfo  di  'PAffaggteri  al  Mttfeó  còp'fojìffimfr  \ 
deir  Illttlirifs,  Sig.  Marchefe  Bali  Ferdinando  Cofpii\ 


FAtto  r  Huotn  peregrin  valica  i  Mari, 

E ‘per  .vario  fenticr  le  piànte  indura. 
Palla  d’Alcide  gli  ultimi  Ripari, 

'  A’ (velar  1’ Opre  d’Arte,  e  di  Natura^ 


il  genio  à  fatollar  vota  gli  Erari» 

E  ftanco  ancor  di  ripofar  non  cura. 

Che  più  dolci  à  lui  fon,  quanto  più  amari 
Quei,  che  Menfa  ofpital  cibi  procura,  i  ' 

Batte  del  Mondo  or  quella  parte,  or  quella. 

Di  novi  Mondi  Éfplorator  fecondo,  ^  ' 
Nè  inclemenza  di  Cielo  il  piè  gli  arreda. 

Ma  fermo  qui,  1*  odo  efclamar  facondo 

Che.  di  duo  Mondi  meraviglie  apprefla'  " 
Vn  fol  Myseo,  eh’ è  Meraviglia  al  Mondo. 

{  ■  .  ... 


Del  5igr  Abbate  Roberto  Malu^zzi» 

{.yfpojlrofe  alle  Medaglie  de'  Cefari  \  che  nel  Mn/èo  dell'  Illufigìfs,  Sig, 
Marchefe  Cofpi  f  feorgono  egregiamente  fcolpite ,  con  allttfione 
a  i  tre,  Monti  Infegne  dèi  fudetto  Cavaliere ,  -  '' 

I Meliti  Eroi,  che  de  1*  Etade  a  feorno 
1  fulmini  d’ oblio  fchernite  illeli, 

-Voi,  che  à  glorie,  e  trofei  mai  Tempre  intefi 
Verdi  allori  inneftate  al  crine  adorno.  1 

Dite,  come  di  voi  Ranno  a  l’intorno  ,  * 

Odii  inulti,  e  furor?  Come  inoffeli  i 
De’ Claudii,  e  de’  Neron  gli  (degni  accefi 
Tran  nel  Cospio  Myseo  dolce  foggiorno?'  '  | 

Ab  che  ftupQr  non  è,  stanche  queV  Monti, 

Che  a’  Giganti  appreRar  tomba  d  ’  orrore 
A  grandezze  Reai  v  *  han  ricongionti .  j 

i  ■  .  ■ 

E  ben  dovean,  fe  già  inegual  fplendore, 

Sette  Colli  vi  dicro,  hor  l’alce  fronti 
Di  Trk*  Mosn  à  yoj  dàr  hpnorc . 


Del  Sig.  Mana  Maridm  fira*  Gékti  T  Addormentato. 


Ter  la  Galeria  delle ^refìnti  turlofìta  di  Naturs^t'^d'^  Arkf^ 
che  tutta  abbellita  d' ero  ^  t^ene  il  Nome  di  Mufeoe 
alludendo^  inoltre  a  i  Monti  dell'  Arme  Cofpi , 

:  i  ■  ’  TT 

CHi  1«  pace  ad  ApoUo  è  mai  che  fura? d 
Chi  le  Mvsb  involar  da  Pindo  ottiene? 

Chi  d’  ogni  Arte  con  lor ,  chi  di  Natvra 
Trafporta  il  fior  sù  le  Felfinee  arene? 

Fernando  egli  è,  che  di  tradurre  ha  cura 
In  riva  al  picciol  Ren  tutto  Ippocrene. 

E  di  riporre  in  leggio  d’  or  procura 

Col  luminofo  Arder  1’ alme  Camene*, 

>  » 

; 

Ei  (ol  con  regia  Man  1’ Aferee  Donzelle 
Da  gli  angufti  dirupi  ornai  fprigiona. 

Che  Parnallo  in  due  cime  erge  a  le  Stelle; 

’  *'1 

A  FeboT  Egli  apre  un  più  bel  Fonte,  e  dona 
,,A  le  tre  volte  tre  Ninfe  Sorelle 
In  sù  Tre  Monti  fuoi  novo  Elicona. 


'  ''  ■  '  '  -  "  *#.'1 

Del  Sig.  Dottor  Frdncefco  Scarfelli; 


c^/’  lllnUrifì.  Sig.  MÒrchefe  Cofpi  per  lo  fuo  Mufeo .  . 

FERttANDo  fdrfe  a  tributar  la  Croce, 

Che  con  vampe  d’ honor  t*arde  nel  petto. 

Mandò  da  Regni  fuoi  SÙ  Fin  veloce 

Quanto  il  Mondo,  eh*  è  nuovo,  hà  di  più  eletto. 

Dove  fiamma  di  Sol  l’Etiope  coce^ 

Dove  hà  Scitico  gelo  horrido  afpetto. 

Dove  alberga  Nettun  liquida  foce. 

Dove  hà  l’Arabo  Augel  per  tomba  il  letto.' 

Ivi  per  te  fudò  l'Arte,  e  Natura, 

E  il  tuo  braccio  adunar  1' opre  poteo , 

•Chiamando  al  Nome  tuo  Gloria,  che  dura. 

Onde  ripieno  io  pur  d  ’  Eftro  Febeo 

Dirò  del  Mondo,  anco  a  l’età  futura; 

Che  l’ottavo  Prodigio  è  il  tuo  Mvseo, 


AdUlu 


Ad  Illudriillmum  >  ampIilHmum ,  Se  genero/ilHtnum  Senatorem 

FERDINANDVM  COSPIVM 

TVNC  TEMPORIS  DIGNISSIMVM  BONONIA  VEXILUFERVM . 

mèg 

JDe  Chripoportiai  Csjpia  dono  data  Illufirifftmo  Senatui  Bononia  ab  eodentla 
lllujirifs.  Viro ,  d*  de  Petra  Salis  ^  feti  Sale  Lapideo  donato  eidem 
lllnBriffimo  Senatori  a  Carolo  T ajj^ono . 

CARMEN. 

CLaufit,  ut  exiguo  Archimedes  magnus  in  Orbe 
Quicquid  prodigii  fydera,  &  Axis  habent; 

Sic  generofe  heros,  Auguftum  germen  honorte 
Medicea  gentis,  Felfineumque  lubar. 

Claudis  in  excelfa  quicquid  modo  cernitur  Aula 
Quod  mirum  Tcllus  continet.  Aura,  Thetis. 

C^uod  vegetane  planate ,  quod  fenfu  animantia  gignunt 
Quod  foifile  cavis  contegit  in  latebris. 

Quicquid  portenti  ceflit  feniore  Vetuftas 
^vo,  feu  fceptri,  aut  Religionis  opus. 

Majores  vivos  menti  tua  cella  perennat. 

Contrahit,  ac  una  tempora  prifea  bafe^ 

Quicquid  ab  Euphrate,  Iftro  gemmifero  ,  vel  Tdafpe 
1  Aut  calido ,  aut  rigido  vertice  Zona  vehit . 

Quicquid  alit  Maurus,  difiunóìus  ab  Orbe  Brytannus, 

Quicquid  Belga,  Scytbse,  Celta,  &  Idum»  colit. 

Qux  rerum  ingeniofa  parens  portenta  fatigat, 

\  Seu  arcana  diu  praemeditata  parit. 

Qu£  Paradifalis  volucris,  corallia,  concha. 

Seu  nutrit.  Cinerum  aut  Principis  Vrna  capax; 

Kumina  feu  veterum,  Rom^evè  Numifmata  ,  nigra 
Seu  coralia  ferant,  armavè  Mars  cumulet. 

Nautica  quodquè  lapit  ventorum  confeia  forma, 

Quodquè  bilancis  opus  condidit  Indus,  habet ^  ^ 

Forfitan  Augur  erat  prsfentis  munens  Indus 
luRiticC  Signi,  quod  modo  lance  geris. 

'  Prodigijs  milcere  tuis  Sale  Petra  coadla 

Sc  gaudet,  vires  pandere  &  ipfa  fuas. 

Reliquia  forlan  ligni,  quod  prodidit  olim 

Loth  Vxor,  quando  reddita  imago  Salis!! 

Hoc  mirum  falcem,  folidae  tuae  munera  mentis 
Exprimet,  ut  lapis  eR,  utquè  falinus,  habet ^ 

’  ■  '  Humillima  devotionis,  &:  fui,  fuorumquè  oblationis  erga 

Deditiflimus  Servus 

Carolus  Tajfonas  Thil.  Med.  TioElor ,  olit»  in  Alm»  Arehi- 
gymni^Jio  Pifano  Theor.  Medie.  Lelier  Primarius ,  nime  in 
Sononienfi  PraBha  Profejfor  Ordinarius . 


liluftrifTimo  ,  &  Excellcntifsinio  D.  Marchioni 

E».  FERDINANDO  COSPIO 

FELSINEO  DYNASTA. 

De  fróperAndo  ad  pralum  Mufaum  CofpUmm  <*  qttond.  Il  tufi,  D.  Laureati»  Legat»  f 
iam  Archiatro  Excellentifsmi  D.  Pri/tcipis  Novellare ,  defcriputn . 


HVius  adorandse  noéìis  dùm  miror  honores, 
Qua  Deus  in  Cunis  incipit  elle  brevis. 


Effe  brevis,  folita  nec  majeftate  recedir. 

Imo  gygantefcic  plùs  breviatus  Amans; 

Arbitror  effe  meum,  multam  tibi,  ferre  falutcra 
Carminibus  paucis,  pauca  fed  iffa  lege.' 

Nec  tibi  pauca  falus  ,  fed  Coelo  audiore  triumpha 
In  Virtutis  Equo,  qua:  manifeila  nitet  . 

A’  Paulone  meo  legi  tua  lumina  mentis 
Angelici  Speculo  ffexa,  reffexa  ,  mihi. 

H»c,  recolendo,  colo:  Mufa?i  gloria  crefeat 
Prajlorum  auxilii;  Nobile  furgat  opus. 

Phoebefeat  Mundo.  Legati  lumen  odoro 
Ingenii  dodlas  parturientis  opes. 


» 

Non  ignota  cano,  Legatvm  credis  ademptum? 

Haud  equidem:  in  Lauro  plùs  viret  illa  fua. 

Hanc  igitur  Laurum  Phoebeam  fparge  per  orbem, 

Vt  videant  omnes,  quam  fit  amxna  comis. 

Omne  feres  pundium,  raiflum  dabis  utile  dulci: 

Surgat  Lautus,  habes.  Gloria  crefeat,  alis. 

Nicis  noóix  noftri  i^yó.  imo  77. 

•  4 

Pronus,  Promptus,  Perennis  Servus 
Petrus  Andreas  Trimherius  /.  C, 
AC  Leéfor  Va»  -  Hic  anus . 


Adnaod. 


_  Admod.  R,  F.  Sigifmmdi  Reguli  Coceapani  à  S*  Siherio 
Cler.  ReguL  Scholarum  F earum  • 

AD  ILLVSTiUSSIMVM  DOMINVM 


PERDI  NANDVM  COSPIVM 


Patritium,  Se  Sepatoretn  Bononienfem  Petrioli  Marchionem, 
in  Sacra  Divi  Stephani  Militia  Commendatorem  > 
Aretiique  Balivum . 


^ 


Mufeum  ab  eo  confinici um  magna  pra  fe  mentis  indicium  ferre . 


Amofe  cultor  nobilis  Ingcn;, 
Decus  diferte,  Cospe,  Bononia?} 
Cui  fors  merenti  deftinatas 
Impofuit  capiti  coronas; 


Seù  Te  decoro  nobilitas  finu,’ 

Seù  doctiorunji  Calliope  Choris } 
Seù  nutrit  infìgnem  beata 
Mercurialis  amor  Pal«efira: 

Seù  Te  vel  Aftris  efferat  inclytum 
Illuftriorum  Progenies  Avum, 

O  qualis  affurgis.  Tuarum 
Materies  operofa  laudum? 

Inter  Dynaflas  Felfina  Patrios 
Negotiolis  Falcibus  inierit. 

Tuoque  vibrandas  lecures 
Arbitrio,  generofiorem 


Experta  mentem,  tradit,  &  arduum 
Vulgus  lacratis  lubdere  legibus 
,  Te  mandat,  ut  lufti  tenacem 
Propofiti,  Icclcrumquè  vires 


Iniuriolas  indocilem  pati; 

Quem  Ijepè  Virtus  inter  amabiles 
Mirata  Cives,  traxit  alta 
'Mente  graves  agitare  curas.' 

Hinc  grande  Nomeo^fama  per  Italas 
Evexit  Vrbes;  hinc  ut  honoribus 
Eas  Etrufeorum  per  alci 
Divitias  Animi  beatusi* 


Hinc  &  falubri  confilio  porens 
Te  tolle  amico  faidere  Porfenas 
Adufquè  Tyrrhenos  aviti 
Imperii  Dominos,  &  inter 

Heroas  Arni  Flora  venuftior 
j^quata  dulci  forte  Bononise 
.Te  fronte  feftiva  fequatur 
Purpurea  Cruce  Candidatum. 

I  nunc  vetuflo  major  Avo  Nepos, 
Trophaea  claris  adde  Penatibus, 

Vel  purpuratis  appetenda 

Regibus,  atque  animo  refertus 

Sublimiori,  digna  canentibus 
Farana  Mulis  altifonum  locas 
Mufea:  quid  plus  allaboret 
Ingenux  tua  cura  mentis^ 

Qui  gurges,  aut  qux  flumina,  vel  folum 
Non  CospiANis  debitor  Atriis, 

Artifve,  Nacuixve  nifus 
Infolttos  properavit?  Imo 

Qnte  mira  narunt  xquora  ,  fludibus 
Ducium  profundis  hofpita?  qux  finu 
Telluris  hxferunt  opaco 
Divitibus  lodata  glebis 

Metalla?  lucis  quod  fuit  exteris, 

Scù  per  cavorum  vifcera  montium, 
Lignumve,  lucidumve  marmor 
Cum  nitidis  radiante  gemmis 

Colore?  quod  non  indè  popofcerit 
In  Teda  ferri  Cospia,  &  inclyta 
Mvsea  FtRNANDi  laturum 

Pcrpctux  monumenta  laudis  ? 

Quxfitor  illi  fludibus  arduis 
V'itrà  fonantcm  Navita  Bolphorum, 
VJtràquè  Calpen,  excitato 
Remigio  fupcravit  undas; 

Ditefquè  magnx  Tethyos  infulas 
Mercator  audax  Circuit,  &  freti 
Luflraror  Eoi  feraces 

Memnonidum  populavit  oras. 


jEgyp'us 


e 

'^gypms  illi,  dives  &  India," 
Arabafquè  cunda  non  fine  Perfide,^ 
Et  Medus,  extremiquè  SiniE, 

Et  refugi  pretiofa  Seres 

Mìfere.  Dulci  tangere  barbiton 
PJeólro  fuetus,  quid  refides  mora^ 
Legate,  facundum  fuada? 

Lumen,  Apoilìnerequè,  Cyrrhìe? 

Demitte  lingure  frsena  licentius 
Exuberanti,  pangat  ut  aurea 
Mvsbaj  cum  vada  ruentes 
Materie  fuperabit  annos. 

Sepulchra  notre  barbara  Mempheos, 
Vel  refluofi  littoris  horridus 
Ceù  pontus  obludans  arena 
Foemineutn  mihi  cellìt  olim 


Furva»  lacertum  pellis,  aridum; 
Hunc  mitto  :  Nigris  hifce  coloribus 
Verentis,  ò  Fernande,  noftri 
Accipias  animi  nitores. 


( 


3 


A!i' 


I 


All’  llludrifs.  Sig.  Marchéfe  Bali 

FERDINANDO  COSPI 

PER  LA  STAMPA  DEL  SVO  MVSEO 

DEDICATA 

; 

ALL’  ALTEZZA  SERENISS. 

DI  FERDINANDO  TERZO 

PRINCIPE  DI  TOSCANA . 

«ussi»  ' 

Ran  cofe  ,  almo  Signor ,  gran  cofe  havetc 
Difpofte  qui  con  (ingoiar  ftruttura  i 
E  a  guardar  di  Virtude  ogni  coltura 
Argine  invitto  c  quello  Libro  a  Lete. 

Qui  raccolto  vantar  voi  ben  potete 

Ciò  .  che  raro  han  nel  Suolo  Arte,  c  Naturaj 
Nè  bevanda  bramar  potea  piu  pura 
Dì  quell’ inchioftri  un’erudita  fete. 

Tutte  gran  cofe  in  ver  degne  d’  Eroi! 

Cofe  da  oprar,  eh  ’  ampio  (lupore  inondi 
Chi  non  (apra,  ch’il  tutto  opra  è  di  voi. 

Che,  per  altro,  ftupor  non  è,  che  abbondi 
Di  tai  cofe  un  Signor,  eh'  a’  merti  fuoi 
Liberali  s’ammira  ha  ver  SEI  MONDI. 

Benedetto  Ciuf  efpe  Balbi . 


Pro- 


( 


Ì^RDTNJ^ÌyVS  CoSPlVS  Patritius,  at  Senator  Bononiensis, 
l^fairhioPetinoIi%^es,Cornendator  Sancti  Sl^hani^amliuusAretiniis, 
etinead/SacniMilitia  e^e,acinterCuhiculmos  SerìtPDucisPtruri^Decamis 

f'iiusiiis  S-upterrrutì-L  -rjirvx :  -^-ttatLs  SUC  \jLj.rùinus  ^3~lM.lluech  fciiLp: 


IIIIHIIIIIMIIII 


Protetta  di  D. Teodoro  Bondoni  a  Chi  legge. 

Ivo  fuor  d' ogni  dubbio  ,o  Lettore ,  che  al  tuo  perfetto  intendimento  non  s  afconda 
■punto, eJJ'er  ella  fenten'^  da  buon  numero  d' Autori  ricevuta,  e  [opra  tutti  daFi- 
loJlrato,che  que'  luoghi, in  cui  fi  veneravano  le  Mufe,col  nome  di  Mufeifì  chiama f- 
fero\  So  che  avrai  parimente  iniefo ,  che  fe  bene  gran  parte  degli  Antichi  appro^ 
vb  felamente  quejio  nome  di  Mufa  per  tutelare  del  Canto ,  e  della  Foeda ,  nondimeno  molti  al- 
trivellerò comprenderfi fottountal nome  tutte  le  Scienze ,  mentre  appunto  il  nome  Moro,, 
Mufa,  à  f*<«V  qujEro,  querere;Mufaenim  vulgo  exponitur  inquifirio  ab  in- 

quifitione  Sapienti^,  quòd  doctos  rtudium  faciat,^  purequzCi  didas  Mufas 

volunt,  quòd  uno  nexu  omnes  difciplinse  teneantur,  atque  fiat  encyciopediai  benché 
altrivogltanojche  derivi  2l  docere,  inftituere,  b  pure  à  ^  quatenus  eil  incitor, 
il  che  altro  appreffo  de' Greci  non  vuol  dire ,  che  infegnamento  delle  Scienze,  incitamen¬ 
to  a  gli  Studii ,  e  invcjìigamento  di  quanto  vien  prodotto  dalla  Natura  » 

T  u  lo  fai,  ed  io fo  lamento  ho  pretefo  di  ridurtelo  alla  memoria,  perche  t'abbia  a  perfuade- 
redellaragione , per  cui  portai'n fronte  iltitolo  di  MVSEO  quefio  Libro,  nel  qtialefìdano» 
tizia  di  molte  notabili  cofe  radunate  inferno  ,  con  lungo  tempo, e  indufiria,ein  luogo  op-’ 
portano , conbella  fer  ie  ordinat  e ,  ad  ammirazione ,  eproftto  de  gl'  ingegni  Hudiofì  d' in- 
vefigare  le  (ìngolari  manifatture  dell' Arte  ,  e  l' opere  curiofe  della  Natura  . 

Ho  detto  cofe  notabili ,  con  lungo  tempo ,  e  induflria  raccolte ,  e  con  bella  ferie  ordinate  ;  ne 
già  intendo  difdirmene ,  perche  tali  elle fono .  Solamente  ho  da  pregarti  di  moderare  alquanto 
la  tua  efpetta^ione,  e  di  perfuaderti  di  non  aver  a  portarti  alla  vifla  di  un  Mufeo  alimetato  da 
una  magnifeenza  Reale ,  e  coltivato  da  una  indefeffa  applicazione  di  Frofeffori  Antiquari! . 

7"  u  hai  da  ojfervare  un  Mufeo  ridotto  a  quell  '  ejfere ,  in  cui  fi  trova  dalla  virtuofa  incltna  • 
zione  d' un  gener  ofo  Cavaliere ,  che  lo  comincib  per  nobile  pafatempo  nella  fiua  fanciullesca 
alla  Corte ,  ma  poficia  col  ere  fiere  degli  anni ,  venendo  addofifato  alla  di  lui  grande  abilita  il 
pefo  continuo  di  varie  cariche ,  e  maneggi,  tanto  in  fervigio  di  Serenijftme  Altezze ,  quanto 
della  V  atria  ,per  inter  effi  del  Publico ,  e  beneficio  de'  privati ,  come  e  noto ,  non  ha  mai  potuto 
fruire  dell'  ozio  proporzionato  a  fimile  applicazione,  onde  filamente feti  e  potuto  prevalere 
per  breve ,  e  interrotto  divertimento .  Tubai  da  dijìinguereunarifirvagione  di  molte  co- 
fi  fingolari  ,ma  perb  da  riputarle  come  avanfi-  di  un'  animo  gener  ofo  ,che  non  ha  mai  vo¬ 
luto  ritenere  per  fie  medefimo  cofa,che  pojfit  ejfer  piacciuta  ad  altri,  T  u  in  fine  hai  da  cofiderare 
il  tutto,  non  per  un'  opera  compita  di  Profefiore  erudite , ma  per  compitiamo  faggio  della 
gener  ofia  inclinazione  delSig.  Mar  chef  e  Bali  Ferdinando  Cofipi,  Cavaliere  di  tanta  filma ,  e 
impiego  apprefio  i  Sereni  fimi  diT  ofiana ,  e  apprefio  la  Patria ,  il  quale  altro  oggetto  non  ha 
avuto  nella  raccolta  di  quefie  curiofitafi  non  difioddisfate  al  debito  di  gratitudine  verfo  l 'il* 
lufirifs.  Senato  di  Bologna ,  in  cui  (  non  ha  molto  )  fi  trovava  aggregato,  avendo  per fuQ  ripofo 
rinùfiato  la  Dignità  Senatoria  ( per  Breve  Pontificio  impetrato  coll'  inter  ce  filone  delSerenifis, 
Gran  Duca  di  Tofana  fuo  Signore)  ad  uno  della  propria  Famiglia,  refi  andò  perb  onorato  dal 
medefimo  Senato  di  dimoUralfiof^o  di  fentimento  per  tal  volontario  difiacco ,  perchevi  era 
molto  amato,  e  Itimato .  Offerendo  perdo  dette  curiofità,  come  ha  fatto ,  in  opportuno  aumento 
del  Mufeo  del  famofo  Vlifife  Aldr  ovandi ,  appreffo  il  quale  ,  in  contigue  Stanze,fiono  appunto 
fiate  collocate  per  ordine  dello  siejfo  Senato ,  e  poficia  ivi  difipofie  con  nobile  j  e  ben  intefio  or¬ 
namento  dalla  munificenza  del  Sig.  Mar  chef  e  medefimo . 

Non  ha  dunque  gran  tempo  ,  eh'  egli  dal  parere  di  molfi fuoi  buoni  amici  fit  indotto  a  ere  • 
dere  degna  del  publico  aggradimento  una  tale  offerta  ,e  per  db  molte  cofe  ragguardevoli  la- 
fiiofiirapire  dall  a  violenza  del  fuo  gemo  di  farne  dono  a  chi  le  rimirb  con  affai  di  compiaci¬ 
mento  j  che  fe  prima  aveffe  nodrito  un  tal  fine ,  avrebbe  col  m'oderarfì  nelle  private  cortefie 
potuto  rendere  pittdovi'^o fa  la  fua  publica  liber  alita.  Tuttavia  conceda  pure  SuaDivina 
Madia  a  quefio  Cavaliere  quel  felice  allungamento  divita,che  daficuno,  che  lo  conofee,  e  obli¬ 
gato  a  defiderargli,  e far  a  ben  cura  del  virtuofio fuo  genio,meritamente  patrocinato  da fublimi 

Perfo- 


Ferfom^gt  ^  e  in  particolare  dalla  Sereni/sima  C  afa  Medici ,  il fecondar  e  con  notabile  ac¬ 
ero  fcimcnto  di  coCe  peregrine  l' erudita  paHur  a  preparai  a  nel  detto  Mufeo  y  ed  afaggiatafi 
era  con particolar  gudo  di  tutti  gl'  Ingegni ,  e  Cittadini ,  e  siranieri , 

.^indi  farai,  o  corte fe  Lettore  àn  debito  di  credere  ciò, che  (ìnceramente  deggio  avvi  far  ti  ^ 
cioè , che  non  ambiziofoftirnolo  divanagloria  afirinfe  il  Sig.  Mar  chef  e  alla  ftampa  diquefto 
Libro ,  ma  che  ne  lo  confglib  un  folo  motivo  di  commodità^  indirizzato  a  provedere  ne'  di  lui 
fogli  d' un  femplice  inventario  la  Httdiofa  curiofitd  ài  chi pofeia  avrebbe  gradito  foddisfarfi 
colla  villa  dello  Beffo  Mufeo . 

Porge ,  e  vero ,  diverfo  indizio  di  db ,  il  modo  conciti  ft  tejje  il  prefente  Volume ,  quale  fe 
ben  r  {fretto  a  materie ,  come  fi  conviene ,  trattate  in  compendio  (  che  per  altro  richiederebbo- 
no  ci  tfchedttna  i  Volumi)  refla  nondimeno  accompagnato  da  tali fenfate  pondera'fioni,e fpojt- 
zioni  erudite, che  viene  a  moflrare  dife  tuit' altra  fìgur a^che  d'un  femplice, e  nudo  Inventario, 

T*  ajftcuro  ,pere ,  che fenza  eferne  punto  complice  l' intenzione  del  Sig,  Marchefe  ,  il  tutto 
proviene  da  virtuofo  traf porto  del  già  Sig.  Dottore  Lorenzo  Legati  Cremonefe ,  il  quale  dopo 
una  glorio  fa  Carriera  di  Filofofici ,  e  Medici  Studii  appre/ì  in  quella  Patria  ,  avendo  anche 
alle  fudettc  difcipline  accompagnato  il  profitto  d' una  non  ordinaria  erudizione ,  fu  richieflo 
dal  fudetto  Signore  di  adoperarfì  in  tale  Inventario  j  ma  non  feppe  quefli  contenerfl  nella  fem- 
plice  efectizione  di  quel  fine  ,  che  aveva  tlSig  Marchefe , ed  avendo  ritrovata  abbondante 
/’  efea per  l' erudito  fuoguUo ,  volle  in  ogni  modo  foddisfarfene  tn  quel pih,chegHeflato  per» 
mefo  dalP  immaturo  termine  di  fua  vita  feguito  a  Novellar  a ,  dov  era  Medico  condotto  ;  ac. 
ci  dente,  che  privando  il  commercio  virtuofo  dell'  efpettativa  di  sì  degno  foggetto ,  hà  inter¬ 
rotto,  c  fofpefo  per  qualche  tempo  il  compimento  di  quell'opera  ,  Mancato  qn.fi  nello  Beffo 
tempo  il  Sig.  Dottor  G  io'.  Battisi  a  Capponi,  CuBode  dello  Studio  Aldr  ovandi ,  gl'  llluBrifmi 
SignoriCommijfarii  di  effo  Studio  fur  rogarono  in  tal  poBo  il  Sig.  Dottor  SilveBro  Bonfi- 
gli  uoli ,  foggetto  di  non  men  rara,  che  univerfale  erudizione , sì  per  effere  nelle  materie ,  c 
nel  taglio  Anatomico  verfato  a  maraviglia ,  come  nelle  Matematiche  di  non  ordinario  t alen¬ 
to, ol  tre  alla  cognizione  de  Semplici,  e  de’  Minerali  da  efo  poffeduta  -,  prerogative,  che  perfero 
al  Sig.  Marchefe  l' opportunità  dicono/cere ,  e  prevalerli,  per  mezo  delle fne  benigne  richtefie, 
di  un  tal  foggetto ,  abile  a  riparare  la  perdita  del  Sig  Dottor  Legati ,  in  quell'  ottima  gufa , 
che  pub  vederfì  nella  par  te  di  qufio  Libro, dove  fi  tratta  de  gl  idoli-, di  che  rimafiafommamen- 
te  appagata  Sua  Signoria  lllufirifs.  come  ancora  della  indttjlriofa,  erudita  applicafione ,  colla 
quale  tl detto  Sig  Dottore indefef amente  travaglia  all'  aumento ,  ó'  ornato  del  detto  Studio, 
hà  con  infinito  contento  fuo  fidato  al  medefimo  le  Chiavi  del  proprio  Mufeo  congionto  a  quello 
dell'  Aldrovandt,  con  raccomandarlo  alla  fua  amorevolezza,  difpofia  a  ben  confervar glielo  . 

E  quefto  e  quante  indifpenfahilmente  io  doveva  portarti  a  mtifia,  o  erudito,  e  cortejc  Let¬ 
tore , perche  tu  fappia  su  qual  grado  dt  ammirazione  ti  convenga  aggitid are  il  compaffo  del 
tuo  giudizio  per  ben  mifurare  quello  Libro ,  come  so  che farai,  riflettendo  fempre  al  genio  di 
nobile  Cavaliere ,  niente  antiquario  di  profefone ,  e  poco  proveduto  di  tempo  per  applicare  a 
ftmili  materie ,  benché  molto  inclinato  per  genio  a  dilettarfene . 

Mi  refla folamente  d' avvertirti ,  che  le  Memorie  ,  (fi  ogn  altra  cofa  di  quello  Libro,  fi fono 
deferi  tte  in  quel  modo ,  che  fono  .  <^indi  b  che  non  devi  afer  ivere  ad  imperizia  di  chi  l' ha 
compofto ,  fe  vi  refi  affi  qualche  da  te  fiimato  errore ,  b  lati  ni  fimo  non  coftumato ,  perche  C  im¬ 
pegno  di  chi  fcriffe  richiedeva  il  riferire  le  cofe  in  quel  modo  appunto  ,  che  f  ritrovano . 

.y  Hperfiuo  poi  fi  e  Bimato  l' aggiugnere  la  T  avola  degli  errori ,  perche  chi  legge  non  ftiole 
per  lo  piu  volerfi afioggettire  alla  briga  di  ricorrere  al  confronto,  ma  piu  toflo  coll'  esercitare 
atti  di  vera  cortefia f  -tol tollerare,  correggendo  fpontaneamente  ,i  trafeorlì difetti , 

Rifguar dando  dunque,  o  cortefe  Lettore,  con  occhio  benigno  quefi  '  Opera,  reiterai  ficuro,che 
l  Autore  nelB  aver  ragionato  delle  Deità  de  gli  Antichi, e  nell'efferficon  tale  occ  afone fervito 
de'  nomi  di  Divino ,  di  Santo ,  e  di  altri  attributi ,  che  gl'  idolatri  davano  a  quelle  Deità  ,  che 
riputarono  degne  d' adorazione,  hàintefo  fempre  di  par  lare  nel  fenfo  comune  della  Gentili¬ 
tà  ,fapendo  beni  fimo,  che  quelle  Deità  altrettanto  furono  mendaci ,  (fi  indegne  de  gli  accen¬ 
nati  nomi , quanto  empii  quegli ,  che  le  adorarono .  Vivi  felice ,  IN- 


INDICE  DF  CAPITOLI 

Contenuci  nel  prefente  Mufeo. 


LIBRO  PRIMO. 

"PN  E’ Corpi  Humani  Conditi,  e  del- 
JLJ  le  varie  forti  di  Mumia.  pag.  I. 

3.  De’Moftri  Humani.  5. 

3.  Divifione  de  gli  Animali  Bruti.  8. 

.  4.  Degli  Animali  Terreftri,  e  prima  de’ So¬ 
lidipedi  .  ivi. 

5.  De’  Bifulci.  ij. 

Ó.  De’ Quadrupedi  Digitati  Vivipari.  21. 

7.  D’ alcuni  Moftri  nel  genere  de’  Quadru¬ 

pedi  Digitati .  26. 

8.  De’ Quadrupedi  Ovipari .  30. 

5>.  De’  Quadrupedi  Ovipari  armati  di  Cor¬ 
teccia,  òfìa  delle  Teftuggini .  37. 

I  o.  De  gli  Animali  Aerei,  ò  fia  de’  V olatili ,  e 
prima  dell’Aquila  Manucodiata,  Cico¬ 
gna,  e  Gallo  d’  India  Pennachiuto .  40. 

1 1 .  D’ alcuni  Vccelli  Moftmofi .  44. 

1 2.  Delie  Ova  diverfe  •  4J. 

ij.  D’ alcuni  Infetti .  48. 

LIBRO  SECONDO. 

Cap.  I.  Ivifione  de  gli  Acquatili  del  Mu- 
feo.  pag.  53. 

3.  De  gli  Acquatili  Sanguigni,  e  prima  de’ 
Ceti,  ò Balene.  5J. 

3.  Del  Delfino.  <5o. 

4.  De’  Pefoi,  prima  de’  non  Ifcagliofi. 

Della  Spada.  71. 

5.  De’  Pefci  Cartilaginei ,  e  prima  de’  Lun¬ 

ghi.  Delle  Canicole.  72. 

6.  De’  Cartilaginei  Rotondi .  In  cui  de  gli 

Orbi  Marini .  77. 

7.  De’  Cartilaginei  Piani .  In  cui  delle  Pafti- 

nàche  Marine,  delle  Raje,  ede’Bafi- 
lifchi  Fittizii .  79. 

8.  De’  Pefoi  Scagliofi.  Del  Nibbio,  Pefce 

volante,  e  del  Capretto  del  Brafilo . 
pag.  85. 

9.  Delle  Teftuggini  di  Mare.  88. 

IO.  De  gli  Acquatili  Efangui ,  e  prima  de’  Te- 

ftacei  in  genere .  89. 

I  I.  De’Turbinnati,  e  prima  delle  Porpore. 


pag. 

92. 

12.  De’ Murici. 

94. 

13.  Delle  Buccine . 

95. 

14.  De’ Turbini. 

100. 

1 5.  Delle  Conchiglie . 

104. 

i5.  De’ Nautili. 

IO>. 

17.  Delle  Chiocciole. 

108. 

18.  De’ Bivalvi,  e  prima  delIeConcheMar- 
garitifere.  114. 


Cap.  19.  Delle  Pinne.  119, 

20.  Delle  Conche  Coralline  ,  Imbricato, 

Striate ,  Pettini ,  &  altri  Bivalvi .  120. 

21.  De  gli  Vnivalvi,  e  prima  delle  Conche 

Veneree.  121. 

22.  Delle  Patelle  ,  Orecchie,  &  Ombelichi 

Marini,  Se  altri  Vnivalvi.  125. 

23.  De’Croftacei.  125. 

24.  De’  Coralli  diverfi ,  &  altre  Piante  Ma¬ 

rine.  128. 

2  j .  Delle  Piante  di  T erra ,  e  loro  Parti,  e  pri¬ 
ma  delle  Naturali .  133. 

25.  De’  Moftri  nel  genere  delle  Piante .  140. 

27.  Delle  Colè  Pietrificate .  147. 

28.  De’  Teftacei  Foflìli ,  &  altri  Corpi  con_» 

fembianzad’ Animali  Acquatili,  ò  par¬ 
ti  loro.  '  155. 

£^29.  Scolture  della  Natura  in  alcuni  Saffi  rap- 
prefentanti  Parti  d’ Animali  Tcrreftri, 
ò  altre  ftravaganze.  154. 

30.  Pitture  della  Natura  in  varie  Pietre  .173. 

3 1 .  De’  Follili  Magnetici ,  e  Cofmetici ,  &  al¬ 

tri.  177. 

LIBRO  TERZO. 

Cap.  I.  Ella  continuazione  deir  Opera,  e 
JL-/  divifione  delle  Cofo  Artifiziofe 
contenute  in quefto Libro.,  pag.  183. 

2.  De’Libri,  Volumi,  Carte,  e  Scritturo 

Efori  che.  184. 

3.  De  gli  Strumenti  Matematici ,  Aftrono- 

mici.  Geometrici.  194. 

4.  De  gli  Horiuoli .  199. 

5.  De  gli  Strumenti  Ottici,  e  d’acciajo,  di 

criftallo,  edi  vetro.  207. 

5.  De  gli  Strumenti  Fifico  -  Matematici ,  & 
altre  cofedi  criftallo,  e  di  vetro.  215. 

7.  De  gli  Strumenti  Muficali.  220. 

8.  De  gli  Strumenti  Bellici  in  genere,  che 

cola  habbino  da  far  colle  Mufe ,  quan¬ 
do ,  e  da  chi  ,  e  perche  inventato  ? 
pag.  223. 

9.  Delle  Armi  da  difefa .  227. 

I  o.  Delle  Armi  da  ofFefa,  e  prima  delle  Clave, 

Magli ,  Picchi ,  Acce ,  ò  Scuri,  &  Afte . 
pag.  229. 

11.  Delle  Spade,  e  Pugnali  diverfi.  330. 

1 2.  De’  Coltelli  diverfi  da  Sacrifizio,  da  Men- 

fa,  e  d’altri  ufi.  238. 

13.  De  gli  Archi,  Baleftre^  Faretre,  e  Saet¬ 

te.  240. 

14.  Delle  Armi  da  fuoco ,  e  cole  ad  effi  fpet- 

tanti .  242. 

15.  Di 


INDICE  DE' 

Cap.  15.  Di  varie  Spoglie  Militari,  &  altre 
Colè  tolte  a’  Turchi  nella  prefadi  Clit 
fa ,  e  nell’  affedio  di  Zomonicco  l’ an¬ 
no  1647.  350. 

1 6.  D’ alcuni  Striiqienti  di  ferro  di  figura ,  ò 

d’ ufo  fingolare .  353. 

17.  De  gli  Smimenti  Nautici.  354. 

18.  Della  materia  de’ Vali  in  genere,  c  loro 

utilità  i  e  de’ Vali  fatti  dalla  Natura, 
pag.  357. 

19.  De’ Vafi  di  Metallo .  359. 

20.  De’ Vafi  di  Pietra.  362. 

2 1 .  De’  V afi  di  T erra ,  de’  Pregi  loro ,  e  della 

Plaftica.  255. 

32.  De’ Vafi  delle  Terre  Medicinali.  266. 
23.  De’ Vafi  di  Porcellana .  272. 

34.  De’ Vafi  delle  Terre  vulgari ,  di  non  vul¬ 

gare  artifizio .  377. 

35.  De’  Vafi di  Vetro, ò  di  Criftallo,e  loro 

materia  lodata .  381. 

35.  De’  Vafi,&  altre  colè  artifizioiè  di  legno, 
e d’ altre  parti  di  Vegetabili.  285. 
37.  De’ Vafi,  &  altre  cofe  artifiziate  di  parti 
d’ Animali.  292. 

28.  De  gli  Strumenti  da  Giuoco.  301. 
39.  De’ Sepolcri  antichi .  507. 

3  o.  Delle  V rne  Sepolcrali ,  e  d' un  Coperch  io 
d’Vrna  di  bronzo,  con  Figure, e  Ca¬ 
ratteri  dell’  antica  Etruria .  310. 

3 1 .  Delle  Lucerne  antiche  di  terra  cotta ,  e  di 

metallo.  325. 

32.  De’  Marmi  Sepolcrali,  con  Ifcrizziòni. 

pag*  337> 


LIBRO  Q^V  ARTO. 

Cap.  I.  "TN  Eir  utilità,  che  reca  lo  ftiidiodel- 
JL/  le  Medaglie  antiche,  pag.  339. 

2.  Delle  Medaglie  Imperiali .  341* 

3.  Delle  Medaglie  di  Donne  Augufte.  391. 

4.  Delle  Monete  Confolari ,  &  altre  antiche 

Romane .  3  96. 

5.  Delle  Monete  Confolari  d’ argento .  3 97. 

6.  Delle  Monete  Latine  antiche  di  bronzo. 

pag.  401. 

7.  De’  Pefi  antichi  Latini .  404. 

8.  Delle  Medaglie  d’Huoinini  Illuftri  Lati¬ 

ni.  4f^5* 

9.  Delle  Medaglie  Greche  Regali .  406. 

10.  Delle  Medaglie  Greche  non  Regali.  409. 

1 1 .  Delle  Medaglie  Incerte  Greche .  ivi. 

1 2.  Delle  Monete  Greche ,  &  altre  Curiofità 

fimili.  410. 

13.  Delle  Medaglie  Ebraiche.  41 1. 

14.  Delle  Medaglie  moderne  ,  e  prima  de’ 

Sommi  Pontefici .  ivi. 

15.  Delle  Medaglie  d’ Eminent, flìmi  Cardi¬ 

nali.  418. 

i5.  Delle  Medaglie  d’ Arcivefeovi ,  e  Vefeo- 

vi.  .djO. 


CAPITOLI. 

Cap.  17.  Delle  Medaglie  d' Imperatori ,  o 
Regi.  43t. 

18.  Delle  Medaglie  de’ Duchi,  e  Princicipi. 

pag.  42(5. 

19.  Delle  Medaglie  di  Regine,  e  Principefie  . 

pag.  434. 

30.  Delle  Medaglie  d’ Hiiomini  Illuftri .  43(5. 

31.  Delle  Medaglie  delle  Donne  Illuftri.  441. 
22.  Delle  Medaglie  di  Legno  coniato.  443. 

33.  Delle  Medaglie  di  Madreperla.  ivi. 

34.  Delle  Medaglie  facre ,  e  profane ,  e  Sigilli 

di  bronzo.  ivi- 

25.  Delle  Monete  diverfe  de’  Secoli  prece¬ 
denti  .  44(5. 

25.  De’ Baffi -rilievi  Sacri.  448. 

37.  De’ Baffi -rilievi  profani .  449. 

LIBRO  CLV  I  N  T  O . 


Cap.  I.  T^El  principio  dell’ Idolatria.  455. 

2.  .JL/  De  gli  Dii  dell’  Afia ,  e  dell’  E- 

gitto.  459. 

3.  Della Imaginc d’ Ifide, ed’ Ofiride.  463. 

4.  Del  Simolacro  del  Bue .  4<54* 

5.  Della  Figura  del  Capro.  465« 

5.  Della  Imagine  d’ un  Lupo.  455. 

7.  Della  Statua  di  Ofiride  rappreièntant(ì., 

Priapo.  458. 

8.  Della  I.  Figura  dello  Sparviere .  459. 

9.  Della  Imagine  della  Civetta.  470. 

10.  Del  Simolacro  di  Scimiotto.  471. 

11.  Della  Figura  colla  faccia  di  Cane  rappre- 


fentaute  Anubi , 

12.  Della  Imagine  del  Leone. 

13.  Della  Figura  del  Cavallo 

14. 

^5* 

15.  Dello  Sparviere 

17* 


478* 
475- 
475. 
ivi . 
477* 
47S* 

D’ Altre  Imagini  Egizie  di  terra  d’anima- 


Della  Imagine  di  una  Tigre. 
Delle  Sfingi. 


li  volatili.  479. 

1 8.  Della  Imagine  d’ Ifide .  ivi. 

1 9.  Della  Imagine  di  Mercurio  Infernale.480. 
30.  Della  Fisura  di  terra  cotta  dilineata  in  tre 

O 

faccie ,  rapprefentante  Oro .  483. 

De  gli  Dii  Greci,  e  Latini^ 

21.  Della  Statua  di  Giove.  487. 

3  2.  Della  Imagine  di  Apollo.  I488. 

23.  Delle  Imagini  di  Mercurio.  490. 

34.  Dellalmagine  di  Venere.  492. 

35.  Della  Imagine  d’ Ercole»  494- 

35.  De’ Gladiatori .  495’. 

37.  Della  Imaginc  di  Bacco.  495. 

28.  Della  Imagine  d’ un  Baccante.  498. 
De'  Sacrificii ,  e  de’  Profani  Sacerdoti  Antichi . 

29.  Dell’origine  de’  Sacrificii  de’  Gentili.  501. 

30.  Della  Imagine d’ uiu  Vertale .  505. 

31.  Della  Imagine d’ altra  Sacerdotefia.  507. 

32.  Della  Imagine  di  Sacrificante  co’  Vafi  da 

gli  odori.  512. 


DEL 


[  4pcl.Ghtif, 

i  ■  3* 

■.  aS.  5». 

Jf  Vfufarf. 


lim.  liriche 

3-  fi-  =• 


i 


I 


DAN  TEI 


MACHINAMENTA  AD  EXCITANDAM  ANTIQ\nTAT[S  F  EKDlN  ANDVS  E^-  BA'fYD  ARRETII  MAK.  PETRIOU  SENArOR(^DE  COSPISv 


matvfa 


EPXDITAH^-^ 


.TUITATl 


'-i  n.,,M, 


A^MtS 

IV 


MVSEO  COSPIANO 

LIBRO  PRIMO. 

Nel  quale  brevemente  fi  tratta  de  gli  Animali  Pcdeftri,  e  Voktilii 
che  nel  fudetto  Mufeo  fi  confervano. 


Z)tf’  Cor  fi  Humani  Conditi  »  e  delle  varie  forti  di  Mumia] 

Caf.  I, 

A  Dignità  deir  Fiuomo,  eh’ è  il  maggior  miracolo,  che  vanti 
rVniverfitàdelleCofevifibili,  com’  epilogo  di  tutte  le  per- 
f:zzioni  della  Natura,  e  viva  Imagine  dei  fuo  Divin  Facitore, 
ben  và  meritevole , che  le  prime  rifleflìoni.di  chi  meco  prende 
a  palleggiare  in  quelli  Fogli  il  MVSEO  COSPIANO,  cadano 
fopra  il  Corpo  Humano,  e  lue  Parti,  che  ivi  fi  confervano  Tro¬ 
fei  delTempo, e  Monumenti  dell' Antichità,  i  quali  col  rammentarci  gli  sforzi 
ingegnofi  de  gli  Egizzii  per  eternare  con  artifizio  i  Cadaveri ,  ci  recano  a  memo¬ 
ria  quel  frale , di  cui  fiamo  compofti ,  tanto  più  ollervabile,  quanto  più  ftupenda 
n’èlaFabrica,laquaIeconfiderataa  minuto  da  Galeno,  che  ben  conobbe  noi 
effere  simulacro  il  fin  hel  de  la  Natura  ^  lo  fece  di  Notomifta  diventar  Teologo, 
mentre  offervandone  a  cento,  e  più  doppi  i  prodigi,  che  le  membra,  profeffava 
di  comporre  vii’ Inno  di  vera  lode  a  D  o,  che  ne  fù  T  Architetto,  per  cui  opra, 
come  vàfaggiamentedifeorrendo  Ippocrate,  divenuto  Poeta,  preffo  l’ Orazio 
di  Montalcino ,  France/co  Alfonfo  Donnoli . 

V  Haomo  Gemma  e  del  Mondo , 

Ne  fiu  di  vagOi  e  fin  di  bel  non  gode] 

Ne  di  miglior  di  lui  ricca  Natura, 

Ei  con  or  din  frofoado 

Ne  le  attioni  fue  degno  di  lode 

De  le  cofe  tra  noi  fatto  e  mi  fura: 

A  Egli 


Ct^et.Ghtlf, 
K.oJf.  P.  3. 
C.  a*.  5«. 


De  Ffufart'. 
hb,  17.  e,  1. 


iim.  tirich. 
04*1.  fi.  2. 


StrAp,  CAp. 
304. 

Exerc.  104. 

Ferrài.  Jmp. 
N.N  /.14. 

tAp.  8. 

.Andr.Chioc. 
in  Mu/.CaU 
ceol,  /ell,6. 
p.  696. 

01  t^n'orm. 
Muf.  I  I, 
ftn.  I.  f.i  j. 
&  uh. 
J^ud.  M(rfc. 
tn  Adnfeo 

/.3  c.^6. 

Paul.  M. 
Terfag.  &■ 
Pttr.M.ScA. 
rab.tn  Muf. 
Sept,  c-  2j, 
jindr.  C<e. 
/aip.  de  Ue. 
tAÙ.t.i.e.}x. 


•Petr.CArrim 

rAi.i.ep.ioo 


L.  9.  Pharf. 

Dau.BArlet. 
Geoir.  Mor, 
CAp.  24. 

Cap.  30. 


a  M  y  S  E  0  C  0  S  P  1  A  N  0 

Egli  fola  ajficura 

La  Verita  gite  in  terra  y  e  co»  piu  lingtie 
In  pronta  difcipltna  opraj  e  dtflingue , 
a  Ma  perche  il  mcntovaro  Corpo  Humano,  e  le  parti  d’ alcuni  altri,  chequi 
fi  veggono  ,fono  condite  in  Mumia ,  vediamo ,  che  cofa  (otto  quello  nome  s’ in¬ 
tenda  ,  non  efsendo  lenza  perplelfità  le  Scuole  Mediche  nel  dithfjirlo . 

3  Alcuni  lotto  quella  voce  di  Mumia, eh’ è  Arabica,  intendono  il  Bitume 
Giudaico  delcritto  da  Diofeoride  lotto  il  nome  Greco d’ Asfalto.  Nè  quindi 
molto  fi  dilunga  Serapione , che  per  elsa  intende  il  Pilsasfalto,  concrezione  di 
Bitume,  non  lenza  qualche  odor  di  pece,  che  in  molti  luoghi  diftilla  da’ Monti , 
e  nelle  loci  de’  vicini  fiumi  rapprefo  galleggia ,  come  notò  lo  Scaligero  in  difela 
di  quello  Autore.  Che  però  da  taluni  chiamali  la  Mumia  di  Serapione,  e  porreb¬ 
be  anco  chiamarli  Mumia  Naturale ,  a  differenza  delle  lufseguenti ,  che  ammet¬ 
tono!’ artifizio  ,  Tale  èia  Mumia fcpolcrale  de  gli  Arabi,  de  gli  Egizzii ,  e  de* 
Siri ,  che  altro  non  è ,  che  la  Conditura  de’  Cadaveri  humani  fermentata  col  fu¬ 
go,  che  da  quelli  traluda .  E  quella  è  molto  più  utile  nell’  ufo  Medico ,  che  le 
precedenti .  Quantunque  di  elsa  le  ne  trovino  due  forti ,  l’ una  in  virtù  tanto  lu- 
periore  all’altra ,  quanto  più  preziola  ri  è  la  compolìzione .  A  vvegnache  la  più 
perfetta  fi  è  quella,  che  li  cava  da’ Cadaveri  alla  grande  conditi  di  Aloe,  Mirra, 
Balfamo,  &  altre  Drogherie  prcziole,  e  lolo  ulìtate  in  lervigio  de’ corpi  de’ No¬ 
bili.  L’ altra  rilulta  da’ Cadaveri  dt’  Plebei,  conditi  di  Bitume  di  minor  dilpen- 
dio,  edipiù  facile  ritrovamento,  e  perciò  d’ufo  più  commune.  La  quale  è  quel¬ 
la,  che  nell’Europa  più  frequente  fi  porta,  non  efsendo  cosi  facile  il  levar  da 
quelle  Provincie  il  Cadavere  d’ alcun  Primate,  mentre  fono  con  gran  diligenza 
cufloditi.e  lo  Icavarli  s’alcrive  a  delitto  capitale.  Altri  ancora  fpacciano  per 
Mumiaunacompofizionefattadipece,  c  di  bitume  lenza  millura  d’humidità 
humana,  più  meritevole  del  nome  di  Pilsasfalto,  che  quello,  che  fi  dilsefiillar 
da’monti  ,ma  meno  utile  di  tutte  le  precedenti  oeli’ufo  delia  Medicina ,  e  che  di 
più  della  Mumia  di  Serapione  nonhà,  che  la  pece.  Preiso  taluni  finalmente 
palsa  per  Mumia  lo  lle/so  Cadavero  humano  lotto  l’ arena  fepolto,  e  da’ più 
fervidi  raggi  de!  Sole  dilseccato,  come  quello,  di  cui  Icrille  quel  Poeta  Siciliano: 
Viator  Mgyptius  arena  obrutus. 

Nil  potui  vivens  agro  conferre  falutis: 

Nunc  plures  reddo  mortuus  incolumes. 

Fugit  inexpertus  fape  e  fpumante  procella'. 

Pulvere  mergor ,  ubi  nulla  pericla  patent . 

Vt  mergat,  trahit  unda  moras  miferata  cadentem, 

Sxvior ,  ut  mergat ,  terra  repente  tegit . 

II  che  avviene  nellelolitudini  de  gli  Ammonii  fit  nate  tra  Cirene,  &  Alelsandria, 
che  lono  il  maggiore,  &  il  più  fiero  Moftro dell’  Africa:  nelle  cui  fterminate 
piante  ,vuoredi  tutt’alrro,  che  di  mobiliffima  rena,  tiranneggia  di  manierail 
Libecchio ,  che  ben  dille  Lucano ,  che  quivi 

/Feliam  rabiem  tetis  exercet  arenis . 

Pofciachead  ogni  loffio  fi  Iconvolgequel  Mare  di  terra  incollante,  e  inferocen*- 
do  ne  follie  va,  e  tralporta  per  aria  i  cavalloni  sì  grandi  ,che  lembrano  montagne 
volanti,  le  quali  ,riialciate  da’ turbini,  che  le  portano ,  cadendo,  opprimono  fo¬ 
vente  le  Carovane  intiere  de’  miferi  paffaggieri,che  ne  rimangono  prima  lepolti, 
che  morti,  /-tà,  come  fcrilse  Solino,  r/z/r»;  continens  natur  am  maris  patitur  :  nec 
interefl  ubi  pottus fint  procella ,  cum  ad  exitium  vi  antium  elementis  congruentibus  in 
terris  flabra  f&viant ,  in  mari  terra.  Onde  ne  nacque  il  proverbio  ulato  da  quel 
noftro. 


L^l  XÉ  n  o  ^  M  Ù. 


I, 


■'B 


am  multa  aut  Ze^hyro^' Lybìa  turbentur  < arma. 

Della  qual  natura  è  fama, che  fia  parimente  ia /abbia  d’alcuni  deferti  de  l’ Ara¬ 
bia  raccordati  dal  Taffo  ove  fcriffe,  che^  I 

Gaz,a  è  Citta  de  la  Giudea  nel  fine^t 
Su  quella  via.,  che  in  ver  Telujto  menai 
Vojta  in  riva  del  Mare,  ^  hà  vicine 
Immenfe  folitudini  d^  arena,  . 

Le  quai,  com'  Aujtro  fuol  P  onde  marine, 

Mcfce  il  ‘Turbo  ffir ante i  onde  a  gran  pena' 

Ritrova  il  peregrin  riparo ,  b  /campo 
Ne  le  tempere  de  P  inB  ab  il  campo 

E  de  gli  uni ,  e  de  gli  altri  il  Bargeo ,  che  con  più  fincerità  Iftorìca ,  e  con  non  mi¬ 
nor  lode  del  Taffo  maneggiò  heroicamente  Io  fteffo  argomento  del  Conquido 
di  Terra: Santa. 


1.  B.  Oliva 
Cremon,  in 
Panag.  de 
rtH-ASliacà 
V.  48. 


Gérup.Camì 


.^uam  multa  lihyco  turbentur  littore  arena , 

Eurus  ubi,  Zephyrufque  mari  incubuere  profundo . 

Aut  etiam  Arabia  in  media ,  cum  pulveris  atri 
Infurgunt  campis  nubes,  ^  lucis  egentem 
Aera  condenfa  picea  caligine  condunt , 

4  Quindi  apparifce,  che  cinque  forti  di  Mumia  fono  date  conofciute,  cioè 
^una  naturale,  che  è  quella  di  Serapione ,  la  quale  è  il  Piffasfalto  fcolato  da’  mone¬ 
ti  ,  che  prcITo  i  più  intendenti  è  in  concetto ,  &  ufo  più  tofto  di  fempiice  bitume, 
cbediMumia  ;  c  quattroartihziali  ;  Cioè  l’ Arabica  de- Nobili  f  e  quella  de’ Ple¬ 
bei,  il Piifasfalto  fattizio, e ’i  cadavere  fccco fotte  l’arena,  tutte  utili  nella  Me¬ 
dicina,  ma  la  prima  affai  più  della  feconda,  Se  ambe  anco  più  vigorofe  delle;  due 
fuffeguent! ,  le  quali  però'oon  fi  traìafciano  in  mancanza  delle  prime .  Alle  qua¬ 
li  fi  può  aggiungere  lafefta,  che  è  ia  Mumia de’ moderni,  chefifàcon  le  carni 
d’ un  cadavere  di  giovane  morto  violentemente,  efpofte  al  Sole,  e  poi  all’ombra, 
éfpàrfe  di  polvere  di  Mirra, ed’ Aloe, e  pofciafpruzzate  d'acquavita,  e  rifec- 
cate  ali’  ombra;  e  ferve  quando  non  fe  ne  habbiano  delle  precedenti .  L' ufo  della 
qualifiè,  òin  bevanda, ò  applicate  di  fuorine’malifreddi,  contro  il  dolore  an- 
tiGOidel  capo ,  la  paralifi ,  le  vertigini,  l’epiplefia,  il  fingulto ,  le  palpitazioni  del 
‘Cuore , e  la  toffe  ;  ma  particolarmente  giovano  per  fermare  le  fluifioni  più  preci- 
picofedel  fangue,e  confolidare  le  membra  rotte;  che  però  fpecialmente  fe  ne 
dà  a  quelli , che  fono  d’alto  caduti ,  Di  quelle  Conditure  la  più  preziofa  fi  offer- 
vaneila 


Synad.  /. 
v.^ì. 


5  TESTAd’HVOMOdigrandezzapiùcheordinaria,chequìfivedecon- 
dita  ali’ £giz2ian‘a',  e  fàfciatagiufta  i’ufanza  antica  di  quella  Provincia,  con  fot-  E 

fe  più  di  cento  braccia  di  naftrò  bianco  di  filo ,  aggiuftato  con  tale.artifizio ,  che  Cafalf.  tee. 
fembra  un  gtan  pezzodidrappo  conteffuto  ,e  ridotto  in  figura, come  di  Vifiera, 
e  fono  forfè  due  decine  di  fecoli,chein  tal  modofù  difpofto.  E  che  la  di  lei  con¬ 
ditura  fia  della  più  nobilcfcioè  fatta  di-Mirra  ,Balfamo,  &  Aloe ,  n’ è  chiaro  in¬ 
dizio  l’odor  foavlffìma,  e  balfamioo,  eh’ ella  fpira.  Ilchefà  congetturare,  che 
fuffe  iJ  capo  di  qualche  gran  Pèrfonaggiojgiàche  l’ufodel  Balfamo,edeile  Dro¬ 
gherie  di  canlfimocofto, era  difpefa  tbiefabilcfolo  da’ Nobili,  i  quali  he  men 
do'ppmorcevoievanòrfcofdaffi  dèlie  mondane  delizie,  mentre  pretendeuano 
goderle  fin  nel  fepolcro.*,  epilogare  me’bàlfami  ,  e  ne  gli  aromati  più  preziofiji 
Confefvafi  queftS.in. una  gran  caffa  di  criftalló-, nella  cui  bafe  potrebbe  fcriverfi 
per  documento  morale  parte  di  quell’  Epigramma  d’Antifilo^®/»*?'*»  e  Gra.  vtrf. 

nella  maaiecaichefù da Cofmo.Anifio  tradotto.  4  4; 

"  A  2  Val. 


4 


Mrteeks  Pei. 
mat.td.Pe/. 
ing.p. 


Frane.  Cd. 
meran.  iru 
JHeftdtdl. 

r«ii. 


M  y  S  E  0  C  0  S  P  i  A  N  0 

Vdllum  animi  defer tun  ,  mortis  non  tumulata 
Relliejttia  •  te  nos  profetfuimur  lacrjmis , 

PONIMVS  IN^LOCO  CELEBRI.  TUy  cerne,  Vutor , 

.^jiid,  quantum  vita  credere  conveniat. 

Sopra  il  qual  motivo  Pietro  Adriano  Vanden  Broecke  publico  ProfcfTore  di  Let¬ 
tere  Vmane  in  Fifa  cfcUmò con  gran  ragione. 

^uid  fumus  ^  htc  faltem  mortales  temnere  fafitte 
Incipe  mortalis?  vider/  hoc  exangue  cadaver. 

^jia  tetra  effigies,  aut  vultu  pallidus  horror 
Incubuit  ? 

Olezzano  parimente  per  la  medefìma  fpecic  di  conditura . 

6  BRACCIO  SINISTRO  colla  fua  Mano  diftefa,  con  tutte  le  fuc  parti  cosi 
illefe^  come  le  di  frefco  fuffe  Rato  condito,  quantunque  (ìano  molte  ccntinaja 
d’ anni ,  che  fù  imbalfamato.  Dall’  oliatura ,  ch’è  gentilillìma ,  può  congetturai  li 
levato  dal  cadaverod’una  Donna  più  tolto  che  d’un' Vomo.  Ne  fece  dono  al 
Signor  Marchefereruditilfimo  Padre  Sigifmondo  Regolo  Coccapani  di  S.  Sil- 
verio ,  Chierico  Regolare  della  Congregatione  delle  Scuole  Pie ,  Letterato  *  che 
sà  ornare  di  nuovi  lumi  la  Poelìa, come  palefanoi  di  lui  fpiritofilRmi  componi¬ 
menti  inferiti  nell’ ARTE  EPIGRAMMATICA  del  P.  Carlo  da  S.  Antonio  di 
Padova, fuo Conchierico;  è  l’ Oda, con  cui  accompagnò  sìnobil  regalo,  pre- 
fiUa  a  quelli  fogli:  nella  quale  pure  notò  quello  edere  un  braccio  di  Donna, 
cantandone . 

Septilchra  nota  barbara  Mempheos , 

Eeemineum  mihi  ceffiit  olim. 

Vel  afltiof  littori s  horridus 

Furva  lacerum  pellis,  aridum. 

Ceu  pontus  oblu/tans  arena 
Hunc  mitto  ,  ^c. 

7  MANO  SINISTRA  parimentediftefa,  c  non  meno  confervata  dei  Brac¬ 
cio  fudetto .  L’  olTarura  più  grolla  la  fà  credere  più  torto  d’ Vomo,  che  di  Donna. 
Così  dura  ella  benché  lenza  fpirito,  fpiritofo  geroglifico  delle  fatiche  umane; 
giache  nell'  Egitto  a  tal  fine  folevanlì  figurare  le  Mani ,  come  Fabriciere  di  quan» 
lo  mai  d’ artifiziofo  feppe  inventare  la  Mente  Ingegnerà .  E  ne  toccò  i  motivi  piu 
importanti,  chi  cantò. 

Humanam  gens  prifea  Manum  dum  pingeret,  omnem 
,  Omne  laborantem  fignifeabat  Opus . 

An  quia  nervofi funto  quicuuque  laborant? 

An  quia  funt  agi  lesi  an  quia  carne  leves  i 
An  quia  fe  digito  fcalpit ,  corrodit  &  ungues, 

Quisquis  Cecropia  fudat  in  arte  Beai 
An  quia  non  uno  articulo ,  qua  magna  ,  geruntur , 

Attamen  arBatur  fumma  operator  ope? 

An  quia  moflranda  artificis,  quandoque  tegenda  ejl 
P  ir  tus  i  ecce  patens,  illicb  claufa  Manus. 

8  PIEDE  Destro  bellillìmo,  che  hà  proporzione  di  grandezza  con  la 
Mano  Indetta ,  per  farli  congetturare  parte  del  medefimo  Cadavere ,  da  cui  quel* 
la  fù  fpiccata ,  mallìme  effendo  d’ egual  confervazione  con  ella . 

9  PIEDE  DESTRO  più  piccolo  del  precedente  come  di  Fanciullo  di  quat¬ 
tro  in  cinqu’ anni.  Fù  donato  dal  fopramentovato  Pi  Sigifmondo  Regolo. 

Della  feconda  fpecic  di  Muinia  fepolcrale  de  gli  Arabi  fembra  la  conditura  del 

IO  CA- 


Intana  $ 

io  C  ADA  VERO  intiero  d’ un  FANCIVLLO,cheilJefoficonfcrvainpié- 
'di in  una  caHadicriftallo .  Hàtuttelefue  membra  beniiTimo  formate,  di  gran¬ 
dezza  fuffiziente  a  farlo  Gonofcere  Parto  perfetto ,  benché  da  taluni  ila  Rato  giu¬ 
dicato  Aborto,  e  per  tale  mentovato  nell’ Indice  di  quello  Mufeo  Rampato  in  Bo¬ 
logna  del  1 66^.  in  i  z.  Comunque  però  fia,  egli  lempre  è  un  Volume  della  Mife- 
ria  Vmana  ,che  tanto  più  chiaramente  la  prova ,  quanto  men  vide  la  luce,  fe  pur 
la  vide:  eflendo  pur  troppo  vero  ciòi  che  n’avifa  la  Moral  Mula  di  Lorenzo 
Graffo,  ciocche 

V»  gran  Libro  di  Morte  è  I'  Huomo  eftintOt 
A  caratteri  in  cui  d'  atro  fallere 
LeggeJÌ  de  U  Vita  il  rio  tenore  ■, 

Sottopoìia  de”  mali  a  un  Laberinto ,  >. 

Ma  fe  quelli  Corpi  fono  ragguardevoli  non  tanto  per  la  conditura ,  quanto  per 
r antichità ,  e  confervazione  loro ,  non  perciò  portano  feco  maggior  curiofità  di 
quella , che  generano  fe  fiano  confidcraci,  i  feguenti 


Cralf.  Votf^ 
•i.td.p.  142. 
% 


Mofiri  Hitmani ,  Cap,  li. 


'N 


On  fono  altro  iMoRri,  che  Miracoli  Filici,  accadenti  come  direbbe  un 
Poeta, 

Centra  il  fermo  voler  de  la  Natura. 
cioè  ógni  qua)  volta  la  Natura  opera  fuori  del  fuo  confueto ,  Il  che  avviene,  al-» 
loferivere  d’Empedocle,òperecceffo,òper  difetto  di  materia,  ò  pcrtrafpofi- 
zione  di  parti  nello  Reffo ,  ò  in  diverlì  generi .  Della  prima  forte  di  MoRri  nella 
fpezie  Vmana  olTervalì  nel  Mufeo  lo 

2  SCHELETRO  d’un  FANCIVLLO,  che  nacque  con  DVE  CVORI,  e 
DVE  POLMONI  nel  Mefed’ Aprile  dclMDCLX.  in  Bologna,  e  morì  poche 
hore  dopo  eiler  nato,  feguendo  la  Madre,  che  fpirò  l’anima  nell’ atto  del  par¬ 
torirlo  ,  quali  che  non  lì  potdTe  dare  alla  luce  un  Parto  cosi  Rupendo,  lenza  eom- 
peràrnè  la  nafeita  con  la  morte .  Fù  quella  una  offervazione  Anatomica  del  Dot¬ 
tor  Berlingiero  Celli  di  b.  m.  che  nedonò  lo  Scheletro  Indetto  con  le  fue  vilcere 
moRtuofe  al  noRro  Ssg.  Dottor  Montalbani,  il  quale  pofeia  regalandomi  di 
quella  Offarùra,prelso  di  fe  ne  ritenne  il  Cuore  ,&  il  Polmone  raddoppiato ,  di 
cui  ne  publicò  la  Figura  nelle  fue  Cure  Analitiche  (  le  quali  fervono  di  Paralipo¬ 
meni  alle  Opere  deii’AIdrovandi)conqueRidiRici,  che  la  maraviglia  mi  cavò 
dalla  penna. 


Valva/,  iti' 
la  Caccia 
Cam.ijì.sì, 
EmfcÀoei. 
ap.  Partam 
tn  H&g.  nat, 
l.  2.  f.  24. 


Non  vixit  natus  gemino  curn  Corde  Puellus  ^ 

Vita  haud  fat  fecium  qui/pe  Menar cha  pati , 

&  in  perfona  de)  Fanciullo . 

Cor  gerat  mi  m  ,  nec  non  Pulmonis  Vi f cera  binar 
T exere  vix  una  mi  potuere  diem ,  ^ 

g  Di queRa geminaz  one però de’Cuori,edc’Polm<toi,come nefù cagione 
il  foverclìio  della  materia  feminale  nella  generazione  di  qucRo  Feto ,  non.  altri- 
mentc,  che  d’altre  moftruoiirà  in  genere  d’eccefso  fi  crede:  così  è  facile  il  giu* 
dicarfi  la  di  lui  morte  accaduta  dalla  confulione  nell’ operare  di  quelle  membra 
raddoppiate .  Io  però  non  poffo  perfuadermi  ciò  così  certo ,  che  non  mi  fembri 
anco  verifiraile  i’haver  egli  potuto  morire  fubito  nato  per  una  di  quelle  molte 
cagioni,  che  mandano  (otterrà  poco  dopo  nati  tanti  altri  bambini  beniffìmo  con¬ 
formati:  è  perciò  probabile ,  che,  tolta  queRa,  chepuòefsereil  foverchio  pati¬ 
mento  nel  nafccre  egli. havefse  potuto  vivere  con  quelle  vifccrc duplicate,  o 

A3  mafiime 


NoH.  jiftt. 
i6.  e.  Jf. 


f.  io. 


Jf^antalb. 

toc.ctt.p.i,^, 

e5“  Itb.  tnfcr. 
J’  Hon.  dell’ 
Arte  p.8i. 


Alàr.  de 
Alonftr.e.l, 
/>.39.  (^■f- 9' 

p.  60Z,  60}. 
éo4t  dr  606. 


6  M  ys  E  0  C  OS  P  l  A  KO 

iT.afsiine  con  que’due  Cuori,  quali  è  ncccfsario  che  nel  corpo  della  Madre  facef- 
fero  le  loro  funzioni  giufta  l’ eligcnza  della  Natura ,  fe  con  ciTi  ville  fino  ai  tempo 
.delnafcere,&ancpraalcune  bure  dopo.  Ne  mancano  efempli  d’altri  animali 
perfetti  trovati  con  il  cuor  doppio  ,'ò  con  due  divifi ,  come  le  Perdici  della  Pafla- 
gonia-,  fe  crediamo  a  Teofrafto ,  e  ad  Aulo  Gellio ,  che  le  raccordano  provifte  di 
due  cuori  j  e  fe  volcifimo  l’ cfpcrienza  de’  noli  ri  giorni ,  ce  la  fomtniniltra  il  men¬ 
tovato  Dottor  Montaibani  nel  lungo  (opra  citato,  riferendo  d’ ha  verne  ollervato 
due  in  un  Pollo  di  Gallina,  trinciandolo  cotto  alla  menfa;  &  io  ben  pollo  con#, 
fermarne  il  luo  detto,  già  che  m’hebbe  per  commenfale.  Con  fimile  figura  di 
due  Cuori  lo  wiernrai  d’haver  veduto  un  Limone  doppio,  che  perciò  mi  lugger  ì 
quello  fentimento ,  portato  dal  fudetto  Montalbani^  ove  fopra . 

Munera  Cordis  erunt  geminat  qtt*  Medica  Malus  i 
Optima  nam  gemino  f  anguine  Vita  calet, 

Curiofirà, che  parimentefùoflervata  in  alcune  Noci  di  Garuglio  doppio  cordi- 
forme ,  figurate  dallo  Hello  Montaibani ,  e  raccordate  nel  leguente  Libro  cap.  25. 
num.  I  o. 

4  Alla  feconda  fpezie  de’  Mollri ,  che  luccede  per  difetto  di  materia ,  fi  ridu¬ 
cono  que’ Parti,  che  conleguifconofiatura  notabilmente  inferiore  a  quella  de 
Genitori,  come  fono  i  Nani  dclSig.  Marcliele  Cofpidè’quali  qui  h  conlcrvano 
le  Imagini ,  cioè. 

5  RITRATTO  al  naturale  di  Sebafiiano  Biavati,  Nano  ragguardevole  non 
tanto  per  la  bene  incela  proporzion  delle  membra ,  bcnilfimo  corrifpondenti  alla 
natura, che  non  paiìa  trentadue  onde,  clTendo  egli  d’età  d’anni  LVII.  quanto 
per  edere  nato  di  Padre,  e  Madre  di  giuda  grandezza ,  che  prima,  c  poi  genera¬ 
rono  altri  Figliuoli,  che  crebbero  quanto  loro  fu  d’huopo  per  elTcr  huomini  d’or¬ 
dinaria  datura .  E‘  dipinto  di  buona  mino ,  &  ornato  d’ affai  bella  cornice  :  e ,  co¬ 
me  rapprefenti ,  chi  hà  in  cudodia  la  ricchilTìma  Galeria  del  Palazzo  del  Sig. 
Marchefe  Colpi ,  è  collocato ,  quafi  in  pollo  di  cuftodire  il  Mufeo ,  foprala  por¬ 
ta  ,  per  cui  s’ entra  in  elio  . 

•  6  RITR  ATTO  al  naturale  di  Angelica  Eiavati,  Sorella  del  fopradetto  Seba- 

ftiano,  parimente  Nana,d’cgual  fimmctria  delle  membra beniffìmo  proporzio¬ 
nare  alla  di  lei  datura,  che  non  giunge  a  trenta  onde  Romane,  con  tutto  ch’ella 
fia d’età d’ anni  LV.  vivendo  col  fratello  al  Icrvigio  dcJSig.Marchcle.  Come 
quedo  Ritratto  fia  dato  fatto  per  accompagnamento  del  precedente  ,  ,è  col- 
locato  in  faccia  al  medefimo  fopra  la  porta,  per  cui  fi  paffa  alla  feconda  Stanza.» 
delMuleo:  &  hà  da  piedi  queda  Ilcrizzionc  motseiot  4>TAAKi22A,peraddit- 
tarne,  queda  non  men  del  fratello,  in  podo  di  CVSTODE  1)  iL  MVSEO. 

7  Nacquero  quedi  Nani  nel  Commune  di  Bagnarola  del  Contado  di  Bolo¬ 
gna,  in  uno  de’  Poderi  del  mentovato  Sig.  Marchelc  Colpi .  E  perche  i  loro  geni¬ 
tori  furono,  comes' è  detto,  di  giuda  datura,  padri  d’altri  figliuoli,  che  ale  def- 
fi  furono  fimili  nella  grandezza ,  è  da  giudicarli  originata  altronde ,  che  da  elfi ,  la 
cagione  della  picciolezza  di  quelli  Parti,  Modruofi  in  quanto  non  generati  da 
Nani .  E  queda  non  gitra  fu,  che  la  maligna  qualità  d’ un  cibo,  che  può  dir¬ 
li,  che  drozzaffe  in  ellì  la  virtù  del  crefeere  .  Poiché  ne  gii  anni  più  tene¬ 
ri  mangiarono  de’ Polli  morti  per  haver  divorato  quantità  di  frumento  pu¬ 
trefatto;  dopo  di  che  gonfiatoli  loro  il  corpo,  giacquero  infermi  Io  Ipaziodi 
quattro  anni ,  finche  efpugnata  la  malignità  di  quel  veleno  guarirono  colla  perdi¬ 
ta  della  facoltà  aumentativa  del  corpo,  al  riferire  del  dottiflimo  BartolómeoAm- 
brofini,chedi  quelli  Nani  favella  in  più  luoghi  della  Illoria  dc’Modri  dell’Al- 
drovandi,  e  ne  porta  le  figure  àpag. 60 j.  e  604. facendo fempre riguardevole 

menzione 


L  I B  R  0  'P  R  l  M  0,  CAP,  II.  7 

menzione  del  Sig.Marchefe  Cpfpi ,  il  quale  gli  fece  educare ,  e  fempre  pofeia  gli 
hà  trattenuti  al  fuo  fcrvigio. 

$  Della  Femmina, che  in  giovinezza  fù  affai  graziofa  d’afpetto,  è  fama  che  s’in¬ 
tenda  Gio.  Leone  Sempronio ,  il  Vigilante  nell’  Accademia  della  Notte  di  Bolo¬ 
gna  (  fotto  il  cui  Cielo  colti  vò  lungo  tempo  i  Lauri  di  Febo  )  nel  feguente  Sonet¬ 
to ,  che  fi  legge  nella  prima  Parte  della  di  lui  Selva  Poetica,  aamoata  in  Bologna 
del  1648. 12.  p.  5 5.  intitolato  LA  BELLA  NANA. 


Pi?/'  afeendere  al  del  folli  Giganti 
Fecer  col  gran  Tonante  alte  contefe  : 

E  per,  far  guerra  a.  mille  Cori  amanti 
La  bella  Nana  mia  dal  del  difeefe . 

E  certo  la  fe  tal  de^in  cortefe , 

Perche  quaT  hor  mi  offerì fc e  avanti, 

Tel  Corpo  ftto  con  le  mie  luci  accefe 
Tutt'  io  rimiri  in  un  fol  guardo  i  vanti. 

Ma  convien.  per  veder  fra  qttai  confni 
Ha  podi  il  Paradifo  i  fuoi  tefori, 
che  gli  altri  inalz^in  gli  occhi ,  e  eh'  io  li . chini . 
E,  s'  io  vb  vagheggiar  la  Tea  de'  cori , 

Non  la  pofjb  mirar  ,  eh  '  io  no»  m  '  inchini , 

Non  la  pojfo  inchinar ,  eh'  io  non  I'  adori . 


g  Argomenta  parimente  difetto  fe  non  di  materia ,  di  virù  formatrice  nel  Ca¬ 
po  il  Feto  fuffeguente,che  coireftremità  delcorpo  camina  (otto  il  terzo  genere 
de’  Moftri ,  havendole  di  fpezie  differenti  dalla  propria .  Vedefi  efpreffo  quello 


nel 


10  RITRATTO  al  naturale  d’  un  FANCIVLLO  MOSTRVOSO ,  che  di 
Madre Francefe  di  belliflìmo  afpetto,  nacque  in  Bologna  del  MDCLXVII.  por- 
tandouna  MASSA* ROTONDA  DI  CARNE  INFORME  inluogodi  TE¬ 
STA,  con  tre  picciolo  cavità  nella  parte  anteriore,  difpofte  triangolarmente^ 
r  una  nel  fico  del  nafo  ,.le  altre  due  orizonrali  nell’  efiremità  dei  (ito  della  bocca  ; 
eledetaco!leugnetantodellemani,quantode'piedi,  aquiline:  non  mal  for¬ 
mato  ,  e  colorito  nel  rimanente .  Morì  prima  di  nafcerc ,  come  ie  havelTe  rinun¬ 
ziato  al  benefizio  della  vita,  fe  quella  doveva  farlo  conofeere  un’huomo  imbe- 
ftialito;  òche  la  Natura  pentitali  dello  sbaglio  fatto  nel  copiar  la  Madre  di  leg- 
giadrilfime  fattezze  in  un  Parto  sì  de  forme,  neguallaffe  il  trafunto  prima  d’ef- 
porIoaquellalucp,dicuinon  havrebbe  potuto  godere ,  s’ era  lenz’ocAi.  Fù 
quella  Tavola  dono  del  Sig.  Dottor  Carrodori,  come  dalla  feguente  Ifcrizzio- 
hefottonotatavi  apparifee. 

MONSTRI  ^OD  PROTIIT  EXANIME  EX  MVLIERE  GALLA  PORM/E 
SPECTABILIS,  JET A.TIS  ANNORVM  XXX.  BQNONIM  TIE  IL  MAH 
MORA  XXII.  ANNO  MTCLXII.  imaginem  MVSEO  ILLVST RISS.  SE. 
NATO  BIS  MARCHIONIS  FERDINANDI  COSPIT  TONO  TETIT  AL- 
BERTVS  CARRODORIVS  METICINJE.  PROFESSOR  BON; 

1 1  -Potrebbefi  in  quello  luogo  foggiungere  la  menzione  delle  Pietre  Veficali, 
come  generate  nel  corpo  humano,  e  che  in  riguardo  a  gl’ individui,  ne’  quali  li 
trovano  hanno  del-mollruofo,  per  formarvifi  oltre,  ogn’ intento  della  Natuua, 
giufla  il fentimento  di  Galeno.  Ma  fe  ne  rimette  la  deferizzione  nel  Trattato 
delle  Pietre  diverfe,  come  luogo  più  opportuno.  Così  parimente  d’altri  Mo- 
ttri  occorfi  in  altri  generi  d’ Animali,  come,  ne’ Quadrupedi,  ne  gli  Vcccllì,  e 
nelle  Piante,  fi  fawellarà  ne’ loro  particolari  Trattati,,  oon:cflendo  fpedicnre 


il 


So'idip. 

t,  9. 


.1.1.  re. 
r.  576. 


8  ^  y  S  E  O  C  0  S  P  l  A.N  0. 

il  Icpararli  da  quella  fpczie ,  in  cui ,  quantunque  per  errore ,  nacqaero  per  unir* 
glia’giidclcritti ,  Intanto  palliamo  alla  .  .  : 

D  'rjiJìone  de  gli  “Antm.ili  Bruti .  Gap.  Ut.  '<•  • 

1  \  Corteggio  deli’  Huomo  ,  eh’  è  il  Principe  de’  Viventi  Corporei , 

XjL  feguono  i  Bruti  luoi  fudditi  .tanto  più  lontani  dal  ribcJlargiilì,  come 
già  fecero  nel  principiodel  Mondo,  quanto  più  conformi  nell’ offcquiarlo,  men¬ 
tre  fpogiiatid’ ogni  naturale  fierezza  anche  i  più  intrattabili,  riconofeono  tutti 
dallo  ’ngegno  humano  quella  feconda  vita,  che  godono  nel  Mufeo ,  dovein^ 
quantità,  e  qualità  ragguardevole  fi  confervano  di  lóro,  ò  i  Corpi  intieri,  ò  le 
membra  più  olfervabili ,  per  isforzo  d’ induftria  refe  immortali . 

a  Ma  per  non  gire  confufamente  vagando  nel  riferire  tanta  quantità  d’ Ani¬ 
mali  Bruti,  ò  loro  parti,  non  fiadifdicevole  il  prefcriverci  qualche  ordine,  che 
riefcaapropofito.  E  tale  fembra,  che  mica  dalla  divifione,  che  ne  fa  la  Natura , 
Madre  commune,  havendone  prodotti  altri  cittadinidclla  Terra,  altri  deH’Aria, 
&  a'tri  dell'Acqua.  Onde  compartendoli  in  Terrefiri ,  in  Aerei ,  ò  Volatili,  & 
in  Acquatili,  per  tralafciare  tutte  le  altre  divifioni,  che  ne  portano  i  Naturali;  de’ 
Terreftri  ragion  vuole , cheli  favclliin  primoluogo,  come  più  vicini  aH’Huo- 
moperpopolarequeirElemento, di’ eglibabita.  Iqualiancora  per  «lleretutti 
grcllìli  a  differenza  de’  Rettili potiamo  chiamar  Pedcftri . 

.> 

De  gli  Animali  Terrefiri ,  e  primi  de' Solidipedi ,  Gap.  IV, 

I  Li  AnimaliTcrreflridelMufeo,trattenepochiInfetti,fonotutti  Qua^ 

VjT  drupedi;  tra  quali  cade  molto  in  acconcio  la  divifione  ,  che  ne  porta 
rAriltotele  Bolognefc,  cioè  il  dottilfimo  Aldrovandi,  che  gli  diftingue  in  haven- 
ti  l’ugna  intiera,  ò  diciamola  tutta  d’ un  pezzo,  come  il  Cavallo,  ò  fella  in  due 
parti,  come  il  Bue:  ò  proveduti  di  più  deta  in  tutti  quattro!  piedi ,  come  il  Ca¬ 
ne;  chiamando  i  primi  Solidipedi,  i  fecondi  Bilulci,  e  gli  ultimi  Digitati.  Nel¬ 
la  prima  clade  militano  l’ Elefante,  c  l’ Vnicorno,  Tributarii  dell* armi  loro,c  d’al¬ 
tro  ancora  al  Mulco. 

-  2  L’ELEFANTE,  che  tra’ SOLIDIPEDI  vien collocato  dall’ Aldrovandi, 
con  gran  ragione  precede  tutta  la  Squadra  de’ Quadrupedi  del  Mufeo  (dove  lì 
vede  effigiato  in  alcune  medaglie ,  cioè  di  Tiberio ,  c  di  Filippo  I.  Imperatore ,  & 
in  altri  bronzi  )  ferra’ quanti  ne  creò  la  Natura  non  v’hà  ,ò’l  maggiore,  ò  l’egua¬ 
le  a  quello,  che  quanto  gli  fupera  nella  portentofa  mole  del  corpo , che  ralTembra 
un  Monte  aldird’Oppiano,  come  lofà  parlare Gio.Bodinofuo Interprete,  non 
elTendomi  bora  alle  mani  iITcfto  Greco  . 

rt  Jì  illum  videas  dum  immania  corpora  verfat  i 
Exeeljt  montis  procera  cacumina  credas. 
altrettanto  gli  vince  nelle  maravigliofe  doti  dell’animo,  colle  quali  più  di  tutte 
s’ accolla airhuomo,anzi in molteTagguaglia,  per  non  dire,  che  inalcunclo 
forpalfi .  Perche  dove  1’  Huomo  dotato  di  ragione  a  gran  pena  giugne  a  renderli 
cfemplare  ne’  coflumi,  anche  fcorto  da  gli  altrui  infegnamenti ,  quello  Bruto  per 
folo  illinto  di  Natura  v’  arriva .  Onde  Marco  T ullio  Berci  gentil  Poeta  Bologne- 
le,  così  ne  cantò 

Elephas  y  ijuo  non  prudentior  tilla  ferarum  efi^ 

Miraque  virtutis»  qui  documenta  dedit. 

Immanes  artus  t  immania  vifcera  quamvis  ^ 


NOfi 


9 


LIBRO  R  I  M  0.  CAP.  IK 


Non  tamen  immenfo  ’uu.lt  fatttrare  cibo, 

PabuUejue  ajptetis  r  eie  it  fuper  addita:  0“  ittde 
V  or  Jit  an  incoiami  tarda  fenecia  venit . 

Maxio  è  poco  in  riguardo  alle  altre  fue  virtù  numerofe,  che  fuggcrlfdono  copTo- 
fa  materia  di  nobili  Imprefe  a  gl’  ingegni  più  ameni .  Efienim  Elephas ,  per  dirla 
con  l’Aldrovandi,  ingenita  munificentia  nobilis,  temperantia  in/ignis,  aequitate  fiam» 
ma  confpicuus ,  pracipaus  declinator  infanta ,  vaniloquentia  hoHis ,  cultor  pietatis  > 
^  ea  celebris  manfuettidine  ,  ut  alienam  etiam  crudelitatem  abhorreat  ,  contra  minus 
validas feras  pugnare  de  dignetur ,  in  iram ,  aut  nunquam  ejferatur ,  nif  acerbitate 
iniqua,  enormique  aliqua in]ur ia  concitatas ,  deniqne  regalem  ipfe  animum  ,  »o 
omnia  hic  accumulem  ,  in  omnibus  referre  videtur,  heminis  amantiffimas  item ,  hero- 


L.6.  Ruflie. 
V.  1 17. 


loe.  cih 


que  fide  lifs  imus ,  (fi  acerrimus,  ubi  necejfe  eil ,  protector ,  &  qui  hoHes  ab  amicis 
optime  dtftinguit .  Che  però  a  gran  ragione,  fin  là  nelTlndia,  dove  hà  copia  di  Phii.Picin. 
quelli  Animali ,  ftimafi  tanto!’  Elefante ,  che  vien  creduto  felice ,  chi  ne  pollìedc 
alcuno:  e,  come  chepiù  del  Leone  fi  feopra  meritevole  del  prindpaco  tra’ 
Quadrupedi,  così  vien  giudicato  il  più  degno  da  farlcne  donativo  ad  un  Rè . 
Ondeinalcune  diquelle  vaftiflìrae  Provincie,  al  rifetire  di  Lodovico  Varto-  . 
manno,  recali  a  grand’honorechiunque  di  qualche  membro  di  sì  gran  corpo 
può  regalarne  il  luò  Rè .  Dal  che  fi  Icorge  non  effere,  che  regio  il  dono  fatto  àl- 
l'Illuftrilfimo  Senato  dal  Sig.MarchefeCofpi  deile  fuffeguenti  parti  d’ Elefan¬ 
te,  che  vedonfinel  Mufeo. 

j  PVNTA  DEL  DENTE  D’  ELEFANTE.,  di  più  che  mediocre  gran¬ 
dezza,  come  lunga  più  di  mezo  braccio  ,  e  grolla  nel  fondo  più  di  quattro  deta 
candidilTima  ;  s’hebbequefta  da  Venezia,  lecita  per  la  più  bella,  che  fuffe  nel 
rinomato  fondaco  de’ Tedefchi,  del  quale  fà  menzione  il  Mattioli.  Ma  più  che  /«  Dìofe.  l. 
altro.rn  effaèriguth-devole  l’efficacia  di  giovare  a  molti  mali,  havendo  quelli 
Denti  facoltà  refrigerante ,  ed  eficcante ,  in  virtù  della  quale  ufafi  la  loro  limatu¬ 
ra  per  corroborare  le  vilcere,  e  trattenere  l’impeto  delle  foverchie  effùfioni  de' 
fucchi  utili  nel  corpo  humano ,  in  qualunque  maniera  fia  prefa .  Oltre  di  che  lo¬ 
dali  ancoracontro  il  doloradello  llomaco,,  l’ itterizia,  e  le  più  contumaci  oftruz- 
2Ìoni,  e  la  lebbra.  Ned  è  tnen  pfegiabile  per  ['altitudine,  che  tiene  a  lavorar- 
fene,  ò  fregiarfene  qualunque  più  elquifita  fattura  deli’ Arte,  riufeendo  in  tutto 
altrettanto  durevole  per  la  fodezza ,  che  dilettevole  per  il  candore,  il  quale  emù*, 
landò  la  bianchezza  della  carnagione  più  vaga,  è  cagione,  che  i  Poeti  fovente 
chiamino  Avario  le  carni  più  candide ,  come  da  Mula  amica  fù  efpreffo  in  quelli 


verfi  .  L.L.inNeà 

vixerat:  ^  viridi  \aculum  de  csfpite  fumens  ,  Caflàv.j^^. 

Concita  per  medium  pectoris  egit  ebur-, 

Et  in  quelli  altri 

Del  piu  puro  candor,  che  il  Ckl  colori. 

La,  ve  P  alma  Giunon  fparfe  il  fm  latte,  in  Poe f. 

Lidia,  le  mani,  tue,  cred'  io,  fon  fatte, 

SÌ  bianchi  fon  quegli  animati  Avori, 


Così ,  perche  anticamente  nella  Meonia ,  e  nella  Caria ,  per  atteftato  d’ Onie- 
ro  ,ia  candidezza  deU’Avoridfoleva  alterarli  col  fanguigno  della  porpora ,  della 
vaghezza  diqucfticonfnfi.eolQrififcrvc  tal  voltala  Pitturacanora  per  efprime- 
re  al  vivo  la  più  modella  verecondia  d’ un  volto,  comedi  Lavinia  Virgilio 
s^ccepit  vocem  lacrjmis  Lavinia  meuris 
Flagrantes  perfufa  genas ,  cui  plurimas  ignem 
S  uh  jecit  rubor  f  (fi  calefacta  per  ora  me  ttr  riti 

Indum 


10 


ling.  lat. 
pi.  /.8.  & 

&  18. 

Z,.  I,  ef.  73  ' 


.  M  S  E  0  C  :  0  SPIANO 

rndum  faiiguineo  z’elutt  'violaverit  ofiro 
Si  quts  Eb:ir , 

L.i,mtt.&  II  che  felicemente  imitarono  Ovidio,  e  Stazio,  &  altri .  E  Domenica  Chicfa, 
2.  Amor,  Gran  Giurifconfulto, e  Poeta  Genovele  con  tutta  leggiadria  lo  trapportò  dal 
,  .  profano  al  facro,  mentre  nelluo  ANTRO  BETLEMIO  più  ricco  aliai  di  qual- 

fìvoglia  fuperbiflimo  Palagio  j  de  gli  Angioli  fcendenci  al  corteggio  del  nato 
Ahu.  Be,  Verbo  cantò 

^PrcUd^i'^  candidulos  lambii  vaga  purpura  vultus ,  , 

Vt  cum  Indum  rofeus  f anguis  Ebur  violat , 

4  DENTE  D’  ELEFANTE  di  color  fulvo.  Se  non  ne  fulTe  ftata  levatala 
-  punta,  farebbe  lungo  poco  men  di  tre  braccia,  Fù  di  dentro  tutto  artifìziofa- 
mente  /cavato ,  perche  fembraHe  un  Corno .  Senza  l’ ajuto  però  deli’ Arte  e’  po¬ 
teva  parimente  chiamarli  Corno,  giàche  così  pute  nominano  qutftc  formida- 
Pauf.l.i,  bili  armi  dell'Elefante  Paufania,  &£liano,  Varrone, eGiubacitato  daPhnio, 
^arr'l  ^  Pl'f’ìo  ^  Marziale ,  che  in  tal  maniera  motteggiò  la  vecchia ,  e  /dentata 
'Egle. 

Sic  dentata  (ibi  videtur  Mgle 

Emptis  ofsibus  t  Indicoque  CORNV.  ^  ? 

*  E  D.  Antonio  Mulcettola ,  Principe  di  Spezzano ,  e  Gloria  delle  Mufe  Tofeane, 
in  un’  Oda  a  D.  Camillo  de’  Notari ,  parimente  Poeta  di  gran  nome . 

Sbf  che' l  manto  inojlrar  Sidone  ,  e  Tiro 
trionfanti  Confoli  di  Roma^ 

186.  j  E  le  Belve  tutt'  or  de  l' India  doma 

f  EBTRNEE  CORNA  a  le  lor  fedi  offrivo . 

E  ne  affegnacurio/a  ragione  Oppiano  nel /uo  nobiliflìmo  Poema  della  Caccia, 
con  avvertire,  ch’è  Dente  ciò  /o!o,  che  di  duro  c/cc  dalle  mafcelle  de  gli  Anima- 
li,nè  più /opra  è  piantato:  e  Cornociò,chcloro/puntadalla{ominità  del  ca¬ 
po,  come  egli  alTentifce  di  que (ti  dell’ Elefante,  i  quali  radicati  nelle  tempia  del¬ 
l’Animale  ,  di/ccndono  interiormente  per  le  mascelle ,  e  quindi  e/cono  com- 
eia^Can^^'  parabilmente  maggiorici  tutti  i  Denti  (benché  fiìlìero  J^afCorna,  e  non  Zanne^ 
//.^13®.”^*^*  come  di  quelli  d’uno  fmi/urato  Cinghiale  cantò  Era/modi  Valvaloiic,  l’ Op¬ 
piano  Italiano,  imitando  inciòCalfurnio,  che/crifle 
.AncohAcet.’  vidi  genus  omne  ferarum., 

7»  V.  f8.  Hic ,  niveos  lepores ,  (f  non  fine  cornibus  apros  ) 

con  l’abilità,  che  (ì  di(/e,.di  lavorar/ene  ciò,  che  fi  voglia,  come  delle  altre 
Corna/uccede.  Ilchc  nonriefcene’ven  Denti,  i  quali/onointrartabili,  e  più 
•x.  tolto  che  lafciar/ì  dilatare  dall’Arte,  quantunqu'  diligente,  vanno  in  ilcheg- 

gie.  Sentimenti  e/preffi  dal  di  lui  interprete  Rodino  in  que  lli  verfi. 

Deinceps  immenfos  Elephantes ,  Dtva,  canamus  I 

CORNIBVS  armatos  immanibus ,  ante  refloeis, 

NancjHe  duo  tollunt  indentia  fpicula  malis 
e^d  caslnm,  exertis  omnino  dentibus  aqua, 

^u£  vulgus  re fccans ,  dentes  extflimat  effe. 

'  Non  fic  appellare  placet,  fed  Cornua  dici. 

Cornea  cum  virtus  itlis  videatur  ineffe  i 

..  i  €^anquam  per  paucis  (ni  fallor  )  fign^t  probantur  , 

N.am  quacunque  feris  tendit  propago  fuperne 
Jnfummts  adnata  genis,  id  nuncupo  Cornu, 

S in  minus  à,  malis  vergat  propago  deorfum  > 

Dens  Appellati,  non  Corntt  debuit  illa, 

:-,V.A  -  fc  .  .  ^  -  . 


Opp  he.  cit, 

!'•  547.  . 


LIBRO  P  T(  I  M  O.  CAP.  IK  il 

m  vi  .  ■ 

His  vero  geminum  Cerna  radicibus  altis 
E  cerebro  derivatis  primum  arboris  inffar 
Et  Fagif  capitts  fulcitur  vertice  vaBo. 

Htnc  varios  trahit  anfraBus  per  tempora  repens 
Sub  cute  t  tum  malas  fubit ,  hinc  apparet  ab  ore 
i^rdua  contorquens  apices  ad  fdera  fummo s , 
pluribus  hoc  Dentis  fallacem  prabuit  anfam , 

Efl  tamen  hoc  multo  quoque  clarius  argumentum . 

Dens  omnis  rigidus  manet  intraclabilis  arte^ 

Non  artus  i  non  artificis  folertia  prodeB . 

Nam ,  fl  dilatare  velis ,  parere  recufat  y 
Si  violare  paras  y  in  frufia  abrumpitur  ultro 
validis  curvi  fiunt  e  cornibus  arcus  y 
Quaque  illi  Dentes  vocitant ,  Eborarius  illa 
Perpolit  y  exercet  y  variofcque  refleElit  in  ufus. 

La qual  varietà  a’ ufi  prr  appunto  fi  Icorge  nelle  molte,  e 

5  Diverfe  MANIIFATTVRE  d’  AVORIO,  che  nel  Mufeo  fi  vedono,  e 
nel  Trattato  delle  Cole  Artifiziali  del  medefimo  dirtintamente  fi  noteranno. 

6  OVE  PEZZI  di  GAMBA  d’uno  ELEFANTE  IMPIETRITO,  che 

fu  ritrovato  nelle  Chiane  d’ Arezzo,  c  d’ordine  del  Serenifs.  Granduca  Ferdi- 
nandoll.fattodifsepelire.  Dellacui  antichità  ,  che  giudicali  di  poco  raenche 
XlX.Secoli  fi  porterà  qualche  congettura  nel  Trattato  delle  Cole  Pietrificate 
deiMufeolib.2.cap.27.nUo8.  Intanto  ofserviamo un  _ 

7  PELO,  ò più  tolto  SETOLA  della  coda  d’ un’ Elefante  .  E' lunga  poco 
meno  di  due  palmi,  e  grolsa  nel  fondo  il  doppio  della  corda  del  Bafso  nel  Violi¬ 
no,  di  materia  quali  olsea,  ma  pieghevole,  bianca  anzi  che  nò,  e  diafana ,  non  in 
tuttorotonda,macomprclsa,echeapocoa  poco  fi  alsottiglia.  Merita  particolar 
riflclfione,  per  non  ilpecificarfi  da  gli  Autori  antichi  le  l’Elefante  in  alcuna  parte 
del  corpo  habbia  peli,  ònò;  mallime  pronunziandone  apertamente  Solino  la 
negativa , coll  elcluderli  fino  dalla  piccola  lor  coda ,  mentre  ne  Icrifse .  Setarum 
nullum  tegumentum  ,  ne  in  cauda  quidem  prafìdium  abigendo  tedio  mufcarutn^ 
(namque  idy  &  tanta  vaflitas  fentit .)  E  prima  di  lui  così  giudicò  anche  Piinio , 
ma  fi  cangiò  poi  di  parere,  notando.  Indi  mire  gaudent  longitudine  eorum  (  parli 
de  gli  Smeraldi  )  folofque  gemmarum  effe  pr&dtcant  y  qui  carere  auro  malint;  ob 
id perforatos  Elephantorum  SET IS  religant , 

8  Dal  colore  di  quello  PELO  può  congetturarli  che  fufse  d’ un’Elefante  del- 
l’ Etiopia,  elTendo  quelli  bianchi,  Guafiimc  verlo  la  Zosa  torrida,  dove,  come 
olTervò  Io  Scaligero ,  è  cofa  notabile ,  che  confervino  la  bianchezza ,  le  quivi  il 
Sole  fervidifiimo  imbruna  le  carni  de  gli  huomini;  e  che  pofcia  nelle  altre  re¬ 
gioni  fiano  neri ,  come  nella  Libia, òalmenoiblchi, come  nell’ India .  Ne  con¬ 
ferma  la  congettura  la  di  lui  lunghezza,  che  non  giugneadue  palmi,  ficome  gli 
Elefanti  Etiopici  lono  minori  de’ Libici, e  de  gl’  Indiani, c’  hanno  il  pelo  alquan¬ 
to  pù  lungo,  feri  vendo  Luigi  Cadamolto  d’ bavere  ftrappato  di  limili  peli  ad 
un’Elefante  nero ,  che  perciò  erano  fofchi ,  e  quali  eccedevano  la  mifura  di  due 
palmi .  Tali  riferifee  d’ haverne  veduto  anco  il  Gillio,  portati  dal  Mondo  Novo . 
Adiviene  però,  ma  di  rado,  che  anco  nella  coda  de  gli  Elefanti  folchi,  tràle 
letole  nere  ,Te  ne  trovi  qualchedunadelk  bianche  ,  di  cui  nelTIndie  Orientali 
fe  ne  fà  ftima  ben  grande ,  credendofi  da  que’  Popoli  valevole  a  guarire  la  fordi- 
tà,  fe  ne  fia  portato  un  pezzetto  a  guifa  di  tafta  nel  forame  delle  orecchie.  Cre. 
dono  eziandio y  come  fcrive  il  dotcilSmt}  Francefeo  Redi ,  Filofofo  efperimentale 


/.29, 


L,  33'  5* 


Effirit». 

^atur. 

f.78.79. 


DcHt.i2.Pf. 

11.77.91. 

Fartom  tn 
Jttn.  tx£- 
th*«p.  i.  i. 
c.  19. 

Cadam,  ict» 
tìang.t.^o. 


De  Quady, 
Soli  dtp.  l.i, 
p.  40^. 


HymHi  Dii 

Ftl.  V.  1^6. 


12  U  V  S  E  0  Qoseiano 

di  primo  nòmCt  che  donò  qucftaalMufeo,  che  chi  porta  al  braccio  un  maniglio 
di  effe  fetale  rejlt  libero  dalle  vertigini  ^  le  quali  piu  non  ritornino  >  e  non  pojfa^ 
ricever  nocumento  dall'  arie  maremmane  ,  infette  -,  e  pejìilen'^iofe ,  Sono  pero  da 
giudicarfi  inutili,  e  vani  quelli  riincdii  ,  mentre  ad  efiì  ripugnano  ic  pelato 
di  quel  grand’ huomo.  E’ degno  di  (ingoiar  riflelTione  anco  li 

9  CORNO  di  MONOCEROTE,  òlla  VNICORNO,  dal  volgo  chiamato 
t^licorno^  Lioncorno,  e  Lionfante\  che  qui  li  conferva,  come  parte  d’ Animale 
più  di  tutti  controverfo ,  mercè  T  edere  rarilTimo ,  e ,  come  p  ù  de  gli  altri  folita- 
rio,  e  felvaggio,  non  di  veduta,  ma  folo  per  relazione  defcricto  da  gli  Antichi  ; 
della  cui  fpczie  appena  tre,  ò  quattro  legitimi  Individui  fono  giunti  alla  veduta, 
c  cognizione  de’modernì  Scrittori ,  che  mi  liano  conti .  Onde  non  è  maraviglia, 
che  taluni  lì  lìanopcrfualì,  che  quella  razza  di  vivente  non  altro  fulTe,  che  un’ 
irragionevol’ente  di  ragione ,  una  lognata  chimera .  G  iudizio ,  che  per  ifcempio 
viene  proc  laniato,  e  dalle  (acre  carte,  che  in  più  d’un  luogo  mentovano  l’ Vni- 
corno ,  e  dal  Vartomanno,  ò  Bartcma,  c  Cadamollo ,  che  di  veduta  ne  tellifica- 
no  le  fattezze  come  d’ un  Cavallo .  Non  eccedendo  quello  Corno  quattro  palmi 
in  lunghezza ,  non  mollrando  altro  che  i  primi  rudimenti  delle  volute ,  piu  che 
altrove  cfprclfe  nel  fondo ,  h  palefa  (piccato  dalla  fronte  di  un  Monocerote ,  che 
non palTava l’anno havendolo per  appunto  di  tallunghezzaqucH’ Vnicornodi 
fimi  l’età,  che  in  fecondo  luogo  vien  deferitto  dal  fopracirato  Bartema,  da  lui  ve¬ 
duto  in  un Serragliodella  Mecca,  per  cola  rarilfima,  con  un’altro  maggiore, 
mandato  in  dono  ai  Sultano  di  quella  Città  da  un  Rè  dell’  Etiopia .  Non  è  con- 
tuttociò  la  di  lui  grolfezzafprezzabile,  come  che  nel  fondo  polla  occupare  lo 
fpazio  contenuto  tra  l’indice,  e’I  pollice  nellafommiràcongiunti .  Ildiluifu- 
fto, eh’ è diritilfimo, bianco, ScolTeo, tutto fpugnofo,  &  alquanto  cavo,  vien 
circondato  da  una  grolTa  corteccia  molto  denfa ,  la  quale  per  edere  di  fuperfizie 
nera ,  lifeia ,  ò  lucente ,  come  l’ ebano ,  e  nella  bafe  per  lo  fpazio  d’ un  palmo  an- 
neilata,  fi  manifcda  alterata  dall’arte  j  elTendo  condizione  de’ corni  di  Monoce¬ 
rote  non  alterati ,  come  infegna  l’ Aldrovandi ,  che  fiano  del  colore  dell’ avorio 
vecchio,  tutti  flriati,  e  Iodi;  particolarità,  che  penfo  debba  intenderli  non  di 
quelli,  che  di  poco  (puntarono  dall’animale  di  non  molti  meli, come  quello, 
ma  de’ più  perfetti ,  che  giungono  a  molto  maggior  lunghezza,  come  vedefi  dal 

10  DISEGNO,  e  mifura  d’un  CORNO  d’ ALICORNO,  che  fi  trovava  in 
Venezia  del  MDCLXVI.  nel  Fondaco  de’  Tedefchi ,  lungo  piedi  VII. dipinto  al 
naturale  nel  cielo  del  Mufeo.  Era  valutato  alcune  decine  di  migliaia  di  Scudi . 

11  Mala  maggior  nobiltà  di  quelli  Corni  confille  nell 'edere  valorofilfimi 
contravelenijcomeproval’ Aldrovandi  nel  doctilfimo Trattato,  che  nefcrilTe, 
acuirimetto  il  Lettore,  ballandomi  di  notarne  il  fondamento  de’ Naturalilli, 
(piegato  dalla  fclicillìma  penna  di  MonfignorVidanollro  ne  gl’inni,  dove  per 
tale  virtùcollituifceil  Monocerote  nobililfimo  Simbolo  di  Crillo,  cantandone 

Ecce  Ter  US  ,  Cerve  affimilis ,  Capreave  fugaci 
Montis  ab  aerei  decurrens  vertice  fummo» 

Tramite  declivi  f altus  pratervolat  altos, 
lamque  fugam  per  plana  tenens»  ingentia  campi 
T ranf mittit  fpatia ,  ér  volucri  volat  ocyus  aura  » 

Convertere  oculos  commota  armenta  repente 
■  fonitum  »  atque  viam  venienti  abdu^a  dederfl 

Ille  lacum  ingrediens  longo  ferit  aquor  a  cornu» 

Fronte  quod  in  media  folum  gerit .  Ilicet  omnis 
"  _  k^d  tafttim  fubitis  fervoribus  afluat  unda» 


Exultat 


*3 


libro  ^  R  i  M  0,  CAP,  IV. 

Exultuntque  fpumifque  incamtit  atnms , 

Nec  moray  yyojilvtre  Ter  a  Jìmul  undiqae  in  itndas] 

SecftrAqtié  mali  medtcatum  haufere  liquor ent  > 

Egli  però  è  d'avvertire,  che  il  nome  di  Monocerote y  ò  à'  Fnicor no y  proprio  di 
quello  Quadrupede,  così  chiamato  per  eccellenza,  è  talvolta  epiteto  d’ altri  Ani¬ 
mali  dalla  Natura  d’ un  folo  Corno provifti,  come  i’Orige  Africano,  e  l’ Ona¬ 
gro  Indiano ,  di  cui  il  V'^alvafone 

E  fol  /’  Indico  Onagro  altero  incede 

T>'  un  Corno  in  fro-ate  y  e  yur  I'  unghia  non  fende, 

E  certa  razza  di  Buoi ,  parimente  ladian  i ,  della  fpezie  de’  quali  forfi  è  il  Bifonte 
di  Celare  con  lembianza  di  Cervo  da  lui  veduto  nella  felva  Ercinia,  e  così  de- 
Icrirto  dalla  nobil  Mulad’  Anlaldo  Ceba 

t^Jvi  ved'  ella  un  Bue  ,  che  porta  in  fronte 
Era  I'  uno  y  e  I'  altro  orecchio  un  Corno  folo , 
che  par  che  fi  follevi ,  e  che  formante 
o/  Jcompigliar  del  Ciel  /’  alato  ftuolo\ 

E  y  come  varii  rivi  ufeir  d’  un  fonte 
Tal'  hor  fi  vede  a  mormorar  su  'I  fuoloj 
Così  diverfi  rami  a  /’  aria  intorno 
Sparge  del  Bue  Cervin  I'  ecc elfo  Corno, 

A’ quali  s’aggiungono  1’  uno,e  Taitro  Rmocerote,  cioè  il  Quadrupede,  di  cui 
poco  dopo  favellali,  e ’l  volatile  ,ch’è  una  razza  di  Scarafaggi,  dicuileneram- 
menta  uno  nel  Gap.  XII.  di  quello  Libro,  &  una  fpezic  di  Cetaceo  Settentriona¬ 
le,  figurala,  e  dekritta  dal  Vormio  nei  fuo  Muleo. 

De*  Biftdci ,  Cap,  V, 

I  Ra’Bifulci,  ò  liano  glr^nimali,  c’hanno  le  ugne  felle  in  due  parti, 
X  vengono  il  Rinocerotè ,  1’  Alce ,  il  Cervo,  la  Gazzella ,  &  il  Bue  lelvag- 
gio,edimeftico,  de’quali>èggonli  nel  Muleo  alcune  parti  ragguardevoli,  e 
prima. 

^  CORNO  di  RINOCEROTE,  ò  fiaNARICORNO ,  così  chiamato  dal 
nafcergli  fopra  dei  nalo  il  Corno,  dicui  li  favella ,  per  io  quale  taluni  loconfulcro 
col  Monocerote,  animale  di  gran  lunga  divtrlo.  Quello  ,  di  follanza  molto 
denfa ,  e  ponderola.,e  di  colore ,  come  di  giuggiola  ben  matura ,  per  ellere  poco 
più  lungo  d’ un  palmo,  e  quali  altrettanto  largo  nel  diametro  della  baie  (  dove  è 
a  quanto  Icavato  )  e  che ,  rotondo ,  non  molto  curvandoli, finilce  in  pun>  a  ottula, 
fa  dubitare ,  che  ,ò  non  lia  crefeiuto  a  baftanza ,  ò  non  fial’  intiero  Corno  del  na- 
fo  :  quando  più  tollo  non  falle  il  fecondo  Corno  d’ un  Rinocerotedi  quella  Ipe- 
zie,  che  ne  hà  più  d’uno.  Poiché,  quantunque  Tertulliano  gli  ricordi  d’un_. 
Corno  lolo ,  Ieri vendonc  non  utique defiinabitur  Rhinoceros  unicornis ,  non  man¬ 
cano  Scrittoli  ,che  atteftino  elTervene  con  due  Corna ,  il  maggiore  lopra  le  nari¬ 
ci  ,  1*  altro  nella  cervice ,  ò  più  tollo  piantato  poco  più  sù  del  primo, come  vedeli 
nella  Medaglia  di  Domiziano,  improntata  nel  riverfo  dell’Imagine  d'una  di 
quelle  ' 

'  Belve  da, /paventare  ogni  huomo  altero, 

riferita  da  Pierio  nc* Geroglifici .  In  propoli'odi  che  lalciò  fcritto  Euchcrio  an¬ 
tico  Autore  Terribilis  fera  Rhinoceros ,  cui  Gemina  in  naribus  cornua .  E  Marziale 
favellando  de  gli  Spettacoli  di  Roma . 

Sollicitant  pavidi  dum  Rhinocerota  magiBrit 

‘  Se- 


Ter^ag.  & 
Scarabel.tn 
Muf.septat. 
c.  28. 

L  6.  Com- 
ment. 

Caccia  Cuti 
4,^. 

L.e>,Comm. 


Xd*  5*  c.  I 
p.  282. 
Mq.  \ 


L,  i.eoKtra 
Praxeam , 


Lama  Cài, 
I.//.  13. 

L.  2.  hier. 


S^elì,  ^p.22.■' 


JU 


DÌ9d.  /.4. 

Bibiteth.So’ 
hit.Pely  htft. 
e.6i. 

fi.  1.1%.  e.\. 
jSEltAtt.  L 
ìj.t.  44> 


De  Fendt. 

4. 1.  ».  6iZt 


Crece  Rdcq; 
l.  Il,  II.  4f. 
&c. 


.  M  rs  E  0  C  0  S  P  ì  A  N  0 

Seque  din  magnà.  colligit  ir.x  ferét» 

Defgtrabantnr  promijfi  prxlin  Martis  , 

Sed  tamen  ts  redtit  cognitus  ante  furor , 

Namque  gravem  GEMINO  CORNV  fìc  extulit  Vrumt  1 

Ja£iat  ut  impoftas  Taurus  in  afra  pilas. 

Il  che  fc  fù  vero,  non  fia  da  maravigliarli,  che  il  Rinocerote ,  di  cui  fu  fcritto 
nunquam vi^us ab  hojle redit ^  riefea  formidabile  fino  all'Elefante,  con  cui  di' 
forze  eguale,  e  di  deprezza  talvolta  fuperiore,  benché  di  corpo  minore,  com¬ 
batte  per  innata  antipatia,  e,  come  taluni  efprelTero,  per  la  difefa  de’migliori 
pakoii  :  c  le  non  viene  sù  le  prime  legato  dalla  probofeide  dell’  A vverfario ,  co» 
me Icriflero  Diodoro,  e  Solino,  col  tremendo  luo  Corno  invefte  nelventio 
l’Elefante , e  ne  Iquarcia ,  per  grolla,  e  dura  che  (ìa  la  pelle,  levifcerc,  ripor¬ 
tandone  in  tal  modo  la  vittoria ,  come  teftifica  Oppiano,©  ve  favellando  di  que¬ 
lla  Fiera ,  del  fito  ,r  della  forza  del  di  lei  Corno  ,  così  difeorre ,  fecondo  il  Bodi* 
nofuo  Interprete 

Rhinoceros  Oryge  esl  aliquantum  corpore  major. 

Huic  fummo  nafi  fuccrefeit  acumine  Cornu 
Tunellum  y  gladius  pra  acuta  cufpide  teter. 

Nam  ferrum  infringit ,  fs  adigat  penetrabile  telum , 

Hoc  feriens  cautes  abrumpit  y  duraque  fax  a. 

Sape  etiam  validos  Elephantes  marte  lacejfens 
Semineces  tandem  difufa  fiernit  arena, 

II che  per  appunto fuccede  nel  combattimento, di  quelli  animali  propoflo  daJ 
Emanuele  Rè  di  Portogallo  nella  Città  di  Lisbona  del  MDXV.  Simile  pugna  de- 
fenfle  leggiadramente  il  Bracciolini,  favellando  de  gli  Spettacoli  dairimperator’ 
Eraclio  dati  a’ fuoi  Eferciti  là  nella  Perfia  contro  Cofdra  accampati.  Ma  d’ella 
in  CIÒ  fùdiverfol’efito, che  ambe  le  Fiere  vincitrici,  e  vinte  caderono  vicende¬ 
volmente  traffittc  a  morte,  com’  efprcffe  il  Poeta ,  facendone  quello  racconto . 

Et  ecco  ornai  y  che  nel  teatro  è  peflo 
Grand'  Elefante  a  gran  contefi  efpcjlo. 

Et  a  r impetto  a  I'  Elefante  immenfo 
Non  minor  punto  un  fier  Rinoceronte 
Viene  a  la  pugna  y  f,  tranne  I'  ira,  e  ' l  fenfoy 
Mover  direfti  un  contr'  un'  altro  Mente: 

Di  qua  fpir/iy  e  di  là  lo  f degno  accenfo  y 
Vif burnente  a  I'  una,  e  I'  altra  fronte ‘y 
Par  che  ceda  la  terra ,  e  non  Jofienga 
Si  vafte  moli  ,  e  mobile  divenga. 

Due  volte ,  e  tre  la  meglio  armata  Fera 
Batte  col  corno  a  l  Elefante  il  feno  y 
E  r  apre  si  con  I'  afpr a  punta  y  e  fera, 
che  sn  fanguinofo  Mar  cangia  il  terreno  t 
La  probofeide  a  f  har y  ihe  quaf  cera 
S' arrende  y  al  Corno  del  fuo  fangue  pieno 
Ravvolge  ei  tutta  y  e  sì  tenace  implica  j 
che  fi  rende  prigien  I'  arma  nemica, 

E  I'  divori  e  pungente  al  lato  manco 

De  /’  Àvverfafio y  e  quattro  volley  &  etto 
Rtptreotcndt  y  e  ripafando  il  fianco 
D'  acerbe  piaghe  orribilmente  hi  rottox  _ 


Ma 


'•ìtà: 

.  r- 

I  ■/:.-  ; 
l  i  .  o.  y 

*  ^  »  7  •' 


i  rn  it  0  9  m  Mo.  ìàp.  y. 

Ma  M6f$  •vini»  però  f  non  però  fianco  t 
’  Me ‘  Ceder  vmi  y  He  vuole  andar  di  fatto  i 
Ma  con  mille  rivolte  ^  e  mille  fcefie 
'  file  erefeendo  il  furor ,  crefeon  le  pojjè  , 
Indi  con  violenza  a  fe  tirando 

Il  '  Cor  no  i  a  I'  Èl fante  il  laccio  fpezzal 
E  poi  contro  cjfo  iratamente  urtando 
Tiaghe  non  fi  fer  mai  d'  eguale  af prendi 
Vanfi  di  qua ,  di  la  dilacerando 
Le  Belve  j  e  tale  in  lor  fu  la  francherai 
che  ambe  morirò,  e  terminar  non  lice 


^^al fi  fufie  di  lor  la  Vincitrice. 

^  Cori  avveròffi  del  Rinoceroteciò,  che,  portandolo  per  corpo  d’lniprefa,gli 
fà  dire  Monfignor  Paolo  Arefio  (che  quantunque  Milanefe  fi  feriva,  poffo  dir 
noftro ,  efiendo  nato  in  Cremona  in  tempo, che  Marc'  Antonió  fuo  Padre  vi  efer- 
citava  la  carica  di  Podeftà  del  1574.)  cioè  mori  potivs  ,  ^AU  SVBDT, 
eavaco  dalle  facre  carte,  per  infinùare,  come  nota  l’ Abbate  Picinelli ,  animo  ge- 
nerofoin  un  Guerriero,  ed  invitta  coftaóza  in  un  Martire . 

3  La  mano ,  che  intraprefe ,  ma  non  finì  di  fcavar  quello  Corno ,  pretendeva 
forfi  di  fabticarne  un  nappo  da  bere,  giàche  è  fama  (  bugiarda  però  giuda  le  ac¬ 
curate  cfperienze  del  Sig.  Redi  )  che  quelli  Corni  habbiano  virtù  aleififarmaca, 
per  cui  talvolta  fi  riducono  in  Vali  preziofi  da  bere,  come  quelli  di  Monocerote. 
Roma  però  lene  fervi  anco  ne’ bagni  per  vali  da  ogliojufati  folo  da'  più  ricchi. 
Ne  fà  menzione  il  fatirico  d' Aquino. 

Sic  pedo  conturbat,  Matho  deficit:  exitus  hòc  efi* 

Tongilli,  magno  cum  Rhinocerote  lavari 

folet ,  ér  vexat  lutulenta  balnea  turba. 

Se  ne  fà  gran  conto  anco  ne’  Regni  dell’Etiopia  nell’  Africa,  di  Bengala, nell’Afia, 
e  nel  Mondo  Novo,  tuttoché  villano  frequenti  quelli  Animali,  come  riferilco- 
no  il  Boterò,  e’IBonzio,  &alcri,  e  l’accenna  il  nòllro  Lami,  che  deferivendo 
l’imagine  della  Gola ,  v’  efprcfle 

—■li  il  nafo  bave  a,  che  tate 
i^l  Rinocerote  Indo  non  fi  mira, 

4  CORNO,  come fembra,  d’  ALCE,  ò  fia  Gran  Bcdia,  difullocurvo, 
alquanto  fchiacciato ,  e  partito  in  dodici  rami  comprelfi .  Dove  comincia  a  di¬ 
latarli  ,  lo  feorre  un  folco  profondo ,  che  fi  dirama  in  altrettante  propagini,  quan¬ 
ti  fono  i  rami ,  che  ne  vengono  folcati  nel  mezo . 

5  Due  CORNA  della  mcdefimafpezied’ Animale, maminori, comedivi- 
fe  foto  in  dieci  rami ,  parimente  folcati ,  come  nel  precedente. 

6  GAMBA  con  tutto  il  Piede,  el’VGNA  d’ALCE,  di  perfetta  grandez¬ 
za  ,  come  non  minore  delle  Gambe  dell’  Alce ,  che  trovali  intiera  nel  Muleo  del- 
l’ Aldrovandi ,  più  alta  d’ un  gran  Cavallo ,  la  quale  fù  di  Sigifmondo  Batteri  Rè 
di  Polonia.  Nel  qual  Reame  fù  prela  anco  l’Alce,  di  cui  era  la  Gamba  fudetta, 
che  tutta  fornita  d’argento  in  una  gran  cada  di  criftallo  qui  fi  conferva,  come 
prcgiatilfimo  dono  dell’ Emincntilfimo  Sig.  Cardinale  Pietro  Vidoni,  Legato  di 
Bologna ,  da  lui  recata  di  Polonia,  quando  ritornò  dal  la  Nunziatura  Apolfolica, 
clercitatapielTo  la  Maeltà  diCafimiro:  c  donata  al  Sig.  Marchele del  ió6j.  co¬ 
me  awilano  quelle  lettere  intagliate  in  una  lallrad' argento,  che  circonda  il  di 
lei  nobilidìmopiedeifallo:  EX  DONO  EMINENTISS.  CARD.  PETRI  FIDO* 
mi  MARCH.  FERDINANDFS  COSPIVS  SENAT,  et  BArVLirVS  166^. 

b  z  Delle 


PieintS.  in 
At  ben.  Me¬ 
diai.  &  l.  t. 
in  Lyceo 
Hercuhs . 

2.  Macbabl 
14..42. 

PietneS. 
Aiund.  Syno 

»«.439. 

Ked.  Eff, 
Mat.p.y^. 


iSat.y.v.i  io 


Beter.RelaK 
Afr.p.  144. 

Cane.  4. 
fi-  S9’ 


PicinelU 
Mund-Sym’ 
boi.  t.  5.  c-i. 
nu,  IO» 

Dt  Bifutc, 
l.  1.  c,  32. 
Red.  Effir. 
p.  99. 

100. 


■  i 


L.  3.  de  v(», 

flMt.  V>  330. 


Red,  Effer, 
Km,  f,ioi, 
&/eqq. 


Cyref.v.i^it 


Sueel,  ic,  5, 
V.  89. 


L,6,  Ru/lic, 

v.ii. 


|>  E  Ol  C  O  ^  PIA  N  0^ 

Delle  ugne  di  queftoAninlale,  non  sò  perche  folo  adunar  delle  poftcriori,  che 
fecondo  alcuni  è  la  deftra ,  fecondo  altri  la  Gnìftra  »  fi  debbi  attribuire  quella  ma- 
ra  vigl  iofa  virtù ,  predicata  fin  dal  volgo  *  di  giovare  contro  il  mal  caduco  ?  onde 
nc  fù  fatta  Imprefa  cól  motto  da  Emblema  ET  MINIMA  tROSVNT>.  Perche 
fc  partecipa  la  medefima  facoltà  la  foftanxa  delle  Corna  di  quefto  Animalc(come 
nota  il  Vormio)  non  pare  verifimilci  che  tie  debbano  efler  prive  le  ugne  anteriori, 
che  fono  molto  più  lìmiJidi  temperamento, a  quelle  di  dietro, che  le  Corna;  Ri- 
fleffione,  che  vienfatra  ancora  dall*  eruditiflìmo  liaron  Dempftcro  nel  Trattato 
deir  Alce  dell’ Aldrovandi .  L’Efperienze  però  fatte  dal  Sig.  Redi,  nelle  Cor¬ 
na  di  queftaBellia,  trovate  inutili  pe’l  mal  caduco,  perfuadono  il  diftinguerlc 
nella  virtù  delle  ugne.  Di  quella  razza  d’animali  pare  che  fia  rim3gine,che  nel 
Mufeo  fi  vede  ne' riverii  d’ alcune  medaglie  d’amenduei  Filippi,  battute  per  gli 
Giochi  fecolari,  per  eflcre  in  elTi  fiate  propofte  di  limili  Beftie,  comedatrac- 
conto  di  quelle  a  fuo  luogo  fi  feorge , 

'  7  CORNO  di  CERVO,  forfi  PLATICEROTE  ,  (ingoiare  per  la  fua  ftrut- 
tura;  perche  non  è  rotondo  ,  ma  piano,  e  non  molto  fopra  la  radice  fi  dilata  io 
modo,  che  eccedendo  di  poco  la  lunghezza  di  tré  palmi ,  occupa  quali  altrettan» 
rodi  larghezza,  e  fi  divide  in  cinque  più  tofio  raggi,  che  rami»  difpofti  perla 
circonferenza  con  difianze  quali  eguali .  E’  di  fofianza  molto  ponderofa ,  quali 
deir  avorio  vecchio .  Pare,  che  di  quelli  Cervi  s’ intenda  Oppiano,  fcrivendonc  » 
come  Io  fpiega  il  Bodino . 

Sknt  quos  nonmllì  Eurycerotas  nomine  diennt  ^ 

Cervis  omnino  fimtles  ;  nAm  cornua  lata 
Suc.crefcunt  illis  Cervorum  cornibus  aqua  ^ 

Domine  dijfimiles,  natura  frorfus  eadem, 

8  Due  CORNA  di  CERVO  commune,  le  quali  benché  non  più  lunghe  di - 
due  palmi ,  e  di  vile  in  non  più  che  fei  rami  per  ciafeheduna,  non  però  è  certo  che 
fiano  di  Cervo  giovanetto ,  potendo  anco  sì  brevi  edere  fiate  divelte  dalla  fronte 
di  Cervo  attempato ,  come  rinatevi,  non  perfezionatevi,  mentre  è  chiaro  che 
queft  i  animali  le  mutano-,  cadendogli  ede  fpontaneamentc  ,  come  dall’  albero  un 
frutto  maturo.  Perche  oltre  federe  ramigliofe,  fono  di  fofianza  tutta  loda,  c 
perciò  pelanti ,  il  noftro Giulio  Cretti, mentovando  la  favola  d’ Atteone,  con 
ragione  le  chiama  --ramofa  pondera  frontis. 

Quantunque  di  quelle  fe  ne  trovi  gran  copia,  per  la  moltitudine  dc’Cervi,  fo» 
no  fempre  preziofe ,  come  quelle  che  non  cedono  punto  nelle  virtù  più  alclTifar- 
mache,  a’  denti  d’ Elefante,  &  a’  Corni  di  Monocerote  ;  e  che  folo  con  l’ odore  lo* 
ro  difcacciano  i  Serpenti  pi  ù  velenofi ,  come  avvila  Calfurnio . 

Lurida  conveniet  fuccendere  galbana  feptis  y 
Et  tua  Cervino  Itifrare  mapalia  fumo, 
obfuit  ife  malis  odor  anguibus:  ipfc  videbis 
Serpentum  cecidife  mtnas:  non  Hr ingere  dentes 
Vlìa  potefl  uncos ,  fed  inani  debilis  ore 
Marcet ,  df  ohiufo  ]acet  exarmat  a  veneno , 

El’accenna  Marco  Tullio  Bcroi  gentil  Poeta  Bologncfe,ovenota 
Nec  parcet  fuffire  Cedro  ,  atque  accendere  Cervi 
Cornua  ;  fi  fit  opus  galbana ,  ^  ufi  a  yivant . 

E  quand*  altro  non  le  dichiarane  meritevoli  di  riflcfiìone,  non  farebbe  inde¬ 
gno  motivo  da  confcrvarle  tra  le  più  rare  cofe  d’ un  Mufeo,  l’cder’  elleno  orna¬ 
mento  proprio  de’  foli  mafehi  della  fpczie  Cervina,  flante  che  alle  femmine  que¬ 
lle  non  nafeono,  come  notò  il  Filofofo  nella  Poetica ,  e  nel  Libro  111.  cap.ii, 

delle 


L  I  1  R  0  ^  R  l  M  0,  CAP.  V. 


>7 


delle Partìde gli  Animali.  Che  però  di  poca  avvedutezza  fono  tacciati  molti 
Poeti ,  che  deicri vono  le  Cervie  cornute  :  come  tra'  Greci  Pindaro  Oda  III.  delle 
Olimpiche,  Strofe XI.  Euripide  nell’Èrcole  Furente,  Sofocle,  Anacreonte,  e 
Callimaco;  ecra’LaciniSilio  Italico, e  Valerio  Fiacco,  il  qualèfinfe  la  Cervia 
di  Frido  con  ie  corna  d’oro.  ^Ad  imitazione  di  cui  il  Petrarca  lafciò  fcritto 
V»a.  candida  Cerva  fopra  r  herba 
Verde  m  ’  apparve  con  DFO  CORNA  T>  ’  ORO  . 
dove  le  corna  d’ oro  di  quella  Cerva  egFintende  le  treccie  dorate  della  fua  Laura,  Jw.  T/s!* 
di  cui  favella fotro  quella  Tderafora.  Così  dovei!  Marini  nel  fuo  maggior  Poe¬ 
ma,  favellando  d’ una  Cerva,  fcrilTe  quelli  verfì  citati,  e  difefi  dal Sapricio  nel 
VerarroP.lI.p.  3’. 

Ma  pilo  eh'  altra  mirabili  a  vedere 
Son  de  la  fronte  in  lei  le  lue  id'  offa, 

Son  tutti  i  rami  de  le  corna  grandi 
T>el  più  fin  ’  or ,  che  /’  Oriente  mandi  . 

E  dove  il  Valvafone  nel  fuo  nobil  Poema  della  Caccia  mentova 

■  la  gran  Cerva  d'  Arturo,  118.158.165’ 

C’  ha  tutte  di  rubin  le  CORNA  belle,  Cant.^.p.z, 

L  ’  unghie  di  ferro  rifon  ante  ,  e  duro , 

E  fimi  le  al  Monton  di  Trijfo  ,  ed'  Helle 
Il  vello  d  '  oro  rilucente ,  e  puro . 

poiché  amendue  troppo  fi  feoftano  dal  verifimile,  non  che  dal  naturale  i  non 
fanno  autorità  da  Storico,  deferivendo  un’ Animai  favolofo,  copiato,  nonhà 
dubbio  dal  Cervo  d’Èrcole,  che  taluni  dilTero  edere  fiata  una  Cerva  colle  corna 
d’oro,  e’  piedidi  bronzo, che  non  ebbe  altra cfiftenza, che  la preftatali  dalfinr 
gere  de’  Poeti  ,  a’  quali ,  come  a’  Pittori 

J^idlibet  audendi  femper  fuh  aqua  potelias.  Hor,%nA.V 

g  CORNA,  conunp.ezzodi  CRANIO  di  CAMOZZA,  ch’è  il  Horco  di 
Diofeoride,  e  la  de’ Latini,  da  taluni  chiamata  Caprea,  prima  fpez’e 

delle  Capre  felvaggieappredol’Aldrovandi.  Sono  lunghe  Xll.dcta,  nere,  ro-  DtBifulc  i, 
tonde, e  quafi  parallele, enelia  fommità  egualmente  curve,  come  un’uncino,  i.c.n.p.jzì 
acutidìme  ,e  non  men  lode ,  come  fatte  perToftenere  il  quadrupede ,  che  le  por¬ 
ta  ,qualor  fuggendo  l’ impeto  de’  Cacciatori  fi  getta  da  qualche  balza ,  e  con  effe 
s’ appicca  ad  inaccelfibiii  rupi  (  di  onde  pare,  che  abbia  tratto  il  nome  )  come  ac¬ 
cennò  Marziale,  cantandone 

Vendentem  fummà  Capream  de  rupe  videbis, 

Cafuram  fperes  :  decipit  illa  canes. 

Poco  però  giova  talial  va  in  quefti  tempi,  ne’ quali  dove  non  giungono  i  Cani, 
giungono  i  fulmini  de’  Cacciatori ,  che  fono  le  palle  fcagliate  da  gli  archibugi  :  e 
quando  anco  quefte  nóbafladeroafar  cader  le  Camozze  in  predadi  chi  le  perfe- 
gue,fupplircbbe  il  digiuno  col  domarle,factndoIe  precipitare, per  non  poter’cJle- 
no  così  fofpefeajutarfi .  Al  che  fembra  d’alludere  Gilberto  Ducherioinque* 
verfi.  Ergo  ut  flveJires  perdunt  fitta  cornua  Capras, 

sic  dominum  perdunt  intima  dona  fuum , 

Se  più  tofto  quello  Poeta  non  inccle  il  male,  chefifanno  le  Camozze  colle  cor- 
na, grattandoli  la  fchiena:  perche  talvolta  penetrano  tanto  addentro  nel  pro¬ 
prio  dorfo  colla  punta  di  quelle ,  che  non  ponno  cavarle , come  notò  lo  Scalige¬ 
ro  .  Onde ,  ò  cadono  nelle  mani  de’  Cacciatori ,  ò  fi  raojono  di  fame .  Fù  quefto 
pajo  di  Corna  portato  dal  Titolo ,  ne’ cui  monti  hà  gran  copia  di  quefti  Animali. 

Per  Io  che  il  GheJfucci  ne  fcrilfe . 

B  3  Ttrol 


X.ij.fp.is» 


Kofar.  P.  I. 
C.5. 


Mdr.  de  BU 
fui  /.I.  f.19, 
Bell,ob/'.  l.z. 
c.  19.  er  fi. 
A'-d,loc  .citi 
cag,  25. 


BUC»l.£cl.  7. 
0,59. 


Crac,  Racq. 

1, 3Z./?,4i. 


Ghelfnt*  C, 
5. 6:. 


Ig  C  0  S  P  l  A  N  0 

Tirol  d'  argento,  e  di  Camoz.ze  in  feno 
Folto  . 

10  CORNO  di  CAPRIOLO  MARINO,  lungo  otto dcra,  e  groflo  qiiafi 
due.  Si  di  vide  in  due  rami  acuri,  cmoflra  il  principio  del  rerzo;  parrc  de’  qua¬ 
li  ,  con  tutto  il  fufto  ,e  ladi  lui  corna  radicale ,  fono  Ipariì  di  f.  c  quenti  verruche . 
Di  quello  Corno,  c  di  tutto  l’Animale  ne  porta  bella  figura  il  Gionftoni,  Tav. 
XXXIII.de’ Qijadriipedi,  deferivendofo a  Ino  luogo. 

11  CORNA,  con  parte  del  CRANIO  di  GAZZELLA.  Animale  del  ge¬ 
nere  delle  Capre  filvcftri,c  che  per  la  Capra  de!  Mufehio  vico  propollo  daH’Al- 
drovandi  :  e  dal  Bcllonio ,  che  nell’  Egitto  ne  vide  nutnerofe  torme ,  giudicali  lo 
dello  con  l’Origc  de  gli  antichi  Greci ,  per  cui  intendo  il  Bicorne  a  dilfercnza  di 
un’  altro  Vnicorne,  famigliare  dell’  Africa,  fopramentovato  .  Sono  quelle 
Corna  non  più  grolle  ù’un  dito,  lunghe  poco  più  d’ un  palmo  ,neri(Tlme ,  lilcie, 
c  lucide ,  come  l’ Ebano ,  ripiegate  in  dietro  poco  meno,  che  quelle  di  Camoz  * 
za,  con  la  punta fimiirnente acutiflfìma . 

12  CORNO  di  BVE  SELVATICO,  c,  come  parmi  ,  di  quella  fpezie, 
che  con  nome  più  particolare  chiamali  BISONTE,  di verfo d.Tl) ’  VIU),  che 
non  c  barbato ,  e  giubato  ,comc  quello ,  che  appunto  qual’  è  ci  viene  clprctlo  da 
Calfurmo  in  que’ vcifi. 

Vidimus  ^  Tour  OS,  ejuiitis ,  a  ut  ccrz'ice  levala 
Deformis  feafulis  torus  eminet  :  asit  rjreihus  hirta 
laBantur  fer  colla  ]uha:  (jnibus  afferà  mento 
Barba  jacet ,  tremulifque  rigent  falcarla  fetis . 

Non  così  viene  fcritto  dell’ VrOjdi  cui  favellando  a  parte  l’Eroica  Mula  del  Brac¬ 
ciolini  ,  non  mentova  in  clTo  le  giube ,  mafolo  il  pelo  rabbuffato ,  cantandone . 

Corre  il  Tauro  felvaggio,  e  le  gran  Corna 
Minace ian  fuor  del  rabbuffato  felo, 
che  su  dal  tergo  a  la  cervice  torna, 

J{e  ’/  fotria  fenetrar  lancia,  ne  telo. 

Verde  ha  P  occhio  crudel,  quantunque  aggiorna. 

Di  ^amma  e  fofeia  a  /’  imbrunir  del  Ciclo, 

Strage  è  del  bofeo,  e  non  è  tronco,  b  faffo, 
che  arreftar  fojfa  a  T  emfia  fera  il  fajfo. 

E  prima  il  Ctba,  infidendo  nella  deferizzione  di  Celare,  ne  haveva  lafciato 
fentto.  I 

Scorge  d'  un'  altra  farle  un*  altra  Fiera, 
che  s*  erge  quafi  a  far  d'  un'  F.  le  fante, 

E  che  oltre  ad  ogni  fé  sii  i  fie  leggiera 
Prefenta  a  gli  occhi  altrui  Taurin  ftmb tante. 

Alza  due  corni  in  sii  la  fronte  altiera. 

Cui  ferdon  d'  ogni  Bue  le  corna  avante, 

£,  fe  non  cade  in  fen  di  qualche  fojfa, 

Romfe  ogni  ffiedo,  e  vinee  ogni  fere  offa, 

E  benn  hà  rcfpcrrcnza  •  il  Tranf Ivano 
Che  caccia  I'  VRO. 

Altriraente  però  di  quefta  Caccia  nc  fcrive  il  Columella  Bologne  fe ,  cioè  Marco 
Tullio  Beroi ,  notandone. 

Immanefqne  VROS ,  ìmmanfuetofque  BISONTES 

C ajfibtis ,  ^  fovea ,  ferrefìernitque  ,  cafitque . 

Contuttociò  molti  confondono  infieme  quelle  due  forti  di  Tori  felvaggi,  c  trà 


LIBRO  rp  R  I  M  0.  CA?.  V,  19 

gli  altri  Erafmo  di  Va!  vafone  gentil  Poeta ,  che  nel  terzo  Canto  della  fua  Caccia 
con  vivi  colori  celi  dipingein  conformità  del  difegno  lafciacocì  da  Celate  nel 
fello  dc’fuoi  Commeiitari  della  Guerra  di  Francia. 

Eran  le  Cacci  e  fue  d'  Fri,  e  Bifonti  { 

Sparger  il  /angue,  e  far  molle  il  terrena; 

Vi  /rane  caccio  immanfueto  af petto  t 
E  di  mortai  periglio  afpro  diletto. 

Grandi  fon  come  gli  Elefanti  ,  il  volto, 

E  le  membra  han  di  Bue,  ma  fon  piu  fieri, 

E  più  lunghe  del  Bue  le  corna  han  molto, 
fot  come  il  Cervo  al  corfo  fon  leggieri: 

Va.  la  cervice  un  lungo  vello,  e  folto 
Cade  loro  a  coprir  gli  omeri  alteri: 

T orvo  lo  /guardo ,  ^  infiammato  /pira 
Orgoglio  /pavento/) ,  orribil'  ira, 

0/  lor  muggiti  fi  /paventa  ,  e  /cote 

La  grand’  Ercinia,  e  trema  il  Lupo,  e  l’Or  fot 
Cedon  le  J^ercie,  e  gli  Orni,  ove  percote 
L’  impeto  lor,  quando  fon  mejfi  in  corfo. 

Come  il  Mar  Sride,  e  fiar  fermo  non  puote 
Ve  la  mojfa  Balena  interno  al  dorfo. 

Cosi  Bride  ancor  /’  aria,  e  V  fuol  tremante 
Bomba  /otto  a  le  lor  feroci  piante . 

Virejli,  quando  il  lor  natio  furore 

Li  traggo  a  imperverfar  per  la  campagna, 
eh’  un’  alto  fcoglio  per  lo  falfo  humore, 

0'  per  terra  correffe  una  Montagna'. 

./jiando  cade  dal  Ciel,  maggior  horrore 
Non  ha  il  fio  Igor ,  ne  ’l  tuen ,  che  1’  accompagnai 
Non  il  vapor,  eh'  ufeendo  al  Ciel  jùperno 
Crolla  Pluton  con  tutto  l’  antro  inferno, 

T ali  eran  forfè  quei ,  che  ’  l  vello  d'  oro 
Furon  pofii  a  guardar  dal  Re  di  Coleo, 

La  dove  a  farne  il  grande  acquifio  fòro 
I  Greci  Heroi  /otto  Giafon  bifolco', 
eh’  ardenti  fiamme  da  le  nari  loro 
Solean  gettar,  ne  fatto  havean  mai  folco'. 

Vi  ferro  erano  1’  unghie  ,  e  de  le  tempie 
Vi  ferro  ttfeian  le  corna  acute  ,  &  empie . 

I  3  II  Corno  fudetto  è  lurrgo  quali  lei  palmi ,  &  adunco  a  guifa  delle  unghie 
de, gli  uccelli  rapaci,  quale  appunto  teftifìca  il  Geinero  clTere  flato  qu^l  Corno 
purdi  BjlontCjch’egli  vide  prelTo  un’Orefice,  ch’era  per  legarlo  in  argento,  e 
da  gl’ imperiti  giudica  vali  cficrc  un  piede  di  Grifo .  A  cui  pure  quello  è  fini  le 
nel  colore,  eh’ è  nero.  Non  c  rotondo^comc  quelli  de’  Buoi  nollrali ,  ma  più 
tollo  fchiacciato,  con  la  circonferenzaeftetiore  molto  ineguale,  e  di  lotto  per  il 
lungoalquanro  fcavato, 

14  CÒRNO  limile,  ma  più  breve  del  precedente.  Chele  fulfero  eguali  po- 
trebbono  lervire  perche  le  ne  componete  un’arco  nobile,  come 'già  ufofli  ne’ 
tempi  antichi.  Al  che  leggiadramente  allufe  quel  bello  Ingegno  di  Gregorio 
Porcio ,  quando  fcrilTe 

Hi 


20 


Cyropiti' 
com.  l.  i.v. 


p*26i^' 


u4ccl.  3. 
V.  47. 

CdTit.  y. 
fi.  25. 


^  y  S  E  0  c  0  S  P  1  J  N  0 

Hi  lunata  ferunt  pro  flexis  arcubus  ,  Vri 
Cornua ,  feti  T auri  DiHats  pendula  nervis , 

Oggidì  in  alcune  parti  dei  Settentrione  coftumafi  bere  in  iLndi  Corna ,  capaci  di 
ben  larga  bevanda .  II  che  purefù  ufanza  de  gli  antichi,come  nfVrifcono  Celare, 
Plinio , Solino,  &  Ateneo  :  d’onde  avvenne,  che  i  Poeti  nnlcro  Bacco  cornuto. 
Così  Elchilo  nei  PerebiOjindulTe  i  Perebii  beventi  nelle  corna  di  Bue  .  E  gli 
Arcniefi ,  che  gradivano  la  figura  di  limili  nappi ,  ma  non  ne  approvavano  la  ma¬ 
teria  ,  bevettero  nelle  Corna  d’ argento , come  notò  Stefano  Negri  ( Crcrnonele, 
giufla  le  prove ,  che  s’ adducono  nei  noftì  o  Ljceum  Herculis ,  flve  de  Scriptoribus^ 
CremonenflbiiSyQonixo  chi  raficriicc  Mdanefc)  ncireruditifìimo  (110  Tra  tato  dc^ 
^//<e/«,v-»,eftratto da Mufonio Filofofo Greco.  Allufero  a  cjuefto  coftu- 
me  Ncmeiìano ,  ove  de’ Satiri  beventi . 

Cantharon  hic  relinet ,  CORNV  bibit  alter  adunco . 

&  il  nofiro  Alcifandro  Lami ,  che  tra’  Vinolenti, eh’ egl  1  bialìma  nel  fuo  Poema, 
introdulTe  Ennio  con  uno  di  qucfti  Nappi  alla  mano,  cantandone. 

Non  bora  mi  Tlupifco  d'  Ennio,  eh'  era 
Optivi  con  d'  VRl  un  ricco  CORNO  in  mano , 

15  VITELLO  di  CINQVE  PIEDI,  nato  sù ’l  Bo'ognefc  pochi  anni  ad¬ 
dietro ,  di  cui  qui  trovali  la  parte  molli  noia,  cioèlaCokia  iinifira  delle  pofte- 
riori ,  la  quale  fopra  il  ginocchio  (ì  divide  in  due  gimbe ,  l’ una  fopra  cui  li  reg¬ 
geva  ,  e  caminava  l’animale,  corrifpondente  in  lunghezza ,  e  conformazione  al- 
r altre  tre  naturali:  l’altra  un  poco  puì  corra ,  col  piede  fello  in  tré  unghie,  òfia 
coir  unghia  fella  in  tre  parti ,  come  fi  vede  nella  Figura ,  che  le  ne  porta . 


D’onde  fi  può  congetturare ,  clic  lavatura  nel’a  genrrrzione  di  quello  Moflro 
intendeva  fabricar  due  gemelli  ;  nè  in  ciò  havr;  bbi-  errato ,  le ,  com’liebbc  ma¬ 
teria  da  principiarne  il  fecondo;  così  ne  bavelle  havuro  a  lutiìcienza  daperfez- 
zionarlo.  il  che  pure  da  più  intendenti  fu  uiu  cato  di  quel  mollruofo  Toro, 
che  gli  anni  palTati  fù  guidato  a  Bologna,  e  publicamente  mollrato  da  u  ’  Monta- 
inbanco  ,chc  lo  cavalca  va  ;  poiché  quello  perimente  ha  ve  va  cinque  gambe  :  ma 
la  quinta  (che  doveva  ellcrc  una  delle  polle- 1<  ri  del  fecondo  gemello,  fe  fi  fulfe 
perfezzionato ,  già  che  ha  ve  va  l’ aggiunta  di  Ilo  fcroro  )  gli  ufciva  da  una  fpalla , 
&havcva  l’unghia  nel  piede  così  lunga,  &  adunca,  per  non  clTere  mai  giunta, 
come  l’ altre ,  a  confuinatfisù’i  terreno ,  ch’emulava  per  appunto  le  Corna  del¬ 
lo  flelfo  animale. 

16  Diverfe  OVA  di  BVE,  come ’e  chiamò  il  Cardano.  Qncfle  non  han¬ 
no  di  mollruofo  altro  che  il  nome ,  non  ellendo  fuori  deli’  ordine  della  Natura  la 
fabrica  loro:  emoltopiùacconciamcntcs’appclieiebbono  Palle ,òGlobi ,  non 
havendo  colle  Ova  altra  fimiglianza,  che  di  figura,  fe  tanto  puòdirfi  d’un  corpo 
più  tolto  sferico,  che  ovato,  Fofeiache  qutflc  non  fono  altro,  che  certe  mafie 

rotonde 


LIBRO  7  R  IM  0,  C  A  F,  V, 


tt 


L.  i»c.  57» 


£  i)  de  Sh 
/ule,e.  i.f. 
defcriptio» 

Imp.l.  28. 
p.  790. 

Mu[.  Cule:, 
f.70}. 

Seal.  Exere. 

ybrm.  1. 1. 

p.  60. 


rotondfc  di  pelo,  e  leggieriffime,  che  talvolta  fi  tro\rano  nel  fecondo  ventricolo 
de’Buoi,  e  delle  Giovenche:  quantunque  Plinio,  che  ne  fà  menzione,  appel¬ 
landole  TOPI,  afferiicafolo  trovarfi  nelle  femine  di  quella  fpezie,  con  dire: 
-JnyfveJicarum fecundo  ventre  piUrotund*  nigricans  T  ophus ,  nullo  pondere  tfhgu* 
iare  iUt  putant  itemedium  agre  par  ientibus  ffi  tellurem  non  attigent.  Sonofera- 
predi  quel  colóre,  di  ciii  è  l’ainmalè,  in  cui  fitrovanoi  e  la  ragionefi  èpérchc 
fi  compongono  di  que’  peli ,  che  nel  leccarli,  mentre  ruminano ,  quelii  giumen¬ 
ti,  raccolgono  j  &  inghiottifeono ,  e  col  tramifchiar  vi  della  laliva  a  poco ,  a  poco 
riducono  in  forma  d’ovo .  Così  la  Natura  Icherza,  facendo  in  tal  maniera  fem* 
brare,chc  i  Buoi  partorifeano  delle  Ova ,  Non  è  contuttociò  vero ,  che  fe  ne  tro¬ 
vino  nell' utero  delle  Giovenche,  come  altrove  lafciò  fcritto  Plinio ,  notato  in 
ciòdaldottifiimo  Aldrovandi,  che  ne  figaro  due;  attefoche  raccogliendoli  la 
loro  materia  nel  ventricolo ,  da  quello  aila  matrice  non  v’  è  llrada  capevole  di  li¬ 
mili  palle ,  le  quali  fe  devono  cfcluderfi  naturalmente  da  quc’cotpi  viventi ,  non 
hanno  altra  via,chequella  del  retto inteftinov  Nè  folo  nelle  Giovenche,  e  ne’ 

Buoi  trovanfi  di  quelli  Globi  (de'quali,  oltre  TAldrovandi, ne  figurò  alcuni 
rimperati ,  &  altri  ne  mentovò  il  Chiocco  nel  Mufeo  del  Calceolario)  ma  in  al¬ 
are  forti  d’animali  ancora,  come  ne’ Cavalli  per  tellimonio  dello  Scaligero  ,  e 
ne’ Montoni,  Pecore, e  Capre  ,  giulla  Ieoirervazionidel  Vormio. 

17  La  maggiore  di  quelle  del  Mufeo  è  perfettamente  rotonda,  di  fuperficic 
ineguale,  ma  lifeia,  per  cagione  eh’ è  circondata  d’una  membrana,  ò  pellicola 
lottile  leonata ,  la  quale  dove  è  rotta ,  lafciaapparire  i  peli  ’fottopofti ,  de’  quali 
tutta  la  mafia  è  fabricata .  Le  altre  poco  variano  di  figura  »  havendo  ò  del  bislun¬ 
go,  ò, del  comprefio. 

Dé^ Quadrupedi  Digitati  t^ivipari.  <Cap.  VI, 

I  Quadrupedi ,  c’hanno  i  piedi  compartiti  in  più  deca ,  e  che  perciò  da 

Naturabili  fi  chiamano  Digitati,  alcuni  partorifeono  animai  vivo, co¬ 
me  li  Cane ,  onde  Vivipari  s’ appellano  :  altri  cfcludonole  Ova ,  còme  le  Lucer¬ 
tole  ,  d’ onde  Ovipari  s’ add imandano,  de’  quali  fa  velleràfiì  nel  Capitolo  leguen- 
te.  De’jVivipari  qui  fi  vedono  intieri  l’ArmadilIo  del  Mondo  Nuovo,  l’Armcl- 
lino  del  Settentrione ,  il  Molcardino ,  un’  Animale  incògnito ,  Se  il  Cranio  d’uno 
Ippopotamo. 

2  ARMADILLO,  come  lo  chiamano  gli  Spagnuoli ,  Animale  del  Brafile» 
ove  appellali  T atou ,  congenere  de’  Conigli ,  ò  più  rodo  de  gli  Echini ,  &  Indivi¬ 
duo  di  quella  fpezie ,  che  gl’  Ind  iani  appellano  A]atochtli ,  la  quale  a  giudizio  del  N.N.E.  1.9^ 
P,  Nierembergo  è  la  più  mirabile  in  tutto  il  gcncredi  limili  Viventi.  Nonè 
maggiore  d’ un  Can  gentile ,  cioè  non  più  lungo  d’ un  palmo,  e  mezzo,  non  com- 
prelavi  la  coda .  £'  tutto  coperto  di  ladre  durifiime ,  le  quali  fono  piramidali  nel 
dorfo ,  e  difpode  come  i  triangoli  deilo  Icacchiere ,  ma  in  undici  ordini  trafverfa* 
li ,  mobili  ,e  i'  uno  all’  altro  foprapodi ,  benché  di  quedi  fe  ne  veda  minor  nume¬ 
ro  nella  Figura ,  che  fe  ne  porta  :  nelle  fpalle ,  e  per  la  groppa  fono  feutiformi ,  e 
difpode  come  in  molti  pavimenti  a  Mufaico .  Per  tutte  egli  fembra  un  Cavallo 
armato,  onde  nc  riportò  il  nome  d’Armadillo;  anzi  pare,  che  daluifia  prefoil 
modello,  di  quelle  Armatufe  di  ferro,  che  il  Bracciolini  chiamarebbe  fabricate 

Dt  pi  afre  aggiunte,  e  di  cemmefe  maglie, 

.  Qual  di  pefei  tra  /’  onde  umido  coro 

S'  arma  di  fquamme ,  e  di  minute  faglie, 

Hà  la  coda  lunga ,  rotonda , c  laminata ,  che  finifee  in  acntoi  efiendo  però  incur¬ 
vata 


Croce  Katq, 
/.  7.  6U  ^ 


fertuf.  in 
7“  ramUtig- 
mk^jnutUi 


ai  .  ^  VS  E  OUCiO  s  P  I  A  NO  . 

vata^iopra  la  fchicna  :  le  gambe  non  molto  grofle ,  veftite  di  lunghi ,  e  fotrili  peli 
dicoior  caftagno ,  co'  piedi  anteriori  feili  in  quattro  deta,  e’  poftei  iori  in  cin¬ 
que  ;  con  r  ugne  lunghe  ,c  così  rob  ullc ,  che  con  elle ,  non  alrrimentc ,  che  i  Co¬ 
nigli!  icava  profondamente  la  terra, e  con  tanta  preltezza  ,  che  in  una  notte  s'apri¬ 
rà  lottoterra  una  lega  di  ftrada.  Nel  qual’ atto  potrebbe  fe  vire  di  corpo  di  no¬ 
bile  Imprefa,  che  animata  dal  Motto  IGNOTVM  PT  PENETRET ,  \nàìC2i{{Q\dL 
brama  d’ un’  Animo ,  che  non  perdona  a  fatica  per  giungere  a  qualche  aftrufa  co- 
gnizione,  tenendo  per  fermo  con  Alcffidc,  giufta  l’efpofizionc  di  Giano  Pelu- 
bo»  che  il  i 

Nil  tam  tenebris  »  obfitHm , 
i  r-"  ^lod  invenire  non  queas, 

.  .  Si  te  laboris  non  piget,  &c, 

Humana  nulla  res  erit 
Sic  claufa  ,  teSla  ,  ó"  abdita 
Vt  inveniri  non  queat. 

Anzi,  fottofcrivendocil’INTENTO,  ftimo  lecito  il  valermene  nella  nobilif- 
fima  Accademia  de’ Signori  ANSIOSI  di  Gubbio,  alla  quale  hebbi  fortuna^ 
d’  effere  aggregato  per  opera  del  gentili/lìmo  Sig.  Vincenzo  Armanni ,  il  Tircfia , 
anzi  r  Omero  de’noftri  tempi ,  come  nel  feguente  Epigramma,  Icritto  per  la  Ifto- 
ria  della  famiglia  Capizucchi  m’ingegnai  di  provare. 

gltif  Sritrir  kyjhKÌ  dfirtf 
hh.htiS'Qt  HfaAf  ,  Aapittfiiciy  TtVlpi(i»vc  . 

Ttùtìi  K*Tg  Zi/j^owf  faiAolav  , 

Keu  KAlof  tu'pdirtif,  Mffif  i  7v^\oe  tiftpt 
Olirà  ^fivptditp  TuppxYtKot  ìrìt'  ipi-oloi , 

Ka."AAor  h  Apnàff^  SftOK  cfixpoY  ipù .  ^ 

TtSt»  ìiieàri  j  ^ufiTActTTH  «-«AAa’  'xÌKa*X, 

TlctVT*  Kiu  ù'i'^vS'ìte  ovTOf  «Vaata  >/>«?«• 

AìktÌov  df  ìio' ,  7o7t  EAAHr/4"’^®'*'  AMS»'f 
Ofpct  MtMigiyifue  Aurtnlaiffi  ^r«A«'. 

3  CHIRQyiNCOdclla  Nuova  Spagna. 'Qu.elto  cuna  fpezie  d’Armadillo 
diverlo  dall’  antecedente ,  di  cui  anco  è  maggiore .  Nella  di  lui  fpoglia ,  che  qui 
b  conferva  lenza  il  collo ,  che  manca  con  la  reità ,  e  la  coda ,  di  cui  non  li  vedono 
chetrègiridifquame,  fi  offerva  la  fchicna  lunga  due  palmi,  e  mezo,  feorfa», 
trafvcrlalmente  da  nove  giri  di  ladre  piramidali ,  ordinate  come  nel  precedente . 
La  groffezza  del  tronco  è  maggiore  di  quanto  polla  in  una  fiata  comprenderli 
con  ambe  le  mani,  ma  nel  principio  della  coda  non  eccede  quanto  polla  cingerli 
col  pollice ,  e  l’ indice .  Le  fpalle  ,  e  tutta  la  groppa ,  fono  armate  di  fcagiie  feuti- 
formi  grandi,  c  piccole,  difpode  a  guifa  di  Molaico.  Hà  la  cute  del  ventre  non 
pelofa,  come  l’altro,  ma  fornica  di  lame  feutiformi:  &  i  piedi  di  dietro  molto 
limiliaquellidelleteduggini, felli  in  cinque  deta, de’ quali  quello  di  mezzo  è 
non  folo  il  più  lungo,  maanco  il  più  groffo.  I  piedi  anteriori  non  hanno,  che 
quattro  deta,  come  nell’antecedente  j  cioè  due  lunghe,  con  1’  unghie  acnre,  c 
due  come  fproni .  E’  animale  così  attuto ,  che  fe  piove,  fi  corca  lupino ,  per  rice¬ 
vere  r acqua  nella  cavita  del  ventre  contenuta  tra  le  crolle  de’  lati ,  c  ftà  così  fer¬ 
mo  per  lo  fpazio  d’ un  giorno ,  finche  giunge  qualche  Cervo  firibondo  ,  che  ac- 
coftatofi  per  bere ,  &  immerfi  vi  i  labbri ,  dal  Quirquinco ,  che  fubito  fi  rillringc , 
reità  preio,  nè  vien  lafciato ,  finche  per  l’aogultia  dello  fpirito  non  rimanga  luf- 
focato  il  Cervo.  Nello  feoprimento  di  quelti  Animali  incogniti  a  gli  antichi, 
dicefi ,  che  la  Medicina  habbia  rinvenuto  un  rimedio  maravigliofo  per  la  fordicà, 
per  lo  tinnito,  e  dolore  de  gli  orecchi  ic  che  quello  facilmente  ceda  col  mettere 


r 


l  tB  K  Ò  •3»  K  l  M  O,  C  A  K  PL  aj 

inefliì  unofcrùpoló  di  polvere  fatta  delToflb  della  coda  di  quelli,  come  teftimo- 
nio  d’efperienza.aflerifce  il  Monarde .  Che  ciò  però  lìa  una  mera  favola  ,|è  afler- 
zione fondata  foprale^iudiziofc  EfperienzedclSig.Francéko  Redi  diligentif- 
fimo  efaminatore  delle  vere,  e  falfe  virtù  attribuite  a  diverfeCofe  naturali ,  che 
ci  fono  portate  dalF  Indie.  Degli  Arm  idilli  ne  fcrivono  dottamente  i*  Oviedo , 
che  fù  il  primo  a  favellarne,  e  io  chiama  BARDATO,  il  Géfnero,  il  Beiionio, 
TAldrovandi,^  il  Giulio,  il  GionRoni,  il  Laet,  il  Vormio  nel  fuo  Mufeo,  e  ’l 
Terzago,eio Scarabei! ine!  Mufeo  Scttaliano. 

4  ROSTRO,  comefembra ,  di  VOLPE  del  Brafiilé,defcritta  dal  Margfac- 

ciofottonomedi  CaHgaeja,  chiamata  dal  Nicrembetgio  Cer/gona,  dal  LeriO 
Sarigoy^  dallo  Ximcne  da  altri  Ittpàti^ifnay  della  grandezza  d’ un 

Gatto  ordinario ,  e  col  mufo  limiimente  barbato ,  ma  molto  più  aguzzo  che  nelle 
Volpinoftrane,  e  con  coda  alquanto  pelofa  nel  principio,  nel  retto  glabra.  E' 
quello  Rottro  lungo  quali  tré  deta,  e  largo  poco  più  d’uno  fotto  il  litodegli 
occhi ,  &  a  poco  a  poco  alfottigliandolì  và  a  finire  in  acuto .  £'  armato  di  tre  lor^ 
tididenti,  cioè  due  Canini  nella  punta  dei  Mufo  più  lunghi  di  tutti,  e  molto 
aguzzi  :  e  tra  quelli  cinque  inciforii  minimi ,  &  otto  mediocri  triangolari ,  quat« 
tro  per  parte  triangolari  molto  fodi.  Mancano!  Molari,  che  dovrebbono  ett^ere 
altrettanti,  col  rimanente  del  Cranio,  Con  quelli  Tanimal  vivo  fà  gran  ftragè 
de  gli  Vccelli ,  infidiando  loro  fopra  gli  alberi ,  e  di  galline ,  rubbandole  al  foiitó 
delle  Volpi  noftrane .  E'conficcato  nel  principio  d’ una  gran  coda  d’ Aquila, ò  di 
Pattinaca  marina ,  di  modo  che  tutto  quel  corpo  fembra  un’orrido  Serpente ,  che 
inette  fpavento  non  tanto  con  gli  aculei  frequenti,  de*  quali  tutto  è  fparfo ,  quan¬ 
to  per  la  fierezza  de*  denti ,  che  l’ armano . 

5  ARMELLINO,  ò  ERMELLINO,  Quadrupede,  che  da’ Latini  appellafi 
TdufieUalbAy  perelfereunafpeziedi  Donnola ,  ò  Benola,  come  dicelì  in  Cre¬ 
mona  mia  Patria ,  dall’  Arabico  BeluU  yZQ\xìt  l’efpone il  Silvatico  :  la  candidezza 
dei  cui  pelo  fà  fede  elfere  egli  parto  del  nevolo  Settentrione,  tanto  più  degno  da 
tonlervarfi  in  quello  Mufeo ,  quanto  più  mirabile  è ’l  cottumédi  limili  animali , 
d*  amar  rantola  purità  del  ior  candore ,  che  più  rotto ,  che  imbrattarla  di  fango , 
ò  d’altro ,  fi  lafciàno  morir  di  fame ,  ò  divenir  preda  de’  Cacciatori .  Onde  pafsò 
in  limbolo  della  Cattità,  e  come  tale  fù  figurato  neli’Imagine  del  Trionfo,  che 
necantò  il  Petrarca,  Quindi  il  Ghelfucci  parlando  della  Pudicizia 

■  E  d*  un  ricco  ARiiELLINO  ,  o'Hd'  havéa  V  fanco 
Cinto  t  ricinfe  al  cor  là  bella  Tfi^a. 

In  propolìto  di  che,  né-ir  AMOR  CONVINTO ,  Iddio  del  Sfg.  Co.  Carlo  Mal¬ 
vada  ,  per  lo  Monacato  di  D.  Alma  Eller  Malvalla ,  Nipote  del  Sig.  Marchefo 
Colpi ,  fi  legge  ^  ' 

Di  candido  ArmelUno  ,  > 

Move  la  puritade  entro  ’  /  tuo  feno 
Scandefeenze  y  e  furori. 

Virtù ,  che  tra’  Poeti  fù  così  cuftodita  da  Michele  Verini ,  1*  Autore  de’famofi 
Dittici  Morali  (e  perciò  ben  degno  figliuolo  d’Vgolino  il  Poeta  Iftorico  di  Fio¬ 
renza  )  che  meritò  che  nel  di  lui  fepolcro  s’ intagiialTero  quelli  verfi  del  Polizia¬ 
no  allufivi  a’Cottumi  deH’Armellino. 

'  I'  ytrinus  Michael  florentibus  occidit  annis, 

,  .  Moribus,  ambiguum,  major,  an  tngefiio. 

ViHicha  compofuit  doSlo  miranda  parenti, 
claudunt  gyro  ^andia  fenfa  trévi. 

Sola  Fenus  potefat  leJito  fuccu^r^eY^  niotbo,^ 

■  2iB 


Monard. 
l.  C »  2» 
Ked.  Efy. 
Nat.  67. 

Bello»,  /.3. 
obf.  c.  ult. 

Aldr.  de 
Quadr.  Di' 

Cluf.l.  f. 
Exot.  c.  ly. 
lonjt.  i,  i.c. 
zi.dèQuad, 
Rernt.  l.  3, 
e.  23. 

lo.  l,  att.  l. 

Muf.  Set- 
tal.  c.  3®- 
Marcgr.t  6. 
C  *  z* 

Jonfion.  de 
Qttadr.Dfg, 
7  ab.  63. 


'Aldr.  de 
Quadr  Di¬ 
git  l  2.f.i5; 
P.J20. 

PiciHiU,.  in 
Mmd  Syin 
bel.l,  ^.(.4. 


Rof.  P.  t.  e, 
2.  87. 


V.  481* 


»4 


^Aìdr:  de 
Q^/td.  Dig. 
^  S* 

id^tbu.  ;2> 


Aldr.  de 
Quad.  Dig- 

Vtvtf.  l,  I. 

C.  II. 


Bucai,  ad» 
7.  v.^5.1 


M  y  S  B  0  C  à  s  P  1  A  H  0 


NE  SE  fOLLVERET  MALVIT  ILLE  MORI. 

Hic  ']acet ,  he»  >  patri  dolor ,  é‘  decus ,  unde  juventus 
Exemplum  t  Vates  materiam  capiant. 

Di  Iui  parimente  nel  noftro  Ateneo  de’  Poeti  fi  legge  quello  Epigramma 
Moribus  Angelicus  moralia  diHicha  panxit 
Verinus  Michael ^  Vate  probata  Patre. 

Contemni  timuit  fanSlo  mors  carmine  •,  &  %  inquit» 

Corripiens  puerum  :  Dijlichon  ecce  breve. 

6  TESCHIO  d’ARMELLINO,  col  roftro  più  acuto  di  quello  rapprefenti* 
no  le  imagini  addotte  dall’  Aldrovandi . 

7  MOSCARDINO,  ò  fia Sorcio  dell’ Avellane, così  chiamato  per  pafeerfi 
piùdiquefto  Frutto,  che  d’altro,  Confcrvafi  quivi  in  un  crillallo,  altrettanto 
amico  deir  Armellino ,  quanto  prima  n’era  nimico  (  per  eflfere  naturalezza  di 
quello  il  cacciare  avidamente  i  Topi  per  divorarfegli)  non  temendo  divenirne 
cibo,  mentre  quella  vita, che  quivi  godono  per  indudria  humana  nonhabilo- 
gno  d' alimento ,  mantenendoli  folo  per  alimentare  d’ accordo  l’ erudita  curiofi- 
ta  di  chi  gli  mira  per  faggio  diporto  dell’animo . 

8  ANIMALE  IMCOGNITO,  le  cui  fattezze,  per  quanto  apparifee  dalla 
fpoglia, chequi  ficonferva,  mollranlo  non  molto  difflmile  ad  un  Cane,  quan¬ 
tunque  però  d  I  rutt’  altra  fpezie  lo  dichiari  la  coda  tutta  fcagliofa ,  e  fimigliantif- 
fima  a  quella  del  Catlà ,  che  defcrivcrafii  nel  Capitolo  feguente  :  da  cui  lo  mani- 
feda  digerente  di  fpezie  non  folo  la  diverfità  della  fembianza,  ma  ancora,  o 
principalmente  il  cuojo  non  ifcagliofo,  ma  pelofo  ,  come  congetturali  edere 
flato  quello,  in  cui  fcorgonfi,fe  non  ipeliconfumatidairetà,  almeno  le  velli- 
gladi  elfi.  Era  lungo  poco  più  d’ un  palmo,  col  ceffo ,  e  piedi  canini .  La  Vec¬ 
chiezza  di  queda  fpoglia  non  lafciadidinguere  altro.  Mi  perfuado  non  fia  per 
anco  dato  deferitto  quedo  Animale ,  non  trovando  tra  quanti  Autori  hò  veduto 
figura,  ò  deferizzione  alcuna ,  che  lo  rapprefenti . 

9  CRANIO  d  ‘IPPOPOTAMO,  olia  Cavallo  Fluviatile ,  così  chiamato, 
non  perche  fia  Ipezie  di  Cavallo,  non  edendo  nè  meno  razza  d’ animai  Solidi- 
pede  ,comc  quello, cioè  con  l’ unghia  tutta  d’ un  pezzo,  havendola  feda  in  quat¬ 
tro  parti;  ma  percheedendo  Quadrupede,  c’habita  per  lo  più  i  Fiumi,  aggua¬ 
glia, e  tal  volta  fupera  la  grandezza  d’un  Cavallo:  dalla  cui  leggiadra  figurg 
molto  divello  lomanifeda  la  fconciatura  delle  proprie  fattezze,  accennato  dal 
Coridone  di  Calfurnio  là ,  dove  cantò , 


—  ■■  àquoreos  ego  cttm  certantibus  Vrfis 
^  Spellavi  vitulos»  ^  equorum  nomine  dignum» 

Sed  deforme  pecus,  quod  in  illo  n  afe  i  tur  amni  » 

^jii  fata  riparum  venientibus  irrigat  undis . 

Per  Io  qual  Fiume  s’ intende  il  Nilo,  in  cui  molto  frequente  fi  trova  queda  Fiera . 
L’Ippopotamo ,  che  perciò  vien  figurato  nelle  Imagini  di  quel  Fiume ,  e  talvolta 
n’è  geroglifico ,  quale  appunto  s  interpreta  la  di  lui  Statua  nel  Vaticano  ,con  un 
Crocodilo  in  bocca .  Q^xaà'ìC  avallo  del  Nilo  c.h\zzr\cì\\Q  il  Bargeo,  ove  deferi- 
vendo  lo  Scettro  da  Colomano  Rè  di  Polonia  mandato  in  dono  a  Goffredo ,  af- 
lufe  al  codume  de’  Rè  dell’Egitto,  i  quali  nella  parte  inferiore  de’loro  Scettri  fa¬ 
cevano  figurare  l’ Ippopotamo ,  e  nella  fuperioic  la  Cicogna ,  denotandofi  in  tal 
modo  inclinati  alla  Pietà  j  e  nemici  dell’ Empietà  lignificata  in  quedo  Quadru¬ 
pede.  Così  il  Poeta. 

Tum  vero,  quando  ille  aliud  nil  majus  habebat 
Goffredo  jubet  inclufum ,  fulvoque  decorum 


/Ere 


25 


L  l  ^  n  0  ^  R  I  M  0,  €  A  P  FI 

JEre  darà  Scepirnm,  cH'yis  pars  ima  frementer 
Befuper  urget  E.^VM  NILI  Genitoris  alumnum. 

Benché  non  folo  nel  Nilo  fi  trovano  di  quelle  Fiere ,  ma  fe  ne  vedono  ancora  nel 
Zaire  >  e  nel  Bamboto  dell’  Africa  ,e  nell’  Indo .  Anzi  non  folo  dimora  ne’  Fiumi, 
ma  habira  fimilmence  in  alcuni  Mari .  Per  Io  che  taluni  lo  chiamano  Cavallo  Ma¬ 
rino  tComc^WEgizzVx  medelìmi,  tra’quali  s’appella  Eoras  Flehar^  lignifican¬ 
do  in  quella  lingua  Foras  il  Cavallo ,  e  Bar  il  Mare .  Vedefi  fedelmente  fcolpito 
nel  Mufeo  in  una  Medaglia  di  Marcia  Ocacilla,  per  ellere  flato  propoftone’ 
Giuochi  Secolari  da  Filippo  di  lei  Marito. 

10  Queflo  Cranio ,  quantunque  nudo ,  e  non  de’  maggiori , con  tutta  la  Man¬ 
dibola  luperiore,  la  quale  nell'  Animai  vivo  fola  fi  muoue,  come  ne’ Crocodili, 
è  lungo  quattro  palmi,  &  ove  più  fi  dilata  fopra  il  fitodpgli  occhi,  largo  due  ,& 
in  elio  fi  contano  venti  rotonde  cavità  de’dcnti  dalla  partedeflra ,  e  deciotto  dal¬ 
la  finiflra,  le  maggiori  delle  quali  fono  d’ un’ oncia  di  diametro.  Nel  mezzo  del 
roftrojch’èrotondofchiacciaco,  edifottocavo,  e  largo  un  paimo,hàunfolo 
pertugio  naturale,  rotondo,  di  due  oncie  di  diametro,  in  cui  finifeono  i  due  canali 
delle  narici.  Dalla  partefiniftra  del  quale  fi  fporge  in  fuori  una  prominenza  of- 
fea,  ma  fpugnofa ,  grolla  quanto  una  noce,  natavi  forfi  per  qualche  gran  ferita 
ricevuta  dall’  Animale  :  che  pure  hà  coftume  di  ferirli  da  fe  medefimo ,  quando  è 
infermo,  agitandoli  fopra  i  bronchi ,  ò  gli  ftécchi  acuti  delle  Canne  tagliate ,  fin¬ 
che  verfa  il  fanguef  quali  maeftro  di  quella  operazione  chirurgica  all’huomo) 
cfenteallcggcrirfiilmale.  Nel  quarattofomminiftrò  materia  a  due  Emblemi 
del  Camerario ,  che  portano  in  fronte  CONTRARIA  FROSVNT ,  z.  VyLNEKE 
RECREoRy  8c  ad  alcune Imprcfe  riferite  dal  Picinelli,una  delle  quali  hà  per  mot¬ 
to  DOLEAT  VT  VALEAT,  altra  IN  VFLNERE  SALVS,  &  un’altra  ,ch’ è 
del  P.  Abbate  Giacomo  Certani  Bolognefe,hà  per  anima 

Con  le  ferite  fue  compra  la  vita. 

Per  pafeerfi  d’erbe  al  confueto  di  tanti  altri  Quadrupedi,  s’è  ragionevolmente 
collocatotrà  gli  animali  terreflrh  béche  veramente  fia  più  toflo  di  natura  anfibia, 
comerefprenfe  Alcibiade  Lucarini,  proponendolo  per  corpo  d’ Imprefa,  col 
motto  t^^A  T ERRALE  FOLLET. 

11  DENTE  d’ IPPOPOTAMO,  lunato ,  nella  fua  maggior  dimenfione 
lungo Xll.  oncie  Romane,  quantunque  manchi  non  poco  della  fommità  confu¬ 
mata  dall’  ufo .  Hà  figura  quali  triangolare ,  e  viene  feorfo  da  un  capo  all’  altro  di 
molte  fcanalature  profonde  :  e  nella  cima  per  lo  fpazio  di  quattro  deta  è  fpianato 
in  maniera ,  che  fembra  limato .  Nel  fondo  è  vuoto ,  e  nel  rimanente  tutto  fodo, 
c  di  color  d’ Avorio .  Se  n’  hà  bel  la  figura  appreflfo  J’AIdrovandi .  Ne  fù  regalato 
il  Sig.  Marchefe  Cofpi  dal  Sereniflìmo  Principe  Cardinal  Leopoldo  de’  Medici . 

Di  quelli  denti,  e  delle  offa  del  Cavalmarino  fi  raccontano  virtù  mirabili,  fe 
fallerò  vere, cioè  che  applicati,  ò  portati  addoITo,  ftagnino  ogni  più  dirotto 
fluffo  di  fangue ,  e  giovino  molto  a  reprimere  i  movimenti  carnali;  anzi  che  ren¬ 
dono  gli  huomini  impotenti  alle  operazioni  Veneree ,  non  altrimente  di  quello  è 
fama,  che  vagliano  le  ofl'a,  &  i  Denti  de'Pefci  DONNE,  così  chiamati  da’ 
Portoghefi .  Non  riufeendo  però  quello  Dente  all’  una ,  e  all’  altra  prova ,  come 
non  riufeirono  quelli ,  de’  quali  fece  più  volte  efperienza  il  dottiflìmo  Francefeo 
Redi ,  ne  fegue  che  tali  facoltà  non  habbiano  altro  fondamento,  che  l’ opinione 
del  volgo,  che  coftando  per  lo  più  d’ huomini  di  buona  palla,  crede  facilmente 
cuttociò.chediprodigiofogli  vien  raccontato.  Così  mi  perfuado  con  quell* 
accuratifiìmo  olTervatore  delle  Cofe  naturali ,  tuttoché  apertamente  ne  feriva  in 
contrario  il  P.  Michele  Boim  Giefuita  da  lui  citato . 

C 


Syrìad.  *.4. 
'£',231. 

ìnterp. 
r/fttph.  ftLj 
Avib, 


Mùnà.Sim% 


Efper.  Nat^ 
intorno  alle 
cojedtU'  ]n, 
d1e.pA5.y9. 


D' alcu. 


I 


M  y  s  E  0  c  0  S  p  I  4  N  0 

aIchhì  MoHri  nel  genere  de'  i^^adrupedi  Digitati,  Cap.  VII. 


t,  I-  Sylv, 

ViU  V,  »5» 


^•3.  C,  1^. 


De  Monfìr. 
p.6f5.  6j(5. 


De  V  Ht9. 
l.i.p.598  ed. 
Hag.i'ii'i.'è. 


Dei  genere  de’  Quadrupedi  Digirati  fi  redono  nel  Mufeo  tré  Moftrl  1  che 
per  la  ftra  vaganda  loro  meritano ,  che  fe  ne  fa  velli  a  parte ,  Sono  qocfti 
^n  Cane  Acefalo ,  un  Cane  Pentapodc ,  &  un  Gatto  di  due  corpi . 

2  CANE  ACEFALO,  ò 
fia  SENZA  CAPO,  così  na¬ 
to  in  Bologna  del  MDCLX, 
per  derogare  a  quel  dotto  ìen- 
timento  del  mio  riverito  Van- 
den  Broecke 

fr imipio  capite  in  fummo , 
velut  arce  fuprema 
Mens  habitat  cusio s,  Ó"  felix 
hofpita  regnat. 

Errore  veramente  notabile, 
ma  involontario  della  Natu¬ 
ra  »  la  quale  impedita  dalla 
mancanza  della  materia  lafcìò 
quefto  Animale  fproveduto 
di  quel'a  perfezione,  che  fe  gli 
doveva  ,  concedendola  fuori 
diptopolito,  benché  giufta  la 
particolar  difpofizionc  del  iu- 
bjctto  ,ad  altri ,  che  non  la  ri¬ 
chiedevano;  comcaquel  Vi-» 
te  Ilo  di  due  corpi ,  che  al  rife¬ 
rire  d' Vbcrto  Storico  di  Po¬ 
lonia;  nacque  in  Caldfia  del 
1269.  due  capi  di  Cane 
volti  l’uno  a  Levante,  l’altro 
a  Ponente,  mentovato ,  e  figu¬ 
rato  ncll’Ifioria  de’Moftri  dcl- 
l’Aldrovandi;  ò  a  quell*  altro 
Moftrc.chedcl  ii  2(5. nacque 
nell’ Albania  con  due  corpi 
nella  fpina  congiunti ,  1’  uno 
humano  ,  l’ altro  canino ,  qua¬ 
le  appunto  deferivefi  un’altro, 
non  so  dove  ,  comparfo  al 
Mondodeir  854,  ambo  come 
veri ,  così  più  degni  di  memo, 
ria  ,  di  quello  fiano  que’favo- 
lolì  Popoli  di  Luciano,  ch’egli 
fcrilTc  abitar  la  Canicola  ,  e'di 
vantaggio  non  humanis y  fed 
caninis  vultibus ,  fuper  alatas 
glandes  pugnare  y  come  che  {e  Vi  «fS'fft  nuuTpofUTti  irì  |6AA<V»r 

.  Da’ quali  per  avventura  (  fe  non  da’ Cinocefali ,  razza  di  Scimieaftu- 
tiliimc  }  furono  copiati  quegli  huomini  con  tefta  di  Cane ,  che  Marco  Polo  fcriflc 

abitar 


t  no  T  Kì  M  0,  ^ 

abitarheirifolaAngatnan,  & ilLicodene  A. D.  nell’Etiopia  Aquilonare  gran 
nimici  de’ Tartari,  al  riferir  di  Vincenzo  nello  Specchio  lìlorico,  quantunque 
altri  gli  atceflimofudditi  del  gran  Cane  di  Tartaria  ;  Gente  al  mio  credere  non., 
tnen  vera, di  quello  fiano  tutti!  Popoli  riferiti  dai  mentovato  Ateiflia  nella  fua 
veralftoria.  E  molto  più  degne  da  ricordarli  mi  fembrano  quelle  ftravaganze» 
chea  quello  pròpolìto,  benché  in  altro  genere ,  fovviemmi  d’haver  veduto  in 
Bologna  del  MDCLXV.  in  due  Fiori  di  Melo  Granato,  ambo  colti  nello  fteùo 
Albero ,  con  la  lembianza  di  ben  formata  Telia  di  Cane ,  l’ uno  però  con  la  boc¬ 
ca  chiula^T  altro  col  ceffo  in  atto  di  digrignarci  denti.  OlTcrvolli  anco  il  Signor 
Dottor  Montalbani,  il  quale  ne  fece  menzione,  e  li  figurò  nel  primo  Volume 
della  Dendrologia  dell’ Aldrovandi,  foggiungendovi  quello  Ichcrzo,  che  mi 
fuggerirono  in  difefa  di  si  bcll’Opera ,  alludendo  alla  favola  di  Froferpina 

C&e  *  /  diginn  rotto  al  Melagrano  havea . 
cioè.  Ne  temere  hac  carpas  y  ne  fis  nova  fabulo  'Mundo  y 

Latrat  ab  Elyfìis  horridus  ijle  Canis. 

3  Maritorniamo  al  nollro  Cane  Acefalo fopra  tutti  i  MoUri  mentovati  mara- 
vlgliofo .  Era  di  membra  perfettillime  lino  ai  collo ,  il  quale  terminavain  roton¬ 
do,  cornei’ ellremità  dello 'nteftino  cieco,  fe  non  haveffe  havuto  un  rilalto  di 
carne ,  groffo  come  un  cece  fopra  la  prima  vertebra ,  con  la  pelle  quivi  tutta  con¬ 
tinuata,  e  fenzavelligio  di  pertugio  alcuno.  Ville  alcuni  momenti  ,ufcito  matu¬ 
ro  dall’  utero  materno ,  e  per  avventura  farebbe  vilfuto affai  più^,fc  bavelle  havu¬ 
to  qualche  fpiraglio ,  ò  llrumento  atto  a  ricevere  l’ aria  per  la  refpirazione ,  com’ 
era  il  Tubulo  nella  fommità  delle  fpalle  di  quella  Fanciulla ,  che  pacque  in  Villa^ 
ftancadi  Guafeogna  del  1 5 da. e  vien  figurata  neirilloria  de’Móllri dell’  Aldro¬ 
vandi.  La  di  cui  mancanza,  manifella  più  di  quello  ammirabile  quello  Mollro 
Canino.  Nè folo  viffe  qualche  poco  dopo elfer  nato,  ma hebbe moto,  e  fenfo, 
perche  quantunque  lenza  capo ,  eh’  è  l’atrio  de’ lenii ,  &  in  confeguenza  lenza  il 
cielabro,  che  ivi  rifiede, prima  origine  de’ nervi, che  fono  gli  llrumenti  del  fenfo, 
c  del  moto ,  gli  ballava  l’havere  la  fpirale  midolla,  che  non  effendo  altro,  che  fu- 
fianza  di  cielabro  diflefa  per  le  cavità  delle  vertebre, dalle  quali  trafmette  molte 
coppie  di  nervi,  fuppliva  il  difetto  di  quello.  Così  lenza  capo  fervi  perche  in 
elfo  faceffe  capo  la  maraviglia,  che  traffe  a  llupirne  quanti  l’oflervarono,  e  mi 
dettò  quello  Poetico  fentimento  in  perfonadi  Mollro  così  ragguardevole.  ^ 

Non  habui  Cerebrum,  at  vixi;  hinc,  Itcet  abfyue  Cerebro, 

Me  Cerebrofa  magis  BeBia  nulla  fuit. 

4  Nel  qual  fenfo  fi  fi  inrendere  efclufoda  quella nora  di  Galeno,  che  feriae; 

fdti'Ira  tàv  et’voMTovTs  «t<TvvÌ7ar  ^  «aa’  tKttvtf  (th  u’jtt.VTiie 

J'tfK  irkarfaiffiv,  lyKÌ(?a.\ct  (fctaivt  cioè  nullum  ftolidum,  aut  imprudentem , 

excordem  dici ,  fed  tllos  quidem  omnes  vacuos  cerebro.  AI  che  allule  GlibettO 
Ducheno  Poeta  Francefe ,  che  motteggiando  un  tale ,  ne  cantò^ 

illi  nec  caput  effe,  nec  cerebrum. 

Non  così  havrebbe  potuto  vivere  1  nza  Core,  elfendo  quelli  il  principio  della 
vita  :  t  ui  mancando ,  era  neceiTar  io ,  che  mancaffero  tutte  le  funzioni  della  Natu¬ 
ra  .  Onde  la  vita  di  qnefto  Mollro ,  quantunque  breve ,  fù  un  lungo  argomento , 
che  vivamente  provava  nt  gli  animali  effere  maggiore  la  necelfìtàdel  Core ,  che 
delCielabro:  come  porta  l’opinione  di  molti, difefa  tra  gli  altri  da  Paolo  Bel- 
miffero  Poeta  Laureato ,  nell’  V ndccima  di  quelle  Conclufioni, che  publicamen- 
tefoftenne  in  Bologna  alla  prefenza  di  C  emente  VII.  fuo  Mecenate ,  Stampate 

C  a  nel 


Alàr.  Dea^ 
drol.l  i.c.l» 

Mottjir.fcii 
2  j  .652.653. 
èyj. 


Dendrel,  in 
Proleg.p.B^. 
tir  1. 2.  c.  6. 
f.614.  t  : 
Valva/,  delft, 
la  Caccia  U 
5"/?.  48. 


De  Jllongrl 
p.  401. 
Told,  Co/l» 
pani.  C.  v; 
Jt,  II. 

Gal.de  u/%» 
part.l.iz. 


De  Piaci 
Hipp  & 
Plat.l.'^. 


L,l.Ìp,22^ 


'tl  M  V  S  M  0  e  0  S  P  l  A  N  0 

-*  nelfinedclledilul  Pocfie,laqualcficC4^«/»tf«^^rrff//*««»  Mgmiruiff  $  (pii* 

gaca  inqucfti  ver(i. 

Stimi ff.  in  Sallitur  erga_magis  capiti  dans  munera  prima% 

ffiePotmat,  Vecors  fi  cerebrum  munera  cunSta  gerat, 

f.ioS.  E  ciò  perche  inanzi  have  va  ferino.  Animam  primo  efife  tn  Corde, 

Et  ponens  totam  ipfiam  in  toto  torpere  primo  t 
j^um  meliora  prius  munera  corda  gerant, 

5  Del  qual  parere  fù  difeniore  ancora  Stefano  Fafcafio  Avvocato  Parigino»e 
Poeta  di  gran  nome»  che  più  diifufamente  a  qued o  propoiito  laiciò  da  leggcrfi  DC^ 
fuoi  Poemi .  Cum  Corpus  Capite  »  &  Caput  Cerebro , 

Inter  c  ater  a  membra  noOra  confiet  ^ 

Et  fiedes  Cerebrum  putetur 
Mentis,  \udicii ,  K^Eftimationis , 

^ui  fit,  ut  veteres  putent  in  ipfo 
Corde  fifiere  cogitationes^ 

,^od,  (fi-  Pagina  Sacra  \udicavit. 

Et  cum  fe  meminiffi  ait  Latinus, 

Verbo  k  Corde  dato.  Recordor  ,  inquit  i 
Et  dum  fie  memorem  ejji  velle  ^aelat. 

Per  Cor  difeere  Gallicanus  ufus 
Dicit  fignificantiore  voce , 

Cordatum  quoque  ,  Corculumque  nobis  % 

Olim  pro  Sapiente  pradicarunt. 

Et  vecordem  itidem  virum  Latini 

Pro  bardo,  ér  fiolido',  an  quod  hi  putarent 

Cor  nofirum  Sophia  Domum  efie  folam^ 

Cyft  immb  hoc  ita  credo  dictitatum. 

Inductos,  if*  hanc  opinionem 
NoFtros,  (jr  Latios  viros  fuijfe, 

^uod  fi  a  corpore  dempferis  Cor  ipfum, 

Ntl,  nifi  Saniem,  excreationem , 

In  fumma ,  nifi  Pus  tibi  relinques . 

6  FÙ  quello  Moftro  donato  al  Mufeo  dal  Dottor  Ovidio  Montalbanidib.m. 
che  vi  notò  di  fua  mano  nella  bafc  dei  Vafo,  che  loconfcrva,  quella  Ilcrizzione: 
CANIS  ACEPHALOS ,  WEST  SINE  CAPITE,  OBSERVATIO  HABITA  AB 
OVIDIO  DE  MONT ALBANIS  ANNO  DOMINI  MDCLX.  E  di  vantaggio  ne 
favcllòncllelucCureAnalitichc.ove  ne propofe  l’addotta  Figura. 

7  Di  limili  Moliri  Acefali  fe  ne  vide  uno  nel  genere  humano,  nato  in  quella 
fioritilTimaCittàdiBoIognadelMCCCCXXXl.  nellallradadiTorlionc:  e  ne 

venne  alia  luce  un’altro  nel  di  lei  fertililTimo  Tenitoro  dei  MDCXXIV.  l’uno, 
e  r altro  riferiti  dall’eruditillimo  Bartolomeo  Ambrofini  nell'  Illoria  de’  Mollri 
deir  Aldrovandi.  E  tale  racconta  Ctelia  Gnidio  nelle  memorie  di  Perlìa,  che 
fulle  un  Fanciullo,  che  nacque  di  Rodane  Moglie  del  Rè  Cambile.  Ne  mento- 
Aldrjoe.  va  un’altro  il  Licollene  A.  D.  nato  in  Vitreberga  nel  MDXXV.  è  Giobbe  Fince- 
lio  nel  Libro  de*  Miracoli  de’  nollri  tempi  ne  delcrive  un’altro  nato  del  MDLIV. 
I  quali  Feti,  fe  tra  noi  s’ hebbero  per  Mollri,  farebbono  forli  padati  per  corpi  per¬ 
fetti  in  quella  Regione  dell’  Alia  ,  che  vien  dominata  dal  Monte  Milo  verlo  Oc¬ 
cidente  ,  le  fude  vero ,  che  quivi ,  come  fcrille  Plinio  il  Giovane ,  vi  vede  una  Ipe- 
zie  d’Huomini  lenza  capo,  quali  appunto  riferilced’haver  veduto  nell’ t  fiopia 
il  Santo  Vclcovo  Agoftinoferivendo:  Ego  jam  Epifeopus  Hipponenfis  eram, 

cum 


LIBRO  rp  R  I  M  0,  CAR.  Vll  19 

cum  quibu/dam  Chrisii  Servis  ad  MthioptAm  ijerrexi^ut  eis  Chrifii  Ev  angellum  pre¬ 
dicar  em  ,  &  vidtintis  ibi  multos  homines  »  &  Mulieres  capita  non  habentes ,  fed  ocu  ¬ 
los  inpeBorefixQs  ^cateramembra  habentes  nebis  aqualia  quefta  razza  d’huo- 

minl  c  verifimile  che  fuUcro  genti  più  tofto  lenza  colio ,  che  lenza  capo ,  cioè  col 
capo  immediataniente.piantatosiì  lefpallc:  e  che  per  tanto  veduti  da  lungi  lem- 
bralTeroin  tutto  lenza  capo,  con  gli  occhi  nel  petto:  come  appunto  giudicò  il 
dottilTimo  Aldrovandi,  elponendo  quello  pafiò  di  S.  Agoftino . 

8  CANE  PENTAPODE,  òfianatocon  CINQVE  PIEDI, il quintode’ 
qualicon  tutta  la  gamba  perfetta  è  accoppiato  a’  due  pofteriori  dalla  parte  delira. 
Di  che  fi  come  ne  fù  cagione  il  foverchio  della  materia  leminale ,  così  mi  rimet, 
roaciòchcinfimilcpropofico  s’è  detto  di  lopra  nel  Cap.  V. nu.  parlando 
del  Vitello  da  cinque  piedi:  badandomi  qui  d’accennare,  che  limile  llrauagan» 
za  in  altri  animali  parimente  accaduta  fi  legge ,  oltre  quello  Cane,  e  ’l  mentovato 
Vitello  di  quedo  Mufeo,  cioè  in  un  Bue,  in  un  Cavallo, &  in  un  Gallo  figurati  ne’ 
Modri  deli’ Aldrovandi:  &  in  due  Agnelli,  l’uno  nato  nel  Territorio  d’ Alcoli 
del  Secolo  padato,  l’altro  a’ nodri  giorni  sù’lBolognele  ne’ Beni  deli' Illudrils. 
Tomaio  Colpi;  ma  il  quinto  piede  di  quedo  gli  ufei  va  dal  dorfo .  Anzi  egli  have- 
va  due  capi,  e  due  code,  come  offervò  i’  erudicilfimo  Monta!bani,che  ne  commu¬ 
nico  la  relazione  al  Sig.  Ambrofini,  il  quale  ne  fece  menzione  nell’! ftorU  fopraci- 
tata  de’  Modri  dell’  Aldrovandi . 

~  9  GATTO  di  DVE  COR* 

PI.’  con  un  lol  capo,  uniti  fino  al- 
l’umbilico, quale  appunto  è  quel¬ 
lo  ,  che  propone  il  Montalbani 
nelle  lue  Cure  Analitiche, nato 
del  MDCLX.  Simile  a  cui  ne 
giunle  alle  mie  mani  un’  altro  na¬ 
to  del  MDCLXVIII.  della  quale 
modruolìtà  è  probabile  ne  fia  ca¬ 
gione  la  facilità  di  confonderli, 

&  unirli  in  uno  Individuo  le  ma» 
terie  deftinate  alla  generazione 
di  due  corpi  didinti:  maffime  tro¬ 
vandoli  quede  in  un’  utero  ferti- 
liffimo ,  &  in  tempo ,  che  vi  fi  for¬ 
mino  diverfi  altri  Embrioni ,  co¬ 
me  nelle  femine  di  queda  Ipezie , 
che  lovente  in  un  lol  parto  elpon- 
gono  alla  luce  quattro ,  e  lei  feti . 

Cosìoccorfe in  Bafilea,ove,  al 
riferire  del  Licollene  A.  D.  del 
MDLIl.  nacque  tràmoltid’uru 
partOjUn  Gatto  di  due  corpi  uni¬ 
ti,  come  quedo,  folo  nel  capo^ 

Cosi  altrevolte  è  accaduto  in 
Bologna,  ove  oltre  i  precedenti 
Modri  di  queda  fpczie, nacquero 
parimente  que’  due,  che  figura 
l’ Ambrofini  neH’Illoria  de’Mo- 
Rri  dell  ’  Aldrovandi  >  cialcuno 


Serm.  37, 


De  Mentri 

So 


P-5J7-  54®- 
543- 5Ó0. 


L.i.g.  3!; 


'so 


^  r  S  E  0  COSE  1  A  N  0 


Jildr.  àt 
Aionfly.  /.I, 
t.  II. 620. 
6ii.de  Qua' 
eirup.  Digit. 
Vtvip.  L  3, 

».  11. 


Jo,  Per  Atius 
Utfhch.  VAr, 
^óc. 


Thomafttt, 
in  fetrarchÀ 
Redivivo . 
uint.  Qu*r, 
Rhapf.  VAT, 
carm.  l.  j. 
f.miht  171. 


con  due  corpi  uniti  non  folo  nel  capo,  ma  anco  nel  petto,  come  è  parimente 
quello» che iì  trova  figurato  nel  Volume  de’ Quadrupedi  Digitaci  dello  fteffo 
Aurore, 

I  o  Ma  fe  quelle  ftravaganze  per  loro  cagione  lortirono  la  fovrabbondanza , 
e  confufione  del  la  materia:  a!  contrario  d’effe,  dal  mancamento  di  quella  èda 
dirli,  che  pendeffe  la  mollruofità  da  non  tacerli^  d’ una  Gatta,  che  fù  del  Sig.  Dot¬ 
tor  Monralbani ,  nata  con  tre  foli  piedi ,  due  pofteriori ,  &  uno  anteriore ,  la  cui 
gamba  piegandofegli  alquanto  lotto  il  petto,  lemhrava  ufcirgli  di  mezo  lo  fter- 
no.  Nonollante  però  il  difetto  del  q  narro  piede,  corre  va,  e  faltava  con  agilità 
incredibile,  e  faceva  grandiffima  ftragc  de’  Topi,  avverando  per  la  lua  parte  quel 
Dillico  di  capricciolo  Poeta , 

Ff//s  Sorte  firn;  haud  felix  Jìc  Dives  oh  aurum. 

Vt  felix  Felis  y  murihus  altus  erit , 

II  Figliò  quella  più  volte,  ma  come  di  natura  feroce,  divorò  Tempre  ì  pro¬ 
pri  Parti ,  Agitata  pofeia  un  giorno  dalle  furie  d’ amore ,  fi  fmarrì,  nè  più  lafciòffi 
vedere  nella  cala  lolita ,  con  parricolar  dilgullo  del  Sig.  Montalbani ,  che  brama- 
vadi  ferbarne  lelpogIie,comegià  feceil  Petrarca  quelle  della  lua  Gatta ,  che  an¬ 
che  a*  nollri  tempi  fi  confervano ,  come  feri  ve  Monfig.  Filippo  Tomafini  nella  di 
lui  vita ,  delle  quali  così  Icherzò  Antonio  Quercnghi  gentiliffìrao  Poeta . 

I,  Fatis  amor  Fufei  Felis  t  quid  facra  tot  annos 
Extin^o  vita  lumine  te&a  colisi 
Divinos  domini  pergg  fervar  e  lihellost 
Terrifico  injiciens  Muribus  ore  metum. 
j,  ^..ydrcebam  facro  vivens  à  limine  Mures  y 

Ne  Domini  exitio  fcripta  diferta  forent. 

Incutio  trepidis  eadem  defunSla  pavorem. 

Et  viget  exanimi  in  corpore  prifca  (Ides . 

Etrufeus  gemino  Vates  exarfit  amore  y 

Maximus  ignis  ego ,  Laura  fecundus  eras , 

J^id  vides?  Divina  illam  fi  gratia  forma. 

Me  dignam  eximio  fecit  amante  fides . 

Si  numeros  y  geniumque  f acris  dedit  illa  Libellit, 

Caufa  ego,  ne  favis  muribus  efca  forent. 


De'  .^adrupèdi  Ovìpari,  Cap.  FUI. 


I  Ra’  Quadrupedi , che  propagano  la  loro  fpezie ,  non  efcludendo  Animai 

i  vivo, come  i  precedenti,  ma  partorendo  le  Ova, come  gli  Vccelli,d’on- 
dcOvipari  s'appellano, cade  quella  principal  divifione ,  chealtri  fono  vclliti  di 
cutefcmplice, òlifeia, come  le  Rane,  ò  ruvida,  come  i  Crocodili:  altri  fono 
armati  di  corccccie  ben  forti,  come  leTelluggini,  delle  quali  nel  Capitolo  fe- 
guentc .  Sotto  la  feconda  differenza  caminano  quattro  forti  d’ Animali ,  che  veg- 
gonfi  nel  Mufeo ,  riducibili  al  genere  delle  Lucertole  ,cioè  i  Crocodili ,  i  Catlà , 
i  Scinco  idi,  &  i  Camaleonti.  Tra  quefti  il  maggiore  fi  è  il 

2  CROCODILO  PRIMO,  il  quale,  fe  bene  è  razza  di  vivente,  che  non 
conqfce  meta  nel  crefeere,  non  però  eccede  due  braccia  di  lunghezza,  &  ha  di 
particolare,  e  d’offervabile,  due  denti  di  più  del  numero  prefiffoli  da  Éliano,  e 
notatodalGefnero  A.D.che  ve  ne  contò  folo  feffanta,  forfi  per  non  haverne 
trovato  maggior  quantità  in  altri  ancorché  ve  ne  fiano  di  quelli,  che  ne  hanno 
fettanta.corac  uno  de’ maggiori ,  che  fi  vede  nel  Mufeo  dell’  Aldrovandi ,  lun¬ 
go 


L  hrs  R  a  ^  R  l  M  0.  €  A  P.  m  31 

go  Piedi  XII.  De*  quali  denti  raccontafì  virtù  memorabile ,  fe  fuffiftcfTe  alla  pro¬ 
va:  cioè  che coHolotoccamento  lanino  il  dolore  de’ denti,  e  li  prefervino  dal 
guadarli .  li  che  però  è  fallo,  come  infegnano  le  accurate  Efperienze  del  Sig.  Re¬ 
di  .  Il  cuójo  del  ventre  di  quefto  Crocodilo , eficndo  bigio,  ò  corrreo,  lo  diver- 
fifica  dal  fulTeguente .  Nel  rcfto  concorda  bcniifimo  con  le  defcrizzioni  addotte 
dall’ Aldrovandi,  e  dalGionlioni:  Succede  a  quefto  il 

3  CROCODILO  SECONDO,  più  piccolo  del  precedente,  come  quello 
che  non  è  più  lungo  di  quattro  palmi,  non  poco  ragguardevole  per  la  coda  ri¬ 
torta,  che  finifce  in  una  pinna  lunga  otto  dita,  olTervata  dal  Gcfnero  per  cola 
inen’ordinaria,havcndoiCrocodilifolounafiladi  crefte  eminenti  nella fom- 
micà  della  coda ,  che  di  lotto  lino  al  fine  è  rotonda ,  la  quale  rotondità  nella  coda 
di  quefto  non  giunge,  che  alla  metà  delia  lunghezza,  rimanendo  nel  rcftanto 
ftiacciata,  e  fcarna,  col  degenerare  nella  pinna  fudetta.  Hà  ’l  ventre  giallo,  a 
dift'erenza  del  primo ,  che  l’hà  bigio,  E  l’uno,  e  l’altro  fono  ftimati  cagione, 
ehe  nel  Mufeo  non  vedanfi  de’  Topi  ;  effendo  opinione  d’ alcuni ,  che  trà  quelli , 
c  quelli  paffi  naturale  inimicizia,  come  accennò  Teruditiffimo  Paolo  Macci  ne' 
fuoi  Emblemi,  atteftando  che  per  tal  fine  vengono  fofpefi  in  divertì  luoghi ,  & 
in  particolare  nelle  Chiefe ,  col  cantarne 

Suf pendi  Templis  fertur  Crocodilus  in  altis  3 
Arceat  ut  vifu  noxia  Monlira  fuo. 

Sic  terrere  malos  esi  confuetudo  malorum  ^ 

Moribus  improbitas^ fìc  inimica  malis. 

4  Hanno  fimilmentequefti  Animali  antipatia  co*  Delfini ,  co’  quali  fovente 
combattono  alle  foci  del  Nilo .  Quindi  Toldo  Goftantini  da  Serravalle ,  Poeta , 
chemirabilmente  imitò  Dante  Alighieri,  &  in  alcune  invenzioni  Io  trappafsò 
di  giudizio ,  nel  fuo  Giudizio  Eftremo  notò  per  effetto  di  cagione  occulta ,  che 

Con  la  Fera  del  iV//,  che  forte  ha  I'  ugna, 

5  Così  all’ Huomo,  di  cui  fono  amiciffimii  Delfini,  fono  nemiciffimi  quelli 
Bruti ,  i  quali ,  coraggiofi  rincalzano , s’éi  fugge ,  c  tìmidi  Io  fuggono  ,  s’ ei  loro 
incalza.  Onde  Francefeo  Bouffueto,  che  compendiò  in  verfi  i’Iftoria  de  gli 
Acquatili  del  Rondelezio ,  cantònne . 

Inflantem  fugit  hac  Fera  3  prófequìturque  fugacem  3 
Anzi  per  divorarlo  l’infìdiano,  eperterra,e  peraequa.  Che  però  l’humana 
induftria  inventò  diverfe maniere  di  pigliare  i  Crocodili ,  e  trovò  riufcirgliil 
farne  preda  nell’  acqua  co’  facci,  e  gli  barai,  e  le  reti  ben  robufte  ;  e  nella  terra  col¬ 
le  trappole,  come  coftumafi  nell’Egitto,  eco’ pali  ben’ aguzzi,  cacciatigli  giù 
per  la  gola,  come  ufafi  nella  Florida.  Ma  più  curiofo  è  il  modo  praticato  da’ 
Tentiriti,  braviflìmi  Notatori,  che  nell’acqua  prendevangli  col  faltar  loroa 
fa  vallo ,  cacciandogli  a  guifa  di  freno  un  pezzo  di  legno  a  traverfo  della  bocca , 
cui  pofeia  reggendo  quinci,  e  quindi  con  ambe  le  mani ,  guidavangli ,  quali  de- 
ftrieri  imbrigliati ,  alla  riva ,  come  fece  quel  valorofo  guerriero,  di  cui  Sigifinon- 
do  Boldoni  Milanefe,  Medico,  e  Poeta  di  gran  merito ,  cantò . 

Nudo  le  forti  membra,  e  diede  al  noto 
Le  braccia  nerborute  al  Lago  ignoto. 

Ma  dilungato  poco  erA  dal  Itto , 

che  r  armento  crude l  corfe  a  la  preda , 

Si  che  3  de  1'  onde  il  rimbombare  udito. 

Forza  e  che  fa  nel  rifehio,  e  a  pena  il  veda, 
eia  dal  fen  cupo  tm  Coca  drillo  ufeito^ 

che 


Ff{.  Nat. 
P*  77* 

Aldr.  de 
jQuadOvip. 
/.  I.  c.  i 
■/ìn/t.l.i^.c.2, 

jp.  209. 


EmbL  37. 


C<WM8.f34 


Jo.  LeenJ.^  ', 
aifr. 


Cad.  de\ 
Longobardi 
Cant.  5.81. 


3» 


iof.  Aeofl.  l. 
j  Htft.Nat, 
ind.  f.aji 


^nthol.Lil 


M  r  S  E  0  C  0  SP  ì  A  N  0  ’ 

C^e  le  rive  del  Nil  tutte  depreda  ^ 

Jìifjirrìt  la  voragine  profonda-. 

He  vai,  eh’  egli  fe  »'  f»gga,  o  fi  n  afe  onda, 
il  gener ofo  all’  hor ,  guizz^ando  in  alto  , 

Si  lancia  fopra  1'  onde,  e  fchifa  il  morjox. 

Poi,  come  Jlral,  con  fubitaneo  falto 
Stt  la  belva  s  ’  afide ,  e  fegue  il  corfo . 

E  perch'  ella  non  tenti  un  novo  afallo. 

Come  fnfe  deflrier,  le  pone  il  morfox 
Vn  ramo,  che  fornata  a  l’  onde,  ei  prende, 

E  r  una,  e  1’  altra  mano  a  i  capi  iìende, 

E  mentre  il  Cocodrillo  il  capo  leva, 

E  la  bocca  apre,  e’I'Cavatier  minaccia: 

Ei  con  le  braccia  il  ramo  alto  folleva , 

E ,  come  fren ,  fra  le  mafi  elle  il  caccia  : 

Si  che  indarno  hor  s’  abb affa,  hor  f  rileva. 

Ne  cjuel  morfo  già  mai  da  fe  dife accia: 

Ne  chiuder  può ,  ne  piu  le  fauci  aprire  ; 

E  fianca  in  van  le  forze,  e  f pande  l’  ire. 

Stanco  cosi,  dopo  piu  giri,  intorno. 

Come  Defiriero,  il  fier  garzon  lo  guidai  ' 

E  torna  al  lido, 

6  Altri  però  gli  uccidono  nel  noto>  cacciandoli  loro  focto,  e  ferendoli  nel 
ventre ,  ove  hanno  la  pelle  altrettanto  tenera ,  quanto  duro  è  il  cuojo  della  Ichic- 
na ,  che  refifte  anco  a  i  colpi  più  gagliardi  del  ferro ,  e  potrebbe  fervire  di  barba-, 
ra  armatura  «come  appunto  quella  del  mentovato  Guerriero >  di  cui  ilniedciìmo 
Poeta  , 

De  la  belva  del  Nilo  il  cuojo  duro 

L’  arma-,  e  l’  acuto  roFtro  ha  per  cimiero. 

Cesi  fra,  Lande,  e  Spade  et  va  feuro, 

7  E  perch’ è  fama,  che  quelli  Animali,  avidilfimi  della  carne  humana,  pian¬ 

gano  per  ifpezzar  colle  lagrime  i  Cranii,  che  loro  awanzano,  non  poflo  paffar 
lotto  fìlenzio  quanto  ciò  vano  mi  fembri,  mentre  indarno  ccrcarebbono  d’am¬ 
mollir  con  le  lagrime  terfiilìme  un  olTo  affai  duro,  cui  facilmente  porrebbono 
fminuzzare ,  non  che  rompere  co’loro  denti  robuftiffìmi .  Nè  men  favolofo  è  da 
credcrfi,  che  piangano  per  dolore  d’haver  uccifo  l’huomo,  c’hanno  divorato; 
non  regnando  lenii  di  pietà  verlo  l’huomo  in  una  Ficra,chc  con  effo  lui  tiene  par- 
tjcolar’antipatia ,  come  s’èderto  ;  e  l’accennò  quell’anonimo  Greco,  che  de¬ 
plorandole  ca’amita  deli’ humana  vita,  fuolpczial  nemico  vi  aflegna  il  Croco; 
dilo,  Iclaraando .  /  • 

sS  ineSf  jS/JOTfc  (latino*  dtn'ixtft,  -rc^vra.  <ri 
ntifT»\(Tap .  TetrTj)  èicS'i'x^Toi'  et 

H>'  tVì  ySf  ^eu'yHf,  AitKoe  .  Lu  ìì  -rpòt  u4<ie 

j  aVirif  J'e.ft  virìp  a'Kpt/xa'yuy , 

IlHpa.fHf  Ktù  NwAor,  e  J'*  «»'  Flvit  Kfons'ifnA# 
tì{  SitpA  imeuoTATor , 

Che  quali  col  medelìmo  ordine  delle  parole  così  una  volta  traduffi . 

O  Erutis  Nomo  plus  infelix  \  omnia  perdens 

Omnibus  ipfe  odio  es,  morsque  te  vbique  premiti 
Si  ftgis  in  ter r am-,  lupus  eH  prope -,  fi  vel  in  altos 

Con- 


55 


L  t  È  KO  •P  K  l  M  0]  CAPI  Vili 

Cettfcendis  ratnos  arboris  ^  afpis  adefi , 

Si  Nilum  tentas  3  Crocodilum  in  vortice  nutriti 
<^o  non  in]uiiis  ytfiior  ulla  leta  eji . 

8  Comunque  però  ftiafi ,  non  è  fenza  fama  il  Proverbio  delle  Lagrime  diCrà^ 
eodiloi  ches’addatta  agripocriti,  come  motiva  il  noftro  Lami  la  dove  men¬ 
tova 

Vi  Cocodril  d*  humana  carne  vagol 

£’I Benamati»  parlando  d’ un  Traditore 

tace  3  e  ver  fa  il  ciglio  humil  torrente^ 

Crocodilo 3  che  il  vero  innanzi  ha  morto, 

E  i’efprefle  la  faceta  Mufa  di  Gio.  Perazzi  in  quel  difticoad  uno  Ipocrita  • 

Listo 3  non  humili  conf urnis  lumina  fletu. 

Sic  Stygis  3  haud  Nili  tu  Crocodilus  eris  , 

9  Mahabbia  quelli  ravvilato  un  Crocodilo d’ Inferno,  eh’ io  dirò  d’haver  ve? 
dutodiquelli  degli Orti  deH’Efperidi.  Furono  quelli  due  Limoni  dalla  Natu¬ 
ra  con  tal  bizzaria  effigiati,  che  uno  puntualmente  rallembrava  il  capo, con  la 
bocca  Iquarciata ,  l’aitro  il  piede  unghiuto  d’un  Crocodilo:  i  quali  per  eflere 
(lati  figurati  dal  Sig.  Montalbani  nell’  llloria  de  gli  Alberi  dell’  Adro vandi  trà  il 
Cedro,  &  il  Cotogno.furono  cagione  che  (opra  di  loro  così  prendefii  a  Icherzare 

Vnguibus  3  Ore  ferox  Crocodile  ,  Cydonia  ferva  3 
Citr iaque ,  Hefperius  flc  quoque  T utor  eris . 

Al  fecondo  de*  quali  Frutti  non  molto  dilfimile  fovviemmi  d’haver  veduto  un* 
altro  Limone,  il  quale  meglio  che  d’ un  Crocodilo  figurava  il  piede  d’ un  Leone, 
mentovato  parimente  dal  Montalbani  nelle  Cure  Analitiche  con  quella  nollra 
(ottoferizzione . 

Protea  non  fi^um  quis  credat  in  Jrbore?  Limon 
Proteus  efl  :  Dubitas  ?  Notus  ab  ungue  Leo , 

10  CATLA',  Quadrupedcdelgenetcdelle Lucertole, lungo  dal  principio 
del  capo  fino  àH'eflremità  della  coda  cinque  palmi ,  cioè  uno  dalia  fommità  del 
roflro  per  tutto  il  fito  delle  fpaIle,un*altrodaquefte  fino  alle  cofeie  didietro, 
dalle  quali ,  e  dalla  coda  s’ occupa  il  redo .  11  di  lui  tronco ,  o  ve  è  più  groffo ,  è  di 
fette  onzie  d’ambito.  Li  rendono  alquanto  afpro  il  cuojo  certe  minute,  e  fre- 
quentiflirae  prominenze  cmule  delle  fcaglie,  difpofte  in  tanti  circoli ,  che  tutto  il 
corpo  ordinatamente  circondanò,  e  fono  rotonde,  &  ovate  nel  capo,  lotto  la 
gola ,  e  per  le  gambe:  triangolari  nel  collo ,  e  quadre  bislunghe  nel  rimanente, 
e  maffime  nella  coda,  eh’ èrotonda,  &  a  poco,  a  pocoaffottigliandofi  và  a  finir 
molto  acuta,  e  fimigliantiflìma  a  quella  dell’ animale  incognito  l'opra  delcritto 
nelCap,  VI.  E' tutto  di  color  giallo,  ma  feuro  nelle  parti  (oprane,  chiaro,  òfia 
di  color  di  paglia ,  nelle  fotrane  ;  con  quella  differenza  di  più ,  che  levandofeli  a 
poco  a  poco  la  prima  fpogIia(  quale  hà  commune  con  le  altre  Lucertole ,  che  la 
depongono,  e  di  prima  vera,  e  d’autunno,  al  dir  del  Filofofo)  in  quelle  parti 
non  s’ altera  il  colore ,  ma  lolo  in  quelle  di  lopra ,  ove  refta  più  folco  ;  onde  fem- 
bra  variegato  di  giallo  per  le  particelle  rimanevi  di  quella.  E  perciò  chi  noita 
rolTervaffeattentamentepotrcbbecrederlodellaftefla  fpezie  con  la  prima  Lu¬ 
certola  Indiana  figurata  dal  Giulio,  e  dal  Vormio,dacui  però  è  diverfo,  come 
fi  moftrarà.  Nel  capo  non  è  molto  dilfimile  a’  Crocodili  (e  non  perciò  è  da 
fofpcttarfi  a  loro  congenere ,  non  elfendo  fcagliolo ,  e  non  portando  alcuni  tube¬ 
ri  nel  dorfo ,  e  nella  coda  ,come  quelli  )  havendolo  ,e  lungo ,  e  largo ,  con  gran 
taglio  di  bocca ,  che  giunge  fino  a  i  fori  de  gli  orecchi ,  i  quali  non  altro  fono  che 

una 


Cant,^àl' 
0- 17* 

/,13  90, 


Vifiich.Sn^ 

tyr.  81. 


Dtndrol,  l, 
2.^.4.  tn  f, 
h  534* 


I.'  V,  hune 
[tnf,  apud 
Petr,  fiere, 
Bello]um  tn 
Exwott  Leo, 
f.  35.  y8.»3. 


Arifl.  l.  8, 
IJfft.  Ani. 
maU  r.  17« 


Cluf,l.^,  ,  ^ 

Exet,  e.  20. 

F^trm,  tn 
Muf.  i,  3. 
e.  iZt 


dt 

'^ad.Ov$p. 
i  •  l*  C»  li» 


jìÈL  Hji. 
e.  5. 

fl.t.S.  c.ii, 
’Jon.ten.  de 
Suad.ttful, 

T*b.  19. 


34  MySEO  C  OS  PIANO 

unapiccìolafeflfura,  come  ne’ Cordili,  òBatticode,  al  dire  di  FrancefeoBouf- 

(ueto,  che  figuratolo  ne  canrò. 

Cordylus  effìgie  hìc  tali  depingitur  ipfa^ 

Qualis,  &  in  terris i  (fr  fere  degit  atijuìs , 

<  Inter  ^adrupedes  rimam  unam  ,  atcjue  foramen  ■■ 

Poft  eris  ricium  (refpice)  folus  habet. 

lì  Benché  però  habbiaqucltònotabil  legnaie,  non  perciò  fi  fà  conofeere^ 
della  fpezic  delle  Bacticorde,  non  havendo, come  quelle,  il  capo,  e*l  collodi- 
Teftuggine,  e  la  coda  fquamata,  e  fpinofa ,  come  fi  vede  in  elle,  giufta  la  defcriz> 
zione,  c  figura  addotta  dall’Ambrofini  nel  Volume  de’  Quadrupedi  dell’Al- 
drovandi.  Le  mafcelle  fono  tutte  della  ftelfa  lunghezza:  variano  però  nella  fi¬ 
gura,  effendo  quella  difetto  più  aguzza  della  fuperiore.  L’una,  e  l’altra  è  for¬ 
nita  di  denti  molto  fottili ,  &  acuti  ,c  curvati  in  dentro ,  poco  maggiori  di  quelli 
delle  Vipere;  dc’quali  non  lene  vedono  in  quello  Animai  lecco  più  di  venti¬ 
tré.  Si  conofceperò,chc  ne  mancano  alcuni.  Della  lingua,  che  inquelloCa- 
davero  è  lecca,  e  contratta,  non  pollo  dire,  fe  non  eh’ ella  fembra  lottile.  Così 
de  gli  occhi  pur  lecchi  non  puòffi  affermar’  altro ,  le  non  che  fiano  di  pofitura  li¬ 
mili  a  quelli  de’ Majali.  Havendo  quattro  gambe,  come  le  altre  Lucertole ,  e 
quelle  aliai  grolfe  ,co’  loro  gomiti,  fi  regge  lopra  quattro  piedi  felli  in  cinque  de- 
ta,  negli  anteriori  proporzionate  a  quelle  d’ una  mano  humana:  ne’poltcriori, 
col  deto  corrilpondente  al  mignolo, fituato  nel  tallone, che  lembra  uno  Iprone  di 
gallo  :  tutte  armate  d’ unghie  lunghe ,  Se  adunche,  le  quali  fembrano  d’ Aquila , 
e  tirano  al  gialliccio. 

12  Finalmente  in  tutte  le  lue  parti  è  molto  limile  alla  mentovata  Lucertola 
Indiana  figurata  dal  Giulio ,  e  dal  Vormio  ne’ luoghi  fopracitati  ,e  potrebbe  cre¬ 
derli  della  medefima  Ipezie,  le  havelfe  il  rollro  più  lungo  della  malcella  inferio¬ 
re  ,  i  denti  lodi ,  l’ unghie  nere  ,  e  le  macchie  gialle ,  e  bianche ,  parte  quadrate , 
c  parte  romboidi  nella  Ichiena,  e  ’l  ventre  pur  folco ,  ma  non  tanto  come  il  dorlo, 
e  parimente  variegato  di  bianco .  Oltre  di  che  per  farloconolcer  diverlo ,  non  è 
vano  indizio  la  diverfità  della  Patria,  elléndo  quello  del  Giulio  Animale  India¬ 
no  ,c  quello  Babiloncle .  Di  piùilClufio,  chenon  vide  il  luo,  le  non  dipinto, 
quale  lùgli  mandato  da  Giacomo  Plateau, e ’l  Vormio,  che  nedefcrille  il  cada- 
vero, non ilpecifìcano,  che  fulTe  animai  nocivo.  Di  quello  all’incontro  rac¬ 
contò,  chi  lo  prcle,  conolciuto  degno  di  fede,  c  donòllo  al  Sig.  Marchele,  che  l;a 
così  velenofo, che  uccide  col  fiato, e  che  lenza  eflcre  munito  d’ottimi  alelTifar- 
maci ,  non  fi  polla  pigliare ,  nè  maneggiar  morto ,  e  ridurli  nella  forma,  che  fi  tro¬ 
va  quello,  che  fù  con  particolar  diligenza  Iventrato  per  la  coda,  reltandovi  ap¬ 
pena  il  legno .  Onde  forfi  non  s’ ingannerebbe  chi  lo  giudicalTe  poter’eflerequcl- 
r  animale,  che  da  gli  Antichi  fù  chiamato  Catoblepa,  e  da  taluni  per  laluagran 
velenofità  è  flato  creduto  lo  Hello  col  Bafilifco ,  fi  come  nell’  Illoria  di  quel  pclti- 
ieiitilfimo  auimale  nota  l’Aldrovandi -,  mallime  flante  raffiniti  de’  nomi ,  potendo 
quello  dìCatoblepa  facilmente  ellere  degenerato  in  Catlà .  Sia  però  ciò  congettu¬ 
ra ,  non  allcrzione:  non  cflendomi  intanto  ignoto ,  che  col  nome  di 
Eliano  intele  una  razza  di  Bue  lei  veggio,  che  è  l’ Vro  della  Libia,  da  Piiuio  caia- 
ma  perche  tien  fempre  gli  occhi  fitti  in  terra. 

ij  Fù  quello  Catlà  prclo  ne’ Deferti  di  Babilonia  d’Egitto.  Della  cuivele- 
nolafpezie torfifùquell’ Animale  jchecon  nome  di  Lacerta  nera  mordaciffima 
vien  mentovato  da  Ericio  Poeta  Greco,  rammentando  il  calo  di  qucU’infelice 
Taglialegna ,  che  morficato  in  un  tallone  da  fimil  pelle ,  ne  perdè  tutta  la  gamba , 
necelfitato  per  minor  male  a  lalciarlela  tagliare ,  come  Ipiegafi  nel  legucntc  Epi¬ 
gramma  .  AeV 


LIBRO  CAP.  PUU  S5 


Ajfje  f»t  ySfiArS'pvA ,  Kàfx/xope 

^«AeeV  Àpa}(t^»  ifitaito'r  TróS'Af 

fiHtitf  ÀrTic/ffAfA .  J*’  eCpu^t  (AiKatfit 

S’i'TiS'o^tn  aJpKAy  Kox  t^i’pAyi/Mvf  0 

E’rfxtr^n  J'’  «W  tSs  ^-i^ApCr  yeifu  t  iteù  ab  topi‘^» 
Mmfo^vpSa  ^Au^fSe  vmitÀvttn  «sr/r^. 

Chcgiàfovviemmi  d’havere  nella fcguente maniera 
iradotto,  come  fi  legge  nel  Trattato  dell’ Oliva ,  Parte 
del  Volume  II.  della  Dendrologia  dell’ Aldrovandi, 
compiuto  dalla  b.  m,  del  nofiro  Montalbani,  non  anco 
publicato . 

Infelix  Midott\  frifet  arboris  agra  putanti 
Ligna,  tibi,  lavum  NIGRA  LACERTA  pedem 
obvia  prorepens  peracuto  dente  momordit. 

Palluit  hinc  talus,  eruris  ,  &  ipfa  caro. 

Inde  genu  validum  felium  ejt',  tibi  firmus  Oliva 
Scipio  procera  fupplet  abinde  pedem. 

14  CATLA*, fventratoperillungoalcofturae più 
commune,  ma  non  riempiuto  ,  anzi  aggruppato  in 
modo  ,  che  fembra  un  Nodo  Gordio.  In  quello  fi 
olTcrva  tutto  il  dorlo  affai  più  folco,  e’I  ventre  mcn 
giallo,che  nel  precedente,  e  la  coda  nera,  e  quadrata, 
bcfufiefpiegato,  farebbe  lungo  più  di  Tei  palmi .  Fù 
prefo nell’Arabia  Petrea fotto  il  Monte  Sinai,  e  por¬ 
tato  fono  il  nomedi  Gocodrillo'd'  arena, cho.  non  gli 
conviene,  quand*  anco  fuffe  Sinonimo  dello  Scinco, 
eh’ è  il  Crocodilo  terreftrc,  il  quale  è  molto  minore 
del  Catlà,  non  crefeendo  di  più  d’una  delle  nollre 
maggiori  Lucertole,  come  notò!’ Aldrovandi, ò chi 
per  lui  terminò  riltoria  de’ Quadrupedi,  che  parto- 
rifeono  rOva.  E  benché  i  Scinchi  dell’ Arabia ,  allo^ 
fcriverc  di  Plinio,  dopo  gl’indiani  fiano  i  Malfimi, 
non  perciò  poffo  perfuadermi  quefto  Animale  Ara¬ 
bico  effere  di  quella  fpezie;  conciofiacofache  natura¬ 
lezza  de’ Scinchi  fial’haver  lacodagroffa,nè  più  cor¬ 
ta  del  corpo .  Di  che  tutto  il  contrario  avviene  in  que¬ 
lli  Animali,  come  nella  precedente  deferizzione  fi  è 
ay  vertito.  Affai  minore  di  quefto  fi  èia 

15  LVCERTOLA  SCINCOIDE  AFRICANA,’ 
prefa  in  una  Villa  del  Principe  di  Tunifi  di  Maggio  del 
MDCLX.  La  chiamo  Scincoide  per  la  fimiglianza , 
che  tiene  collo  Scinco  sì  nelle  fattezze  del  corpo ,  co¬ 
me  nella  brevità  della  coda.  Vi  s’aggiunge  la  diffe¬ 
renza  della  Regione,  in  cui  nafee,  per  diftinguerla  dal* 
la  Lucertola  Scincoide  Cipria  dell*  Aldrovandi ,  fi¬ 
gurata,  ma  non  deferitta  da  chi  terminò  la  di  luilfto- 
ria  de’  Quadrupedi  Ovipari . 

x6  Queftaè  lunga  quali  ott*  onde,  larga  a  mezo 
il  corpo ,  due  deta ,  con  la  tefta  picciola ,  e  poca  aper¬ 
tura  di  bocca ,  il  collo  breve,  e  la  coda  lunga  tre  onde. 


hV 

È 


grolla 


Anthol.  l.i. 
e£.  18. 


Aldr.  1. 1 
de  Quaàr. 
Ovtf.  l.  i, 

e.  12. 


€(  l-c.  12. 

f.  660. 


\ 


23«/?.  Sittyr» 
77- 


Poef.  Uri 
Od.  2. 


R»f.  P.  I. 

O.  i  •  4.7* 

Camir.Eiff 
bl-  90.  cét.^. 


Ex  tre. 

exen.c.:^. 


The/.  ÌH-> 
EtmÌI  p/ert'l 
Rac»n. 


I 


Jé  UVSEO  (^OSTlAno 

grofla  nel  principio  ,  uncleto,echepofciafinifccinacuto.  Hà  la  cure  tutta  fca- 
gliofa,  la  quale  me  l’havrcbbe  fatta  credere  (pezie  di  Sci.nco  (già  che  il  Carda¬ 
no  dillingue  gli  Scinchi  dalle  Lucertole  per  le  fcaglie)fc  vi  ha  vedi  olTcrvato  i  de¬ 
li  più  raccolti ,  c  n:cn  finaili  a  quelli  delle  noftre  Lucertole .  Son  quefte  fue  fea- 
glic  di  figura,  e  grandezza  di  quelle  de’ Cefali,  &  altri  pefei  non  maggiori,  in 
tutto  il  ventre ,  e  nella  maggior  parte  del  dorfo  argentine ,  effendo  le  altre  di  co¬ 
lar  ferrugineo,  òfia  tanè,  che  fàfov  venirmi  delle  Lucertole  ferruginee  mento¬ 
vate  da  Plinio  :  e  corelle  fcaglic  leonate  le  rendono  la  fchiena  variegata  di  belle 
macchie  ondeggianti .  Hà  le  gambe  molto  corte  a  proporzione  del  corpo,  ef¬ 
fendo  lunghe  poco  più  dimez’  oncia  le  pofteriori,e  le  a  iteriori  ancora  più  bre¬ 
vi  ,  co’  piedi  fimili  a  quelli  delle  noftre  Lucertole ,  fedì  in  cinque  deca ,  il  più  lun¬ 
go  de’  quali  è  il  penultimo  .cioè  quello  che  occupa  il  fito  deli’ annulare. 

1 7  Dopo  l’ Aldrovandi  figurò,  e  deferide  gran  copia  di  Lucertole  il  Gionfto- 
ni.  Non  mentova  però  quefta  fpczie,  di  cui  perciò  fe  n’èpropofta  1’ imagine 
tale  quale  rcfpredcil  Pittore  . 

18  Di  grandezza  poco  diverfa  dal  qui  deferitto  Animale  fi  fà  conofeere  il 
CAMALEONTE ,  Quadrupede ,  che  dal  Filofofo  vien  collocato  fotto  il  gene¬ 
re  delle  Lucertole,  e  che  per  vivere  lungo  tempo  fenza  cibo  (che  fono  gl’in¬ 
fetti  piccioli  d’ ogni  forte)  vien  creduto  pafeerfi  d’aria .  Onde  fù  prefo  per  firn- 
bolo  di  chi  di  fola  fpcranza  fi  mantiene  .come  d’un  tale  cantò  il  Perazzi . 

Tu  fola  vivis  fpe.,  fcijue  Chamaleon  aber 
ì^ere  te  nutris ,  aura  cibufqtte  tutis , 

E  d’un’ altro  il  Donnoli. 

Cosi  xel  fuo  difetto 

più  de  tufo  poi  gode  in  voglia  infana^ 

Novo  Camaleonte  un'  aura  vana. 

1 9  E'  opinione  parimente,  quali  vniverfale ,  ch’egli  s’ imbeva  di  tutti  i  colori, 
che  le  gli  accodano ,  fuoriche  del  bianco ,  onde  maravigliandofene  il  Ghelfucci 
Uupì 

. .  -  ■■  i  M  —  —  Come  j’  induri 

L  ’  Ambra ,  e  muti  '  l  color  Camaleonte . 

Quindi  in  effo  vien  figurato  i’ Adulatote , di  cui  perciò  fù  fcritto. 

T urpis  Adulator  formas  fe  vertit  in  omnes 
At  verax  fimilis  mens  manet  ufque  fui , 

Quanto  però  sbagli,  chi  tal  mutazione  fiperfuade,  chiaramente  lo  dimoftra  il 
dottidìmo  Scaligero  .  Così  chi  hà  veduto  quello  Quadrupede,  feorge  quanto 
lungi  dal  naturale  fe  lo  figurino  in  mente  quelli,  che  torli  per  haver  Ietto  tro¬ 
varli  egli  talvolta  fopra  i  rami  verdeggianti  de*  Fruttici,  Arbofcelli,  come 
del  Ranno,  in  cui  voiontieri dimora,  io  credettero  Animai  volatile,  c  cosilo 
confuterò  con  l’ Vccello  detto  di  Paradilo,il  quale,  come  fi  nota  a  fuo  luogo,  da 
taluni  chiamali  Camaleonte  Aereo,  il  che  hà  ingannato  alcuni  de’ migliori  i,cric* 
tori  di  quello  Secolo ,  come  quello,  che  del  Camaleonte ,  feda  Figura  Celeftc 
delle  moderne,  e  ventunefima  delle  Auftrali,  rapprefentandolo  per  emblema 
de  gli  Adulatori ,  lafciò  fcritto . 

Hac  quoque  in  oppofto  comperta  efi  axe  volucris  ^ 

^u£  prater  z'cntos  ,  pabula  nulla  capit . 

Vna  colore  carens  ,  omnes  trabit  una  colores  x 
Candorem  tantum  difmulare  nequit. 

Sic,  c/r  Adulator,  vento  nutritus,  in  omnem 
se  vertit  fpeciem;  candidus  effe  ne  quii , 

Ne 


tll^KO  *PKIM0,  CAP.  Vili  37 

Nc  ofter vò  quattro  forti  l’ Aldrovandi  tra  loro  differenti  nel  colore,  cioè  de'  ver» 
di,  de’cinerizii,  de’ variegati,  e  de’ neri.  De’ quali  trovo  foiamentei  primi  due 
nclMufco,cioèiI 

20  CAMALEONTE  VERDE  dell’ Egitto,  Pae/efertiliffimo  di  quelli  Ani¬ 
mali  ,  offervativi  dal  Bellonio  in  gran  copia  fopra  i  Frutici  del  Ranno  per  le  fiepi 
del  Territorio  d’ Aleffandria .  Quefto  havendo  la  bocca  mez’  aperta ,  fa  fede  che 
non  molto  s’ingannò  il  Gaffendo,  cheattribui  loro  i  denti  in  bellidìmo  ordine 
difpofti ,  fembrando  veramente  denti  leafprezze  merlate  di  quell’  ofTo  continuo, 
&incifo a guifa della  lega,  ch’egli  hà  nelle  mafcelle:  corrifpondendo  beniflì- 
tno  in  ciò  ,  e  nel  reflante  alla  defetizzione  addotta  dall’ Aldrovandi.  L*  al¬ 
tro  è  il 

ai  CAMALEONTE  CINERIZIO  diPaleflina,  prefo  nelTcnitoro  di  Ra¬ 
ma  del  MDCLXVI.  e  lafciato  morir  nel  Sale.  Onde  è  ridotto  in  un  gomitolo, 
'con  la  coda  avviticchiata  al  collo,  chefembraefferfi  ftrozzato  da  fe  iteffo.  Di 
quelli  Animali  con  gran  dottrina  ne  fcriflero  molti ,  c  tra  gli  altriDomenico  Pa- 
narolo  Medico  Romano, che  ne  publicò  l’ Anotomia  da  luifatta  nel  fuo  ch/mneleo 
examinatus  anno  1645.  die  2  5 .  Martii . 

Be'  ^adrupedi  Ovipari  armati  di  Corteccia ,  ò  Jìa  delle  Teflugini^  Cap,  IX. 

X  E’ Quadrupedi, che partorifeono  l’Ova,  folamente  le  Teflugini  (lo 

I  3  quali  fe  in  quella  Citta  fi  chiamano  CALANE,  fono  così  dette  dal 
Greco  d’onde  il  Marini  ne  traffe  il  nome  di  Galania,  Ninfa,  eh’ egli  nel 

luo  maggior  Poema  favoleggiò  convertita  in  quefla  fpezie  di  vivente)  vanno 
armate  di  corteccia  ben  dura ,  mentre  gli  altri  veftono,  ò  di  cute ,  ò  di  cuojo .  E  di 
queftevenehà  delie  Tcrreflri,  che  abborrifeono  l’acqua;  delle  Anfìbie,  che 
vivono  egualmente  nella  terra ,  e  nell’  acqua  ;  e  delle  folamente  acquatili ,  come 
le  Marine ,  che  non  ponno  lungamente  vivere  efiratte  dal  Mare .  Tarde  tutte  nel 
moto ,  altre  quanto  fozze  nel  fembiante ,  potrebbono  giurarli  tante  vive  Imagi¬ 
ni  della  Pigrizia.  Onde  per  impolfibile  ne  cantò  il  Pindaro  del  Tamigi,  cioè 
Iacopo  Albano  Ghibbefio 

....  Aeriam  prius  Tefiudo  pr avertet  palumhem . 

Ma ,  tuttoché  vili  per  sì  brutta  idea ,  fi  manifeftano  pregievoli  per  la  bontà  del¬ 
le  loro  doti,  c’hanno  fervito  di  tante  lezzioni  all’Huomo.  Perche,  come  nota 
S.  Bafilio,  riferito  da  chi  deferiffe  il  Mufeo  dei  Calzolari ,  da  loro  fi  fono  apprefe 
le  virtù  aleffifarmache  dell'  Erba  Prunella ,  da  cert’  uni  chiamata  Confolida  Me¬ 
dia:  alla  quale  ,  provide  nel  medicarli,  quantunque  ftolide ,  ricorrono  le  Te- 
ftugini  offefe  da  qualche  Animai  velenofo .  Dalle  loro  cortcccie  T  Arte  Milita¬ 
re  traile  il  modello  de  gli  Scudi,  e  laconneffion  loro,  che  chiamòffi  Teftugine; 
la  Mùfica  ne  compofe  la  prima  Cetera,  e  l’ Architettonica  ne  prefe  il  difegno  del¬ 
le  fabriche  in  volta.  Che  però  Giorgio  Giodoco  Bergano,  quell’ ingegnofo 
Poeta,  -  cui  Benacus  molle  Boema  fluit,  così  ne  fcrifle. 

Bic  mihi,  die  quantas  1  efludo  prodidit  artes  ^ 

Mac  validos  muros  cenqna^at  Martius  ardor', 

Hu\us,  dr  e  telià  clypeos  componere  miles 
Edidicit  5  nonne  inventa  hac  Cyllenius  ales , 

Et  phahtts  Cithara  f pedem  reperer  e  fonerà? 

Nonne  cavis  concha  te  Ilis  ede  da  minerva 
JE.de s  Ccelteolum  monjlravit  claudere  curvo  , 

E  ernie  e ,  dpc. 


GajpenA,  i» 
vita  Peircm 

L-i.de  Qh*' 
dr.  Óvtg, 

C,  X4» 


Safrie.  ye» 
fatr.  P.  JL 
f.  ii6. 


L.  3,  Lyrie] 
Od,  u 


L.  Ltg, 

€  hry forne- 
leid.  V, 


Jcd  Berg.l, 
3.  Betiati  V. 
486. 


D 


2  Ol- 


F.  Métut. 
m  jiàdg, 

l.t.  Difhttr. 
£Ug.9‘ 


t-Ug.Didttt, 

li.g.iU^‘^9 


C^nt.yj, 


T>e  Qyddr. 


L-r-vdr.  £, 
gigr.  123. 


'^Idr.  Or. 
ntth.  l.  I.  de 
^qutl.in  Gff* 
nere  p.  41. 


,5g  ;  Mt^SEOCOSPl  ANO 

a  Oltrecciotuttcpaffanoincibohumano,  che  prefo  in  poca  quantità,  ò  di 
rado,  a  molti  cagiona  dolor  di  ventre:  ufato  abbondcvolmente  ,  guari/ce  da 
di  verfe  infermità;  onde  corre  in  proverbio  Tefludiniscarnem^auttde ,  dut  non^ 
ede.  Quindi  Enr.co  Farnefe  Eburonc  alia  Teftuggine  cucinata  in  vivanda  iopra- 
kriilc  AVT  EDE,  AVE  NON  EDE,  Giova  l’uio  delle  loro  carni  parti¬ 
colarmente  a  i  Tifici  ,cLicnofi:  c  le  Ova  conferifcono.achi  patifee  di  mal  ca¬ 
duco.  E  rolTervò  tra  gli  altri  Gio.  Orfino  Veronefe,  Medico,  c  Poeta  Laurea¬ 
to  ,  che  ne  pronunziò . 

Manfi,  fhthfim  f  utrem ,  dr  durum  Tejìude  Iknem 
Solvit,  é"  Ova  facro  funt  medicina  malo. 

Edaqueftopurgiovaillorofiele,comeancoa!le  angine.  Il  cenere  della  cor¬ 
teccia  dilTecca  le  ulceri ,  ed  il  fangue ,  ridotto  in  polvere ,  giudicali  alleffiterico , 
e  per  tale  vien  da  taluni  propofto  contro  i  morfi  delle  Vipere,  e  le  punture  de  gli 
Scorpioni . 

5  Del  primo  genere  nel  Mufeo  v’hà  il  Cadavero  d*  una  TESTVGINE 
TERRESTRE ,  delle  maggiori ,  col  capo ,  Se  i  piedi  fporti  in  fuori  in  atto  di  ca¬ 
minare  lenza  quella  tema,  che  in  quelli  /Animali  defcrille  iinoRro  Lami,  can¬ 
tandone  . 

^jjal  TeHtigìne  fcarca  di  timore, 

che  fuor  del  nicchio,  per  cibarjì  Jlende 

La  Jlrozz.a  ,  indi  fentendo  alcun  rumore ,  ^ 

Quando  piu  fola  al  pafcolare  attende. 

In  fe  V  accoglie,  nc  la  f pinge  fuor  e. 

Sin  che,  ceffate  il  grido,  ardir  non  prende, 

4  Hà  la  Gufeia  tutta  variegata  di  giallo,  e  nero,  come  la  pelle  della  Sala¬ 
mandra  (eh’ c  pur  Quadrupede  Oviparo)  nella  corteccia  fuperiorc  molto  fimi- 
le  alle  Tellugini  Marine,  che  fi  delcriveranno  .  La  giudico  femina  ,  haven- 
do  la  Icorza  inferiore  piana,  non  cava,  qual  viene  attribuita  a'mafchi  dall’ Al- 
drovandi.  Servendo  loro  tal  corteccia  di  feudo  ben  forte,  anzi  di  tutta  arma¬ 
tura  (mentre  ONERAT,  SED  ARMAT  ,  come  vi  foprafcriffe  1’ Arcfio 
in  una  Imprefa,  e  non  fi  fchiaccia  nè  meno  fe  vi  forpaffa  un  Carro  ben  carico  ) 
&  infieme  di  cafa  portatile  per  ripararli  contro  le  ingiurie  dell’aria,  è  notabile, 
che  ciò  nulla  gli  giovi  contro  gl’impeti  de  gli  Vccelli  rapaci  ;  onde  è  ragio¬ 
nevole  la  querela  di  quella  Teftugme  preffo  il  Carcera  gentil  Poeta  Siciliano, 
cioè . 

Grandinet ,  atque  pluat,  domus  ejl  mihi  concava  Cortex, 

Hojlis  ab  injidiis  qua  tegor,  hac  Galea  ejl . 

Nec  taman,  heu\  reparat,  eum  me  Jovts  arripit  ales. 

Illidit  fixo,  dilaceramqtie  verat . 

5  Che  però  quella,  fenonfulTc  memorabile  per  altro  (benché  Soggetto  di 
tutte  l’erudizioni  raccolte  nell’Iftoria ,  che  ne  porta  l’Aldrovandi  ,  e  per  lui 
l’ Ambrofini ,  che  la  terminò)  lo  farebbe  di  vantaggio ,  per  eflere  Hata  della  di  lei 
fpezie quella,  che  fervidi  fulmine  all’Aquila  autrice  innocente  delia  morto 
d’Efchilo,  il  Padre  della  Tragedia,  mentre  vedutolo  fedentcalio  (coperto in 
atto  di  fcrivere  ,  e  creduta  faOo  la  di  lui  Telia  calva,  lafciò  piombarvi  fo« 
pra  la  Tellugine,  che  haveva  tra’  piedi,  perche  fi  IrangelTe  la  di  lei  cortec¬ 
cia  ,  da  cui  rimale  miferamente  opprelTo  il  Poeta  ,  come  fcrivono  Valerio 
Mallìmo  ,  «Se  Eliano  ,  ed  in  perfona  di  lui  vien  deplorato  dalla  melica  Mula 
del  gentiLlfimo  Giuleppe  Battifla  nella  Terza  Parte  delle  fue  foavilTimo 
Poefie. 


Scrivo 


L  I  S  K  0  •PRIMO.  tAP.  IX. 


Scrivo  lungi  da  I'  ombre t  affnche  ofcuri 
De  le  pagine  mie  non  fiano  i  fenfi. 

Scrivo  del  Sole  appref^o  i  rat  piu  puriì 
Ter  che  lumi  a'  miei  fogli  il  Sol  difpettfi. 

Ma  regio  Atigel  mi  ruba  i  dì  futuri,  ' 

Navigando  de  /’  aria  i  mari  immenf, 

E  m'  avventa  sii  V  crin  fatali  auguri. 

Mentre  ne  /’  altrui  fato  avvien  eh'  io  penfl 
Dal  muto  fango  de  f  Oblìo  riforte 

L'  altrui  Tragedie  iniquo  Ciel  fo Henne, 
che  a  la  Tragedia  mia  fuf ero  forte. 

Come  chi  per  morire  a  vita  venne 

Non  dirà  che  veloce  hor  fa  la  Morteì 
S'  oggi  la  Morte  mia  vien  su  le  penne? 

6  Quindi  argomentò  difficilmente  fcanfabili  gl’ infortunii  l' Abbate  Eufebio 
Sarrini Fiorentino,  Ciftercienfe,  che  ne  gli  eruditiffimi  ozii  della  fua  Pallade 
tràlePociìe,  Epìgr.  LXVI.  cantò. 

Mfhjlus  ut  caveat ,  quem  Tata  minantur  acerba  » 

De  Coelis  iclum  ;  te  eia ,  laremque  fugit , 

Cumque  fenex  calvus  fronte  apricatur  aperta . 

Tefnf  illift  fdere  lapfa  caput , 

Hanc  aquila  ex  alto  jecit  decepta  nitore 
Calvitii,  hoc  flicem  fulva  putabat  avisl 
Sic  periit  Vates Igitur  folertia  nulla 

Nos  quocunque  trahunt  Tata,  cavere  poteHÌ 
^opra  di  che  gentilmente  fcherzòcon  alcuni  Epigrammi  il  P.  Carlo  da  S.  Antò¬ 
dio  di  Padova ,  delie  Scuole  Pie  ,‘de’  quali  cadea  propoficodi  queftoluogo  ilfe« 
gueute  nelLib.TV.  Fp.  25.  delle  fue  Mufe  Anconitane, 

ffchyltts  orbe  latens  fovea,  manet  aquore  campi. 

Ex  alto  nequid  decidat,  atque  necet, 

Vnguibus  afl  Aquila  Tejhtdo  excufa,  putantis 
Ntidaturn  cernit  quod  caput  ,  efe  petram. 

Percutit,  effringitqiie  caput ,  per imitque  Poetam, 

Seque  docet  cunelis  Mors'  habitare  locis ,  ' 

7  Par  che  sikida  a  quello  facto ,  ma  tutto  altro  riguarda  quella  Tcftugine, che 
tra  gli  artigli  d’ un’ Aquila  volante  fula  li  vede  nelle  maellofe  Porte  di  bronzo 
dei  Domo  di  Fifa ,  col  motto  FEROR  VT  FRANCAR,  lìmboleGgiando  la 
pompa  ,  con  CUI  lù  ricevuto  Grillo  in  Gierulalemme,  che  terminò  poTcia  nella 
criideliffiraa  Tragedia  della  di  lui  morte.  Ma  le  qui  la  Teftugine  è  una  cifra 
della  Pietà  de’  Tolcani,  altrove  figurata  accennò  la  (ingoiar  Prudenza  declo¬ 
ro  Sereniffimi  Principi ,  de’  qua  i  fù  Emblema  la  Teftugine  con  una  vela  fpiega- 
ta  sò’J  dorfo,  e  la  lopralcritca  d’ Augnilo,  FESTINA  LENTE:  comedi 
Cofimo  Primo  Gran  Duca  fù  Imprela  la  Teftugine,  che  s’aggrappa  alla  cima 
d' un  Monte,  col  motto  TARDE,  SED  TVTO .  Sentimento, cheda Gilberto 
Ducherio  Poeta  Francefe  così  fùlpiegaco  in  un’ Epigramma  a  Claudio  Guerra 
Lorcnele. 


^ui  vehemens  nimium  rebus  ffinat  agendis , 

Sapius  optatis  fallitur  ille  fuis  , 

^ua  T efiuào  nequit  greffitm  domi  porta  citare , 

Optatum  attingit  tandem  aliquando  locum, 

D  a  TeRina- 


Picinell, 
Alód,  Stmb, 
l.  6.  c.  7. 
««188.189. 
190, 


L.uMfz  54 


Ornith.T.u 


ferrar.  Son. 

i8. 


L,  4.  Chrijt. 

V.  IO. 


40 


M  y  S  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 


Fejl inare  igitur  nos ,  Guerra  y  f/aramia  lenti 
i^dmonet ,  ac  fnbito  non  properare  gradu", 

8  Succedono  alle Terreftri  le  TESTVGINI  MARINE,  deile  quali  ve  n’hà 
alcune  di  fingolari  nel  Mufeo .  Ma  perche  quelle  non  polTono  viver  gran  tempo 
fuori  dell'acqua ,  al  contrario  del  Crocodilo ,  e  dell’ Ippopotamo ,  che  dimora¬ 
no  in  terra  quanto  loro  aggrada,  fi  trasferifee  il  favellarne  nel  Trattato  degli 
Acquatili  Sanguigni. 

"De  gli  Animali  Aerei,  e  fi  a  de*  Volatili ,  e  fri  ma  dell'  Aquila  Mamteodiata^ 
Cicogna ,  e  Gallo  d*  India  Pennachiuto  .  Cap.  X. 

1  Opo  gli  Animali  Tcrrefiri  del  Mufeo  ci  fi  olFerifcono  ad  olTervare  gli 
!..>/  Aerei ,  ò  diciamoli  Volatili ,  per  comprenderne  tutte  le  differenze  fotto 
un  nome  .  De’  quali  altri  fono  Animali  perfetti ,  come  gli  Vccclli  propriamente 
chiamati,  che  dicevolmente  fi  foggiungono  a’Qiiadiupedi  ultimamente  deferit- 
ti ,  gii  che ,  come  quelli ,  partorifeono  le  Ova  ;  altri  fono  imperfetti ,  come  que¬ 
gl’ infetti , che  godono  l’ ufo  deH’ali .  D’alcuni  dc’quali ,  che  vcdonfi  nel  Mu¬ 
feo  ,  per  la  femplice  prerogativa  del  volo  lì  dirà  qualche  cofa  dopo  gli  Vccclli , 
quantunque  1’  ignobilita  loro  richicdelTe  ,che  non  le  nc  faccHe  memoria ,  le  non 
dopo  tutti  gli  Animali  di  miglior  condizione. 

2  TESCHIO  d’ AQVIL  A,il  di  cui  Rollro,corrifpondendo  in  tutto  a  quello, 
che  fi  trova  figurato  nello  Scheletro  dell’Aquila  Prima  dell'  Aldrovandi ,  lo  ma¬ 
nifella  levato  da  un'lndivìàuo  di  Cri/iieto,ò  fia  Aquila  dorata,  ò^ìii  tollo  Fulva, 
Ja  quale, tra  le  dodici  diverfità  fpecifichcaflcgnarcnedac]uel  fecondo  Arillotelc, 
è  la  più  nobile  , come  la  maggiore , e  più  vigorofa.e  la  Regale ,  che  per  la  fubli- 
mità  ,  preftczza,c  durazione  del  volo,  con  cui  di  gran  lunga  forpafla  tutti  gli  al¬ 
tri  Vccclli, fù  creduta  poggiar  fino  al  Ciclo  ,c  fomminillrarc  i  fulmini  a  Giove. 
Per  la  qual  proprietà  non  meno,  che  per  effere 

l'ijla,  che  contro  il  Sci  pur  ft  difende. 
fù  pnfeia  cofli'uita  fìmbolo  de’ più  fublimi  Intelletti:  c perciò  dalla  Teologia 
C  n'tjana  attribuita  al  più  follcvatodegliEvan ’clilli,  di  cui  la  fclicilfima  Penna 
di  Monlignor  Vida  notò  a  quello  propofito . 

..,r  —  MI  .Mi  — —  attimo  mortalia 
Paulatim  ,  ehlitufque  hominem  ,  penetralia  Divùm 
Mente  fnbit ,  Coelum  peragrans ,  fruiturqtte  beato 
Caelitum  afpeBu,  omnspctcntique  atheris  aura, 
c.yldmiff'us  fuperam  depafei  lamine  lucem, 

Inque  Deo  tota  dcfi.xns  monte  moratur. 

.^lalis  ubi  alta  petens  terris  aufertur  ab  imis 
^iiluum  Regina ,  vagas  fp aliata  per  auras 
T)at  plattfim  gyro ,  atque  in  nubi  la  conditur  alis . 

AEtherca  ')amque  illa  plaga  lex  is  infat,  cÀ  acrem 
Intendens  aciem  criniti  in  imtina  folis 
Sifpicit,  obtutuque  oculos  fina  haret  acuto. 

Qjjindi  ofai  di  Icriverne . 

G IOVANNI,  Aquila  fci ,  cLe ,  il  Ciel  varcato, 

L'  Eterno  Sol  a  vagheggiar  volafli , 
che  dupor  pofeia  e ,  Je ,  ferivendo ,  hai  data 
Si  fttbiime  IL  PRINCIPIO  a  Divin  Falli? 

MA- 


linqucns 


3  MANVCODIATA,  ò  fia  VCCELLO  di  PARADISO,  della  prima  fpe- 
zie  propofta  dall*  Aldro va.7di ,  con  la  cui  defcrizzione  corrilpotide  in  ogni  par 
te ,  fuoriche  nell’  elfere  Apode ^  come  la  chiamarono  alcuni ,  cioè  fenza  piedi,  co* 
Hielacredelo  ftcflfo  Aldrovandi,  con  altri  accennati  da  Antonio  Marta  Colpi, 
Segretario  dei  Screniflìmo  Granduca  diTolcana,  nel  {\xoGitidkeCriminalìà», 
dato  in  luce  dal  Dottor  Ottaviano  Carlo  Colpi,  Cavaliere  deirilluftriilìma,  e 
Sacra  Religione  di  S.  Stefano,  fuo  Nipote.  Conciofiacofache  quella,  la  quale 
nel  Muleo  fi  vede  benilsimo  conlervata  lotto  una  campana  di  cnllaJIo ,  bà  le  lue 
gambe, à  i  piedi  naturali.  Felsi  in  quattro  deta,  delcritte  dal  Vormio,  con  le 
Ugne  curve  a  guila  de  gli  VccelJi  rapaci ,  come  dimoltra  l’imagine ,  che  le  ne 
porfa .  Alcuni  l’ appellano  lemplicemcnte  P ar adifo  tcome.  il  Marmi  in  quei  ver- 
lodel  luo  maggior  Poema 

Di  Pureidifì  per  pennacchio  nn  èofeo. 

citatodal  Sapricio  nel  Veratro.  Altri  Camaleonte  Aereo  ^  portando 

opinione ,  ch’ella  fi  cangi  di  colore,  non  altrimente  che  venga  creduto  del  Qua¬ 
drupede  di  tal  nome.  Furono  quelli  Vccelli  incogniti  agii  Antichi,  come  Ico* 
perti  loìo  col  Mondo  Novo .  Si  trovano  per  relazione  del  Giulio,  nelle  Ilole 
Papue,  Arou.  I  Principi  delle  Molucche  gli  tengono  ih  particolar  venerazio¬ 
ne  chiamandogli  Man-codiate ^  cioè  Vccelli  di  Dio,  per  la  fingolar  bellezza  lo¬ 
ro;  auzicredefiin  quelle  Ilole,  che  cht  porta  leco  delle  loro  penne,  non  polfa^ 
elTere  ferito.  Il  che  p; elio  noi  Europei  merita  quella  fede,  che  fi  preda  a’ 

Sogni  d'  Infermi,  e  fole  di  Romanzi . 

E'  fama  che  voli  lopra  le  nuvole;  a;, zi  gli  Allronomi  l’ hanno  fatto  volar  tant’ al¬ 
to,  che  r  hanno  affido  al  Cielo  Stellato  nella  XVIII.  Coftellaz'one  Aullrale  che 
èia  III,  delle  moderne , di  cui  Icriflfc  Paolo  Merula  Avis  Paradijì  fub  Triangolo , 
Stellas  habet  dmdecim ,  inter  tjuas ,  dr  quinta ,  fexta  mag'nitudinis  una  ejl  ob/ctira 
in  collo ,  T rigonem ,  Novitium  minorem  dorfo  geflat  ex  trtbus  Stellis  quinta  clafis , 
La  qual  Figur.^,e/prefla  in  lltarua  ne  gli  Orridi  Raconigi  del  Principe  Tomaio  di 
Savoia,  fervi  al  Cavalier  Telaurodi  corpo  d’ Emblema,  a  cui  lottokrilsc ,  in 
conformità  di  ciò  che  nc  crede  il  volgo. 

Hac  quoque  ad  Aftronomos  alio  venit  Ales  ab  axe. 

Syrmate  fulva  humeros ,  Bemmate  flava  caput . 

Hac  fomno ,  pedibujqtte  carens  ,  non  oda  pennis. 

Non  oculis  requiem ,  non  capit  ore  dapes  . 

Confmilis  Regum  volucris:  quorum  integra  laus  ejl 
Cura  vigit ,  ffeus  fohrìus ,  haud  requies, 

D  3 


O^nith.T.V 

l  12.  C‘  22, 
f.  8io. 

Crim,  , 
P.  2.  C.  J9. 

»«  17.  ed, 
Flar.lédil  4. 


£.  il  Muf. 

t. 


C,  i€.  142^ 

Sap,-.VÌrat, 

P.J/.f.ill, 


in  Autieri 
P-  5^9- 


£.  z.Cel"- 
megr,  «ìì» 


Nell'  Occh, 
Artftot.ver^i 
f»  il  fine 


4  Det 


41  M  r  s  E  0  C  0  S  P  l  A  0 


4  Della  Manucodiaca  di  quello  Mufeo  ne  fi  nobii  menzione  il  Conte  Gafpa- 
^*a«no^ntt  Bolognefe ,  in  vn  Sonetto  da  lui  fcritto  per  la  vifita  dello  ftefso  Mu- 

^eofattadalSerenifs.Alfo^^oDucadiModana.  Ed  eccolo.  / 

D£/  'Tofeano  Guerrier  tutti  gli  arne/ì , 

Di  cui  per  M^dre  e  riverito  Hcrede , 
chiaro  Signor  ^  che  nel  Senato  ha  fede  , 

^ut  d*  intorno  ne'  muri  bave  fofpejì. 
ferche  tiene  d'  honor  gli  fpirti  accefi ^ 

Con  mill'  altri  di  pregio  il  dono  ei  diede . 

Doni,  i  più  bei,  che  ’l  fuolo ,  c  'I  Mar  concede 
Sovra  dorato  pie  volle  diliefi . 

Lei  tanti  oggetti  à  parte  dejlra ,  e  manca 
Pien  di  ferenita  riuolge  il  vifo , 

Ne  di  tnirar  1'  ESTENSE  twqua  fi  sì  anca. 

'^uf  di  in  alto  fialir ,  fie  ben  m'  avvifo , 

Ogn'  alma  apprender  pub.  1'  ^<^7LA  BIANCA 
S'  avvicina  à  T AFGEL  di  PARADISO. 

Pf.  5  Gamba,  contuttalaCofcia.e’l  Piede d’ una  CICOGNA,  d’altezza  più 
che  ordinario,  per  cui  di  vantaggio  fi  feorge  la  ragiont‘,di  chi  fcrifse  crnre  Ciconia 
longo.  Meritaua  qui  luogo  non  lolo  perefsere  parted’un’ Vcccllo,  che  di  rado 
coltili  vede,  e  perche  la  nerezza  della  fua  pelle,  c  d’ alcune  piume,  che  vi  lono 
rimafte,  fanno  contrapofto  all’Epiteto,  che  gli  diede  TOmcro  Mantovanom 
quel  verfo 


'iPGtetg. 


fmil. 


In  Avib, 

Syrtad.  l.  4. 
^.231. 


AUr.  Im. 
£mbL  i7* 


Candida  venìt  Avis  longis  invifia  colubris.  ^ 

ma  ancora  per  la  fama,  che  gli  hà  partorito  quella  fingolargratitudine,cb’egli 
ufa  verfo  i  fuoi  vecchi  progenitori,  procacciando,  c  portando  loro  il  cibo ,  giuda 
ifentimentidel dottilfirno  Alciati nell’Emblema  intitolato  Gratiamrcftrcndam . 
\.^erio  infignis  pietate  Ciconia  nido 
Irtvefies  pullos  ,  pignora  grata  fovet . 

T ali aqne  expellat  fibi  munera  mutua  reddi, 

K^uxilio  hoc  quoties  mater  cgtbit  anus. 

Nec  pia  fpem  Joboies  fallit ,  fied  feffa  parentum 
Corpora  fert  humerss,  prafiat  ore  cibos. 

6  II  che  fù  cagionejche  quello  Vcccllo  fuifc  propofto  per  fimbolo  della  Picta, 
c  per  tale  fcolpito  sù  la  cima  de  gli  Scettri  de’Rè  dell’Egitto, per  contrapollo  del* 
l’Ippopotamo,  che  come  Geroglifico  dell’ Empietà  veniva  figurato  nel  tondo 
de’ medefimi  Scettri,  come  ne  avvila  lo  Scoliaflcd’Ariltofanc,&  il  Pierio.  Al 
che  gentilmente  allufe  il  Poeta  Bargeo ,  deferi  vendo  lo  Scettro ,  che  lù  donato  ? 
Goffredo  da  Colomano  Rè  di  Polonia . 

Tum  vero,  quando  tlle  aliud  nil  majus  habebat  % 

Goffredo  jubet  inclufum,  fulvoqtie  decorum 
JEre  dati  Sceptrum,  cujus  pars  ima  frementem 
..  Defuper  urget  Equum  hili  genitoris  alumnum. 

Parte  autem  in  fummo, ,  rofireque ,  ctque  unguibus  hydrum t 
Jpjiem  pia  defello  jandudum  atate  parenti 
cAffirat,  ales  habet  diris  invifa  Colubris. 
pi  che  il  Giunio  nc  fece  Emblema  col  motto  Coercenda ,  &  extìrpanda  impietosi 
(ottoferivendovi 

Hodis  colubris  ales  inpdet  feeptro, 

^ubHrata ,  quod  Nilot  Equi  premit  tergul 


Domat 


LIBRO  •PRIMO.  CAP.  X. 


Domat  fu  porlo  Si  impiofqne  proculcat 
sceptrum  aquitatis .  noxiojque  confumit. 

E  così  appunto  tà  la  Cicogna  co’  ferpenti,  diftruggcndogli ,  ove  gli  trova,  come 
accennano  i  fopracitati  Poeti ,  onde  nella  Tenaglia  un  tempo  non  fu  men  capita¬ 
le  l’uccidere  una  Cicogna,  cheun’huomo. 

7  Si  vedono  frequenti  nel  Paefe  de’ Grigioni ,  dove  fù  prefa  quefta ,  della  cui 
Gamba  mi  regalò  il  Sig.  Francefco  Scarfelli  Dottor  di  Leggi ,  Bolognefe ,  Segre¬ 
tario  di  Montìg.  Cibo  Nunzio  Apoftolico  in  quelle  parti,  e  Poeta,  i  di  cui  GENII 
mi  traflero  dalla  penna,  ma  più  dal  cuore  quelli  lenii. 


ifa'yKifKt,  NeW,  Tiìr  ivvctf  tur»  ' 

*V  et vii  itJvt 

MnVe  irha.vSit.iu,  ìtav  /xiAear  voi  inèìvoe  o  Aetlfiuv  i 
tìV  fify  'io'ts  2o»/iceVwf,  MAViivéKav  re  TIkatui» 
ò  fìa  luvenum’,  Francifcci  tibi  tam  dexter  Jpollo  efiv 

Vt  rear  ipjìus ^  quod  mihi  fundis  .  Epos, 

Nec  fallor,  tilt  duna  GENIOS  is  fufficit  omnes. 

Vatibus  ut  T hufcis  fis  Plato ,  fis  Socrates  . 

8  GALLO  d’ INDIA,  di  perfetta  corporatura,  ma  ragguardevole  fopra  i 
nollrali  per  una  gran  Creda  di  penne  grigie  Icure ,  che  gli  orna  il  capo ,  e  gli  fer¬ 
ve  e  di  Cimiero ,  per  addittarlo  guerriero  (quali  appunto  deferi  ve  que’due,  che 
olfervò  rivali ,  &  ammirò  con  grand’  ordine  combattenti  S.  Agoftmo  )  e  di  coro¬ 
na  per  farlo  conolcerc  il  più  odcrvabiie  nella  lua  fpezie ,  a  cui  di  tale  ornamento 
iiop^oermife  l’ ufo  la  gran  Madre  Natura ,  contenta  d’ haver  affido  fopra  il  rollro 
Jà!  ‘1  uno  di  quelli  Individui  una  Innga  creda  di  tenera,  e  mobil  carne,  &  in¬ 
gemmatone  il  colio  di  vivi  coralli.  Di  tale  abbigliamento  privilegiato  quello 
Gallinaccio,  di  cui  le  ne  porta  la  figura  nella  Tavola  feguente  al  numero  1. 
potè  gareggiare  di  bel¬ 
lezza  co'  Pavoni,  van¬ 
tando  non  meno  d’  elli 
agguerrito  il  capo  d’ e- 
minenteCimierodipiu 
me,  che  occhiuti  i  vanni 
per  emularne,  fpiega 
doghila  macdola  p 
pa  ,ch’e’fanno  delle  1 
ro  vaghifsime  penne  , 
già  che  la  Madre  com¬ 
mune  a  tutti 

---  gemmis  caudam 
fellantibus  implet, 
così  nella  piumolaGhir- 
landa  di  quedo  Pollo 
fembrache  la  Natura.., 
fcherzando  jhabbia 
luto  difcgnarci  alcuni  li¬ 
neamenti  di  certa  razza 
di  Galli  d’ India,  che  ol¬ 
tre  la  commune  creda  di 
carne  tutti  ne  hanno 


In  At.htna» 
poti. 


De  órdine 
i,  c  \  a. 
hanc  ad  rem 
V^M.T.Be. 
ro  l.  3.  Rufi, 

Vff;  5S*  «Si 
firn- 


Pool,  enftfs, 
Smbl.yf, 


iMeià 


V,^zl, 


altra  di  penne  gialle:  ma 


fono 


'44  nySEOeOSPlANO 

fono  di  fpeiie  different,  di  quefto ,  fpotgcndo,  fenzo  edere  '■ 

....  d. 

Gio.  Carlo  Cardinale ,  conlervandone  il  Ritratto  al  naturale  nel  Mule  . 
* 


D' alcuni  Vccelli  Mepuofi.  Cap. 


XI 


f.  J^4 
Tab.  xtv. 


fi  5«^. 

368.  ^69. 
T4tb.xv.xvi 

mVH.tXV$tÌ. 


f.A-iS. 

^/iuf . 

r*  iS. 


Caler.  Set- 


Bende,  /•  t. 

f-4*f  J«3* 


'1  T^OLLO  d-OCA  QVADRVPE,  come  lo  dichiarano  1  QVATTRO 
Jr  PIEDI  perfetti,  che  gli  diede  la  Natura  .fituati  a  coppia  a 

poco  più avantfdel  petto  lolko,  e  due  poco p.u dopo,  1 

Lrfi  pofteriori ,  come  i  precedenti, anteriori ,  mentre 

togreLe  di  quefto  Augello ,  che  quando  era  vivo  f 

me  de’ Quadrua  pedi .  come  dall’ Ambrofini  viene  elpi  ella  quell  Oca  d  quat  ro 

piedi ,  ^lui  piu  volte  veduta  in  Bologna ,  v.lTutavi  pin  arm .  .  f  gl^erco , 

come  cola  ftravagante,  mentova,  &  adduce  figurata  nell  Ittcria  de  Moftri  del 

^  ^a'^vIdrquVfto  Pollo  Quadrupede  anco  il 

bafi  del  vafodicriftallo,chelocontlene,  vinotodilua  mano  ^  ‘ 

SERINVS  ^ABRVPES\  e lenon lomentovonclle  lue  Cure  Anaoi  c  ,  » 

per  mio  credere ,  perche  non  glie  ne  lo  vvenne .  Cunofita ,  che  oflcrvata  m  qu  - 
fto  Mufeo ,  non  lafcia,  in  chi  con  l’occhio  in  ella  fi  fila ,  il  de.iderio  di 

fpoglia  di  queir  Oca  di  quattro  piedi,  che  LI  lo  e  da 

da  lui  veduta  :  ò  quell’  altre  due  ottervate ,  c  raccordate  da  Alberto  Ma^-iJ,  c  da 
Corrado  Licoftene  A.  D.  Di  fimili  ttravaganze  ne  ha  talvolta  ^ 

genere  delle  Colombe ,  e  quello  de’  Cardellini ,  come  leggefi  nella  ludetta  Itto- 

ria  dell’ Aldrovandi , ove  le  ne  vedono  anci)  le  figure.  r^vp  tF<;tF  e 

2  POLLO  di  GALLINA  nottrale,  coi  collo  divilo  in  DV  E  TtM  t  »  c 
perciò  proveduto  di  quattro  occhi,  e  di  due  roliri,  l’ uno,  e  l’altro  de  quali  egual¬ 
mente  lerviva  all’ animale  vivente ,  che  per  amendue  rclpirava,  e  ''OC'lcrava. 

Era  nel  rimanente  perfetto;  onde  pare,  che  nella  di  Im  africa  ^  ^  didue 

formare  un  Pollo  di  due  cor  pi ,  forfi  per  eflere  ftato  1  Ovo ,  da  cui  nacq ac ,  d  i  due 
rotti ,  ò  torli  ;  ma  unitafi  infieme  la  materia  di  due .  ne  formo  un  lolo  con  dee  ca¬ 
pi ,  meglio  d.ft  imi,  che  nel  Pulcino  da  due  Roftri  figurato  f  !l 

drovandi  lotto  il  titolo  Pullus  Ejrrhimhos-.  ove  fi  leggono  gli 
Polli  di  due  capi,  nari  in  Bologna ,  &  altrove .  Ne  raccorda  un  fimi.e  il  V o  rn  . 
ma  imperfetto, come  quelloche  prima  del  tempo  di  r^akere  mori ,  e  lu  eklu  o 
dal  gukio.  Moftruofità ,  che  in  altre  forti  d’animali  e  accaduta ,  e  Ipezi-Im  me 

sù’lBologncfe nell’ Agnello lopramentovatodeirilluftnttimo  Tomaio Co.pi, 

che  nacque  tutto  nero  con  due  capi ,  e  due  code ,  anzi  bave  va  cinque  piedi  per 
tacere  del  Vitello  di  due  capi,  che  fi  conferva  nel  Mufeo  dell  Aldrovardi ,  o 
d’ un’ altro  fimigliante,  che  fi  vede  nella  famo/a  Calerla  Settaliana.  ricordato 
nella deferizzione  di  quella  .ede  gli  altri  con  limile  moftruofità  mentovati ,  e  fi¬ 
gurati  ne’  Volumi  dell’  Aldrovandi.  Anzi  di  fimi  1  ftiavaganze  le  ne  fono  ener¬ 
vate  anco  nel  genere  de  gli  Alberi ,  come  in  una  pianta  di  Limoni ,  che  o  ve  u  a 
in  Bologna  nel  Giardino  del  Sig.  Montalbani ,  tra  le  cui  toglie  le  ne  trovo  una 

con  due  capi, ò  cime, eh?  perciò  fù  da  quel  grand  huomo  chiamata  a- 

ItetmDicephalo»  nella  Dendrologia  deli  Aldrovandi  con  quefto  no- 

liro  eitemporaneo  Dittico . 


Torma 


45 


L  l  'B  K  0  T  K  /  M  0.  CAP.Xll 

Forma  hiceps  Foly  replicat  Limonis  honores. 

Scilicet  ut  Cerebrum,  Cor  que  )uvare  queat. 

Belle  Ova  diverfe  \  Cap.  XII. 

1  On  gli  Vccelli  fono  da  mentovarfi  l’ Ova ,  come  Feti  de  ’  Volatili .  Tra  le 

V->  quali  per  grandezza  molto  ragguardevoli  fi  vedono  nel  Muleo . 

2  Quattro  OVA  di  STRVZZOLO,  che  è  iJ  Gigante  de  gli  Vccelli, e  lolotra 
tutti  col  piede  fcffo  in  due  unghie ,  che  fimigliano  quelle  del  Cervo ,  colle  quali 
talvolta  lancia  delle  pietre  contro  chi  lo  perfeguita.  Nazionale  dell’ Africa,  e 
fpeziaimenre  dell’Etiopia,  vi  crefce  a  tanta  moie,  che,  al  dire  di  Plinio,  palla 
l’alcezzad’un’huomoacavallo.  fiche  dall’ Aldrovandi  s’intende  lolo  ,  fé  lo 
Struzzolo  alzerà  quanto  più  polla  il  capo;  come  potei  olTervare  ne’ due  Struz- 
z  )li  mafchio,  e  femina,  ehe  dalia  msgnificenza  del  Serenifsimo  Granduca  di 
Tofcana  Ferdinando II.  furono  gli  anni  addietro  mandati  in  dono  al  Sig.  Mar- 
chcfe  Piciro Giovanni  Schinchinelii ,  Patrizio  Cremonefe;  i  quali  erano  sì  ro- 
bultt  ,chc  quantunque  non  havelTeropcr  anco  finito  di  crefcere,facilmenrercg- 
gevanosù  ie  fpalle  loro  un  Fanciullo,  verificando  per  appunto  il  detto  d’ Op¬ 
piano, che  deìcrivendo  quefii  Vccelli,  ne  notò,  come  Io  fpiega  il  Sodino  luo 
Interprete. 

oZ/cj  hic  ufque  adeb  eft  ingens,  0“  corpore  vaBtts, 

Vt  puerum  pojfit  gejlare  in  terga  tenellum . 

3  Ma  quantunque  cosi  fmifuraco  di  corpo,  è  animai  così  fcempio ,  in  compa¬ 
razione  di  tanti  Vccelli  p'ù  piccoli,  e  più  alluri,  che  non  lafciain  le  luogo  alla 
verità  di  quel  detto  ,chc  ma^or  virtus  in  ma\ori quanto  conjijlit  :  ò  come  l’ efpref- 
fe  queii^intico  Poeta Tofcano  contemporaneo  del  Petrarca,  Andrea  da  Pifa, 
feri  vendb  ad  Antonio  Pucci  Fiorentino,  in  quel  Sonetto ,  che  nel  Primo  Tomo 
delle  Rime  de’  Poeti  antichi  raccolti  da  Monlìg.  Leone  Allacci  gran  Riftoratore 
delle  buone  Lettere ,  e  delle  tré  Lingue ,  Greca ,  Latina ,  &  Italiana,  dedicati  al- 
l’ Accademia  della  Fucina,  fi  kggecon  quello  principio . 

Maggior  virtute  in  maggior  corpo  cape, 

E  maggior  corpo  vuol  maggior  falute. 

Avvegnaché  quanto  è  più  valto  di  corporatura  quello  Vccello ,  tanto  di  mente 
più  lloiido  fi  maiifeita,  mentre  per  renderli  invifibile  a’  Cacciatori,  quando 
Ranco  di  fuggire  lì  raccomanda  alio’ng’egno ,  non  altro  di  fe  nafeonde ,  che  ’i  ca¬ 
po,  appiattandolo  lotto  un’aia ,  come  accenna  Claudiano 

(i  jam  veBigia  retro 

Clara  fonent ,  oblita  fuga ,  fiat  lumine  claufo 
Ridendum  revoluta  caput,  creditque  latere, 
non  ipj a  videt . 

ò  ficcandolo  in  un  folto  celpuglio, come  notalo  Storico,  ò,  fe  altro  non  fiavi, 
nella  rena  :  e  credendoli  in  tal  guila  a  baltanza  coperto , befiia magis ,  quam  avis, 
lafcia  il  rimanente  delfuo  gran  corpo  in  veduta  di  chi  lo  fegue,e  ne  diviene  com» 
modilfima  preda,  /r-?, come  nedilfeTertuIliano,  dumin  capite  fecuraefl ,  nuda 
qua,  md]orefi ,  capitur  totacum  capite .  Onde  lo  Storico  teftè  mentovato  non  mi 
nor fioliditas  in  tanta  reliqui  corporis  magnitudine ,  cum  colla  frutice  occultaverunt, 
latere fé  fe'exifiimantium . 

4  La  grandezza  di  quell’ Ova  ,  che  fono  le  maggiori,  che  pollano  vederli, 
agguagliando  quella  d’ una  velica  di  bue  gonfia,  non  lafcia  bramadi  quell’Ovo 
artifiziale ,  che  ui  più  ova  infegna  a  cotriporre  li  Porca  nella  fua  Magia  Naturale . 

-  La 


PLl.iOk  c.i* 


De  Vertat, 
l.  3.  V.  368. 


f.  8. 


L.  2.  in 
Eutrop. 

Bari,  Bari. 
Georg.  Mo’ 
rat.  e.  6.  &. 
Ktcr.  del 
Sav  l 

ISiaccar.  tn 
Somn.Ntab. 
perad.  io. 

p■i^6. 

Be  VeUnd, 
Virg.tn  fitte, 
PI.  Icc,  cit. 
Worm.  /.J. 
Muf.  C.  21. 
M  o/ca  rd.l  3 
Muf.  74« 
Porta  i.  2. 
c.  15. 


Lte.  eh.  V. 
584. 


usidr.  L  ì. 
c.  i.  p.  387. 
O.M.Q.A. 
f.  iz. 


4^ 


^  S  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 


La  loro  fcoi za  di  color  d’avorio ,  lucida ,  è  dura ,  come  fe  fulTe  d’ oflfo .  Onde  Op¬ 
piano  l’agguaglia  a  quella  de’ Teftacei,  pronunziando  dello  Struzzo,  fecondo 
il  Bodino . 

Cvnm  immane  farti  ^  quod  tantus  com fleat  ales  y 
Idque  tegunt  quaqtiaverfus  testacea  faxa. 

Che  però  è  credibile  quello  ne  fcrive  Plinio,  cioè  che  i  Garamanti  fe  ne  formaf- 
fero  cappelli , e  zucchetti .  Oggi  fe  ne  fabricano  vali  da  bere ,  de’  quali  le  ne  ve¬ 
de  uno  nel  Mufeo  dell’ Aldrovandi.  V’hà  chi  fi  perfuade  che  le  Ova  di  fimili 
Animali , che ,  come  afferma  Galeno ,  ne  paitorifcono  da  ottanta ,  e  più ,  nakano 
per  virtù  della  veduta  della  Madre,  che  intentilTìma  le  guata:  ma  che  ciòfiafa- 
volofo,  lo  dimoftra  i!  medefi mo  Aldrovandi,  provando  che  nafeano  come  quel¬ 
li  del  Crocodilo ,  c  d’altri  Quadrupedi  Ovipari,  per  lo  folo  calor  vivifico  del  So¬ 
le  ;  e  fe  gli  Struzzoli  fono  talvolta  fiati  trovati  mirarle  fifamente,  ciò  eficrcj 
adivenuto percufiodirli,comecarifilmi  pegni . 

5  OVO  di  GALLINA  MOSTRVOSO,  poi  che  nella  di  lui  feorza  dalla 
parte  infima  più  larga ,  fino  quali  alla  metà  della  fua  lunghezza  rilevata  fi  feorge 
l’ effigie  tortuofad’ un  SERPÈNTE,  come  fi  vede  nella  prefente  Figura. 

Di  che  ne  può  eìTerc  fiata  cagione  l’ imaginazione  della  Ma¬ 
dre  ,  ò  perche  haveffe  havuto  temenza  di  qualche  Serpente 
ò  perche  ingordamente  nc  haveffe  divorato ,  ò  bramato  di¬ 
vorarne  alcuno, come  faggiamente giudicò  Pietro  VV’ctrcn-' , 
delio FilofofoTedefcod'un’Ovofimile,  ma  con  1’  imagine^ 

Serpentina  diverfamente  figurata,  ch’egli  donò  all’  Eruditif-^ 
fimo  Bartolomeo  Ambrofini,  da  cui  ne  fù  portata  l’effigief 
rei  VoIumede’Mofiri dell’ Aldrovandi .  Fù  di  fimilparere^^ 
il  nofiro  Dottor  Montalbani ,  che  nelle  fue  Cure  Analitiche 
figurò,  e defcrilTe  un’Ovo  di  Gallina  con  1* effigie d’ un  Lum¬ 
brico,  nella  pofiturache  qui  fi  vede  in  quefia  imagine  la- 
feiata  al  Mufeo .  Laqual  moftruofitàs’ è  talvolta  oHervata 
anco  nell’  intimo  delle  Ova, come  notò  il  dottiffirao  Liccti, 
che  allevò  in  fua  cafa  una  Gallina  co’  piedi  di  cinque  dc- 
ta ,  la  quale  tra  molte  Ova  ne  partorì  un  piccolo ,  in  cui  non 
fù  trovato  il  torlo , ma  in  fua  vece  un  Serpentello  ,forfi  ge- 
rerato  della  foftanza  corrotta  di  quello .  Cafo ,  che  fucccf- 
(e  anco  al  chiari (fimo  Medico  Fabrizio  d’ Acquapendente , 
che  nel  torlo  d’un’Ovo  cotto  vi  trovò  un  verme  di  riguarde¬ 
vole  grandezza  ,comerifcrifcc  lo  fieffo Liccti,  il  quale  pa¬ 
rimente  non  Folli,  ma  Serpenti  olftrvò  efcliidcrfi  dalle  ova 
d’un’altra  fua  Gallina  domcfiica,  ch’era  lolita  a  lafciarfi 
comprimere daun’Afpide  .  Ilche.pereffcrccflctto  dell’analogia , che  pafsatrà 
le  Galline  ,& i  Serpenti,  tutti  Animali  Ovipari ,  ò  diciarroli  produttori  d’ova, 
in  vigor  della  quale  il  Filofofo  ammette  facilità  di  pafsaggio  vicendevole  tra  un 
genere , e  l’altro  de’ collegati  percisa ,  può  infieme  fcrvire  di  qualche  probabili, 
tà  a  quelli ,  che  tengono  che  da  un’Ovo  di  Gallina  polla  nafccrc  il  Bafililco ,  che 
che  ne  dicano  altri,  che  fiimano  egli  fi  generi  dall’Ovodi  Gallo  decrepito,  con¬ 
tro  l’opinione  del  dottilfimo  Aldrovandi ,  e  di  chi  per  lui  terminò  l’Ifioi  iade* 
Serpenti;  havendomcn  difpofiezzaun  Gallo,  che  non  ha  l’Ovaja ,  per  partori¬ 
re  un’evo,  di  quella  fi  havefle  Leda  per  partorire  quelle  due  ovafavololc,  dall’ 
uno  de’quali  dicefi  cfler  nati  Cafiore,e  Polluce ,  dall’altro  Elena,  e  Clitennefira. 
In  propofito  di  che  non  è  da  tacerli  della  Leda  di  quello  fccolo,che  fù  una  Donna 

nella 


L  t  'B  n  0  p  n  ì  M  0,  ,C  A  P.  XII  t47 

della  Norvegia,  riferita  dal  Vormio,  la  quale  dopo  haver  partorito  dodici  fi¬ 
gliuoli,  de’quali  alcuni  oggidì  vivono, infermatafi gravemente,  incapo  d’un’ 
anno,  che  fù  del  MDCXIL.  con  dolori  ne’ parti  precedenti  non  piùprovan', 
elclufcdaii*  Vtero  un’Ovo,  di  chiaro,  di  rodo,  c  di  figura  in  tutto  fimilc  a  quelli 
di  Gallina ,  e’I  giorno  feguente  n’efclufe  un’ altro .  Ma  come  che  que’  dolori  fu¬ 
rono  eccitati  per  arte  diabolica,  così  quelle  Ova  furono  con  preftigia  fuppofte 
(onde  il  Vormio, che  figurò  il  fecondo  di  loro,  come  daluiconfervato  tra  le  al¬ 
tre  cole  del  Mufco,  lo  chiamò  OVO  MAGICO)  ed  è  incredibile , che  da  effe 
luveffe  potuto  nafeere  animai  ragionevole:  Che  però  il  Tindarodi  quefta  Le¬ 
da  ben  poteva ,  come  quell’  altro ,  fclamarne  col  Carrera . 

Monfiri  !  duplex  e  con  'ytge  Kajcitur  Ovum . 

Hic  no»  c  noHro  femine  partus  erit. 

6  OVO  di  GALLINA  CVRVO  in  forma  di  Citriuolo,  figurato  nella  for- 


y  Di  limili  Ova  moftruofe  fi  raccontano  da  taluni  virtù  magnifiche  :  ed  io  hò 
conofeiuto  un  Perfonaggio,  che  ne  faceva  grande  inchiefta  ,  per  cauarne  gli 
Eftratti ,  predicandoli  di  facoltà  miracplofe,  quali  però  egli  non  voleva  mani- 
fcftare.  Io  nondimeno  mi  perfuado  che  sì  gran  concetto  fi  rifolveffc  tutto  inlu- 
perftizioni, da  riderfene,  non  altrimenti,  che  faceffe  il  faggio  Rè  Filippo  II.  di 
Spagna.,  e  la  fua  Corte,  quando,  trovandoli  nelTInghilterra,  gli  fù  prefentato 
queir  Ovo  Magico  di  Serpente  ,  di  cui  l’Eroica  Mula  di  Franecfeo  Pietranegra 
Oemonefe ,  che  fù  il  Paragone  delle  Vene  d’ oro  de’  più  eruditi  Ingegni  i  nel  fuo 
.nobilPoemadclleNozzeBritanniche,nclafciòfcritto  queftp  Racconto  di  di- 
fegnó  Illorico,  e  di  colorito  Poetico,  meritevole  per  iacuriofità  d’efferequì 
riferito . 

Sed  cape  munus  adhuc  alijs  prajl antius  unttm^  ^ 

felix ,  ejuo  cunei  a  ibis  per  feda  heatus . 

Hoc  dido  arredi  proceres  cundi  ora  tenebant. 

Nec  mora',  cindum  auro  ful'vo  Magus  explicat  OVVM , 

~  ^uale  fere  Malum  modice  teres  exit  in  orbem. 

OVORVM  genus  hoc  Angues  (fìc  incipit  il  le) 

Colledi  in  numerum  Itnguis  vibrantibus  edunt. 

Hi  namque  arfifei  \ungunt  ubi  corpora  nexu , 

Sive  per  a/iatem  calidam ,  feu  vere  tepenti , 

Ova  fmul  fpumis  glomerant  y  fimul  ore  relamhunt  ^ 

Et  tenues  \adant  par  fìbili  dira  fub  auras» 

Tune  invedus  equo  purus  volitante  Sacerdos, 
i^ere  dum  pendent,  certa  per  tempora  Luna, 

Excipi^  illa  fago,  ^  rabidos  celer  ejfugit  hydros 

terga 


yVerm.  /.j. 
MuJ-  c.  ii, 
p.  3U.3IZ. 


L.  x.var. 
tfp.167. 


Paral.p.i^$ 
Jhid.  f.  12. 
&  13. 
O.M.C» 
Anal.i.ii. 


PJupt.  Brit. 
l.i»  V.  33i> 


O.  Motdlb. 
tn  DenAr. 
^^lA^  •  /•  2* 

rub.de  Prob, 
^tn  C«r. 
j4nal,  ptiSt 
VmI.  Chy 
mét.  Cdrm. 
tleMufc.P* 
fan.v.^^  ,ad 
eatcem  de 
Honore  Bi- 
felci  ; 


‘De'  Ctvk, 
Deil.ii. 

JA.  de  duab. 
Mfiimab.  co- 
traMMtch. 
^  •  4** 


4*  MP  S  EO  QO  SP  I  AN  0 

Tergn  remordentes i  diro  mortem  ore  minantes. 

Hoc  OVVM  rapido  _/?  merferis  amne  »  ridebis 
Protinus  adverfas  merfum  fluitare  per  undas , 
t.^tque  fuum  contra  vaga  flumina  flellere  curfum. 
x^ccipe  nunc  qua  fit  vis  admirabilis  OVI, 

Omnis  ab  hoc  uno  belli  Vici  oria  pendet. 

Hoc  duce  confertas  acies  ^  f or  tei f que  phalangas 
Delebis  i  villofque  trahes  in  vincla  Tyrannos, 

Et  formidatum  Romana  per  oppida  T urcam . 

Hoc  etiam  molles  aditus  facit:  invia  pandit 
Ky4triay  cf  ad  magnos  vocat  in  penetralia  Reges . 

Hoc  duce  vos  dudttm  vario  fermone  frementes 
Detinui  ,  facileifque  aures  prabere  coegi  . 

Dixit  y  &  antetulit  confcfta  per  agmina  grejfuniy 
Seque  via  comitem  fecit.  Rex  pauca  locutus 
Conticuit  y  densa  proceres  rifere  corona  y 
Et  vanas  artes  toto  exclufcre  theatro. 

D'  alcuni  Infetti ,  Cap,  XIII. 

X  T  A  Natura,  che  nobilitò  con  l’ufodell’ali  gl’ Infetti,  che  lìeguono,  gli 

P  a  privilegiò  ancora  perche  poteffero  co’  Volatili  annoverarfi ,  benché  alla 
baflezza  della  loro  condizione  fì  convenire  il  favellarne  folodopo  tutti  gli  Am¬ 
mali  perfetti  .  Fuori  de’  quali  ben  ponno  col  volo  follevariì  quelli ,  fe  ciò  aper¬ 
tamente  pretefe  quella  Propagatrice  delle  Mofchc  odorofe  di  Fifa  (  offervate  poi 
anco  in  Bologna  del  i  éSq.  e  dal  Dottor  Montalbani ,  e  da  me  parimente  che  cosi 
ne  fcherzai . 

Mofchum  fragrant  Mttfca  exilìere  Clcaca . 

Non  male  femper  olety  qticd  male  fempcr  olet.') 
alla  quale  in  faccia  d’ un  Giove ,  fece  dire  l’ cruditidìmo  V alerio  Chimentclh . 

i.^lis  nos  vehimur  quoque  y  nos  quoque  flndimus  athram. 

3  MOSCA  inunpezzod’AmbralavoratoafacccttCjincuifi  vedono  anco* 

radiverfe  feftuche , e  peli  d’ Animali .  L’clTcrc  quella  un’Infetto,  fe  balta  per 
dichiararla  vile  tra  gli  Animali ,  non  è  fufficiente  a  fupprimerne  il  pregio  in  mo¬ 
do,  che,  vivente,  non  haveflfe  potuto  contendere  di  nobiltà  con  tutte  le 
turcinfenfate,nonefcludcndoneil  Solemedcfìmo:  eciònona  giudizio  d  un 
Ateifta ,  come  fù  Luciano ,  che  ne  celebrò  una  con  un  Panegirico  ;  ma  d’ un  San- 
to,ed’un*Antefignanode’DottoridiSantaChiefa,  come  è  Agoftino,  il  qua¬ 
le  a  vifandoche^/«y^rf^e/?ji*^w/>4//^»/V,^«<<w«)//V  minimum  ;  plus  enim  formi 
cularumy(^  apicularumopera  ftupemus  ,quam  immenfa  corpora  balenarum  y  così 
ne  difeorre  confutando  i  Manichei:  x^tque  h)c  y  fi  forte  turbati  a  me  quat  ercnt  y 
num  etiam  Mufea  animam  huic  luci praferre  cenferem  ?  refponderem .  Etiani_i . 
N ec  me  terreni  Mujca ,  qubd  Parva  eli ,  fed  qubd  Viva ,  firmaret .  ^u  ari  tur  enim 
quid  tlla  Membratam  e  xiguavegetet  y  quid  huc,  atque  illue  ypro  naturali  appetitu  y 
tantillum  corpufculum  ducat  ?  quid  currentis  pedes  in  numerum  moveat  ?  quid  vo  • 
lantis  pennulas  moderetur  ,  ac  vibret  ?  quod  qualecunque  eft ,  bene  confider .enti¬ 
bus  y  in  tam  Parvo  y  tam  Magnum  eminet  y  ut  cuivis  fulgoft  per  It  r  ingenti  oculos 
praferatur . 

3  Ma  fe  quella,  morendOirlnnnzio  alPhonore  di  si  chiara  competenza, 
eftinguendofi  in  ella  quel  lume,  che  n’era  il  fondamento,  non  perciò  perdè 

tanto 


L  ì  B  R  0  ^  R  i  M  o:  €APl  Xlìl  49 

tanfo  dì  piegio  jchcla  fua  morte  non  larende^fe  più  (limabile  di  quando  era  vi¬ 
va,  facendola  colla  vita  fpogiiare  la  corruzione ,  di  cui  fi  refe  incapace  il  fuo  ca¬ 
davere  al  vefìitfi di  quello  balfamo  ,  che  lefcufa  nonfolo  di  fepolcro  affai  più 
nobile  di  quel  li  delie  Cleopatre,  al  dir  di  Marziale,  che  d’una  Vipera  cafual- 
mehte  (benché”  artifizio  vi  fcuopra  il  noftro  Galli)  rinchiufa  nell’ambra  cosi 
cantò  flentibus  Heliadum  ramis  dum  Vifera  ferpit , 

Fluxit  in  obUantem  fuccina  gemma  feram .  * 

.^ua  dum  miratur  pingui  fe  rsre  teneri^ 

Cener etù  riguit  vincla  repente  gelu. 

Ne  tibi  regali  placeas  Cleopatra  fe  pule  re  , 

Vipera  Ji  tumulo  nobiliore  jacet. 

Ma  Ic  ferveinfieaiediLucernaSepolcra!e,tantopiùriguardevole,qaantoche^ 
a!  contrai  io  delle  altre,  per  qualunque  (con volgimento  d’aria  non  può  eftin- 
^iicffiiidi  lei  Iplcndore,  che  fà  feorgerfi  il  racchiufo  corpo, quali moventefi, 
mentre  tutto  intiero  lieile  lue  membra  ftà  in  atto,  che  fembra  già  già  profeio- 
gliereilvoio,  verloicircoftanti,  come  la  Moka  d’ Omero, 

quamvis  iterum  humano  de  corpore  pulfa^ 

Vfque  rediti  morfu  petitura, 

E  quella  del  Chimentelli . 

toties  depulfa  petit,  repetltque  fugantem\ 

Politura,  in  CUI  fenza  dubbio  quella  Moka  fi  compok,  quando  inciampata,  ò 
cad  uta  in  quella  bituminofa  foftanza ,  menti*era  per  anco  liquida ,  procurava  di 
fvilupparkne  prima  che  li  congelaffe  :  ma  riukendoli  troppo  tenace  la  pania ,  vi 
rimale  prigioniera ,  e  prima  che  morta  ,fontuofamente  kpolta,come  lalormica> 
di  cui  parimente  Marziale, 

Dum  Fh  Atonte  a  Formica  vagatur  in  umbra 
Implicuit  tenuem  fuccina  gutta  feram. 

Sic  modo,  qua  fuerat  vita  contempta  manente^. 

Funeribus  falda  ejl  nunc  pretisfa  fuis , 

Equcll’altra  volatile,  dicuikrive  Iacopo  Caddi,  geotifPoeta  dell’ Arno,  che 
la  conkrvava  nella  fua  Ermatena  in  Fiorenza . 

Dum  volat  Heliadum  Formica  alata  fub  umbra. 

Incautam  ha  Ucrymis  deciduis  capiunt. 

Retia  nunc  valeant,  lacrymis  captare  volantes 
Si  datur,  aucupio  non  opus,  at  lacrymis, 

&  ad  imitazione  di  Marziale. 

Dumnemtis  Heliadum  propter  Formica  vagatur. 

Hanc  lacrymofa  pii  gurgitis  unda  tegit. 

Protinus  hyberno  durefeens  vinlla  rigore 

Formicam  perimit  gemma  nova ,  ac  tumulat. 

^jiid  Reges  jaSlant  Paria  de  mole  fepulcrttm^ 

Formica  radiat  nobilior  tumulus. 

4  Diverfi  MOSCHERINI,  ZANZARE,  e  loro  OVA,  con  altri  corpic- 
ciuoli  di  pagliuccie ,  fe  (luche,  e  Iquarci  di  tele  di  ragnateili ,  rinchiufi  in  ki  pez¬ 
zi  d’ Ambra  di  varie  figure,  portati  di  Polonia  dal  Conte  Gio. Carlo  Ranuzzi, 
Nipote  di  Figliuola  del  Sig.  Marchefe  Colpi  ,che  l’haveva  pregato  a  proveder- 
io  di  fimiiicuriofirà, da  quel  Regno,  dov’ era  Nunzio  Apoftolico  Monfig,  An¬ 
gelo  Ranuzzi  di  lui  Zio  Paterno  ;  quegli  di  cui  la  feliciffìma  Penna 
j.  -  -  ciò  che  la  G  allia,  e  l'Albione 

La  Dania,  il  Belgio,  e  la  Boemia  ha  in  feno, 

E  . .  Porti, 


Fine'.  Gali, 
lib.  de  Epìg. 
««.  2}0. 

«f-  S9> 


iliad.  17; 

Ckymtt.loc, 
vit.  p.  23* 


|£.  6,  tf,  153 


L'.  2.  Poemi 
Ì9‘ 


'Jd,ihid» 


L.Ltg.  Pa. 
ntgtrtco  deli. 
Equità. 


? 


50 


J)e  Nuft. 
Bru.  1,1.  V, 
iì8. 


Zj.  3*  S* 


Htxnm. 
Cdrm,  l,  2. 
tifine . 


/»/. 


/V  viti 
ty£fe^. 

P’ine.  Gdll, 
dt  Eptgr.f. 
ii'j.nu.ijz. 


M  V  S  E  0  C  0  S  P  ì  A  N  0 

forti t  Forti  ,  e  Città,  Leggi ,  e  Perfone, 

TtttU  co»  aureo  fiil  defcrijje  a  pieno. 

5  Di (imllibizzaric ne  mentovano  divcrfe  TAldrovandi.  L’ Imperati  nel- 
r  lltoria  Naturale  1. 1 4  c.  4.  e  5 .  Il  Vormio  nel  fuo  Mufeo  I.  i .  c.  1 5^  Il  Ceruti 
nel  Mufeo  del  Calzolari  feóè.a.  p.  185. 11  Terzago,e  loScarabelli  nel  Mufeo  Sct- 
talianocap.  io.  &  altri  tra’quali  reruditiflìmo  noftro  Pictranegra,  che  d’  un 
Pefeeprefo  nell’ Ambra,  e  donato  a  Filippo  li.  Rèdi  Spagna  lafciò Icritto . 
•i..^  eleSiri  majfat»  depromp/ìt  odori 

Ingentem,  de  qua  fieri  quoque  pocnU  pofifènt, 

Bitrum  erat  in  dura  claufium  fplendefcere  mole 
pifciculum,  vivo  fimilem,  fimilemque  natanti. 
&irdottiflrimoP.Chircheronclfuo  Volume  dell’ Arte  Magnetica,  favellando 
delTAmbra  teftifìca  d’haver  veduto  un  Rofario  compoftodi  varii  pezzi  di  quella 
materia,  tutti  ragguardevoli  per  altrettante  Mofche  rincliiufevi,e  ne  fà  con  ra¬ 
gione  le  maraviglie  fcrivendone.  later catera tame» admiratione dignijfima, etiam 
Bof artum  Beipar  a  granis  e  fuccine  confcéfis  elaboratum , in  quibus  fingulis  Mufea 
diverfa  forma ,  &  figura  ita  inferta  funt ,  ut  nihil,  nifi  vita  iis  dcefie  vtdeatur 
(imiliaque ,  qua  cum  apud  Ioannem  Baptifiam  Rinalduccium  I.  V.  D.  tum  alios  rerum 
exoticarum  Hudiofos  hic  Roma  ohfervafife memint ,  Ma  non  fi  taccia  di  quella  Rana, 
e  di  quella  Lucertola,  prigioniere,  e  /epolte  neH’Ambra,  delle  quali  merita  d’el- 
luc  ydica  la  nobil  Mula  d’ Antonio  Querenghi ,  trattandone  in  quella  guifa . 
"Dicite  odorati  fulvo ,  qua  tegmine  fucci 
Condita  fpiratis  vivos  animalia  fenfus , 

Dicite ,  quis  tanta  lato  vos  munere  fortis 
Demeruit ,  fragili^  ut  fpolio  ,  niembrifqut  caducis 
Exempta  at  er  no  eleFIri  concluderet  erbe^ 

Nunqttid  ubi  in  glaciem  folidam  fe  fluxilis  humor 
Cogeret,  ^  gelida  ponti  concrefeeret  unda 
Devincit  lento  intercepta  in  glutine  cafus^ 

K^n  potius  Natura  parens  ,  ut  nobile  lafco 
Nagnanimo  donum  exprimeret ,  primordia  rerum 
Mifcuit ,  cf  Vivis  animavit  fuccina  formis? 

^uicquid  in  efigiem  vefiros  hanc  tranBulit  artus* 

Fortunata  ambo,  quibus  ipfa  in  morte  perennem 
Jnfigni  vitam  licuit  reparare  fepuhro. 

Fortunata  magis,  tanti  quod  fede  recepta 
Hofpitis  Aonio  vos  dulcia  carmina  cantu 
Her manni  decorant  fama  immortalis  honore. 

5  scarafaggio  RINOCEKOTE,  Malfimo  ,  che  dal  Gionfioni  chia¬ 
mali  Scarabaus  buceros  nafic ornis .  Confcrvafi  quivi  cotefto  Infetto  alato  per  la 
bizzarria  di  quel  gran  corno  piantatogli  dalla  Natura  fopra  la  punta  del  naio, 
curvo ,  adunco,  e  riguardante  all’  in  sù ,  come  quelli  de’  Rinoceroti  Q'adrupcdi, 
ond’egli  prefe  ilcognome ,  che  tanto  piu  fe  gli  adatta ,  quanto  che  oltre  iiiawi- 
farfi  a  quelle  Belve  nel  corno  del  nafo,  ne  imita  parimente  l’audacia;  perche 
dove  quegli  franco  guerreggia  col  maggior  dc’Quadrupedi,  ch’è  l’ Elefante , 
quefti  non  teme  di  combattere  con  la  Regina  de  gli  Vccclli,  l’Aquila:  e  dove 
non  giunge  colla  forza  del  corpo  ,  ch’è  picciolo ,  ben  v’arriva  con  i’atìuzia, 
che  lorende  vincitore ,  come  prova  l’ Alciati ,  in  quell’  Emblema  citato  dal  no¬ 
ftro  Galli  nel  Trattato  deir  Epigramma;  infegnando  che  alle  voice  fi  devono 
temere  ancora  le  cofe  minime , 

PelU 


L  ivs  K  0  t  K  ì  M  9:  CAv  Jan.  jt 

'  ,  3ell/t  gerit  ScArabmsy  à"  hoìiem  pronocat  altro. 

Robore ,  &  infer tor ,  confilio  fuperat .  £mbt.  tffi 

J^am  plumis  AquiU  clam  fe,  neque  cognitus  Abdit, 
j  Hofiilem  ut  nidum  fummA  per  afirn  petet . 

-  OvAqtie  conf odiens  prohibet  fpem  ere f cere  prolis. 

Hoc  que  modo  ilUtum  dedecus  ultus  ubit. 

Ke  pcopongono  bclliflimc  Figure ,  e  deferizzioni  l’ Aldro vandi ,  l’ Imperaci, 
cMfopracicatoGionftoni  nelle  loro  Iftorie,c  ne  fà  menzione  il  Vormio  nel  luo 
Mufeo.- 

6  Con  quelli  ci  fi  pone  in  veduta,  fe  non  come  volatile,  almeno  come  Infct- 
to,  nel  fuo  genere  molto  ragguardevole  perla  llraordinaria  grandezza  lo 


SCORPIONE  DI  TVNISI. 


Lo  Scorpione,  che  qui  fi  rapprefenta  in  Figura  al  naturale ,  fù  da  Tunifii 
portato  vivo  in  Tofeana  del.  MDCLX Vili,  e  campò  tre  meli ,  e  mezo  in_ 
Fiorenza.  Nel  Paefe  natio  chiatnàfi  AkrAb,c,  come  mollra  1’ imagine  è  tan¬ 
to  maggiore  de‘  noftrali,  che  fembra  vado  Gigante  in  comparazione  di  pic¬ 
cioli  Pigmei.  Taluno  di  quella  razza  pela  più  che  venti  de’  noftri  ordina¬ 
rii,  arrivando  alla  quinta  parte  d’ un’ oncia ,  e. talvolta  paffando.  Così  va¬ 
riano  aitai  nel  colore,  elfendo  per  lo  più  verdi  gialli ,  ove  i  nodri  fon  ne¬ 
ricci,  come  gli  Hgizzii,  che  quantunque  affai  magiori  de  gl’italiani ,  non 
però  giungono  ad  eflierc  più  che  un  quinto  de’  mrbarefchi ,  a  giudizio  di 
pelo.  Anzi  quelli , come  nella  grandezza,  così  gii  forpalTano  nella  malignità 
de’ velenofi aculei,  maifimè  he’  méfi  più  fervidi.  Il  che  ogni  anno  ècagione 
della  morte  di  molti  huomirtfc,  pefrelàaiionc  di  chi  dimora  in  quelle  parti. 

E  ben  n’  hanno  lunga  fperienza^liliabitatori  di  Pefeara  Città  dell’ Africa, 
che  per  la  copia  di  quelli  peftifeff  animali , come  racconta  Gio. Leone, fóno  pgigf. 

collretti  rellate  ritirarli  alla  Campagna,  fenza  che  polTano  ripatriare  prima  Afr. 
del  Novembre .  E  v’  hà  chi  rapporta  praticarli  da  molti  nella  Libia  il  dor¬ 
mire  ne’  letti,  c’  habbiano  i  piedi  polli  ne’  vali  d’  acqua  pieni,  per  ripararli 
da  quelle  vive  pedi .  Diligenza  ,  che  talvolta  non  hà  giovato  ,  narrandoli 
edere  accaduto, che  molti  Scorpioni  attaccatili  l’uuo  all’altro  ,  habbiano  di 
loro  delfi  compodi  come  una  catena,  pendente  dal  tetto  della  cala,  fopra  il 
letto  di  chi  dormiva  licuro  ,  §c  in  tal  maniera  ,  non  potendo  altrimente, 
fiano  giunti  a  pungere  chi  giaceva,  il  quale  perciò  ,]^come  d’Orione  canta-, 
il  Bergano, 

Nepa  decejfit  faucius  iéfu .  L.  3.  Beri 

Di  che  pofeia  Giovanni  Ferro  compole  fpiritofo  Emblema  ,  animandolo  col 
/1  E  a  motto 


*52.  M  ^  5  E  C  '0  S  P  l  A  K  0 

motto  fcntcnziofo  MAWRVM  SEMRER  mala  CONSPiRAflO,  Che  però 
^o’ndsi  ^oScorpione,  come  uno  de’  più  frequenti ,  &  oflervabili  an  mali  dell’Àfri- 
hoU.j.Oj.  ca,  fù  prció  per  infegna  di  quella  gran  Regione  ,  e  per  tale  figurato  nella 
»«.52.  '  delira  della  di  lei  Imagine  in  una  medaglia  d ‘Adriano  Imperatore  di  nazio- 
ne  Africano,  che  fi  vede  nel  Muleo  ,  con  quelle  lettere  nel  riverfo  AFRI. 
CA  S.  C,  di  cui  nel  racconto  delle  Medaglie  in  elfo  raccolte  .  Ma  che  ma¬ 
raviglia,  che  quelli  Paefi  fiano  così  infeftati  da  gli  Scorpioni ,  le  lono  log- 
'  getti  airAlteriimo  di  quello  nome?  Onde  ne  cantò  il  Fontano* 

*■  T ingi» ,  Bocchitjue  domos ,  habitataque  Mauris 

Dt fieli,  ,  "DeofqUe  humeris  ^  Calumque  Atlanta  ferentem  ^ 

Infgnefque  auro^  pomis  radiantibus  hortos 
Hefpertdum^  ac  deferta  fili  Getula^  Leonumque 
K^lrva  fame ,  Mars  omnipotens  ,  ér  Scorpitis  ardens 
Infpeilant , 

Nelle  fattezze  po'r  gli  Scorpioni  di  quelle  parti  non  vanno  differenti  da* 
noftri  .  Chi  ne  brama  più  minuta  contezza  può  loddisfarfi  appieno  con_. 
l’efatta  defcrizzionc ,  che  ne  porta  diligentilfimo  offervatore  delle  curiofità 
naturali  il  Sig.  Francefeo  Redi  nelle  fue  dottiflìme  Efperienze  intorno  alla  gè» 
ner azione  de  gl'  Infetti  p.  67. 

\ 


1 


DEL 


DEL 


MVSEO  COSPIANO 

LIBRO  SECONDO. 

In  cui  fi  favella  de  gli  Animali  Acquatili,  c  loro  Parti, 
che  in  effo  fi  coniervano . 


Divisone  de  gU  Ac qu Atili  del  Mufeo', 

Cap,  /. 


A  gli  Animali  Aerei,  a  gli  Acquatili,  da’  Volatili ,  a’  Nuotanti 
è  molto  dicevole  il  far  paffaggio,  fe  quel  moto  ,  che  gli 
uni  hanno  nell’Aria,  gli  altri  1’  efercicano  nell  ’  Acqua; 
onde  quelli  fi  potrebbono  chiamare  Vccelli  deli’ Onde,  e 
quelli  Pelei  deir  Aere;  Anzi  v’  hàdi  molti  Pelei,  che  nel¬ 
le  fattezze,  e  fovente  ne’ collumi  fono  limili  a  diverfi  Vc¬ 
celli  ,  de  ’  quali  perciò  ne  portano  il  nome ,  come  l’ Aquila, 
ài  Nibbio,  ii  Colombo,  la  Tortore,  e  la  Rondine,  Pelei  che  fi  vedono  nel  Mu- 
feo.  Oltre  di  che  molti  Pelei  volano  fopra  l’acqua,  come  quelli,  che  a  nuvoli 
s’incontrano  da  chi  naviga  nel  Brafile,  uno  de’ quali ,  eh’  è  il  Nibbio  fopra  men- 
covato,  fi  deferiverà  a  fuo  luogo:  c  molti  Vccelli  nuotano,  e  traggono  non 
brevi  dimore  lotto  Tonde,  come  tutti,!  Palmipedi.  Tra’qualinon  ne  mancano 
di  quelli,  che  nafeono  dalle  Conche  generate  ne’  legni  putrefatti  nell’Oceano 
Britannico,  s’egliè  vero,  come  affai  ne  dubito,  ciò  che  delle  Anitre  Scozzefi, 
fpalleggiato  da  una  infinità  di  Scrittori ,  notò  il  nollro  Pktranegra  nel  fuo  nobi- 
liflìrao  Poema  delle  Nozze  Britanniche ,  cantando 

Conceptafqae  Anates  patria  natafque  carina ^ 

''  inique  dcrifolii  duratum  è  Jlipite  ferrum 

feopulos  clara  ad  Symplegadus  Armacana 
Dicere  pergebat^ 

E  3  Prodi» 


'DtNuitl 
Brtt.  l, 


M*r,  stu4r. 
C.4*14' 


Cdnz.ont  4 
Greitr-XlV* 
ft.  2. 


L.  J,Od.4, 
4d  Anicot . 


L>  3-  Ber» 
P’  47  J- 


y.  fufra  his 
/ub/eqmfites 
vtrfHS  1. 1. 
t.  9. 


tL.  t.  Fm^, 
p.2i7’ 


J4  M  V  S  E  0  f05P/^?sr0 

Prodigio  autenticato  anco  dalla  nobil  Mula  dei  Padre  D.  Balliano  Gatti ,  Mona¬ 
co  Gctonimiano  ,l’ Omero  di  Mana  Stuarda  ,dove  raccontale  prerogaci  ve  del¬ 
ie  Citta,  &  liole  della  Scozia.  Che  però  il  Nierembcrgio,  mirando  a  tanta 
attìinita,Oie  palla  tra  gli  Vccclli  ,&i  Pelei, di  quelli  hebbea  dirne  FrateroeUnt 
cum  Fifctbus .  Communis  humor  vulva,  eji ,  ideo  0“  pifees  per  aquam  volant ,  (jr 
aves  per  aera  natant ,  idi  aves  Pelagt ,  tjle  pijces  fubltmes  .  Similitudo  inceffus  , 
^  elementi  conjunxit  nativitatem ,  t.  torli  perciò  il  Tallo  li  congiunte  in  quel 
verlo 

Fot  Pefeit  e  voi  de  I'  aria  Augei  volanti, 

2  Tante  fono  le  diverlità  de  gli  Aquatili ,  che  non  cedono  alle  fpezie  quali 
innumerabili  delle  cole,  che  produce  la  terra,  etomenca  l’aria,  anzi  n'emula¬ 
no  parecchie  nella  figura.  Siche  ben  puote  dirne  Le  vinTorrenzio  Velcovo 
d’Anvcrla  in  un’  Ode  ad  Ippolito  Salviano,  che  ne  haveva  Icritto  ungrollo 
Volume,  adornato  con  belle  figure  in  rame. 

^^acunque  magno  progenerat  mari 
Natura ,  tam  nunquam  ìtupenda , 

T am  vana , 

3  Nè  folo  delle  opere  delia  Natura ,  ma  di  quelle  ancora  deH’Arre  nella  mol- 
tiplicitàloroli  trova ilcontronto,conqucllodivario pelò,  che  le  nelle  prime 
la  Natura  lembrò  dilccpola  di  le  medelìma ,  nelle  leconde  tù  Maeltra  deli’  huo- 
roo,  a  cui  nc’ Pelei  dileguò  moke  curiole  invenzioni ,  perche  a’  Fabbri  nei  ro- 
ftro  d’uno  additò  la  lega,  e  nella  Ipina  doriate  di  tutti  mollrò  l’ orditura  delle 
Navi ,  e  nelle  Pinne  i’ulo  de’ remi;  all’Arte  Militare  nc’vari  movimenti  delle 
truppe  de’  Pelei  abbozzò  la  torma  di  Ichicrare  gli  Elerciti.nel  nato  d’un’Acqua- 
tile  le  vedere  la  Ipada  ,  nella  coda  d’ un’altro  la  laetta ,  nelle  Icaglie  le  loriche , 
nella  corteccia  delle  Teftuggini  gli  Icudi;  e  nelle raedelìme  all’Architettura 
diede  il  modello  di  fabricare  in  volta  le  cale ,  Ma  per  non  gir  cercando  le  in  ven- 
zioni  cavate  da’  Pelei ,  odali  ciò  che  a  quello  propolito  ne  và  dilcorrendo  Gior¬ 
gio  Giodoco  Bergano ,  l’ Eroico  Panegiri Ita  del  Lago  di  Garda ,  che  nc  cantò , 

cAdde  etiam  quantum  dederint  mortalibus  olim 
Coelicolis  fpecimen  pifees  .  Non  terga  perrerans 
Spina  t  homines  docuit  pandas  fabricare  carinas: 

,  Et  faSlas  utrinque  gravi  iiabtlire  fabttrra  ? 

Fnde  ( rogo  )  ftrra  formam  tranjmtft  tn  ufts 
Humanos  Perdix,  nifi Jpina  in  Pijce  notata? 

Bellipotens  Mavors  acies  vidiffe  natantum 
Dicitur,  atque  hi»c  armigeras  docutjfe  phalanges 
Ordine  nunc  reSlo ,  obliquo  nunc  tendere  gyro . 

Ille ,  é"  fquammarum  Jerie  defenfa  natantum 

Corpora  camper  iens ,  fimili  compagine  \unStis 

Loricis,  docuit  nocuo  defendere  ab  itlu 

Membra  hominum,  &  clunes,  &  peclora  quadrupedantum , 

Dic  mihi ,  dtc  quantas  Teftudo  prodidit  artes  ,  é'c. 

4  Di  quella  parte  di  Filoloria  Naturale  prim  i  dei  Salviano  ne  havevano  trat¬ 
tato  dilFulamente  il  Gclnero ,  il  Rondelezio ,  &  altri ,  che  tutti  poi  furono  lalcia- ' 
tiaddietrodall’Aldrovandi,!’ Arinotele  Bolognele,  di  cui  meglio  che  d’altri 
puòdirfi  con  Girolamo  Caravaggi,  l’OvidioCremoncfe,  ne’  lagriFalli: 

foto  quafivit  in  aquore  Pifees, 

Ojlreaque  in  Conchis  non  latuere  fuis  . 

Avvegnaché  egli  lopra  ogn’ altro  inoltrò  con  quanta  facondia  predichino  la 

divina 


L/BRO  S  È  C  0  N  U  0.  CAP.  L 


55 


divina  potenza  anche  i  muti  animali .  De’  quali  ne  contribuirono  varie  forti  al 
noftro  Mufeo  non  iolo  i  Mari  circonvicini,  ma  eziandio  i  più  remoti,  e  l’ Oceano 
Ueflo,  quali  gareggiando!’ Elemento  dell’Acqua  con  gli  altri  due  amici  nell’ 
offerirli  I  fuoi  Parti;  che  quanto  bizzarri  a  vederli,  tantoficuria  toccarli,  met- 
tonoincurioficàdi  cantarne  (come  de’ confervati  nell’Elcuriale  gentilmente 
,  defcritto  dal  noftro  D,  Ilario  Mazzolati ,  Monaco  Geronimiano  )  con  l' Apolli¬ 
ne  del  Tamigi ,  Iacopo  Albano  Ghibbefio  , 

—  ■■  ■  ■■  M  Mónjlraque  Nerei 

(Armata,  éf  melius  mortua  tundre 
Nufquam  finis  adefi, 

Dovendofene dunque  far  menzione,  perche  ciò  non  feguafenzaconfonanza 
all’  ordine  intraprefo,  divili  gli  Acquatili  in  Sanguigni,  Elangui  ,  lalcio 
tutt’  altre  divilioni ,  a  chi  ne  teifc  Iftoria  Vnivcrfale ,  abbracciando  tutte 
— —  le  Belve ,  che  nutre  in  mille  forme 
T eti ,  del  generar  fr incipio ,  e  fonte . 

E  da*  Sanguigni  principiando,  come  da’più  perfetti ,  per  palfar  pofcia  a  gli  Efan- 
gui,  ne  offervo  nel  Mufeo  di  due  generi,  come  li  diftingue  il  Filofofo,  cioè  de’ 
Cetacei ,  che  lono  gli  Acquatili ,  per  lo  più ,  maggiori ,  fensa  fcaglie ,  refpiranti 
col  mezo  de’ polmoni, e  produttori d’ Animai  vivo  ;  e  de’  Pelei  propriamente 
chiamati ,  de*  quali  s’ intende  il  Battifta ,  ove  canta 

Ha  Lorica  di  Squame  il  Pefee  avaro. 

Benché  non  però  tutti  lono  fcagliolì ,  ma  molti  veftono  di  cute ,  ò  afpra ,  ò  lifciaj 
e  tutti  in  vece  de’ Polmoni  hanno  le  branchie ,  e  lì  propagano  di  Ova , 


Z.  4.  Zyr jf. 
OàJX. 


Boldon.Cad. 
de'  Lcngtb, 
C.p.4i. 


Poef.  Mei. 
P.i.Sen.^Q. 


De  gli  Acquatili  Sanguigni  ^ 

Cap, 


e  prima 
II, 


de'  Ceti»  0  Balene, 


Eti  chiamano  i  Greci  le  Balene ,  e  Cetacei  quegli  Acquatili ,  che ,  come 
V-/  le  Balene ,  li  dsftinguono  da  Pelei  propriamente  chiamati ,  perche  a  dif¬ 
ferenza  loro  partecipano  molto  della  natura  de’  Quadrupedi ,  havendo  commu¬ 
ni  con  elfi  gli  ftrumenti  non  folo  della  refpirazione ,  cioè  i  Polmoni ,  il  Collo ,  e 
l’ Arteria ,  che  porta  il  titolo  d’ afpra ,  ma  ancora  quelli  della  generazione ,  par¬ 
torendo,  com’effì,  animai  vivo,  cui nutrifeono  di  latte,  non  mancando  nelle 
femine  loro  le  poppe .  Tra  quali  ottiene  il  primo  luogo ,  Regina  iniìeme  di  tutti 
gli  altri  Acquatili ,  la 

2  BALENA,  Animale  di  così  vafta  mole,  che  al  dire  di  Plinio,  vepre, 
fentatione  exprimi  pojfit  alia ,  quam  carnis  immenfa  dentibus  truculenta  ,  men¬ 
tre  iembra  uno  Scoglio  animato,  una  Montagnachenuoti,edun’lfola  viva, 
come  la  chiamò  il  Marini,  in  un  verfodelluo  maggior  Poema,  Cant.  14.  ft.  118. 
citato,  edifelodai  Sapricio  nel  Veratro  P.ll.S.Si.  e  tale  appunto  la  deferiffe 
il  Valvafone  cantando  d*  un  Pefeatore, 

Giurava  haver  veduto  egli  Balene  t  f 

^jtale  da  lungi  un'  if eletta  appare , 
che  al  volger  fol  de  le  natanti  fichi ene 
Pacean  tutto  d'  intorno  il  Mar  turbare.  ^ 

Onde  facendoli  conolcere  la  maflìma  de  gli  Acquatili,  ne  vanta  la  fuperiorità 
non  folo  nel  Mare ,  ma  nel  Cielo  ancora ,  ove ,  come  canta  il  Battifta  ^  le 
Corron  Delfini^  e  nuotano  Balene. 

Ella  coftituilfe  la  primiera  delle  Imagini  Auftraii  ;  e  fregiata  di  Stelle ,  e  baciata 
dall’onde  argentee  quinci  deli’ Eridano  1  quindi  dell’Acquario  hà  corteggio 

di 


L.  9-  c.  6i 


Della  Cace. 
Cant.  4^ 


Poef.  Mei. 
P.l.Sen.^d. 
Pent.t.}.c.a.. 
de  Steli,  ór 
l .  4»  e.  9* 

ré. 


Em.  Thef. 
tn  Entbl.  , 

Jmdi.Ault.l 
Btrg.l.  3. 

Btn.  V.  46?. 


Solozn.CoJi, 
l.  8. 17. 


Elei.  XI_. 


Juven,  Sat, 
X.  V.  14. 

'L.  4.  Ben. 
»''74- 


Cad.dc'Lon. 

gob.  c.m. 

76* 


L.  T.  Difier, 


M  V  S  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 

di  Pefci  I  che  vicini  le  guizzano .  Che  però  Giorgio  Giodoco  Bergano  cantònne 
—  — —  Eridam  Fluviorum  RegiSt  & 

Sydera,  Phryxei  pecoris  nonne  occupat  ingens 
In  calo  fpatium  Jl elianti  torpore  Cetus? 

Thracius  hoc..  Nottufcjue  probant  ,  queis  lupiter  annum 
Finit  t  &  auricomo  tribuit  primordta  Veri, 

Et  un’Epico  Bolognelc,  eh’ è  Francclco  Bologneui,  i’Autcor  del  Coftante,' 
hebbe  adirne. 

Infomma,  e  di  ttelfim  ^  e  di  Balene 
.Sanivi  fon  I'  acquei  e  d'  altri  pefci  piene. 

3  Se  ne  trovano  di  più  iorci ,  &  il  V ormio  ne  numera  XXII.  che  tutte  vertono 
di  cuojo  lenza  fcaglie,  òpeli,  &  hanno  gii  organi  del  re/piro  a  differenza  de’ 
Pelei  Icagliolì,  e  Cartilaginei  i  e ,  come  lì  dille,  non  deludono  Ova,  ma  Feto 
vivente ,  cui  allattano  a  limiglianza  de’  Teftacci  più  perfetti .  La  più  rinomata , 
di  cui  ne  habbiamo  alcune  parti ,  è  la  Balena  (  come  chiamali)  del  Volgo ,  la  qua* 
le  non  ha  le  Fiftule  nel  capo,  che  nelle  altre  lì  rrouano,  evienlovente  confufa 
non  lolo  con  le  congeneri,  ma  con  tutti  gli  altri  Cetacei .  Nel  Mare  Britannico 
crefee  di  modo ,  che  Gio.  Orlìni  la  paragonò  ad  un  Monte ,  feri vendone . 

Male  fu  A  fmilis  BaUna  Britannica  monti. 

La  qual  grandezza  fù  cagione ,  che  il  Satirico  pronunziane  proverbialmente . 

.Quanta  Delphinis  Balana  Britannica  ma]or. 

E’I  Bergano,  comedi  cola  impolfibilecantalle. 

Denique  Felfineo  prius  expifcabere  Rheno 
Balanam ,  &  Rubicon  fcopulofam  nutriet  Orcam . 

E  nell’ Oceano  li  fanno  cosi  fterminate,  che  Fiinionariaeffei  vene  ftata  trovata 
una,  c’havrebbe  ingombrato  quattro  biolche  di  terra,  concorda  con  lo  Storico 
Sigifmondo  Boldoni ,  Poeta,  e  Medico  di  gran  nome,  che  favellando  d’ un  Tem¬ 
pio  de’ Maomettani,  lìtuato  ' 

Dove  r  ultima  punta  al  Mar  diltende 
sii  ’/  fumé  Sus  il  Mauri  tana  Atlante , 
mentova  Balene  di  non  mmor  grandezza ,  cantandone . 

Di  gran  cofle  di  Foche  i  e  di  Balene 
Son  de  I'  alta  Tef  aggine  le  Travi , 

Le  fpinge  /’  Ocean  gonfio  a  I'  arene 
Perche  materia  al  gran  lavor  fi  cavi  ^ 

Di  lor  offa  vedreHe  i  e  di  lor  fchiene 
Biancheggiar  largamente  i  liti  gravi . 

Ciò  però  mi  fembra  uno  di  que’  miracoli ,  che  li  raccontano  nell’Irtoria  Vera  di 
Luciano,  come  pure  lì  c  la  Balena  delcritta  nel  quarto  de’  cinque  Canti  aggiunti 
al  Furiolo  dell’  Ariofto ,  lunga  più  di  un  miglio ,  che  afforbiva  le  Navi  intiere , 
come  quella, di  cui  cantò  Colmo  Anilio . 

Inter  Jlupenda  audivimus  miracula 
t^bforptam  ontiEam  fiPlulis  Cafia  ratem 
C/^'  Caio  in  aquore  Navis  hic  magiHer  in 
Tarn  rebus  aróiis  prosici  Cafiam  )ubet 
In  Pifeis  alvum  y  qua  folutus  illica 
Navim  egerit  profluvio  in  xt heram  lucidam  '. 

Tantum  tn  periclis  confilium  rapidum  valet. 

O  quellcaltrc  due  mentovate  da  Lorenzo  Lippi  in  quel  feltivillìmo  Poema,  di 
cui  I  per  ellcre  anccdoto ,  ne  cica  un  lungo  fquareiq  ,Chi  delcrille  la  Prima  Parte 

della 


r<xi. 


E 


Teef.f,  19Ù 


LIBRO  S  E  C  O  N  Ù  O.  CAP.  II,  s7 

della  Biblioteca  Aproiìana  del  noftro  genciliflìmo  Padre  Angelico ,  e  nota  a 
quello  proposto  Cornei.  Af> 

EJsere  in  corpo  a  un  Pefce  duo  Galee 
Impietrite  con  tutti  i  Naviganti , 

4  Ma  le  quelli ,  come  Poeti ,  imitarono  U  favolofo  della  Balena  di  Luciano  ; 
egli}  comefacrilego  ,haveva  colto  il  fondamento  IHorico  di  quella  lua  favola 

dalle  SacreCartcj  Nelle  quali  farà  lempre  memorabile  quella  Balena,  che  in-  jon.z.x.D. 
gojò  lenza  nocumento  un  Giona ,  e  dopo  tré  giorni  vomitòllo  lano  nel  lido  del-  ^mbr.  i.  j. 
la  mal  fuggita  Ninive.  Ond’hebbc  a  cantarne  la  florida  Mula  d  ’  Innoccnzio 
Maria  Fioravanti. 

Cco  Giona  su  V  lido .  Et,  che  de  /’  ondx 
Poiché  fu  tolto  al*  inclemeuza  irata, 
fua  naufraga  vita  hebbe  feconda 
Di  natante  Balena  Vrna  animata. 

Più  invitto  d  '  Arion ,  firada  profonda 
che  mifurb  ne  la  procella  ingrata. 

Per  gir  di  Lesbo  a  riveder  la  fponda  ',  ^ 

Quando  lo  tragitto  Prora  fjuamata. 

Ninive  perduta  bora  t'invia, 

E,  benché  Parto  de  1'  Equoreo  Bruto, 

Richiama  in  lei  I'  humanita  natia. 

I  falli  indegni  per  fgridar  temuto 

Con  zelante  facondia  a  gente  ria 
Più  fi  renda  loquace  un  Pefce  muto . 

Sopra  di  che  il  Padre  Francefco  Remondi  Gicluita  Divionefe  fcherzòcon 
quello  nobiliflfimo  Epigramma,  per  elemplare  d'altri  citato  dal  Padre  Carlo  da 
S.  Antonio  di  Pado  va,  della  Congregazione  delle  Scuole  Pie,  nell’ Arte  Epi¬ 
grammatica  ,  publicata  dal  Padre  sigifmondo  Regolo  Coccapani  da  S.  Silvcrio  , 
cap.  V.  ep.  161, 

K^tientto  Vates  in  Ceti  ventre  triumphat. 

Naufragus  innocua  nobilis  efca  fra. 

Non  fuit  iUe  unquam  pacata  l&tior  undà , 

Non  fuit  irato  tutior  ille  freto. 

Redditur  at  tandem  facilis  Pifi ricis  ab  alvo. 

Et  chartis  fidis  enatat  hofpes  aquis. 

Si  cupis  i  0  Vates,  pofihac  vitare  procellas  . 

Ad  qua  confugias,  vifcera  Pifcis  habes, 

5  Quindi  la  Balena  hebbe  1’  honore  di  prefigurare  il  Sepolcro  del  Redentore^ 
già  che  Giona  fù  lìmbolo  di  Chrifto  morto,  lepolto,  cnfufcicaio-  Onde  lino* 

Uro  Vida, che,  come  lo  chiama  l’ Ariollo,  fu 

D  ’  alta  facondia  inefficabtl  vena , 

rapprelentò  quella  Illoria  (colpita  nel  Sepolcro  del  Salvatore,  vifitato  dalia 
Maddalena ,  di  cui  cantò 

Dum  Virgo  fedet ,  àe  miratur  mane  Sepulcrum , 

Artificumque  manus  ,  videt  ipfo  in  marmore  fiUum 
Littus  arenofum  ,  porrectum  in  liture  Pifctm 
T  luliivomum ,  ingentem ,  nant  aquor  e  qualia  in  alto 
Mole  fua  ignaros  nautas  terrentia  Cete, 

Monfirum  turpe,  atrum,  fpatiofi  Bellua  Ponti, 

Cuyis  ab  undivomo  Vates  imperditus  ori 

^eddi~ 


C,  46. 15« 


L.  6,  CM2 
fliad.  v.3sif 


I 


5» 


Kóvii.Sat. 
Tajl.  l.  5.  V. 
die 

17.  Aiaf, 


M  y  5  B  0  C  0  S  P  ì  4  N  0 

'Redditus  aereas  rtirfutn  veniebat  ad  auras  ^ 

Tutn  fecum  i  Superi  nunc ,  0  nunc  vifa  fecundent 
Prafentes;  veterum  agmfco  non  vana  futuri 
Signa  t  tnquit'.  nempe  ut  monllri  deformis  in  atro 
Tres  Vates  latuit  luces  ,  tres  gutture  no£Ìes , 

Ingluviem  paffas^  vadaque  voraginis  antrum, 

Stc  heros  inultum  ad  Superos  defletus  amicis, 

Inclufttfque  cavo  faxo  ,  terraque  fepultus 
Delituit ,  fepe  ( ut  memini )  pradixerat  ipfe , 

Ad  Ctxlum  rediit ,  faxumqtte  reliquit  inane , 

6  Ghe  però  quefta  loia,  non  altra  Balena,  meritava  1’ honore  d’ effere  rrale 
Stelle  dalla  Poefia  trasferita  :  come  appunto  fucceffe  per  vaghiflìma  invenzione 
d’ Ambrogio  Novidio  Fracco  da  Ferentino  ,  che  nc' fatti  non  meno,  che  neH’af- 
funto  cognome  fù  un’  Ovidio  novello,  ma  tanto  più  lodevole  deli’  antico ,  quan¬ 
to  che  tralafciandod’infcgnar  vani  amori,  attefefolo  a  deferivere  i  Sagri  Falli 
di  Roma,  non  Idolatra,  come  quegli,  ma  Chrifliana  :  e  fe  fcrilTe  Trasforma¬ 
zioni  ,  quefte  furono  (olo  dell’  Erudizione  profana,  eh’  egli  con  mirale  fimmetria 
cangiò  in  facra.  Di  che  fono  faggio  i  feguenti  Verfì  a  propolito  della  Balena 
CeleRe  da  lui  celebrata  per  quella  di  Giona . 

Hinc  ubi  coiiyinSfas  lux  altera  liquerit  Idus 
Lucifero  rofeum  reflituente  diern: 

Havita  de  medio  Iona  fpeBare  profundo 
Optabit  Cetum,  f cireque  flgna  volet. 

Viderat  ergo  Senem  fugientem  'yiffa  per  aquor 
Ne^e  proccllofas ,  quum  Deus  egit  aquas, 

Carbafa  Ììridebant ,  dis\e£Iaque  puppis  ab  Euris 
Haurit  aquas,  hauflis  pene  fattfeit  aquis. 

^uifque  timet,  clamant,  irata  confeitts  unda 
Ille  tacet  pallens,  oraque  vefle  tegit. 

H avita  tunc  vellis:  quifqtits  deponite  culpam, 

Caufa  cuyis  hyems  afpera  tollit  aquas. 

<  Audit  ut  hac  Vates  ,  faflns  fua  crimina,  dixit: 

Mergite  ;  turbati  me  petit  ira  maris . 

Mergite,  dicebat:  quum  jam  miferata  loquentem 
^uarebat  jujfss  territa  turba  moram . 

Tallam  habet,  inHabaf,  quid  agant',  hic  carmina  cantat: 

Mittitur  in  medias  de  rate  cantor  aquas. 

Mira  cano:  pelagi  vix  primas  impulit  undas  , 

Cetus  ab  extremis  quum  tulit  ora  vadis, 

Inque  loco  quarit ,  qui  pulfum  fenferat  aquor: 

Invenit',  inventus  faucibus  efca  fuit. 

Cete  ferox,  non  fc  fufeepit  Ariana  Delphin, 

An  quoque  nunc  Coelum  tu  pietate  meres  ? 
sic  erat',  attulerat  Pheehus  tres  ordine  luces, 

.fartus,  &  Eois  Lucifer  ortus  erat: 

Redditus  epotus  terra  eli ,  fofpefque  redivit 
^ui  fonai  Euxinis  in  mari  littus  aquis . 
lufla  Dei  peragit,  cepit  fua  fiderà  Cetus '. 

Hac  que  micans  facit  dat  monumenta  diei 

7  Se  qui  pctò  la  Balena  fervi  non  folo  di  Nave,  ma  di  Tomba  ad  un  Profeta 

vivo 


L  i  M  K  0  s.n  è  ù  n  ù  0,  c  ak  it, 

vivo,  chefimboleggiavaChrìftofepolto,  altrove fupplì  di  Tempio  allo  ftcffo 
Dio,  mcatreioftenne  un  S.Macuto, che sù’l di  lei  dorfo  celebrò  la  Meffa  con 
la  meddimaiicurezsa.che  potea  fuggerirgli  lafcrmezzad'uno  Scoglio  .^11  qual 
fattocosìfùdefcrittodaiJaMelicaMufadi  Giufeppe  Battifta  nella  Terza  Parte 
delle  lue  leggiadriffime  Poefiè . 

V  dorfo  navigabile  del  Mare 
Stende  d'  infane  fiaglie  atra  la  fchiena^y 
che  d*  alghe  lajlricata  l^ola  pare 
K^l  piu  cauto  Nocchìer  vafia  Balena. 

^nì y  curvata  d*  arazzi  iH'ufire  fcena^ 

.  -•  Sacro  Minifiro  innalza  auguflo  Aliare ,, 

Dove  rinova  in  sacrosanta  cena 

un  motto  Dio  le  rimembranze  amare.. 

Troppo  cortejìy  o  Belva  y  havejii  i  Cieli  y 

Mentre  su  le  tue  fpalle  a  Tfuoly  eh*  e  pio^f. 

Voce  Sacer  dot  al  detta  Vangeli. 

Del  Cumino  Delfino  urna  d'  oblio 

Le  memorie  più  vive:  al  Mondo  hot  celty 
eh'  et  trajfe  un'  Huemot  e  tu  fioftieni  un  Die\, 

E  benché  le  Balene,  come  s’c  dctco^non  babbiano  fcaglie ,  ma  folo  vel^aoo 
di  cuojo  lenza  pelo?  non  perciò  fenz^^auttorita  gli  attribuì  le  fcaglie  il  fopraci- 
tacoPoera,che  in  tal  modo  ne  accennò.!  *  hofridezza;  havendo  fatto  il  mede^ 
baio  due  de’ primi  Poeti  Epici  di  quello  Secolo  ,  AnfaldoCcba,.  c  Sjgifmoindo 
Boidoai ,  Cantando  quegli  nella  lua  Belliflìraa  Efterre ... 

Da  la  più  fiera  turba  y  e  più  S  AMO  SA», 

Onde  celi  Afifitriti  il  dorfo  appena». 

^uafi  per  entro  a  la  campagna  ondofoi 
Guizza  da  l*  altro  lato:  una  Balena.. 

E  quelU nella  caduta  de’  Longobardi ,  favellando  d’^unaNave  da  gucrra»^ 

Vedete  quella  ancor»  che  di  Balena 

Ma  il  naturai  Jìmbiante}  Acah  n*  e  Duce, 

Ove  eli  olle  la  coda  oltre  La  f chiotta» 

D'  argentee  S.^VAME'  al  Sol  la  poppa  luce,. 

E  prima  dì  tutti  Manilio  ,favcllando  della  Balena  Celelle  C*  cui  ftimòfufle 
cipolla  Andromeda ,  eh’  è  figura  di  chi  inaocenre  pericola  nella  Corte,  giàchc  m 
ella,  come  avverti  coturnata  l’Eroica  Mula  del  Conte  Qroiaaio  Graziani, 
non  mancano 


f*  ^ 


Efiher. 


ield.  Cadi 
Le»ieb.é.^ 

l6i. 


Ferfidi  Mofiriy  avide  Balene». 

Ber  inghiottir  d' ogni  altro  ». 

Siafi  antico»  o  nemico». 

Le  foUanze  »  la  vita  »,  e  la  fortuna .  ) 

ne  fcriifenelfuo  Poema  Allronomico» 


Grazia», 
Cremtitt. 
Atte  .ì.S  c.te». 
V.  237* 


^gpam  propter  Cetus  convoèvenr  S .^VAMMSA  terga» 

Orbibus  infurgii  tortis»  ét  fiuHuat  alvo.» 

Intentans  morfu ,  fìmilis  \am  jamque  tenenti» 

Qualis  ad  expefiia  fatum  Cepheidos  undh 
Expulit  adveniens  ultr&  fu  a  limina  Pon^m» 

Oltre  di  che  Arriano-nel  libro  delle  coic  dell’India  meatovò  una  Balena  lunga 
cinquanta  cubiti ,  di  cuojo  fcagliofo  ,per  cuifù  giudicala moftruola,.  e  dall’ Al- 
dro  validi ,  c  dall’  Vter  verio  ,chc  rerminòla  di  lui  Ifioràde’  Peki ,  e  de’^^Cetacei 

Delle 


A^ron, 

t/» 


I^emef.  Cy 
tttg,  V.  166. 


«(TuAer  I  4* 
Anibtl. 


CrettJftCy 
rcj,v.  ii6b 


So 

Delle  paitidisìvafto  Gigante  del  Mare  varii  fono  gli  ufi  riferiti  daU’AIdro- 
vandi ,  A  pompa  di  queito  Mufeo  vi  oilcryo . 

8  Vnagran  VERTEBRA  di  Balena  ridotta  in  figura  d*  un’ ampia  TAZZA 
di  giro  di  due  piedi,  con  proporzionata  cavità,  capace  d’ affai  materia,  manon 
fluida ,  per  l' ampiezza , e  frequenza  dc’pori  della  di  lei  foftanza  fpungofa .  Cor- 
ffifponde  a  quella  che  figurafi  nel  Libro  de’  Cetacei  dell’  Aldrovandi  c.  2 .  p.  685. 

9  PINNA  dorfale  della  Balena,  che  da  mano  induftriola  fù  trasformata  in 
una  gcntililfima  Bacchetta  da  cavalcare .  Gli  accrefee  pregio  artifiziofa  gucrni- 
:ura  d’argento .  Ne  gli  attorcigliamenti  è  fimigliantiffima  a  quella ,  che  figurafi 
nel  fopracirato  libro  de’ Cetacei  deir  Aldrovandi,  p.  6S3.  Per  la  fua  bellezza 
non ifdegnerebbe di  Icrvirkne  iin’AIeffandro, le  cavalcaffe  Bucefalo,  che  fole 
fotto  di  lui 

•—  fleiìì  facilis  t  Ufcivaque  cella  fecutns 

Paret  in  ebfequium  lenta  moderamine  virga , 

Ancorché  Greco  Poeta  oc  dica , 

Oò  yàf  aTtp  ìtiCfVT*À  tirirtt  dylZmp 

Non  eni»i  fine  fiugello  dirigitur  equus  ferox  l 
E  forfi  erafimilea  quefta,  quella  che  mentova  Giulio  Grotti  Poeta  Cremonefe 
nella  deferizzione  del  Cirefio  ,  del  iziofilfima  Villa  di  Celare  Gonzaga,  di  cui 
cantò  Interdum  ftrepitu  armorum,  &  clamare  fonanti 

Irritas  pubem  ejfranam,  flagrantia  terga 
Exacuens  tenui  virga  ,  lentoque  flagello, 

Infultat  terra  fonipes,  &  naribus  ignem 
Collegi um  vomit ,  ac  f urgentes  excitat  iras  . 


Tìel  Delflno.  Cap,  IH. 

I  ¥  L  Delfino,  che  tra’ Cetacei  s’annovera  ,  perche  partorifee  Animai  vivo, 
J  elianto  cede  alla  Baicna  nella  mole  del  corpo ,  non  allongaiidofi  per  lo  più 
che  fei  piedi,  &  ingroffandofi  folo  quanto  può  con  ambe  le  braccia  capire  un’ 
huomo;  altrettanto  la  fupera  nella  nobiltà  delle  doti,  effeudo  non  menvagoa 
teld.  Cad.  vederli,  che  robufto,  c  di  tanta  agilità 
C*\  nuota  come  Jlral  nel  proprio  Regno . 

Cheperòdicofa  veloce  proverbialmente  11  dice  che  movafi 

■  '  -  ■  11—  — — —  tn  fretta 

Piu  che  non  corre  agii  Del  fin  tra  l*  onde. 

Anzi  è  manfueto  ,  &  amico  dell’ huomo  lopra  tutti  gli  Animali  dell’acqua,  tra’ 
quali  da  molti  egli  ne  viene  collituito  Prcncipe,  come  dal  gran  Nazianzeno,  da 
cui  fù  chiamato 


Sefted.yirg. 

Saver.  C.^,  Delphinus  mannorum  excellent  i f.r/ius  iifAr. 

E  dal  Bergano ,  da  cui  fù  detto 

«I .  —  ■■■«»  —  ■  iiM  rm  Equoris  ampli 

Cenaei  -  ■■  .i.*  —  —i»  Rex  Delphin. 

p.^6j.  a  Quindi  in  molti  bronzi  antichi  per  fimbolo  del  Mare  effigiato  fi  vede ,  c , 

come  tale  collocato  fovente  nelle  mani  a  Nettuno,  come  in  alcune  Medaglie 
antiche,ctràl’a!treinunadi  Marco  Agrippa,  &  in  altre  di  Nerone  coi  Porto 
d’Oftia,  cd’ Adriano,  che  fi  vedono  nel  Mufeo, eli  mentovano  nel  Racconto  , 
che  le  nefà  a fuo  luogo .  Talvolta s’cfprime  fotto  i  piedi  di  quel  raarìtimoNu- 
me,  come  nella  maeftofa  Fontana  della  Piazza  di  Bologna  ,  opera  fempro 

memo; 


L  ì  ^  n.  0  S  B  C  0  ISI  D  0.  CAP,  liì.  tfi 

memorabile  di  Giovajini  Bologna  (il  di  cui  difcgno  può  vederli  ne  gli  Emblemi 
di  Paolo  Macci  )  fatraforfi  ad  imitazione  del  Nettuno  di  Bronzo  della  Fontana 
di  Cprinto,cbe/al  riferire  di  Paufania,  haveva  /otto  i  piedi, come  quello,  un 
Delfino  pur  di  Bronzo,  che  verfava.1' acqua,  &  inlieme  accennava  la  trasfor¬ 
mazione  del  luo  Nume  in  un'  Acquatile  di  quella  fpezie,  feguita  per  impulfo 
d’ Amore,  all’ bora  quando  ,  ai  riferir  d’ Ovidio, 

——  ■  '  ■■■'  /èftjit  Delphim  MeUnthò  „ 

Così  per  Geroglifico  del  Marcio  propole  Pallade  Poeta  Greco,  quando  lo  de- 
fcrifle  (  come  in  alcune  Medaglie  fi  vede)  frenato  da  Cupido  ignudo  lenza  l’arco 
e  le  faci,  ma  con  alcuni  fiori  nelle  mani  per  fimbolo  della  Terra,  li<»nificando, 
eh’  egli  egualmente  domina  nell’  uno ,  e  nell’altro  elemento .  E  quefti  fono  i  di 
lui  fentimenti . 

Toi^fie  ,  iceJ  ifip  » 

Ou’  yttf  Tt'^oy ,  KeU  vvfiivr*.  fiika , 

OuX»  fiettlut  -nthtiytMf  ,  xcu'  £v^ot» 

f(fp  yf  y*7<tp,  t?  ìì 

I  quali  furono  traportati  dall*  Alciati  in  qut’ Verti  Emblematici,  lenza  però 
elprimet  vi  jcome  Pallade,  il  Delfino ,  che  non  da  Cupido  cavalcato,  malore- 
nuto  con  una  mano  fi  vede  nel  la  figura  ivi  addotta . 

Nudas  Amor  vidett'  ut  ridet,  placidumque  tuetur f 
Nec  faculas,  nec  qua  Cornua  fle  ci  at ,  hahet: 

Imiterà  fed  manuum  flores  gerit ,  altera  Fife  em. 

Scilicet  ut  Terra  'ytra  det,  atque  Mari. 

Ed  a  tal  fine  appunto  figuravafi  quefto  Animale  anco  nelle  mani  di  Venere  I’  im¬ 
pudica,  fi  come  leggiadramente  fii  elprello  dall’Eroica  Mula  di  GiuleppeGa- 
leanir  Apolline  Palermitano, che  nel  luo  Pelagio,  ò  lia  Spagna  Racquiftatane 
cantò.  Due  Veneri  vi  fon,  l*  una  irupudica, 

■  che  dal  Mar  d  '  onde  ttfcì ,  porta  il  Delfino  ; 

L  ’  altra  ne  '  fuoi  penper  cafla  ,  e  pudica 
L'  altrui  lafcivo  Amor  cangia  in  divino. 

Benché  ciò  per  avventura  non  fia  lenza  allufione  al  cangiamento  di  Venere  in 
pelce,  e  forfi  di  quella  fpezie,  leguito  nella  guerra  de’  Giganti,  quando  pcrlo* 
verchia  temenza,  al  dir  d’ Ovidio 

Fife  Venus  latuit. 

ancorché  il  Bergano  lo  determini  Pelce  del  Nilo ,  ove  nota ,  che 
Nilicolà  fub  Pifee  latebas 
Mater  Amorum . 

3  Vede  quefto  famolo  Acquatile ,  come  le  Balene  ,  di  cuojo  lenza  Icaglie,  ò 
peli.  CheperòèpiudaofTervaifi.chedaimitarfi  l’epitetodi  fquamofo 
aflegna  un  Poeta  della  Liguria  nella  leguente  per  altro  bellillìmadelcrizzionc 
Sicubi  pacati  Libycis  Delphines  in  undis 

Exercent  agiles  (  S.^vAMMEA  Monflra  )  choros . 

Marmora  falcata  feriunt  fpumantia  cauda, 

Marmora  fumma  levi  vix  bene  ta^a  fuga, 

K^gmina  lunantur ,  concurrunt  aquor  e  toto, 

Inque  vicem  potas  ejaculantur  aquas. 

Fella  moventur  aquis,  dat  forma  plicatilis  arcum. 

Tela  liquor ,  Zephyri  clajpca ,  valla  falum , 

Tum  fufpenfa  levi  fe  tollit  in  aera  faltit 
Turba  \  fuas  etiam  cau  ferat  aquor  aves . 

F  4 


Alacc,  £m» 
W.74. 


6.  Mtt. 

V. 120. 


£4,  AAtfp9 


£.mbl.n6. 


CanuVll.^ 


Ov.L$.MtU 

r.351. 

Jod  Berg.f, 
l.  i.Ben.v, 

fi®.' 


Demirtie^ab 
Ecet.  Antr, 
Bethltm» 
Fart  2.Prp‘ 
Itti,  z. 


£.|.  Mtt. 


Mm,  V.682, 


'MarimRim 

M*rit.S»a. 

*4* 


L>l.Petm.Z 


L.^M  Iteli, 

».  I  z84. 


Picinel.  Af. 
Stmb,  l,  6, 
c.  17.  ».  67. 
Stefh.  Can. 
tuar.Ub.Al, 
Itg.tn  Gtn. 
e,  I. 

SrMcciel. 
Crne  KACq, 
i,  14.72^ 


Seld» 

de'  Lengcb, 
C.  15.  Ji- 

Seeg,  /.  g, 
Ben.  ».852. 

Ben  Am,  y. 
//.  I.  i6.6i. 


m  V  &  E  O  c  0  S  P  l  A  N  O 

4  Nel  ventre  biancheggia,  e  nel  dorfo  è  fofco,  fi  come  pur  tofcbc  fono  le  Pin» 
ne ,  che  fenza  aculei  vigorofe  t  ralmettc ,  una  per  lato ,  oltre  quella  della  Ichiena» 
eh’  è  fola ,  ma  più  dell’  altre  eminente,  e  le  due  vicine  alla  coda  lunata  »come  pri' 
ma  del  fopracitato  Poeta  la  deferiffe  Ovidio,  che  ne  cantò 

—  ■  ■  ■  falcata  novi f ma  cauda  ejl , 

^jtalia  dimidia  f nuantur  cornua  Luna, 

5  II  Capo  minore  del  tronco ,  con  lunga  apertura  di  bocca ,  e  rofiro  lungo ,  e 
rotondo ,  c  nel  fito  delle  nari  deprelTo ,  e  ’l  dorfo  dillefo ,  non  curvo,  come  accen» 
na  la  gentil  Mula  del  noftro  Pictranegra  in  quel  verfo  ; 

In  triHem  incurrit  fande  Delphine  Sete']am. 
fanno conofeere, che  in  molti  marmi ,  e  bronzi  antichi,  e  moderni,  &  in  altre 
materie,  quello  Acquatile  fia  fiato  effigiato  più  a  capriccio ,  che  nò,  col  capo  fo¬ 
vente  più  grolfo  del  bufto,  la  bocca  rotonda ,  e  le  labra  ripiegate  in  fuori,  e  di 
modo , che  più  torto  fembra  un  Mortro  tra  Pelei, che  naturale  Delfino.  11  che  in¬ 
gannò  il  Cavalier  Marini,  quando  deferivendo  un  Delfino  gli  alicgnò  tlrofiio 
curvo(ch’èdiritto,comeinqueIlodcl  Mufeo  fi  vede)  cantandone 
Curvo  anco  ha  il  rojlro ,  e  '  mento  globi  attorta 
La  coda  inalza  y  e  col  veloce  corfo 
Toreuta  luna  in  su  /’  cltremo  ei  porta, 

10  però  non  attribuifeo  ad  erroj-c  delTarre ,  le  l’ elprefi'e  curvo ,  bench’ei  non  fia, 
denotando  con  tale  (cordo  quella  /embianza ,  che  di  fe  mortra ,  quando  trefean- 
do  per  r  acqua ,  e  vibrandoli  velociffimo  a  capo  chino  s' attulfa ,  fi  che  di  lui  po¬ 
trebbe  dirli  con  Pietro  Crinito  .benché  in  altro  propolito . 

,  Pracipitet»  fe  fe  tradens  immergitur  undis, 

E  tale  lo  dipinge  il  Fontano  in  que’V'^erfi. 

Ba  jano  f  forte  procul  de  littore  cernes 
Delphinum  ludentem,  &  terga  accliva  plicantem y 
Nunc  undis  fe  attolentemy  nunc  gurgite  toto 
Mergentem  fe  fe , 

6  Dal  che  i  Naviganti  prendono  augurio  di  vicina  temperta,  come  inferi,  chi 
ne  formò  corpo  d’Imprefa  coi  motto  METVENDA  PROCELLA  y  fondato  co¬ 
me  fembra ,  su  quel  detto  di  Stefano  Canruarienfe  Ludus  Ceti lignumejì  tempefia*^ 
tis  y  e  ratificato  dal  Bracciolini  in  querti  tratti  canori . 

Ne  men  trillo  prefgio  il  curvo  dorfo 
Del  veloce  Del  fin  forge  tra  L‘  onde , 
che  fpeffo  avvien  ,  che  di  fue  rote  al  corfo 
Or  f  mo^ra  del  tutto,  or  f  nafeonde, 
che  fia,  dice  il  Nccchier  di  affanno  morfo  y 
Sfoga  Nettuno  i  tuoi  difdegg.t  altronde, 
Ev’aIluferoilBergano,&il  Boldoni; quefii  condirne  ; 

Parie  veder  y  che  */  del  tuoni  y  e  balene, 

E  su  r  onde  i  Delfn  feopran  le  fchiene . 

Quegli  notando 

licet y  (jr  ludens  verrat  tua  marmora  Delphin, 

11  che  è  un  dir  col  Benamati 


C h legge n  Delfìni  al  ricco  mar  tempefla, 

7  Se  bene  però  talvolta  s’awera  tale  augurro, folli  perche  il  Delfino  Tenta 
alterarli  dalla  commozione,  che  s’ introduce  nel  Mare  dalle  fottcrrpncc  efaìazio- 
ni ,  ò  da’ cangiamenti  dell’aria ,  come  nella  terra  in  parecchi  viventi  fanno  molto 

lenii* 


L  ì  •B  'R  0  SECONDO.  CAP.  Ili  A3 

fenfibile  impresone  le  imminenti  mura2Ìoni  de’tempi  :  non  perciò  dal  fcmpli- 
ce  trefcar  de’ Delfini  parcs  che  ne  debba  fcguir  la  certezza  delia  prelagira  pro¬ 
cella  ,effendo  in  elfi  naturale  il  fovente  emergere,  fé  non  peraltro  ,  per  neceflirà 
direlpiro,  bavcndone  gli  organi  ;  e  talvolta  per  curiofìtà  di  guardarli  attorno, 
ò  d’ udir  qualche  voce ,  ò  fuono ,  di  cui  ne  fono  amiciflìmi  ,conie  nota  Filoftrato 
nelle  Imagini,  di  Greco  in  Latino  tradotte  da  Stefano  Negri  Cremonelemento- 
vando  cui  in  Mar  diede  il  Delfino  aita 

Te  ’/  fuono. 

In  prova  di  che  racconta  il  Gefnero  A.  D.  che  a’  fuoi  giorni  in  un  Porro  dell’In* 
ghilterrafù  veduta  una  greggia  di  Delfini ,  che  al  fuono  d’una  Buccina  curiofi 
Saltellavano  ,  verificando  quel  detto  di  Stazio . 

Ad  chelyn  y  ér  blandi  ficofulis  Delphines  aderrant, 

V’allufe  Monfignor  Arefio  noftro  proponendo  un  Delfino  per  corpo  d’Imprefa 
a  lode  di  S.  Giacomo  Minore,  col  motto  cavato  dall’ Epiftola  Canonica  di  qucl- 
i’Apoftolo  VELOX  AD  AVDIENDVM,  In  conformità  di  che  il  Ceba, 
x^ppreffo  il  dolce  fiuon  d'  un'  aurea  cetra 
Move  contrario  a  quefio  un  gran  Delfine, 
che  s'  avanza  talor ,  talor  s’  arretra. 

Secondo  che  'I  concento  ha  piu  vicino, 

EtilBoldoni. 

Spejfo,  mentre  su' lite  egli  cantava, 

Correano  al  dolce  fiuon  Foche ,  e  De  fini , 

E  fimilmcntc  11  Cavaiier  Marino , 

Vficir  da  le  fitte  tane  umide,  algofe,. 

Tratto  dal  canto,  (fi  apprcjfiar  1'  arena 
Tefice  vid'  io,  che  con  la  curva  fichiena 
L'  onde  raddoppia  a  le  campagne  ondofie , 

Onde  fi  rende  credibile  ciò  che  del  Delfino  nel  fatto  d’  Arione  feriffero  Erodoto, 
Luciano,  Oppiano  ,&  altri ,  accennato  dal  mio  riverito  D.  Antonio  Mufcettola 
nel  Proemio  delle  fuegentili/fimePoefie,  notandovi  che 
7/  canto  d'  Arton  fiu  grato  al  Mare , 

da  Girolamo  Caravaggi  l' Ovidio  Chriftiano  della  mia  Patria  Poeticamente  rife¬ 
rito  ne’ Sagri  Fatti  con  quefti  verfi . 

Carmine  quo  terras  omnes  lujlravit  Arion, 

Traxerat  immites  in  fina  vota  fer&s. 

Moverat,  fi .fiitvias ,  fontis  remeabat  .ad  ora 
Nilus,  fi  adverfias  ille  petebat  aquas. 

,  Dum  canit,  fi  Citharam  digitis  moderatur  eburnis, 

Tierides  miris  obBupuere  modis , 

Stipe  fiuam  tumidi  rabiem  pofiuere  leones , 

Et  \acuere  uno  Tigris ,  fi  Agna  loco . 

Sape  domum  vifia  ‘  efi  tarde  rediilfie  capella, 

^tum  caneret.  Leporem  nulla  fiecuta  Canis, 

Lunaque  carttleo  firmavit  in  athere  currus,  ^ 

C  ce  per  at ,  fi  frater  tardior  ire  domum, 
i  Venerat  in  Latias  nec  adhuc  bene  cognitus  urbes, 

5  .  Notior  in  Siculis  urbibus  ille _ 

illic  quafierat  cantu  quo'  vivere  pofict. 

Tutius,  fi  patrios. jxcolufie  lares. 

Dumaue  timet  prada,  navem  cqnfcendit  Arion, 

Fa  Remi» 


Ntg.in  lem. 


Lama  C.  à, 

64. 


L,  1.  Sylv, 

ap.  Picinell^ 
iec.cn.  »72 
DJac.i.ip. 


Caduta  dt' 
Leni.  C.7. 
131. 


Rim.  Mariti 
Seu.  24. 


Lucia», 
Diat.  Ma~ 
rn.  8. 

f.  1. 

L.  I.  Fafl. 
p.45. 


L.i^^nthàttj 

mt 


P'idd  Eetl.t 


MufcéH. 
P»t.  l.  ». 
£t.  1. 


Z.  >•  An* 
thtl. 


<$4  M  y  S  E  0  COSPlAìiO 

Rtmigis  httic  fnortem  ferpda  turba  parat. 

Senfcrat ,  &  dixit,  nen  vita  deprecor  ufum , 

Scd  finite  in  mceHa  fata  referre  lyra. 

Vix  que  ea  tentar  at,  capiti  locat  ille  coronant, 
fyfptat,  ad  Lyricos  fila  canora  modos. 

,  Lam  canit,  e  puppi  medias  jam  fertur  in  undas, 

Delphinoque  fedens  aquor  a  tuta  ferit , 

Et  redit  tn  patriam. 

La  quale  Iftoria  da  Bianore  Poera  Greco  era  ftata  riftretta  nel  feguente  Epi¬ 
gramma. 

iftUfie  St'  dtdhiu  TupirnfiStt  iyyy’ii 

*efliiK.Txr  aKetTi,  d'/or . 

AvsIkx  (Alt  madfii  yiyvti}^i't  ìl^xTo 

Suu^p,r$t ,  is  Se  CuòS  ÌMaTiuttte  • 

is-’  /VjjucaV  EslAa-l  Ktftròit*.  if  fx  ixMffai 
a'fHfmTàtr  «?x»  Smxiijipevs . 

Che  (o vvicromi  d’  haver  così  tra  pportato . 

LSon  procul  à  Tufico  Ctthar aedum  gurgite  Nauta 
Furaces  dederant  in  mare  pracipitem , 

^uem  cum  ftta^ifona  excipiens  tefiudine  Delphin 
Sfiorem  caute  per  vada  caca  tulit. 

Vfque  Corinthiacum  qua  fofpite  tangeret  iHhmum, 

Nempe  viris  mage  fiunt  mttia  monllra  maris. 

Di  che  il  noftro  Vida,  che  fù  il  Virgilio  Chriftiano. 

Vos  tamen,  o  tandem  traxerunt  carmina  Nymphit 
Neretdes ,  tutam  cufn  per  vada  falfa  ficcar  et 
Suppofito  Delphine  viam,  i>i  patriamque  rediret, 

EGio.'Tomafo  Mulconio  purCremonefe. 

Exceptumque  fino  Delphinus  Ariona  dorfo 
Vexit  ad  arguta  pledra  canora  Lyra, 

9  Accrefee  a  ciò  fede  lo  (tupendo  racconto  di  quell’  Vlìgnuolo ,  che  mentre 
foa vementc  cantando  volava  fopra  il  Mare ,  da  un  foffio  Boreale  fommerfo ,  fù  » 
come  Arione ,  falvatodaun  Delfino,  che ’l  df  lui  volo  fegu  iva  rapito  dal  canto, 
(opra  di  che  Filippo  Greco  Poeta  ne  Jafeiò  i  fottoferitti  verlì 

,  ÌtìVwt«^4v  yrtf  JKuMe, 

Tlrtì  yàp  i(Aoì  Of  »'*»(■  «T/Ef  sS'  ,  ’ 

Kkkx  (A*  tLuì'  /AtAiynptw  atSiivx  Stuart  tei  Tilt 
^fsfìr  ,  noi  -óìUoUa  i-àrTitt  tnt'xti , 
rticordr^  S  ifi-Tii  ,  ToV  xKvir** 

NituTtw  7«  clfAXTQt  iy'iì  Ktìotpif, 

ttptflLau  M^diTtt  **i  Moy'tiitir  ufAiròtt 
HVvrsf .  O»  4*rfrif  fiSSif  A'pte’ritf . 

I  quali,  quali  col  raedefimo  ordine  ridotti  a  metro  Latino  Tuonano'. 

Reprehendens  Boream  fuper  aquor  a  falfa  volabam. 

Nam  nec  Threicii  mi  favet  aura  foli. 

Sed  me  dulcifionam  fufeepit  Aedona  dorfo 
Delphin,  (fi  volucrem  bellua  vexit  aqua, 

Remtge  tam  fido  tranfvetla,  mcum  fine  remis 
Nautam  demulcebam  oris  ego  cithara, 

-  Crd- 


libro  secondo.  C  AP.  Ili  <J5 

Gratuito  femper  Mufas  Delphitìes  honorant 
Remigio.  Haud  mendax  Fabula  Ar ionia. 

.  jo  Ovidio  però  io  mento  va  come  Favola  mera,  ove  chiamando  il  Del- 
^Do(bcnchctale  veramente  non  fia,  come  quello,  che  eftratto  dai  Mare  geme 
alìmiglianza  d’un’huomo,  e  tra  gli  altri  Toffervò  reruditiflinio  Jiartolomeo 
Botta  nel  Commento  alla  Chriftiade  del  noftro  V ida  )  ne  IcriiTe 
J^amvis  muttts  erat ,  -joci  favijfe  putatiir 
Pifeis  Ario  ni  £  Fabula  nota  Lyra, 

AI  che  fi  fottoferifie  il  Bracciolini  preffo  di  cui  fi  legge 
«■  i—  —  ■■■  Hor  d'  Arione 
Taccia  la  fanjolofa  antica  etade . 

1 1  Dello  ftefl'o  parere  fii  Strabone,  ftimando  che  Arione  rimanere  fommerfo 
daNaviganti.  Con  tutto  ciò  la  Statua  a  cavallo  del  Delfino  drizzatali  in  Tena 
ro  da  Periandro , che  al  tempo  d’  Arione  regnava  in  Corinto ,  prova  il  contrario. 
Ne  fà  menzione  Erodoto,  la  di  cui  autorità  vien  confermata  da  Bianore  con  que¬ 
llo  Tctraftico. 

ÉVwffÉf  Tltfita.rS'foe  Rplovoe  einoroc.  rat  tZ<ìi  , 

Kai  7o»  à^orh.v(Avu  rutìpopta.  vtiSaptivor 

JLiraMtv  Aerp7nt .  Aiyet  A’plevt 

Krurtpay  àr^pàfott  ^  , 

Ghe  potrebbe  in  tal  modo  tradurli . 

Effigient  fiatuit  Periander  Arionis  ifianit  : 

<  ^uieiHe  celer  nabat  cum  f  ereunte  fimuly 

'Mquereum  Delphina-,  fuperqae  hic  Arione  fermo  efi , 

Demerfum  Pifees  eripuere  Viris, 

Onde  ne  dedulfe  pofeia  l’ Alciati  quell’  Emblema  contro  gli  Avari . 

Delphini  infdens  vada  e  arula  fulcat  Arion, 

Hocqtte  aures  mulcet,  franai,  (ffi  era  fono. 

.^jiam  ft  Avari  hominis,  non  tam  mens  dira  Ferarum  ef, 
t  ^^ique  Viris  rapimur.  Fife  ibus  eripimur, 

t  a  E  Ia  memoria  di  quella  Statua  fi  vede  eternata  in  alcune  Medaglie ,  ò  Mo¬ 
nete  antiche  di  bronzo ,  una  delle  quali  fi  vede  nel  Mufeo,  con  l’effigie  d’ Arione 
a  cavallo  del  Delfino  da  una  parte,  e  dall’altra  una  belliffima  Conca  Pettine, 
lenza  ifcrizzione  alcuna.  Il  che  me  la  fà  congetturare  più  tolto  moneta ,  che  Me¬ 
daglia.  Nè  mancanoperconfermazionedclla  pietà  di  quello  Acquatile  ufata 
verlo  Arione  gli  elcmpli  d’ altri  Delfini ,  c’  hanno  campato  altri  da’  naufragii ,  ò 
precipizii  di  Mare,  come  di  S. Calcillrato  Martire,  racconta  il  Mctafralle;  ò 
portatone  i  corpi  morti  al  lido ,  come  quello  di  S.  Luciano ,  al  riferire  dello  Hel¬ 
lo  Scrittore;  c  queir  altro  (le  pure  nonfù  il  medelìmo)  di  cui  Icrillc  Antifilo 
quello  Epigramma . 

Rrlpa  Sm'p,  ;^f/j«raò«r  •*  Tt’rrtte ,  iwttv ,  tpiTnvf , 

A'pitittti  Ao?*»?  vyplt  »Vef5i  ttKvv , 

S*;  ine'ptio't'A .  to'  j'ì  7Mor ,  dAce  iìe  yUu 

Kn^diAifoe ,  (JLtriitf  tjptt  òufATtv , 

^gjfitra.  y  cLAAt'Aaf  if  piìv  tndtx 

,  ini,  T»V  y  diro'  yot ,  fx-rafi  risfpo'r  tjfaf, 

òfia^  Terrefirem  undivagans ,  hominem  fera,  flamine  Caflum 

Refpirans,  dorfo  firata  per  uda  tuli. 

Littore  donec  eum  hoc  po/ui;  fed  ut  arida  eepit 

Me,  nauli  f  ratium  tri  He,  obeundo^  . 

p  j  'MAtld 


Bottainl.u 

Qhrifitad. 

P-J3- 

Ovtà.  l.^, 
de  Ar. 

Croce  Racq_. 
i.iz.fi.  33. 


Strab.l.16, 
ca^.  flit. 


L,  Anth, 


Emhl.  90.« 


Aldr.  t.  li 
Cef.  e.  7, 

Stnf.  Me» 
tafh.  afnd 
Ltfom. 

T  em,  6. 


i2St  I  •  Afttft. 


66 


PicintR,  M. 
Stmb  /»  6. 
c.ij.ntt.Su 


Hor.  in  A. 
P. 

Ogter.l,  i. 
Stiv.v  ili. 


tAl.  Nifi. 

2.  e, 

5.  «5" /.II. 

C.  12. 

Pi,l.9.e.S.& 
/.  ii.f.37* 
PitM.  /uh. 
epftei.  Md 
Cahih. 

/•  t, 
de  Ctt.e.-j, 
Lamprid, 
Od.  20. 


EEofì,  Att. 
/.  7.  e,  S. 

G  aerar  d.Uì 
CArm.  1 1  |. 


Sttph,  Nig. 
de  ntm.vtte 
imx»  (,  368. 


M  y  S  E  0  C  0  s  P  l  A  N  0 

Mutati  Jìt  forte  ambo  deceffìtnus:  ìllum 

S,i  tnea  lytn^a  necat ,  tne  fua  terra  necat , 

1 1  Non  però  è  da  crederli  che  lubito^che  toccano  terra  ,  muojanoi  Delfìni, 
come  pare  che  accenni  non  folo  Antifìlo  ne’fudccti  verfi,maanco  qucU’  Anoni* 
mojche  iafciò  a’ poli  eri  quelfo  F/aftico, 

Kùlitt-ra.  j  ial  TftiXa'f  (il  KK^'S'mr  Ìt)  yifvof  trvfnv 
Kottòr  opa/i»  'ru\ut . 

A’Kk'  ÌtÌ  ftìr  ycuut ,  fXea»  toVo^  .  (  «/  yttp  IS'o'me 
Éùòvf  Tfts  TUfi^or  fjL  ìetpor  ìvfiMte  •) 

NCi'  ìf  TtKovfa.  S«'A*77«t  iiÙKitt .  tìt  •nifi  Teffii 
nir/e,  oV  ou’J'"  ììitif  pirtiro  9ut7f*pU<  • 

Che  fù  tradotto, e  riftretto dall*  Alciato nel  feguente  Tctraftico  Emblemati¬ 
co  ,  da  cui  feinbra  cavata  l’ imprefa  d’ Enrico  Farnefe ,  col  Delfino  moribondo 
su  la  (piaggia  del  Mare,  &  il  motto  IN  ALTO  VITA, 

Delphinum  invitum  me  in  littora  compulit  aflui  ^ 

Exemplum^  infido  quanta  pericla  mari. 

Nam  fl  nec  propriis  Neptunus  parcit  alumnis  t 
.^jtis  tutes  homines  navibus  efle  putet  ? 

Pofclachchavcndo  1  Delfini  gli  organi  della  refpirazione,  fc  non  ponno  cfcrci- 
tarne  le  funzioni  che  emergendo  col  capo  dall’acqua ,  ben  ponno  vivere  fuori 
di  quella ,  come  infegna  col  Filofofo  1*  efpericnza ,  che  facendone  talvolta  vede¬ 
re  de’ vivi  lungi  dal  Mare  (  mentre  anco  nelle  Città  mediterranee  gli  hanno  in¬ 
trodotti  i  Pefeatori  )  feufa  in  parte  l’errore  di  coloro , che, al  dir  d’ Orazio  > 
Delphinum  fllvis  appingant  * 
fenza  riflettere  con  Simone  Ogieri,  che 

Non  currit  Delphin ,  fi  fpoliitur  aquà 

1 4  Ma  ritornando  al  fatto  d’  Arione ,  per  comprovarlo ,  abbondano  le  Iftoric 
de  gli  Delfini ,  che  invaghitili  de’  fanciulli  d’ età  innocente  gli  hanno  lungo  tem- 
polerviti  di  fecuro corridore  ne’ Mari , come  fcrivonoTeofrafto,  Eliano»  Pau- 
fania,  Ateneo, Oppiano, l’uno, e  l'altro  Plinio,  Solino,  Zeze,  &  altri  riferiti 
dall’ Aldrovandi .  Onde  Benedetto  Lampridio  Cremonefe ,  il  primo,  chcv|ar- 
rifehiafle  a  fcrivere  Odi  Pindariche  Latine ,  dopo  haver  cantato 
^  ■■■'■»  volucri  praterit  impetu 

Dephin  Haleyonas  fretum  ]ocofà 

Penna  legentes  ; 

foggiunfe  — — ■  —Il  ■  —  ——  adnatantent 

Delphina  fpectes  alterum  ^ 

Dorfoque  repando  ut  puer  harens  | 

Gaudeat  ire  per  altum, 

j  5  D’ uno  di  quell/  cali  luccelTo  a  Pozzuolo ,  giulla  la  relazione  d*  Appione»| 
e  di  Gellio ,  lalciò  Pietro  Gherardi  quella  xMenzionc  | 

In  Delphinum  Amantem, 

Dum  puerum  Delphin  expeclo  in  littore  fruHrk ,  I 

Hic  mi  fer  interii  deficiente  anima, 

E  ciò  perche  gli  Amori  ludcttihauevanolcritto  che  il  Fanciullo  amato  da  queB 
Delfino ,  eralì  infermato ,  e  morto .  Il  che  più  credibile  mi  fembra  di  quello ,  che 
nota  Eliano  del  Fanciullo  d’Ialo,  cioè  che  morifle  punto  da  un’ aculeo  della  Pini 
na  dorale  del  Delfino ,  che  al  folito  Io  portava ,  come  fenile  pur  Daride,ò  lia  Da 
rete  Frigio , riferito  da  Mulonio  Filofofo  Tirio,  ncHibro  del  foverchio  lullo  del 
la  Vita,  portato  di  Greco  in  Latino  da  Stefano  Negri  Cremonefe,  Polciachc 

come 


L  l  'S  R  0  SECONDO.  CAP.  Ili  67 

come  s’è  accennato  di  fopra ,  non  hanno  i  Delfìni  aculei  in  parte  alcuna  del  cor- 
po  i  e  ravvisò  ilGhelfucci,  chechiamò 

Senza  fpina  i  Delfin  cafii,  e  benigni, 
fe  però  coir  Aldrovandi  non  voleffimo  chiamar’ aculeata  la  fudetta  Pinna,  per 
edere  alquanto  rigida,  come  odervò  il  Rondelezio.  Con  che  può  difenderfi 
queir  imprefa  di  iMonfignor  Arefio  noftro ,  in  cui  rapprefcnta  un  Delfino  lotto  il 
ventre  d’un  Crocodilo,  col  motto  SVBEST ,  sEd  obest  ^  &  infieme  quei 
nobile  Epigramma  d’ Aurelio  Orfi  fopra  la  Fontana  del  Delfino, 

Hic  puer  implicitus  Delphino  lujìt  in  undis  ^ 

Hajìt y  in  dorfo  Pifcis  amantis  amans. 

Sed  cum  confuetos  iteraret  in  aquore  cur/us  t 
Infelice  !  fpina  concidit  iSitis  acu  , 
indoluit  y  voluit  que  mori  Delphinus ,  0“  ambo 
Marmoreo  obilricii  diriguere  gelu, 

Hunc  quoque  flet  puerum  amplexus  Delphinus  in  undis  i 
Ety  quibus  interiit  y  vivere  gaudet  aquis. 

E  forfi  da  quelli  cali  dedulTe  1’  Alciati  la  ragione  di  proporre  U  Delfino  fcolpi- 
ro  in  un  fepolcro  per  (imbolo  di  chi  muore  d’età  immatura,  come  in  quelFEm- 
blema  in  Mortem prapr operam . 

J^i  teneras  forma  allexit  y  torftque  puellas  y 
pulchrior  y  &  tota  nobilis  Vrbe  Puer: 

Occidit  ante  diem  nulli  mage  flendus  y  Arefiiy 
^uam  tibty  cui  cado  junclus  amore  fuity 
Ergo  illi  tumulum  tanti  monumenta  doloris 
{^^/fliruisy  dr  querulis  vocibus  ajlra  feris. 

Me  fine  abisy  dileEleì  neque  amplius  ibimus  una^ 

Nec  mecum  in  Hudiis  oda  grata  teres  ì 
Sed  te  terra  teget,  fed  fati  y  Gorgonis  ora , 

Delphinefque  tui  figna  dolenda  dabunt . 

X  ^  Mà  torniamo  a’  Delfini  vivi .  A  quella  loro  mirabile  inclinazione  di  por« 
tar  gli  huomini  per  Io  Mare  gentilmente  allufe  Bafilio  Zanchi, feri  vendo  a  Gentil 
Delfino  Iflorico  Romano . 

Suppofito  quondam  fervavit  Ariona  dorfo  y 
Et  charam  Delphin  pertulit  in  patriam. 

Tu  nunc  clara  tua  monumenta  abfcoudita  Roma 
Pandis  y  è  vadis  eruis  aggeribus  y 
Et  quacunque  fitus  y  quacunque  annofa  Vetuflas 
obruit  y  infolita  tollis  ad  afra  via. 
p’t  merito ,  Delphine ,  queam  tibi  dicere  :  debes 
^^am  P atria  y  tantum  Patria  Roma  libi. 

Ma  più  leggiadramente  maneggiò  quefta  metafora  il  noftro  Gio.  Luigi  Pieci- 
nardi  in  un’ Oda  fcritta  a  Gabriel  Baba,  che  difendeva  ilcorfo  dellefueFilofofi- 
che  fatiche  (otto  gli aufpicii  dì  Monfignor  Gio.  Delfini  Patriarca  d’Aquilea,  & 
bora  Eminentifs.  Cardinale ,  di  cui  fi  può  dire  con  Francefeo  Spinola  Milanefe 
Vt  micat  hic  Venetos  inter  Delphinus  y  inter 
K^rdebit  fuper  lucida  figna  Poli, 

Cosìil  Piccinardi 

PORTtM  y  facratus  teque  DELPHIN 
Tam  dubias  regit  inter  undas. 

DELPHIN  quieti  litteris  ad  plagas 

Ducit ,  II 


Ghelf.  Rtf. 
C.u.  (i.ii. 
Alar.  loc. 
cit. 

Artf.ap.Pi* 
sineU-  1.6. 
M.  Stmb. 
c.  x^.m.  if 
Vrf.L 
ii- 


Llj.  Poemi 


L.  l'.Epig. 
104. 


7  id,  Pott, 

Cj  tfi.  i  o. 


68  M  y  S  E  0  COSPIAHO 


Céler»  Favì 

il. 


TtQ.Od» 
ix.  *7- 


irV. 

QA.^i.  9* 


Ilchepurd’Arioncegli  motivò  nel  Proemio  della  prima  Parte  delle  fuegen- 
tililsime  Poefie  Tofeane ,  cantando 

Belle  Dee  di  Fermerò  ^ 

Da  le  cui  cetre  hchbe  Ariene  in  forte 
Di  navigar  fovra  i  Delfini  i  Mari, 

1 7  Sopra  il  qual  fucceilo  Ichcrzando  il  Cavalier  Marino ,  non  sò  vedere  per¬ 
che  chiamaffey^w/?;»/^/^  il  Delfino,  che,  come  s’c  detto,  non  hà  /caglie alcune, 
ove  IcrifTe  a  Giulio  Donnabclla , che  l’ haveva  per  eccellenza  dipinto . 

Guiz^zaicr  S.^AMOSO^ 
che  manfueto  in  sh  la  curva  ffalU 
Per  lo  J>elago  endofo , 

Giulio y  il  fnerfio  Arion  conduce  a  aalia. 

Sai'  perche  quafi  pien  d'  human  difeorfo 
€li  fa  foggio  del  dorfo^ 

Non  creder  tu,  che  tanto 
L  '  alletti  il  dolce  canto , 

guanto  il  fa  per  mostrar  che  ‘  l  tuo  difegno 
Seppe  darli  col  moto  anco  I'  ingegno . 

Nelchefùfe  guitodal  Tcfti,  cantante  del  fatto  d’ Arione 
Ma  pietefo  Delfin ,  che  già  l  ’  afpetta 
In  me"^  a  1*  acque,  il  dorfu 
Volontario  fuppone  a  sì  bel  pefo  ; 

Ne  sì  veloce  mai  da  l  ’  arco  tefo 

Ttigge  Jlral,  come  il  corfe 

Lo  S,^VAMQSO  deflrier  per  I'  acque  affretta. 

Ma  forfi  con  quell’  epiteto  vollero  quefti  due  Cigni  imitar  Manilio,  che  favei» 
landò  del  Cclcftc  Delfino ,  paragonò  le  di  lui  Stelle  alle  kaglie ,  cantandone . 
Caruleus  Ponto  curn  fc  Delphinus  tn  afira 

Erigit,  (fi  S^VAMMAM  Steli is  imttantibus  exit, 

-  1 8  Qual  fegno  Aglaoftene  finfc.che  fufle  uno  de’  Tirreni  da  Bacco  trasforma¬ 
ti  in  Delfini ,  come  nelle  Imagini  di  Filolfrato  fi  legge .  De’  quali  la  gentil  Mufa 
d’amico  Poeta,  che  è  Francclco  Alfonfo  Donnoli,  l’ Orazio  di  Montalcino,yn 
un’Ode  diretta  al  Co.  Vincenzo  Marefeotti,  il  Pindaro  Bologncfe. 

I  Nocchieri  di  Tebe  her  peregrini 
Si  purgano  nel  Mar  muti  Delfini, 

Altri  però  quello  honore  artribuilcono  al  Delfino  d’  Arione ,  come  il  Co.  Ema¬ 
nuel  Telauro  ne  gli  Emblemi  del  Giardino  di  Raconigi  del  Principe  Tomalodi 
Savoja  :  ove  alla  Statua  rapprefentante  il  Delfino  Celeflc ,  deciinafettima  Figu¬ 
ra  Boreale,  fottofcrifl'e . 


if«».  Vhef. 
Cafinecth. 
Art(foH. 
P‘672. 


ii.  I.  tajfor. 

67. 


Ionium  dives  Pelagum  dum  fulcat  Arion , 

K^ylmia  niifer  Comitum  ptrfidtofa  pavet. 

Confugit  ad  Citharam  Cithara  modulamine  e  aptus. 
Per  medias  Delphin  de  nece  fervat  aquas. 

Divitia  damno Virtus  fuit  una  faluti  : 

fiiua  fine  fiunt  inopes ,  quas  colit  Orbis  opes. 

E  prima  di  lui  il  r.oftro  Caravaggi . 

lam  canit,  e  puppi  medias  \am  fertur  in  undas. 
Delphinoque' fiedens  aquor  a  tuta  ferit. 

Et  redit  in  patriam  :  Caelo  Delphina  locavit 
luppiter ,  fy  meritis  debita  regna  dedit. 


19  Pi& 


LIBRO  SECONDO.  CAP.  111.  69 

ip  Più  leggiadio  peròfcmbra  il  penfierod’Ambrofio  Novidio  fracco  da  Fe¬ 
rentino,  il  quale  nel  tempo  ftcffo,  che ’I  mentovato  Caravaggi  fcriveva  i  Sagri 
Falli  ,compofe  un  Volume  della  ftefla,  materia,  &  ifcrizzione ,  e  parimente  di¬ 
pinto  in  Xil.  Libri  di  Verfi  Elegiaci,  Pofciache  quelli  con  artifizio  degno  di 
Poeta  Chriftiano,  attribuii’ honore  del  Delfino  trapportato  in  Cielo  ad  uno  di 
quelli  Acquatili , che, come  Tufferò  partecipi  deirhumano  dikorfo,  nel  Porto 
di  Rirainiconcorkro  ad  uditela  Predica  del  Taumaturgo  di  Lisbona,  thè  con 
l’attenzione  de’  Bruti  Vditori  convinle  la  più  che  brutale  pertinacia  d’alcuni 
oftinari  Eretici.  Così  fpiegòflì  quel  Poeta. 

ffar ,  ^  Ifauta  die ,  fi  fpeclat  fiderà  ,  Tietphin 
Protinus  a  cauda  mane  'videndus  erit . 

(..editerà  caufa  manet ,  nec  prima:  dijjona ,  fignix 
^uam  dedit  à  Padua.,  qui  fihi  nome»  habet , 

Voce  fua  docius  Delphinas  traxit  Arion, 

Mulcet  dum  nautaS  per  mare  voce  Lyra, 

Hic  quoque  cum  toto  \am  carmine  notus  in  orbe 
P^et ,  &  afficeret  pecora  iniqua  f acris  ; 

\^d  facra  non  fidas  quo  vertat  carmine  gentes, 
t^driacum  ad  littus  concinit  ore  Deum, 

Voceque  cceteHi  Delphinas  ab  aquor  e  traxit: 

Gens  quibus  infpellis  vera,  ait  ,  ipfe  canis . 

Tunc  Delphina  Deus,  tetigit  qui  littora  primus. 

Tollit,  bifque  polo  fiderà  quinque  facit, 

E  ce  ne  addita  il  fito<iiodoco  Bergano  in  que’ verfi . 

Rex  Delphin  denis  fignatus  tergora  Stellis ,  ;  TT 

Vicinas  lovis  armigero ,  Hercule aque  fagittst 
Emicat ,  ■  v'  ■ 

E  ce  ne  (copre  !a  natura  humida>e  piovofa  Marco  Tullio  Beroi  v  il  Varrone  Bo- 
lognefe ,  motivando 

.^uot  glomeret  nimbos  gavifus  Arione  Delphin, 

20  Ma  già  che  s’ è  mentovato  queffo  Afferifmo ,  che  ben  può  dirli 

Pifeis  in  atherei  qui  ludit  fitiminis  undis , 

Offerviamooela  deicrizzione  d’ Arato  nc'Fenomeni,  che  trapportata  in  Verfi 
Latini  dal  Padre  della  Romana  Eloquenza  merita  d*  effer  letta ,  fei bacali  dali’in- 
gordigiadelTempo  ne  gli  Scritti  di  Prikiano. 

Tum  magni  curvus  'Capricorni  corpora  propter 
Delphinus  \acet ,  haud  nimio  lufiratu  nitere , 

Prater  quadruplices  Stellas  in  fronte  locatas , 

^uas  intervallum  binas  difierminat  unum. 

Cetera  pars  late  tenui  cum  lumine  fer  fit. 

Illa ,  quA  fulgent  luceS  ex  ore  corufeo , 

"■  Sunt  inter  fortes  gelidas  Aquilone  locata, 

L^que  inter  ffatium,  &  lati  veHigia  Solisi 
pars  inferior  Delphini  fufea  videtur 
''Inter  Solis  iter  ,  fimul  inter  fi amina  venti 
Viribus  erumpit  qua  fammi  fpiritus  Auftri, 

21  Se  fono  però  fòkhe  nei  Cielo ,  come  ne’fudetti  Verfi  Cicerone  dimoRra, 
le  glorie  del  Delfino,  non  fono  ofeure  nella  Terra ,  ove  hà  dato  il  nome ,  e  le  in- 
(egne  non  (olo  alle  Famiglie  intiere,  ma  alle  Cittadi  ,a!lc  Provincie,  &  a' Prin¬ 
cipi 


Novid.  lib. 
XJl.  Sacr. 
Faft.v.i^u 


G.lod.Beri, 
i.3.  Senae. 
V.  465. 


L.q.  Pubici 
V.  133. 


Vatmar.l.^, 

damsnem. 

«.210. 


Cfc.  in  fa. 
raph.  Pha. 
nom.Arati, 
ap.Prife.1.6 


70 


M  V  S  E  0  .C  0  S  P  l  A  N  0 


L.i.Benaci 
P-  39J* 

1»  Hymtt. 
S  Brunenti 
».75. 

l/Ci.il* 


Capace.  \neì 
Prtncii  e 

.avzferi.i^j 


Embl,  \  14^. 


3.  .. 


cipi  ben  grandi ,  Perche  fe  s’onora  de’  Porporati  Delfini  la  Regina  dell’Adria¬ 
tico  ,  pregiòflì  prima  Delfi  d’efiere  denominata  da  Apolline  cangiato  in  Delfino, 
acuì  perciò  da  taluni  lù  dedicaro  quefto  Acquatile,  di  che  il  Bergano 
w— — •  Kunc  lafcivus  in  aquor  e  Delphi?* 

Creditur . 

F  fe  Dclfinato  fi  chiama  vna  parte  della  Francia  .rammentata  da  Pietro  Adria¬ 
no  Vaiiden Broecke  Lettore  d’ Humanita  in  Pifa , 

Lt?n  Dclphi?tatum  ir?/ìg??i  pietate  Sacerdos, 

Dat  ttbi. 

Delle  cui  Infegne  Gio,  Orfini . 

cAllobrogurn  valeant  Delphi?JÌ  lìtfJgnia  Terra. 

Quefto  Regno  altresi  col  nome  di  Delfino  rivcrilce  i  Primogeniti  de' Tuoi  Mo¬ 
narchi.  In  propofiro  di  che  Monfignor  Filippo  Gerì  Piftojclc ,  Vefeovo  prima_» 
d' Ifchia  ,e  poi d’ Aflìfi,  tra  varie  lue  Poclic  Latine ,  e  Tofeane  ,  che  conlcrvo 
MS.  per  darle  una  volta  alia  publica  luce ,  lafciòqucrto  Epigramma. 

De  nato  Galliarurn  Delphino 
Provincias  rebelles . 

Non  fecus  ac  Pelagi  è  Ptagnis  extollit  ad  auras 
Delphinu?n  fuperas  cum  nigra  turba  caput. 

Pradicit  tempejlates ,  ventofqtie  furentes 
Nu??etat  ,  atqite  imts  Jlagna  refufa  vadis, 
sic  fuperas  ortus  Delphin  rnoào  Gallus  ad  auras 
....  dura  ttbi  pralia  fgmfeat. 

Nanque  undarum  astus,  atque  atri  turbinis  infar 
Irruet  hoftlts  per  tua  regna  niantts . 

Hebbe  perciò  luogo  il  Delfino  nell’  Arme  di  que’  Regi ,  dipintovi  alla  finiftra  de* 
Gigli ,  ma  nulla  più  di  loro  fimilc  al  naturale .  E  veramente  egli  è  fimbolo  degno 
de’  Regi ,  che  nacquero  più  che  a  fe  fteftì  ,alla  falutc  del  Popolo ,  comecoH’Em- 
bkma  del  Delfino  avviticchiato  all’  Ancora  (che  fù  fimbolo  prima  de  gli  antichi 
Rè Scleuco,  c Nicanore,  e  pofeia de  gl’imperatori  Ottaviano,  e  Vefpafiano, 
colmotto  FESTINA  LENTE)  và  moltrando  1’ Alciati  in  que’ Vcrfi . 

Titanii  quoties  e  ont  urbani  aquor  a  fratres. 

Tum  mijeros  nautas  Ane  hora  ]a6fa  juvat. 

Nane  pius  erga  homines  Delphin  ceniplccittur ,  itnis 
Tutius  ut  pojfit  figicr  tlla  vadis. 

^uam  deeet  hac  memores  gesi  are  Infgnia  Meges , 

K^nchora  quod  nautis,  fe.  Populo  effe  fuo. 

2  2  Se  dunque  per  tanti  motivi  è  ragguarde  volc.qucfto  Animale ,  ben  merita 
d’elTere  tra  le  altre  pregiate  cofe  del  Multo  Colpiano  oftervato  lo 

SCHELETRO  intiero  del  DELFINO  ,  lungo  cinque  piedi ,  nella  cui  fpina 
fi  contano  cinquantaduc  vertebre,  e  nel  Telchio  novantadue  denti,  limili  a  quel¬ 
li  dc’Cani  tcrreftri ,  quarantaquattro  nella  mafcellainferiore,  e  quarantotto  nel- 
la  luperiore  ;  ne’qurli  èeuriofo  l’olfervare  quanto  facilmente  fi  Icorzino ,  e  po* 
feia  fi  fendano  pe  *1  lungo  in  due  parti  eguali  >  feparandofi  prima  da  loro  la  prima 
corteccia ,  che  è  bianca  ,ò,  per  dir  meglio  ,  del  colore  dell’  Avorio,  ma  friabile 
come  il  Tartaro.  In  altri  Delfini  fi  vede, maggior  numero  di  denti,  come  in  quel¬ 
lo  de)  Mufeo  dell’  A Idf ovandi ,  in  cui  fono  più  fiftì  ,e  palfano  cento ,  benché  al¬ 
cuni  ne  manchino.  I  quali  denti,  quanto  nume  oli,  tanto  forti  ne’ Delfioi  vivi, 
comelirendonoformidabiliai  Pelei  (manfime  a’Tonni,  òca’Ccfali,  de’ quali 
fono  a  vidifs.mi ,  come  notò  quel  Foeta ,  che  fetifle . 


I» 


7* 


L  i  S  ii  O  SECONDO,  CAP.  III. 


In  mare  non  tantas  mugilam  Crex  rumpere  tentai 
E  patulo.  Callis  fpeci antibus ,  ore  Later nn 
/Eoius  ttt  faciles  Aquiloni  laxat  habenas. 

Migrantem  quum  fpe  prade  favo  agmine  Delphin 
Impetit,  ér  mugilem  non  aquo  marie  lac  e  fit.) 

€osi  gli  fanno  temere  da’ Pcfcatori,  che  talora  ne  deplorano  (quarciate  le  reti»c 
podi  in  libertà  la.preda ,  quando  non  yi  fiano  coiti  in  modo,  che  rellino  fuifocati  Ceyn.  in 
per  l’impcditorefpiro.  Onde  ne  cantò  il  Medico  Goinco  ■  t, 

Perniciem  Delphin  raris  ut  retibus  infert , 

Dum  petit  optatos  velox  in  pabula  Mullos  . 

dd  ii  Bargeo  — —  monjlr atque  natantem  SyriàL  L  ii 

Delphinum,  medio,  qui  captet  in  aquor  e  pradas,  v.6oi. 

•  Retibus  inclufas  pradas  inclufus ,  ipfe., 

E  quibus  ut  primum  libuit  fe  parcere  rupto 
Liberet,  iutas  referat  fe  tuius  in  undas. 

Benché  però  cosi  ingiuriolo  a'  Pelcatori  •  talvolta  s’addomelHca  in  modo ,  che 
loro  conduce  nelle  retri  Tonni,  &  altri  Pelei  in  abbondanza,  come  accennò  il 
Bracciolini  introducendo  chi  dide.  /.  3.1.  5x. 

Tornerò  qual  Delfin,  che  /èco  ha  tratte 
Greggia  fquamofa  a  la  predace  rete. 

E  cosi  avvezzo  ad  ajucare  la  pelea gione, di  rado,  ò  non  mai  reftaprefo ai  laccio,  Della  Caee. 
cheperòcomeun  miracolo  notò  d’ un  Fefcatoreìl  Valvalone,  che  Cant.^.ij. 

m  I  I  /e  la  vttlgar  fama  a  noi  non  mente. 

Si  come  Cervo,  ò-^  Capriol  s’  allaccia. 

Ne  la  bocca  d'  un  Porto  un  giorno  tefe 
SÌ  bene  un  laccio ,  che  un  Delfin  vi  prefe  i 


G.lod.Seri, 
l.  y.Benae. 
X.  x8f. 


De  ’  Pefei ,  e  prima  de  *  non  ifcagliof , 
Della  Spada,  Cap,  IV. 


I  O  Otto  il  nome  de’ Pefcì  con  Arinotele  non  s’intendono  confufàmente  tutti 
^  gli  Acquatili,  come  taluni  credono,  e  tra  quelli  alcuni  de’  lopracitati  Poe¬ 
ti ,  &  in  particolare  il  Gheifucci ,  che  ne  cantò 

Pefei  armati  di  fc agita,  altri  di  pela. 

Altri  a  volta  di  pietra  hanno  il  mantello, 
cjdltri  han  di  dura  fqttama  orrido  il  velo. 

La  Locu/la  di  crofie  ornato  il  vello . 

ma  fi  comprendono  propriamente  folo  quelli , che ,  a  differenza  de’  Cetacei  ref- 
piranci,  invece  de’Polmoni,  hanno  le  branchie,  che  danno  l’adito  all’acqua, 
ma  non  traggono  l' aria ,  la  quale  non  bifogna  loro ,  come  che  non  habbiano  tan¬ 
to  langue ,  e  tanto  calore ,  quanto  i  Cetacei  ;  onde  non  ponno  vivere  gran  tem¬ 
po  fuori  dell’  acqua .  Di  quelli,  altri  vellono  di  cure,  chfe  è  ò  lifeia ,  ò  afpra  :  altri 
difcaglie.  Del  primo  genere  a!trrhannoleoCfa,comela  Spad2,altriin  vecedi 
olla  le  cartilagini ,  come  le  Canicole .  E  quelle ,  c  quella  fi  loggiungono  a’Ceta- 
cei,  perche  molto  s’accollano  ad  elfi. 

2  IlPESCE  SPADA,  così  vien  detto  dal  roftro  lungo,  &  acuto  a  guifa  di 
Spada ,  per  cui  da  Greci  fù  chiamato, voce  che  da  Plinio ,  e  prima  da  Ovi¬ 
dio  fù  communicata  all’Idioma  Latino,  Icrivendo  quegli  Xiphiam  ,  ide/l  Cla- 
dtumrefiro  mucronato  ef e  :  e  quelli  1  k 

o-iir  durus  Xiphias  ictu  non  mitior  enfs. 

Onde 


Rifar,  P.%, 
C  •  X4*  3^* 


£$m  ^1»  Co  I* 

Jn  Habtifi. 
«'.97- 


e4d.  de'  . 

Xjcngeb.C.^ 

42. 

J[j,  4*  ^ eT « 

»•33^ 


JL*  2.  r*  27  • 

t..  5-  M»f> 

r.  11. 


K.  15.  c,(>. 


l/.^.  Mari». 
Rtm  .Marte, 
Seft‘  9. 


Picinell.  1.6 
Adòd.Simb 
f.44.  ».171. 
172. 


71  u  y  s  B  0  Q  0  S  B  l  A  N  0  v 

Onde  le  nepoLe  Icrvirej  eneH’uno;  e  nell’ altro  linguaggio, -tjuahmque  /ìalì, 

quellaMula ,  cheriderrò  ■“  ■ 

AÌtKelSpo^rTet  Marlx*v$  ym7n  '• 

llofTc»',  w  Tadfu  St^ia  -  - - 

Q  (ìa  Fudit  i/j  terras  lovis  ira  Ppntum  ' 

Sic ,  ut  in  T auro  Xiphias  nataret . 

Edi  qncfto  intcfe  Sigifmondo  Boldoni  Epico  Poeta  Milanefc,  quando  rrà  diver* 
fi  Acquatili  ranunentò  ^  . 

— >-i»  quel)  Citi  brande'  acuìo  ' anna  la  fronte 
Eprima  il  Bergano  r 

-I  ?tec  fp'icttU  dira  minact 
Fxpedient  mento  Giàdii., 

3  E*  Pefce  aliai  grande ,  come  quello,  che  non  fo!o  avanza  i  Delfìni,  allo  fcri- 
vercdi  Plinio,  ma  agguaglia  le  navicelle,  al  dir  di  Strabone.  Che  però  da  taluni 
tra  Cetacei  fu  annoverato,  confenttndolo  la  di  lui  grandezza,  non  la  natura,  che 
havcndoloproviftodibranchie,efecondatod’Ova,  l'hà  in  rutto  fcparato  da’ 
veri  Cetacei .  Di  quefto ,  che  a  baftanza  è  noto  per  la  cagion  del  fuo  nome ,  len¬ 
za  che  minutamente  fe  ne  riferifeano  le  fattezze,  pende  nel  Mufeo  la  parte  prin¬ 
cipale  ,  che  lo  diftingue  da  tutti  gli  altri'Acquatili ,  ed  è  il 

4  ROSTRO  DEL  PESCE  SPADA,  lungo  due  cubiti ,  eh’ c  la  maggior 
cftenfione,che  l’Aldrovandi  preferiva  a’  Rodri  di  quefti  Pefei.  Nella  parte, 
che  era  più  vicina  al  capo, da  cui  però  non  fù  recifo  intiero,  è  largo  più  di  quat¬ 
tro  deta,  e  perciò  maggiore  di  quelli,  che  deferive  il  Vormio  nel  fuo  Mufeo. 
Sembra  compoflo  di  due  Lame  porofe ,  ma  pelanti  di  color  bigio ,  che  a  poco ,  a 
poco  alTottigliandofi ,  finifeono  in  punta  acuta ,  ma  così  loda  (  come  pure  è  il  ri¬ 
manente  ,  che  ben  perfuade  a  chi  non  ne  hà  veduto  l’efpericnza ,  che  fia  facile  a 
quefti  Pefei  con  arma  così  forte  il  pertugiar  le  Navi.  Di  che  ne  porta  vari  efempi 
r  Aldrovandi .  Have  vano  per  tanto  ragione  di  temere  più  da  quefti,  che  da  Del¬ 
fini  ,  lo  fquarciamcnco  delle  Reti ,  e  la  perdita  della  preda  que’  Pefeatori ,  che ,  al 
dir  d’ElianOjfupplicavan  Nettuno  a  tenerli  dalla  loro  pefeagione  (ch’era  de’ 
Tonni)  lontani,  perle  che  ben  potè  cantarne  il  Marini 

O  terror  d'  ogni  rete  ,  e  di  ogni  nafa 
Pefce  G uerrier ,  che  la  lucente  Spada , 

Vibri  per  /’  acque ,  e  de  1'  alga  fa  lirnda 
Cerchi  la  parte  piu  rtpoHa ,  e  buffa . 

Nel  qual’  atro  di  lìracciar  le  reti  lo  propofe  Monfignor  Arefio  noftro  per  cor¬ 
po  d’Imprefa  di  Soldato  infoiente,  col  Cartello  DISCERPENS  EXIT.  Penfie- 
ro,  che  tirato  a  buon  fenrimento ,  fervi  all’ Abbate  Picmclli  per  formarne  Im- 
prefa,  variata  nel  motto  VICTORIA  VICTO.  con  cui  fimbolcggiò  Chrilto, 
ukente  dal  Limbo,  conducendo  feco  l’ Anime  pie  colà  trattenute. 

De  *  Pefei  Cartilaginei ,  e  prima  de  ’  Lunghi . 

Delle  Canicole.  Cap.  V. 

I  E’ Pefei,  che  adornano  il  Mufeo,  quelli  che  Cartilaginei  s’appellano, 

ÌlJ  per  bavere  delle  Cartilagini  in  veccd’ofra,fonoòLunghi,comeleCa- 
nicole:  ò  Rotondi , come  gli  Orbi  del  Nilo,  ò  Piani,  come  le  Raje.  Giulia  la 
qual  divifione  (  che  riefee  molto  commoda  in  quefto  luogo ,  per  lafciare  le  altre, 
a  chi  ne  fà  piena  Iftoria  )  do  vendofi  dir  qualche  cofa  partiramcntc  di  tutti ,  ci  fi 
prefentano  in  primo  luogo  le  Canicole,  come  quelle,  che  tra’  Cartilaginei  più  di 
tutti  5’ accollano  a’ Cetacei.  a  Ma 


LIBRO  S  E  C  0  N  ^  0^  CA  P.  K 


75 


cioè  i! 


a  Molti  fono  gli  Acquatili,  che  di  Canicole,  Ò  Cani  portano  il  nome,  perla 
{imiglianzadelcc&),  come  molti, che  altrimentechiamanfiGalei,  &  altri,  ap- 
pellati  Centrine, pienamente  dcfcrittidairAldrovandi;  Oltre  i  quali  trovo  an- 
chea’ Delfini accomniunato lo fteflo  nome,  come  in  queirEpigramma  Greco 
di  Filippo. 

i-reiyoiAfi/iit  ùntw 

ìrt^ttytue  r’  ip^^vfeiyoi  o’KtiMKtf  , 

<r«'  Kuaf  S^upa)  Ketrauf  ìt6KÙ9ci,e , 

.  ACffuopat ,  tit  tiri  ytu!  «V  Cu^o'r  i^t^oper.  2^.  Jnthl 

tHht'To  ì’  (t>f^oTplti{-  Sriptie  .  tv  .yip  tAtt^foV  e/f  ^£a  , 

TlctfTaf  t7<  «*  S'pa'iAof  ir  irihi^yet  . 

Ludebant  cele-em  circum  faliendo  triremem 
Delphines  j  Pelagi  Pifcivori  CATVH. 

C/f/  capricida  Canis  ,  Jìmile  ratus  hoc  ferar um^ 

‘  /«  Mare t  terram,  proh  mifer  1  influit. 

Sic  alienigena  venatus  occidit  ergo ,  ' 

Non  facile  in  pelago  eB  currere  cuique  CANI. 

l  Quelli  però  ,  che  coinraunemence  Cani%'  appellano,.non  fono,  come  il  Del- 
fino ,  fpezie  di  Cetaceo ,  ma  Pelei  Cartilaginei  ,* ancorché  di  quefti  il  maggiore,  Arnm.  e. si 
che  perlamoltipliciti  ,e  vigore  de’ Denti ,  dal.Filofofo  vien  chiamato  Carcaria 
(effendo  che  prelfo  i  Greci  lignifica  ciò ,  che  acuto ,  5e  afpro  diciamo  ) 

da  taluni  tra’ Cetacei  s’annoveri.  Il  che  avviene,  non  perch’egli,  come  quelli, 
fia  lenza  branchie,  ma  sì  perche ,  quantunque  a  difFerenza  loro  partorifea  le  Ova, 
da  quelle ,  fe  lubito  fi  rompono ,  elee  animai  vivo  :  come  perche  giunge  ad  egua¬ 
gliar  nella  mole  del  corpo  non  pochi  de’ maggiori  Cetacei,  crefeendo  talvolta 
al  pefodi  quattro  milla  librejcome  atte  Ila  Pietro  Gillio  d’uno  prefo  in  Marfiglia. 

4  E’ curiofo  ciò  che fcrive  Plinio  della  generazione  di  quefti  animali,  cioè 
che  le  femine  generino,  e  partorifehino  lenza  concorfo  malchile.  Il  che  pure 
afferma  Oppiano  del  Rinocerote.  Ma  la  Natura,  che  anco  in  quella  fpezie  ha  opf.Bodin. 
prodotto  i  Mafchi,  non  (acendo  cofa  alcuna  indarno,  convincedimenzognasì  Lidevtnat 
Ipeziole  tradizioni .  Che  però  trà  le  Imprefe  fondate  sù  la  favola  è  d’ annoverarli 

quella  del  Felce  Cane  d’ Alcibiade  Lucarini  ,colmotto  ABS.^'E  MARE  EOE-- 
CENO  A ,  fpiricofa  però  a  maraviglia  per  l’ applicazione ,  che  riguarda  la  Madre 

femprc  Vergine ,  la  quale  fola 

IntaBa  NESCIENS  VIRVM 
Virgo  CONCEPIT  T ilium 

5  Per  conofeerequefta  razza  di  Pelei  ben  degna  del  nome  di  Cane, balla  rav* 
vlfarla  limile  a  quel  (^adrupede  non  tanto  nel  ceffo,  quanto  nell’avidità  della 
carne,  come  ben  moftrò Germanico  Celare, deferivendo  ne’ IcguentiEpigram- 
Rii  Greci  il  calo  di  quella  Le  pre  m  lerabile ,  che  perleguitata  in  terra  da  un  Cane, 
fi  gettò  nel  Mar**  ove  B  divorata  da  uno  de’ Guizzanti  dello  fteffo  nome. 


P  rudent,  in 
HymU’ 


Qtu'ptas  sf  wV«£To/9  Aatj-ffiV  Tir»  tr  -rati  Cty^ae, 

E' KTpaf^y^''  o^S'lrra  Kuuùt 

A’a\’  «v  e  af  lÌAu^e  KAKÌr  i^apay.  durUa.  ytip  y.if 
fji.a'p'la-e  TVttipLAiot  àp(petytttr 
E*»  Topit  OÀvàii  Ttne  U  ^\éyAf.  ^  fe!  et  lalptuó 
K)»’»  ÀM>  »»>  X'P'T?  ^f’1'1'*  *»'««•/  fioptif. 

E’i  itiwa'f  hki  KÓtBV  jite.  7/  to'  Ibof;  alt  ^«ptt 
r’yoiì,  *«'  TS^aì  Svf*a'i>  'ixootiy  trio. 
pa,  KBtiròy  CaroV.  àW.«  ^atlaynm 

.  o’upcavì,  KM  ai7  fipm  éapa'tyra  »wr*. 


L.  I.  Anth, 
tìt  . 


Tt^aì, 


0'  come 


Ltc.  dt- 


Stn.  uE^iti 
16. 


L.i.  Fajlor, 
V.  1^9. 


l»'.  t.  JÌnth. 


74  M  y  s  no  C'^^o  SPI  ano 

9 

O'jcotnc  iopergeniolitrapportava.  ,  '  ‘  '  -r 

la  Mare  deciderat  Lepus  alto  eX'  monte  profundum  t  i.  -f-* 

ì^fpera  contendens  epfugere  ora  Canis.  --4 

Sed  ne^ue  fc  fatnm  evaft;  nam  protinus  ipfum  •  •  ^ 

^.quoreus  rapuit,  cotnrninuitque  Canis. 

Sic  flammas  ex  igne  fubis:  te  fcilicet  efcam 
i^ift  Maris,  aut  Terra  Jors  \ubet  ejfe  Canum  . 

Aliud  . 

B  Canis  ore  Canem  illabor',  quid  pe\us  ?  eodem 
In  me  animo  T erra  cerno ,  Marifque  feras  . 

^uà.  Lepores,  re  fi  abit  iter,  nifi  in  athcreì  ai  athra 
Formidanda  quoque  es ,  fers  ubi,  &  ipfa  Canes. 

Lo  fteffo  accidente  fù  defcritto  anco  da  un  cerco  Tiberio  (  che  forfi  fù  l’ Impe¬ 
ratore,  come  può  congetturarli  dall’identità,  e  del  nome,  e  dell’ argomento 
maneggiato  quali  a  gara  del  Germanico  Celare  ,  il  Figliuolo  addotti  vo  di  quell’ 
Augufto.edalla  vicinanza  de’ componimenti  dell’uno,  e  dell’ altro  di  quelli 
Poetinel  Florilegio)  ne’  verlì  ,che  lieguono. 

A/Jtri/sr  tK^fooKtfT*  woKu'^KéKty  eip7i  Kayattf 
2»ut  Kt/av  àtpfiitt  ij^t'69-ir  aKvTo'S'Lu/  , 

TptiXuà  0'  iurtioae  vuyct  ,  if  Ca^it  TtfTo 

clKyrndl^ar  xCiaa,  Tapaicrlìitr . 

Wnihiot  ra'r  Kvaf  Gpvy^tiS'op  ùfoOrt 

auoì  rKn'inar  Uà  àp’ 

I quali parimer te  fowiemmi  d’haver tradotti  in  quella  forma,  .  ^  .  S 

Retibus  elapfum  Leporem ,  pedihufque  volantem  ^ 

Fone  fequebatur  fervidus  ufqtte  Canis  . 

Jlle  celler  collis  declinans  afpera ,  in  altum 
Defluit  pelagus,  littore  iitque  procul. 

Hunc  mox  corripuit  Canis  aquor  is  ore  frementi. 

Nempe  mifer  fuerat  debita  prada  Canum . 

Sopra  il  quale  argomento  Ichcrzòpolcia  anco  Aufonio  in  quefto  modo. 
Trinacrii  quondam  currentem  in  littoris  ora 
e^nte  Canes  Leporem  certi  letis  rapuit. 
cMt  Lepus  :  in  me  omnis  terra  ,  pelagi  que  rapina  esi',  =  ' 

Torftan,  dt  Coeli,  f  Canis  aslra  tenet. 

AI  che  pure  alludono  que’  Verii  Allronomici  dei  nollro  Carravaggi . 

Cernis  iitrumque  Canem,  Leporem  petit  alter,  &  unco 

Ore  feram  fequitur .  •  > 

6  Nè  tanto  appetircela  carne  d^’ Bruti ,  quanto  quella  de  gli  Huoroini,  di 
CUI  n’ è  così  ingordo,  che  divora  non  folo  i  cadaveri ,  ne’ quali  s’abbatte,  tran¬ 
gugiandoli  talvolta  intieri , qual’ era  quello  del  Soldato, che  di  tute’ arme  vedi¬ 
lo  fù  ritrovato  nel  ventricolo  del  Cane  fopra  mentovato  dai  Gillio  :  ma  s  avven¬ 
ta  ancora  a’  corpi  vivi , e  dà  molto  che  fare  a  quelli,  che  pefcatio  i  Coralli  ,  e  le 
Perle  ,ò  avanzati  a’naufragii  cercano  di  fai  varlì  co!  nuoto;  i  quali  non  di  rado 
ne  divengono  palio:  come  luccelTe  a  quel  mifcrabilc ,  di  cui  favella  il  fopracica- 
to  Filippo  in  quello  Ffall  ico . 

ìiKAròtitttf  artrì  ptia't  Ir  Jì'ttot,  H’piv  «StrT* 
ùntoti  ìSrìp  (jLoJttie  isuprafitroi  ravlìat . 

/*«r  A’rTttjo'pDf  TletsifpeLTòt .  a’v  9ti/.aeHTt'f  a 

ìCt  yif  ùfìf  J'Uit. 


l  l  B  R  0  S  E  C  0  Vtb  0.  Cà  P.  V.  -fj 

^  ,  -ro'p  $•'  e(Ai»t . 

-  X»^«f  bS''  vyp^  wniJiTìi*  Ir  iriKe^yM  m 

Ò’ fia ,  per  dirio  co’ metri  Latini . 

Effracta  quondam  in  mediis  rate  fluStihus  ^  unii, 

.  Dura  ^  filler  tabula  ,  pugna  duobus  erat^. 

I£tus  ab  Anthagorà  Pififirattis,  &  /ine  culpa, 

Lis  ubi  de  vita  efi  %  curat  at  ijia  Themis . 

Hic  eva/it  enim  ,  f ed  eufn  Canis  aquor is  haujit , 

Pauperibus  vindex  nec  quoque  deeft  in  aquis. 

Ed  in  tanta  avidità  di  carne  humana  è  notabile  la  fcelta,  che  sà  fare  a  prima  ve¬ 
duta  della  migliore,  avventandoli,  dove  liano  più  corpi,  al  più  bianco  imagi- 
nandofelo  più  faporito,  come  più  gentile,  onde  graziofamente  il  Ghelfucci 
ne  cantò. 

E  r  acquatico  Can  ne  la  procella 
•  morder  la ,  dov'  ha  piu  gradi  il  bianco 
Vie  piu  bramofo , 

7  Quindi  è,  che,  come  la  piùformidabile,  così  la  più  oflervabile  parte  in 
quelli  Pefei  ii  è  la  dentatuira,  veramente  mirabile.  Polciache  fe  a  gli  altri  Ani¬ 
mali  diede  la  Natura  un’ordine  folo  di  denti,  ne  provide  quelli  dimoiti .  Ne 
delcrilTe  il  Vormio  nel  fuo  Muleo  unafpezie,  che  ne  bave  va  tre  file,  come  le 
Centrine .  L’ Aldro  vandi  ne  propofe  due  forti  con  fei  ordini  di  denti,  benché  la 
prima  figurata  ne  moftri  di  vantaggio .  lo  però  olTervo  nel  Mufeo  Cofpiano 

8  II  CEFFO  del  CANE  CARCARIA  d’ Ariftotele,  con  undici  file  di 
denti  nel  più  acuto  delie  mafcelle ,  nella  fuperiore  deile  quali ,  che  è  la  più  lun¬ 
ga,  lene  contano  treccntofei ,  e  neil’inferiore,  benché  più  breve,  trecento  ot- 
tantaquattro  più  fpelfi ,  in  rutto  feccnto  novanta ,  oirrc  aicuni ,  che  mancano ,  & 
altri ,  che  non  fi  vedono,  perche  coperti  dalia  carne  leccatavi  {opra,  che  ne* 
frefehi  n’afconde  maggior  nunacro.  Niuno  de’ Indetti  denti  feoperti  è  piegato 
in  fuori ,  come  quelli  della  prima  ferie  ne'Cani  de  gli  Autori  mentovati  j  ma  tut¬ 
ti  curvati  allo’ndcntro  ,  e  difpofti  in  modo,  che  quelli  d’ un’ordine  ad  uno,  ad 
uno  rivolti  fopra  gli  oppofti  de  gli  altri  ordini,  collitu.fcono  più  tollo  tante  ferie 
pe’I  largo ,  e  rotondo  delia  gengìa ,  che  pe  ’l  lungo ,  contandofene  ih  quello  mo¬ 
do  quarantacinque  file  nellamafceila  inferiore,  ove  fono  più  denfi,  e  quaranta¬ 
due  nella  fuperiore,  altre  di  fei,  altre  di  più,  fino  a  gli  undici.  Sono  tutti  delia 
medefimadurezzafchene’vivièdiverla)  e  molto  acuti,  con  baie  aliai  larga, 
non  però  triangolari,  e  ferrati,  ò  fra  incili  da  lati  a  modo  di  fega,  come  rappre- 
fentano  quelli  de’ loro  Cani  gli  Scrittori  mentovati,  &  altri  ancora  ;  forfi  per¬ 
che  non  havevanofinitodiciefcere,eflendoilceifodinon  più  che  tré  onciedi 
diametro,  come  della  grandezza  efprcffa  nella  prima  Figura  deli’ Aldrovandi, 
c  perciò  d’  Animale,  che  non  poteva  cficre  più  lungo  di  due  braccia,  fe  pur  v’  ar¬ 
rivava.  La  quale  flatura  è  molto  piccola  per  un  Felce,  che  giunge  a  poter  in- 
giottireun’huomo  intiero  ,come  provano  molte  Iftorie  . 

9  Così  gran  numero  di  denti  non  trovo  olTervato  ,chedal  dottilfirao  Nicolò 
Stenoni ,  il  quale  in  un  Cane  Centrina  ne  contò  otto  ordini ,  &  in  un  Carcaria  ne 
noverò  tredici  file,  fcrivendone  nella  fua  curiolìffima  Anatomia  del  Capo  di 
quello  Animale,  annelfa  al  Saggio  del  fuo Ti'attaro Geometrico  de’MufcoIi. 
-Poffum  affer  ere  in  media  mandibula  inferiori  tredecim  dentium  ordines  fuijfe ,  quo  - 
rum  interiores  inferiora  verfns  recurvati  gingivarum  molli ,  eff  fungo  fa  carne  ita 
delitefcebant  clauf ,  ut  non  nifi refeclis gingivis  in  confpcclum prodirent .  Col  q  ua- 
le  Autore  non  sò  vedere  a  che  ieruanoraiuidciKi,  e  tutti  cui  vi,  come  nel  ceffo 

G  2  deferit- 


Rafar.Cl.ì^à 

\6. 


pag,  87. 


jlldr.  l.  5. 
c  2  de  Pifc, 
u(us  in 
Medicina . 


ys  V  S  E  0  e  Ó  S  P  l  A  N  0 

deferitto  ;  avvegnaché  quelli  animali  tranguggiano  Tefea  inriera,  come  dalle 
Iftorie  lopra  toccate  lì  cava  :  e  quando  anco  U  malt.caflero  ,  gli  ultimi  ordini  de* 
loro  denti ,  che  ne’  vivi  fono  coperti  dalla  carne ,  farebbero  inhabib  a  quell*  ufo . 

10  Di  quelli  Animali  giudicanlì  que’  denti , che  lì  cavano  nell’Ifola  di  Malta, 

i  quali  da  taluni  li  fpacciano  per  Denti  di  Lamia ,  che  è  Ipezie  de’  Pelei  Piani  ; 
da  altri  s’efìtano  per  lingue  di  Serpenti  p!etrificate,da  altri  per  pietra  Ceraunnia. 
Da  gli  Eruditi  con  voce  Greca  fi  chiamano  G{ol?opetr etiche  è  a  dire  Lingue dt pie¬ 
tra  vere  pietre  con  quella  figura  generate  nella  terra.  A  me  pcio  fi 

fanno  credere  più  rollo  veri  denti  di  Cane  Carcaria,  si  perche  non  trovo  nè  pu¬ 
re  minima  differenza  tra  leGloIfopetre(  fiami  lecito  nella  nollra  lingua  l’ufo  di 
quella  parola  )  &  i  denti  di  quelli  animali  :  come  perche  la  terra ,  in  cui  oflervo 
quelle,  che  trovanfi  nel  noflroMufeo,  è  un’ aggregato  di  vane  lollanze,  cho 
m’ indica  più  tolto  mifchiate  con  quella ,  che  in  ella  generate  le  Indette  GlolTope. 
tre .  Il  che  può  clTere  feguito  in  tempo ,  che  il  luogo,  ove  cavòlTi  quella  terra ,  tra 
d’ altro  fito  ,e  torli  lotto  Tacque  del  Mare  ;  già  che  non  mancano  elcmpid’lfole, 
che  in  occafionc  di  prodigiofi  terremoti  eraerfero  alTimpiovilo .  Ma  di  quelle 
mutazioni  di  fito,  ò  totali ,  ò  parziali ,  leggali  ciò  che  ne  Icrive  il  mento  va:«j  Sie- 
noninella  digreflionc,  che fà delle  Gloflopetre  nelTOpcra  lovrccitjta,  e  r  clla 
fua  dottilTima  Dìdertazione  De folide  intr^ folidum  naturaliter  contento ,  ove  ùc  1- 
l’ origine  de’monti ,c delle  valli difeorre  in  mododafoddistare  ogni  piu  curio* 
fo  Ingegno .  Oflervo  intanto  nel  Mufeo 

11  Due  DENTI  di  CANE  CARCARIA,  de’maggioti , che  fi  trovino, 
gentilmente  legati  in  argento  per  commodità  di  chi  le  ne  Icrvi  fecondo  T  ulo  del 
volgo ,  che  è  d’ appenderli  al  collo  de’ Bambini ,  flimandoc’habbiano  virtù  con¬ 
tro  i  loro  timori ,  e  giovino  a’denti,  quando  fpuntano.  Sono  amendue  trian¬ 
golari,  e  nella  baie  larghi  quali  due  oncic ,  nè  men  lunghi,  e  finifcono  in  punta 
ottufa,  ne’latj  naturalmente  incili  a  modo  di  fega.  Il  p;ù  antico  di  quelli,  come 
dalle  crene  in  parte  confumate  s’argomenta,  a  guila  delle  Pietre  Dendriti  è  dalla 
Natura  bizzaramcnre  fegnato  di  varielinec,  che  rapprefentano  divelle  Piante . 
Benché  habbiano  la  fuperfizie  lifeia ,  efembrino  compolti  tutti  d’unfodo,  le  fi 
riguardano  attentamente ,  ove  la  fuperficie  in  parte  è  guafla,  li  Icorgono  fabrica¬ 
ti  di  tanti  (Itati  foprapofli ,  come  le  gulcie  de’  Tcllacei .  Il  che  purc  s’ ollerva  nt’ 
Denti  de’  Delfini ,  da  quali  facilmente  fi  leva  la  prima  Icorza  bianca,  ò  più  toflo 
bolTea ,  come  de  1  color  dell’ avorio ,  ma  friabile ,  come  Tartaro. 

1 2  Divelli  altri  Denti  di  Carcai  ia  ,ò  ,  ccnT  altri  chiamano ,  Lamia ,  non_. 
triangolari ,  nè  ferrati ,  ò  incili  a  guila  di  lega,  ma  lunghi ,  e  lolo  un  poco  aipri 
nelle  due  code ,  i  quali  a  (lai  piegati  allo  ’ndentro ,  terminano  in  una  punta  acutif- 
fima  ,  ripiegata  in  fuori,  al  contrario  di  quello ,  che  in  tutti  gli  altri  lopra  deferuti 
fi  vede  .  Sono  di  quella  Ipezie  di  Carcaria  ,che  l’ Aldrovandi  figura  in  fecondo 
luogo  con  lei  ordini  di  denti,  e  di  cui  fi  vede  il  Pefee  intiero,  c  ben  grande  nel 
luo  Muleo . 

1 3  Copiofi  Denti  di  Carcaria,  parte  lunghi ,  parte  triangolari ,  fofslli ,  come 

quelli ,  che  fono  fitti  in  diverfi  pezzi  di  terra  oianca  Maltcfe,  la  quale  ha  la  lupcr- 
ficie  a  luogo  a  luogo  arcnola ,  &  è  com  polla  di  molte  parti  eterogenee  ,  tra  le 
quali  fi  difliPguono  molti  lalli  di  varie  forti ,  e  grandezze,  conchiglie,  e  pietre 
rotonde ,  limili  a  quelle , che  li  chiamano  Occhi  di  Gatta ,  per  ia  limiglianza ,  che 
tengono  co’  lumi  di  quell’  Animale , oltre  alcuni  pezzi  di  legno ,  parte  pietrifica¬ 
to  ,  parte  non  mutato  di  loflanza .  Le  quali  diverlità  di  materiam  una  medeiima 
malfa  fervono  di  motivo,  per  far  credere,  che  le  Gloflopetre  ,  che  con  eOe  loro 
compongono  quelle  zolle ,  non  vi  fijno  nate  dentro,  ma  folo  tramifchiate  per 
qualche  accidente, come  prima  li  è  provato .  14  CA- 


LIBRO  S  S  e  0  TI  h  0>  ێ?.  V,  77 

14  CANE  CENTRI!SlA,cosìchiamatodaGrecipergliacuIeipungendfli^ 
mi  delle  Pinne  dorfali,  coiti’ elprcffe  l’ Interprete  d*  Oppiano  in  quc*  verfi , 

Tugnaces  inter  Pifces  Centrine  vtcntur 
Lyflter^,  qmd  Utmttlis  eredutar  noxia  nigris. 

Alcuni  lo  chiamano  Felce  Porco ,  perche  a  guifa  de’  Majali  lì  ravvolge  ne!  'cz-; 

20,  che  Io  fà  riufcire  di  ftomache  vole  faporc .  E'  razza  di  Cane  minore  tra’  qua¬ 
li  s’annovera  da  Eliano,  con  dire,  come  lo  fà parlare  lo  S politore, relitfttis 
duohusgeneribns  Canum ,  alios  Galeos ,  alios  Centrines  appellari /olet.  E*  Peke  lun¬ 
go  due  palmi,  e  mezo,  benché  i  congeneri  crekano  aliai  di  vantaggio:  Scalco^  « 

ft  urne  de  gli  altri  Cani,  hà  più  ordini  di  denti,  ma  folo  nella  makella  fuperiorc,' 
ove  k  ne  vedono  tré  file ,  havendone  pokia  nell’inferiore  un”  ordine  folo ,  e  tut- 
ci  larghi ,  &  acuti ,  e  di  figura ,  e  grandezza  limili  a  quelli  del  cello  del  Cane  Car- 
cariafopradekritto.  Ne  trattò  l’AIdrovandi,  e  lo  figurò  il  Rondelezio,  con 
imagine  però ,  da  cui  trovo  in  parte  ddfercnte  il  nollro .  Pokiache  quello  hà  gli  L,  3.  c.^xl 
aculei  ollei  delle  Pinne  dorfali  non  ignudi,  come  fi  rapprekntano  in  quella  Fi¬ 
gura,  ma  coperti  dalje  membrane  delle  fudette  Pinne;  la  prima  delle  quali  co-  / 

minciando  immediatamente  dal  capo  (  in  cui  fi  lente  quell  *  odo  feraicircolare,  ' 

che  è  proprio  de’  makhi  di  quella  fpezie ,  allo  krivere  del  Vormio  )  &  a  poco  a 
poco  crckendo  s’innalza  altre  quanto  è  alto  il  Peke,  e  li  llende  lino  a  mezo  il 
dorfo;  l’ altra  rieke  per  ogni  verforainore;  e  tutte  due  finikono  m  larghe  mer¬ 
lature.  In  oltre  edendo  triangolare  dal  capo  lino  al  principio  della  coda,  hà  il 
ventre  piano ,  lenza  alcuna  appendice  membranofa  ftefa  dalle  prime  alle  fecon¬ 
de  Pinne ,  come  in  quella  Imagine  li  propone .  Così  la  cute  è  tutta  afpra  in  modo, 
che  fe  ne  potrebbe  polire  il  legno  ;  non  è  però  fparfa  d’ aculei  così  lunghi ,  come 
s’efprimono  in  quella  tavola .  E  la  coda  con  la  fua  Pinna  non  ha  figura  di  mezo 
rombo  (e  mutilato)  come  ivi  fi  vede, ma  d’intiero,  e  da  due  parti  merlato.  E 
quefta  a  differenza  delle  Centrine  dell’  Aldrovandi ,  che  hanno  la  coda  lunga ,  c 
lottile  a  guifa  di  topo,  comequella ,  che  dckrivc  il  Vormio .  Nel  rello  confronta 
coll’ imagine  del  Rondelezio,  che  portali  anco  dall’ Aldrovandi,  nella  quale  fc  ^  ^  ^ 
non  s’efprefTero  le  cinquebranchie,  fu  forfi  per  edere  cavata  da  Peke  lecco,  in  cui  *  ‘ 
appena  fi  fcorgono ,  come  nel  nollro  :  il  quale  forlì  fia  della  raedefima  fpezie  con 
quello, che  Pierfrancefco  Scarabelli  neH’ameniflìma lua  Parafrafi,&  ampliazione  ^ 

del  MufeoScttaliano fioritamente defcritro  in  Latino  da  Paolo  Maria  Terzago, 
vien  chiamato  fefee  molto  conjtmile  al ?efce  Cane, ma fin  bora  di  nome  non  conofeiuto. 

He'  Cartilaginei  Rotondi^  Cap.  PI, 

In  cui 

He  gli  Òrbi  Marini. 

I  |r  A  Figura  Sferica  de’ più  communi  Pefei  di  queflo  genere  palefa  la  ragio- 

1  ^  ne  >  per  cui  Cartilaginei  Rotondi  s’addimandiiio,  a  differenza  dc’Lun- 
ghi.c  de’  Piani, benché  gli  Autori  gli  riducano  alla  clade  de’ Cartilaginei  Lunghi. 

Di  quelli  s’ hà  nel  Mufeo 

2  L’ORBE  MARINO  ROTONDO,  olia,  com’altri  lochiamano , PESCE 
COLOM  BO  del  la  prima  fpezie, la  di  cui  figura  ò  sferica, fe  ne  venga  efclufa  la  co¬ 
da  .  Onde  pare  che  (la  tutto  capo ,  come  dide  Luciilio  Greco  d’un  tal’  Ermogene, 

Tor  E'p/J’Oyiv»  ^iirét  o'  Kovptùe 

tUÙ  Kif  auliti  ,  ò\or  oV  .  t,,  z,  jiuth. 

Villo  funi  Hermogenem  quarti  unde  incipiat  Xonfor 
Tondere  caputa  qui  totus  erat  ut  caput, 

G  5 


li 


78  M  V  S  B  0  C  O  S  P  ì  A  N  0  ^  : 

Ilchediquefto  Pcfce  pronunziò  anche  Plinio,  ove  ne  fece  menzione ,  affer¬ 
mandolo,  qual’ è ,  duriéìfno ,  e  temi  faglie  Durtjftmum  ej^  pifcem  conflat  td\C 
C^W , qui  Orhis  vocetur  :  rotundus  eH  ^0“  fine  fquamis ,  totufque  capite  conflat .  E 
jtful.  Aio*  tale  fembrò  prima  ad  Ennio, e  poi  ad  ApuIejò,chelo  chiamarono  C4/^,*r/rf,òfia 
Cranio  Marino  ^  s’egli  è  vero,  come  mi  perfuado  ,  e  lo.  congeccura  infìeme  il 
Gcfnero,  eh’ eglino  con  tal  nome  intendefTeroquefto  Felce,  non  trovandoli  al¬ 
tro  Acquatile,  che  meglio  di  lui  rapprefenti  un  Cranio  humano,  e  nella  gran¬ 
dezza,  e  nella  rotondità,  e  nella  figura  de*  denti.  Air  Aldrovandi  però  fembra 
''Aldr.  de  P>ù  torto  tutto  ventre ,  che  tutto  capo ,  dicendone .  Roffro  caret ,  capitifque  nul- 
fife.  i.  4 .  ium  apparet  vedigium ,  quin ,  ut  Plinius  ait ,  totus  capite  (  ma  lim  ventre)  confi  are 

apparet .  E  ciò,  perche  veramente  il  capo  di  quello  Pefee  non  lidiltingue  dal 
rcrtanteperfectamenterotondo,fenonin  quanto  dalla  bocca,  che  è  picciola, 
(puntano  in  fuori  quattro  denti  larghi ,  ò  più  torto  gingive  olTee  :  (opra  la  quale  fi 
feorgono  due  piccioli  fori ,  che  fono  gli  organi  dell’  odorato  ;  e  dell*  udito ,  e  po« 
copiù  in  alto  gli  occhi  mediocri . 

3  La  di  cui  cute  è  nera  neldorfo,  e  biancheggiante  nel  rerto,  molto  dura, 
fparfa ,  in  vece  di  fcaglie  ,di  frequenti  aculei  baffi ,  che  la  rendono  aliai  afpra  ai 
tatto .  Hà  le  Branchie  con  la  fciflura  di  mezo  circolo ,  lotto  la  quale  da  ogni  lato 
vi  è  una  Pinna  rotonda.  Altre  due  Pinne  della  medelìma  figura,  poco  men  che 
opporte ,  fi  vedono ,  una  (opra ,  l’ altra  lotto  la  coda ,  la  quale  parimente  finiicc  in 
una  Pinna  rotonda . 

4  Fù  portato  dall’ Egitto,  prefo  in  una  bocca  del  Nilo.  Dove  pclcandofi  a 
calo  con  altri  Pelei ,  non  s’ammette  nelle  menfe,  per  eficredi  carne  molto  dura , 
c  ftomacola  .*  ma  fi  (erba  folo  per  palcerne  la  curiofità  de’Foraftieri  ,che  lo  com¬ 
prano ,  non  tanto  per  la  ftravaganza  della  figura ,  come  per  lo  mirabile  magne- 
tifmo,  che  s’oflcrva  in  erto,  mentre  folpefo  dalle  volte  delle  cale,  col  roftro. 

Mundi  ancorchemorto,  indica  quella  parte  del  Cielo,  da  cui  loffia,  ò  è  per  loffiareil 
feu  Catena  vento.  Onde  gli  Egizzii  lo  chiamano ,  cioc  , comc  attcfta 

M^sP.ò.  ìidottifTimo  Padre  Chirchero. 

■  5  ORBE,  della  feconda  Ipczie,  non  rotondo, come  il  precedente, ma  LVN- 

GO,  non  le  lolo  per  propria  natura  ,ò  per  l’ artifizio  di  chi  ne  riempì  di  bamba¬ 
gia  la  Ipoglia .  Fù  portato  dall’ Egitto  lotto  il  nome  generico  di  Pefee  del  Nilo, 
dove  fu  pelcato  vicino  al  gran  Cairo  ;e(Tendo  foliti  quelli  Pelei  d’entrare  in  quel 
Fiume,  maffime  per  la  Foce  del  Saet,  ove  le  ne  trova  gran  copia.  Hi  quelfo  la 
Mandibola  fuperiore  più  prominente  dei  primo,  e  .comequello,  lotto  la  gola, 
attorno  la  bocca ,  gli  occhi ,  le  branchie ,  le  pinne ,  e  la  coda  è  lilcio  ;  nel  reflante 
tutto  fparlo  d’aculei  frequenti,  come  nel  precedente,  ma  più  lunghi,  e  curvi. 
NeJfito  del  naie,  e  per  tutto  il  dolio,  fino  nella  coda,  è  nero,  ne’ fianchi  Iparfo 
di  larghe  ftrilcie  bianche  , e  nere ,  che  parallele  fi  Itcndono  fin  nella  coda.  Sotto 
il  ventre  è  tutto  bianco .  La  Pinna  della  coda  corrifponde  nelle  flrifcie  bianche , 
e  nere  a’ fianchi .  Le  altre,  che  fono  quat  tro ,  una  dopo  cialcheduna  branchia ,  c 
duecontrapofte ,  l’ una  lopra  ,  e  l’altra  lotto  la  coda ,  fono  bianche  gialliccie ,  e 
ndet  l  o  .  E’iungo  più  di  un  palmo,  che  è  il  doppio  del  diametro  della  lua 

Hifl.  Ptfe.  groffezza.  Nc  porta  belbffma  Figura  il  Gionftoni  nella  Tavola  XXlllI.  num. 
f.ii.  12.  Oltre  qu^erto  ,  e  r  Aldrovandi  ne  trattarono  il  Rondelezio,  c’I  Vormio,  a 
Form.  l.  3.  jjg  mandato  un  picciolo  dall’India  Orientale . 

Cu  IO*  * 


De' 


L  l  ^  K  0  S  S  C  0  N  D  O.  CAP.  VII,  79 

Be'  Cartilaginei  Fiani.  Cap.  VII. 

In  cui 

Belle  Pafiinache  Marine ,  delle  Faje,  e  de'  Bafilifchi  Fittizii . 

I  nr' ORTORE  tra  gli  Acquatili  da  molti  eruditi  fi  chiama  la  PASTINACA 
JL  MARINA,  Pcfce  del  genere  de’ Cartilaginei  Piani  ,famoIo  per  il  ve¬ 
leno  del  raggio  della  fua  coda ,  tra  gli  Antichi  giudicato  inefpugnabiie ,  di  cui 
Eliano.  Paliinac  A  Marina  radius  ab  Omni  medicina  inviSlus  exijìit'.  etenim  pri¬ 
mum  ut  pupugit ,  /latim  interficit .  Onde  talvolta  s’addattavano  quegli  aculei  per 
culpidenc’dardi,  gialla  l’invenzione  di  Circe  la  Maga,  che  ne  donò  uno  così 
aggiuftatoaTelegono.ilFigliogeneratod’Vliffe,  concai,  fatto  Parricida  in¬ 
volontario,  uccile  il  Genitore  Iconolciuto,  mentre  più  anfio/o  lo  cercava,  per 
riverirlo,  allo  feri  vere  di  Ditti  Cretenlej  Ec  Oppiano  della  veemenza  di  quel 
veleno  cantò  in  quelli  lenii . 

Nil  Trigonis  diro  radio  exitialius  ufquam  efix 
Martia  non  tela,  aut  nigri  qua  laSIeveneni 
Spicula  Achamenidum  tinxit  gens  afpera  hello , 

Vbere  fi  et  quamvis  fata ,  ér  frondentibus  arbos 
Luxuriet  ramis,  vernoque  virefeat  honore i 
Vulnere  fi  trifii  radicem  punxeris  imam^ 

Mox  labet  omnis  honos,  coma  defluit ,  ipfa  decorem 
Exuit  hinc  viridem  crudeli  faucia  tabe. 

Che  però  ne  fu  formato  corpo  d’imprefa  col  motto  PVNGENBO  VCCIDE, 
©vero  ^VOB  PVNGIT  PERIMIT,  per  denotarne  la  malignità  della  Lingua 
d’ un  mormoratore ,  di  cui  può  dirli  con  S.  Giacomo .  Linguam  autem  nullus  ho- 
minumdomare potefl  ,inquietummalum  ,plenavenenomorttfero .  In  propofito  di 
che  un  Medico  Olandefe,  facendone  Emblema  col  Cartello  CALVMNIA  DIRA 
PESTIS,  vilortofcriffe. 

Hic  radio  lethifero  taf} a  ,  velut  fldere,  PaHinaca, 

Exuttur  lelfa  Pyrus  deciduam  luxuriem  comarum, 

■  Haud  aliter  Vipereo  vaniloquus  denti  calumniator 

K.Mttalicas  vertere  opes ,  condittonemque  potefl  fuperham . 

L’ oflervò  però  molto  men  fiero  il  Rondeiezio ,  che  facilmente  ne  curò  Certo  fe¬ 
rito  con  lacenere  di  quella  fpina.  Qijcfto  Pefee  nella  figura  è  molto  limile  alla 
Raja ,  e ,  come  di  quella  le  ne  trova ,  e  di  lilcio ,  e  d'afpro ,  che  più  dillintamente 
non  deferivo,  sì  perche  in  ciò  ne  foddisfà  di  vantaggio  la  curiofiràdi  ogn’uno 
l'Aldrovandi.come  perche  nel  Mufeo  trovo  lolamente  Tellremirà  d’ alcune, cioè 
2  CODA  di  PASTINACA  MARINA  della  feconda  fpezie,  lunga  più  di 
due  cubiti ,  ma  piegata  a  onde ,  come  fe  guìzzaffe ,  tutta  afpra  per  la  moltiplicità 
degliaculei.chela  tendono  orrida,  baffi,  con  baie  larga,  rotonda,  e  llcllata, 
quali  maggiori,  e  quali  minori,  tutti  molto  fodi,  frequenti,  ma  lenza  ordine. 
Nella  parte  fuperiorc,  con  cui  congiunge  vali  al  rimanente  del  corpo ,  è  larga  tré 
deta  ,  &  a  poco  a  poco  alfottigliandolì ,  termina  in  punta  acuta .  Il  Raggio ,  che 
P  arma  dov’ è  più  grolla,  e  riguarda  verforcllremità  ,  nel  principio  è  largo  un 
deto  ,e  lungo  più  d’ un  palmo ,  tutto  che  li  manchi  la  cufpide,oflfeo ,  e  duriffimo, 
e  dall’  uno ,  e  dall’  altro  Iato  molto  più  fottilmeftte  dentato ,  di  quello  che  mollra 
Ja  feconda  coda  di  Fallinaca  afpra,  figurata  dall’AIdrovandi:  alla  quale  pari¬ 
mente  quella  c  molto  limile  ne  gli  aculei,  e  loro  ordine  confofo:  e  forfi,Gome 
quella  ^haveva  due  raggi,  l’uno  pollo  fopra  l’altro ,  potendo  elfervene  flato  uno 
nella  parte  fuperiore  di  quella  Coda,  che  non  fembra  intiera , 

^  3  CO- 


<iAEl.de  ani‘ 
mai.  l,  i.  c, 
fé. 

Pltn  l.  9.  c, 
4S.  Cr/.33. 
e.  2. 


In  Halyeut, 


Picin.Mùd. 
Symb.  1.6. 
e.2$.»u.ii6 
Jacob.  3.  8. 


Adr.  /un. 


L.%  de  Fife, 
c.<^6. 


Z.  .  Btr. 

V,  JJ4. 


L.i.dePifc. 

f.47* 


7a«/?  T  4&. 
X.&XI. 
Aldr,  L  3. 
c  •  4^* 


80  M  V  S  E  0  COSPIANO 

5  CODA  di  PASTINACA  limile,  da cuifù  levatoil  Raggio, 'del  quale 
folamente  il  veftigio  fi  vede ,  onde  ne  cantarebbe  il  Bergano 
— — —  ■'■■■■  ■  ■  ■  fjcc  i>tilneya  cauda. 

Infliget  T  rigon , 

Nel  principio  c  larga  quattro  deca  ,&  elTcndo  tutta  afpra  per  gli  aculei  baflì  fo- 
pradeferitti , è  notabile , che  ne hà  taluni  di  baie  larga  un’oncia.  E' lunga  due 
braccia ,  benché  vi  manchi  l’ eftrcmità . 

4  CODA  limile ,  intiera  ,  lenza  raggio,  ò  vcfìigio  d’ haverlo  haviito .  E  forfi 
quella  c  la  CODA  deli’AQVlLA,  Pelce  Cartilagineo  Piano  degli  Antichi,  i 
quali  ne  trattano ,  lenza  alcuna  menzione  de’ raggi  della  Coda.  Certo  non  è 
d’ alcuna  delle  Aquile  de’ Moderni,  si  per  la  mancanza  naturale  del  raggio,  co- 
mc  perche  è  tutta  armata  de  gli  aculei  lopra  deferirti,  che  in  quelle  non  fi  ofler- 
vano,  come  fi  vede  nelle  figurate  dall’  Aldro  vandi,  il  quale  credendole  col  Ron- 
delezio  (pezic  di  Paftinaca,  confelsò  non  edere  l’Aquila  de  gli  Antichi .  Nè  me¬ 
no  è  Coda  d’ alcuna  forte  di  Raja,ò Razza,  benché n’ habbia  fin’hora  portato  il 
nome,  forfi  come  quella, che  giuda  il  coftume  delle  Rajcnonhà  raggio.  E  me 
ne  fà  ragione  il  non  vederle  nell’  edremità  quelle  due  Pinne  brevi ,  che  in  tutte  le 
Raje  fi  vedono .  Oltre  di  che,  quella  hà  gli  aculei,  e  di  figura ,  c  di  fito  molto  dif¬ 
ferenti  da  quelli  delle  Gode  delle  Raje,  quante  ne  figurano  l’ Aldrovandi,  e  ’l 
Giondoni,  portandoli  in  tutto  limili  a  quelli  delle  Code  di  Paftinaca,  figurate 
dall’  Aldrovandi  con  dubbio ,  che  non  fulTcro  d’ Aquila .  Nella  fommità  di  que¬ 
lla  Coda  è  piantato  il  Roftro  di  Volpe  del  Brafile,  di  cui  fi  favellò  di  fopranel 
Libro  Primo  Cap.  VI.  nu.4. 

5  B  ASILISCO  alato,  ò  per  dir  meglio 

6  RAIA  piccola  del  genere  delle  lifee,  deferitre,  e  figurate  dall’ Vterverio 
nel  terzo  libro  de’  Pelei  dell’  Aldrovandi  c.  49.  con  bell’  artifizio  ridotta  in  forma 
di  Bafilifco,tale  quale  hà  fama  d’eftereiche  perciò  di  Bafiltfco  Fittizio  porta  l’iltri- 
zione .  Orrido  quello  nell’  afpétto ,  altrequanto  nocente  nel  concetto  del  volgo 
il  di  lui  originale,  non  mai  atterrito,  ò  atterrato,  fembra  vibrar  la  morte  dagli 
occhi,  e  fpirar  fiati  mortali  dalla  Lerna  della  fua  bocca  patente  ,  efprelTo  forfè 
non  men  terribile  di  quello ,  che  dipinto  nell’  Infegna  d’ un  tal  Capitano  Filifteo 
vien  leggiadramente  deferitto  dall’Eroica  Mufadi  Maddalena  Sai  vetri  Acciajoli 
Gentildonna  Fiorentina  nelfuo  Davide  Perfeguitato  ,  communicatomi  dalla-, 
cortefia  del  Sig.  Antonio  Magliabccchi , 

Forge  r  Infegna  fua  regale  y  e  grande 
D  ’  Alleo  feroce  a  la  man  forte ,  e  fida , 
che  alteramente  in  Campo  bigio  fpande 
Al  vento  un  fier  Bafilifco  omicida'. 

Sembra  vivo  fpirar  fiamme  ammirande  ^ 
far  che  col  guardo  veleno  fo  uccida-. 

Mentre  fptegato  il  gran  Veffillo  forge, 

E  in  rimirando  altrui  f pavento  porge. 

7  Ned  a  qucfto  manca  la  fua  Infegna  Regale,  inalzando  fui  capo  una  fpa  ven¬ 
tola  crefta  in  guifa  di  diadema  non  dilfimile  da  quelle  infami  corone,  con  cui  fo¬ 
levano  coronarfi  i  Rède’Ladroni,  comenotail  Ceniti  nel  MufeodclCalzolari. 
Picciolo  però  di  corporatura, quanto  creduto  grande  nella  malignità, indicata  an¬ 
co  dal  folco  del  colore:  ftcnde  due  ale,  che  furono  Pinne  del  Pefee,  con  le  quali 
imita  mirabilmente  un’  alato  Dragone  in  atto  di  fpiegare  il  volo;  anzi  di  queftì  le 
ne  fingono  molti  efquifitamente  di  fimil’  Acquatile ,  come  fi  vede  nel  Mufeo  dtl- 
r Aldrovandi  in  que’due  Dragoni,  che  figurati  fi  vedono  dall’ Vterverio  nel 

(opra- 


LIBRO  S  B  CON  D  0.  CAP,  PII  SI 

.  ^opracìxato liò.  j.dc’PefcideH’Aldrovandi  c.48.  c  da  Bartolomeo  Ambrofini 
I  nelbb.  j.de’Serpenti,  e  Dragoni  parimente  dell’ Aldrovandi  »  c.  i.  Termina 
finalmente  in  una  coda  rivolta  in  molte  fpine,  fpirando  non  meno  nell’  eftrcmità, 
che  nel  capo ,  (pavento ,  Che  però  meglio  che  d’altra  Raja ,  di  quefta  ridotta  in 
iormasìbrutta  potrebbe  cantare  Francefeo  Camerano  quel  Diftico  regiftrato 
nel  (uo  Calamo  Aulctico ,  pag.  7. 

^uid  me,  Ra]a,  ]uvat ,  medeare  quod  aurihusì  Audis 
Tarn  mAle ,  quod  foedix,  furdeo  vel  medie  a. 

8  Simile  Bafilifco  fìguròifi  dall’  Ambrofini  nel  fudetto  Trattar o  de’  Serpenti , 
c Dragoni  dell’ Aldrovandi  1.2.  c.  2.  Più  però  s’addatta  à  quefto  moftruofo 
Animale  1’  imagine ,  che  ne  porta  il  Ceruti  nel  Mufeo  dei  Calzolari  (còl.  1 .  p.  90. 

I  come  che  oltre  l’enfere  d’intaglio  finilfimo  in  rame,  efprimeancolepinnulc ,  & 

»  afprezze  delia  di  lui  coda ,  che  nelle  prime  figure  non  fi  offervano . 

;  9  Benché  però  quefta  manifattura  ci  proponga  come  fpezie  di  Dragone  il 

Bafilifco,  non  perciò  mi  poffo  perfuadere  ch’egli  fia  tale,  non  fov  venendomi 
d’havcf  letto  di  alcuno,  che  afterifea  d’haverlo  veduto  tale  quale  fi  deferì  ve, 
come  DiofeorIJe,  Plinio  ^Galeno.,  Scaltri  antichi,  e  moderni  ancora,  che  ne 
trattano  folo  per  relazione.  Anzi  non  sò  capire  come  poffa  alcuno  haverlo  ve¬ 
duto  ,  che  non  fia  morto  prima  di  difeorrerne ,  s’ egli ,  come  fi  dice ,  è  valevole  ad 
uccidere  in  un’  attimo  ogni  forte  d’ animale  non  folo  col  morfo ,  che  più  proba¬ 
bile  parmi,  macoi  fifchiq,  coll’ alito,  e  collo  (guardo,  per  cui  ne  cantò  Loren¬ 
zo  Medici  florido  non  men  Poeta ,  che  Principe  della  Città  de’Fiori,  c  fpiendi- 
do  Mecenate  de’ Poeti , 
j  Miferi  noi ,  fe  fìffo  ne  mirajft 

Fermando  in  noi  le  vaghe  luci,  e  liete 
il  noflro  Bafalifchio ,  è  faria  petre 
Di  noi ,  0  converria  /’  alma  fpirajp. 

Alludendo  in  ciò  a  quel  detto  di  Francefeo  Petrarca,  cioè  Tesmina  nonaliter 
tculis ,  quam  Eafilifcus  interficit ,  (fi  ante  contaéium  inficiti  carpit  ehim  vires  pan» 
latim  urttque  videndo  foemina .  Sentimento  efpreflo  dal  Benamati ,  ove  cantò 
Se  r  occhio  aggira  ,  ingiuriofio  meno 
Vien  che  ’  /  fiuo  fguardo  il  Bafilifico  adopre  . 

Dal  che  non  molto  fi  feoftò  Gio.  Audeno  in  quel  Diftico. 

Tutius  in  filvis  Bajìlificum  audire  frementem, 

.^jiam  molles  cantus,  fiosmineumque  melos, 

IO  E  fe  pure  tra  Dragoni  fi  nova  quefto  Animale,  non  fembra.  verifiraile, 
eh’  egli  fia  così  petlileme ,  come  fi  deferive .  Mà  più  tofto  col  dottiflìmo  Grevi- 
no  per  Bafiiiico  parmi  poterli  intendere  quel  peftifero  Serpente,  che  chiaman- 
j  doli  da  Latini  Regulus  per  edere  coronato,  non  può  con  mie iior  voce  Greca  elTe- 
j  re  efooito,  che  di  Bafilifco,  eflendo  in  quella  lingua  Bita-/Wit»fdiminuciuo  da-, 
1  lÈMiKzvt ,  che  lignifica  il  Rè,  come  pure  tra  noi 4  vien  detto.  II  che 
parimente  fu  parere  di  Nicandro,  che  benché  Poeta,  amò  ne’fuoi  SCritripiù  il 
candido  della  verità ,  che  il  miniato  delle  favole,  fcrivendo  che  fia  Serpente  lun* 
go  tré  palmi ,  mentre  d ice 

Ti 'AH  cu  PS  <f’  òf^'iyov  (Àìv  ,  cÌTcìp  TpofipiTAToV  ahhov 

E'p/ruray  7o'  pitv  lépia,c  o’^unapLutof , 

SUtfòi's ,  i'ert  Tpia,  Sàpet  fiiput  (innat  li,  ned  làvS . 

Che  giufta  la  traduzione  di  Pier  Giacomo  Steve  Medico  Valentino  fuona  . 

‘  EjA  -ago  \ara  parvum,  fed  qui  pr&Jlantior  om»e 

Regem  nofie  potes,,  corpus  cui  vertice  acuto 
Fiilveficit ,  palmo  triplici  procerus  tthtque .  21  Del- 


Diofe,  l,  6ì 
e  uh. 

PUZ.e.zu 
Gal.  l.  IO  de 
firaf,  med, 
fac.  e.  I. 

Matml.  in 
Dtofe,  l.  6» 
€.  uh, 

P$ef.  p.46,' 
verf*  . 


Viti.  Nav. 
/.y.  13. 


L.  4,.. de  Ve' 
mn.  c. 


Pl'tc.  in 
Ther. 


t'Ìt9‘ 


82 


M  S  E  0 


p.  366, 

?/.  90. 


Jittt  fc\ 


C»HtAr.  l. 
■Antiq.  Hem, 


*i  t)el/a  quale  fpezie  di  Serpente  liferifce  ci’ ha  verne  veduto  alcuno  Crifto- 
meÌÀiML  Eccello  ;  che  però  per  vero  Bafilifco  figurato  fi  vede  ne!  mcntouato  libro  de 
Serpenti,  e  Dragoni  deli’ Aldrovandi.  In  propofito  di  che  parmi  faccia  ilfcn/o 
letterale  di  quel  lagro  detto  del  Salmilta  .  Super  aff  idem  ,  0“  BnJìHfcum  ambula^- 
bis i  0“  conculcabis  Leonem ^  Draconem:  diftingucndo  efpreliamente  il  Bafilifco 
dalli  Dragoni ,  &  annoverandolo  cogli  afpidi  tra  Serpenti,  come  lù  fpiegato  dal¬ 
la  feconda  Mufa  di  D.  Carlo  Torre  Canonico  Milanclc,  nella  lua  Pellegrina 
Ingrandita,  introducendo  Efierrc,  che  orando  dice. 

ben  che  chi  confida 
Nel  tuo  braccio  pejfcnte 
Di  Libico  Leo»  non  teme  il  dente  ^ 

Ne  vuoi  che  Afpe  lo  impiaghi ^ 

Ma  fai  eh'  egli  calpejli 

La  fronte  a  i  Bafilifchi,,  e  ’/  dorfo  a  i  Draghi , 

1 2  Quindi  forfi  non  s*  ingannarebbe  chi  credelTe  più  torto  Serpenti ,  che  Dra¬ 
goni  que’  Bafilifchi,  che  da  alcuni  Santi  furono  miracolofamente  uccifi  con_ 
l’ orazione ,  come  fcrivono  il  Sigonio ,  e  il  Contarini  di  Leone  IV.  Sommo  Pon¬ 
tefice ,  che  ne  fece  cader  morto  uno  in  Roma ,  che  lungo  tempo  coll’  alito  l’ bave* 
va  ammorbata  :  e’I  Surio  di  S.  Giovanni  Abbate  ,  il  quale  fece  il  limile  d’ un’  al¬ 
tro  Bafilifco  trovato  nel  fondo  d'  un  pozzo. 

1 3  II  chefàfo’/venirmid’  uncafo  in  parte  fimilc,  quafi  due  Secoli  fà  fuccelTo 
fui  Bo!o2nefe  nel  nobile  Cartello  di  Budrio,  dieci  mitilia  lontano  dalla  Città 
verfo  Oriente,  ove  cavandoli  un  poz^o  ,  vi  fù  trovato  unode’ludctti  peftilentif- 
fimi animali, dal  cui  alito  caderono  miferamenre  morti  Padre, c  Figlio,  che  s’ afFat- 
ticavano a  purgarlo .  Lodeferive  Antonio  Maria  Vildomini  leggiadro  Poeta 
Genovefe ,  che  allora  dimorava  in  quefta  Citta ,  ove  ftampò  un  Volume  in  4.  di 
Poefie  Latine  Mifcclianee ,  che  sfuggì  la  diligcnzadcl  Soprani  ne’  fuoi  Scritrori 
Liguri,  &  hà  in  fondo,  Bononia  imprejptm  accurati fme, per  Platonem  de  Eenediéris 
Anno  Domini  MCCCCLXXXXII.  Per  elitre  Ifioria  non  toccata  da  chi  fcrillc  i  1  Trat¬ 
tato  del  Bafililco  tra’ Serpenti ,  e  Dragoni  dell’ Aldrovandi ,  e  perche  appartiene 
a  quefta  Patria,  non  porto  tralafciar  di  rcgirtrarJa  con  le  parole  di  quel  Poeta,  à 
pag.  37.  Chi  non  la  vuoi  leggere ,  la  parti .  Dice  erto 

14  De  luvcnc  cum  Patre  fuu  a  Baf li feo  interempto  :  (fr  devi ^  ac  natura  nonuuD 
lorntn  Serpent um ,  ad Ioannem  Dominteum  Carz,olam  Sarzanenfem  Bononia  Legihus- 
indulgentem . 

ì^fpice  (juàm  fiibitos  homini  mors  pallida  cafus 
yifferat ,  fp  qitantos  precipitata  necct . 

Ljl  locus  antjquo  ,  Butrttrm  qui  «emine  d:clus; 

Millia  Felfìnea  diflat  ab  urbe  decem. 

T  erra  ferax  Bacchi  est , Cereris  quoque',  Pallas  fp  tllud 
**  Non  dedignata  cfl-  excolniffc  folum  . 

Hoe  fenior  vitam  ducebat  rure  colonus , 

Ama  colens  dura  non  aliena  manu .  > 

Huic  inerat  febei  es  arte  ingeniofa  paterna  ^ 

Indentes  certe  qua  cumulabat  opes. 

Hic  modo  fac  eundos  pr  afe  indit  vomere  campe  S': 

ille  per  herbofam  far  cula  ducit  humum, 

Dijppat  hic  glebas  rastrorum  pondere  inertes  ; 

Hic  f par  git  pinguem  culta  per  arva  fimum. 

ille 


LIBRO  S^E  C  0  N  D  0.  CAB,  PII  «J 

ille  trahit  lento  contextam  vimine  cratem  i 
Atque  alius  \aclat  femina  fparfa  manto, 

Quique  minor  natu  fueras,  ad  lata  juveneas 
Pafcua  agis  teneras,  specus  omne  tuum, 

^uid  de  foemineo  fexu  ?  minor  illius  ordo 

Non  erat,  adque  fuum  non  minus  aptus  opus. 

Dum  trahit  hac  lanas,  aut  telas  pe£line  denfaty 
Detinet  hanc  chari  fcifa  lacerna  viri, 

^  .jlla  cibos  longas  portat  tondentibus  herbas: 

DefeStas  raris  dentibus  illa  trahit. 

Nae  ovibus  teneras  modo  colligit  arbore  frondesg 
Nunc  eadem  curat  pafcere  glande  fues , 

Nullus  iners  inerat ,  fed  cultu  dodi  tus  omnis  ^  . 

Et  quemcunque  fuum  detinet  officium, 
pelix  b  nimium  felix,  &  lata  \uventusy 
Si  foret  hoc  puteus  nullus  ,  &  unda  loci  1 
Vnus  erat ,  fed  non  ad  opus ,  per  fecula  longa 
Nec  potus,,  parvis  fed  quafi  fccus  aquis. 

Ceperat  exefo  ruere  hinc,  atque  undique  murox 
Atque  erat  in  medio  limus  .»  ^  herba  falò, 

Lqtnpha  ntmis  procul  eB  :  nobis  propiore  paretnp^ 
illa  loco,  puteus  <  quam  vetus  tde  dabit, 
f urgemus  puteum-,  fenior  fic  dixit:  at  illi  .  , , 

Huic  apta  efficio  protinus  arma  parant,  "..7\ 

\Sapius  e  fummo ,  demijfa  cacumine  cerbts  :  .  • 

^mequid  ép  \humoriSi  man ferat  ,  extrahitur. 

Sed  .c&nofa  palus  fundo  reUabat  in  imo,  ~  > 

Vntim  qua  e.x  multis  e]icienda  vocat, 

Vnus  de  )uvenum.  turba  demittitur  ergo 
In  foveam,  fed  qui  corpore  major  erat', 

Infcia  mens  hominum  morbi  ,  pejlifque  futura  > 

^  ^md  facis ^  en  tacito  mors  venit  atra  pede', 
vadisi  remane  juvenis,  funemque  relinque^ 

Defeendis  tali  non  rediture  loco. 

Mollia  defeendit  paulatim  lina  retraSlansx 
Tranfierat  medium  nec  bene  tutus  iter, 

..^ptum  capite  obverfo  cecidit  collapfus  in  imumx 
Excutit  in  medio  nec  fua  membra  fmo , 

'Talis  in  auxilium  genitori  cafus  eunti 

Accidit,  é>‘  fìntili  funere  plangit  humum,. 

Mirantur ,  plorantque  fìmul  tum  c  ater  a  pubes: 

Et  petere  hac,  quamvis  corpora  chara,  timent. 

Tum  famulus  (  famulum  fenior  nam  dives  habebat^ 

T  alia  robuBo  peli  ore  fortis  ait. 

Jfìuid  lachrymis  opus  ed  ^  nodo  mea  membra  tenaci 
Nell  ite  ,  ne  fìmili  forte  timore  cadam . 

Sic  ego  paulatim  depofìus  herilia  adibo 

Corpora:  fed  lenti  (tnt  tamen  uf que  gradus-. 

Me  trahere  ut  citius ,  caderent  fì  talia  fìgna ,  >  ' 

poffitis,  0“  ab  hac  me  relevare  nece. 

Hai 


M  r  S  B  0  C  0  S  P  I  À  N  0  ’ 

H*c  ubi  disfa  )  cavam  corbem  fubit  :  hac  que  ligattis 
Ora  capit  trifies  per  federata  vias . 

Vix  bene  demiftis  fummas  cum  margine  ripas  • 
Liquerat  y  &  fovea  vix  bene  tecfus  erat . 

cepit  titubare  mifer ,  cfunm  fronte  remifa , 
Deprejfitque  oculis  cernere  cepit  humum.  i. 

' Attrahitur  fubito  *  fed  non  ut  oportuit  \  illa 
Extinefus  \acuit  luce  putatus  humi. 

Non  movet  hinc  humeros  y  non  illinc  brachia  y  verbum 
Sentitur  tepida  corde  fubefe  calor ,  tV 

Yndique  conveniunt  narrantes  multa  coloni  y  t.  , 

Et  dantes  variis  talia  fata  malis  .  / 

Inter  quos  fenior  veftitus  tempora  canis 

Eloquitur  longa  plura  notata  die,  >  a 
Hunc  audite  viri,  veHrafqae  advertite  mentes;  '' 
Mira  feram,  longo  tempore  vifa  tamen ,'\ 
ft  varias  hominum  fpecies  natura  creaVit, 

^uas  nutrit  variis  ingeniofa  cibis, 

Magnaque  multiplici  replevit ,  ut  aquor  a  pifeex 
Vt  liquidum  multis  aera  prapetibus . 

Sic  diverfa  dedit  folers  animalia  terris.  ~ 

Pars  nobis  profunt  x’  pars  quoque  fape  nocent. 
Inter  qua  voluit  varium  genus  efe  colubrum, 

Pelii  feris  tribuit  dira  venena  quibus.  . 
Sanguinolenta  virum  quemctinque  momorderis  afpis. 
Sopitus  certe  tartara  nigra  petet. 

Ille  fti  moritur ,  tetigit  quem  torrida  dipfas , 
Flumineis  quamvis  merfus  inejfet  aquis . 

Membra  fluunt ,  fanieque  natant ,  folvuntur ,  ^  ofa, 
,^is  fenflt  morfus ,  feps  nociture,  tuos. 

Corpora  laxantur  nigro  tumefaifa  veneno 
.  Flumineo  prefler  qua  premit  ere  fuo , 

Ex  re  nomen  habent  therfydros  ea  ,  ammoditefque  , 
Et  \aculiy  éf  natris  ,  atqite  cerafla  vagus, 

Albis  terga  quoque  efl  maculis  diUinifus  ophites. 

Et  geminum  portans  Amphifibona  caput, 

^uid  de  te  Scytalis  ?  vobis  quid  &  ipfe  ,  chelydri , 
Nunc,  dicam  ?  an  vobis  vis  data  parva  fuit , 
^uas  habet,  an  fuperant  hamorrhois  afpera?  mors  hac 
Heu  heu  quam  multo  plena  cruore  venit  i 
Nanque  virum  flquem' mor fu  deprehenderit  atro. 
Sanguinis  effundit  corpore  quicquid  habet. 

Scorpion  exiguum  vires  quis  credere  pojf.t 
T am  fubtts  cauda  mortis  habere  fna  ? 

At  fi  virus  in  hoc ,  &  in  hcc  medicina  moratur  x 
Tale  quidem  fed  non  hoc  Baflifcus  habet. 

^uem  puto  pcjlifernm  vefro  cum  fratre  parentem 
Mandaffe  ad  Campos  protinus  Elyflos, 

Vira  lues  parvi  Serpentis,  0"  ulta  potejlasx 
Non  '^am  biflenis  longior  efl  digitis. 


85 


LÌ'BRO  SECONDO^  CAP,  VII 

Sed  fupcr»t  c linci, ts  ferventi  eeypore  pefiesx 
Afflatu  pallent  gramina  cnnSta  fuo. 

Afflatu  viridi  pallent,,  ^  in  arbore  frondes 
Cntnqne  fuo  amittit  cortice  adulta  cosntrs^, 

Tit  Herilis  Tellus  ^  &  eo  corrumpitur  Aer  t 
Et.  folitas  volucri  denegat  ille  vias  ^ 
illitis  horrenda  cunlios  fugitare  dracones 

Voce  ferunt  homines ,  fr  tremere  omne  pecus. 

Hujus  virus  edax  perfr angit  marmora  viva. 

Evertit  rupes,  inquinat  illud  aquas. 

Illi  faftus  inejh  fcit  fe  diadema  ferentem 
Vertice  ,  fcit  cunei ts  anguibus  ejfe  caput'. 

Er.go  multiplici  corpus  non  ducere  flexu, 

Peliore  nec  folidam  radere  fuetus  humuml 
Sed  media  plus  parte  fui  procedit  in  altum  , 

Ereiius  volvens  per  nemus  omne  caput. 

O  funesta  lues  miferis  mortalibus  !  b  qua 
Non  major  toto  peltis  in  orbe  fuit\ 

Adde  quod  extemplo  cernenti  lumina  mortem 
T)&t  fua  crudelem,  flt  procul  ille  licet, 

Jfla  morte  jacent  vejlri  frater  que ,  pater  que , 

Credite’,  nam,  juvenes,  hac  Bafilifcus  aqua  eli. 

Dixit  0“  inde  canem  demifit  ;  mortuus  imo 
Eli  canis  immiflus ,  fecit  dr  anfer  idem  , 

Credita  dilla  feni  :  ferroque  cadavera  adunco 
Extracta  in  tumulo  pofla  fuere  brevi . 

£am  famulus  terra  furrexeratx  ac  flbi  quicquam 
•  Non,  externate  dicere  p offe  ,  datur . 

T empora  longa  mifer  perrnanflt  muttis  ,  idem 
Mentis  inops tantam  vim  Bafilifcus  habet, 

C cellcola,  o  tales  terris  avertite  peflesx 
Gentibus  &  ve/lris  hoc  remonete  malum, 

15  Nel  qual  racconto  fe  non  fi  fpecifica  che  futfe  cavato  il  Bafilifco  da  quel 
pozzo ,  e  veduto  da!  le  genti  di  che  figura  fufie ,  almeno  giufta  il  probabile  fi  pro¬ 
pone  per  Serpente ,  non  Dragone ,  dicendofene 
Dira  Ines  parvi  Serpentis,  &e, 

da  che  parimente  fi  confermano  i  motivi  addotti  di  fopra.  Allude  a  quefto,  ò 
fimil  fuccello  Cecco  Nuccoli  antico  Poeta  Italiano ,  che ,  fcrivendo  ad  un’ami¬ 
co,  in  un  Sonetto  de’ raccolti  dall’ Allacci  nel  primo  Tomo  de’  Poeti  antichi, 
notòvvi  nel  dialetto  antico . 

Saper  ti  fb  novella  men  che  buona 

El  Padre  el  figlio  fletterò  a  gran  rifehi» 
eh  envelenate  fuor  dal  Badalifchio . 

L'  uno  c  fcampaio ,  e  de  db  fl  ragiona,  ^ 

Ma  fempre  porterà  nel  vifo  un  cifehip 
Per  r  aldo  s'  oderan  que  Urite  fona . 

\6  Aggiugne  fede  alla  fisjdettalftoria  un'altro  calo  limile ,  fucceffo  nelmc< 
delìmo  Territorio  di  Budrio  pochi  anni  fono . 

H 


Cént.  f. 
3J. 


lo.  t^tnc. 
Jmper.  6. 
Fort.  C*f^ 
iiH.y. 


Jn  Htrt.Ra* 
con.  £mbl. 
fenutt  p  6  J9 
Cann.ArtJi. 


Catti.  P'J/. 
fl.ì9. 


.AUr.  àe 

P$/c  l-i  c.^. 

tuia. 


Jtn(ton.  l.  4. 
e.Q.de  Ptfc. 


86  Ai  y  S  E  0  C  0  S  P  1  A  N  0 

De'  Pefci  Scagliofi.  Cap.  FUI, 

Del  Nibbio,  Pefce  volante,  e  del  Capretto  del  Brajìle . 

1  y^Ometràgli  VccclK  vene  fonode’ Nuotatori,  così  tra’ Pefci  ve  n'hà  de’ 
Volanti  accennati  da  Eraftno  di  Valvafone  nel  Poema  della  Caccia, 
ove  de  gli  Acquatili  nota 

Et  s  '  altri  fuor  del  Mar ,  come  Augel  vale . 

De’ quali  fe  ne  incontrano  ben  nutijerole  torme  da  chi  naviga  nel  Brafile,cnc 
volano  di  quando  in  quando  ne’ legni  palfaggieri ,  Che  però  di  quel  Mare  può 
dir  li  con  una  Mula  tutta  Imperia  le,  che 

pi  ftn  Popolo  di  Pefci  ancor  è  pieno, 

che  ha  I'  ali  al  fianco,  ^  ha  le  fquamme  al  dorfo . 

La  bizzarria  della  loro  natura ,  che  li  palcfa  non  meno  Vccelli  nell’  aria ,  che  pe¬ 
lei  nell’ acque  (  onde  Oppiano,  come  lofà  parlare  il  Lippi  fuolntcrprete,ncpro^ 
nunzio  Hos  nanti  fimiles  dices  ,  fimilefque  volanti  ) 

col  mettere  in  dubbio  fe  più  all’  uno, che  all’ altroclemento  debbano  attribuirli, 
hà  ftabilito  loro  un’ honore  immortale,  mentre  hà  tirato  gli  Aftronomi  più  mo¬ 
derni  a  fcioglierne  la  quellione ,  col  trasferirne  uno  là  sù  nel  Cielo  tra  le  Imagi¬ 
ni  del  Polo  Aulitale, ove  additano  il  Pefce  Volante,  vigelima  Figura  delle  Cc- 
lelti  in  quella  parte lin’horaconofciute,  e  quinta  delle  novamente  otTetvate, 
giuda  la  politura,  che  fe  ne  Icopre  col  Cannocchiale  Ariftotelieo  del  Conte 
Emanuel Tefauro,  il  quale  ,preziolilfimo  Teloro delle  Mule ,  così  nefcrilTc. 

Et  pelagum  pinnis  ,  0“  pennif  ^aera  ^ndo , 

me  Pificem ,  me  mare  credit  Avem.  * 

De  me  inter  geminum  lis  e  fi  contermina  Numen  x 
Inno  fuum  dicit  ;  me  T ethys  ima  fuum  . 

Me  inter eà  Coelum  rapuit  :  nam  fape  minores 
Dum  certant,  pradarn  tertia  dextra  rapit, 

2  Chiamanliqucrti  Pelei  dal  Volgo  e  con  tal  nome  vengono  men« 

tovati  da  bigifmondo  Boldoni  Medico ,  nel  fuo  nobililTimo  Poema  Epico  della 
Caduca  de’  Longobardi ,  notandone 

■  quelle ,  che  volar  sù  /’  onde  panno. 

Rondini  alate. 

3  A  pprelTo  gli  Storici  Naturali  però  non  tutti  i  Pelei  Volanti  vengono  lotto 
nome  di  Rondine ,  benché  di  quelle  ve  ne  fiano  di  più  forti  ;  ma  fe  ne  diftinguo- 
noi  Cucchi  (come  quello  del  Rondclezio,  di  cui  l' Aldrovandi:  volatum  infu» 
per  exercere  non  abs  re  quifpiamputet )  Se.  i  Nibbi!  :  a’ quali  fi  riduce  il  primo  PcfcC 
Scagiiolo  del  Mulco, cioè  la 

4  MIIVIPIRA  ,  ò  fia  PIRABEBE,  Felce  volante  del  Braille  ,  del  genere 
diquelli,cbcchiamanlìNibbii,òMilvi,havucolottonome  di  Pclcc  Rondine, 
da  cui  non  è  molto  dillìmile,  come  quello,  che  non  molto  fi  fcolla  dalle  due  Ron¬ 
dini  figurate  dall’ Aldrovandi,  ma  che  più  conviene  col  Nibbio  delSalviani, 
che  da  taluni  fù  llimato  la  Rondine  degli  antichi  Greci ,  la  quale  però  al  parere 
dell’  Aldrovandi ,  non  c  altro , che  la  Lucerna  di  Plinio .  Porta  il  nome  di  Nib¬ 
bio,  che  più  di  tutti  altri  gli  conviene  per  la  fimiglianza,  che  tiene  con  quel- 
rVccello  rapace  nelle  pinne  laterali,  ò  fiano  ale  fparfe,  larghe,  e  macchiate, 
con  cui  non  folo  nuota ,  ma  vola ,  portandoli  fopra  l’acqua  per  lo  fpaziod’  un  ti¬ 
ro  d’archibugio ,  e  poi  tuffandoli  per  inumidirle . 

5  E’di  corpo  lungo  quali  uncubito,  cioè  il  doppio  maggiore  delle  Rondini 
delGiOnftoni  :  la  di  cui  grolTtzza  dove  è  maggiore  ,  cioè  dovenafeono  le  ale, 

è  di 


LIBRO  SECONDO,  CAP.  Vlìl  Sy 

è  di  fette  deta  di  diametro ,  e  di  Tedici  di  circonferenza ,  e  nel  principio  delia  co* 
da,  poco  maggiore  d*  un  deto.  Halateftagroffa,  di  foprafchiacciara,  e  larga 
più  di  tré  deta,  e  fopra  gli  occhi  quali  gonlìata  in  tuberi,  erutta,  col  principio 
deldorloin lunghezzad’un palmo,  coperta d’ una piaftraolTea,  molto  porofa, 
e  ruvida ,  la  quale  verfo  il  fine  dividendoli  và  a  terminare  in  due  lodi ,  e  pungen- 
tilfimi aculei  bianchi,  difoftanzaoiTea,  che  verfo  lat:oda  riguardano,  trafcorfi 
pe’i  lungo  d’ una  linea  retta  aflfai  eminente ,  La  bocca  è  fotonda,  non  molto  gran¬ 
de:  ledicui  gengie  in  vece  di  demi  fono  fornite  di  frequenti,  &  ammalati  tu- 
berculetti  rotondi ,  non  maggiori  de’  grani  del  Panico ,  bianchi ,  lucidi ,  e  durif- 
fimi ,  come  che  di  foftanza  oifea .  Gli  occhi  nel  Pefce ,  eh’  è  fecco ,  non  fi  diftin- 
guono.  Le  loro  caffè  però  fono  affai  grandi,  e  rotonde.  Le  branchie  hanno 
d’ offo  il  coperchio ,  il  quafe  finifee  in  due  punte  limili  alli  due  aculei  fopra  men¬ 
tovati, e  di  non  minor  vigore  di  quello,  fotco  1  quali  fonolìtuate,  ed  hanno  le 
fommità  bianche .  Sotto  quelle  giacciono  le  ali,  tré  deta  diftanti  da  gli  occhi, 
lunghe  più  d’ una  fpanna ,  Se  altrettanto  larghe  nell’  eftremità ,  ma  nel  principio 
jnon giungono  a  tré  deta.  E  quelle  fonocompoftedi  fottili  (pine  biancbe,dillc- 
fe  per  il  lungo,  tra  le  quali  (piegali  una  metnbrana  bigia  feura,  fottile  come  la 
Canada  fcrivcre,  variegata  di  macchie  nere  in  fembianza  d’occhi .  Sì  che  di 
quelli  Pefei  potrebbe  dirli  col  Boldoni,  benché  in  altro  propofito  ci  favelli, 

che  occhiute  Cartilagini  han  per  penne,  Canùvf,^ 

6  Le  medefime  fi  dilatano ,  eli  raccolgono  come  i  ventagli  delle  Donne,  a’ 
quali  fono  parimente  affai  limili  nella  figura, c  nella  grandezza.  Nel  principio 
loro  verfo  il  capo  da  ogni  banda  li  feorge  un’  appendice,  che  fembra  un’  altr’  aia, 
lungapiùdifeideta,mamoltollretta,dearmatadellefue  (pine  bianche:  come 
pur  bianco  è  tutto  il  ventre ,  che  è  vellito  di  Icagiie  romboidi ,  così  difpolle ,  che 
palpandoli  allo ’ngiù  il  Pefce  par  lifeio.  Ne’fianchi,  e  nel  dorfo  ove  nereggia, 
le  fquame  fono  triangolari ,  ma  fcabrofe ,  come  che  tutte  di  fopra  hanno  un  dor- 
(etto  lungo,  percuitutto  il  Pefce  fembra  feorfo  di  linee  rette  rilevate  .  Hàfei 
Pinne,  comprefavi  quella  della  coda:  due  nel  dorfo,  una  picciola  difeì  fpine 
bianche  nel  mezOjO  ve  c  un  folco  affai  largo,  e  profondo;  l’altra  più  indietro, 
d’ otto  Ipine,  più  larga:  due  angufte  fotto  il  ventre ,  lunghe  fei  deca,  di  quattro 
fpine  fode  per  ciafcheduna  ,  affai  robulle  :  &  una  nel  fondo  del  corpo ,  oppofta 
alla  maggiore  del  dorfo.  L’ulcimaè  quella  della  coda,  lunga  quattro  dcta,& 
altrettanto  larga  ne!  fine ,  e  biforcata ,  ò  lunata ,  come  quella  del  Nibbio,  ò  MiU 

vo  deli’ Aldrovandi,  e  quello  del  Gionllbni ,  e  quel  Pefce  ,  che  per  Rondine  di  Aldr.dé 
Plinio  figurò  l’ Aldrovandi,  dal  Bellonio  propollo  per  Cefalo  alato  con  cuique- 
(lo  parimente  và  molto  limile  nella  figura.  Nel  retto  mirabilmente  confronta  jonflon.  Uc. 
col  Nibbio  figurato  dal  Sai  viani,  e  dal  Gionlloni,  ne’ libri  de’  quali  è  al  vivo  cu.Tab.zz. 
efpreffo .  Dicefi ,  che  non  altrimente ,  che  i  Pefci  Orbi ,  e  Rondine  Marina  fi  con-  ”j^/'pab.zz: 
verta  magneticamente  colà ,  onde  fpirar  deve  il  vento  :  ma  io  non  hò  mai  veduto  »«.  j. 
quello  mutarli  di  fico ,  fe  non  raoffo  ellrinfecamente  . 

7  GVAPERVA  del  Brafile  ,  fpezic  di  Pefce  CAPRO ,  ò  CAPRETTO 
dell’  Aldrovandi,  che  da  i  Portoglieli ,  come  il  Cane  Cenerina ,  Peixe  Porco  fi 
chiama ,  da  altri  Baleftra .  E'  lungo  più  di  due  palmi ,  e  largo  la  metà ,  ma  non-.  Pt/c.  c.  s. 
molto groffo, & hà’l Rortro rotondo,  eia  bocca  limile  a  quella delli  Dentali, 

con  otto  denti  canini  nella  mafcelia  fuperiorc ,  e  fei  nell’  inferiore  > che  è  più  lun- 
gadell*  altra:  de’ quali  i  due  di  mezo  di  fotto,  e  di  fopra,  fono  più  lunghi  degli 
altri.  Gli  occhi  fono  tré  oncie  dittanti  dalla  bocca  in  fito  molto  alto,  e  lefcaglie 
non  rotonde, ò  femilunari ,  come  rapprefcnta  la  Tavola  del  Capretto  dell’ Al¬ 
drovandi,  ma  con  figura  di  rombo,  come  quelle  del  Ciprino  largo  dello  Hello 
, .  Ha  Auto- 


88  m  y  S  E  0  C  0  S  P  I  A  n  O 


Autore  >c«o$ì  baHe  >  e  foctili ,  che  il  cuojo  di  quello  animale  non  fcmbra  fcnglio- 
(o  t  ma  folo  alquanto  ruvido ,  con  tal  vigore  però  nella  lua  ruvidezza ,  che  come 
del  fuo  Capro  attefta  il  Kondelezio,  potrebbe  fcrvire  per  polire  il  legno,  o 
l’avorio.  Ha  il  dorloofcuro  lenza  ondeggiamenti  di  macchie  ,per  quanio  lì  può 
dilcernerenclPelcelecco,  con  tré  aculei  nella  fchiena,  poco  dopo  gli  occhi, 
molto  lodi  j  il  primo  de’ quali  è  lungo  un  dito,  gli  altri  due  lucceflivamcnte  mi¬ 
nori  ji  quali  facilmente  s’abballano  ne’ vivi,  e  s’appiattano  in  un  folco  molto 
cofpicuo  neldorlo.  Hà  le  pinne  nella  fchiena,  enei  peritoneo  continuate ,  ma 
molto  alte,  malfime  nel  principio;  e  quelle  del  ventre,  che  biancheggia,  brevi; 
quella  della  coda,  falcata;  eie  branchie  fopra  le  pinne  laterali  d’apertura  mol. 
toangulla,  Hebbelì  quello  Felce  lotto  nome  dello  S//are  di  Plinto  ^  cui  fù  nc- 
celTariomutarein  quello  di  Guaptrua^  per  conformarli  meglio  col  Felce  lotto 
quello  nome  dclcntto  dal  Gionltoni,  del  quale  è  maggiore,  che  con  lo  Sparo 
£.  ga.r.ir,  dell’ Aldrovandi  ;  malTimcche,  quando  anco  fulTe  flato  Sparo,  non  v’era  ra¬ 
gione,  che  lo  perfuadelTc  più  tollo  quello  di  Plinio,  che  d’altro  Autore,  non 
havendonc  quegli  alTcgnato  nota  particolare ,  mentre  nc  mentovò  il  nudo  nome. 

Delle  Te  Bugi  ni  di  Mare.. 

Cap.  IX. 


4^.  X. 


Alk,  /.24. 


t  Rà  gli  Acquatili  Sanguigni  meritamente  s'annovera  la  Tellugine  Ma- 
X  rina,  come  quella,  che  non  folamente  hàfangne,  contro  il  lenimento 
di  Gilberto  Ducherio ,  che  la  chiamò  clangne ,  Icrivendone  proverbialmente 
T ardius  ad  cclehrem  poffis  adf urgere  famam  . 

.^lam  Mare  TeBudo  SANGVINE  CASSA  bibat, 
ma  che  di  vantaggio  iron  può  lungamente  vivere  cftrattodal  Mare;  ondenc 
porta  il  cognome  a  differenza  delle  Terrellri,  che  aborrilcono  l’acqua,  come  lì 
dille  di  fopra ,  mentovandole  nel  Lib.  I.  Gap.  9.  e  delle  Anfibie ,  che  fono  di  na¬ 
tura  tra  quelle, c  quelle  mezana,  abitando  egualmente  nella  terra, c  nell’acqua. 
E  delle  Terrellri ,  e  delle  Anfibie  fono  di  tanto  maggiori  le  Marine ,  che  Diodo- 
ro  racconta  le  loro  Conche  a’ Popoli  Chelonofagi ,  ò  diciamoli  viventi  di  Te- 
ftugini ,  ha  ver  fervito  e  di  Tende  nella  Campagna ,  e  di  Navicelle  nel  Marc .  Al 
che  graz  ofamente  allufe  quel  bell’  Vmore  di  Gregorio  Porcio  nella  lua  cnriol» 
Cynopithccomachia ,  cantandone . 

petit  patulo  T efltidinis  erbe  Melampus „ 

Cui  promijfa  vicem  longi  temonis  obibat 
Cauda ,  procellofas  crebro  jaclata  per  undas . 

I  quali  ufi  lì  raccordano  ancora  da  Alberto  Magno.  E  Solino  riferifee,  che 
nel  Mar  d’india  ve  ne  frano  di  così  Iterminacc  ,  che  due  delle  loro  Conche  driz¬ 
zate  in  piedi,e  commefle  nella  parte  di  fopra , e  difgiunte  in  quella  di  lotto  potè» 
vano  fcrvire  di  cala  capace  di  non  poca  famiglia .  E  v’hà  chi  Icrive  che  nell'  ilo- 
la  di  Taprobana,  detto  pofeia  Madagafcar,  &  oggi  di  S. Lorenzo,  la  Conca 
d' una  Tcllugine  ballava  a  coprire  il  tetto  d’ una  Cala  intiera .  Dalle  quali  fem- 
bracopiata quella ,  di  cui  il  Boldoni 


Cai  de' ir  Spaventofa  Te  Bugine  s*  efl olle, 

Xok.C.if.fS  fplcndono  i  rai,  come  due  faci. 

Grande  è  la  mole  fua,  che  uguaglia  un  colle-. 

Sono  i  piedi  al  camin  pronti,  e  vivaci. 

*  ,  *  quella  fpczie,  che  nel  Continente  più  di  rado  lì  vede  ,  tra  le  fpoglic  de 

gli  Animali  più  Angolari, che  fi  confervano  in  quello  Mufeo,  molto  notabile  li 
kuoprela  ^  GV- 


£jBe.cit,C.7‘ 

148. 


L  1  15  R  0  SECONDO.  CAP.  ÌX,  89 

3  GVSCI A ,  ò  CONCA  fupcrioredi  una  Teftugine  deJr  Oceano  ,  di  quella. 

ioKe  i  che  nel  Bradlc  iìc'iiarna  lunga  due  braccia,e  me2o,e  larga  due, 

di fupetfiz  ic  anzi  nera ,  che  nò,  lucida ,  e  Jilcia,  le  non  quanto  la  feorrono  diver» 
famentc  tante  linee  gialiiccie ,  che  fembrando  commiffure  conipc'ngono  tante  fi¬ 
gure  Geooieìnehe,  le  quali  la  fanno  parer  comporta  di  quaranta  pezzi  di  molti 
angoli  ;  e  d’ erti,  quelli ,  che  fono  fopra  la  fpina  dorfale,  hanno  bellilfima  figura  di 
Scudo  elagono  ;  come  parimente  tutta  la'fudetta  Gufeia  ,effendo  ovata ,  lembra 
uno  Scudo  i  c  per  tale  potrebbe  fcrvirc,  havendone  non  folo  la  figura ,  ma  la  dui- 
rezza  baftante,  fe  non  fuflfe  troppo  ampia,  e  difoverchiopefante.  Onde  più 
corumodo  ne  farebbe  Tufo  di  culla  ,  òdi  capacirtìmo  la  vatojo,  come  già  ulàvafi  ^ 
nella  furchia ,  dove  rn  firaili  Conche  fole  vano  lavarli  i  Bambini.  Di  querta  raz¬ 
za  di  Tartarughe  favella  il  Margravio,  là  dove  fcrilfe.  ^^dam  tefiam  nigram  iL.é.f.1.413^ 
habent ,  fplendentem ,  fiavis  lineis ,  gr  figuris  egregie  interliinciam .  Se  ne  vaglio- 

no  alcuni  Barbari  di  Scudo  ,&  altri  fe  nc  compongono  altre  armature  ,&  orna¬ 
menti  a  di  vcrfi  utenfiglij  come  quegli  Africani,  de’  quali  parla  il  mentovato  ^ 
Boidoaiinquefti  verfi,  * 

Vengon  da  Bona  poi  le  cinqtte  Tufi  e 

che  fiegtton  quei  di  Buggia  j  ér  han  le  genti 
Di  Cofi aretino  al  fiaettar  robuBe , 

Et  al  rotar  la  Scimitarra  ardenti,  - 

De  le  teatie  Tefiugini  a  /’  adufie 

J^embra  Loriche  fian  dure,  e  pofienti .  .  '  , 

D  ’  ejfie  ogni  legno ,  e  poppa ,  e  prora  adorna , 

Se  in  lente  fipoglie  il  corfio ,  e  •  l  voi  fioggierna .  ,  j 

4  GVSCIA fuperiored’ una  Teftugine del  Mar  Tirreno,  più  picciofa  della 
fudetta, come  lunga  non piùd’un  braccio, emezq,  e  larga  poco  più  d’uno,  di 
fuperfizie  bigia ,  ineguale ,  &  arata  di  più  folchi  commirturali,.che  la  precedente, 
ferabxando  comporta  di  quarantaquattro  pezzi . 

5  CRANIO  di  Teftugine  Marina,  di  grandezza  proporzionata  alla  prima 
Conca  defcricta,e(Tendo  lungo  due  palmi ,  e  largo  quali  uno ,  e  mezo , 

6  TESCHIO  intiero  di  Telìugine  Marina,  di  minor  mole  del  Cranio  prece¬ 
dente  ,  nei  cui  piedeftallo  trovo  ricordata  la  morte  d’ Efchilo  in  quefte  lettere  di 
mano  del  Dottor  Ovidio  Montalbani  MSCHILI  MORS ,  con  la  fottoferizzione 
delfeguente  verfo. 

Hor  chi  fia ,  che  mi  /campii 

.  7  Io  nondimeno  mi  perfuado  che  la  Tragedia  d’Efchilo  terminalTe  col  mezo 
d’unaTeftugginecerrcrtre  ,non  elTendo  verifimile, che  un’ Aquila  polla  reggere 
nel  volo  Animale  di  tanta  mole ,  e  pefo ,  com’  è  d’ordinario  la  Tartaruga  di  Ma¬ 
re.  Per  lo  che  vedali  ciò  che  a^quefto  propolito  s’ è  notato  difopra  ne!  Lib.I. 

Cap.p.  Se  però  ne’prccipizii  di  sì  pigro  vivente  volò  l’altrui  morte;  chiudali 
fanguinolento  la  ferie  de  gli  Animali  Sanguigni  del  Mufeo;  .e  fe  la  durezza-, 
delia  fuafeorza  ci  addita  i  Teftacci,  che  fono  una  gran  parte  de  gli  Acquatili 
Efangui ,  fi  faccia  a  quelli  opportuno  il  palfaggio . 

De  gli  Acquatili  Efangui,  e  prìtna  de'  Teli  acci  in  generei 

Cap.  X. 


Mtendendofi  per  Teftacci  quegli  Animali  Efangui,  per  lo  più  Acquatili, 
che  fono  vefliti  di  gufeia  dura,  e  pietrola ,  come  le  Oftriche,  le  Chiocciole, 
c  limili,  che  da’  Greci  li  chiamano  Ortracoderrai,e  fi  dividono  in, Vni vaivi» 

H  3  '  '  Bival- 


L.  3.  Her- 
mton.  £leg. 

4* 


Va».  Bari. 
Bicrtat.  del 
S*via  1. 1. , 
C’  1 1. 

Damo- 

nom.t^.iyS» 


Tvef  j,  tiit, 
f.  193. 


t..  r.  cantra 
Marc.  c.  5. 

Cìe.l.i.  da 
Orar. 

Val.  Max. 
ì.  8.  C.8. 
M’T ul.  Bt‘ 
ra)  i.  3.  Ru. 
fitc.v.  14. 
Bartol.  loc. 

fit. 

Bibl.  Apre/. 
P.  i.p.  f. 

Cant.  I, 
p.  4t. 


Dia  Céf.  & 
Sntt,  e.  46. 


90  M  y  S  E  0  Q  0  S  P  ì  A  N  0 

Bivalvi, eTurbinatijCiocd’una,  òdi  dueConc]u',ò  fattiingiro.  per  fcgiiir 
r  ordine  intraprefo  di  far  precedere  quelle  cole,  nella  fabrica  delle  nnali  leirìbiò 
piu  ftudio/j  la  Natura ,  li  favellerà  prima  de’Turbinati ,  pci  pafl'ar  polcia  a’  Bi va!  • 
Vi ,  indi  a  gli  Vni  vaivi .  Dc’quali  tutti  n’hà  fcclta  copia  il  Mufeo  ,di  cui  ben  può 
dirlicol  Tibullo  Crcmoncfc  Giulio  Grotti 

No»  defutìt  medio  felelidc  ex  xquore  CcKch/c . 

1  Nè  fìa  di  foverchio  il  ragionarne  forfi  p  ù  a  lungo  di  quello  richiederebbo- 
no,  come  gitti.chc  lembrano,  del  Mare,  avvegnaché  non  per  tanto  bfeiano 
d’eflcrc  miracoli  della  Natura  ,  e  per  tali  qui  ratinati,  afiìncbc  nella  vanttà,  e 
bellezza  loro  s’ ammiri  quanto  Ila  grande  Iddio  anco  nelle  cole  minime ,  più  per 
diletto,  che  per bifognonolirocrcate,clTendoche,  come  fagglamcntc  cantòil 
Valmaiana. 

«IH—  hac  ectilis  qu£  funi  hic  fnkdiia  nofirisi 
Parva  /icet,  funi  grata  txagis,  kcc  parvus  in  illts 
Enitet  Artificis  decor. 

Eia  Moral  iMufadi  Lorenzo  Grado  Napolitano  ci  avvila  che 
chi  Jetto  a  piedi  ha  ’/  Fato, 

Vuoi ,  mentre  opre  si  itile  al  Bionde  fpande , 
che  per  quejlc  ammiri  am  quanto  et  fia  Grande, 

E  per  miracoli  appunto  le  ravvisò  Tcrtuiliano,che  ollcrvando  con  quanta  finez¬ 
za  ,  e  magifterio  fono  fabricate  le  Gufeie  delle  Gonchiglie ,  nc  giudicò  una  loia, 
quantunque  delle  più  abjctte  ,  balle vole  a  convincere  un  Marc  ione  (  quclTApo- 
ftaca  .queir  empio ,  che  imaginatolì  due  Creatori ,  ne  aderiva  un  buono ,  e  favio, 
e  l’altro  (folco.,  c  maligno,  e  da  quello  prodotte  le  nature  più  vili ,  come  da  qucl- 
l’ altro  le  nobili  )  c  coltringerlo  a  confcilarc  la  Somma  Sapienza  ct’un  lolo  Auto¬ 
re  del  Tutto.  Vntis omnino  de  faptius  flofculus ,  dilcoi  leva  quel  grande  Ingegno, 
non  duo  de  pratis  ;  VNA  CVIVSLIBET  MARIS  CONCHTLA ,  non  dico  de  ru- 
bro\  una  Tetraonis  pennula;  taceo  de  Pavo  ,  SORDIDVM  ARTIFICEM  PRO- 
NVNTIABIT  TIBI  CREATOREM? 

3  Nè  per  tnen  che  mirabili  conobbero  le  Conchiglie  anco  tra’ Gentili  Sci¬ 
pione,  c  Lelio,  quella  coppia  d'incomparabili  amici ,  i  quali  ollcrvando  in  elle 
verilfimo,  che  f£pe  fta  è  levtbus  gratia  rebus  inejìx  lungo  i  liti  di  Cajeta  ,  edi 
Laurento  le  coglievano  per  loro  virtuolo  diporto .  Onde  nel  RegnodcIIa  Saggia 
Ricreazione gl’introduce AleiTandro  Lami,  il  Dante  Cremorcle,  cantandone 
in  quel  Sogno,  che,  come  nota  Cornelio  Alpalìo  nella  Prelazione  della  J  iblio- 
fcca  Aproliana  a  chi  verga  quelli  Fogli,/»  Vigilia  d' un  ingegno  rifzegl iati  fimo 
nelle  lodi  della  Patria 

E  di  Recreazione  andammo  al  loco ,  i 

Ove  Scipione,  e  Lelio  gir  cogliendo,  j 

In  fatti  egregi  /’  uno,'  e  I'  altro  fioco ,  j 

Marine  Conche  vid'  io  infiem  ridendo. 

4  Maquanto  quelli  lì  mollrarono  faggi ,  per  farli  con  quel  diporto  ricchi  di 
bei  penlìeri ,  altrettanto  pazzo  lì  fece  cono  (cere  Caligola,  che  lolo  pei  ergerli  un 
vanilfimo  trofeo ,  fìntoli  di  gir  con  l’ Elerciro  al  conquido  dell’  Inghilterra,  giun»  ! 
lo  a  non  sò  quale  Ipiaggia ,  Ipiegò ,  come  un’altro  Serie ,  tutte  le  lue  loizc  guer- 1 
rierecontroil  Marc ,  e  dopo  atteggiati  gli  sforzi  d’ un  Combattimento  generale,! 
come  le  l’ bavelle  vinto  in  battaglia ,  ne  fece  da’ Soldati  cogliere  il  bei  uno ,  che  t 
fù  non  altroché  Chiocciole  ,c  Conchiglie ,  quante  nc  capirono  loto  nelle  mar  si 
quali polcia,  come  fpoglie  di  languinolìlTima  guerra ,  volle  s’appencelleroadl 
un’ altillima  Torre,  che  nel  luogo  Hello  fè  fabricare,  in  memoria  di  sì  ii.emoia-.' 

bile 


Sm.  Thef. 
I»  El9g.XIl 
Cttfar.  in 
Calti. 


LI^RÓ  S  n  C  0  Ó  0,  CAP.  9f 

bile  iinprcfa,  dando  inciòacono/ccre,chcben  meritava  la  corona  d’oro  ^  che 
egli  prima  de  grimperatori  usò  j  non  però  per  la  nobiltà  dei  metallo,  ma  perla 
lodezza ,  accjòche  a  quel  capo  fbrfennato  non  mancaffe  ben  forte  legamc,corae 
can.ò  Ji  Teforo  delie  Mufe. 

Primus  Apollinea  commutas  fronde  metallum'y 
CafaYy  dr  aurifero  sirtngis  in  orbe  caput. 

P^on  fano  capiti  fragiles  per  tempora  frondes 

Non  fat  erant \  nodo  te  meliore  ligas.  Marf 

5  Quanto  di  lui  più  aflfennati  fi  moftrarono,que’ barbari  d’ Occidente, che  vai  * 

gbi  di  qualche  armonia,  mentre  d’altra  non  ne  havevano  notizia,  felaprocm*  A».. 

ra  vano  dalle  Conchiglie,  che  in  lunghe  filze  appendevano  alle  porte  delle  loro 
habitazioni ,  ove  fcolfe  dal  vento ,  cozzandoli ,  rendevano  un  tal  luono ,  che  lo¬ 
ro  arrecava  non  ordinario  diletto . 

6  Incomparabilmente  però  più  loave  è  Tarmonia^che  fanno  alla  mente  di  chi 
vi  riflette  per  ravvilare  in  effe  i  tratti  di  quella  mano ,  per  cui  fono  armoniche  le 
Sfere  Cclefti ,  &  ammirare  ne’  loro  Gufei  l’ avvedutezza  deli’  Eterna  Providen- 
za ,  che  a  quelli  Animali ,  per  natura  debolilfimi ,  &  elpoftialle  ingiurie  de’  Pe¬ 
lei  ,  che  ne  fono  avidillìmi ,  fe  negò  l'agilità  per  lottrarfene ,  diede  una  portatile 
Fortezza,  a  chi  fchietta,  comea’Bivalvi,& Vnivalvi;  achicon  moki  ricinti, 
come  a’  Turbinati ,  c’  hanno  tante  ritirate  lempre  più ,  e  più  dentro ,  quanti  fono 
i  giri ,  in  che  s’ avvolgono  ;  Fortezza  tanto  più  mirabile,  quanto  che  nalce ,  vive, 
ccrelce  con  elfi,  ferbando  fempre  il  difegno  della  figura  :  e,  quantunque  vana 
in  tutti  d’architettura,  fempre  uniforme  alTeligcnza  d’ogn’uno  ,  tutti  nulla 

rnen  del  bifognoalficura,  &  abbcllifceinfieme,riufcendo  loro  S ubjìdio pariter  y  InPf.  io8i 
come  della  Torre  di  David  hebbe  adir  S  Ambrogio  (dicui,  o  quan-  Ofl.8. 
io  s’avverano  in  quello  luogo  queir  altre  parole/  In feopulis  quoque  ipfis  ,& la*  jd.  Prafat^ 
pidibus  reperii  Natura  in  quo  dele6laret ywzictnéo  i  Tellacei  parimente  ne’  Icogli)  ■f/* 
Onde  il  portare  la  propria  cala  è  a  loro  gran  ventura ,  ove  a  tutcìgli  altri  Animali 
farebbe  digrandilfimo  impaccio. 

■  "..n  —  sic  OBrea  dura 
Sic  Turbo  Itntus ,  Concha y  ér  Tefacea  vivunt. 

Sopra  di  che  fondò  bellilfima  arguzia  quell’  Analfila  prello  Ateneo ,  che  ad  uno 
delle  fue  cofe  gtlolìlfimo  dille , 

A’mr»Ttpee  S  rSp  »'«rv, 

Ot  iSv  elvteUf  rde  tÌKiAe. 

Cochleis  tu  es  longe  diffi  dentior , 

.^ttay  quia  nemini  credunt y  circunftrunt  domum, 

7  Ciò  però ,  che  piu  fertile  di  llupori  può  in  quella  materia  incontrarli ,  fia , 
per  mio  avvilo,  la  divcrfità ,  e  la  bizzarria  delle  figure  di  tante  Conche  differen, 
ti ,  mentre ,  per  dirla  cod  Virgilio 

wM  . . .  facies  non  omnibus  una  eB . 

O'colGaleaoi. 

K^tre  han  più  piccia l  ventre  y  altre  più  \grandey 
K^ltre  hany  qual  fiume  y  b  lago  y  orlo  maggiore. 

Onde  il  Boldoni 

Tanto  Natura  in  un  fembiante  fiefo 
Di  varie  forme  ha  i  fimttlacri  tmprefio  . 

8  Di  che  non  è  men  mirabile  la  varietà ,  e  bellezza  de*  loro  colori ,  &  orna- 
mentitale,  ctanra,chenonlìpuòfpiegarea  ballanza,  non  havendo  noi  tanti 
vocaboli,  quanti  elle  hanno  abbigliamenti,  e  vaghezze,  degne  de  gli  llupori 

non 


Oppiar!,  si» 

dttit  /.  i.de 
venat.v.6}0 


Jj.  2.0.  24* 


Pelar,  Càt. 
7  86. 

Cad.  dt’ 
Lengib.  ۥ? 
119’ 


9^  r  M  S:E  0  C  0  SPI /l  N  0 

< 

aonfolo  de  gli  huomini  più  fenfari, che  non  però  giungono  a  poterne  fabricar’ 
una  delle  più  dozzinali,  ma  della  Natura  medcluna.che  ne  tu  l’ Autrice  ,.efraire 
a  cantarne  il  fopracitato  Boldoni 

liW.C*7.  jo.  ^on  piti  durA  feorfa  in  mille  guife  .  > 

'  ■  Le  Conche,  in  cui  fcher'ilo  varia  Natura, 

'•  '  •5'/  che  fra  fe  de'  fuoi  fcherzi  fi  rife , 

'  E  stupì  'I  vario  si  il  dt  fina  pittura, 

9  Che  però  ben  p(  (To  dire  con  uno  de’ più  eruditi  di  quefìoSecoIojf/^r  forfè, 

*  *•  /  Konclp^^da  me  povero  d  eloquenza ,  ma  da  qualunque  altro  ne  fia  a  grandoviziafor- 

^(uà  ‘  e  il  poter  baji  evoime  n  te  deferivere  do  che  han  di  maravtgliofo  le  C  hi  cedole 

àtl  Savio’  ne' fioro  gufici  :  la  bizzarria  delle  inventioni  ,  lavarieta  de  gli  avvolfimenti  ,  la 
l.i.e.  il.  vaghezza  de  gli  ornamenti  ,  la  difpofilion  de'  colori,  le  capricciofe  fior  me,  la  me- 
defima ,  e  in  tante  manitre  diverfificata  materia ,  e  il  maefirevele  fiuo  Lavoro ,  Con 
tuttftciòli  dticriveranno  al  meglio,  che  fia  polfibile  fecondo  la  propofla  di- 
vilìone. 


Saron.  itu, 
Genethl» 

783. 


'fiotm.  7>4« 
nnp.  l.  4, 
poi  in  oKom 
l.l  de  verb. 
udori, 

Georg  Ced. 
un  cop.  htjp. 

Aldr,  de 
Tefi.  t. 

5-  P-  3og. 
Herc  Stro^ 
un  epiced. 
Bergctti 
Can.  v.6i. 


De' T urbinati ,  e  prima  delle  Porpore,  Cap.  XI,  •  •  . 

*  '  I  Rafìfero  quelli  Teflacei  la  denominazione  di  Turbinati  dalla  (ìmiglian- 
i  za ,  che  tengonocol  Turbine  L.uforio  sì  nel  cono ,  coire  ne  gli  attorci- 
giiamenti  .ch’efprimono  i  di  lui  giri,  quando  è  rotato.  Che  però  di  queftoge- 
ncie  di  Tcllacei  può  iaccnderfì  quel  verfod’ Angelo  Baronio  nel  Genetliaco  di 
Cremona fua Patria.  . 

I 

,  i;:;  Se  in  gyrnm  pigros  imitatur  Turbinis  orbes. 
s  Tra  quelli  met  ita  il  primo  luogo  la  PORPORA,  come  la  più  nobile  per 
quel lamofidìmo fugo, che  le  nc  cavava  per  tingere  le  vedi  de’ Principi,  che 
quindi  tradero  il  nome  di  Porpora  .  Onde  il  Lirico  di  Venda  dai  gentiliflimo 
Federigo  Nomi  fatto  parlar  Tofeano  và  cantando. 

Le  Porpore  Spartane 

Non  traggono  per  me  Clienti  onefie , 

3  Hà  quello  Acquatile  la  gulcia  molto  limile  di  figura  alle  Chiocciole  mag¬ 
giori  ,  ma  che  rugofa ,  &  afpra  in  fe  fi  Ipiega ,  e  di  vantaggio  tralmctte  in  giro  al¬ 
cuni  raggi ,  ò  fiano  aculei ,  che  altri  per  la  fimilitudine  chiamano  chiodi ,  c  Icm- 
br  ano  branche,  lunghe, e  Icrpeggianti,  comefuflero  di  Polpo,  lenon  che  lo- 
noimmobili  ,  & impietrire:  elporgcun  canale  da  un  Iato  ,  per  cui  mcftc-fuori 
la  lingua,  ò  più  rodo  probofeide,  con  cui  trae  l’ alimento.  Serpe  come  lo 
Chiocciole terrcllri  ,&aguilalorofifi  laltradacon  picciolc  ,  c  mobili  corna. 
Sta  per  Io  più  attaccata  agli  Scogli .  Sta  nel  mezo  del  corpo  carnolo  una  parte 
così  tenace  ,che  Icmbra  vilchio  :  vicino  a  cui  fi  genera  quel  purpureo  Licore  da 
taluni da  altri  chiamato,  con  cui  fi  tingevano  le  lane  più  fine  d’in¬ 
venzione  d’Èrcole  l’Erce,  allo  Icrivcre  di  Nonno,  e  di  Polluce l  ò  più  tofto 
d’ Ercole  il  Filolofo,  come  nota  lo  Storico  Gedreno  ;  e  qucfio ,  c  quelli  rappor¬ 
tando  ciò  feguito  in  Tiro  colla  ferita  d’ un  Cane,  il  quale  veduta  una  Porpora 
attaccata  ad  uno  fcoglio,  &  afferratala  co’ denti,  le  ne  imporporò  tutto  il  ceffo, 
e  diede  a  conofccrc  che 

Oebalis  Herculeo  non  debet  Purpura  tantum 
Ingenio,  quantum  Canibus,  nec  tinda  rubenti 
Murice  fulgentes  nunc  lana  lacefferet  ignes , 
iV/  Canis  aquor  ea  Concham  infregififiet  arena. 

1'  “  Onde 


LIBRO  )S  n  ~C  O  n  Ù  0»  C  A  XI.  9i 

Onde  pokia  fervi  per  corpo  d’Imprefa/peziofa  coi  motto  in  perfona  della  Sve- 
naca  EX  NECE  T RIVMPHVS  ^  propofta  in  Ferrara  nell’Efequie  del  Marchefe 
Guido  Villa  .uccifod*  un  colpo  di  Cannone  nell’affedio  di  Cremona  il  dì  2^. 

Agodo  1^48.  come  rapporta  Giufeppe  Brefciani  mio  Concittadino.  nell’Illoria 
delle  Turbolenze  di  quella  Città.  Non  sò  però  qual  trionfo  recaffe  a’fuoi  la  BrefcTurb, 
morte  di  quel  Guerriero,  mentre  ìFranccfi,  tra’ quali  militava,  dopo  di  quella 
furono  aftretti  a  ritirarli  con  gran  loro  difcapito  da  queU’affcdiOjhavendoci  per-  - 

duto  più  di  due  terzi  d’ un’  Efercito  affai  numerofo . 

E  quel  fugo  rubicondo  delle  Porpore  non  trovali,  che  nelle  aperte  vive,  ò 
fchiacciate  tra  due  fallì  (comefù  efpreffo  in  un’Iraprefa  fatta  per  il  Cardinale 
Orazio  Spinola,  col  motto  COMPENDIA  MIHI  DISPENDIA)  perche  nello  Pìdn.ltc. 
morte  fvanifce.  Nèintuctelc^viyefifcuopre,  ma  folo  nelle  mediocri,  che  pò-» 
che  volte  eccedono  nn’  O vo  di  Gallina;  &  in  quelle  ancora  talvolta  non  fi  tro¬ 
va.  Mà  più  appieno  ne  difcorrono  il  Rondelezio,c  l’Aldrovandi .  Molte  di 
quelle  accrefeono  vaghezza  al  nollro  Mufeo,  tutte  per  la  varietà  delle  loro  figu¬ 
re ,  e  colori  ragguardevoli ,  e  tra  i’ altre 

'  4  PORPORA  naaggiote  d’un  palmo  per  ogni  verfo ,  con  fei  gran  raggi  nel 
giro  della  bocca  da  una  parte  finuata,  e  ripiegata  in  fefteffa,  con  la  fuperfizie 
efferiore  bianca^  fparfa  di  bellilfime  macchie  leonate  a  onde,  e  di  dentro  candi¬ 
da,  fe  non  quanto  a  luogo  a  luogo  la  fanno  arroffirc  alcune  ftrifciedicolor  di 
carne.  Nella  figura  corrifponde  affai  a  quella,  che  ne  porta  il  Bellonio  cori  fei 
rami,  tuttoché  V inùioW  Purpura  pntedaciylos  ■,  forfi  eccettuando  quel  ramo, 
che  fa  canale  alla  probofeide .  Dal  raedefimo  la  cavò  anco  l’ Aldro  vandi . 

5  PORPORA  minore  della  precedente,  del  colore  del  marmo  bianco  fparfo 
di  fofche  macchie,  con  dieci  aculei,  che  in  due  ordini  la  circondano  nella  parte 
gibbofa,con  il  tubo  lungo  piùdeldeto  indice, circondato  parimente  da  due  ordi¬ 
ni  d’aculei  minori,  tutta  bianca  di  dentro,  con  l’apertura  rotonda,  &  il  labbro 
fuperiore  alquanto  crenato  . 

6  PORPORA  minore  d’amendue  le  antecedenti,  con  fei  raggi  nella  circon¬ 
ferenza  dell’apertura ,  oltre  il  tubo  della  probofeide ,  nel  di  fuori  del  color  mar¬ 
moreo  della  precedente,  ma  fparfa  nel  dorfo  di  pochi  tuberi,  e  di  dentro  vaga¬ 
mente  incarnata ,  ma  nell’  eftremità  ,  che  fi  diffonde  in  lungo ,  bianca . 

7  QuattroFORPOREditcrzagrandezza,tuttcfcorfeneIdorfotranfverfal- 
menrte  da  due  ordini  di  punte.  Servono  d’ornamento  al  piedeftallo  d’unagran 
Chiocciola  Rugofa  .lavorata  ad  ufo  di  nappo . 

8  Due  PORPORINE  bianche, fcorfepe’l  lungo  da  tré  ordini  difpeffi  aculei, 
che  cominciano  nel  cono,  c  tutti  vanno  a  terminare  a  dritta  linea  nel  fine  del  ca¬ 
nale  della  probofeide ,  che  è  lungo  quali  il  doppio  del  loro  corpo . 

9  Alcune  POR  FORINE  di  color  leonato  con  fafee  bianche,  c  tré  ordini  di  : 

merli ,  e  d’ appendici  l^Ii  alle  vegetazioni  d’alcuni  faffi  di  Mare ,  diverfamente 
fcaiialate  ;  uno  de’  quali  ordini  occupa  loro  l’ orlo  del  labbro  fuperiore ,  facen¬ 
dovi  molte  crefpe,  eleni,  òcupoletce,  e  capannuccì,  quali  coronandolo  con  la  .  •  '  1 

ghirlanda, ò creila, eh’ egli lembra, di pennacchini:  l’altro  poco  fopraillab-  ^  * 

bro  oppollo  :  e  ’l  terzo  iadiflanza  quali  eguale  tra  i  primi  due  rendeloro  afpro  il 

dorfo  ;  c  tutti  tre  non  lenza  qualche  obliquità  le  feorrono  per  il  lungo ,  e  vanno  ’  ^ 
a  terminare  nel  cono ,  che  molto  è  acuto .  Di  dentro  fono  bianche ,  con  il  lab¬ 
bro  ,  che  non  è  fpinofo ,  porporeggiante ,  e  ’l  canale  della  probofeide  non  molto 
lungo,  ma  quali  diritto  da  un  lato  folo  fpinofo,  e  dentro  pur  bianco.  Niuoo, 
che  to habbia  offervaco,  fà  menzione  di  quella  forte  di  Porpore  .  Onde  tanto 
più  ragguardevole  fi  feorge  il  regalo ,  che  ne  fece  al  Sig.  Marchefe  Colpi  il  Serc- 

niflìmo 


^4  M  V  S  E  0  '  C  0  S  P  l  A  U  0 

niflìmo  Cofimo  III.  Granduca  di  Tofcana ,  che  i’  hebbe  d’ Olanda  con  una  copia 
incredibile  d’ altri  Teftacei  fingolari,  in  buona  parte  donati  a  qucfto  Miileo ,  ove 
fi  confcrvano  difpofti  in  due  belliflìmi Cancftn  IVlarini.che  fembrano  di  vivaci!* 
fimo  corallo contefti  ;  &  a’  fuoi  luoghi  s’ andaianno  mentovando . 

IO  Diverfc  altre  PORPORINE,  che  fervono  di  fregio  ad  alcune  grandi  Con¬ 
che  Margaritifere.  Sono  di  quella  grandezza,  e  forma,  ch’efprimela  figura 
addotta  dal  Rondelezio .  E  tutte  quefte  Porpore  fopradefcritte,  fuorché  la  pri¬ 
ma,  fono  conformate  diffcrentementeda  quelle, che  figura  il  noitro  dotrilTimo 
Aldrovandi. 


De*  Murici,  Cap,  XII. 

I  A  Llc  Porpore  fuccedono  i  Murici ,  come  Teftacei  poco  da  quelle  di  veri? 

nella  figura,  e  talvolta  ancora  confufi  nel  nome,  eflendo  ben  loventc 
flato  picfo  il  Murice  in  lignificato  di  Porpora,  come  da’  miei  riveriti  Giufeppe 
Battifta,eGiovanfrancefcoBonomi,  cantando  quegli  nella  Prima  Parte  delle 
Meliche 

•  Di  Sidonio  Murice  io  non  fon  fa^o, 

E  quelli  nel  Siftro ,  Poelìe  ferie ,  Son.  X Vii.  i n  riprova  della  Corte . 

Dove  Eh  ali  a  Murice  Olirò  tributu 

Re,  che  preme  de  l*  rlfria  gli  ori^ 

Difdegnu  tributar  votivi  onori 
Il  culto  mio y  che  Idolatrie  rifiuta. 

In  propolìto  diche  lovviemmi  d*  ha  ver  notato  nell’  Elogio  di  Proba  la  PoctelTa.' 
Murice  in  Ajfjrio  niteant ,  queis  Gloria  Murex . 

Inter  Centones  plus  Proba  dar  a  fuos . 
a  Sono  però  di  genere  differenti ,  avvegnaché  il  Fiore  de’ Murici  non  tinge 
così  vivo , come  la  Porpora, benché  quelli  non  dirado  portino  il  titolo  di  Pur^ 
fureo ,  come  nell’  Iride  Poetica  di  Gic  vanluigi  Piccinardi ,  originario  della  mia 
Patria. 

H/r  tibi  purpureo  Murice  tinti  a  chlamys. 

In  oltre  i  Murici  vanno  armati  d’aculei  più  corrisi,  ma  piùgroflì,  ed  ottufi, 
quando  in  vece  loro  non  hanno  de’ Tuberi ,  come  fpciTo  accade.  Sono  di  Conca 
per  lo  più ,  maggiore,  piùdenfa ,  epiù  loda , che  le  Porpore  ,anzi  di  turbine  più 
acuminato , meno  però  delle  Buccine  :  Onde ,  come  di  configurazione  t rà  quelle, 
e  quefte  mezana,vengono  loro  frappcftijc  ben  foventc.pcr  dirlo  con  un’  Ei  udito, 

_  giù  riverfano  il  labbro ,  come  i  Majìini  ,poi  il  ripiegano ,  r  7  tornano  alquanto  in  fi , 

,  che  ha  il  fitto  bello ,  e  non  sa  dirfiene  il  perche .  Sono  d’  elquihio 
fapore,  e  perciò  hanno  luogo  nelle  Mcnlcde’Grandi.  Quindi  il  Bergano  nelle 
Nozze  del  Benacone  cantò . 

■'  *'■  rutilofique  ardentis  Muricis  imbres 
Addite  Renaci  menfis , 

Che  però  Iene  querelano  apprello  Marziale,  che  loro  fa  dire. 

Sanguine  de  noTiro  finii as y  in  grate,  lacernas 
Indulsi  ér  non  eli  hoc  fiatisi  ej'ca  fiumus , 

Tra  le  varie  fpezie  di  quelli  ,ibizzarrilfimo  ornamento  del  noftro  Mufeo  fi 
feorge  il 

3  MVRICE  GALEIFORME,  chccosìchiamo,perhavcr*eglioaturaliffi- 
na figura d’ Elmo, benché  in  tutto  non  l’efprima  1’ imagine,  che  fe  ne  porta, 

E  gran- 


or*/!  Ra^t.  in 

Od.  ad  Be. 
ned.  Ma. 
riett.fag, 

futht  31  g. 


K.  L.  itu 
Muf.  Peet,^ 
friw.p.ji. 


'Mleg.  1.  ad 

Lanr.  Ltg. 
94*t,  a. 


V.  11. 

Pé.  t .  Sor . 

Ì6.13*V-*7- 


LIBRO  SnCOUDO.  eAP.Xll.  9i 


B' grande  poco  meno  delle  Celate  ordinarie,  con  la  cavità  proporzionata,  tutta 
iifeia  f  e  del  colore  della  cera  vergine ,  con  qualche  campeggiamento  di  bianco , 
fi  come  pur  bianchi ,  anzi  candidi  fono  i  di  lui  labbri ,  che  riefeono  così  fparfi ,  c 
per  di  (otto  così  piani,  e  lifei,  che  non  meglio  ponno  rapprefentare  la  parte  in¬ 
feriore  d’ una  Celata ,  nè  più  ingegnofa  farebbe  fiata  T  arte ,  fc  fuffe  fiato  fuo  bel¬ 
lico  lavorìo .  L’ ornano  per  di  fuori  con  orridezza ,  che  piace ,  tre  ordini  trafver- 
fali d’aculei, nel  primo  maggiori  .come più  grolfi  d’un  deto,  e  poco  men lun¬ 
ghi  :  e  ne  gli  altri  a  proporzione  minori .  La  di  lui  foftanza  è  denfa ,  foda ,  e  pe- 
fante  non  altrimente, che  fefulTe  di  marmo,  come  non  fe  nefeofta  col  colore, 
Ondefi manifeftafpeziede’Murici  Marmorei  deferitti  dal  Rondelezio,  cdall’ 
A  Idrovandi  .quantunque  nè  quefti.nè  altri,  per  mio  a  vvifo,  facciano  menzio¬ 
ne  de’ Murici  di  quefta  forma. 

4  MVRICE  MARMOREO,  con  un’ordine  d’aculei  grandi,  ottufi,  e  varli 
dorfett  j  ,ò  protuberanze ,  Nella  ripiegatura  è  lifeio ,  c  di  color  bianco ,  che  pie¬ 
ga  nel  giallo,  com’ è  tutta  la  circonferenza  interiore  dell' orifizio.  Di  dentro  è 
candidifilmo . 

5  MVRICE  MARMOREO  picciolo,  bianco,  e  rugofo,  con  tré  ordini  di 
Tuberi  tutti  incerfecati  da  un  folco,  ò  linea  cava,  d^una  ferie  d’altri  tuberi,  ò 
doifctti.chepartendofidal  terzo  giro  del  cono  lo  feorrono  pe'l lungo  fino  al 
labbro ,  la  di  cui  circonferenza  è  tutta  piena  di  varii  canaletti ,  rilevati  nel  di  fuo¬ 
ri  .  Serve  d’ ornamento  ad  una  gran  Madreperla , 

6  Due  MYRICI  MARMOREI  piccioli,  congeneria  quello,  che  per  Mu¬ 
rice  Marmoreo  Orientale  viene  figurato  ,c  deferitto  dal  Gefncro  A.  D.  che  fcrif- 
fed’haver’intefo  ,che  in  elfi  fi  generino  delle  Perle,  non  però  di  crederlo.  Di¬ 
latano  ,  come  quello ,  il  labbro  efieriore  in  un  gran  margine ,  che  nella  parte  in¬ 
feriore  Rende  un’  aculeo  parallelo  al  cono ,  il  quale  riefee  molto  acuto ,  Sono  di 
color  bianco fchietto  nel  ventre i e  nel dorfotramifehiato  di  gialliccio,  ò  palli¬ 
do,  come  lo  chiama  il  mentovato  Zoografo.  Neirinterno,  verfo  la  circonfe¬ 
renza  del  labbro  fono  candidi ,  nel  rimanente  »  quanto  fe  ne  feopre  con  l’ occhio 


M  F  S  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 


95 

di  vaghiamo  coior  di  rofa  :  col  canale  obliquo  della  probofeide  fparfo  di  belle 
macchie  amccifiinc  .  Vanno  in  ciò  differenti  daquellodel  Gefnero,chcnon  han¬ 
no  aculei  nel  dorfo ,  ma  fo!o  un’  ordine  di  tuberi ,  che  gli  feorre  per  ogni  (pira . 

7  Due  MVRICI  CIMERICII  con  tutto  il  corpo  aculeato, poco maggio- 
ride’  Triboli  jco’qualitcngonoqnalchefimiglianza  di  figura.  Portano  gli  acu¬ 
lei  frequenti  jgrofii , corti ,  ed  ottufi,  di  varie  grandezze,  nelle  fommità  ferru¬ 
ginei,  nel  refto  cinerei .  Larghi  di  venn  e  hanno  l'apertura  della  bocca  angutta , 
da unlatocrenato,  dall’altro  tuberofa:  ina  que’tuberi  fono  neri;  com’eflì  di 
dentro  nel  redante  fono  bianchi.  Finifeono  in  un  cono  aliai  acuto,  non  però 
molto  alto.  Io  li  credo  di  nova  cflervazione ,  non  trovando  tra  gli  Scrittori 
chi  gli  mentovi.  Che  però  non  ordinario  fu  il  dono,  che  co’duc  precedenti , 
&  altri  bclliffimi  Tcftacei  da  deferiverfi ,  nefecealSig.Marchcfe  la  liberalità 
del  Sercnifsimo  Granduca  di  Tofeana  Cofimo  III. 

8  MVRICE  LATTEO,  così  chiamatodalRondckzio,  c  dall’ Aldrovandi 
per  la  fua  bianchezza ,  che  fi  rallomiglia  al  latte  .  E'circondato  di  punte  lunghe, 
oteufe .  Didentro  è  tutto  bianco,  c  lifeio. 


De//e  Buccine,  Cap,  XIII. 


C/tduta  de' 
Loni'>b  C. 

li  I  19- 
L.  I.  lUr. 
V.  668. 


L.  I.  Hitt. 
t/.33o. 


LAf»f^ìà> 
Od.  20. 


Picei  Hard. 
Od.  i+. 


I  ^  Ono  quefie  Conche  tra’  Teftacei  Turbinati  le  più  lunghe  ,c ,  come  le  Por- 
^  poro ,  generano  liquor’  atto  per  tingere  le  vedi  di  purpureo,  ma  però  me¬ 
no  intenfo,  come  notò  Plinio,  e  dopo  di  luiilnoftro  Aldrovandi,  che  perciò  le 
deferide  immediatamente  dopo  le  Porpore,  con  le  quali  tengono  qualche fi- 
miglianza  di  figura .  Sono  però  per  lo  più  molto  maggiori ,  nè  portano  aculei , 
&  hanno  il  cono  più  acuto  non  folo  di  quelle,  ma  de*  Murici  ancora,  come  ac- 
cennòlfi  di  fopra.  Ondcs’aggiuftano,  perche  fervano  di  ftromentoMuficalcda 
fiato ,  Per  lo  che  fi  dipingono  nelle  mani  de’Tritoni ,  che  Ranno  in  atto ,  ò  d’ ac¬ 
collarle  alla  bocca,  ò  dilonarle,  com’efpreffe  il  Boldoni cantando , 

Ne  la  Prora  tm  Triton  col  Mar  confina 
E  gonfia  la  fina  Conca  in  fuon  canoro, 

ScilBergano  — —  — —  interea  Triton  valla  aquor  a  Concha 

*  Demulcet , 

E  ciò  per  effere  que’ Moftri  creduti  Banditori  di  Nettuno,  come  ciavvifa  Ovi¬ 
dio  ,  che  mirabilmente  deferiffe  la  Buccina ,  ove  lafciò  da  leggerli . 

Mulcet  aquas  ree} or  pelagi ,  fiupraque  profundum 
Extantem ,  atque  humeros  innato  murice  teEium 
Caruleum  Tritona  vocat,  Conchàque  fonanti 
infpirare  \ubet ,  fluElufque ,  flumina  figno 

lam  revocare  dato  ,  Cava  Buccina  fumitur  illi 
Tortilis  in  latum,  qua  turbine  crefett  ab  imo-. 

Buccina,  qua  in  medio  concepit  ubi  aera  ponto, 

Littora  voce  replet  fub  utroque  ]acentia  Phoebo, 

Al  che  pokia  graziofamente  allufero  il  noflro  Lampridio  in  quel  verfo . 

T  ri  tones  Mare  perfonant  ’ 

Conchis ,  ' 

Et  il  Piccinardi  nell’  Irid  e  Poetica ,  ove  fcriffe . 

t..Md  arma  pofeat  Monfira  Maris  Tubi 
Gemmante  Triten,  ceu  Berecynthii 
Cornu  ad  furores  excitat  vox 
Semimares  truculenta  Myjlas, 

EPaccer.;; 


LIBRO  SECONDO.  CAP.  XUl  97 

EraccennòpurelarivericaMufadi  Pietro  Adriano  Vanden  Brocckc  Publico 
Profeffore  di  Lettere  Humane  in  Fifa ,  ove  cantò .  Leop. 

Circa  Tritone!  mtt Icebant  £quora  Conchis. 

2  Ne  fono  femplice  invenzione  dell’ una ,  e  dell’altra  Pittura  Muta ,  e  Vocale 
i  Tritoni,  giufta  gli  Efempi  addotti  da  Plinio  tra  gli  Antichi  ;  e  le  olTervaaioni  de’  5' 

Moderni;  e(lendo(ìdiquefl;o,cdel palTatoSecolo  veduti  indiverfi  Man  Ani¬ 
mali  con  fembianza  humana  dal  mezo  in  sù ,  nel  rimanente  Pelei  ;  tr^’  quali 
quelli, che chiamanfi da’ Spagnuoli  Pefei MugertCdi  noftri  Pefei Donne ^  benilfi- 
mocorrifpondono alle  Nereidi,  e  Sirene  de’ Poeti .  Ledekriile  diligentemen¬ 
te  il  Padre  Chirchero,  narrando  trovarlene  nel  Mare  dell’India  Orientale  circa 
lellole Vilfaje,  altrimente  chiamate  de’ Pittori  del  Dominio  di  Spagna.  aeMagaeè. 
mentova  ancora  il  P.  Filippo  della  Trinità  Carmelitano  Scalzo  nel  Lib.  VII.  de’  ^ 
fuoi  Viaggi  Orientali.  E  prima  di  lui  ErafmoLeto  nell’llloriadi  Chnltiano  iV.  ÈraCmAati 
Rèdi  Danimarca,  portò  curiolìifima  Relazione  di  certe  Ninfe,  ò  Sirene  del  Mj- <»/'  Oi. 
re  Sanfonico ,  le  quali  vefti  vano  di  cuojo  di  Delfino ,  e  parlavano ,  anzi  predilfe  • 
roalcunecofeconcernentila  vitadi  quel  Rè  .  Le  raccorda  parimente  il  Sig.  Re-  277.  ’ 
di  nel  fuodottilfimo  Libro  dell’ Elpericnze  intorno  a  diverfe  cole  Naturali,  ne- 
gandoinfieme  per  provajchel’olTa  di  quelli  Animali  habbianoquella  mirabile  ^'*^*^*^7* 
virtù,  che  da  molti  fi  predica,  di  rifiagnare  immediatamente  ogni  più  rovinofo 
fluirò  di  fangue,  e  di  rintuzzare  i  libidinofi  voleri .  Così  de’  Tritoni  ne  tratta  fra 
gli  altri  Damiano  Goes,  il  quale  deferivendo  la  Città  di  Lisbona,  favella  di  quel* 
li,  che  fi  veder©  in  quelle  parti;  ScilBarleo  nell’Iftoriade’fattidi  Maurizio  jiel 
Braille  difeorre  de’  Tritoni ,  c* habitano  l’ Oceano  Atlantico ,  predo  il  Golfo  det¬ 
to  di  Tutti  i  Santi,  e  la  Provincia  di  Porto  Securo,  De’ quali  par  che  s’intenda 
il  Val  vafoni ,  dove  canta . 

•MM  gli  e  ver-,  che  /à,  dove  Jt  fente 

Stridere  il  Mar,  quando  vi  cade  il  Sole, 

Di  Ninfe ,  e  di  T riton  viva  una  gente  , 
che  ajfomigliarfì  a  1'  Huom  d'  affetto  fuole . 

3  Non  altrimente  poi  che  venga  efprelfo  tra  que’ Moliti  Marini,  fervi  la  Buc¬ 
cina  di  Oricalco  fonoro  a’ Popoli  più  belllcofi,  come  a  gli  antichi  Tofcani,i  . 

quali, per leftimonio del  vecchio  interprete  d’ Omero,  l’ufarono  gran  tempo 
prima  che  inventadero  la  Tromba.  Coflume  che  pafsò  pofeia  a’ Romani,  de’ 
quali'fù  fcritto . 

Buccina  ]am  prifeos  cogebat  ad  arma  .^mrites . 

Etaquello  propoli  to  Virgilio. 

— ■  i.e  bello  dat  dìrum  rauca  cruentum 
Buccina . 

E  di  lui  non  men  nobil  Poeta  il  noRro  Vida ,  parlando  del  Concilio  degli  fpiriti 
maligni .  dedit  ingens  Buccina  fgnum , 

fubito  intonuit  cacis  domus  alta  cavernis. 

Il  che  fù  poi  nobilmente  imitato  in  limile  argomento,  e  da  Giovanfrancefeo  Bo- 
nomi ,  Vefeo  vo  di  Vercelli , pur  Cremonefe , nella fua  Borromeide . 

•  dat  dirum  Buccina  fgnum, 
fubito,  longe que  omnes  tremuere  caverna 
Telluris,  totum,  ^  concufum  efi  aquor  ab  imo, 

Infolitifque  acer  fonuit  clangoribus  ather . 

£  da  Paolo  Mufeonio  pur  nollro  nella  fua  Mariade. 

Concilium  vocat  horrendum  cava  Buccina,  fgno 
Pece  dato  Stygia  procul  intonuere  caverna, 

I 


De\la  Cae. 
eia  Cani,  s» 


i8. 


t/£neid.iù 


L,  I.  ChrL 
fliad.v.ii^. 


Z.  I.  Boy- 
Tom,  «'.414. 


L,  2.  Ma- 
rtad>v.ii2. 


4  Pafsò 


L.mdv.  M. 
Luther.’  v. 
aSb’.  Mj  4p. 
me  , 

Lyric,  1. 1. 
Od  XI. 


In  Ertivi» 
Ltonit ,  £p, 
nd  ampli  fi. 
Sen.  Bonen. 
p  5.  Simile, 
&  p.  14I. 


Bafsian. 
&4tt,  nell» 
Mar.  St, 
€.  2.  n* 


58  y  s  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 

4  Pafsò  per  tanto  il  nome  di  Buccina  a  fignificare  la  Tromba,  ccmeinque-’ 
veilì di  Michel  Guvio dalla  Mirandola,  Canonico  Regolar  di  S.  Salvatore,  c 
gentil  Poeta  Latino,  che  fiorì  del  Secolo  padato,  clalciòun  Poema  diftintoin 
IV,  Libri  d’  Efametri  in  deteftazione  di  Luterò,!  quali  fi  trovano  MI,  apprelTo  di 
me,  che  potici  ibi  fi  pubi  icargli  un  giorno. 

Non  focus,  atefue  folent,  ubi  fìgnum  Buccina  mifìt , 

Duci  or  es  in  bella  rapi  ;  furit  undique  miles .  , 

Se  ne  valfe  in  tal  lignificato  anco  il  (oavilhiuo  Ghibbclioin  quc’Lirici . 

Ingens  canora  Buccina  Gloria 

Vrbefqtie ,  Terrafque,  df  procul  Infulas 
(.Arrexit  omnes . 

come  pure  l’ eruditiiTima  Penna  di  Pietro  Ercole  Belloi ,  che  del  Leon  Bargelino 
in  quella  Spoglia ,  ch'egli  fregiò  di  tante  Stelle,  quante  llille  d’ inchioftro  vi 
Iparlcjfcride  ut fuis  rugitibus  Buccinai»  Fama,  quàm  mea  raucedo  non  poterat, infla- 
ret .  Ma  tornando  alle  Buccine  di  Marc ,  di  qucltc  le  ne  trovano  di  varia  gran¬ 
dezza  nel  Muleo ,  e  tra  le  altre 

5  BVCCINA  d'inlìgnegrandezza,  come  lunga  più  di  due  palmi,  clarga 
a  proporzione, fafeiata ,  e  ftriata,cioè  trafvcrlalraentc  Icorla  di  rilevate flrifcie 
cquidiftanti ,  larghe  un  deto , che  fembrano  falciarla  :  delle  quali  nelle  eftremiià 
laterali  fi  profondano  altretanti  lolchi ,  che  nella  fuperfizie  interiore  fi  palelano 
in  tante  righe  eminenti .  Fa  fette  giri  ,ò  circonvoluzioni.  Di  dentro  è  bianca, 
c  carnea,  Di  fuori  è  alrernata  di  macchie  bianche,  e  caftagne ,  lemilunari,  che 
fanno  una  vaghifTima  vifta .  Quantunque  però  quella  Buccina  fia  delle  più  gran¬ 
di,  e  men  communi,  non  perciò  è  d’eftrema  grandezza  nella fuafpezie,  oikr- 
vandofene  alcune  adai  maggiori  nella  Maefiofa  Fontana  dei  Palazzo  di  Città, 
del  Sig.  MarchcfeCofpi,  della  quale  ben  può  dirfi  con  l’Omerodi  Maria  Stuar¬ 
de,  che  è  tutta 

•  — —  </’  alghe,  e  di  Conchiglie 
D  ’  oHreghe  ,  e  di  coralli  circondata , 

B  di  mi II'  altre  acquoje  mera’vtglie . 

6  Due  BVCCINE  pocominori dcllaludetta,aggiuftatenellafommitàcon 
orificii  di  metallo  per  fonarli:  come  quelle,  che  animate  dal  fiato  rendono  uno 
ftrepitofo  rimbombo .  Sono  per  di  fuori  diftinte  con  varii  dorfetti  ordinatamen¬ 
te  difpofti ,  e  fparfe  di  vai  ie  macchie  rodeggianti ,  &  ofcurc  ;  e  di  dentro  bian* 
che,  e  lifeie,  e  quafi  argentine ,  co’ labbri  interiormente  aeoati,  e  tuberofì. 

7  BVCCINA  poco  minore  delle  predette,  ma  per  di  fuori  punteggiata  di 
nero  ,e  per  di  dentro  /parla  d’ alcune  macchie  rodeggianti . 

8  BVCCINA  eguale  nella  grandezza  alla  fuperiore,  ma  perdi  fuori  tutta 
cofperfa  di  picciolilfime  verruche,  co’  labbri  tutti  crenati,  e  nella  fuperfizie  in¬ 
tcriore  rolfeggiante  , e  quafi  del  colore  delle  Granate. 

9  BVCCINA  dalla  Natura  leggiadramente  dipinta  a  onde  rodeggianti , che 
largamente  la  feorrono  tutta  dalla  lommita  fino  al  cono,  &  appari/cono  più  ne 
gl’  uiterfiizii  de’bianchi  tuberi , che  altrove  ;  e  nel  didentro  è  candidilfima. 

10  BVCCINA  ondeggiata  di  limili  macchie  rode ,  ma  tutta  flriata  ,con  pie. 
ciolidimi  tuberi,  e  così  leggiadramente  lavorata  dalla  Natura,  che  pare  la_. 
irafcorrano  attorno  tré  cordoni  così  rilevati  ove  fembrano  di  più  ftringerla ,  che 
rocchio  s’inganna  in  credergli  fattura  dell’Arte.  ’Neli’jnterno  è  parte  bianca, 
parte  di  color  di  carne. 

11  Olile  le  ludetre  Buccine ,  tuttegrandi, benché  chi  più,  e  chi  meno ,  fe  ne 
trovano  in  qucfto  Mufeo  ancora  vane /orti  dì  picciole,  tutte  nella  loro  fpczie 


LIBRO  SECONDO,  CAP,  XllL  S9 

perfette:  delle  quali  forfè  s’intefe  Plinio,  quando  chiamò  k  Buccina  minor  z.p.f.  3^. 
della  Porpora,  come  ne’ Tefti  volgati  fi  legge.  E  di  quefte  fono  le 

12  BVCCINE  PICCOLE,  ma  di  gran  ventre,  Urtate,  e  crefpe,  di  varii  co¬ 
lori:  campeggiando  loro  fui  dorfo,  che  tutto  è  afpro,  c  tuberolo,  in  iftrifcie 
trafverfali  il  candido  del  latte ,  il  vinofo  deli’  ametifio ,  il  giallo  della  cera  vergi¬ 
ne  ,e’l  fulvo  delle  giube  del  Leone.  Hanno  l’ apertura  della  bocca  quali  roton¬ 
da,  merlata,  e  crefpa,  come  la  Lattuga  hortenfe,  di  maniera  che  quanti  Icnifà 
da  un  lato,  dall*  altro  mollra  tanti  tuberi  corrifpondenti  :  e  nella  fommità  fi  pie¬ 
ga  in  fuori ,  e  forma  un  canale  affai  largo ,  de  obliquo ,  e  verfo  la  fchiena  incurva¬ 
to,  per  cni  l’animale  mette  fuori  la  probofeide.  Di  dentro  fono  candide,  e  fot¬ 
te  il  labbro  fuperiore,  per  quanto  dura  la  prima  fpira,  lifeie.  Nel  labbro  infe¬ 
riore  apparilcono  i  tuberi ,  e  la  varietà  de’colori  della  fpira  fottopofta .  Finifeo- 
no  in  un  cono  acuto ,  bianco ,  in  alcune  alabaffrino ,  in  altre  cinericcio,  ma  che  in 
tutte  fembra  con  grande  artifizio  intagliato ,  benché  fia  mero  lavorio  della  Natu¬ 
ra  .  Non  corrifpondono  ad  alcuna  delle  figurate ,  e  deferitte  dal  Gefnero ,  dal 
Rondelezio ,  e  dall’  Aldrovandi .  Onde  appajono  diverfe . 

BVCCINE  minori  delle  precedenti,  ftriate,  ò  fcanalatepe’l  lungo,  ma 
con  qualche  obliquità,  e feorfe  per  traverfo  di  frequenti  linee  parallele  roffe,  e 
gialle  in  campo  bianco,  le  quali  fi  vedono  folamente  ne  gl’ interftizii  eminenti 
delle  ftrie ,  ò  canali  larghi ,  e  profondi,  e  fimili  nel  colore  all’acqua  di  Mare  con 
vaghi  ondeggiamenti  ;  di  maniera ,  che  quefte  Conche  nell’  efterno  imitano  leg- 
giadramente  alcuni  di  que’ drappi  vergati,  che  da  non  molti  anni  in  quà  fono 
paffati  in  ufo  quali  commune  di  farne  vefii ,  e  maffime  da  campagna ,  di  bella  ve¬ 
duta.  Hanno  l’apertura  della  bocca  fchietta,  ma  molto  lunga,  &  ampia,  effen- 
do  la  prima  loro  fpira  affai  larga ,  ma  poco  ventricola ,  con  un  piccini  tubero  nel 
fondo  di  ciafeun  interftizio  delle  ftrie:  le  altre  circon  voluzioni  fono  anguftifli- 
me,  di  modo  che  coftituifeono  il  cono  molto  baffo,  ma  però  acuto,  ccnlafom- 
piità  del  colore,  e  diafaneità  deU’ametifto.  Didentro  fono  lifeie,  e  bianche, 
con  qualche  trafparenza  de  gli  efterni  colori .  Portano  qualche  fimiglianza  della 
feconda  Buccina  ftriata  del  Gefnero  ;  in  ciò  però  da  quella  fi  feorgono  differenti, 
c’hàno  la  prima  fpira'affai  più  alta, e  fono  di  cono  più  baffo,  &  infiemepiù  acuto . 

14  BVCCINE  PICCOLE,  TVBEROSE,  MARMOREE:  che  così  mi 
perfuadopoterfi  chiamare,  per  effere  di  conca  del  colore  del  marmo  bianco  ,  c 
nonmendura,efimilmenre  più  groffa  delle prepedenti,  benché  affai  minore  di 
mole ,  come  quella ,  che  non  eccede  la  groffezza  d’Una  Chiocciola  delle  medio¬ 
cri  j  alle  più  turbinate  delle  quali  è  affai  fimile  nella  configurazione  .  Hanno  la 
prima  fpira  larga  la  metà  della  loro  lunghezza ,  con  un’  ordine  di  tuberi  rotondi 
nel  principio,  e  che  pokia  s’allungano,  e  prendono  fimiglianza  de’  pinocchi 
mondi,  de’ quali  combinat  i  fembrano  compofte  tutte  le  altre  circonvoluzioni  di 
quefte  Buccinette ,  che  finifeono  in  un  cono  acutiflìmo.  La  loro  bocca  è  roton¬ 
da,  col  labbro  fupetiore  nella  circonferenza  iifeio,  e  fchiecto,e  nella  fommità 
largamente  incifo  per  l’ufcita  della  probofeide  dell’ Animale:  e  l' inferiore  pur 
lifeio,  e  molto  fpianato  in  fuori,  fenza  eccedere  il  piano  dell’ altro  labbro  .  Di 
modo  che  quefte  Conche  potrebbono  fervire  a  dare  il  luftro ,  come  le  Veneree , 
fe  forfi  per  tal’  ufo  non  difdiceffe  loro  la  picciolezza .  Di  dentro  fono  tutte  cre¬ 
nate,  con  iftrifcìe  bianche,  è  violacee.  Di  fuori  talvolta  fono  cinericcie,con 
qualche  macchia  di  color  di  piombò , 

15  BVCCINE  PICCOLE,  ma  però  maggiori  delle  due  forti  precedenti,  & 
a  differenza  di  tutte  le  fopradeferitte,  e  da  gli  Autori, che  hò potuto  vedere, 
mentovate ,  di  fuperfizie  tutta  lifcia ,  &  OMBILIC ATE .  Così  parmi  di  poterle 

I  2  chia- 


Ctruf.  Itb. 
C.  ij.y?.  41. 


Pergamen. 
p.  14^.  del 

Stipfilem, 
Dant.  Ptt 
rad.  18 
Geruf.C.iU 
81. 

Caduta  de' 
Leni.C.f.76 


•-£».7. 


Pere,  Cyna- 
fithee.  t,  1. 
V.  303. 


100  M  V  S  E  0 

chiamare,  perche,  oltre  1’ effere  tiel  di  fuori  tutte  polite,  c  lucide,  vicino  all’ 
apertura  della  bocca  hanno  unacavità  lìmighevole  ai  bellicolo  humano, ma  così 
profonda,chc  và  dritto  a  terminare  nella  lommità  del  cono,  il  quale  è  alto  ,non 
però  molto  acuto:nel  di  cui  centro  citeriormente  fìnifee  un  iolco  affai  profondo, 
chelcrvendo  d’intcrftizio  tra  un’attorcigliamento,  eTaltro,  fà  cinque  giri, 
principiandogli  nella  parte  inferiore  dell’  apertura  della  bocca  ,  la  quale  hà  del¬ 
l’ovato  ;>  e  nella  lommità  hà  l’ incilura  per  la  trafraiffione  della  probofeide  del- 
l’ariimale  ,che  fà  diftinguerc  quelle  Conche  dalle  Chiocchiole,  con  le  quali 
tengono  per  certo  non  poco  di  lìmiglianza .  Neldi  fuori  fono  variegate  di  belle 
macchie  jco nate  in  campo  latteo ,  le  quali  leggiadramente  rapprefentano  1’ ima¬ 
gine  d’ un’  Arcipelago  con  le  fue  Ifolt* ,  delle  quali ,  come  delle  Fortunate ,  po¬ 
trebbe  dirff  con  la  fatai  Donzella  del  Taffo ,  per  indicarne  la  fit nazione ,  che 
Tutte  con  or  din  lungo  eran  dirette, 

E  che  largo  e  fra  lor  e^uafi  egualmente 
Quello  ffatio  di  Mar ,  che  • f  fr amette , 

Di  dentro  fanno  pompa  del  color  dell’Onica  milto  di  violaceo,  con  qualche 
trafparenza  delle  macchie  fottopofte,  efl'endo  la  Conca  diafana.  Non  trovo 
dclcritte,ò  mentovate  da  alcuno  quelle  quattro  forti  di  Buccine  piccole ,  ò  al¬ 
meno  la  prima ,  e  le  due  ultime .  Per  lo  che  non  è  che  peregrino ,  e  fìngolare  il 
dono,  che  con  altre  belle  cole  di  Marc  fi  compiacque  di  farne  il  Serenifsimo 
Cofimo  HJ.  Granduca  di  Tofeana  al  Sig.  Marchefe  Cofpi ,  Decano  de'Cavalic- 
ri del fuo Ordine, edella  fua  Corte. 

tó  Vedonfi  parimente  nel  Mufeocopiofe  BVCCINETTE  STRIATE,  con 
molti  dorfetti  bianchi  continuati  pe’l lungo, che riefeono affai  vaghi  all’occhio. 
Adornano  quelle  il  Coperchio ,  e  *1  piedeflallo  della  già  mentovata  gran  Chioc¬ 
ciola  Bugola  ridotta  in  forma  di  nappo. 

17  Diverfe  BVCCINETTE  STRIATE,  fimili  a  quelle ,  che  figura  il 
Gefnero;  c  quelle  fervono  per  accrefeere  vaghezza  ad  alcune  Conche  Marga- 
ritifere. 


.  De*  Turbini,  Cap,  XIV. 

I  Ra’Tcllacci  Turbinati  fi  chiamano  fpeciffcamentc  Turbini  folo  quelli, 
i  che  portano  maggior  fimiglianza  del  Turbine  Luforio de’ Fanciulli, 
chedataluniapp'^llafiMofcolo  Pirlo,ò  PaIeò,come dal  Taffo  io  quel  verfo. 

E  cade  in  giù ,  come  Paleo ,  rotando , 

Edalfìoldoni,  oveferiffe 

Come  Paleo  le  membra  interno  volge. 

Di  cui  maeflofamente  Virgilio. 

—  »  torto  volitans  fub  verbere  Turbo, 

.^em  pueri  magno  in  gyro  vacua  atria  circum 
Intenti  ludo  exercent  ;  ille  alius  habena 
Curvatis  fertur  fpatiis  :  Jlupet  infeia  turba, 

Impubifque  manus  mirata  volubile  Buxum 
Dant  animas  plaga , 

Che  nobilmente  fù  imitato  da  Gregorio  Porcio  in  quelli  verfi . 

Mobile  ceu  torto  Volitat  fub  verbere  buxum, 

^jiod  pueri  quatiente  manu  circum  atria  vexant 
lólibus  alternis  .  lllnd  revolubile  faltus 
Subflit  in  crebros  ,  virefque  refumit  eundo. 


D’onde 


L  l  È  à  Ò  ^^0  w  D  0?*  lP>P.  XW.  -foi 

P*0£ide  ne  formò,  fpkkofo  Ernbléma'Pabio  Macci  »  in  prova  di  quel  de;to  di 
Plauto  .  vis  finis  fiat  motte  ,  ;  >  f.  v  :  ..  ■  v/  : 

icrivendone*  Mentre  che  per  grand'  atrio  al  gioco  intenti  ' 

'  Battano  il  lieve  Mofcolo  i  FancittUìf  ^ 

■  Sià  e^li  immoto  nel  fio  motOy  e  fpiat»’  .  i.  i 

■'  P*  ' s/erza  putrii  fi  volve  ^  e  gir*  >’  ’•  ,  ; 

Betta 'in  ifpatii 'ftejfiuofi,  e  torti ,  •  ■  •  :  >? .  •) 

Tal  fortuna  crudel  jfpeffo  raggira  " 

Dentro  a  rapidi  turbini  di  mali 

Di  magnanimo  petto  Alma  cefi  ante  i  . 

.  .  Ma  ella  immota  nel  fio  moto  prende  :  \ 

Vigor  da  i  colpii' e -ne*  travagli  afflitta  .  - 

■Forte  pi»  forge,  e  ne  I'  offe fe  invitta.  , 

2  Di  quelli  Tellacei  altri  fono  groiS  col  cono  baffo,  ma  ampio ,  che  ferve  di 

bafe  alla  piramide,  ò  meta,  che  formano,  terminando  in  puntaacuta-j  con  la 
bocca  da  un  lato ,  lunga ,  &  angufta .  Altri  fono  lottili ,  ma  di  figura  in  tutto  con-^ 
trariaa’ludetti,  riulcendo  luoghi ,  conlabocca  nella  lommità,  limile  a  quella 
delle  Chiocciole:  epofcia  con  gran  numero  d’artorcigliarnenti  finifoono  muti 
jcono  molto  piu proliffo,  & acuto,  che  tutti  gli  altri  Teftacei  ;  Altri  rielconò  di 
figura  tra  quefteduemezana,  portando  il  cono  bado  sì,  ma  acuto,  &  havendo 
nel  fello  forma  di  cilindro,  con  bocca  difcendente,  ma  larga  .  In  altri  le  prime 
due  figure  compoltc  fi  trovano,  lembrando  formati  di  due  piramidi  con.  le  bali 
oppolte.  Dei  primo  genere,  che  dall'  Aldrovandi  li  chiama  col  nome  Greco  la¬ 
tinizzato  ,trovanfi  nel  Mufeo  le  fptzie ,  che  feguono . 

3  Due  TVRBINI  GRANDI  LETTERATI  ,  che  così  chiamo,  perche  ha¬ 
vendo  poco  men  che  perfetta  figura  di  piramide  (cui  non  altera  la  bocca  lunga  , 
come  nelle  propriamente  chiamate  Conchiglie ,  per  effer  più  llretta  )  nella  lu- 
perficie,che  è  lifeia,  fono  leggiadramente  dipinti  dalla  Natura  di  varie  mac¬ 
chiette  difpofte  in  più  linee  eguali,  che  gli  circondano,  e  lembrano  tante  righedi 
caratteri  majufcoli  Latini ,  Greci  ,  &  Ebraici  jieggendovifi  chiaramente  in  molti 
luoghi  F.  2(7.  iy.c.T".  con  molte  lettere  Ebraiche  mirabilmente  notate  de’ 
loro  punti ,  &  accenti .  Sono  di  mole  quanto  una  mano  focchiufa .  V n  limile  nc 
figurai’ Aldrovandi  nel  fine  del  cap.  1 8.  del  terzo  libro  de*  Teftacei ,  cbiaman- 
àoXoTur  bine  macchiato  del  Igilo',  ma  le  macchie  ivi  efpreffe  non  hanno  alcuna  fi- 
miliiudinedi  carattere . 

4  Alcuni  TVRBINI  PICCIOLI  LETTERATI ,  della  medefima  figura 
de’  primi ,  con  la  luperficie  bianca ,  e  IHcia ,  le  non  quanto  li  {corrono  trafverlal- 
mence  alcune  lince  parallele  dello  fteffo  colore.  Hanno  tré  fa  le  ie  di  macchie 
nere  inclinanti  al  tanè ,  tutte  d’ un’  altezza ,  per  lo  più  quadrate,  e  limili  a’  carat¬ 
teri  Ebraici  affai  grandi ,  che  rralparilcono  nell’  interno  della  Conca ,  la  quale  hà 
un  circolo  di  tuberi  bianchi  nei  fondo  della  piramide,  tramezzati  d’altrettante 
macchie  nere,  che  occupano  tutto  il  depreffo  deToro  incerftizii .  Perla  propria 
picciolezza,  e  vaghezza  potrebbono  quelli  Turbinetti  lervire  di  pendenti  alle 
orecchie  di  chi  le  ne  diletta ,  effendo  tutti  df  una  medefima  grandezza ,  che  gii  fà 
conofccredi  Ipezie  determinata,  e  di  (Unta  da’ Turbini  macchiati  del  Nilo  lopra? 
mento.vatiitanto  più  che  quelli  hanno  venti  llrifcie  di  macchie, e  quelli  tre  foie , 

5  TVRBINE  TVBEROSO,  digroffezzacheriempielamano,  difoftanza, 
c  colore  de’ Murici  Marmorei  deleritti,  ma  feorfo  per  il  lungo  di  varie  linee,  c 
(parlo  per  traverfo  di  frequenti  dorferti  regolatamente  difpofti  in  una  fola  riga , 
.che  principiado  nel  conojdopo  ha  ver  fatto  lei  giri  attorno  al  corpo  dei  Turbine, 

1  3  finifee 


Fla,  4  fin» 

Mmbh 


i«»  M  Y  ^  ^  0  C  PIANO 

finifcc  verfo  il  labbro  (upcriore»  Di  dentro  è  tutto  lUcio,  candido,  c  lucente,  e 
nella  parte,  con  cui  lì  piega  in  fefteflo,  vi  fivedono  le  proininenzc  de* tuberi 
fottoporti  p  '  ’ 

6  TVRBINE  TVBEROSO,  ORECCHIVTQ,  maggiore  del  precedente, 

effendo  più grolTod' un  grand’ Ovod’ Oca,  e  lìmilmcnte  di  figura  quafi ovata, 
col  dorlo  eminente  di  color  caftagno,fcorfopc’l  tra  verfo  da  quattro  ordini  di 
tuberi  rotondi  equidifianti  ;  e  ’l  ven  tre  bianco ,  e ,  come  nelle  Conche  Veneree, 
piano,  e  tutto  lifcio,c  perciò  habile  a  dare  il  luRro,  con  l’apertura,  ò  bocca 
lunga ,  anguRa ,  e  d  iri  tta ,  ^  i  labbri  grolH ,  ma  lottilmente  dentati ,  uno ,  con  cui 
fi  raccoglie  in  le  ftelTo  il  Turbine  a  guifa  delle  mentovate  Conche  Veneree; 
Taltro  rpianato  in  fuori ,  quali  formando  un’  orecchio ,  peccui  d‘  Orecchiuta  por¬ 
ta  Tepiteto.,  Hà  il  cono  ampio  ed  ottulo,  e  di  dentrdè  Bianco  ,  e  violaceo. 
Tiene  molta  fimiglianza  col  fecondo  Turbine  tubero!©  orecchiuto  deli’ Al- 
drovandi ,  • 

7  Del  fecondo  genere  vi  olTcrvodivcrfi  TVRBINI  LVNGHI,  diritti,  acuti, 
c  ftriati  a  guifa  del  vero  Corno  d’ Vnicorno ,  fcorrcndo  per  i  loro  numerofi ,  c 
gonfi!  V  ol  umi,  da  l’ un  capo  a  l’ altro  molti  folchi  eguali  in  alcuni ,  in  altri  quan¬ 
do  maggiori, e  quando  minori,  che  li  fanno  fembrare  diligentemente  lavorati 
a  vite  5  anzi  ne  fuperano  ogni  artifizio ,  eiTendo  le  loro  volute  incolpabili  ;  là  do» 
ve  r  Arte  non  le  difegna  che  falle ,  fondata  (opra  una  regola ,  che  lempre  ingan¬ 
na  ,  infegnando  comporle  d’ alcuna  parte  di  circolo ,  mentre  circolo  elle  non  fo¬ 
no,  quantunque  circolari,  Quanto  procedono  in  lungo,  tanto  s’ alfottigliano, 
e  fino  in  punta  digradano  con  ragione,  conducendo  fempre  sì  perfettamente  in 
ifpira le  [oro linee, chein  nulla  fmifurando,  potrebbono  fervir  di  lezzione  ad 
un’  Archimede ,  tutto  che  fude  l’ Oracolo  di  tal  profelfione ,  Sono  altri  candidi , 
altri  bianchi ,  altri  cinerei ,  di  gufeia  lottile ,  &  aliai  fragile»  come  ne’  Tubuli  Ma*, 
rini;  enellalommità,cheèampia,  hanno  l’ apertura  della  bocca  rotonda,efi- 
mi|e  a  quella  delle  Chiocciole,  In  alcuni  vili  vedono  dentro  iloro  habitatori 
Granchietti.  Non  eccedono  la  lunghezza d’ un  dito,  e  tengono  qualche  fimi* 
glianza  col  nono  Turbine  tuberolo  dell’ Aldrovandi,  figurato  à  pag,  354,  dal 
quale  però  in  ciò  variano ,  che  lono  più  lunghi ,  &  hanno  gl’  interfiizii  de’  volu¬ 
mi  molto  più  profondi ,  che  quella  figura  non  moflra ,  Onde  più  tolto  gli  giudi¬ 
co  della  prima  Ipcziede’Turbini  lunghi  del  Vormio,  che  ne  Ieri  ve.  Sfeciesunn 
Yundidn  efi  i&’.  UvÌ4 , exiguis  Hriis  volumivu  pratuberuntin  perreptantibus ,  pra-' 
dita  J  in  apicem  ufcjue  :  magnitudine  Ungiamo  refpondet  digttQ ,  e\ufdem  tenuitatis . 

8  TVRBINI  TVBEROSI,  lunghi  un’  oncia,  ò  poco  più  ,  ventricoli,  iSc 
acuti,  co’ volumi  fparfi  dimoiti  ordini  di  punti,  quali  maggiori, quali  minori. 
Hanno  la  gufeia  lottile  , diafana ,  bianca ,  ma  inclinante  al  cinericcio ,  con  alcu¬ 
ne  macchie  piombacee ,  &  ametifiine,  che  tralparilcono  nell’ interno  ,  ove  if 
margino  della  bocca  è  candido,  e  quali  rotondo,  con  due  profondi,  ma  brevi 
canali  oppoRi ,  come  nelle  Buccine ,  Potrebbono  ridurli  alla  Ipczie  del  decimo 
TurbincTuberolodell’ Aldrovandi,  figurato  come  lopra,  le  nonfuRero  mag¬ 
giori  ,  e  di  ventre  più  ampio ,  di  bocca  più  rotonda ,  e  di  canale  della  probolcide 
più  cavo,  e  non  acuminato,  S’accoRano  più  al  quarto  delcritto  dal  Vormio, 
di  cui  però  Inno  minori . 

9  TVRBINI  LISCI, candidi,  co’  volumi  affai  larghi,  fparfi  di  molti or¬ 
dini  di  belle  macchie  del  colore  del  zaffarano,  per  lo  più  quadre,  ma  in  alcune 
file  maggiori ,  in  altre  minori ,  Non  eccedono  tre  oncie  in  lunghezza ,  &  una  in 
ampiezza  del  ventre  rotondeggiante;  e  facendo  molte  volute  piane,  campate 
r  una  fuori  dell*  altra  non  altrimcntc,  ©he  le  fi  attorcigliallero  intorno  a  un  fulo , 

vanno 


L  l  9  K  0  S  E  C  0  N.l>  0,  €À?.  XlV,  loj 

vanno  n  finir  in  acupo ,  &  cfpriinpoQ  la  figura  di  quel  Monte  dell’ Ilolc  Forrunàte 
dai  Talfo  deferittp. 

/’  xcute  f  ir  amidi  ffmbianu 
Sottile  inver  U  eima.,  in  tuezo.  grojfo . 

La  qual  figura  QlTervafi  ancora  in  certe  Vrne  Sepolcrali,  che  fi  CQnfervaoQ  nel 
Muieo^lc  quali  però  all’oppofio  dclld  Piramidi,  q  mete  rotonde  ,  piantavanfi 
col  cono  in  terra,  riufccndo  in  tal  modo  della  configuraaionedelcritca  dal  Boi- 
doni,  —■■»«  ■—NI-  —■■■  che  angujla  in  pria 

Poi  r’  allarga,  e  t'  accrefie  a  poco  a  poco,. 

La  gufeia  in  alcuni  è  fottile ,  c  firagililfima ,  in  altre  più  grolla ,  e  refifienre,  di  deo'’ 
trobianca,  etrafparente,  conTapertura  della  bocca  lunga,  non  molto  larga, 
d’orifizio  dentato  nel  labbro  fuperiore,  neir  inferiore  firiato,  e  nella  lommità 
incifo, formandovi  lenza  prominenza  il  canale  desinato  al  ricevimento  del  cibo. 

ip  TVHBINI  FASCIATI,  LISCI,  della  lunghezza  de' precedenti ,  ma 
che  lenza  gonfiezza  di  ventre  a  poco  a  poco  affottigliandofi  formano,  una  perfet¬ 
ta  meta,  o  piramide  rotonda  col  conoacutilfimot  Si  chiamano  falciati  perche 
tutte  le  loro  circonvoluzioni , che  fon  piane,  vengono  Icorfc  da  una  linea  cava 
parallela  al  margine  della  (pira ,  Onde  gli  (pazii,  che  vi  fono,  l’uno  di  lopra,mag« 
giore,  l’altro  di  lotto,  minore ,  emulano  una  falcia,  che  li  cinga  a  due  ordini. 
La  loro  gulcia  è  molto  lottile,  e  candida,  ma  Iparla  di  macchie  ondeggianti  di 
color  di  carne ,  cosi  grandi ,  e  Ipefie,  che  poco  lalciano  comparire  la  candidezza 
del  campo  Ictcopofio ,  e  tralpaiono  nell 'interno ,  Hanno  f  apertura  delia  bocci!; 
poco  diifirailc  a  quella  delle  Chiocciole , 

Il  TVRBINÌ  della  medefima  figura,  e  lunghezza,  c  pur  lifci,  tna  bianchi, 
con  tré  ordini  di  macchie  nere  quadre,  fimili  alle  note  di  canto  fermo  ,  i  quali 
tutti  apparifconololamente  nella  prima  Ipira,  vedendofene  due  Ioli  in  tutte  le 
altre ,  per  efierc  il  primo  lemprc  coperto  dal  precedente  volume .  ^flendo  la  gu- 
feia  lottile ,  e  diafana  trafpajono  le  macchie  anco  di  dentro  « 

la  Del  terzo  genere,  che  contiene  i  TVRBINI  CILINDRICI  (  che  così 
chiamo,  perche  effendo  di  cono  bafio,  ma  però  acuto,  hanno  nel  rimanente  fi¬ 
gura  colonnare,  rapprefentata  dalla  lemplice  piegatura  della  pritiiu Ipira,  che 
per  elTere  larghilfima  cuopre  tutti  gli  altri  volumi  )  ci  fono 

ij  Due  TVRBINI  MVSICALI,  diverfi  da  quelli,  chedclcrifieil  Vormlo, 
e  fi  mentovano  tra  le  Chiocciole  da  gli  Eruditilfimi  Defcrittpri  della  famola  Ca¬ 
lerla  Sctraliana ,  Paolo  Maria  Terzaghi ,  c  Pier  Francefeo  Scarabelli ,  c  vengono 
figurati  da  chi  fcriiTc  lo  feoprimento  delle  IfoIeAntille,  Pofciache  le  inquefti 
non  fi  diftinguono  egualmente  che  in  quelli  le  zone  compofte  delle  cinque  lince 
parallele:  vi  fi  veggono  almeno  chiare  le  note  Muficaii  con  le  loro  afccfe,e 
difeefe  di  color  azzurro  gialliccio,  affai  minute,  manon  lenza  regola,  efpreffc 
in  tante  falcie  feorrenti  pe  ’i  lungo  della  Conca,  la  q^uale  c  bianca ,  inclinahce  ai 
giallo ,  e  terfiffimo ,  lunga  un  dito ,  e  poco  più  grolla ,  e  molto  dura ,  e  di  dentro 
candida ,  di  fofianza  fimile  alle  Conche  Veneree  ,e ,  come  quelle ,  habile  a  dare 
illilcio,  L' apertura  della  bocca  è  lunga  quanto  il  orbine,  non  poco  larga, 
con  un  labbro  Ichietto,  Se  alto  in  modo,  che  fà  lembrar  quelli, Turbini  oreechiu- 
ti  ;  l’altro  labbro  è  alquanto  firiaro,  di  color  d’avorio  nella  fommjcà,  ove  fi  ve¬ 
de  l’ incilura  per  l’ ulcita  della  probolcide  dell’  animale ,  quando  vive  non  difiiT 
mile  a  quella  delle  mentovare  Conche  Veneree,  lenza  prominenza, 

14  Qu^attro  TVRBINI  della  medefima  Ipezie,  e  fattezze,  altjuanto  minori 
de’  precedenti ,  con  le  note  più  confale ,  in  alcuni  più  gialle ,  in  altri  più  azzurre. 
Due  di  quelli  ncli’interao  fono  violacei,  con  l’orlo  però  del  labbro  lupcriore 
candido.  I5  Due 


Cam.  ifi 
^•34. 


eaf.  Il, 


ttcuàel,  t,  2, 
c.  17. 

Aldr.  l,  5. 
C.19. 


Hicreat-  del 
Savia  t.  I. 
c,  I  r. 


.104  Ai  F  S  E  0  C  O  S  P  I  A  N  0  \  ^ 

>5  Due  TVRBINI  della medeffma figura,  ma  che  non  gwiagono^àlla  lum- 
ghczza  d’ un’oncia , &  hanno  la  fupeifizie  cinerea ,  e  giallicccia,  tort-nikiutiffime 
macchie  nere  per  il  lungo,  difpoftc  in  fijc  quando  di  punti,  quando  di  lettere: 
tra  le  quali  chiare  fi  feorgono alcune  M.  &  N.  didentro  /ono  bigi . 

'  itf  Del  quarto,&  ultimo  genere  meritano  d’ effere  particolaimcnteollervaà 
alcuni  TVRBINETTI  OLIVARI,  co*sì  chiamati  da  Ila  figura,  egroffczzalo- 
ro  di  (uperfizie  tuberofa ,  ma  però  lifeia ,  feorfi  per  lo  tra  vetfo  alternatamente  di 
una  zona  gialla ,  e  di  una  nera ,  con  la  bocca  fimile  a  quella  delle  Buccine .  Sono 
di  quelli ,  che  trovanfi  nelle  fpugne  .  Non  però  li  trovo  mentovati  da  alcuno 
(benché  di  quefto  genere  ne  deferiva,  e  figuri  in  gran  copia  l’ Aldrovandi  )  co* 
me  nè  meno  la  maggior  parte  de’ già  deferirti  per  mcmorabiii,sì  per  la  novità  lo¬ 
ro  ,  come  perche  (  trattine  i  due  primi ,  e  ’l  terzo  )  furono  gentiliflimo  dono  del 
Sereniffimo  Granduca  di  Tofeana  Cofimo  111.  c’  ha  vcndogli  havuti  d’Olanda,  ne 
regalò  il  Sig.  Marchefe  Bali  Cofpi  fuo  Agente  in  Bologna,  e  nella  Lombardia, 
e  Gentiihuomo  della  fiia  Camera  1 

ly  Oltre  quelli  però  trovanfi  nel  Mufeo  ancora  diverfi  TVRBINETTI 
TVBEROSI  di  varie  figure,  limili  a  quelli,  che  vengono  propelli  in  difegno 
dal  Rondelezio,  e  dall' Aldrovandi ,  a*  quali  fi  rimette  il  Lettore  .  Alcuni  di 
loro  fervono  ad  accrefeere  vaghezza  a  certe  Madriperle  di  non  ordinaria^ 
grandezza. 

18  Varii  TVRBINETTI  MVRICATI  così  chiamati  per  haver  de’ Tuberi 
eminenti ,  come  ne’ Murici.  Ne  figura  alcuni  1’  Aldrovandi. 

19  Parecchi  TVRBINETTI  di  quelli ,  che  fi  trovano  nelle  fpugne,  figurati 
in  gran  copia  dall’ Aldrovandi .  De’quali  non  è  da  tacerfi  trovarfenc  de'  così 
piccoli  ,che l’occhio  pena  in  dillingucrnc  le  parti  ,riulcendo  poco  maggiori  di 
qnclle  Chiocciolette .quali invifibiii  lenza l’ajuto del Microcolpio,  che  intiere, 
cformatifsimc  chiudonlì  in  un  granellodi rena cafualmenteincaffatevi,  quando 
non  vi  nafeano  dentro ,  come  in  miniera .  Ne  olfervp  alcune  il  dotrilsimo  Padre 
Battoli  .che  rapito  da  laggìa  meraviglia  ne  letamò .  Che  occhio  di  fcrfpicace've^ 
duta ,  che  acuti  fir  umenti ,  che  mani  ingegnofe ,  che  materia  ubbidiente ,  che  fottili , 
dilicate  madri y  e  che  per itiad" arte  bifognarono  a  c ondar  sì  minuto  ,  e  nondimeno 
per/ettijfimo ,  un  lavoro  niente  maggior  d'un  punto  t  corri  cuna  Chiocciola  pojfibilea 
chiuderjì tutta  in  un  grano  di  rena  ? 

Belle  Conchiglie.  Gap.  Xy. 

I  \  Ncorche  quello  nome  di  Conchiglia  fovente  lignifichi  ogni  forte  di 

X  \  Conche,  e  talvolta  quella  della  Perla;  qui  nulladimcno  coll’ Aldro¬ 
vandi  nollro,  e  col  Rondelezio  per  Conchiglia  s’intende folo quella  fpeziedi 
Teltaceo  T urbi  nato  grande ,  eh’  elsi  chiamano  Conchylium ,  fenza  alcuni  aculei» 
ò  tuberi,  e  molto  più  largo  verfo  il  cono,  che  nella  parte  oppofta,  fembrando 
una  Piramide, con  l’apertura,  per  cuife  le  vede  bearne,  non  rotonda, comp 
Jielle  Porpore,  e  Buccine,  ma  lunga,  come  pur  femprc  lungo  è  il  dileicoper- 
chio .  Di  quello  genere  concorlero  ad  accrefeere  le  curiofità  del  Mufeo  Cof- 
piano  la 

2  CONCHIGLIA  MAGGIORE,  FASCIATA,  con  quattro  Zone  gen¬ 
tilmente  rilevate  in  cgualdillanza,  c  grandezza,  fparla  di  macchie  bianche,  c 
Iconatc ,  che  tendono  al  rollo .  Onde  ben  potrebbe  chiamaili  dipinta  come  quel¬ 
le,  delle qualicantò  Pietro  Adriano  Vanden  Brocef  e  Fiamingo  ,  gdntilifsimo 
PoetaLatino.e  Proicflotcd’Eloquenza  in  Pila. 


L  l  ^  a  ^  1^  C  0  U  D  0,  CAP.  XV.  105 

^uà.  fi^a  in  CAlatliis  cajhe  Conchylia  Nympha 
Sape  legunt  i  ripa  dos  ea  multa  fua  ejl , 

Di  dentro  è  bianca,  e  gialliccia. 

3  Diverfe  CONCHIGLIE  MINORI ,  bianche  ,  le  quali  accrefcono  va¬ 
ghezza  ,  e  pregio  ad  alcune  Madriperle . 

De*  Nautili.  Cap.  XVI. 

t  1)  En'  ha  ragione  d’  effere  ammirato  queRo  Teftaceo  non  tanto  per  la  Ina 
JD  Conca  in  figura  di  bene  intefa  Nave,  quanto  per  TinduRria  lingolare, 
:on  cui  naviga  più  toflo ,  che  nuota .  Onde  meritamente  li  diede  il  nome  la  Nau¬ 
sea,  fe  più  toRoqueRa  da  lui  non  lo  prefe,  fembrandone  egli  ilMaeRro.  Po- 
eiacheficome  con  la  gufeia  rapprefenta  una  rotonda  Nave  con  la  Poppa  emi¬ 
nente  in  fe  ripiegata,  e  la  Prora  roRrata:  così  naviga  in  alto  Mare  fpiegando 
:rà  le  prime  due  braccia  una  membrana  di  maravigliofa  fottigliezza,  ma  altret- 
:anto  forte,  che  gli  ferve  di  vela,  mentre  coni’ altre  braccia,  con  cui  fi  ravvila 
l’ Polpi,  fà  r  uffìzio  de' remi,  e  con  la  coda  in  vece  di  timone  fi  regge.  Così  di 
feRelTo,  e  Nave,  e  Nocchiero,  NVLIVS  ,  come  lo  rapprefenta  Mon- 

ìgnor  Arefio,  barcheggia fpedito,:  non  altrimcntc  che  fe  fuffe  in  un  leggiero 
)attello ,'  e  per  dirla  col  Melico  BattiRa  nel  fcRo  de’fuoi  Epicedii  Eroici ,  ben- 
;he  in  altro  propofito . 

Egli  fot  Nave,  &  egli  fol  Nocchiero 

I  perigli  del  Mar  fcanfa  piu  volte . 

£  fe  gli  s’apprefenta  cagione  di  tema,  riempiendoli  in  un  tratto  d’acqua,  s’im^ 
nerge:  e  moRrach’egualmentesà  portarli  PER  SVPREMA ,  per  IM a, comt 
nferi  chi  lo  dipinfe  per  idea  d’ intelletto  univerfafe  :  c  volendo  pofeia  ritornare 
l  galla,  permanifeRarfi  TEMPESTATIS  EXPERS,  come  in  altra  imprela  gli 
ù  fopraferitto ,  riverfala  Conca,  vuotandola  dal  pelo  dell’onda  con  induRria 
:hc  non  invidia  a  quella,  con  cui  l’arte  fcarica  le  fentine.  Che  però  Plinio  tra 
eprincipali  maraviglie  della  Natural’annoverò,  con  tanto  maggior  ragione, 
juantoche  ladi  lui  Concali  ferve  non  folo  di  provedutiffìmaNave  ,mainfieme 
li  luperbiffimoPalazzo  diRinto  in  tanti  ,e  tanti  gemmati  Appartamenti  «quante 
ono  le  concamerazioni ,  in  cui  fi  di  vide  ,  come  notò  Giulio  Strozzi  nobilillìmo 
wigno  dell’ Arno,  cantandone  nel  Barbarigo,  ò  fial’ Amico  folle  vato.  Poema 
Eroico . 

II  Polpo  Mofe ar din ,  fatto  Nocchiero, 

Per  tdinto  gentil  de  la  Natura, 

Veleggiando  per  /’  humido  fentiero 
La  vasiiffma  fua  Nave  fìcura , 

Gode  eglt  folo  un  gran  Palagio  altero 
Di  gemmata  ,  e  mirabile  Jlruttura , 

Ed  ha ,  quafi  a  nojlr  ’  ónta ,  ove  dimori 
E  fale,  e  Stanze,  e  ritirate,  e  fori, 

ria  il  roRro  limile  a  quello  de’  Pappagalli .  Ne  deferiffe  di  più  forti  il  Filofofo  ; 
ilcune  delle  quali  tra’ moderni  paffano  per  Chiocchiole.  Nel  Mufeofi  con- 
[ervano 

2  CONCA  del  Primo  NAVTILO ,  d’AriRotele,  fottilifsima  come  la 
iurta ,  e  non  men  bianca  del  latte ,  ma  terfa ,  e  fragililfima .  Sembra  Nave  com- 
JoRa  di  tré  frammenti ,  cioè  delle  due  fponde  laterali ,  e  della  carina  Rretta; 
jcnche però  fiad’ un  fol  pezzo.  Tutta  èfcanalata  pe’l  lungo,  c  qucRe  flrifeit 

cave 


L.x  Eltg.i, 


Picintl.  M. 
Simb.  l,  6. 
c.26. 


L.9.  e.if. 


Catte-  j.  }o. 


L.  5. 

r.8. 


Geruf.C.i^ 

48. 


/(<.  ibiA. 


L,ì.deTt^. 

C.4. 


L.  j.  Ben, 
V.  556. 


!/a.  54pf. 
jlmAlth. 
Elcg.  3. 


fotf  QOSPl  Ano 

cave  terminando  in  acuto  neH’cftrcmicà  delia  carina,  le  fanno  parer  dentate. 

Ne  portano  belliilìme  figure  il  Rondelezio,  cT  Aldrovandi  ne’ loro  Volumi  de’ 
Tefl:acei,&i!  Ceruti  nc!  Mufeo  del  Calzolari . 

3  NAVTILO  dcJlafecondafpcziejfccondo  Ariftotelc,chetaluni  chiama-  , 
noGajanda.  E' di  grandezza  non  minore  del  primo,  ma  di  Conca  ampia  ,  rutta  j 
iifeia  ,c  nella  carina  più  rotonda,  che  nel  precedente,  con  la  Poppa  più  eminen*  \ 
tc.  Variegato  di  fuori  di  belle  macchie  purpuree, e Bianclie.fà  nell’  interno  lu-  ( 
cidiffima  pompa  del  bclliffimo  color  delle  Perle ,  che  acquifta  anco  nel  di  fuori ,  . 
fe  con  Taceto  fc  ne  leva  la  prima  fottiliflima  corteccia .  Onde  molti  lo  chiamano  l 
Conca  Margaritifera ,  non  perche  vi  fi  generino  dentro  Perl&,  per  quanto  hò  po¬ 
tuto  OiTcrvare,  ma  perche  non  cede  loro  nella  vaghezza  del  colore,  fembrando 
appunto  d’argento,  e  di  perle  impalato.  Quindi  con  ragione  lefù  dato  da! 
Vormio  il  nome  di  Conca  emula  delle  Margarite ,  e  tra’  Turbinati  numcròfli  in  pri¬ 
mo  luogo.  Nè  men  notabile  fi  e  la  di  lui  fabrica  interiore,  come  compartita  in 
ben  numerofe  Camere  in  volta,  tutte  della  medefima  architettura,  ma  di  gran¬ 
dezza  divcrfa,elIendo  le  prime  maggiori,  e  le  altre  lulTeguentemcnte  minori; 
onde  non  akrimcnte  che  del  fotterraneo  di  quel  Mago  riferito  dal  Fallo  potreb¬ 
be  di  taì  Tcllaceo  cantarli . 

J^esìo  è  i/r  forma  di  fpeco^  e  tu  fe  contiene 
Cameret  e  Sale. 

come  dell’  argentino  di  tutto  il  gufcio,che  fecondo  il  vario  rifleffo  cangia  colore, 

&  emula  il  brillare  delle  più  fine  gioje  ;  quadrarebbe  il  foggiungere . 

£  ciò  che  nudre  entro  le  ricche  vene 
Di  piu  chiaro  la  terra,  e  preziofo 
Splende  ivi  tutto ,  ti  n’  è  in  guifa  ornato , 
che  ogni  ftto  fregio  è  non  fatto  ,  ma  nato . 

E  tutte  quelle  fpicndide  manfioni  fono  Icparatc  con  pareti  crafverfali ,  che  non  fi 
ponnotucte  difccrnere,  fenonfegataper  lungo  la  Conca,  come  beniffimo rap- 
prefenra  la  figura ,  che  ne  porta  T  Aldro  vandi ,  in  cui  fi  numerano  fino  a  quaran¬ 
ta  interftizii.per  gli  quali  fù  da  alcuni  Greci  chiamata  cioè  com¬ 

partita  in  molte  flanze,  che  dal  Bergano  chiamarebbonfi 
— —  —  pendula  fornice  multo 

^ntra, 

FÙ  porrata  dalla  China,  ove  molti  fi  fervono  di  quefti  vaghiffimi  Teftacei  per 
nappi  da  bere.  Nella  noftra  Europa  fc  ne  fanno  belliflìmi  lavori,  che  ne’ più 
nobili  Scrigni  s’ incaftrano  per  ornamento  gentililfimo . 

4  Nautilo  della  medefima  fpczie,  di  grandezza  eguale  al  precedente,  ma 
fpogliato  della  prima  corteccia  cfteriorc .  Onde  tanto  eftrinfecamcnte ,  quanto 
interiormente  gareggia  nelTamenitàdcl  colore  con  le  più  fine  Perle  dell’  Orien¬ 
te;  siche  diluì  potrebbe  cantar  TAmalteo,  che  fia  fatto 

Expleat  ut  miferam  lucida  Gemma  ftim] 

5  NAVTILO  parimente  della  feconda  fpezie,  lungo,  &alto  un  palmo,  e 
largo  più  della  metà,  fenza  la  prima  corteccia,  portato  dalla  China,  ovetù  lai 
vorato  nella  fupcrfizieefteriore  di  varie  figure  humane  a  piedi,  &  a  cavallo,  c 
di  varii  fiorami  di  rilievo .  L' abbcllifce  di  vantaggio  artifiziofo  fornimento  di 
bronzo  dorato,  perche,  fervendo  di  nappo  alle  menfe,  l’arte  non  fi  moftraffe 
oziofa  ,ovc  tanto  di  vago  hà  contribuito  la  Natura . 

6  NAVTILO  della  fpezie  fudetta,  ma  di  grandezza  maggiore  de’  fopra- 
deferitti ,  parimente  lavorato  da  mano  Indiana  non  imperita  con  varie  figure  di 
fiori ,  fogliami  ,c  volatili  intagliati  vi»  non  ifcolpiti,  come  nel  precedente .  Con 

che 


L  l  rs  R  0  SECONDO»  CAP,  XFÌ.  107 

che  molto  corrifponde  alla  terza  figura,  che  n'e  porta  l*AldtOvandi  nel  luogo 
già  citato.  Di  fimigliantilfimo  dileguo  fono  gli  Emblemi ,  che  veggonfi  in  un 

7  N  A  VTILO  maggiore  de’  fopradeferitei ,  il  cjuale  co’  fuficguenti  della  me- 
delimafpezie,  tra  moke  cofefingolari  definiate  aquefto  Mufeo  dallo  Inftituto- 
re>  di  prefente  conlervafi  nella  ricchillìma  Galeria  del  fuo  Palazzo ,  degna  vera¬ 
mente  d'effere  Teatro  alle  pupille  d’ ogni  gran  Principe ,  come  di  molti  n’  è  fta- 
ta.  Hàl’ orifizio  gentilmente  lavorato  a  merli.  Le  Piante,!  Fiori,  egli  Vccelli 
dalla  induftriofa  mano  di  peritiamo  Artefice  Chinefe  nella  di  lui  fuperfizie  foc- 
tilmcnte  effigiati  furono  con  ragione  chiamati  Emblemi]  pofciache  non  fono, 
come  nel  precedente,  intagliati ,  ma  (colpiti  nella  prima  feorza;  la  quale  elTen- 
do  bianca ,  perche  netta  da  gli  ondeggiamenti  delle  macchie  caftagne ,  emula  per 
appunto  l’argehto  di  frefeo  intagliato:  e  ciò,  che  in  effa  fù  (culto,  tanto ‘più  ap¬ 
paga  r  occhio ,  quanto  meglio  lo  fà  (piccare  il  tcr(o  della  fottopofta  corteccia  di 

-color  di  perla ,  che  (ervendogli  di  campo ,  tra  gl’intagli  fà  trafparire  vaghiflìmo 
il  (uo  lucido .  Lo  (ofiiene  nobile  piedefiallo  d*  argento ,  e  io  attraveifano  conia 
coda  due  Delfini  fimilraente  d’argento.  Ne  fece  regalo  al  Sig.  Marcfie(e  il  Se- 
tcniffimo  Principe  Cardinale  Leopoldo  de’ Medici . 

8  N  A  VTILO  poco  minore  del  precedente ,  nella  cui  fuperfizie  efterna  allet¬ 
ta  gli  (guardi  una  ordinata  confufione  di  groffiArabelchi  di  bianco,  e  tanè  va¬ 
riegati,  perche  (colpiti  nella  prima  corteccia  non  dirozzata  :  per  gli  trafori  de’ 
quali  fà  vaga  pompa  il  color  della  perla  nella  (corza  (ottopoffa .  Hà  ’j  turbine  fi¬ 
gurato  nel  centro  in  forma  di  Celata ,  (opra  cui  (piegato  li  vede  un  lavorìo  d’ ar¬ 
gento  di  (ottiliffimo  intaglio ,  che  fupplilce  al  cimiero,  e  ferve  di  cattarrataalla 
cavità  oppofta  del  Nautilo,  che  ben  potrebbe  fervirc  di  nappo  affai  capace, 
mentre  per  la  maggior  parte  (gombrate  fono  le  di  lui  interne  pareti.  Cinto  di 
fafeie  parimente d’ argento  vicn  foftenuto da  belliffirao  piedelfallo  d  avorio ,  E 
quello  pure  fù  gentiliffimo  dono  del  Sereniffimo  Sig.  Principe  Leopoldo  di 
Tofeana ,  oggi  Cardinale  de’  Medici , 

9  NAVTILO,  che  (e  di  poco  non  giunge  alla  grandezza  del  (uperiore ,  di 
molto  Io  fupera  ne’  fregi ,  tutto  che  (pogliato  dell’ efterna  corteccia  ,  nè  intaglia- 
tOjCome  la  maggior  parte  de’ precedenti,  ma  rimalo  lifeio,  Imperoche  noru 
folamentc  lo  nobilitano  di  vantaggio  la  (tatua  d’ argento  dorato  d’ Ercole  bam¬ 
bino  ,  che  (trozza  i  Serpenti ,  drizzatali  nella  (ommità  della  Poppa ,  &  una  falcia 
parimente  d’ argento ,  che  tutte  le  (ponde  gli  vefte  ;  ma  di  piò  hà  i  fianchi  tempe- 
Itati  di  gemme,  fiammeggiandovi  dodici  groffi  rubini  tramezzati  d'altrettanti 
Smeraldi ,  oltre  alcuni  Zaffiri ,  Giacinti ,  e  T urchine ,  le  quali  (e  fuffero  Diaroan- 
ri ,  fofteirebbero ,  che  di  quello  Nautilo  fi  verificaftero  in  ogni  parte  que’leggia* 
dri  verfi.  deir  Omero  Tolcano  . 

^uivi  fcintilU  con  ceruleo  lume 
Il  celefte  Zaffiro  ,  &  il  Giacinto  j 
Vi  fiammeggia  il  Carbonchio ,  e  luce  il  faldè 
Riamante  ,  e  lieto  ride  il  bel  Smeraldo , 

Nè  manca  a  sì  bella  Conca  proporzionato  foftegno ,  effendo  (labilmente  collo¬ 
cata  (opra  un’alto  piedetlallo  d’argento  dorato,  più  che  perla  materia,  prcziolo 
per  il  lavoro .  Onde  di  sì  ricca  Tazza ,  ch’emula  nella  propria  (oftanza  le  p.erle, 
e  ne’  fornimenti  l’ oro,  e  vanta  ne’  fuoi  ingemmamenti  le  pietre  più  rare ,  effendo, 
come  le  precedenti ,  deftinata  alle  Mule ,  ben  può  dirli  col  noftro  Giulio  Grotti , 
K^urum^  Gemmea  Pocula  y  (fi  Lapilli 
Sunt  Mafia  ómnia , 

10  Diverfi  NAVTILI  della  terza  fpezie  affegnata  da!  Filofofo  ,  fecondo 

il 


TaffoGeruf^ 
C,  14. 39, 


L.uStrm* 

JO'. 


S^ld*  Q* 
37« 


Hort, 

Farnef  o.si 


Cynih  1.  B, 
Gyr.%H  fiere 
Ejìen.  Dh. 
Sét.  V.  44 

Cad,  ltc,eitt 
9>Ì9‘ 


108  M  y  s  E  0  C  0  S  P  1  A  N  0 

il  Bellonio  ,  che  da‘  Moderni  fi  chiamano  Chiocciole  Riigofe  maggiori ,  per  raU 
lomigliarfi  più  a  qiiefte  nella  figura,  che  a’ Nautili  fopradeferitti  .  Onde  tra  le 
Chiocciole  fe  ne  favella.  Io  però  crederci  che  con  maggior  ragione  fipotede 
coftituirc  per  terza  fpezie  di  Nautilo  quella  Chiocciola,  che  a  fuo  luogo  N  A  V- 
TILITE  appello,  per  ravvifarfi  a' Nautili  molto  più  della  Bugola,  emulando 
quelli  della  leconda  Ipezie  non  fole  nella  figura  di  Nave ,  ma  anco  nella  materia, 
e  colore  della  Conca  finiigliantiflìma  alle  Perle.  La  quale  io  colloco  tra  le 
Chiocciole,pcrhavernc  ilTurbine  in  uno  dc’lati. 

Delle  Chiocciole .  Caf.  XVll, 

I  ^  Otto  il  genere  de’ Turbinati  fi  contengono  anco  leChiocchiolc,ò,  come 
il3  il  volgo  le  chiama  Lumache ,  le  quali  elfendo  di  fpezie  quali  innumerabi¬ 
li,  e  non  meno  lira  vaganti  nella  configurazione,  e  varietà  de  gliattorcigliamen* 
ti ,  e  colori,  Icmbrano  tanti  fcherzi  della  Natura,  quanto  mirabili,  altrettanto  dif¬ 
ficili  ad  elprimcrfi  con  parole .  Che  però  non  di  tutte,  ma  folo  delle  più  fingo- 
lari ,  che  fi  trovano  in  quello  Mufeo  prendo  a  far  menzione .  Tra  le  quali  per  la 
più  vada  s' offerifee  primiera  la 

2  CHIOCCIOLA  RVGOSA  MAGGIORE,  come  quella,  eh’ eccede  un 
palmo  di  diametro  per  ogni  verfo,  aggiuftata  nobilmente,  perche  ferva  di  nap¬ 
po.  Queftafièla  terza  fpezie  de’ Nautili  d’ Anftotele  ,  fecondo  il  Bellonio, 
che  tra  le  Chiocciole  annovero  ,  perche  n’hà  la  figura  col  turbine  efteriorc, 
feoftandofi  in  ciò  più  clic  poco  dal  primo, oda)  fecondo  Nautilo  de’ fopradeferit¬ 
ti.  Chiamafi  Chiocciola  Rugofa  coll’ Aldrovandi,  e  col  Rondelezio ,  perche 
hà  tutto  il  continente  increfpato,  e  folcato  per  tra  verfo  di  ftrifcic  parallele  equi- 
diftanti, che  quanto  fi  profondano  nella  fuperfizie  efferiore,  tanto  più  rilevate 
(piccano  nell’ intcriore  .  Onde  potrebbe  parimente  chiamaifi  ftruta  .  E'di 
gufeia  molto  fragile  ,  con  apertura  affai  larga,  e  patente.  Emula  nel  colore  di 
fuori  il  marmo  bianco  rolksg'anre ,  e  di  dentro  fà  pompa  di  notabil  candore. 
Le  accreicono  bellezza  vari!  abbigliamenti  dell’ Arte,  chela  trafcorle  di  molte 
filad’oro,cgucrniiladi  vaiicrolclled’ Ametifti,  Granate,  Prafme,c  Turchi¬ 
ne  .  E  perche  ftabiimentc  ftr  vir  potefle  di  tazza  da  bere ,  la  collocò  fopra  fodo , 
ma  vaghillimo  picdeftallo  lavorato  a  Mulaico  di  varii  frammenti  di  Madreperla, 
Porcellana,  òfia  Nautilo  della  feconda  fpezie,  e  de 

Za  furfurea  Granata  al  Sol  vivace. 

Al  quale  rendono  più  pompola  la  Bafc  alcune  belliffime  Buccinctte ,  c  PorporL 
ne ,  mite  d’ una  grandezza ,  e  configurazione ,  fregiate  d’ oro  ,e  guernite  di  varie 
pietre  verdi  ,trà  le  quali  fchavcfTcro  luogo  1  Coralli,  potrebbe  dirfi,  come  de* 
Fonti  de  gli  Orti  Farncfiani  cantò  Giano  Pelufio  Crotoniata 
Sunt  fundo  in  imo  Conchula  ^  &  Corallia 
A  fatrcy  mifa  Nereo, 

Nè  raen ragguardevole  s  ollervadisì  bella  Chiocciola  il  coperchio  artifiziofo, 
che  beniiTimo  fuggeila  la  di  lei  bocca  ineguale .  T urto  tempeftato  di  Stelle  d’oro 
in  campo  azzurro  fembra  un  ferenifiimo  Cielo  notturno,  perche  di  lui  fi  canti 
colGiraldi.  — •  — •  ——  <— •  cui  fornice  fummo 

Scintillant  Stella  f  miles  calejlihus  illis  ^ 

^tieis  caltm  rutilat,  mediaque  it*  nocle  nitefeit. 

òcoIBoldoni. 


Oue  di  varie  Stelle  auree  rìfflende 
^lafi  di  notte  effigiato  un  Cielo. 


Come 


LIBRO  s  B  e  0  n  t>  0,  cép.  mi  r©y 

Come  deir  Artefice  havrebbe  detto  il  Bargeo . 

Fecerat  in  fummo  texti  admirabilis  orbe  '' 

Omnipotens  Calum  Stellis  fulgentibus  aptum. 

Et  ad  imitazione  di  lui  il  Benamati . 

Il  Ritratto  del  Cielo  in  lui  fe  I'  Arte% 

Vtfon  d'  oro  le  Stelle  in  ogni  parte. 

Nel  con  veffo  dì  quello  Ciclo,  fe  non  fi  mirano  Afterifmi  diBalefle,  Delfini,  ò 
de'  Pelei  del  Zodiaco,  e  dell’ Aulirò,  non  vi  mancano  almeno  gii  ornamenti 
pefeati  di  leggiadrillìme  Buccinecte  candide ,  ma  dorate,  e  di  Turbinati  tutti  del¬ 
la  medefima  grandezza,  e  configurazione  alternatamente  difpofti,  c  fcaccheg- 
siati  nel  cono,  di  macchie  bianche ,  c  nere ,  c  tra verfati  di  vaghilfimc  linee  com¬ 
polle  di  punti  equidiftanti.  Nell’ ellerno  lo  coronano  varie  Conche  firiàte,  j? 
lafciate,  delle  quali  una  da  un  Iato  folo  echinata  fi  vede.  Nel  mezo  di  quella 
Ghirlanda  campeggiano  i  colori  di  tutti  i  Coralli  in  due  giri  di  quelle  Chioccio¬ 
le  Periate,  che  altri  chiamano  Vmbilici  di  Mare,  altri  Lumache  Faraonie.  Dal 
cécro  di  quelli  giri  s’inalza  una  di  quelle  bianche  Piante  Tofacee  del  Mar  Rollo, 
che  altri  chiamano  Corallo  bianco ,  &  efattamente  effigiata  fi  vede  nel  Mufeo  del 
Calzolari .  Il  di  lei  tronco  vien  contornato  da  altri  giri  di  Buccinette,e  di  Conche 
Veneree  di  minima  grandezza ,  come  non  maggiori  de’ Pinocchi  mondi .  1^  fit¬ 
ta  col  pedale  nella  fua  matrice ,  da  cui  fpuntano  di verfi  altri  ramufcelli  della  me- 
defimafpezie di  Pianta.  Onde  tra  tante  vaghezze  l’occhio  confufo  non  sà  ia 
che  prima  filarli:  ma  tutto  in  un’  occhiata  mirando ,  vi  confelTa  epilogate  le  più 
ipeziolefingolarìtàdelMare,  e  ne  fà  rapporto  di  particolare  maraviglia  allaj 
mente.  Fùgentililfimo  regalo  della  mano  liberale  del  Serenilfimo  Principe, 
bora  Cardinale  Leopoldo  di  Tofeana. 

5  Due  CHIOCCIOLE  rugofe,  e  STRIATE,  poco  minori  della  Indetta, 
ma  Ichiette, quali  fi  portano  dal  Mare,&  egualmente  bianche  di  dentro,e  di  fuorL’ 
4  Due  CHIOCCIOLE  RVGOSE  della  medefima  fpezie,  minori  di  tutte 
!eprecedenti,maperòdigrandezzapiù  che  mediocre,  bianche  di  dentro,  e  di 
fuori  gialliccie ,  come  quella  che  deferì  ve,  e  figura  l’ Aldrovandi  Lib.  j .  cap.  34. 
c*l  Mofeardi  Lib.3.  cap.  59.  Hanrfo  però  di  vantaggio  alcune  macchie  pur 
bianche  nella  fuperfizie  elleriore ,  malfime  nelle  circonvoluzioni  minori ,  e  cer¬ 
te  linee, che  piovonoabalfo, lequalifi  vedonoefprelTe  nella  gentilifaima  figu¬ 
ra  ,che  ne  porta  il  Ceruti  nei  Mufeo  del  Calzolari .  Di  quella  fpezie  di  Chioc¬ 
ciole  lene  vedono  molte,  e  ben  gran  di  nella  fuperbilsima  Fontana  del  Palazzo 
del  Sig.  Marchefe  Colpi  Infiiturore  di  quello  Mufeo .  Delia  quale,  per  la  copia , 
e  varietà  delle  cole  di  Mare,  che  l’adornano,  non  altrimente,  che  del  Trono 
d’Anfitrite,  può  meritevolmente  cantarli  con  Giulio  Strozzi, 

Spugne  impetrite  t  e  Tartari  gemmati,  ,  , 

È  rupi  di  Coralli,  e  Conche  nette*.  ■ 

Penne,  e  Pennelli,  e  Pettini  dorati,  . 

Murici,  e  chame,  e  Ma\e  aperte ,  e  Brette\ 
tettivi  intrecciate  a  Spondili ,  e  Nerite 
Sono,  e  Buccine,  e  Trochi,  e  Margherite, 

^Di  punticchiate  Chiocciole  fi  mira  . .  q 

VeBito  il  pavimento  ,  e  su  qui  maffi 
L'  Efcara  forge,  e  I'  Alica  s'  aggira 
Fra  quegli  Scogli  ricoperti,  e  bajft, 

E  I'  Fve;  e  gli  Oloturi,  e  vi  $'  ammira 

Vn  Mufeo,  che  di  verde  orna  que'  ftjft,  *1" 

K 


Sjriadd.ié 


Fitter.'^aVfi 
1.6. 67. 


fagi 

it. 


iarharizé 

Cam, 


,  m  y  s  E  0  C  0  S  E  l  Aìi  0 

Ove  s’  ergono  Funghi,  Ojlrtche ,  e  Stelle ^ 

MnfioH  roz.z.i  ■,  e  lucide  Fntelle, 

5  CHIOCCIOLA  R  VGOS  A,  ma  PERLATA,  molto  minore  delle  fopra- 
dcfcritte,come  quella ,  che  può  capirli  in  un  pugno .  S’incrclpa  pian  piano,  co¬ 
me  il  Mare  luo  genitore  a’ primi  lolfii  de  gli  Euri:  onde  potrebbe  dirlene  col 
Gaieani . 

F*l4itC%6.  Cotfte  r  onda  del  Mar  fi  piega,  ,  e  gira. 

Le  di  lei  rughe  però  non  altrimente  dilpofte  rimangono ,  che  nelle  precedenti  : 
c  chiamali  PERLATA  con  le  fuReguenti,  non  perche  fia  Imaltata  di  Perle,  ma 
pcrehcncilafoftanra,e  nel  colore  è  loro  fimigliantiifima,  di  modo  chelembra 
artifiziofamente  fabricata  di  Madreperla,  ò  più  tofto  d’argento,  e  di  liquefatte 
Perle  impaftata ,  benché  lia  Teftaceo  non  folo  di  fpezie ,  ma  di  genere  differen¬ 
te  dalle  Conche  Margaritifere.  Contuttociò  alcuni  le  chiamano  Chiocciole 
Margaf  itifere,  per  mio  credere,  difaddattamenre,  mentre  non  portano  Perle, 
cpmc  importa  quel  nome Niuno  però  tra  quelle ,  per  mio  avvilo ,  fà  menzione 
di  quella  fpezic  di  Chiocciole  Periate  Rugofe .  Hà  quella  l’apertura  rotonda  ,e 
termina  in  un  cono  ottufo ,  quali  tutta  in  le  ItelTa  aggomitolata . 

^  6  CHIOCCIOLA  PERLATA  OMBILICATA ,  come  quella, che, oltre 
Tapcrturacommuneatutte  l’altre  Chiocciole ,  hà  lotto  la  medelìma  una  cavità 
profonda,  e  fatta  in  giro,  che  imita  beniilimo  un’ Ombilico.  E  di  quella  trà  le 
Periate  non  ne  trovo  menzione  predo  gli  Autori .  Poco  minore  della  preceden- 
te  s’ attorciglia  in  quattro  Ipire ,  che  terminano  in  un  cono  ottulo ,  da  cui  princi¬ 
pia  una  ftrilcia  eminente ,  bianca,  ma  fparla  di  belle  macchie  nere,  lunghetto, 
equidiftanti:  la  quale  ravvolgendoli  per  tutti  gl’ intcrftjzii  delle  circonvolu¬ 
zioni  và  a  finire  nella  circonferenza  dell’ apertura  rotonda,  sì  che  tutta  par  cin¬ 
ta  d’ un  bel  cordone  de’ due  ellremi  colori .  Guardate  le  di  lei  Ipirealumeop- 
pofto ,ò lottopofto, li fcorgonodifupcrlìziealaballrina  ;ma  ville  ahimè  lopra- 
poflo,  fanno  vaghilfima  pompa  di  varii  colori  ondeggianti,  tra’  quali  il  più  du¬ 
revole»  e  cofpicuo  li  è  quello  della  Perla..  Onde  non  cede nelUbcliezza  ali' 
Qpala.  Nella  luperfizie  interiore  lempre  mantiene  il  colore  della  Madreperla. 

7  CHIOCCIOLA  PERLATA,  OMBILICATA  più profondamente,chc 
laludctta,  di  cui  è  parimente  maggiore.  Quella  le  nella  luperfizie  interiore  lì 
ravvila  limile  alle  Conche  delle  Perle,  neirelteriorc  lembra  fatta  dibcliiflìmo 
marmo  bianco ,  e  nero ,  campeggiandovi  di  pari  l’ uno ,  e  l’ altro  colore  in  tante 
belle  macchie  ondeggianti .  Tutta  la  prima ,  e  parte  della  leconda  Ipira  maggio¬ 
re  è  lilcia  ;  le  altre  hanno  qualche  picciole  cavità ,  e  prominenze  limili  alle  Per¬ 
le  non  ancor  ben  formate . 

8  CHIOCCIOLA  PERLATA,  OMBILICATA,  PIRAMinALE,  cosi 
ampia  verfo  l’apertura,  e  tanto  infieme  piana,  che,  terminando  polcia  con  varii 
giri  in  un  cono  acuto,  lembra  una  Ipezie  di  Turbine.  Non  hà  il  coloie  delle 
Perle,  che  nell’ interno,  ellendo  nell’ellerno  bianca,  ma  ondeggiata  di  belle 
macchie  porporine ,  che  principiando  dalla  circonferenza  del  Bellicolo ,  Icorro- 
no,  e  vanno,  come  piovendo,  a  finire  nelTurbine .  Fà  lette  giri ,  de’ quali  i  due 
maggiori  hanno  la  luperfizie  quali  lilda:  gli  alti  frugola,  etuberola. 

9  DiverleCHIOCCIOLETTE  PERLATE,  &  OMBILJCATE ,  diquel- 
!£.  a.(r.39.  le,  che  dal  Rondelezio  furono  chiamate  Vmbilià  varii ,  perla  mirabile  varietà 

de’ loro  colori,  elTendo  circondate  di  frcquentilfimi  giti  di  rotondiflìmitubcr- 
coletti  rolli ,  neri ,  e  bianchi ,  di  modo,che  lembrano  fabricati  di  tutte  le  forti  de’ 
Coralli.  Nella dilpolizioQC de’ quali  è  così  regolato  Tartilizio  dellaNatura, 
che  altetnando  i  giri  di  quelli  corallini  tubcrcolecti , ove  ne  fà  una  lene  de’  roifi , 

non 


tlSR  O  SECONDO.  CAf.  Xtm  tii 

non  ve  ne  fnmUchia  pur’  uno  d’ altro  colore  :  come  per  Io  contrario  non  ne 
ammette  pur  uno  de  rolli  negli  altri  giri  componi  folo  di  tubercoletti  bianchi  >  e 
neri}  ma  cosi  dilpodi)  che  dopo  un  nero  ne  feguono  due  bianchi  «con  ordine» 
che  di  radpjò  non  mai  pervertito  fi  vede.  In  molte  di  quefie-Chiocciolettei 
punti  bianchi  fono  così  lucidi,  che  pajono  tante  picciole  Perle.  Anzi,  le  tutti 
Il  levano,  la  fuperfiziceftrinleca  rimane  del  medeffmo  color  delle  Perle,  cho 
nell  interno  parimente  vili  Icorge,  ma  non  così  vivo.  Onde  tra  le  Chiòcciole 
Feriate  hanno  meritato  luogo .  Portanfi  dal  Mar  Rodo ,  e  chiamanfi  dal  volgo 
I  f  ARAONIE,  forfi  per  additarle  Regali,  come  che  fole  tra  tutte 

le  Chiocciole  di  molte  corone  cinte  fi  vedono:  e  quella  voce  fignifica  Regale  « 
mentre  Faraoni  chiamò  l’ Egitto  i  fuoi  Regi . 

Tra  le  CHIOCCIOLE  PÈRLATE  alcuni  ripongono  le  CONCHE 
EMVLE  DELLE  NAVI  nella  Figura,  e  delle  Perle  nel  colore.  Ma  perche 
quelle  fe  ben  convengono  nel  colore  con  quefte  Chiocciole,  ne  vanno  pofeia 
differentilfime  nella  configurazione ,  molto  più  Amile  a  quella  del  primo  Nauti- 
lo  del  Filofofo;  quindi  tra’  NAVTILI  fi  fono  collocate,  come  quelle,  che  da 
gravifsimi  Autori  fono  giudicate,  la  feconda  fpczie  di  Nautilo  delmedefimo  . 
Ivi  dunque  deferitte  fi  trovano 

11  Le  CONCHE  PERLATE,  che  l’Oceano  tributò  al  noftro  Mufeo.  E 
quefte  mi  riducono  alla  mente  la 

12  CHIOCCIOLA  NAVTILITE  PERLATA,  che  fi  conferva  nella  fu- 

perbifsimaGaleriadel  Palazzo  del  Sig.  Marchefe  Cofpi,  tra  molte  cofe  fingo-; 
lari ,  ch’egli  lafcia ,  dopo  fua  morte  ai  Mufeo .  E  quefta  parrai  una  delle  più  bel- 
lecuriofitd,che  nell’ ampio  genere  delle  Chiocciole  habbia  prodotto  la  mara-; 
vigliofa  fecondità  della  Natura.  Pofciache  nella  figura,  grandezza,  c  colore 
fembra  per  appunto  un  Nautilo  della  feconda  fpezie,da  cui  però  fgombratc  fiano 
le  interne  pareti,  &  adeguata  la  poppa  nell’ altezza  alla  prora.  E  certo  a  prim2 
veduta  fi  giudicherebbe  razza  di  Nautilo,  come  fopraaccennofsi,  fe  la  Conca» 
oltre  Pdlere  molto  più  grofla  di  quella  de’NautiIi ,  non  fi  riftringeffe  da  due  lati , 
che  fi  congiungono ,  mediante  il  traverfo  centrale  affai  mafsiccio  :  e  non  moftraf- 
fe  nel  fianco  finiftro  il  Turbine  fuori  del  coftume  de’Nautili  (che  in  fua  vece 
hanno  la  moltiplicità  delle  interne  concamerazioni)  ma  confueto  delle  Chiocr 
ciolc  »  di  tré  fpirecompofto,  mancandovi  gran  parte  del  quarto,  ò  fiadel  maga 
§ior  volume ,  levata  da  mano  induff  riofa ,  che  lafciò  di  quel  Turbine  canto  folo, 
eh’ emulaffe  una  Chiocciola,  groffa  quanto  può  capirli  in  un  pugno,  e,  benché 
naturalCrfembraffe  aggiunto  al  rimanente  della  Conca,  cioè  alla  parte  più  ampia 
della  prima  /pira ,  così  lunga ,  larga,  e  profonda ,  che  fola  conferva  la  fimigilian- 
za  di  Nautilo  ben  grande ,  dalla  cui  poppa  fia  /lata  levata  la  volta ,  che  coprendo 
tutta laConca daquefta partcjcome quella, checontinuava  laprimacon  la  fe¬ 
conda  /pira ,  chiudeva  tutta  i’  apertura  della  Chiocciola  laterale  :  &  effendo  fia¬ 
ta  levata  ad  arte,  lafcia  a  così  raro  Teftaceo  la  figura  di  tanto  più  beila,  quanto 
più ftrana di  f V appendice d' um  Chiocciola^  come  potrebbe,  c  giudi¬ 

carli,  e  chiamarli  da  chi  meno  vi  ra/figuraffe  le  fattezze  proprie  d’altra  fpczie. 
La  fua  Conca  è  tutta  lifeia ,  da  un  laro  nell*  orlo  grolla  quali  mez’  oncia ,  di  fuper* 
fizic  non  in  ogni  parre  eguale,  facendo  alcuni  ondeggiamenti  tanto  più  vaghi» 
quanto  più  vario  è  il  cangiante  de’ fuoi  colori,  compofto  non  folo  del  candido 
delle  perle,  come  i  Nautili  della  feconda  fpezie  ,ma  dell’azzurro  del  Cielo,  del 
verde  de  gli  Smeraldi,  del  fiammeggiante  de’ Carbonchi,  di  tutta  l’Iride,  e  di 
quanto  alletta  Io  /guardo  nel  collo  delle  Colombe  non  candide ,  che  con  sì  bel¬ 
la  vaghezza. 

K  3 


1I£ 


dt  Lo»g,  C< 
20.  ft.  32. 
é"  16, 


Ctruf.  if. 
4« 


MM.  Petf. 
Aielie,  PJ, 
Sm.  83. 

Jd.  Ctruf> 


Z.  3.3.  Jf 
Tifi.  e.  3f. 


Pig*f.  nel, 
dt  cmgo , 


M  y  S  E  0  C  0  S  P.l  A  fi  0 

Vd  ripercojfi  rai  I'  Iri  <ornparte , 

C  I  (angianti  ( olori  intorno  fpxnde . 

Si  che  a  ragione  potrebbe  d’ effa  pronunziarli  ciò,  che  della  gonna  della  Fortuna 
cantò  l’Eroica  Mula  del  TalTo . 

hor  azzurra  f  &  hor  'vermiglia 
Direlìi,  e  fi  colora  in  guife  milieu 
SÌ  f  ’  huom  fempre  diverjd  a  fe  la  vede , 

^tantunque  volte  a  riguardarla  riede , 

Coti  piuma  taP  hor ,  ihe  di  gentile 
t.^yimoroj'a  Colomba  il  collo  cinget 
Alai  non  fi  feorge  a  fie  Hefia  fimile , 

Ma  in  diverfi  colori  al  Sol  fi  tinge , 

Hor  d'  ac  cefi  rubin  fembra  un  monile  ^ 

Hor  di  verdi  Smeraldi  il  lume  finge. 

Hor  infieme  gli  mefee ,  e  varia ,  e  vaga 
In  cento  modi  i  riguardanti  appàga. 

Se  più  collo  coi  melico  Battifta  nonle  ne  dieede,  che 
Del  Ciprio  Nume  a  la  Colomba  amante 
Scorna  del  collo  ameno  tl  vario  Ofite . 

Che  però  fu  convenevole  il  collocarla  lopra  ricco  piedellallo  d’argento  ditale 
arcihzio,  che  non  mal  li  direbbe 

che  vinta  la  materia  e  dal  lavoro , 

13  Vantailcolor  della  Perla:  sì  nell’ elternó,  come  nell’ interno  ancouna 
fpeziediCappaIunga,eli.fcia,daniuno,  per  quanto  m’habbia ollervato ,  de- 
fcritta  :  di  cui  tra’  Teftacei ,  che  Bivalvi  s’ appellano ,  fi  favella .  Ma  ritornando 
alle  Chiocciole  Ombilicate ,  parmi  da  non  tralafciare,  che  di  quelle  le  ne  trova¬ 
no  di  verfe  anco  fuori  del  genere  delle  Periate ,  delle  quali  nel  Cimelio  fi  vedono 
alcune 

,14.  CHIOCCIOLE  OMBILICATE,  LISCIE,  con  poco  turbine ,  di  gu- 
feia  grolla  ,ma  tralparenre,  con  la  lupetfizie  elleriore  di  color  d’ ocra ,  (parla  di 
macchie  candide ,  di  dentro  bianca,  con  qualche  millura  di  purpureo,  ò  piu  torto 
fi  inile  all’unghia  humana  ,  Nel  che  firalTomiglia  all’  ultima  Chiocciola  Ombili- 
cata , Lifcia dell’ Aldrovandi .  Dalla  quale  però  lì  feorge  differente  nelrello, 
per  non  elTere  lunga ,  come  quella ,  ma  più  tolto  rotonda ,  oltre  il  variar  di  colore 
neirefterno.  I coperchi  delle  quali  hà  del  verifimile  che  (ìano  quegli  Ombilichi 
di  Mare,chcaltrimente  fi  chiamano  Occhi  di  Mare,  ò  Fava  Marma,  elTendo 
quelli  ,e  nella  foftanza ,  e  nel  colore  firn igliantils imi  a  quelle. 

15  Diverfe  CHIOCCIOLE  CILINDROIDI,  così  chiamate  dalla  figura 
lunga,  erotonda  .  Alcune  giungono  alla  lunghezza  d’ un  dito ,  con  poco  legno 
di  turbine,  e  fono  più  larghe  nel  fondo,  che  nella  cima ,  con  figura  di  Pero  ,  ma 
bianche, e  talvolta  notatedi  punti.  Da  quelle  s’accrelce  vaghezza  ad  alcune 
Conche  Margaritifcre . 

«6  Due  CHIOCCIOLETTE  BIANCHE,  lifeie.  con  poco  fegno di  tur¬ 
bine,  che  quafi  nulla  moftrando  di  fuori  come  s’attorcano,  benché  il  loro  nic¬ 
chio  parte  s’inarchi ,  e  parte  fi  Ipiani , s’avviluppano  in  elfo  sì ,  che  non  pare  ,  e 
riefeono  limili  nella  figura  alle  Conche  Veneree  di  minima  grandezza,  alle  qua¬ 
li  pure  fi  conformano  nell’apertura  angufta ,  c  dentata .  Per  la  loro  bellezza  ,  c 
fingolarità  vengono  ufate  per  moneta  in  alcune  Provincie  dell’India ,  c  Ipectal- 
inente  ne’ Regni  di  Congo,  e  di  Tombuto  ,  per  relazione  del  Linkottano. 
Colgonfi  nelle  Ipiaggie  di  Loanda,  Ifolctcadcl  Rèdi  Congo,  la  quale,  come 

krive 


i/BRO  SECONDO,  CAP.  Xkll  115 

fcrivercruditifsimo  Padre  Bartoli,  e ,  non  la  miniera,  che  gli  dia  fol  la  materia 
informe ,  ma  la  Zecca ,  che  gli  da  battute  le  monete ,  che fole  fi finendo  no  nelfuo  Regno , 

17  Copiofe altre  CHIOCClOLETTE  dcirulomedelìmo,mapiùpicciole, 
e  più  turbinate,  lifeie,  del  colore  dell’  Onica,  variegate  di  belle  macchie  caltagni- 
ne,  e  nelle  eftremità  laterali  de’  loro  giri  vagamente  punteggiate  dello  fteffo  co¬ 
lore.  Di  dentro  fono  bianche,  e  trafparenti,  &  hanno!’ apertura  angufta,  lun¬ 
ghetta,  c  crenata  appunto  come  le  Conche  Veneree,  alle  quali  fono  fìmiglian» 
cifsime  ancora  nella  foflanza ,  e  nel  colore .  Hò  relazione ,  che  fi  fpendano  a  ra¬ 
gione  di  feffanta  per  bajocco . 

18  Ma  fe  tutte  quelle  Chiocciole  fono  ragguardevoli  per  la  varietà  sì  della 

figura ,  e  colori ,  come  della  patria  :  non  vanno  perciò  fenza  pregio  le  Tcrreftri 
più  communali .  Pofciache ,  oltre  l’ ha  ver  pollo  il  fondamento  a  tante  recond  ite 
erudizioni,  che  fe  ne  leggono  preflfo  l’ Aldrovandi  ,  è  da  maravigliarli  giulla- 
mente  con  Tertulliano,  come  tal  razza  d’animali  lenza  piedi,  od  annella  Ica- 
gliofe ,  nè  divincolaniento,  fi  muove ,  e  camina  con  folo  infaponarfi  la  (Inda  con 
quel  fuo  Spumante  Reptatu  ?  Onàciwono  ài  Greci  chiamate 

cioè  caminanti  per  humtda ftrada ,  come  in  quel  verfo ,  che ,  al  riferire  d’ ntcneo,' 
folevap*'op®’’ù>^^*Conviti  in  vece  d’enimma . 

"thtiytaiM ,  dreLKùifdor,  etreufiafes ,  vyponihfuò»: . 

In  Jylvts  nata,  fptms  carens,  exanguis,  humida  via  incedens  \ 

Il  che  fervi  di  principal  motivo  aH’enimma,  che  ne  fcrilTe  quel  Medico  Tedefeo, 
Bxojfis,  pedibus  cajfus ,  non  horreo  /finis  t 
,  Froque  oculis  implent  cornua  bina  vicem. 

Bxanguts ,  ^VA-^VA  incedo  traclu  illino  MVCCVM, 

Lethifer  eB  mihi  fai  hojlis ,  &  exitium. 

E  prima  di  lui  bave  va  maneggiato  quella  curiofità  il  capricciofo  Burchiello  da 
Fiorenza ,  quegli, c’hebbe  interprete  delle  lue  ofeuriflime  Poefie  quell’ingegno- 
re  del  Doni:  leggendoli  ne  gli  antichi  Poeti  raccolti  da  Leone  Allacci  quelli 
Puoi  verfi  fcritti  a  Battilla  Alberti . 

Baptifta  Alberti  per  faper  fon  mofo 
Dal  bel  poema  di  tua  rima  adorna 
S^al  fia  quell"  animai ,  che  porta  corna. 

Et  non  ha  moglie  \  ne  nel  fuo  corpo  ha  ofiio. 

Ella  bucha  in  che  fugge  porta  addojfo 
^^ando  per  violarlo  alcun  la  torna 
Et  ogni  Leofante  fi  ne  feorn* 

Veggendoli  una  cuppola  adojfo . 

'He  frucliferi  liti  ufet  di  Bacebo 

E  quando  arrabbia  divora,  e  pratefi 

Chel  drogho  in  cipri  non  fe  mai  tal  macche . 

L’ uno ,  c  r  altro  de’  quali  cnimmi  fù ,  per  mio  credere ,  cavato  dalla  definizione, 

che  ne  lafciò  Teucro  prefs’ Ateneo,  cioè  che  la  Lumaca  fia  ‘ 

ZZof  SafiV ,  àraKeivSo»',  àroOiov ,  oVpd-Ko'reTav ,  5 

0’'y.[ia,Ta.  t'  inauTrorrit ,  wpoi/.nKtct,  k'  dtOKvirriVTo-,  .  •  ■..xi" 

CosìtradottadalGiraldi  .  .  .  ' 

Èxos  eB  animai  pedibus  fine  ,  &  fine  fpinisi  r.  •  .  :  • 
Tefiea  terga ,  oculos  producens,  atque  recondens . 

19  E  tra  quelle  particolarmente  è  memorabile  quella  Chiòcciola  Bolognefe 
la  quale  mentre  con  la  cervice  tefa  godeva  la  benignità  de’ raggi  Solari,  moi  fi¬ 
cata  da  una  Sèrpe,  ritirandoli  in  un  tratto  nella  lua  gufeia ,  fcco  traile  il  capo  del 

—  -  -  ^  K  3  ferito-! 


PBart.Rie'. 
del  Sav.l.i 
e.  II.  in  f. 


L-i-deTefi, 

C.i9- 

Termi,  de 
étmmàc.io. 


L.  i.c. 

(  * 


AdrI  /un.' 

A.D.anigì 

zS. 


Cornei.  Af- 
fa/,  in  Bi- 
bliet.  jipref, 
P.l.f.lJSi 


T.  l.,F*i75r 


Lee.  di'. 


Gyr.  in  UH 

ijEnigm. 


F.  hoc  tpig. 
Ad  calcem^ 
fotmAtum 
Io,  Canditi» 
pht.quA  pra. 
lo  nuper  fub» 

jeciefui  • 


i 

Z.  j.Facet. 
&  DiSer»6t 


In  Sufant 
V.  474* 


■  ^  -  \ 


114  M  y  S  E  0  C  0  S  PI  A  N  0 

feritore  >  che  non  ne  bave  va  per  anco  rtaccacoi  denti,  e  vi  moti  foffocato ,  mcntr‘ 
ella pe’l  dolor  deJla  piaga,  e  forfè  più  per  Io  veleno , finì  di  vivere,  non  invendi¬ 
cata  .  Il  qual  fatto  fù  oilervato  da  un  Canonico  di  S,  Sai vatore ,  chiamato  Aure¬ 
lio  da  Bre/cia,  che  però  tra  certi  Epigrammi  indrizzati  a  Francefeo  Bovio ,  quali 
predo  di  me  conlervo  manoferitti  ;  per  publicarli  con  altre  Poefie  di  diverli ,  che 
fi  ttovano  nelle  mani  de’  Revifori ,  ne  lalciò  quella  memoria . 

De  cafu  Bonenia  obfervato . 

Roranti  coluber  fajfim  dum  volvitur  herba  ^ 

Interimit  Cochleam ^  qua  tamen  ulta  necem, 

•  Namque  malum  fenjit  cum  dentis  ,  inhorruit  in  fe 
Occultans  hoHis  cauta  ^  fuumque  caput, 

Sk  ambo  obnixa  vice  dum  luctantur ,  adempti 
tueris  hic  caufa ,  vulneris  illa  perit , 

Deferive  il  medcfimo  fuccedoanco  il  P.  Ippolito  Gradetti  Gieruit3,fpecìficando 
che  quella  Serpe  fulTeuna  Vipera,  col  farne  quello  leggiadrilfimo  racconto. 
Vipera  Cochleam  in  Sole  apricantem  tenaci  morftt  apprehendit:  at  ptrCochleatn^ 
eandem  in  J'uas  illi  co  fe  recipientem  latebras  abrepta  capite  tenus ,  ibi  cogitur  mori , 
Solem  exporrectis  blande  dum  libat  ocellis 
Cochlea  y  cognata  bacula  pigra  cafa, 

Rella  fibi  4  gemino  rata  furiere  Vipera  cornu , 

Emicat  y  totam  concit  in  ora  luem. 

Mox  irarum  agmen  praportans  y  dentibus  urget 
Praliay  in  imbellem  pralia  inepta  feram. 

fe  fe  y  infixumque  fbi  fub  cornea  cafra 
Hofem  adigens  y  urnam  viEtayfed  ulta  y  dedit. 

Rideo  Parthorum  ingenium  ,  f  Cocffea  inermis 
Sola  hodem  didicit  contumulare  fuga, 
io  Non  così potevadirfidi  queliaChiocciola  ,  che  Icntcndofi  unaZanzara 
volar  ali’ intorno,  l’ impali  ri  con  le  corna,  ma  nello  (ledo  tempo  ne  temè  tanto  il 
fuoncjche  diede  ridicola  materia  a  quell'  apologo  riferito  da  Colmo  Anifio . 

In  Cochleam  armatus  Culex  ,  timuit'  tamen 
A  fronte  fpicttlum  duplex  y  dr  Cochlea  ^  ■  ' 

Vocis  fono  horrendo  pavida  fe  continet , 

Rtfere  nemoris  Diiy  deaque  hlanduU, 

Ma  di  quelle  a  baltanza,  per  poter  dire  coi  Marziale  della  mia  Patria  Giulio 

T ar digradai  Cochleas  y  domiportas ,  '< 

De'  Bivalvi t  e  prima  dello  Conche  Margarini ffT^» 

Cap.-,^  XVIII. 

«  '  *  f  J  ;  *  C»  .. 

f  Hiamanfi  Bivalvi  tutti  i  Tellacci  di  due  Conche,  come  le  Oftficbe,  c  fi- 

mili,rra’quaIifenzadubbiomeritail  primato  la  Madrcperla,  che  pro¬ 
priamente  fi  chiama  Conc  a  Margaritifer  a .  Il  qual  nome,  ancorché  da  taluni  ven¬ 
ga  attribuito  a  tutte  quelle  Conche ,  le  quali  nei  colore-  imitano  la  Perla ,  come 
alcune  fopradeferitte  ;  qui  nuliadimeno  lolo  di  quelle  s*  intende ,  in  cui  di  purif- 
fima  rugiada ,  come  vuol  Plinio ,  ò  più  tolto  di  fugo.,  che  s’àmpiecridc ,  come  ben 
dilcorte  Anfelmo  Boetio ,  fi  generano  quelle  beJlidimc  GeiTini?  *>che  per  i’in- 
comparabile  loro  vaghezza  meritarono  di  lìmboJeggiare  il  Regno,  de!  4^ 

predicarli  materia  lucididìma  delle  terfilfimc  Porte  delì’)ejt.«rn,a,GicTulajunmc. 

^  A  f 


ÌLim.  UArìU 
Son‘  20. 


Della  Case. 
C.5.44* 


Ll^tO  SECONDO,  CAK  Xmil  ilj 

Al  che  par  che  alluda  l’ Eroica  Mula  del  Conte  Girolamo  Graziani  nel  Colobo 
Sacro,  dicendo 

Hor  voi  del  ricco  Mar  Conche  fregiate  f  24.' 

che  a  i  tefori  del  Ciel  crefcete  il  vanto . 

^  Sono  quelie  Conche  grandi , tutte  lifcie  di  dentro  (  benché  ineguali  )  e  del 
vi  viifimo  color  delle  Perle,  con  moderata  cavità,  di  foftanza  denfa,  &di  figura 
EmilialleConchePettini  ,conl*efternafuperfizie  fofca,  ekabrofa,  per  cui  le 
chiamò  il  RondelezioiJai^iy^.  Ven'hà  divariagrandezza e  le  maggiori  naf- 
cono  nell*  Oceano,  ov'  è  fama  eHerne  Hate  pefcare  di  quelle ,  che  pelavano  po¬ 
co  meno  di  cinquanta  libre.  Il  gufcio  delle  quali  ben  poteva  coi  Marini  chia- 
Uiarfi  .«  ■  ■  —II»  ■  '  '■  quafi  un  pargoletto  'fcoglio 

Ter  durijfimct  fcorz,a  afproj  e  fajfofoy 

— —  »  e  di  fc agite  rigide  j  e  nodofo , 

Onde  con  ragione  il  Mdeno  del  Valvafone  ritornato  dalle  Indie. 

De'  Conchili  dicea  mirabil  cofe , 

Spianto  era  il  pefo  ^  e  la  grandez/^  loro. 

Onde  trahe an  le  ferie  frez,iofe, 
che  ogni  una  per  fe  fola  era  un  tifar 0, 

J  Le mcdefime Conche  perlopiù  lervono  d’ornamento  a  gli  utenfigH  p'ù 
nobili,  ne’ quali  vengono  incaftrace  con  beliiflìmo  artifizio,  come  nei  piedelìaU 
lo  della  Chiocciola  Rugofa  Maggiore  foprade/crirta ,  e  nella  Saliera  di  Goa ,  che 
tra  leCofeArrifiziali  di  quello  Mufeo  fideferi  vera:  ■&  in  quella  Galea,  di  cui 
rEpicaMufadiSigifmondo  Boidoni  Milanefe.  .  .  ’ 

De  le  fegate  Conche  ,  onde  i  hei  parti 
.  De  le  ferie  Natura  a  noi  produce  - 

Splendon  de  la  Galea  tutte  le  parti, 

Ond'  effa,  come  gemma,  al  Sol  riluce . 

4  La  carne  loro  nell’  India  ferve  di  cibo,  come  predo  di  noi  quella  del  le  0(lri> 
che.  LeOrientali,ema(nmeIePerfiane,edelMarRo(Tohannoilvanto  di  pro¬ 
durre  le  Perlepiù  preziofe,  perche  più  grolle,  più  tonde,  e  più  lucide;  e  perciò 
molto  celebrate  da*  Poeti  ,  come  dal  Marziale  Cremonefe  Giulio  Grotti  in  que' 
verfi  della  vanità  di  Rufoio . 

Non  ohfer^t  in  ^aureis  tot  urceis 
Arahas  heatos ,  aat  Sabaos  divites 
Non  .Vniones  rofeidos  rubri  Maris, 

Non  G angis ,  aut  Iapidis  nitelUilas , 

Et  altrove  di  Perilia.  ^  v  . 

Micantibjts  nitentior  lapillulis, 

Erythra  dives ,  quos  Mare  aut  rubrum  parit , 

Sabaus  aut  beatus ,  aut  Arabs  legit, 

E  dal  noftro  Piccinardi  j  Ove.cantò .  ^ 

Perle  elette  del \Mar  lucide  Stelle 
Ti  die  fra  lidi  Eoi  fiutto  ondeggiante . 

£  nell*  Iride  Poetica . 

Fert  quk  nivales  Margaritum  globos 
Remota  Tethjs,  qua  Pyreira  \ubet  , 

Aurora  lunonis  recefus 
Nubivago  peragrare  curtu. 

Co*  quali  merifad’ edere  citata  la  nobii  Mula  di  Maddalena  Salvetti  Acciajoli 
eruditiflìma  Dama  Fiorentina,  che  in  un  fuo  libro  di  fiorite  Poefìe  Tofcancin 

lode 


Caduta  de' 
Long<ib.Ctji 

13S.  ’  ' 


11.& 


Fetf.  P,  X,' 


Ode  12. 


CUud. 
uichtUin,  fm 
mtht  63. 

iPi.l.9.e.35- 


f4j.  a. 

JFisr.  1. 1, 

ef.  18. 

^mbl,  77. 


Verm.  l.  ir 
ftSì.i, 

r.i9>f«izo. 

Hymn.  im 
£uchar$^, 
S;  ^^4« 


K  &  hot 
fr^im.  cum 
cettr,  e}u/dè 
^utcris,  sd 
CAlctm  Por, 
matum  lo^ 
Candulphi  1 
me»  curà 
^er  editto. 


tl6  M  V  S  E  O  ro  S  P  l  À  o 

lode  delia  Sercnifsima  Criftina  di  Loreno  Granduchella  di  Tofeana ,  comtnuni- 
catomi  dalla  cortelia  del  gentiliflìtno  Antonio  Magliabechi»  notò 
Quando  /’  Orientali 
Perle  di  fingo  in  carte. 

5  Tra  le  Perle  di  quelle  parti  furono  giudicate  di  prezzo  ineftimabile  quelle, 
che  prigioniere ,  c  prigioni  de  gli  orecchi  di  Cleopatra ,  piu  di  lulTo  le  accrebbe- 
.  ro  di  quanc’  altre  mai  difplendori  Icmpre  Orientali ,  perche  non  tramontanti , 
*n  un  luminofo  Zodiaco  le  cinlcto  il  collo.  Avvegnaché  d’elìe 

Quella  Perla  fatnofay  onde  fon  conte 
Le  gran  Cene  d'  Egitto  in  sii  le  carte , 
ftcraprata  in  bevanda  a'Marco  Antonio ,  ut  experiretur  in  gloria  palati  quid fetpe^ 
rent  Margarita  3  come  dice  di  Clodio  Plinio ,  lo  fece,  con  miglior  lortuna  di  Li- 
fimaco, bevete  un  Regno  in  un  (orlo,  come  inferì  la  Mula  Gigante  di  Filippo 
Ottani  ne’  Pigmei  Canori ,  ove  lodando  D.  Antonio  Mufcettola  non  men  nobile 
perfangue,cheper  lettere,cantadiqucl  Romano,  che 

La  valuta  d'  un  Regno  al  labbro  efpofe . 

11  che  fervi  di  corpo  di  Ipiritofo  Emblema  a  Paolo  Macci,  che  per  provare  che 

Stultitiam  patiuntur  opes. 

cantò.  Romano  Cleopatra  Duci  convivia  prabenst 
laciet  barbaricas  ut  fine  more  dapes  3 
Diluet  3  infgnem  baccamque  exor  bel  aceto. 

Stultitiam  immenfa  fic  patiuntur  opes  ? 

6  Nè  fon  men  giovevoli  al  corpo  humano  prclcritce  dalla  Medicina,  di  quel* 
Io  lìano  vaghe  per  adornarlo ,  polciiche  le  ne  iabricano  generolì  Contraveleni , 
e  Cordiali  potentilTirai ,  come  Ipiegò  il  noftro  Vida  ne  gl’inni ,  con  dire . 

-  ■  —  veluti  gemmaque  ^  aurumque  medentur 
Corporibus  fape  affèciis ,  rnorbifqtte  redfltinty 
Non  qubd  ex  Jìoniachi  rapido  concoda  calore 
.  •  Paulatim  fe  fe  Unguentum  in  vifeera  vertant, 

^  Sed  quia  vi  quadam  infpergant  admota  Utenti 

Latitiam ,  dulcique  hi  Urent  pr  acer  dia  motti , 

E  più  diffufamente  non  molto  dopo  l’efprefle  Marcellino  Poeta  Genovefe  (di 
CUI  nonhò  potuto  pefeare  il  cognome ,  benché  fiorile  nel  fine  del  Secolo  palla¬ 
to)  in  un’Elegia  .della  quale  me  ne  trovo  un  frammento  con  altre  Poche  mano- 
fcrittedel medefimo.  Ne regiftro qui  la fudetta reliquia,  sì  perche  cade  apro- 
pofito ,  come  perche  retti  memoria  dell*  Autore ,  che  sfuggì  la  diligenza  di  Raf» 
ìaele  Soprani ,  che  raccoUe  gli  Scrittori  della  Liguria . 

Marcellum  Ma\oranium  ,  Acerra  Epifeopum. 

De  Viribus  Margaritarum, 

Slu£  nitido  vires  Concharum  3  e  rore  lapillo 

sint  genito  3  paucis  3  candide  Prafuf  habe , 

Sed  prius  in  terris  quibus  enafeatur  3  habendum  % 

Ne  fecus  in  pretiis  decipiar  e  fuis , 

"Barbarus  Occiduus  le^it  hunc ,  legit  Indus  Eous , 

Stant  prima  partes  3  indice  3  jure  tibi. 

Nunc  quas  indiderit  virtutes  lupiter  illi , 

Accipe.  Cardiaces  3  Synropicofqae  '\uvat . 

Spirituum  objlrudofque  aperit  Gemma  alba  meatus , 

Pertentat  queties  pedor  a  maeror  tners , 
a -  ^ 


L  I  B  K/0  S  n  C  0  N  *D  0.  CAP.  XyUl  ti7 


Tum  geminum  JìBit  moribunda  in  corpore  fluxum. 

Seu.  laxum  egeSo  f anguine  fibra  micat. 

,  Seu  non  digeflis.  propere  que  fluentibus  alvus 

Mgra  cibis ,  homini  fata  fuprema  parat. 

Denique  t  fieu  torques  cor  fervida  febris  anhelum. 

Cogitur  hac  nocuus  linquere  corda  calor , 

Ha  vires  patulo  nsfc  entibus  aquor  e  gemmis, 

<^uas  dederunt  larga  Numina  diva  manu. 

Ha  vires,  Marcelle,  quibus  tamen  altius  eft  ,  quod 
Solerti, 

Sin  qui  il  mio  Frammento;  a  cui  fottofcrive  la  Moral  Mufa  d’ Agoftino  Coltelli¬ 
ni  Fondatore  della  Fioritiffima  noftra  Accademia  de  gli  Apatifti  » cantando  delle 
Perle.  Preziofa  Conchiglta,  ove  s*  afconde 

Gemma,  eh'  ogni  virtude 
Per  alti  fimo  influffo  in  fe  racchiude  \ 

7  EleMadri  di  quefti  parti  sì  belli,  e  si  utili,  come  fe  ne  csnofccflero  il pre¬ 
gio,  fe  s’accorgono  che  mano  rapace  loro  s’ accolti,  gelofe  delle  proprie  ric¬ 
chezze  li  riftringono ,  e  chiudono  le  loro  Conche  con  tanta  violenza ,  che ,  fe  vi 
colgono  chi  loro  inlìdia ,  con  la  tagliente  eftremirà  fe  ne  vendicano ,  ai  dir  di  Pli¬ 
nio ,  che  fcrifle .  Concha ,  cum  manum  videt ,  comprimit  fe  fe,  operitque  opes  fuas 
gnara  propter  illas frpeti,  manumque ,  fi proveniat ,  acie  fua  abfeindit,  nulla \ufliore 
pena ,  &  aliis  munita  fuppliciis .  Onde  1’  Abbate  Certani  »  favellando  di  Sufanna 
ebbe  a  dirne 

Sue  vaghezze  nafcende  ,  e  qual  Conchiglia, 

Ne  Ia  Cafa  fi  chiude,  e  cosi,  rende 
La  fua  Perla  ficura,  e  la  difende. 

Il  che  pur  fanno  altri  Bivalvi ,  come  l’Oftrica,  in  cui  ftimando  di  banchettar  lau¬ 
tamente  ,  vi  trovò  la  prigione ,  la  morte ,  e  ’l  fepolcro  quel  mifero  Topo ,  di  cui 
fi  leggono  i  féguenti  verlì  d’ Antifilo . 


Rime  S aero 

fai.  IO. 


L.f.e.ss* 


Sufan.C.t» 

S. 


Vl<t[i<^dyoe  èpTVTUf  KttTd  hvyyoNfas  ftwf 

OV/ieap  clSpti'ffttt  , 

Tldyavoff  fitpoia  va'òUu  ai’J'et'^a.ro  ffapHA.  ^ 

AvjÌkcl  o'^pUKCHf  ivAttraytiffi 
Apfio'v^ii  t'ftweua-ir .  e  f' -if  KheiSipoiair  a'pu'KT.ir 
,  cturof^rar  virata,  ianaaru'atbT»  . 

Gli  traduce  l’ Alciati ,  fpiegando  quell’  Emblema  contro  i  Golofi , 
Regnator que  penus  ,  menfaque  arrofor  herilis 
OBrea  mus  fummis  vidit  hiulca  labris . 

^ueis  teneram  apponens  barbam  ,  fai  fa  offa  momordit, 
kMJI  ea  clauferunt  taci  a  repente  domum* 
Deprenfum,  dr  tetro  tenuerunt  carcere  furem, 

Semet  in  obfcurum  qut  dederat  tumulum. 

Ma  più  diffufamente  Cofmo  Anilìò. 

forte  liguritor ,  penoris  fur,  Lychnivorus  mus 
In  teilam  laxis  faucibus  inciderat. 

Ilicei ,  ingluvies  qua  immenfa  animantis  ,  apertam 
In  prodam,  ac  promptam  fe  rapit,  ac  penetrat* 

Vt  pulpamentum  perHrinxit  dente  maligno. 

Spondylus  obduxit  claufira  retenta  fibris. 


Anthel.l.t. 


fmbl.  #|. 


£.  i.Epig^ 
eGr.eenv. 

33. 


'L.  i<  tfiir, 

52. 


Cétmer,  Ceti 
4.  Bmbt,69. 


Bìigr.iìi. 


Muf. 

ff.7. 


CÌM.i?.75. 


TaS-Girn/. 

C. 

L.  Lti.  A- 
irtomél.  V, 
UT. 


ilS  M  r  S  E  O:  e  O  S  P  l  A(N  0 

sic  mifer  in  dulci  'ditHtfit  Mufculus  efca 

Infelicem  animam ,  é"  nunc  Stygis  mtfa  colit , 

Più  fiorita  però  niifembra  laparafrafi,  che  fen  hà  prcfio  il  P.  Ippolito  Grafl'ctti 
Giefuita.  Diduclis  attrai  dum  combibit  ofirèa  dauUris  ^ 

Mus-amat  ih  latam  furta  'marina  '  dapem , 

Intimus  ore  atidel  pmdam  tentare',  fed  olli 
Vltrix  obfrilio  carceft  fata  parat  '.  ‘ 

Mace,  pone  fori  decus ^  uni  fi  ollrea  furi 
•  EU  Carcer ,  ludex  ^  Lici  or,  ^  Vrha  fimul, 

II  che  fervi  d’  Emblema  contro  gl’  Ingordi  a  chi  cantò . 

Ojìrea  Mus  petulans  a'&ido  confumere  dente 
T>tim  cupit,  ecce  refert  'pramia  digna  guUr 

8  Ma  più  curiofoefempio  della  Gola  delufavieiì  fomminiftrato  dall’afluzia 
di  quella  Matrona  ,  che  accorcafi  efferle  Itati  rubati ,  mentre,  dormiva,  alcuni 
vezzi  di  grolle  Perle ,  da  un  Servidore ,  che  negava  il  furto ,  lìcuro  che  non  fe  gli 
poteffe  trovare addoITo  per  haverle  inghiottite:  dubitandone  ella,  Con. una  in¬ 
venzione  da  Efopo ,  Io  sforzò  a  trangugiare  una  Medicina ,  che  palefando  il  fat» 
to,  diede occafione  ai  fopracitato  P.  Gradetti  di  fcriverne  quclti  vcrlì . 

Gemmarum  in  Jlomachum  trajecit  furta  Rapaldus , 

Sopita  collum  queis  viduavit  hera, 

se  vigil  hac  fenfit  pompa  ut  conchylis  inanem. 

Colli  y  inquit ,  pretium  redde  ,  Rapalde ,  mei . 

Haud  ego ,  fed  reddat ,  qui  clepfit  furcifer  ,  ah  me  -» 

Sic  nitidum  infufeas  fava  ?  Rapaldus  ait. 

Succe  filli  unus  thalaano,  tonat  illa,  neque  orbes 
Occulis  aut  pera ,  aut  vefte  ,  Rapalde  ,  meos . 

Te  facit  infantem  ingluvies  \  mea  dona  vorafi; 

Exploratorem  ferto  ,  Galene ,  Scyphum  . 

Hac  ubi  dtHa,  aloes  jufus  liquor  exta  pererrat, 
dominafque  refert  furta  Erythraa  manus. 

Plus  utra  mentis  habet,  Cleopatra ,  an  Lilia?  fuorum 
Vi  laticum  gemmas  hac  parat,  tlla  liquat. 

Delie  Conche  Madrjdi  si  vaghe  pompe  della  Natura  vanta  ii  Mufeo 

9  Due  CONCHE  MARGARITIFERE  di  due  piedi  di  circonferenza,  e 
d’ un  palmo  di  diametro,  con  gli  Embrioni  delle  Perle.  E  quelle  non  polTono 
effere  che  fingelari ,  mentre  fono  di  quella  grandezza ,  che  per  cofa  rara  fù  nota¬ 
ta  dal  Vormio  in  una  fua  Conca  di  quella  Ipezie.  Onde  forfè  non  s’ingannereb- 
be  chi  le  credeffe  figlie  dell’  Oceano ,  come  quelle,  di  cui  cantò  la  mentovata  Sai» 
vetri  Acciajoli  nel  fuo  Davide  Perfeguitato  Poema  Epico  partecipatomi  dalla 
gentilezza  del  Sig.  Magliabechi . 

tmimm.  . —  di  Conca  feconda  Indico  Mare 

perle  produjfe  sì  lucenti-,  e  belle, 

10  Diverfealtre  CONCHE  MARGARITIFERE,  pocominoridellefu- 
dette ,  le  quali  tutte  fi  manifeffano  legitime 

Conche  di  Perle  gravide,  e  feconde. 

mentre  alcune  di  loro  fanno  mollra  di  Perle  tonde ,  altre  de’  foli  abbozzamenti  : 
Onde  potrebbe  dirfene 

Inte'r  hac  Pacca  crebra  cfl  fatura  rotunda . 
ed  in  tutte  la  bellezza  minore  fi  c  la  naturale ,  effendo  nel  campo  argentino  tera- 
peftate  di  varie  pietre  preziofc,che  le  ingeramanoj  vantando  non  folo  il  candore 

delle 


L  l  B  R  O  S  E  C  0  n  ù  0,  CAP,  XPlll  119 

delle  proprie  Perle ,  ma  la  chiarezza  de’  Topazii ,  il  verde  de  gli  Smeraldi  »  l’ az¬ 
zurro  delle  Turchine,  Tinfocato  de’Coralli,  ildiafanode’CriftalIi,el*ofcuro 
de  L  ’  Agata  tinta  in  macitlofa  nota . 

oltre  l’ elTere 

ni  nicchi  ornate  di  Marine  Conche 
^ual  candida .t  qual  ferfa,  e  qual  vermiglia  ^ 
come  che  pompeggi  in  effe  una  bella  varietà  di  Porporine,  Turbinetti  ,  Con¬ 
chiglie  minori ,  Conche  Veneree  della  terza ,  e  quarta  fpezie  del  Rondelezio ,  e 
delie  minime  dell’ Aldrovandi ,  Ombilichi  di  Mare  ,  Chiocciole  Faraonie, 
Orecchie  Marine,  &  altre  curiofità ,  che  non  tutte  in  tutte ,  ma  compartite  allet¬ 
tano  a  contemplarle  gli  occhi  de’  riguardanti ,  e  là  mente  a  cantarne 
Cedan  l' argentee  Conche  a  i  Tìifehi  loro . 

n  Due  CONCHE  MARGARITIFERE  lavorate,  e  commeflc  ne  gli 
Spondili  in  maniera  che  compongono  un  nobililfimo  nappo,  foftentato  da  leg¬ 
giadro  picdeffallo  di  ebano . 

12  A queftemeritadifuccedere la  CONCA  LVNGA,  LISCIA  ,  e  PER¬ 
LATA,  che  così  può  chiamarli,  mentre  non  effendo  larga  più  che  duedeta, 
n’eccede  quattro  di  lunghezza ,  e,  tutta  polita ,  sì  ncll’cfterno  , come  nell’  inter¬ 
no  fa  vaga  pompa  del  preziofo  color  delle  Perle ,  anzi  d’ alcune  di  loro  è  ingio- 
jeilata.  E  di  quella  force  di  Bivalvi  non  trovo  chi  ne  faccia  menzione,  fe  que¬ 
lle  non  fuffero  le  Conche  argentine  accennate  da  Eliano ,  ove  notò ,  che  le  Capfe 
Marine/hno varie ,emoltiplici:  altre  afpre  taltrelifcicy  altre  che  tra  le  detacom- 
frejjè/t frangono ,  altre  che  appena  fi  rompono  a' colpi  di  fafo\  alcune  d' ejfe  fono  ne¬ 
ri  fime,  altre  paiono  emular  t  argento  nel  colore  t  altre  de'  due  efiremi  colori  milii 
fan  pompa . 

Belle  Pinne.  Cat.  XIX, 

a 

I  ^Onole  Pinne  del  genere  de’ Teftacei  di  due  valve,  &  hanno  figura  quafi 

,0  fimilea  quella  de’ Mituli,  fe  non  che  la  loro  parte  più  ftrettafinifcein 
acuto ,  e  con  quella  nell’  arena ,  ò  nel  fango  Hanno  fitte .  Hanno  la  Conca  di  fuo¬ 
ri  alprar,  di  color  folco  , dentro  verde ,  argentino ,  fe  fia  d’arena ,  ò  gialliccio ,  fe 
difangoj  elafuperfizie  da  quella  parte  lilcia:  in  cui  talvolta  fi  trovano  delle 
Perle  ^ma  di  poco  prezzo .  Neifondo  trafmettono  da  un  lato  un  fiocco ,  che  dal¬ 
lo  Stagirita  fu  chiamato  Billo,  con  cui  fono  Hate  credute  tirare  afe  ilcibo.  Per 
quellicapillamenti,'che  fembrano  di  lana,  la  Liguria  le  chiama  Pinne  Lane. 
Stannofempreficteàn  un  luogo,  e  fe  vengono  fmoffe,  Tuuojono,  quando  non 
fianofipolle  nel  médefimoluogo;  e  perciò  il  Filofofo  dubitò  non  fuffero ipiù 
tolto  Piahtejche.'Animaii  più  nobili;  Il  Rondelezio  feri  ve,  che  al  più  giungo¬ 
no  alla  lunghezza  d’ un  cubito ,  e  nota  per  cofa  rara  1’  ha  verne  veduto  una  limile 
in  Roma .  Di  molto  maggiori  però  ve  ne  fono  in  quello  Mufeo ,  come 

2  Due  PINNE  lunghe  un  braccio ,  e.mezo,  con  la  feorza  pelofa,  che  fem- 
bracuójo d’animali.  -.I  I.; 

3  vVaric altre  PINNE  ‘di diverfagrandezzarin  buon  numero,  tutte  afpreùél 
difiiocr,:corne  lifeìe  dldefitro . 

.4  Diverfe  PINNE  iSiCVLEATEi:  mainnghe  il  doppio  di  qu€lla,che  figu¬ 
rat’  Aldrovand  i la  quale  non  era  più  lunga  d*  una:  fpanoa  . 

BISSO  d’ Ariftotéle,  òfia  LANA  delle  PINNE,  di  color  leonato,  luci- 
dà  ve  così  molle,  che  imita  la  feta  più  fina .  Giovaa*  fordallri^  portandone  nel¬ 
le  orecchie ,  come accadutom’è  d’oflervare . 

■ 


Beld.  Cad. 
de'  Lctigeb. 

C.9.  J7. 

Frane.  Se. 
togn.Cefiàte 

C.5f  jj. 


Donnei. 
Poef.  Liric, 
Od,  tu 


L,  if.e.  12. 


L.^.de  Ttji. 
e.  76. 


Delle 


u  y  s  £  0  fospj^iNo 


txo 

Delle  Cmche  Coralline ^  ImhrieAtCt  Striate ,  Pettini,(^  altri  tii  alvV, 

Cap,  XX. 

«  O  Cherxa  in  alcuni  Bivalvi  la  Natura  di  modo, che  par  che  confonda  una  fpc-' 
U  zie  con  l’altra,  tutto  che  regolate  fiano  quelle  (uc  bizzarrie,  delle  quali 
non  è  r  ultima  la 

2  CONCA  CORALLINA  ECHINATA,  cosi  detta  perche  di  fuori  è  del 
piùintenlo  colore  del  Corallo  rollo,  con  aculei  dilpoRi  in  tante  file  ,  lunghi,  e 
groffi  ,ma(lime  verfo  l’ cllremità ,  e  porolì,  come  il  Corallo ,  di  maniera  che  lem* 
brano,  ò  Conca,  che  divenga  Corallo,  ò  Corallo,  che  figurili  io  Conca  .  Nell’ 
interno  è  bianca  come  il  marmo  candido,  e  lifeia,  e  perciò  lucida  coi  lembo 
purpureo,  per  cui  d’ ella  può  cantarli  col  gentiliflimo  Domenico  Chiela. 
jtnthr.  Be-  Purpureifque  nitet  lucida  Concha  labris . 

thitBi.Efti.  E'queft’  orlo  tutto  Icanalato ,  come  nelle  Conche  Pettini ,  alle  quali  pure  è  limi¬ 
le  nelle  due  ale ,  òliano,  com*  altri  le  chiama,  orecchie,  che  fono  eguali.  Ne 
figura  alcune  il  dottiflimo  Aldrovandi  ;  ma  quella  è  in  parte  differente  da  tutte 
quelle ,  havendo,  non  Tuberi,  come  nella  Corallina  ultima  di  quel  grande  Scrit¬ 
tore,  ma  de  gli  aculei,  comes’ è  detto:  e  quelli  non  lenza  ordine,  come  nella 
Corallina  alpra  del  medelimo,  ma  dilpolli  in  lunghe  file,  anzi  loprapoftiTun 
r  altro,  &inlìemefcavati  di  lotto,  come  le  tegole.  Onde  potrebbe  parimente 
chiamarli  Conca  Corallina  Imbricata.  Se  ne  trovano  ne’nollriMari,  ma  affai* 
di  rado .  Nè  meno  mirabile  di  quella  nella  llruttura  fi  è  la 

5  CONCA  IMBRICATA,  cosìdetta,  pofciache  nel  di  fuori  cdiRintaa 
guifa  de  gl’  Imbrici ,  gli  uni  a  gli  altri  loprapclli  in  tanti  ordini  lunghi .  Ne  ac¬ 
cennò  varie  Ipezic  Plinio  ;  delle  quali  alle  ondeggiate  può  ridurli  quella  del  no- 
llro  Muleo,  che  è  grande ,  ma  pm  larga ,  che  lunga ,  Icanalata ,  e  nell’ambito  in¬ 
feriore  laciniata ,  tutta  nel  di  fuori  Icabi  ola,  di  color  di  marmo  bianco ,  ma  fpar- 
fa  aonde  di  vaghiffime  macchiette  roffe ,  come  pure  all’  onde,  che  s’ alzano  l’un  a 
fopra  l’altra  fi  raifomigliano  le  di  lei  ineguaglianze.  Didentro  è  rutta  lilcia  ,c 
£.  I  c.  i8.  luogo ,  che  occupava  la  carne ,  e  candida  più  verfo  Tellremità .  Và 

differente  da  quella  Conca  Imbricata ,  che  figura  il  Rondelezio ,  effendo  quella 
nella  luperfizieclleriore  compolla  come  di  Icaglie  tonde  loprapollel’ unaalPal- 
tra  ;  e  quella  più  tollo  fatta  a  onde  fopra  Icorrenti ,  con  tante  rilevature ,  c*  hanno 
proporzione  di figuracon  tutta  la  Conca,  come  s’ella  falle  compofta  di  tante 
piccioliffime  Conche  della  roedelìma  Ipczie.  E'fimilmente  diverfa  da  quella, 
che  figura  il  Mofcardi  nel  fuo  Muleo,  cflendo  ellafparfa  di  Icaglie  triangolari . 
Le  più  limili,  che  a  quella  offervo  nella  configurazione»  fono  due  Concho 
Imbricate  d’infolita  grandezza,  come  quelle,  ch’eccedono  due  cubiti  di  cir¬ 
conferenza,  le  quali  per  miocredere  fono  il  più  ragguardevole  ornamento  di 
Mare,  che  fi  vede  nella  vaghilfima  Fontana  del  Palazzo  habitato  in  Bologna 
dal  Sig.  Marchefe  Colpi ,  degne  veramente  d’ effere  mentovate, 

4  Lungo  pofeia  di  loverchio  farebbe  il  deferivere  minutamente  tutte  le  altre 
CONCHE  BIVALVI  di  quello  Mufeo,  c’hanno  più  dell’ordinario.  Cornei 
PETTINI,  c  le  CONCHE  STRIATE,  eie  FASCIATE  diverfamente.  Tra 
le  quali  ve  n’  hà  di  limili  a  quella  Conca  Striata ,  e  Fafdiata  ,che  deferive ,  c  figu¬ 
ra  Ovidio  Montalbani  nel  Libro  intitolato  di' Collegi  delle  ArtidiBom 

Ugna ,  pag.  97.  e  nelle  lue  Cure  Analitiche ,  pag.  3  3.  Della  quale ,  perche  bave- 
va congiunte  alcune  Cappctte  lilcie  mirabilmente  natevi  fopra,  mi  fovviene 
d’ bavere fcheizato con  quelle  parole. 

Eji 


LIBRO  S  B  C  0  N  DO.  CAB.  XX.  aii 

EJt  quoque  /trtjlitas  fuxofis  plurima.  Conchis., 

^t*ed  Mure  in  bis  tranet,  num  Cyfris  alma  dedit. 

5  i^Ied*  è  crà  le  Conche  fudecte  da  tacerti  una .  che  da  un  latoi olo  ECHIN  Ar 
TA  ti  vede»  a  fimigiianza  di  quella ,  che  per  curiofa  vien  figurata  dati*  Aldro-^ 
vandi .  Quella  con  alcune  delle  (udette  ferve  a  far  vaga  coronaalla  circonferen¬ 
za  piana  deirartitiz  iofo  coperchio  di  quella  gran  Chiocciola  Rugofa  »  che  ridot¬ 
ta  in  forma  di  leggiadtilfimo  nappo  altrove  s’ è  deferitta . 

De  gli  Fnivalvif  e  f  rima  delle  Conche  Veneree. 

Caf.  XXI.  ’  r 

C  .... 

X  A  *  Bivalvi  fuccedono,que’  Teftacei,  cheperclTered’unafofaConcapro- 
'  villi, Vnivalvi s’appellano,  e  lembrano  meno  lludiati  dallaNatura, 

tuttoché  quella  non  tialtata  meno  provida  nella  fabrica  loro,  che  de’ preceden¬ 
ti,  hivcndoatutti  proporzionatamente  alTcgnato  quegli  llrumenti ,  che  perù 
commoda  loro  vita  facevano  di  m&llieri.  Molte  Ipezie  fotto  quello  genere  li 
contengono,  tra  le  quali  partni,  che  meritino  di  precedere  le  Conche  Veneree 
non  tanto  per  la  durezza.,  quanto  per  la  bellezza  loro ,  e  per  1*  ufo;  a  cui  fervono 
cotUmunemente ,  di  dare  il  luftro  a  di  verlc  cofe . 

2  LE  CONCHE  VENEREE  <  come  prima  di  tutti  furono  chiamate  dal 
Rondelezio  )  fono  quelle  per  lo  più  ovali ,  ma  fchiette ,  che  nulla  mollrando  di 
fuori  come  s’attorcano  ,  da  ambe  le  parti  ti  raccolgono  in  le  RelTe,  come  com¬ 
pone  d*  un  piano foio  quati  rotondo  ,eofl  due  ellremità  infe  ripiegate ,  facendo 
quali  una  bocca,  co’ labbri  ellcriormenre  còsi  eguali,  e  Ilici  ^  che  fervono  per 
dare  il  luRro  a  più  cofe .  E  di  qtir^fle  par  che  s’ intenda  Marziale  in  quel  vedo 
Lavior-  0  Conchis .  Caliti  Cytheriacis , 

Sciltegaifo  in  queir  altro.^  V.; 

Interdum  legimtts  Paphias  è  Littore  Conchas,  • 

g  E  forti  hebbero  taldcnomihaiionc  non  tanto  per  la  bellezza,©  per  la  Patria 
loro  commune  a  V enere ,  che  pur  fingefi  nata  dal  Mare 

Con  le  Grazie  ftherzando .  e  con  gli  .Amori  . 

La  fué  Conca  roto  per  l*  Onda  Egea. 

quanto, perch’cfprinsqnotcoUefatteazcquella  parte, cui  predomina  il  Pianeta 
dello  fteflfo  nome.  Al  che  parimente  allude  riftorla,  che  ne  racconta  Plinio, 
trattadaMuziano,ilqualefdriire,cheincaminatafia  Gnidoia  Nave,  che  por¬ 
tava  gli  Ambafeiatori  di  Periandro,  il  Tiranno  di  Corinto, con  ordinedi  far  eoa 
barbarotaglioicndcreinabilialla  propagazione  del  genere  i  Fanciulli  nobili: 
ecco  nel  più'bel  correre  a  piene  vele  arreftòlfi  jn  un  fubito  l’Abete  volante;  e, 
cercatane  la  cagione,  vi  furono  ritrovate  fotto  la  Carina  attacate  molte  di  quelle 
Conche ,  le  quali  perciò  furono  dedicate  a  Venere ,  e  tenute  in  gran  venerazio¬ 
ne  da’ Gnidii  nel  famofo  Tempio  drizzato  a  quel  Nume  nella  loro  Città  .  Al  che 
fembra  che  alluda.GTazio  antico  Poeta ,  dove  mentova  i  monili  di  facre  Conche 
fatti  a’  Cani  da  Caccia ,  per  fervir  loro  d’ amuleto ,  palefando  in  tal  modo  un’ufo  , 
curiofo  di  tinnii  Teftacei.  -  •  '  ^  s  .v; 

Sunty  qui  lucifuga  >  crilias  inducere  malis  ^ 

lujfere.  aut  SACRIS,  conferta  Monilia\CQNCHIS\. 

Benché  il  Valvafone  valendofi  di  quella  erudiztoné  di  Grazio  cella  fua  Caccia , 
per  quelle  Sacre  Censhe  intenda  non  sò  qual  picciolo  Conchile  Periato ,  che  non 
■rovo  prelTo gli  Autori,  i  quali  de’  Eeriad  ne  mentovano. folo  de’  grandi  ;  nè 

L  feorgo 


|t 


L‘  2.  tp  47* 

L.  Ber. 
V.  323. 

•j*» 

BatU  Petf, 
mtl.  P,  i. 
f ,  173. 2,. »4 


PkLp*Ct2^, 


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Dt-Vtfìat',.  ■ 
Vi  400. 

■A 

•  ^  n 
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DtUt  Cète. 
C.2.9f. 


11%  ,  Mf^SSOroSPlANC 

/corgo  di  quale  (perieeflfcr  poffatfe  forfi,  per  conciliar  qucfti  Poeti ,  non  fulTeta 

Conea  VCDcrea  lattea  picciola,chefoIorràlccongtnerihàqualche  fimiglianzt 

di  coior  con  la  Perla  ,c  perciò  non  è  indegna  .che  ne  kri vede  quell’  Autore . 

JVc/  medejtmo  Mar  picchi  ConchiUt 

Caro  pur  a  U  Ninfe,  ^  nafee ,  ér  fplendt, 

D'  un  lucido  candor  quajt  fimi  le , 

o/  t^uel y  eh'  illuJiri  si  le  Perle  rende  \ 

Di  queHi  anco  (i  fuol  tejfer  monile , 

che  i  veltri  dal  crudel  tofeo  difendei 

4  Per  memoria  poi  del  fudetto  racconto  la  pofterità  prefe  a  chiamar  quelle 

Conche Pemore di Muziano,  Ediquefteparmiche  s’mtendeffe  il  P,  Vincenzo 

Galli Crenaonefe, Chierico  Regolare  di  S.  Paolo  nel  fuo  curiofo  Trattato  deli’ 

Epigramma*  ove  fcride:  Remoraper  exiguum  Conchylon  ingentem  navimy  velis , 

ventis,  &  remis  impulfan»  remorans,  E  ciò  per  ifpiegare  quell’ Emblema dcl- 

P  Alciato*  in  facile  k  virtute  defeifeentes , 

Parva,  velut  Umax ,  fpreto  Remora  impete  venti, 

Remorumque  y  Ratem  fiUere  fola  poteìi , 

Sic  quondam  ingenio,  dr  virtute  ad fdera  veclos. 

Detinet  in  medio  tramite  caufa  levis. 

i^nxia  lis  velati  eft ,  vel  qui  meretricius  ardor. 

Egregiis  juvenes  f evocat  i  Hudiis. 

Imitato  da  Gilberto  Ouchcrio,  e  confermato  da  chi  notò. 

Vt  Remora  ingentem  potis  off  retinere  carinam. 

Hac  licet  optato  naviget  ufqne  Noto,  ' 

Ingeniis  obftat  fc  magnts  parva  voluptas, 

Maximus  d"  parvo  ventus  ah  imbre  perit. 

Motivo, come  parmi,  tracto  dal  Naztanzeno,chekrivendo  ad  una  vergine,  Cf^ 

'•  lafciò  quelli  knli;  '  .  . 

„  ^  V  "  Nec  vita  ipfa  tua  immittas  Echeneida  carnem, 

JJu  O  reg*  9H  arx  .  '  .  _  ,  . 

velut  tn^eclo  proferentem  compede  pupptm  . 

Detines,  dr  tantam  cogit  fubfiftere  molem. 

Ratt.  Poef.  Sentimento  clprcUo dal  Battilla  in  quelverlo 

Mei.  p.  I.  Non  fa  Remora  il  lufo  a  l'  alte  imprefi , 

f.  loi.  2. f 4.  £  piccinardi ,  ove  krilTc 

Non  fa  ter  ren*  jlmor  Remora  at  ptede, 

»cl  Libro  intitolato  C  Innocenza  DeBinata  a*  Chioftri ,  Pofciache  fc  il  nollro 

Galli  fi  fuflo  intefo  della  famofa  Remora  d’  Aciftotcle ,  di  Plinio  ,  c  dell’  Aldro> 

vandi,òpuredi  qucllad’Oppiano,  quelle  non  potevano  chiamarli  Conchili, 

oon  elTondo  Tellacei ,  come  quella  di  Muziano,  ma  fempiici  Pelei  Marini,  l’ uno 

de’ quali  da  Oppiano  vien  deferitto  limile  alle  Anguille,  di  lunghezza  d’uà-. 

braccio,  l’altro  non  eccede  un  piede.  E  di  quella  Ipezic  favellò  il  racdclimo 

Galli  non  lungi  dal  luogo  citato,  krivendo  Navisvet  magna,  k  Remora  pifciculo 

If  loTcVrf.fifiUttr  .  A  cui  perciò  tu  con  gran  giudizio  paragonata  la  lingua  humana ,  e  da 

DecHm.f^t.  Moniìg.  Paolo  Arcfio  nell’  Imprela  della  Nave  arrellata  dalla  Remora  col  motto 

^BeiU]usm  ^  MODICO  NON  MODICVM,  come  lo  Ipìega  l’-crud iti flimo  P.  Abbate  Pici- 

udii  ;e  da  Pietro  Carr  rag  ntil  Poeta  Siciliano,  che  ne  cantò. 

Miramur  Pifcss  tenuis  virtute  per  undas 

•  ‘  •  Ingentem  fidi ,  velìvoUmque  Ratem. 

"  In  terris  hoc  lingua  factt ,  dum>  fuaviter  irai 

RegtSy  d"  irati  mitigat  ora  Dei, 

‘  .  5T)cIIe 


>r?. 

ofur.  i66, 


Emil,  S3. 


■  z' 

Ducher.  l.i. 
tf.  40. 

.Af.vicìntl, 
tu  Mund, 
Symb.  1,6. 
r.36. 11.149. 


f-  «3- 


€all  loc.eit. 


P  JJ- 

Ptctntl.  toc. 
e*t. 

L.  l-  var. 


X  1  'S  n  0  S  È  è  0  tfD  O.  CApn  XXl.  123 

5  Delire  Remore  di  Muzrano ,  ò  fiano  Conche  Veneree,  gli  Autori  ne  uefcri- 
vorio  varie  forti ,  come  i’ Aldròvindi  ,che  ne  propone  ventifette  differenu .  Ol» 
tre  lex^uali  ne  odertro  non  poche  nel  Mufeo^i  che  giudico  molto  rare ,  non  tro¬ 
vandole  (  tratta  7?  una ,  ò  due  )  mentovare,  nè  da  quel  gran  Segretario  delia  Na¬ 
tura,  nè  da  al  rri  Scr/trori ,  che  mi  hanocapitati  alle  mani.  Per  lo  che  molto  An¬ 
golare  apparifee  il  dono ,  che  ne  fece  a  quello  Cimelio  la  liberalità  del  Grandu¬ 
ca  dìTolcana  Cofimo  III,  Sono  quefte  le 

^CONCHE  VENEREE  LATTEE;  così  chiamate  per  emulare  a  mara¬ 
viglia  in  tutta  la  luperAzie  eReriore  riliibato  candore  di  purillìmo.  Di  modo 
chepotrebbono  a  prima  veduta  edere  credute  Ova  di  Gallina,  fe, come  fono 
molto  più  candide ,  cosi  non  ludero  alquanto  più  lunghe  :  havendo  nellè  eRre- 
mica  perlalonghezzacontrapoRemoltofcanalati,epiù,  che  tutte  l’ altre  Con¬ 
che  Veneree ,  prominenti  i  due  condotti  deRinati  l’ uno  all'emidìone  della  prò- 
bolcide , e  ricevimento  del  cibo ,  l’ altro  all’  ulcita  de  gli  eferementi .  L’apertu¬ 
ra  della-bocca  non  è  dr’Cra,maquaAremilunare,dc,  a  differenza  d’ ogni  Conca 
congenere,  non  è  dentata,  ma  lolaalquantocrefpa  inquel  labbro,  ò  iato,  che 
farebbe  il  termine  della  conca,  fe  fuiTe  piana,  raccogliendoli  in  fe  Reda  foJo 
dall’  altro  lato ,  ove  rotondeggia  più  di  tutte  l’ altre .  Di  dentro  fono  bianche,  e 
gialle  ,&  infieme  diafane . 

7  CONCHE  VENEREE  di  prima  grandezza,  cioè  maggiori  d’ua’Ovo 
di  Gallina,  variegate  nel  dorfo  di  rotonde,  ma  ineguali  macchie  idi  colore  tri 
fudicio,erolTo,iiicampobiancolivido,inclinantealleonaco,  con  una  Rrifca 
gialliccia  pe’l  lungo  dei  tergo ,  eqaaR  nel  mezo,  laquaie  inniun’a'tra  fpeziedi 
queRe  Conche  A  oflfer va .  Nei  ventre ,  ò  Aa  in  quella  parte ,  che  pi  ù  è  piana ,  ion 
bianche,  e  v’  hanno  la  bocca  co’  denti ,  ò  crene  nel  labbro  p;ù  fchietco ,  più  rare, 
nell’ altro  più  Anuato  in  dentro,  più  fpede,  e  tutte  corre  da  un  capo,  ove  quefte 
Conche  fono  più  groffe,  poco  fopra  il  pertugio  oppoRo  a  quello  della  ptobo- 
kide , hanno  un  vettigiocome  di  turbine,  che  nede  precedenti,  &  in  tutte  le 
defcrittedaglialcnnonAolT.rvajònonAcfprirae.  Le  direi  della  fpezse  della 
quarta  Conca  Venerea  Agurata,  edeferitta  dall’ Aldrovandi,  fe,  come  in  tute* 
altro  confrontano , così  f  afferò,  come  quella ,  nello  interno  candide ,  e  non  più 
toRo  di  co!  paonazzo  slavato ,  e  ,che  più  importa ,  non  havefferoil  mentova¬ 
to  veilgio  di  turbine . 

8  CONCHE  VENEREE  di  feconda  grandezza,  poco  minori  delle  prece¬ 
denti,  delle  quali  variano  folo  nelle  macchie,  che  fono  più  rare,  &  inclinanti 
airoffo,edi  poRecomein  Ale  ondeggianti,  tra  le  quali  meglio  campeggia  il 
bianco, c’ihvido, con veR  gioditurbine alquanto piùdiRinto,  che  nelie  pre¬ 
cedenti.  Nell’ interno  fono  violacee,  con  picciole  macchie  leonate. 

9  CONCHE  VENEREE  di  teiza  grandezza,  STELLATE,  come  quelle, 
c’  havendo  il  dorfo  di  color  bianco  livido  inclinante  ai  giallo ,  fono  feorfe  pe’l 
lungo  da  lpeffe,c  minute  linee  fui  ve,  ma  interrotte  di  modo,  che  lafciano  fre¬ 
quenti  fpazii  rotondi  di  i  primo  colore ,  i  quali  fembrano  STELLE:  oltre  le 
quali  vi  rcRa  libera  sù  ’l  doi  fo ,  quanto  è  lungo ,  una  Rriicia  del  medemo  colore . 
Anzi  quel  e  linee  fulve  in  qualcne  luogo  rapprefentano  caratteri  Arabici .  Nel¬ 
la  parte  p  ù  baffa  de’Aanchi  vi  campeggiano  molte  macchie  rotonde  di  color 
d' ametiRc,  inclinante  a)  piombaceo .  Nel  di  fotto ,  ò  Aa  nel  ventre  fono  di  color 
di  carne,  e  più  fpianate  delle  precedenti,con  le  crene,  ò  denti  lunghifAmi,  c 
nella  radice  dei  color  di  ruggine.  Ma  quello  che  di  più  maravigliofo  vi  offervo« 
fopra  il  pertugio  deRinato  alla  trafmiffione  de  gli  eferementi,  A  è  unTurbinc 
patente ,  che  Anifce  i  n  punta  non  poco  acuta,  con  i  fegn i  diftinti  di  tré  in  quattro 

La  circon- 


A. 


124  '  S  ByÙAC  Q  S  P  I  4  H  0  \  1 

circonvoluzioni  benifitmo  formate .  Onde  non  fenzi  ragione  quefteJpò^detlbo•’ 
nochiamarfi  CONCHE  VENEjREE  TVRBINATE,  e  cometa  Ifiiawcbbe- 
ro  potuto  coUocarli  ira’  Turbinati  ;,aacoifchc  qui  fi  pongano, tr;ì  gli  Vnivalvi  »  sì 
perche  le  congenerilono  tali,  come  perclKique’gai  non  apparifeono  nell’inter¬ 
no  delia  Conca,  ove  tutta  è  bianca,  e»  perquantodi  vede,  ic-h  etra.  Forfè  tali 
furono  quelle ,  che  ofiervò  Muziano,  chiaraandol&fa  mio'c'rcdei  e  ,  per  ihurbi- 
ne)  Murici  nel  luogo  fopracitato  da  Plinti  efie  IcrUle.  MutUnus  Muricem  tjjè 
Utiorem  purpura,  neque  afpero,  mque  roiimda.  ore,  neque  in  angulos  prffdeunte 
rojlro  yfedJimpUct  Concha  utroque  latere,  fe  colligente^  ■ 

10  CONCHE  VENEREE  di  quarta  grandezza, del  colore  delPamctifto, 

con  qualche  midura  di  giallo,  tutte  Iparfe  di  macchie  candide  rotonde,  di  di- 
verfe  grandezze .  Nc’fianchi  ,ove  inalcune  è  p  ùintenlo,  in  altre  più  slavato  il 
fudettocolore,  fono  Teorie  di  foiche  linee  fottìi!,  &  eguali,  pe’i  lungo  dal  iato 
dedro ,  c  pe  ’l  travet fo  dal  finidro  ;  le  quali  iembrano  ombreggiatnemi  latti  col 
bollino.  Hanno  il  ventre  bianco,  e  quali  carneo,  e  nell’apertura  loro  i. denti 
lunghilfimida  una  parte  ,c  dall*  altra  pmcorci  :  nè  fono  fenza  qualche  vedigio 
di  turbine  da  uncapo.  t 

11  CONCHE  VENEREE  di  quinta  grandezza,  bislunghe,  col  dorfoui- 
riegato  di  minutiilimi  punti  leonati  in  campo  gialliccio,  &  i  lati  bianchi  coru 
qualche  macchia  violacea ,  e  donata ,  nel  di  fotto  del  color  dell’  onica  ,  co’dcnri 
affai  lunghi ,  e.bianchi  ,c gl’ interllizii  loro  giallicci,  di  dentro  violacee  .  Nò 
quede mancanodi qualche  vedigiodi  turbine. 

12  CONCHE  VENEREE  di  feda  grandezza,  col  dorfo molto  alto,  varie¬ 
gato  di  bianche  macchie  rotonde  di  varia  grandezza  in  campo  tanè,  &  ì fianchi 
depreffi,  mache  pofcianelPcdrcmità  moltofidendonoin  fuori,  di  colprlcona-i 
to ,  che  fenza  alcuna  macchia  fi  mantiene  anco  fotto  il  ventre,  ove  fono  così  fpia« 
nate ,  che  rapprefentano  per  appunto  la  gufeia  fupcriore  d'  una  picciola  Teftugi- 
ne,  malfimeellendo  di  figura  perfettamente  ovata.  Biancheggia  in  eflerapew 
tura  della  bocca,  ove  hanno  le  crene,  èdèmi  molto  lunghi:  e  la  fuperfizie  in¬ 
terna  è  paonazza. 

13  CONCHE  VENEREE  di  fettima  grandezza,  limili  nella  figura,  mac¬ 

chie,  &  ombreggiamenti  a  quelle  di  quarta  grandezza  fopradefcritte,  ma  tal¬ 
volta  col  color  folco  de  fianchi  più  intenfo ,  e  di  dentro  più  bianche.  i 

14  CONCHE  VENEREE  d’ottava  grandezza ,  nel  colore,  e  punteggia¬ 
menti  del  dorlo  limili  a  quelle  di  quintagrandezza  fopradeferitte ,  ma  non  cosi 
bislunghe,  con  parte  de'  fianchi,  e  tutto  il  ventre  candido,  fenza  alcuna  macchia , 

15  CONCA  VENEREA  di  nona  grandezza,  bislunga,  con  tutto  il  dorfo, 
e  fianchi  minutamente  punteggiati  di  bianco,  in  campo  bigio  slavato.  H.ì  di 
fingolarc  non  folo  il  fegno  patente  del  turbine ,  ma  anco  nella  circonferenza  de’ 
fianchi  un’ordine  dicrefpe  eguali ,  oltre  il  quale  fi  dilata  alquanto,  c  pofeiafi 
raccoglie  da  ambo  i  lati ,  formando  la  parte  fottana ,  eh’  è  bianca  con  qualche 
macchia  ametifiina:  emoftra  lunga  dentatura ,  eficndo  didentro  violacea . 

\6  CONCA  VENEREA  di  decima  grandezza,  col  dorfo  bianco  gialliccio, 
i  fianchi ,  e  i  ventre  candidi,  e  rara , e  breve  dentatur.i .  Non  è  maggiore  d’una 
mcdiocreOlivagiacciola.acui pure  è  fiinile  nella  figura.  Sin  qui  leConchc 
do  late  dal  Scrcnilfimo  Granduca  di  Tofeana .  Oltre  le  quali  nel  Mufeo  fi  vedono 

17  VARIE  CONCHE  VENEREE,  le  quali  in  comparazione  delle  prece¬ 
denti  fi  ponno  chiamare  di  decima  grandezza, e  fono  della  quarta  fpczie  allegna* 
tane  dal  Rondelczo,macon  la  circonferenza  tubcrofa»  e  tutte  bianche  di  fuori, 

€  violacee  di  dentro .  Alcune  delle  quali  fcivono  a  far  comparir  più  pompofa  la 
.  i  bellez- 


i  /  ®  R  0  secondo:  CAP.  XX!,  125 

be! !ezza  di  varie  Madriperlc  fopradefcritte .  Mi  fù  riferito, che  in  aScuniPaeiì  del» 
l'India  paifino  in  ufo  di  Moneta  «come  le  Chiocciolette  limili  alle  Conche  Ve* 
neree a fuo luogo  mentovate. 

18  Alcune  CONCHE  VENEREE  d’ undecima  grandezza,  fingolari per 
la  picciolezza  loro ,  effendo  poco  maggiori  de’  Pinocchi  mondi ,  come  pure  gli 
raffomigliano nella  figura,  e  nel  colore:  e  quelle  fervono  di  vaga  corona  al 
tronco  d' un  ramo  di  Pianta  Tofacea ,  che  fpczie  di  Corallo  bianco  vien  giudica* 
tì;  piantato  lui  coperchio  di  quella  bella  Chiocciola  Rugofa,  che  altrove  li 
defcrilTe ridotta  in  forma  di  luperbiffimo  nappo. 

19  Simili  a  quelle  fono  gli  ANTALI,  ò  ÌENTALI,  Conche  picciole  di 
follanza,  e  d’orifizio,  quale  è  nell' altre  Conche  Veneree»  c  parimente  lifcie, 
ma  più  bianche  delle  precedenti , 

•  ao  Potrebbono  a  quella  fpezie  ridurli  ancora  quelle  picciole  Conche»  le 
quali  prelTo  alcuni  Popoli  Indiani  li  (pendono  per  Monete  »  e  per  lo  più  nella., 
iollanza,&  apertura  di  bocca,  anzi  nella  fuperfizie  variegata  di  bianco,  e  leot* 
nato,€  nel  lifcio  fono  molto  limili  alle  Conche  Veneree.  Ma  perche  portano 
evidenza  di  turbine  ,  e  più  s 'accollano  alle  Chiocciole  »  tra  quelle  li  fono 
collocate. 

Pateiiti  Orecchie  t  &  Omlfitiehi  24ayiiti  ^  &  altri  Vnivdtvi: 

Cap,  XXIU 

f  W  E  PATELLE  fono  TeRacei  piccioli  d' una  fola  Conca  non  ben  rotonda'^ 

-  JL>  1  quali  con  la  parte  carnofa  Ratino  così  tenace  mente  attaccati  a'falfi  de 
gii  Scogli  ,che  non  fe  ne  ponno  fpiccare,che  a  forza  di  ferro,  come  il  Polpo ,  che 
|)erc»ó  fervi  ^er  corpo  d'imprefa  col  motto  Francefe  PIECE, 

SE  BEST  ACHE,  olia  DISERPI,  ^AM  DlSIFNGh  E  ciò  per  clprr^ 
mere  »  chi  può  dire  col  Cavalier  Guarini . 

Prima  che  mai  cangiar  voglia  ,  0  fenderò. 

Canterò  vita  in  morte, 
ve  n*hàdico1!oTbianco,di  rofeo,cdibigio^ 

a  ORECCHIE  MARINE,  così  chiamate  dalla  figura,  che  portano  d'orec¬ 
chia  humana.  Sono  TcRacei  della  natura  delle  Patelle  »  Rando  con  non  minor 
vigore  artaccati  a*  (affi  con  la  parte  carnofa .  Onde  tra  quelle  furono  dal  Filofofo 
collocate, 

3  VMBILICHI  di  MARE  furono  chiamate  non  folo  le  Conche  Veneree 
della  quarta  fpczie  del  Rondelezio ,  &  alcune  Chiocciole  umbilicate,  ma  anco¬ 
ra  certe  produzionidel  Mare  limiglianti  all’umbilico  humano»  da  taluni  dette 
VMBILICHI  di  VENERE  ,  da  altri  FAVA  di  MARE  ,  non  ilcoftandoli 
di  figura  da’ grani  di  quel  legume.  Sono  di  loRanza  di  fallo»  onde  trà  falfigii 
defcrifie  il  Vcntiio  nel  i uo  Mufeo .  Ve  n’hà  de'grandi  quattro  deta  di  diametro, 
ma  fono  rari,  e  li  portano  dall*  India»  come  il  maggiore  figurato  dal  Vormio.  1 
minori  che  fi  trovano  nel  noRro  Mufeo,  nella  grandezza  non  eccedono  l’ ungbià 
del  dito  grofVod’ un’ Huomo  ordinario,  imperfettamente  rotondi,  nel  di  lopra 
lifei ,  di  color  d’ocra ,  lucidi ,  3c  alquanto  cavi , con  un*  eminenza  nel  centro,  che 
li  tà  limboleggiare  rombitico,  fe  più  toRo  non  voleifimo  paragonarli  a  gli  occhi» 
fembrando  in  efsi  pupilla  il  cèntro  eminente  .  Onde  taluni  chiamarongli  OC* 
CHE  MARINI;  e  per  la  figura  crede«:ero,che  appefial  collo  giovalfero  agli 
occhi .  Nella  parte  di  lotto  fono  piani  »e  feorfi  di  certe  linee ,  che  difegnano  una 
Chiocciola .  Ne  fà  menziotie  l’ Aldrovandi»  affermandoli  coperchi  di  una  fpezie 

^3 


PieìrtU. 
in  Munà. 
Syt>.bol-l 
e^jo  nu,ii8, 
flit  P.  F. 
An,  i.fe4. 


I-*  1. 

c.  li. 


V,  fuprtlUx 
e.  té.  na,  14, 


C  £jO* 
lob.  C.7.  Zo. 


jlri/jf.  de 
f4rf./.4.f.8. 


latf  M  y  S  BO  QO  S  P  ì  AN  ,0 

di  Chiocciole,  ch’egli  chiama  Celate ,  c  ponilo  ridurfial  genere  de’ Turbini: 

’  quantunque  però  la  dmiglianza  del  colore ,  e  della  foftanza  me  li  faccia  fqlpcttar 
'  coperchi  delle  Chiocciole  orabilicate  lifeie,  di  gufciagrolla,  e  trafparcntc,f«- 
pradcicritte,  V’è  chi  fupcrftiziofo  crede,  che  porrati  addollo  da  qualche  don¬ 
na  la  rendano  più  amabile .  Ma  la  cagione  dell’Amore  li  è,ò  la  bellezza,  ò  la  Vir¬ 
tù.  L’efperienza  d’ alcuni  infegna  che  fermano  il  faogue  attaccati  confalivasù 
la  fronte  dalla  parte  piana ,  Ridotti  in  polvere  giovano  a  frenare  il  foverchio  flu(- 
lode’mcnftrui»c  lo  fpuco del  langue  « 

4  Ponnotràgli  Vnivalvi  riporli  ancorai  DENTALI,  come  vi  ridulTerAl- 
drovandi  i  Tubuli  de’ Vermi,  &  i  Pennelli  di  Mare.  Imperoche  fono  compolti 
di materiateftacea,etra’Turbinati,ò  Bivalvi  non  ponno  giultamente  annovt^ 
rari!,  non  ha  vendo  Turbine,  ò  Conca  duplicata.  Sono  i  Dentali  certi  canaletti 
candidi,  rotondi,  quando  Ilici,  e  quando  llriati,  che  fìnilcono  in  acuto,  cinti 
qualche  volta d’ una  ,ò  più  linee  ineguali,  non  del  tutto  dritti,  ma  piegati  al¬ 
quanto  a  guila  de’ denti  canini,  onde  trallero  il  nome.  La  loro  lolUnza,  come 
fidille,  è  tcftacea  ,e  perciòdi  facol  à  eliccante.  Onde  m*  è  riulcito  di  guarire 
colla  loro  polvere  alcune  lillole  lacrimali  non  molto  invecchiate .  Altri  gli  ap* 
pendonoal  collo  nelle  angine.  Nalcono  per  lo  più  lopra  le  Telline.  Se  netto- 
va  gran  quantità ,  ma  di  loftanza  quali  marmorea  in  un  Torrente  del  Bolognele , 
che  li  chiama  il  Martignone ,  che  parimente  conduce  varii  lalli  llravagann  per  la 
figura ,  che  rapprelcnta  quando  Animali ,  ò  parti  loco ,  e  quando  cole  artihziali. 
t  tra  le  altre  bizzarrie ,  che  porta  Icco  quello  Rio ,  lovviemmi  d’ haver  trovato 
in  propolito  de  gli  Vnivalvi  de* 

5  TVBVLI  de’  VERMI  di  varie  figure,  che  nel  Muleo  fi  vedono,  dall’AU 
drovandi  ridotti  a  quello  genere  di  TcRacei ,  per  la  ragione  addotta  delli  Denr 
tali.  Fanno  alcune  Ipire,  cornei  Serpenti,  c  nella  configurazione  lonofimiiia 
quellidellaprima,elecondalpcziedc’TubuJi proporti  dalGionftoni, 

De'  CruBacei,  Caf,  XXIII, 

X  \  yf  Olto  limili  a’Tertacei  nella  durezza  della  lorgulcia,  come  nota  Gale- 
1  Vj.  no ,  lono  i  Crufiacei  ,che  loro  perciò  li  loggi ungono,  ellendo  Acqua¬ 
tili  parimente  Elangui ,  ma  di  minore  utilità  de’  precedenti,  quantunque  dì  parti 
pi ù  dirtinte  format  i ,  e  più  ingegnofi ,  portando  genio  ,  e  cacciatore ,  e  guerriero, 
come  gli  elpr'  (le  il  Boldoni ,  che  dopo  la  menzione  di  varie  Conchiglie ,  delle 
quali  lono  elfi  avidilTimi,  così  ne  cantò. 

£  le  fiere  t  onde  fon  fot  quelle  ucci/e  ^ 

Cui  cinge  tutte  affrifima  armatura 
L'  Afiaco  belltcofo  ,  &  il  pugnace 
Pagurot  e  la  Loctifia  empia ^  e  vorace» 

Dì  quelli  nel  Muleo  fi  polTono  vedere  i  leguenti . 

a  LOeVSTA  MARINA,  Cruftaceodi  figura  non  molto divcrla  da  quella 
de’  Gambari  noftrali ,  ò  fiano  Altachi  di  fiume ,  aflai  però  maggiore ,  e  più  vallo 
di  gulcia  non  così  nera,  ma  più  torto  rolla  (non  apparendo  in  quella  mortai! 
ceruleo  delle  vive  )  di  petto  più  llretto ,  di  corpo  men  carnaio ,  c  più  duro ,  con 
dicci  piedi,  de’ quali lolo i due ,  che  fervono  di  mano,  terminano  in  ilchiettc 
forfici ,  come  notò  il  Filolofo,  che  a  quello  Acquatile  allegnò  il  primo  luogo  tra’ 
Cr  uftacei ,  forfi  per  mirabile  conformazione  >  dc  ingegnola  fabrica  del  di  lui  cor¬ 
po  , tutto maravigliolamentc agguerrito.  Conciofiecolache  leminato  di  Ipcfli 
aculei  nel  capo ,  e  nel  dorlo ,  con  erti  ributta  le  ingiurie;  e  vibrando  due  roburte 

i  corna 


L  l  B  R  a  S  B  C  0  N  D  0.  CAP.  XXIII.  117 

V  Orna ,  con  c(Ie ,  non  altrimenre  che  i  tnonrooi, cozza  gagliardamente  con  grin- 
liividui della  propria Ipezie,  econaltri;  e,  quafifufferodiie  aftearreftate, por¬ 
ra  guerra  ovunque  le  occorra ,  fenza  tema  dell'  inimico  ;  e  nelle  piaftre  della  co¬ 
da  con  particolare  artifizio  commefTc  in  fembianza  di  Lorica,  rapprefenti_ , 
1*  archetipo,  ei' ufo  infieme  di  tale  armatura»  come  avvila  l’Aldrovandi.  Così 
tutta  armata  la  deferiffe  Claudiana  in  quel  fuo  frammento  citato  dal  noAro  Gai- 
U.nefTrattato dell* Epigramma ,  dicendone  quel  Poeta, 

Horret  apex  capitis  ,  medio  fera  lumina  furgunt 
;  Vertice  ,  cognatus  dorfo  durefeit  amili us. 

Armavit  Natura  cutem,  dumique  rubentes 
Cufptdibus  parvis  multis  acuere  rubores.. 
Dallequalidifpofizioni  Militari  le  fi  pofia  argomentare  nella  Locufta  Marina 
tanta  virtù  d ‘influir  pace,  che  folaraente  la  di  lei  figura  (colpita  in  un  Berillo  fia 
valevole  a  pacificar  coloro,  che  infieme  guerreggiano,  e  fargli  amici  cordiali, 
lafcio  che  lo  credano  i  Fautori  delle  fuperfiiziole  virtù  delle  Gemme ,  e  correin 
Lodovico  Dolce ,  che  fu  veramente  Dolce  in  ifcrivere  quelta,  e  tant*  altre  vanità 
fimili  nel  Trattato  delle  Gemme , 

3  ASTACO  MARINO,  commune,  fenonde’Maflìmi  (che  con  una  fola 
Chela  tutta  dentata  ponno  abbracciare,  e  TufFocare  un’Huomo,  com’efprellc 
Olao  Magno  nella  fua  Tavola  de’  Paefi  Settentrionali)  almeno  de’  maggiori >cbc 
vfgganfine'noftriMari.  Morto  non  minor  fierezza  fpira  della  Locufta,  fi  co¬ 
me  vivo  non  era  men  bellicofo 

4  LEONE  di  Plinio,  fpczied’Aftaco,  di  braccia  fimili  a  quelle  de’ Granchi, 
nel  l  efta  non  differente  dalle  Locufte  *  DalPeftrcmità  della  coda ,  fino  allafom- 
miti  delle  Chele ,  che  fono  di  dentro  dentate ,  è  lungo  pi  ù  d’ un  braccio ,  Il  no- 
ftro  Platina  filmò  che  falle  chiamato  Leone  per  lafulvezzadellagulcia, la  quale 
peròinqueftoèroffa,  forfi  per  lacottura.  Onde  meglio  che  di  Giunone,  po¬ 
trebbe  canarne  quel  buoncompagno  del  Lalii ,  che  è 

RoJ?a,  qual  cotto  Gamèaro,.  (^c.. 

Ma  fe  hà  commune  col  Kè  de’  Quadrupedi  il  nome ,  ha  poi  con  eflb  tanta  dilfi- 
miglianza  di  natura , che, foiamente  veduto,  fà  tutta  raccapricciar  quella  Fera . 
che ,  quantunque  magnanima ,  e  generofa  ,non  altrimente  »che  fe  udilTe  cantare 
un  Gallo,  al  primo  alpcttodi  que  fio  Acquatile,  feordatafi  di  fe  fteffa ,  come  ri- 
ferilcc  l’Aldrovandi  nella  Rubrica  dell’ Antipathia  di  quefio  Aftaco,  fi  mette  in 
fuga , avverando  quel  detto  del  Conte  Bolelli  nella  Corte  Accademica . 
che  ben  talora  un.  folo  Augello  in  terra, 
che  ben  talora  un  fola  Pefee  in  Mare, 

Spaventa  gran  Leon^ 

5  elefante  marino,  razza  pur  d’ Aftaco»  fimilc  al  Leone  ,  collo 
Chele  ftei  minare ,  per  entro,  e  per  di  fuori  bernoccplmc,  la  maggiore  delle  qua¬ 
li  c  lunga  quali  tré  palmi,e  largapiud’  uno»di  fattezze  fimigliantiilìma  a  quel¬ 
la,  che  dal  Genero  traile  l’ Aldrovandi , 

6  CRANGONE,  ò,  come  dal  Volgochìamafi,  SPARNOCHIA,  Crufta- 
ceo  del  genere  delle  Squille,  e  tra  quelle  il  più  faporito,  di  corpo  lungo  pià 
d’una Ipanna, comprelayilacodacompoftad’undicicommifiure.  Hàleancen- 
ne  più  di  turco  il  corpo  lunghe,  e  nel  reftocorrifppnde  in  tnfto  alla  figura,  che 

ne  porta  r  Ajdrovandi . 

7  Dive^fiGranchietti^diquelli,  cheabitanpnc^Turbinilimghi ,  a’  quali  il 
volgo  diede  il  nomQjjii  Bernardo  Eremita,  Di  quelli  vedali  i’ Aldrovandi<ff 
Tejìaceis  cap,  i6. 

Iti 


He  Cruft. 

c.  2. 

Claudia. 
Epigr.6. 
Vtne,  Gali, 
de  Epigr. 
pag.i^.n  17. 


Dulc,  de 
Gemm.li  3. 
f .  mtitt  94< 


L.it.e.nl 

De  tum.va* 
let-l.  io.{ag. 
mthtio6.td, 
LugA.l'i^l. 

8. 

Franceid, 
C.  4.  It. 


Pavt.i.fag. 
mihi  87. 


He  Crufi. 

f.j. 


He  Crtifi. 
e.  IJ. 


M  S  E  0  C  0  S  P  I  ANO 

De*  Vegetabili» 

TRafcorfalaClaffede  gli  Animali  fenfìtivi  del  Mufeo ,  rimangono  i  puri 
Vegetanti ,  che  nel  Teatro  delle  Cofe  Animate  occupano  Tinfimo  luogo , 
e  perciò  erano  da  riferirfi  qui  folo .  Ed  in  quello  genere  ci  fi  ofTerifeono  divertì 
Frutici ,  e  Piante  di  Mare ,  e  di  Terra  «  ò  parti  loro  ,c  Frutti ,  c  Semi  peregrini .  e 
nollraliiò  perla  rarità  loro,  ò  per  qualche  fingolarefcherzo  di  Natura  mirabi¬ 
li.  E  già  che  ne*  precedenti  Capis’ è  trattato  di  materia  fomminillrata  dal  Marc 
in  quel  genere  più  nobile, che  ivi  fi  maneggiava,  non  farà  fuori  di  propoficoil 
profeguirc  colie  produzzioni  di  Mare ,  che  incontriamo  tra*  Vegetabili. 

De*  Coralli  diverfi,  ér  altre  Piante  Marine , 

Cap,  XXIV, 

*  TLCorallo,  che  da  taluni  fù  chiamato  Lithodendron  ^  ò  ^x^dlberodi  Sajfo^ 
i  come  leggefi  in  Diolcoride ,  è  veramente  una  Pianta  Marina ,  dichiaran¬ 
dola  cale ,  e  la  %ura tutta  ramigliola ,  e  '1  luogo,  dove  nafee,  e  vive  naturalmen¬ 
te  molle  ,tutto  che  pois*  indurifea,  e  prenda  manifella  confillcnza  di  pietra  da 
calce,  quale  appunto  fi  oderva  in  alcune  parti  di  molti  Animali  acquatili .  E* 
commune  opinione  de’  Poeti, edegli  Storici  antichi,  e  moderni,  eh’ ella  acqui* 
flicotal  durezza  fol  quando  ellracra  dal  Mare  riceve  infe  leimprelfionideiraria, 
nonaitrìmente,  che  il  ferro  infucato  temprandoli  nell'acqua  s'indura.  Onde 
Ovìi  f.4.  Ovidio hebbe  a  dirne. 

Nunc  quoque  Coraliis  eadem  natura  remanti  ^ 

Duritiem  tallo  capiant  ut  ab  aere  ^  quodque 
f  Vimen  in  aquor  e  erat»  fìat  fuper  aquor  a  faxum', 

s  Ciòperòmifembranon  più  vero  di  quello  Ha  l’origine ,  che,  favoleggian¬ 
do,  gli  have  va  poc’anzi  alTegnato  il  medefimo  Poeta,  dal  Valvafonc  fpiegatò 
ne’feguenti  vtrlì. 

Suona  la  Fama,  che  ’/  figliuol  di  Giove, 

^uel,  che  converfe  il  vecchio  Atlante  in  Monte, 

Poiché  Andromeda  fe  con  chiare  prove 
Del  Mar  in  Mojlro  non  temer  piu  1'  onte , 

Scendendo  in  riva  al  Mar,  di  verghe  nove 
Coprì  ’  /  terreno ,  e  la  Corgonea  fronte 
Sovra  vi  pofe ,  ne  vi  fu  intervallo , 

Le  verghe  diventar  duro  Corallo. 

Le  prefero  le  Ninfe,  e  varie  Piante 
sotto  acqua  ne  innefiar  così  feconde. 

Che  tojlo  fe  ne  ornò  tutto  il  Levante, 

V  Oflro,  e  l*  Occafo,  e  P  aggiacciate  fponde . 
Conciofiecofache  il  trovarli  di  limili  Piante  conalcune  parti  inferiori  perfetta¬ 
mente  inccrallitc ,  &  alcune  fuperiori  fcmpliceinente  Icgnole ,  fa  conolcere che 
l’aria  ambiente  non  è ballcvole  ad  indurare  il  Corallo.  Perlochcpiù  verifimilc 
ini  psre  che  que (le  Piante  ihfalfilcano  quando  nella  loro  foftanza  Icgnofa ,  e  po- 
rofas’infinua  certo  fugo,  ò  fpirito  pietrificante  (come  lo  chiamano  alcuni  de’ 
moderni  Filo(ofì)  che  anco  fuori  del  Mare  in  altri  corpi  manifclla  laluapodan- 
za  ;  i!  quale  altera  di  modo  la  Pianta ,  che  la  fà  morire ,  c,  rappigliandofi  in  clTa, 
A^dr.Muf.  latrasforma  nella  propria  natura,  come  con  molta  probabilità  difeorrono  An- 
/elmo  Boetio ,  i’  Aldro  vandi ,  &  altri . 

3  Nafcc 


Della  Cac‘ 
età  C.  1.  9}, 

»4. 


A/Ì4pt.  Brit. 
i.l. 


In  peem. 
mf.  ap,  m$ 

f'4* 


'>■» 


I  /  ^  a  is^A  a  0  fi  0  qo.  CAK  xja^. 

•f-  ^  N»fóein  d.Ly e.rfi Mari,  óc io  f»arti,cQÌare  nel  Mediterraneo ,  pefeandofene  ifl 
^olti  hloghi  adjacen  ti  all’Ztalia ,  &  altre  Regioni  d' Europa ,  &  ancora  nelle  Ri- 
vrefcdcU!  Africa ,  tnallìme  nel  Regno  di  Tunifi ,  come  accennò  il  noftro  Pietu- 
iiicgra  nelle  Nozze  Britanniche  rammentando  ^ 

Vsndera,  Coraliis  ixtjìgnia  Tuneunis, 

Anzi  nafee  ancora  inqualcheliiogod’acquadolce,  le  non  favoleggiò  Monlìg. 
Tflipj|oGcri  Vefcovod’Anriii  defcri  vendo  certa  Fonte  al  Cardinal  Moroni  con 
<iucfìi  verlì. 

^mnì  &  Coralia  aquor eo  fuhgurgite  tantum 
Sueta  prius  nafii ,  fuptrifque  recedere  4^  auris 
Hoc  pajTm  de  fonte  ( novum ,  ^  mirabile  di6lu  ) 

"■  ‘  Attollunt  fe  fe  ,  ^  fpatiis  ita  dijfita  certis 

Exuperant  undas,  liquido  ut  fuper  aquor  e  credas 
*  '  .  .  E.fe,  velut  pofitas ,  nandi  ad  certamina ,  metas  , 

,^as  inter  centum  afuerint  infindere  fulcos 
Nunc  hac,  nunc  illuc,  centumque  retexere  curjus 
Tlexivagi  pifces  ,  quos  nunquam  retia  fallunt, 

4  Varia  molto  ne- eoiori  dalxhc  ne  rilulta  ia  diuetfità  osile  fpezie,  Avve- 
gViacbe  ve  n’  hà  di  rollo  più  ,ò  meno  intenfo ,  c  di  nero,  i’  uqo ,  «l’altro  noto  a 
gli  Antichi .  E  di  cognizione  de’ Moderni  le  ne  trova  del  bianco,  del  verde, 
del  giallo ,  del  cinericcio ,  e  di  quello ,  in  cui  alcune  deile  mentovate  difrerccu^e 
accozzatelìolTervano.  Il  piò.  perfetta  però  giudicali  il  rollo,  che  perciò  piu 
viencoRumato, e  negli  ornamenti  delle  Donne  (  onde  il  noRroCrotei 

Heltadum  lacrymis ,  ó"  ramifero  Corallo 

Fulgebant  Cyprià  perlita  colla  Bofa.)  *  , 

e  nella  Medicina ,  che  ne  fà  polveri ,  ò  ne  cava  magiReri ,  quintelTcnze ,  tinture  ^ 
fall ,  fiori ,  fpiritì ,  e  feiioppi  molto  profittevoli  alla  la'ute  humana .  V’  hà  talora, 
come  di  molte  altre  cole  preziofe  accade,  chi  li  falfifica,  formando  paRe  rode 
molto  fimili  al  Corallo.  Ma  queRe  (per  dirlo  colle  parole  d’Antonio  Maria 
Colpi  famofoLeggiRadi  queflo  Secolo, della  cui  autorità  mi  pregio  d’onorar 
queRe  carte)  fono  facili  a  conofeerfi ,  perche  ejfendo  necejfariamente  conglutinate 
con  colla, b  pece,  b  altro  tale,  con  un  ferto  infocato  preHo  fi  chiarifee ,  Oltre  che  CrfmtnA.ì, 
il  Corallo  vero  c  gravijfmo  ,  dove  che  le  pafie  del  Corallo  falfo  faranno  molto  ^.48.»«.  8. 
leggiere ,  il  vero  Corallo  /nona  ,  e  fi  cenofee  pietra  ;  le  paUe  non  haveran  quel 
fuono ,  ma  fardo .  Di  quello  curiolo  genere  di  Piante  di  legitimo  Cordilo  Icoit- 
gonfi  nel  Mufeo  le  feguenti  differenze . 

5  Pianta  di  Corallo  Roffo,  di  grandezza  notabile,  il  cui  tronco  principale 
diRribuendofi  in  molti  rami  d’ un’oncia  di  diametro ,  forma  quali  un’  ArbukeU 
lo,  che  quantunque  privo  non  che  di  frutti ,  di  foglie,  nella  fua  nudità  più  ricco 
apparifce ,  potendo  lomminiRrar  maceria  di  corone  molto  più  preziofe ,  che  di 
Quercia  ,ed’ Alloro. 

6  Pianta  di  Corallo  Roffo  con  cinque  rami,  la  quale  fpuntadalfenod’una 
Chiocciola  Rugofa ,  Rriaca ,  e  tuberofa  ,fimiie  a’  Turbini ,  manifeRando  natura¬ 
lezza  de’ Coralli  il  vegetare  non  folofopra  la  Matrice  loro,  ma  ancora  fopra  al¬ 
tre  fuRanze ,  come  è  accaduto  non  foioin  queRo  TeRaceo,  Se  altre  cofe  da  men¬ 
tovarli ,  ma  anco  nella 

7  Conca  Corallina  Echinata, dicuififavellòtra’ Bivalvi;  quale  havendo  di 
notabile  il  colore ,  e  la  fuftanza  del  Corallo  Cinabrino  nella  parte  eRcriore ,  mc^ 
tata  che  qui  fe  ne  motivi  la  cagione ,  che  può  dipendere  dall’  effere  caduco  fppra 

di 


fitrtnitn 


Diemtt$e. 
méch.  l.  2. 
v.iop. 


^athùl,  l.f, 
fMf. 


V30  'M  y  s  s  0  c  0  5  T  i  A  n  ò 

di  quella  gufcla  alcune  ftillc  di  Corallo  recifo .  mentr’era  pregno  di  fperrna  c<k 
rallino ,  le  quali  infinuatefi  nella  di  lei  fcorza  cfter.ore ,  Se  ivi  rapprele ,  i*habbia^ 
no  convertita  nella  propria  fuftanza,  c  dato  origine  a  quegli  aculei  corallini, 
che  (opra  vi  nacquero  a  renderla  non  che  fcabrola,  echinata,  acciò  fe  ne  polla 
dire  col  Valmarana 

— •  ■'  — —  no»  »fptra  tantum 

Scrupea  Conca  riget. 

E  forfi  erano  per  crefccre  in  altrettante  Pianticelle  di  Corallo ,  fc  ’l  tempo  Io  pcr2 
metteva, come  luccelTe  in  quella  Chiocciola  di  Rami  Corallini  per  ogni  parte 
fregiata, che  nella  famola Galena  del  Sig.  Canonico  Settala  non  fenza  lluporfi 
vedeinMilano,c  percola  veramente  (ingoiare  venne  raccordata  nella  Deferi» 
zione ,  5e  Ampliazionc  fattane  rifpetti varaente  da’  S  gnori  Terzago ,  e  Scarabei» 
li.  Ragione,  che  le  qui  luffìRe,  può  inlieme  perluadcre  come  naturalmente 
habbiano  potuto  generarli  que’ Coralli,  che  fovra  un’ancora  prodotti  mirabil» 
mente  l’ ingemmano  :  e  quell’  altro, che  radicato  fopra  un  Cranio  humano , coi» 
cffaconfcrvafi  nel  Mufeo  Pilano  de  ISereniilìmo  Granduca  diTofeana. 

8  Tubularia  Cinabrina  idi  circa  venti  libic  dipelo,  cui  Filippo  Greco  po> 
irebbe  chiamare 


wietìt  TfMnaritfTti 


cioè  Ponti  pertufum  lapidem  ^  per  bavere  aci  pumicolo,  come  per  certa  lìmi» 
glianza,  chetieneco'le (pugne, dalSig.  Marchele Colpi vien chiamata  Spongi» 
Corallina ,  ò  Coralloide  Spongiofa .  Quella  è  produzione  di  Mare  del  genere  de* 
Coralli  falli ,  conliftente  in  una  foltilfinja  congerie  di  piccoli  tubuli ,  ò  canaletti 
cinabrini ,  di  luRanza  di  Corallo  in  più  pam  collegati  inlieme  da  alcune  travet  le 
trulle  dilpofte  con  uguale  intervallo;  i  quali  lutti  hanno  l’origine  da  un  pez¬ 
zetto  di  tuffo  bianco ,  che  ferve  di  centro  alla  malia  loro ,  c  Ipargendolì  quali  per 
ogni  dimcntionc  formano  un  corpo  di  due  palmi  di  lunghezza,  d’uno  cmezo 
d’ altezza,  c  d’uno  di  groffezza;  coni  tubuli  da  un  lato  molto  diRinti,  com’ef- 
preffo  li  vede  nella  prima  Figura  dello  Pleudocorallo  rollo  Calamite  dcU’Aldro- 
vandi:  dall’altra  partclcmbra  Alcionio  (anzi  da  taluni  viene  creduta  l’Alcio¬ 
nio  MileliodiOiolcoridc,  di  cui  però  è  molto  più  dura)  vedendovili  non  i  tu¬ 
buli,  ma  folo  le  cavità  frcqucntilfime  delle  lommìtà  loro,  come  rapprelentali 
nella  parte  inferiore  della  feconda  Figura  del  Indetto  Fleudocorallo  deU’Al- 
drovandi. 

9  Pezzo  di  Matrice  di  Corallo,  che  forma  quali  una  Piramide  non  molto  al¬ 
la ,  ma  di  baie  larghidima ,  nella  cui  lommìtà  li  vede  un  gran  tronco  di  viviKimo 
Corallo  rollo.  Il  rimanente  è  una  congerie  di  terra  ineguale,  molto  pelante, 
per  cui  Icorrono  molti  Canali  obliqui,  di  luRanza  tcllacea,  limili  a  i  Tubuli  de' 
Vermi  di  Mare  ,  ma  che  per  l’obliquità  fembrano  tante  radici  che  Icrpcggino 
per  tutta  quella  materia.  Da  lati  a  luogo  a  luogo  vi  Ipuntano  de’ germogli  di 
Corallo  bianco,  de’ quali  alcuni  ben  grandi  hanno  laluperfizie  così  legnata, 
come  le  fullero  Rati  imprefli  de’  legni  della  cute  delle  deta  humane .  Di  lotto  in 
qualche  parte  folleggia,  partecipando  la  natura  del  Corallo  rollo.  Altre  parti 
di  queRa  mafia  fono  candide ,  c  dufiflime ,  come  il  marmo . 

10  Pianta  di  Corallo  nero  da  gli  Antichi  chiamato  Antipathe ,  il  di  cui  tron¬ 
co  principale  terfiffimo,  nato  da  gran  Matrice ,  fi  diflribuilcc  in  quattro  rami  di 
vane  grandezze ,  rotondi ,  ineguali ,  tubcroli ,  e  lucidi,  che  in  alcuni  luoghi  fol¬ 
leggiano,  c  s’allungano  molto  più  di  quello  ,  che  fi  offerva  in  tutti  gli  altri 
Coralli, 

ai  Pianta  Malsima  di  Corallo  Bianco,  ramofilsima,  col  fuRo  principale 

grollo 


L  l  S  K  0  SECONDO,  CAP,  XXlP,  131 

gro^o  quinto  un  braccio  hutnano,&  i  primi  tronchi  di  quaiì  due  oncie  di  diamcr 
tro.  NècantoineOaèmirabileJa  mole,  quanto  la  diveriicà  delle  produzioni^ 
irafmettendodal  tronco  principale  non  foloifudetti  rami  bianchi  difua  fpezie, 
ma  ancora  diverli  ratnufcelli  di  Corallo  rolTo ,  i  quali  per  elTere  piccoli ,  e  lottili , 
là  dovei  bianchi  fono  grofsi,  mi  fanno  congetturare  che  non  lìa  vero,  che  il 
Corallo ,  prima  che  diventi  rodo,  lìa  bianco,  e  che  quello  lìa  l’ immaturo  ,  c 
quell’  altro  il  maturo .  Perche ,  le  così  fulle ,  dovrebbono  in  quella  Pianta  edere 
rofsiiRamipiùgrofsi,comepiùperfetti;  c bianchi  ifottili,  come  più  imper¬ 
fetti  ;  Onde  più  credibile  mifcmbra  che  i  Rami  rofsi  lìano  Pianticelle  a  parte 
nate  sù  la  Pianta  maggiore,  come  il  Vifchio  sù  la  Quercia .  I  Rami  bianchi ,  ove 
appaiono  di  frefco  fpezzari ,  mollrano  lullanza  denla ,  e  candida ,  come  fe  fude¬ 
ro  di  Marmo  Pario  ;  dove  lì  modrano  rotti  di  gran  tempo,  palefano  fultanzafun- 
gofa .  Nella  baie  del  tronco  principale  vi  è  un  pezzo  di  fpugna  ivi  nata ,  La  bel» 
leza  di  quella  Pianta  sì  ragguardevole  manifella  che  il  dono  fattone  al  Sig.  Mar- 
chelel’  Anno  tralcorlo  167^. fùdegnodellaregia  munificenza  del  Serenifsimo 
Principe  Cardinale  Leopoldo  de’ Medici. 

1 2  Cefpuglio  foltifsimo  di  Coralli  di  varie  forti ,  cioè  bianchi,  giallicci,  ci¬ 
nerei  ,  olcuri  (  ma  non  neri,  ò  rofsi)  llellari,  tubololi ,  e  fpugnnli ,  con  tramifchìa- 
ranel  loro  pedale  di  molta  terra  bianca, che  pare  argilla  di  Malra,  che  forlì  èdi 
quella  materia ,  della  quale  crebbe  quella  bizzarra  malfa  di  Coralli  diverli .  Per 
la  moltiplicità  de’rami  fémbra  un  Briareo ,  che  getta  datutre  le  parti  non  cento, 
ma  mille ,  e  più  braccia .  Alcuni  hanno  la  fuperfizie  folamente  lifcia ,  altri  fca- 
brofidima .  Dal  mezo  di  quello  curlofo  Cefpuglio  forge ,  e  s’ innalza  beUiffimo 
pedale  tutto  malficcio  di  Corallo  Bianco  di  lei  oncie  di  diametro,  che pofci&ii 
dilata  per  ogni  verfo  in  una  grandiflima  Pianta  di  quali,  innumerabili  rami  della 
fledamateriadi  Goratlobianco»  ma  però  fleliato,  ò  fia  pf^ticchiato di  (Ielle, 
Feltremitàde'quali  tende  al  giallo  *  Pela  tutto  quello  corpo  tanto  che  balta 
per  caricarne  un’ huomo . 

t  j  Pianta  di  Corallo  (Iellato  candidillimo ,  come  la  neve,  di  llruttura  in  gran 
pane  limile  allaprecedente ,  di  cui  è  poco  minore.  Sembra  artifiziolillìmo  lavo- 
rodiZucchero.  Di  quella  fpezie  di  Corallo  ne  porta  bellififima  Figura  ilCeruti 
nei  Mufeo  del  Calzolari ,  che  fu  pofciacopìata  dal  Molcardo .  ^  u.  ‘ 

14  Pianta  di  Corallo  candido  reticolato.  Così  può  chiamarli  una  Vegeta- 
2tbnedellalpeziede*Corallibianchi,chequìli  vede,  di  notabile  grandezza, 
come  non  minore  della  precedente ,  e  (ingoiare  non  tanto  per  la  candidezza  del 
colore, cbeèlatteo, quantoperlabizzarradilpoiizionede’rami,  i  qualieden* 
do  non  rotondi,  ma  compreiH,  dopo  elferfi  tra  di  loro  variamente  divili,  s’in* 
cavalcano,es*uiìKconointantiluoghi>checoRituilcono  come  una  Rete,  che 
non  dimora  oziola ,  mentre  rella  in  elTa  prela  la  maraviglia  di  chi  la  mira . 

1 5  Pianta  Tofacea  Marina  limile  al  Corallo  bianco ,  con  cinque  grolfi  rami 
rotondi ,cubero(i, ineguali,  e llriati,  di  materia  friabile,  tutta  evidentemente 
porola ,  e  (parla  nella  luperlizie  di  varii  tubuli  lerpentiformi ,  limili  a  quelli  de’ 

Vermi.  A  1  uogo  a  luogomoftra  le  reliquie  delle  (pugne  nate  vi  (opra.  Nella  ci¬ 
ma  de’rami ,  do  v’  è  Icrofciata ,  fembra  odo  abbruggiaro .  L’ ellremità  del  di  lei 
pedale  forma  una  baie  rotonda ,  e  tubeiola ,  come  nelle  corna  de*  Cervi ,  con  le 
quali  parimente  quella  Pianta  hà  qualche  limilitudine  di  figura.  Sotto  la  qual 
baie  fi  trova  una  cavità  moderata,  ma  iilcia,  che  fà  credere  quella  Pianta  nata 
lopra  qualche  pezzo  di  fcoglio  di  fuperfizie  rotonda ,  e  Iilcia .  Facilmente  cede 
al  tatto,  e  và  in  polvere ,  V iene  foRenuta  da  piedellallo  di  rame  dorato ,  che  fi¬ 
lò  Pian- 


gur^i^g  piè  di  Leone 


ciuf,  l,  6. 

£xtt,  C.2.& 

3* 

Afuf.  C4le. 


Aldr.  Z>fM. 
dral.l.i.p,8, 
&9. 

O.  Montélb. 
Cur.  Aiuti. 

r*  12. 


131  M  y  S  È  0  C  0  s  P  l  Ano 

t6  Pianta  confimilc  di  minor  mole.  : 

17  Troncodi  Corallo  bianco  di  tré  rami,  nato  (opra  un  fallo  vivo;  i  qual» 
ove  fono  rotti,  òlcrofciati,  mollrano  le  crcne  fimili  a  quelle  d*alcunc  Pietre 
Fungiti ,  ò  più  torto  de’  Funghi  pietrificati',  &  hà  la  fupcrfizie  tubulata . 

18  Diverfi  Rami  groflì  di  Corallo  bianco  friabile,  i  quali  fembrano  tanti 
pezzi  di  Pietre  Stelechite . 

19  Coralloide,  che  fpunta  da  un  gran  tronco  di  Pianta  Tofacea  bianca,  delti 
fpeziefopradefcrittacon  un  furto  1  ©tondo,  ma  contorto, biancheggiaute, che  do¬ 
po  un’oncia  di  lunghezza  fi  divide  in  due  altri  non  più  biancheggianti,mafofchi, 
i  quali  di  nuovo  fi  nunifcono  in  un  tronco  folo,  che  pofeia  fi  dirtribuifce  in  molti 
rami  neri,  che  a  luogo  a  luogo  s’unilcono,  cornei  primi,  formando  quafi  una 
mai  comporta  rete.  Hanno  in  qualche  luogo  alcun  vertigio  di  feorza  bianca 
fparfa  di  fpclfi  tubercoletti .  Finifcono  in  fottililTimc  diramazioni ,  come  le  radi¬ 
ci  capillari ,  che  fanno  un  gran  giro  piano  a  fimiglianza  di  ventagli  delle  Donne. 
Colle  quali  condizioni  s’accolta  molto  alla  Pianta  Retiforme  del  Clufio,  dili- 
gcntilTimamente  figurata  nel  Muleo  del  Calzolari ,  la  quale  per  appunto  ferve  di 
ventaglio  nel  Me  (fico ,  dove  nafee  in  copia  ne’  luoghi  Maritimi . 

30  Coralloide  con  faccia  d’ Abrotono,  nata  da  un  pezzo  di  MatriccdiCo.^ 
rallo  rolTo.con  un  furto  lottile,  rotondo,  curvo,  ineguale,  che  li  comparte  in 
molti  vcftiti di (corza bigia, tuberofa,chcfaci1mente  fi  leva:  i  quali  diraman¬ 
doli  in  molti  altri  roHeggianti ,  e  neri ,  s’ allungano  una  fpanna ,  e  s’ alTottigliano 
in  modo,  che  fetnbrano  radici  capillari;  quali  appunto  fono  rtate  credute  da 
taluni  «che  capovolgendo  la  Pianta ,  credettero  da  quelle  nato  il  Corallo  men¬ 
tovato,  più  torto  che  da  lui,  ò  (opra  di  lui  nata  quella  bizzarra  produzione  di 
Mare. 

ai  S'mili  a' Coralli  nella  generazione  fòno  que’ Funghi,  che  nafeono  ne’ 
lidi  del  Mar  Rolfo.cdel  Nilo,  di  furtanza  molle,  ma  pofeia  penetrati  dal  fugo 
pietrificante  s’indurifcono  in  confirtenza di  pietra.  De’ quali  potrebbe  qui fa«, 
vellarfi,  fe con  miglior  congiuntura  non  fe  ne  tratcalTetrà  le  cofe  pietrificate. 
Intanto  non  è  da  tralafciarfid’olfervaretrà le  Piante  acquatiche. del  Mufeo  uno 

^[quarcio  ben  grande  di  r. 

ai  MVSCO  RETIFORME  palurtre ,  che  fembra  un  velo  di  rara  tellìtura  dr 
finilfima  feta  verde  ;  per  la  qual  fottigliezza  di  Itami  il  Dottor  Ovidio  Montalba- 
ni  lo  paragonò  alle  tele  de’  Ragnatelli,  c  perciò  chiamò!  lo  RetìcHlum  Arachnoidei 
portandone  la  feguente  Figura  nella  Dendrologia  dcR’  Aldrovandi  con  queftof'^ 
noltro  fcherzo  Poetico ,  citato  dal  medefimo  anco  nelle  fue  Cure  Aaaiitiche, 
Rete  pardi  Natura  fumn^  tenuijfifua  ne^ens  • 

Stamina,  Numnct  f*t  agant  t  ftc  tkmnta  aafit? 


t 


Nel  qual  luogo  trovandoG  figurata  anco  la  Conferva  di  Plinio  i  è  d’ avvertirli, 
che  i  titoli  delle  Figure  furono  trafpofti ,  &  ai  Mufco  Retiforme  applicato  il  Dir 
Rico ,  che  fi  dettò  per  la  Conferva  di  Plinio , cioè . 

Tiloruw  involucrum f  quod  conferruminat  offa 
Dant  Fluvii .  An  vita  flamina  nere  fciunt  f 
Dove  fù  imitato  Prudenzio  in  quel  verfo. 

Contentum  involucris ^  atque  cubilibus. 

A’ Coralli,  inquanto  fono  confiftenze  petrigne;  dovrébbono  fucccdere 
le  Pietre  di  vcrfe,  e  cole  pietrificate.  Mapereffere  quelli  Itati  confideraticome 
Vegetabili,  per  non  ufcir  di  quell’ordine,  fembra  più  convenevole  il  favellar 
dopo  d’effe. 


Delle  Piante  di  Terra,  e  loro  parti ,  e  q>rima  delle  Naturali . 

Cap.  XXV. 


'I  ^  E  più  che  le  favole,  ò  le  cerimonie  antiche  può  nobilitare,  le  Piante  Futi¬ 
li  liti ,  ch’elle  portano  al  Genere  Humano,  io  non  sò  qual  Pianta  polla 
chiamarli  più  nobile  della  Palma  Nocifera,  da  gli  Antichi  non  conofciuta,  di  cui 
non  trovo  la  più  utile  tra  tutti  gli  Alberi,  perche  fola  ferve  a  tutto  ciò,  che  va¬ 
girono  le  altre  unite  a  benefizio  dell’  huomo.  D’elfa  fola,  come  coftumafi 
nelle  Itole  Maldive,  fi  ponno  fabbricare  di  tutto  punto,  e  Cale,  e  Navi,  e 
fornirle  abbondantilfimamente  delle  fole  merci  di  quella,  cioè  di  farina,  vi¬ 
no,  fapa,  aceto,  oglio,  latte,  miele, zuccaro, acqua femplice  ,&  acqua  vita, 
vafi  di  varia  capacità  fatti  de’ fuoi  Cocchi,  ftami,  tele,  ftuoje,  chiodi,  a^hi,  e 
libri  fatti  delle  di  lei  foglie,  funi  e  per  dar  fuoco  alle  bombarde,  o  per  fetvigio 
delle  Navi ,  anzi  di  ragia  per  le  medefime ,  &  altri  utenfigli  divertì .  Quindi  il 
Ghelfucci ,  Sacro  Poeta,  mentovando  gli  Alberi  deli’  Elifio  beato,  ne  cantò  dol¬ 
cemente.  "  ‘  "  M  -  - 


Gart..  ab 
Orta  H.  Pi 
c.  i6. 
Acifa  de 
fitnpl.  c.  12 
unjcot.c.yi 
JlXorm.l.i 
Muf.  f.  30 


*34 


M  y  s  E  0  C  0  S  P  I  A  N  0 


Kofair.  P. 
Cant.  ll.Jl, 
8o. 


L.  I.  var, 
Eptir.  z. 


Epìg.  fele^. 
nu%  34. 


^Idr,  l.  r. 
Jìendr.p.óz. 
Sf»ylat  in 
Vnn  Eptc. 
StatHit  III. 


Ivi  tutte  hai  le  Ca'/inemele ,  e  i  Favi 
B  d*  ibla,  e  di  Madera  ^  onde  fi  vanta, 

Tanto  I'  lbcro\  a  fabricar  le  Navi 
Tutte,  di  tutto  -punto j  Indica  Pianta, 

Ond'  arf e,  e  chiodi,  e  ragia-,  onde  ne  cavi 
E  le  farle,  e  le  vele-,  e  copia  quanta 
Ti  da,  che  ti  darebbe  un  vario  fuolo. 

Di  vitto ,  e  di  veflito ,  un  *  Arhor  folo , 

E  nello  ftcffo  propofito  il  Carrera ,  che  fù  il  Marziale  della  Sicilia  ] 

Palma  cibum,  potum,  vefies ,  thalamumque ,  cafamque 
(Apparat  ,  atque  eadem  me  tumulabit  humi , 

DaFiylus  efca,  latex  fontis  mihi  potus,  amiFlus 
Ejl  folium,  thalamus  il  r  amen,  idemque  domus. 

Sunt  que  is  regna  parum ,  funt  que  is  nihil  oppida,  0“  ttrbgs: 
Vna  A  bos  urbes,  oppida,  regna  mihi . 

Ecil  Padre Baldu  n  CabilIao,eruditiinfno  Giefuita. 

turbor  mei,  pluit  Arbor  aquas  ,  pluit  Arbor  Iacchum, 

Fila  par  it  Arbos,  0‘  fbi  gignit  acum. 

Exue  mordaces  fpinofo  è  peFlore  curas. 

Pro  Domino  Oeconomum ,  quam  colis  ,  Arbor  agit. 

Onde  a  me  fembra  di  poter  dirne  in  particolare,  ciò  chede  gli  Alberiinunivcr- 
fale  mi  venne  alla  penna ,  riferito  dal  Montalbani  nella  Dendrologia  òcll’AI- 
dro>/atidi ,  e  dallo  Scarlattini  nel  fuo  Epicuro  reftituito  alla  Fama,  favellando  del 
rinomato  Giardino  di  quel  Filofofo . 

K^rbor  habet  quacunque  cupis,  f  pabula  quaris. 

Si  Vcfles ,  Arbos  hac  tibi  cunela  dabit. 

Prodotte  da  quella  maravigliola  fpezic  d’ Alberi  qui  fi  vedono. 

2  Due  NOCI  d’ INDIA  con  tutte  le  lorocorteccie, di  figura  trigonale,  c 
di  groliezza  piùcheconfueta,clIendovencuna  non  minore  d’una  grolla  Zucca 
d’Italia ,  come  di  quali  tré  piedi  di  circonferenza,  Nafeono  quefte  (otto  le  fo¬ 
glie  a  otto,  ò  a  dicci  infieme,e  non  mai  manco  di  due  ,  veli  ire  di  due  notabili 
corteccie.  La  prima  delle  quali,  grolla  in  circadue  dita, è  tutta  sfilacchiofa,  c 
nelle  Noci  tenere  è  comellibile  ,&  hà  fapor  di  carciofFo,  ma  più  dolce ,  e  perciò 
meno  aftringente ,  ma  che  nulladimeno  dalTi  giovevolmente  ne’flulTi  di  corpo, 
e  nelle  debolezze  di  ftomaco.  Nelle  mature  fi  lavora  in  maniera  che  la  di  lei 
parte  più  fottile  ferve  per  fabricarne  panni  non  meno  nobili  de’noftrali  di  feta: 
e  la  più  grolla  fi  torce  in  funi,  e  gomene  da  Navi.  La  feconda  corteccia  imme- 
diaramente  a  quella  fottopofta ,  è  di  fuftanza  Icgnofa ,  molto  dura ,  di  color  ne¬ 
ro,  rifplendente ,  di  cui  fi  formano  di  verfi  nobiMfimi  Vali ,  come  quelli ,  che 
coflumavanfi  a  menfa  da  Solimano  Imperatore  de’  Turchi ,  &  altri ,  che  vedonfi 
nel  Muleo ,  e  fri  le  cofe  artifiziali  faranno  deferirti .  Nell’India  però  perlopiù 
s’abbrugiano,efe  ne  fà  carbone  molto  ufitato  da’ Fabbri  di  quelle  parti.  E  que¬ 
lla  feorza  Icgnola ,  come  rapportano  lo  Scaligero  ,  &  altri ,  c  piena  di  midolla, 
che,  frefea ,  fi  mangia  fola  ,&  in  vece  di  pane ,  &  hà  fapore  come  di  mandorla 
dolce;  e,  lecca ,  fi  riduce  in  ottima  farina  per  far  pane  di  molto  nutrimento .  E 
nel  mezo  di  quella  midolla  fi  genera  un’acqua  loavilfima ,  &  altrettanto  falubrc 
nelle  febbri  ardenti;  delladicuicondenfazionefe  ne  forma  un  nocciuolo,ch’è 
candidifiTimo,  e  di  fapordelle  mandorle  dolci;  del  quale  (premuto,  fe  fia  frefeo, 
le  ne  cava  un  fugofimileal  latte,-  fe  è  lecco  ,  fe  n’tflrae  ogiio  ottimo  non  folo 
per  ardere  nelle  lucerne ,  ma  per  condire  i  cibi ,  e  purgare  piacevolmente  i  cor- 
«medicar  le  ferite ,  3  Ci 


I  1  B  H  O  S  B  C  O  N  D  0.  CAP,  155 

3  Ci  fi  porrano  qùeifti  Frutti  dalle  Indie  Orientali,  &  Occidentali,  dove  gU 

Alberi ,  che  gli  producono  ,  fono  frequcntifsimi ,  e  s’ ergono  ad  altezza ,  che  fu- 
pera  di  molto  le  Ps  Ime  Giudaiche,  alle  quali  però  fono  molto  fimili  nelle  foglie, 
che  dagl’ Indiani  chiamanfio///?,  e  fervono  loro  di  carta ,  coftumandofi  dilerì- 
vere  in  effe  grinftrumenti  publici,  &  altre  cofememorabilii  oltre  diche  netef- 
lonottuoje,  enecuoprono  gli  edifizii.  Mè  mcnche  nelle  Foglie,  e  ne’ Frutti, 
fono  utili  quelle  Piante  nella  fuftanza  del  lor'Iegno,  mentre  ancor  vegeta  ,per- 
che  da  quétla  diftillà  ih  copia  il  Vino  di  quelle  parti ,  che  fi  raccoglie  in  quello 
modo v^Troncanffi rami  fuperiori  dell’Albero,  &  a’ccppi  loro  s'appendono 
de’ vali  ben  capaci,  che  s’empiono  in  un  giorno  d’un  liquore  ftillante  dalle 
parti  mouche,  il  quale  crudo  fi  beve, e  fi  chiama  e  non  è  meno  (pkkofo  • 
deli’ Acquavita,  a  fimiglianza  di  cui  egli  arde  gettato  nel  fuoco;  ò  fi  cuoce  un 
poco,  e  ferve  per  vino,  che  chiamano  ,  efiìcacifsimo  ad  innebriare. 

Cotto  con  più  accuratezza  diventa  fapa ,  e  non  cocendofi,  ma  efponendofi  al  So¬ 
le,  paffa  in  aceto  fortiflìmo:  e  còtto  mediocremente  ,  &  efpofto  al  Sole  ,  fi 
rappiglia  in  fuftanza  fimigliantifsima  al  Zuccaro,  che  chiamali De* 

Tronchi  poi  fi  fabbricano  Vtenfigli  d’ ogni  forte  ;  e  della  feorza,  eh’ è  molto  fo¬ 
da,  e  fi  ftacca  dall’ Albero  in  pezzi  grandiffìmi,  fi  compongono  fcalc,  intaglian¬ 
do  vili  gli  Ipazii  tra  un  grado ,  e  l’ altro,  le  quali  s’ ulano  da  i  Canarini ,  che  fono 
gli  Ortolani  di  que’  paefi ,  che  vi  caminano  fopra  con  velocità  da  volatile, 

4  Le  medefime  particolarità  fi  rinvengono  ancora  nelTavarrarè ,  ò  fia  Corc0 
d<Ùe  Maldive  Frutto,  che,  fe  non  è  il  medefimocollaNoce  Indica,  almeno  gli 
è  congenere  >  effendo  prodotto  da  una  fpezic  di  Palma  in  tutto  limile  alla  Nocife» 
rai  quantunquenon  manchino  Autori, cheriferifcononafeer’eglifottoleacquc 

del  Mare,  &  effere  poi  rigettato  alla  fpiaggia,  e  che  perciò  quello  goffa  chiamarli  KtiM. 

Cocco  di  Mare  quella  Cecco  di  T erra  ;  &  altri ,  che  dicano  generarli  egli  lotto  la 

terra  >  come  accenna  il  fopracicato  Carrcra,  che  pare ,  che  s’ intenda  di  quelli ,  là  taUui^, 

dove  introduce  la  PalmaSilveJlre(x:<3sì  da  lui  chiamata  )  a  dir  de*  fuoi frutti .  >46* 

P cetus  y  quos  parie  y  non  funt  cukunqne  petenti  L.  i.vari 

.  Prada ,  aut  contemptus ,  iudibriumvt  Noti .  f  P'X»  47* 

Sub  terra  hos  fixit  y  foliis  armavit  acutis 
Naturai  ali  opus  eli  falce y  ligone,  manu, 

E  v’hà  di  piùchi  afferma,  che  la  Terra  gravida  di  quello  Frutto,  con  ifeoppio  Nìenmh,U 
terribile  lo  partorilca  pieno  di  varie  gemme.  Stravaganza  di  parto  non  meno 
curibfa  del  nalciraento  di  Minerva ,  e  di  Bacco ,  e  perciò  degna  di  quella  fede , 
che  fi  pretta  alle  favole,  come  fi  è  parimente  che  lo  fteffo  Cocco  fcacci  da  fc  il  fer¬ 
ro  armato,  con  energia  in  tutto  contraria  aquelladellaCalamita.  Antipatia,  o  j  pg,  ^ 
che  predicata  da  un’ Africano  al  dottilfimoFrancefco  Redi,  incontrò  nelle  mani  ^arur.pagl 
di  sì  grand’huomol’Efperienza,  che  convinfe  di  giucolicre  quello  ftranicro, 

Ma  paffiamo  alle  parti  d’altre  Palme . 

5  Pezzo  di  Scorza  interiore  di  Palma  Silveftre ,  lungo  tré  palmi ,  c  mezo ,  e 
largo  cinque,  con  naturai  fembianza  di  tela  di  rara  tefsitura ,  in  cui  pare  chela 
Natura  habbia  ammaellrato  l’Arte  nel  teflere,  moftrandoglienc  i  primi  rudi* 
menti  nelcontefto  di  quelle  lunghifsime,  e  ben  fode  fibre,  che  compongono 
quella  Icorza  :  le  quali  con  tanta  regola  tra  di  loro  s*incavalcano ,  che  con  clat- 
tezza  maggiore  non  havrebbe  potuto,  òfaputo  commetterle  l’Arte  fatta  Mac- 
lira  nelle  mani  d’ una  ingegnofi  fsima  Aracne . 

6  Pezzo  di  feorzafimiie,  ma  di  fibre  più  fottili  compofto,  e  perciò  di  tefsi¬ 
tura  più  denfa ,  il  quale  nella  figura  al  naturale  rapprefenta  una  manica  di  gonna 
alla  Ff  ancefe ,  eor-ta ,  e  larga ,  ma  tutta  d’ un  pezzo ,  Fù  con  altri  fimili  cavatodal 

Ma  ~  Tron? 


15,5  M  F  S  B  0  C  fi  S  P  I  A  .V  0 

Tronco  giovane  d’ una  Palma  Selvaggia^ che  inticra/ì  vede  tra  le  Cofc  Naturali, 
che  fi  confervano  dal  Sig.  Iacopo  Zaponi ,  ^emplicifta  di  primo  nome ,  e  Cufto- 
de  dell’ Orto  publico  di  Bologna»  il  quale  in  legno  dell’ olfequio  da  luiprofef- 
fato  al  Sig.  Marchefc ,  ne  regalò  il  Muleo . 

7  Di  fimili  Scorze  emulc  delle  Tele  non  trovo  tra  quanti  Scrittori  trattanodi 
Piante,  &  in  ilpezie  delle  Palme,  chi  ne  faccia  menzione,  ballando  Ipro  d’ac¬ 
cennar  fojo  la  materia  sfilacchiofa  delle  Noci  Indiane ,  che ,  come  s’ è  detto ,  fo¬ 
no  I  Frutti  della  Palma  Nocifcra .  Mi  perfuado  però  che  di  quella  forte  di  fcorza 
fulTcrole  Velli  più  confuetc  degli  Anacoreti,  &  in  particolare  quella  tanto  fa- 
mofadiS.  Paolo  primo  Eremita ,  di  cuineeantp  ilGhelfuccj. 

Lunga,  VtHe  copria  la  nobil' Ima 

fino  al  t  alone  \  era  di  fporta  in  guifay 
Non  di  lanay  ò  di  lino\  era  dì  Palma 
Irta  y  e  di  fcorza  di  fua  mano  incifa , 
farea  la  fiola  ejfer  •veJiito  ,  e  palma 
De  le  fue  glorie, 

L,a  quale  poi  al  grande  Antonio  (  per  dirlo  coll’  cfprefsioni  d’ una  Penna  riveri¬ 
ta)  fervi  d’ ornamento  pellegrino  a  rendere  attonite  nelle  maggiori  folennitàle 
jint  Nac-  adonanzedomcftiche  , come  che  di  qnella  ruvida  fpoglia,  reliquia  venerabile 
earìàyScgno  del  Maeflro  de’ Penitenti  Solitarj,  molto  più  fi  prcgialle,  che  non  facevano  i 
d$  Nabucco  jv^alTageti  delle  loro  Vefti  di fcorze  d’ Alberi miftcriofamcnte  intagliate,  quan- 
p^epefià!'  tunque  a  pompa  (ingoiare  fe  le  reca  (Ter  o.  Invenzione,  che  da  MosèBarcefa 
yii.  ab  Al,  vien  giudicata  coetanea  d'Adamo  ,&  in  tutto  divina  »  riferendo  egli  che  le  vedi 
^Barc  fabricate  a  primi  noflri  Progenitori  fodero  di  feorze  d’ Alberi  ingegno- 

Lde  farad,  Rifinente  compoftc.  Sopra  di  che  cita  a  fuo  favore  il  Nazianzeno ,  come  nota  il 
Gea.c.^.ti,  Padre  Antonio  Naccaria  nel  Sognodi  Nabucco.  L’Opinione  però  del  Barcefa 
confuona  col  Sagro  Tello,  in  cuj  fi  legge.  Fecit  quoque  Dominus  Deus  Ada  y 
zip.  ^  Vxori  e\us  tunicas  pelliceas  ,  induit  eos , 

8  Tiene  qualche  lìmiglianza  colle  Palme  anco  la  Cuciofera,  eh*  è  l’Albero, 
che  produde  il  Frutto ,  che  qui  figurato  fi  vede . 

9  Sotto  nomedi  DOM  fù  portato  dal  Regno  di 
Dongolojcheè  una  partedell*Etiopia,qpefìoFrut- 
to, eh’ è  di  figura  limile  a  quella  d’un  Melo  Coto¬ 
gno  ,  ma  non  più  grodo  di  quello  poda  capirli  in  un 
pugno,  con  ifeorza  di  color  leonato  gialliccio ,  tut¬ 
ta  punteggiata  di  nero,  con  varie  cavità,  cagionate 
for(i  nel  leccarli  del  Frutto .  Sotto  la  qual  corteccia, 
eh’ c lottile,  ove  pe’l  viaggio  lungo,  ò  pe’l  tempo 
s’ è  rotta ,  fi  vede  la  polpa  fungofa .  Nell’  agitarlo  fi 
fente  crollarvi  dentro  un  garuglio  legnofo,  che  fem- 
brauna  Noce  rinchipfa  in  una  cavità  non  poco  di 
fc  maggiore .  Dal  che  appare  quefto  edere  il  Frutto 
della  Cuciofera ,  che  da  Teofraflo ,  fecondo  la  Tra¬ 
duzione  del  Gaza,  così  fùdeferitta.  Cuciofera  ,  qua  appellatur  ,  Palma  fmilis 

L  z  H  pi  *  [ìmilitttdinem  in  caudice  ,  &  foliis  reprefentans  :  fed  dtjfert  ,  quod  Palma 
'  '  indjvtdua  y  fmplexque  afurgitx  hac  ,  curn  aliquatenus  increverit  y  finditur , 

ftque  bifida,  itenimque  horum  utrumque  pari  medo  dividitur  .  Item  virgas 
breves  y  nec  multas  profert  y  cortice,  ficuti  Palma  y  ad  utenfilium  nexus  utuntur  , 
EdelFru  o  ne  foggiunfe.  Fruflum  peculiarem  parit ,  nam  ,  (fi  magnitudine  y 
&  figura,  (fi  fucco  fingularem  ,  quippe  magnitudine  ferme ,  qua  manum  impicat: 

roton» 


LIBRO  S  B  C  Q  Jil  D  0.  CAP.  XXP.  137 

r^tondum ,  mn  ehlongumt  colore  flAvicantem  ^  fucco  dulcem  ^  é'  ori  gratijfmum  ]; 
non  congeflum ,  ut  Palma ,  fed  fer  /tngula  dtfcretum  :  nucleo  magno, y  rnhemen-.. 
terque.  duro ,  es:  quo  annulos  verfìcolores  detornant ,  quibus  in  Uragulariis  vin- 
(ults  utuntur  »  ,  .  .  \ 

iQ  Frutto  parimente  del  Dongolo  fi  è  quello, 
che  fotto  nome  di  KABVR,  come  lo  chiamano 
quelli  del  Paele,  fù  portato  in  Tofeana,  e  d’indi 
trasferito  in  Bologoa  ad  accrefccre  le  curiofità  del 
MufeoCofpiano .  Dagli  Arabi  chiamali  Napclj,ò 
Blpach.  E’ lungo  quali  due  palmi,  e  grolTo  poco 
meno  di  quanto  fi  può  cingere  con  le  prime  due  de¬ 
ca  d’ ambe  le  mani ,  inarcate ,  della  figura ,  che  fe  ne . 
porta,  limile  a  quella  de’ Cedri,  vellito  di  cortec¬ 
cia  dura,  e  denfa,  come  hanno  le  Cocozze,  mafu- 
dicia  ,  con  qualche  veftigio  diVlanugine  nel  fondo , 
limile  a  quella  de’  Cotogni  j  e  nel  rimanente  lilcia. 

<3omincia  in  acuto  da  quella  parte,  con  cui  Ila  ap- 
pelo  all’ Albero  permezodinonlottil  piedicciuo- 
lo,  di  cui  ne  porta  feco  una  porzione:  &  ingrof- 
fandofi  a  poco, a  poco  fino  a  mezo,  e  pofeia  affptti  - 
gliandofi ,  termina  in  octufo .  Gli  riluonano  dentro  - 
i  lenii  feccativi ,  che  per  non  elTerfi  (pezzato  il  Frut¬ 
to,  nonlilono  Veduti,  ma  fi  giudicano  non  molto 
grandi .  Per  le  quali  fattezze  egli  corrilponde  al 

dell’ Alpino,  conolciuto  prima  dall’ Aldrovandi,  che  nelafciòIaFigù-  uldr.Dend. 
ra  addotta,pofcia  dal  Montalbani  nella  di  lui  Dendrologia  :  da  altri  detto  Abavo, 
e  dal  Giulio  llimato  il  dello  Scaligero  .  Ond’io  io  crederei  lo  lltfio, 

quando  non  gli  fulTe  folamence  congenere ,  come  fà  fofpettarlì  la  feorza  eguale , 
c  non  lolcata  alla  guifa  de’ poponi ,  come  hi  quello  del  Giulio . 

11  Frutto  del  Cedro  de!  Libano,  limile  alle  Pine,  ò  Noci  del  Pezzo,  ma  piu 
corto,  più  grolTo,  c  più  pieno,  com’efprelTo  vedefi  nella  figura  addottane  dal 
Mattioli.  E’gentilmente legata  in  argento. 

12  Pina  dei  Cembro,  che  è  il  Pino  Tarentino  di  Plinio,  e  la  terzafpezie  di 
Pino  falvatico  Montano  del  Mattioli,  men  grolla,,  e  meq  piena,  e  più  corta  di 
quelle  de’ Pezzi. 

13  Semi  deli’ ARATICV»,  eh’ è  Frutto  d’ un’ Albero  del  Braille,  di  cui  ve 
n’hà  due  fpezic  falubri,  &  una  velenola,  quali  nulla  difiìmili  nelle  fattezze. 

Quelli,  che  fono  d’ottima  condizione,  molto  fi  raffomigliano  alle  Mandorle 
elclufe dalla  gufeia  legnola,  emulandole  mirabilmente  ,  sì  nella  Figura,  come 
nella  grandezza,  e  colore  di.  quella  fottiliffima.  Icorza  fulva,  ò  rugginola,  che 
cuopre  la  loro  candida  midolla .  Furono  donati  dalla  corcefia  del  Sig.Franccfco 
Redi ,  eftratti  da  quel  Frutto  medefimo ,  ch’egli  con  diligenza  degna  del  luo  in- 
gegno  deferiffe ,  e  fece  figurare  nei  luo  dottilfimo  Libro  dell  ’  Efpcrienze  intorno 
a  diverfe  cofe  naturali ,  portandovene  Fimaginc  molto  più  clatta  di  quella  del 
Fifone.  Nella  quale,  oltre  il  Frutto,  fi  vedono  elpreffi  quelli  Frutti  intieri, 
edivifi. 

14  FAGIVOLI  MASSIMI  del  Brafile,  della  larghezza  d’ un’ oncia,  di  fi¬ 
gura  tonda comprelfa ,  edi  color  taqè  fcuro,che  intorno  all’occhio  ,ch’  èuero., 
biancheggia.  Sonocommeflì ,  e  concatenati  di  modo,  che  compongono  una 
corona  d’ una  polla ,  ò ,  cooje  dal  volgo  chiamali ,  un  Cavaliere .  Se  ne  trova, 

'  *  M  ^  ‘  men- 


■7«  DiofcAd 
<■.86. 

PU.is.c.10 
in  Dtoje.l.i 
e>  71. 


p.  mihi  54. 
TaV,6\ 


IJI  M  y  s  B  0  C  0  S  P  l  Aìi  0 

menzione  apprcfTo  il  ciucio,  il  Calzolari,  il  Mofcardi»  e ’i  Settata  ne*  loro  Mu« 
Ctuf.Kf.  lei,  Scaltri. 

15  FAGIVOLI  CORALLINI  d’Egitto,diquellafpezic,chedan’ Alpino 

deferì  veli  focto  nome  di  Sono  groffi  come  i  maggiori  grani  di  veccia, 

ma  di  figura  ovata ,  con  la  loramied  j  in  cui  confifte  il  loro  occhietto ,  da  Latini 
chiamato ///7/rx9,  nera,  nel  reflo  rubicondi,  e  lucidi,  come  il  più  vivo,  e  tipu« 
Jito  Corallo. 

16  COCOMERE  RETICOLATO  dell’ Egitto,  che  da  gli  Arabi  chiamali 
Lodeferive,  efigura il CavalierGio.Veslingio nelle ollervazionial Li¬ 
bro  delle  Piante  Egizzic  di  Profpero  Alpino,  alcap.  E'copertod’unafcor- 
za, che  prima  è  verde,  e  pofcia  gialleggia,  quand'è  maturo,  lottile,  la  quale, 
fe  fia  levata ,  come  in  quello ,  lalcia  il  frutto  abile  a  fervirfene ,  come  ufafi  ne’  pu¬ 
blici  Bagni  dc’Turchi,  in  vece  de*  Strigili  mentovati  dal  Satirico  Ligure  in  quel 
verlo 

/,  puer ,  &  BrigiUs  Crtfpini  ad  Balnea  dcftr  . 

Crede  il  Veslingio, che /e  nc  polla  lar  tela,  &  io  non  ci  ripugno,  riducendoli 
qucRo  Cocomerc  a  quella  forte  di  Cocozze  Arabiche ,  delle  quali  notò  Plinio, 
che  fe  nc  ficelTero  Rami ,  Nafcc  ancora  nell’  Egitto  1’ 

17  ABDELAVl',chcèunafpezicdi  Melone  da  Paefani  chiamato  altrimen- 

te  Cathe ,6  .della  quale  fe  ne  hà  nel  Mufcobellilfimo  difegno  al  naturale 

imiti  Quadro  miniato,  e  nobilmente  incorniciato.  Dalla  medefima  Provincia 
fù  portato  ancora  un  gran  pezzo  di 

Belton.  1.2.  i  8  Legno  del  Fico  di  Faraone  ^  che  ftel  Cattajo  chiamali  photely  e  nell’  Egitto 

è  il  Sicomoro  de’ Greci.  Di  cui  fi  feri  ve,  che,  tagliato,  fi  confcrvi 
/.  f.  j.  />.4?5  fcrapre  verde  ,  nè  fi  fecchi  ^  fc  non  gettato  nell’  acqua ,  nella  quale  dicefi  che  noo 

gl '  legni,  machefifommerga;  anzi  per  maggior  maravì- 
.i.fm  .2.  gl j  che  quando  è  Rato  un  pezzo  fommerfo  ne)  fondo,  emergadi  nuovo,  e  fi 
laici  vedere  nella  fuperfizic  dell’acqua ,  come  nota  l’ Ambrofini  nel  Trattato  de* 
Serpenti  dell’ Aldrovaodi .  QpcRo  pezzo  però,  chefi  vedenel  Mufcoèfecco, 
Strp  m$hi  da  me  nell’ acqua  di  pozzo,  non  degenerò  dalia  natura  de  gli  altri  Ic- 

4oj!  *  gni,  nuotando  egli,  lenza  punto  affondarli,  come  che  di  fufianza  non  molto 
denfa. 

19  Pezzo  di  legno  Efotico,  ieggferillimoal  pari  del  Severo,  quantunque  di 
fuRanza  non  così  rara ,  ma  molto  più  conRipaca .  Hà  colote ,  e  figura  naturale 
d’unPanedi  Frumento. 

20  Ramo  della  Pianta  de’ PiRaccht  d’Arabia,  da  cui  pendono  di  que’Frutti 
in  gran  copia. 

2  1  Ombrella  del  Gingidio  di  Diofeoride,  Pianta  ,  che  nafee  copiofa  nella 
Soria, con  gran  fimigiianza  della  Vifnaga  Bolognefe. 

21  ROSA  di  GIERICO,  detta altrimentc  ROSA  di  S,MARIA,porra- 
tadi  Paleflina da  un  Pellegrino, che  vifitò  il  S.ScpoIcro.  QueRa  è  una  Pianta 
lecca,  non  più  alta  d'unpalmo,  ma  fruticofa,  co’ rami  raccolti  (come  appunto 

Cafì.f.i79.  vienfigurata  nella  nuova  edizionedell’Erbario  di  CaRor  Durante)  quali  pcr- 
che  nelle  loro  drvifioni  formano  molti  ternarii,  diedero  motivo  ad  alcuni  begl’ 
Ingegni  di  Proporre  queRa  Pianta  per  Simbolo  dell’ AuguRifflma  TRIADE. 
Non  credo,  che  fuRe  conofeiuta  da  gli  Antichi,  non  trovandoli  predodi  loro 
dclcrizione ,  che  in  tutto  fe  gli  addarti .  Ncd’hà  pur  to  che  far  con  le  Refe ,  ben¬ 
ché  nc  porti  abufivo  il  nome  ;  anzi  nè  men  nafee  nel  Territorio  ,dove  fù  Gierico 
(benché  lo  ferivano  molti,  tra’ quali  ilMuoRero)  fc  non  c'inganna  il  Beilonio, 
che  oonhavendo  potuto  ritrovarla  colà,  fìcome  prima  l’haveva  olTcrvara  nelT 

Arabia 


L  l  n  K  a  S  B  C  0  N  ù  0.  CAP.  XXV,  13P 

Arabia  ^  nelle  Arene  deferte  del  lido  delTEritreo,  ne  lafciò  fefitto.  H^c  ^/««^^86.*^^’ 
Hierieha  no»  nafeitur ,  fed  eam  in  Arabia ,  deferto  ntaris  rubri  littore  per  arenas 
nafceàteobfervaverafnus .  Onde  mal  s’ appongono  quelli, che  ingannati  dal  nome 
(impoKìogii  »  fe  ben  mi  rammento,  da  Ùft.  Interpreti  di  Mefue)  credono  quella 
effere  la  vera  Rofa  di  Gierico,  mentovata  neirÈcclefiaftico  ,  dove  in  perfona 
della  Sapienza  fi  legge  ^aafì  Plantatio  Rofa  i»  tìiericho  :  poiché  tutti  li  Sa-  ^^•24* 
cri  Spofìcori  in  quefto  luogo  Icttcralmente.intendono  la  Rofa  di  color  di  carne , 

<& in  particolare  quella  nobililfima  fpczie,  che  fpiega  nel  Fiore  centocinquanta 
/bgile,dallé  quali  notano  Bernardo  Luccmborgo,  &  Alberto  Brandano 
flato  prefo  il  numero  delle  Salutazioni  Angeliche  nel  Rolario  di  Noflra Signo* 
ra,comechcquefta  vaghiflìmafpezicdi  Rofe,  che  ben  può  dirli  Fafctc,Rof. 

Coronato  rampollo  fa.pfif.zS, 

Del  terre»  P  aradi  fa ,  29.  30. 

nalceffecopiofanegliOftidiGierico,  e  per  la  fingolar  bellezza  de’ fuoi  Fiori 
iuffe  paflTara  in  Proverbio ,  e  pofeia  in  Simbolo  ben  degno  della  Gran  Vergine  »  Fier!corer-< 
la  quale  perciò  dal  noftro  Vida  vien  chiamata 

■il  -iiw  tèneri  qualis  Rofa  piena  pudoris . 

InpropoficodicheProlperoMartinengio,  chcfùil  Pindaro  Greco  di  Erefcia,  ».  77.* 
nella  lua  eroditifsima  Teotocodia,  fpiegando  il  foprdcitato  palio  della  Sacra 
Sctittura,cftntò. 

Si  queat  fentire  pulcer  quifque  Flos  decus  fuam^  Theottc 

Non  fuis  praHure  tantum  fe  Rofa  una  cerneret 
Dotibus  f  fed  Virgo  dieta  qued  fuo  de  nomine  *fi , 

Hac  Rofa  infìgni  colore  '  H  blanda  y  fuavìque  halitu  y 
PurpuYafcens  caritate  y  puritate  candicansy 
Suavius  fpirans  amomo ,  blandiufque  balfamo ,  é‘c. 

Et  il  nollro  Paolo  Mufeonio  »  nella  fua  Manade ,  Poema  Sacro  della  Vita  della  v 

Beata  Vergine  lafciò  fcritto .  , 

Vt  Rofa  odoriferis  nitet  Hierichuntis  in  hortis  y  L  i.  Ma* 

Acque  àlias  fiores  fpeck  fuper eminet  omnes.  riaà.v6i\. 

Per  vera  Rofa  parimente  rinteferoFrancelco  Alfonla  Donnoli,  Poeta  amico, 
che  nelle  fuefpiritofilfimePoefie  Liriche  notò 

J/a  ben  cadono  a  terra  3* 

C  cric  he  Rofe  allori  fe  fa  che  domi 
Borea  ne'  fuoi  Giaidi»  gli  Efperii  Pomi. 

Et  Ottavio  Scarlatini ,  il  Rilloratore  dell’  antica  noftra  Accademia  de  griinma» 
tufi,il(Jualccosìconchiufettn’OdafoprarISantifsimo  Rofario. 

Del  bel  Gerico  ornai  colga  la  Rofa, 

1 3  Altri  poi ,  come  Valerio  Cordo ,  furono  di  parere ,  che  quella  Pianta  fuffe 
r  Amomo  de  gli  Antichi ,  ma  parimente  s’ ingannarono ,  non  havendo  ella  cofa 
alcuna  di contmunecon  l' Amorao  defetitto  da  Plinio ,  II  Gefnero  llimò  ch’ella 
fulfe r  Afpalato.ma  fimilmente§bagliò,non elTendoquella  Pianta fpinola ,  co¬ 
me  viene delcrittó  rAfpalato ,  Giovanni  Sturmìo,che  nc  fcrilTc  un’cruditilsimù 
Trattato,  la  dichiarò  fpezie  più  tollo  di  Violai  che  di  Rofaj  maparmi  che  co^  Sturm.  de 
glielfe  nel  legno  nulla  più ,  che  fe  la  canonizavapcr  Rofa  »  fe  tutto  il  più  non  fuf-  Refatìttrtc, 
fel’haverlainral  modo  annoverata  fra  le  Piante,  che  non  hanno  fpine.  Con- 
ciofiecofache  in  quella  del  Mufeo ,  eh’  è  moltorramigliofa,  io  non  ci  sò  korgerc 
confronto  alcuno  con  veruna  delle  Viole  fin’hor  conofeiute  da  Botanici  ,òfi  pa¬ 
ragonino  itami  iòle  foglierò  ifionVòrfemi,6he  in  bicone  fi  trovano,  i  quali 

talvolta 


Vkàopp. 
Trait.  de 
Mat.  Mtd. 
c-  i8.  tn  1,1, 
Dtefc,  ■  . 


Mettiol,  ìh 
Dtefc.  U  i. 
€-  14. 
Aiejcard, 

/•  3.  Mttf, 
e.  137., 
Céi/ieU.  l.  3. 
fuit  Peregr. 


Sturm.  he, 

ettu 

Beyerl.  tn 
Th.  H. 
T ,  6,  :R.  f, 
3^5.366.. 


140  "  S  E  0  C  o  ^  P  ^  ANO  . 

talvolta  nafeono  anco  nciricalia.  Ma  più  che  di  Rofa ,  d’ Amomo,  d’Afpalato, 
edi  V'iola  cllahà  faccia  di  Miagfo  janzi  ilfeme,che;ra!ora  ne’ di  lei  rami  fifeor- 
ge,  molto  fimile  ad  un  capo  d’ Vece  Ilo,  col  Koltro  alquanto  curvo,  quale  appun^ 
tos’odei  va  in  alcuni  Miagri,  la  manifelta  loro  congenere..  Che  però  con  gran 
ragione  trà  quefti  vien  collocata  da  Iacopo  Zanonifamofo  femplicifta  de'  nofiri 
tempi,  come  vedràfsi  nel  primo  Volume  delle  lue  Piante  Nove,  ch’egli  è  per 
publicare  in  breve  con  bellifsime  Figure  in  Rame . 

24  DeHc  virtù  poi  d  i  tal  Pianta  lì  raccontano  maraviglie  ,  cioè  che  tefifta  a 
fulmini,  non  lakiandodaloro  offenderli  la  cala  dov’ellafia  conlcrvata,  e  clic 

■,  faciliti  l’efclulìone  del  Feto  alle  Parturienti.  Ncciòcredcfi  dal  volgo  folo.ma 
1  vien  affermato  da  Gabriel  Falloppio ,  che  fù  uno  de’  primi  Medici  del  Secolo  fea- 
'  duro .  L’ uno ,  e  l’ altro  però  di  quefti  effetti  mi  fembra  più  imagmario,  che  reale. 
Del  primo  ne  laido  la  fede  a  chi  lo  fcrifle  primiero ,  non  effendo  in  mano  mia,  nè 
d’ huomo ,  che  viva  il  farne  l’elperienza ,  che  convinca .  Del  fecondo  pollo  dire, 
che  non  liariulcito  in  alcuni  Patti  difficili,  ne’quali  fono  morte  le  Parturienti, 
e’I  Feto  ancora ,  lenza  che  nulla  habbia  giovato  loro  la  prelenza  d’ una  di  quelle 
Piante , quantunque  Ipiegatalì  nell’ acqua ,  dov’era  infula ,  come coftumano  al¬ 
cune  Mammane.  Dai  che  di  vantaggio  apparenonelTcr  vero,  che  quelle  Rofe 
non  s’ aprano  quando  la  Parturiente  lìa  per  morire,  ò  che  il  Feto  lìa  morto ,  come 
notò  Arrigo  Callellano  nel  luo  Peregrinaggio  di  Gierulalemme,  Pofciache  le 
medelì  nes’apronoogniqualunquegiorno,  &hora,  incuiliano  immerle  nel- 
r  acqua ,  e  ciò  non  per  miracolo ,  come  taluni  lì  pei  luadono,  ma  per  loia  azzione 
naturale  di  quell’  umore,  che  inlìnuandotìne’  pori  de’ di  lei  rami  lecchi ,  col  gon» 
fiorii fà che tìdillendano,, e  s’allarghinoJn  giro.  Non  ardirci  però  di  negare, 
che  non  polla  aprirli  anco  fenz’  acqua ,  maffime  in  tempo  umido ,  affermando  lo 
Sturraio,e’l Beyerlinchd’haverla  veduta Ipontaneamcnte  apertanel  giorno  di 
Nàtalei  anzi  lo  Sturmio  aggiunge  d’haver  oflèrvato  il  medefìmo  effetto  in  alcu¬ 
ne  Felle  della  Beata  Vergine.  Il  che  le  lìa  per  miracolo,  merita  particolar  ri- 
■flclTione. 

25  Radice  di  Giunco,  i  ceppi  de‘ cui  germogli  dilpolli  in  due  lunghe  file,  e 
tutti  nell’ altezza,  e  nella  figura  egualiffimi,  lembrano  lludiato  lavoriod’in- 
gegnolo  fcalpello ,  quantunque  l’ opra  non  fia  d’ altro  artefice,  che  della  Natura . 


Be'  Moflri  nel  genere  delle  Piante, 

Gap.  XXVI, 

I  V  7  Onal:rimente,chenegli  Animali  più  perfetti,  giuda  i  faggi  di  fo^raad- 
dotti  in  più  luoghi  del  primo  L  bro,  accadono diverlc  Moftiuolità  an¬ 
co  nel  genere  delle  Piante ,  come  quando  in  alcuna  parte  di  loro  fi  olTervano  fi¬ 
gure)  che  niuna  convenienza  naturale  tengono  con  elle,  confuetea  prender 
tiut’  altra  configurazione ,  Cosi  è  adi  venuto  nelle  Icgucnri  bizzarrie  del  Muleo. 
.  2  Due  Quadrati  di  legno  d’ Oliva,  tagliati  tutti  d’ un  pezzo,  ne’quali  la  Na¬ 

tura  da  ambe  le  parti  così  maeftrevolmente  elprcffe  in  profilo  una  TESTA  di 
VECCHIA  riguardanteallo’nsù,chcforlinonfùpiùaÌnaturalela  dipinta  da 
Zeutì.  Onde  che,  con  tutta  verità  può  dirlene, 

—  I—  —  Jimulaverat  Artem 

Ingenio  Natura  fne. 

lo.pcrò  vi  fottolcriffi  quello  fcherza . 

cernis  vultum  longava  ejl  Nodus  Olivt , 

.Pad oda  Piclricem. Jìc  mamfejìat  opus, 

‘  "  Ma 


L  ì  'S  R  a  S  E  C  Q  K 


Maeccone  1’ Imagine. 

3  Era  queÀo  I^jodo  m  una  Mazza  da  bat¬ 
tere  i  pieghi  delle  flettere ,  che  trovavafì  tra 
di  verfeQuriofiti  Taccolte  dal  Sig.  Iacopo  Za- 
noni ,  Semplicità  di  primo  nome  »alcre  volte 
mentovato  :  il  qualea  perfuafìone  del  Signor 

Dottor  Mpnt^albani  facendola  legare  itj  tà-  ^  _ 

gliele  lottili ,  éc  in  tal  guifa  moltiplicandone  le  figure  ,  che,  quanto  più  dilten- 
devafi,  tanto  più  naturali  appari  vano,  ne  onorò  il  Mufep,  e  ne  regalò  infieme 
U  Indetto  Sjg.  Montalbani,  ?he  ne  iìgurò  i  luoi  legmenti  in  più  Opere  ,  cioè 
nella  Dendrologia  dell’  Aldr.ovandi ,  ove  parimente  fece  menzione  di  quelli  del 
noftroMufeo:  e  nel  Libro  intitolato  V  Hunor  de' Collegi  deW  Arti  ài  Bologna,  ^ 
e  nelle  lue  Cure  Analitiche ,  Anzi  per  haverne  jl  medefimo  communicato  uno  al 
medefimo  P.  Chirchero  fù  cagione  che 
quel  gran  Letterato  ne  portalfc  1’ Imagi¬ 
ne,  e  ne  favellaffe  nel  fuo  Trattato  del- 
r  ObelifcoGhifio.  Hà  per  tanto  rag  one 
d’apprezzar  quelli  luoi  Segmenti  il  Sig. 

Marchefe ,  non  meno  di  quello  havrebbe 
fatto  un  Seneca ,  il  quale ,  nato  in  tempo , 
chenon  mencuriolamcntc,  che  le  Perle 
nelle  Conchiglie ,  ne  gli  Alberi  fi  cerca¬ 
vano  i  Nodi ,  le  cui  macchie  cqp  bizzarri 
ondeggiamenti  s’  avvi! appallerò  ,  non 
perdonò  a  Ipela  alcuna  per  radunare  li¬ 
mili  curiofità ,  come  furonoi  cinquecen¬ 
to  Defchi  di  Cedro,  ch’egli  polledette, 
per  gruppi ,  e  macchie  bizzarrifiime  pre- 
ziofi,  portati  in  su  piedi  d’avorio  di  mi¬ 
nor  intaglio  :  l’ eccelfi  vo  prezzo  de’  qua¬ 
li  può  argomentarli  da  ciò ,  che  d’ un  lolo 
egli  Icrive .  Video  menfas  ,  dice  egli ,  & 
aHimaiitnt  lignum  Senatoris  cenfu  :  eò 
jiratiofius ,  quo  illud  in  plures  nodos  Arho- 
ris  infelicitas  torjìt . 

4  D’ altra  Effigie  di  Telia  humana, 
cioè  d’ un  Vecchio ,  dalla  Natura  dipin¬ 
ta  in  un  pezzo  di  marmo  cotognino,  tra 
le  Pietre  diverle  di  quello  Muleo  favel¬ 
lali  al  Gap.  XXIX.  num. 

5  Ramufcello  di  Quercia,  di  due  anni 
in  circa ,  con  un’ elcrelcenza  all’  intorno , 
che  rapprelenta  al  vivo  una  mataffa  di 
VISCERE  d’ Animali  ,  ulcitegli  come 
dal  ventre,  non  altriraentc  appunto,  che 
le  li  fulTe  in  elio  difFula  1’  anima  lenfitiva 
di  quelle  Quercie ,  che  trà  le  altre  Piante 
gli  antichi  Poeti  finfcro  progenitrici 
de  gli  huomini ,  Icrivendone  Valerio 
Fiacco. 

Olim 


defili» 
/.  I.  inPro- 

/«j.r/r.Man-- 
ftro(,a:p.85. 
Màhtalb. 
Hanoc  dell* 
Atti  f. 

Jd.  Cur. 
Aoal.  p,  zS. 


BartolKkr. 
del  Sav.Lu 
C‘iz.&  Geo, 
ir,  Mor,  c.f 


Sen.de  Ben, 
1.7.  e.  9. 


Montalkin 
froleg.  ad 
Dendretfg, 
j^ldrov  Rh’ 
brte.  Fabu* 
lofa ,  f.  87. 


Flmc.  /.  ro. 
jiraian. 


142  U  P  s  E  0  l  A  N  0 


£,4.  Thtb, 


Tdlf.OtrHf. 
C.  it.  lé. 


B»mhic,  V, 


Olim  Ahies  y  Alni,  ^V^RCVS  ^  V&giqne  fertbant 
Cruda,  paer^ria  ,  &  populei  uotbrofa  creavit 
F opulus t  &  facta  viridis  puer  excidit  Orno, 

Ii  che  parte  imitò,  parte  copiò  Stazio,  coetaneo  di  Valerio,  ma  più  giovane, 
quando  fcriile 

nondum  arva,  domufque,  nec  nrbet , 

Connubiifjue  modus  \  ^fERCFS ,  Laurique  ferebant 
Cruda  puerperia ,  <jr  populos  umbrofa  creavit 
Fraxinus ,  ér  foeta  viridis  puer  excidit  Orno , 

AI  che  allufe  l’ Omero  Tofeano ,  quando  favellando  dei  Bofco  incantato ,  Cantò 
Fermo  il  Guerrier  ne  la  gran  piazza  ,  afffa 
In  maggior  novitate  allor  le  ciglia. 

J^FRCIA  gli  àppar ,  che  per  fe  Fie(fa  incifa 
K./Ipre  feconda,  il  cavo  ventre,  e  figlia, 

E  prima  il  noftro  Vida , 

•  —■■■■!  in  flvìs,  ceti  quondatn  more  ferarum 
Degebant  homines  antiquo  ROBORE  nati. 

Et  altrove»  y^nte  homines  nati,  durum  genus.  Ilice  ruptil, 
é  Per  lo  che  in  difefa  delle  Querele  fclamava  quel  Poeta  Greco,’ 


Zonaftpii, 
ftt  Amh.l.i 

de 


11% 8/1 ,  TùÌT  Cahdfur  ‘reip  (xuTfpa  fdS’eo  nCptam  , 
♦  «'J'e».  yvif<LKttLf  F  ÌKKipàlii^t  tÌivy  , 

M*  »  tci'yIì  ToWetMyfor  irahlofit , 

ri*  Tflfot,  «*  Tttu'rUu  aci/ilAf«f  Ko'napar. 

Tiiao'3^/  F  'irx*  <r^y»V  wtMtu/, .  Koki/m  ydp 
A’ (dir  de  •x-ft'jtftu  (Ainifif  Ji'tì  J'/in'tf, 


Che  così  tradufll ,  come  leggelì  nel  Trattato  li.  del  V olume  II.  della  Dendrolo¬ 
gia  dell’ Aldrovandi ,  manuferirto  presogli  Eredi  del  Dottor  Montalbani. 
Glandiferas  ^VERGVS  e xc indere  parce,  coione, 
lei  (bus  at  Ptnus  ft  feopus  ifla  tuis .  • 

picea  ,  aut  ficcis  hac  Arbutus  horrida  ramis , 
c^ut  multos  truncos  hac  Paliurus  habens. 

Sit  procul  k  .^EERCV  ferrum  :  de  Matribus  ortum 
.^VERCVBVS ,  antiqui,  quenque  fuife  ferunt, 

7  Efagcrazioiie ,  checonvenivaa  chi  piago  quello  Ramulcello,  giàcheegli 
cfciufe  quella  moftruofa  fembianza  di  vifeere  animali,  per  edere  llato  ferito 
quando  era  ancor  tenero:  edendogh  perciò  ufeito  dalla  parte  effefa  tanto  fugo 
vitale  ,  che  rappigliahdofeli  intorno  nella  guifa ,  che  andava  fluendo ,  prefe  con 
facilità  1‘ accennata  forma  d’ intfftini .  Fù  odervazione  del  mentovato  Dottor 
Montalbani,chcncregalòilMu(co,enefavellò,  e  portò  la  Figura  ne  i  Prole¬ 
gomeni  all’  Iftotia  de  gli  Alberi  dell’Aldrovandi,  alla  Rubrica  delle  Moftruofità, 

AIA.  Deità,  con  quello  noflro  Diltico . 

’’  yberior.  Lignum ,  f a  ttira  evì/cerat:  iflud 

Cum  FruFfus  nequeat,  Vifetra  nuda  parìt . 

8  Ramo  d’OSlACANTA,  ò  fia  Acuta  Spina  (che  c un' Albero  fimilcal 
lelvatico  ,  ma  minore,  c  molto  fpinofo,  d’onde  trade  il  nome)  il  quale 

C.Dur.fX.  f'cne  la  figura  naturale  d’una  COLONNA  COCLIDE  di  cinque  ben  re¬ 
golate  volute,  come  moftra  1’ Imagine  addotta,  che,  oltre  ^Originale  ,  lì  trova 
nelMufeo.  Fu  cagione  di  quefta  bizzarria  un  tralcio  di  Periclimcno  (erba  ne¬ 
morale,  che  come  l*Ellcra,c  i  Vilucchi,  ma  più  tenacemente  s’avviluppa  intor¬ 
no  alle  piante  vicine)  il  quale  avviticchiatofcli  ftrettamente  alfintorno,  quando 

quello 


LIBRO  S  B  C  0  N  D  0.  CAB,  XXVU  145 

fuetto  Ramufcello  era  tenero,  nè  cedendo  airaumentarfi  del  le¬ 
gno,  mentre  fortemente  comprimeva  le  parti,  eh’ egli  cingeva, 
lalciòcrefcere  Ipeditamentelolo quelle,  eh’ ei  non  venne  a  toc¬ 
care,  rimanendo  quelle  altrettanto  gonfie  ,  quanto  incavate  le 
compreffe,nelIequaliaIuogoaIuogo  s’olTervano  i  pezzi  del  fu- 
detto  tralcio  di  Periclimeno,chc  loprafatti  dal  crefcercdeirOfia» 
canta,  non  hanno  potuto  fepararfi  da  per  tutto.  Per  tal’ effetto 
queft’Erba  chiamali  convenevolmente  da  molti  Ligabofeo  ,  e  da 
altri  come  quìful  Bolognefè,  Madrefelva^  perche  con  quanti  hà 
tralci,  come  con  tante  braccia ,  quali  Madre,  ftrettamente  cinge ,  & 
abbraccia  le  Piante  prolfime.  Così  chiamòlla  ancora  l’eruditif- 
iimoMonlìg.  Baldàllare  Bonifaccio,  Vefeovo  Giufiinopolitano, 
di  cui  ben  potè  dirli  nella  nollra  Crilomeleide, 

novus  eli  Nafo,  Gens  Rhodigina,  tuus , 

Quelli  leggiadramente  favoleggiando  lui  naturale,  nella  Meta- 
morfoli,  ch’egli  ci  propofe  del  Periclimeno,  così  al  noftro  pro- 
polìto  lalciò  fcritto . 

Ter  fiat  adhuc  virtus  ,variajque  dat  He^ba  figuras  ^ 

Brifeo,  0“  apud  Pyltos  nomine  gaudet  adhuc. 

Hanc  verò  Ma  rem  filva  nova  lingua  vocavit 
Di  quella  Colonna  Coclide  naturale  d*  Ofiacanta  ne  regalò  il  Mu- 
feo  il  Sig.  Dottor  Montalbani ,  il  quale  ne  f à  menzione ,  e  ne  porta 
la  figura  nella  fua  Dendranatome  ne’  Prolegomeni  all’  Illoria  de 
gli  Alberi  dell’ Aldrovandi  alla  Rubrica  delle  favole,  con  quello 
fuo  Dillico . 

'Mater  habet  Nati  circundare  brachia  collo. 

Iste  Columnatam  conglobat  effigiem. 

9  Ramufcello  di  MELO  moftruofo,  come  quello,  in  cui  per  la  copia  del 
fucco aumentale,  che  fregolatamente  regolato  ufcì  in  più  germogli  uniti  in  li¬ 
nee  prima  parallele,  e  poi  curve,  s’ è  introdotta  la  capricciofa  figura  d’un  biz¬ 
zarro  Capriolo  di  (coltura  a  gtottefeo,  quali  che  la  Matura  fazia  d’havef  feria- 
mente  dileguato  tutte  le  altre  parti  di  quell’ Albero,  in  quella  habbia  voluto 
tradullarfilcherzandù,  perche  le  ne  canti  col  Benamati,  che 

T alor  fra  fcherz,i  alleggerir  fua  cura  , 

Come  curiofità  degna  d’cflervazionc  mi  fù  donaro  dal  Conte  Gafparo  Bomba¬ 
ci,  colto  in  una  luadeliziofa  Villa  fuori  di  flrà  CaRigiione ,  nella  Primavera 
del  1671. 

10  NOCE  commune  col  Garuglio,ò  Midolla  dalla  Natura  effigiato  in  for¬ 
ma  d’ un  DRAGO ,  quanto  terribile  nel  fembiante  ,che  fimboleggia  il  nocevo- 
le  dell’ombradeliaPianta,di  cuifùcanraro. 

Vmbra  nocete  Pafior  difeede ,  Jub  arbore  femnos 
Carpere ,  five  moras  ,  pernkiofa  quies . 

Altrettanto  (aiutare  nella'loltanza ,  eh’  è  un  potente  aleffifarmaco ,  fcrivendone 
un  Poeta  gran  Medico. 

— —  — —  fugat  hac  quoque  dira  venena , 

siccat^  (jr  adfiringit,  purgat .  peli i que  medetur  t 
Abflergit ,  tenuat ,  contraque  hominifque ,  canifque 
Mac  rabidi  morfus  ppllet  . 


tt.  t9ZJ 

Chryfomel, 
V.  141. 
Btbl.  spreti 
i>P-  S06. 

Mufar.  l,  6. 
».  9. 


Dendran, 

p... 

Dendrtl. 
p.  ^9’  90» 


Fin.  Nav, 


Carreralz. 
var.  eips^it 


Cafl.  T  »r.f, 
mthi 


Onde, 


1  'V-':- 


iL-  htg.  fH 
NtÀ  Cdfià 
v.69,(ìr  af. 
jfldr.  Ded, 
i*  i»  T >“•  I* 
e.  6.  (.  310. 


’Jlp.  JlfòtaU 
ttb.  infer. 
L’  Honor 
ceirArtijp. 
81.  82.  & 
Cur,  Anél, 
t.  34. 


Ar^M.l.x, 


L.L.  Tati, 
Metaphyt. 
l,  z.ep.S, 


144  MP  S  B  0  CQSPIAHO 

Onde,  fel'  Antichitd,avvezzaacibarfidi  Ghiande  communi,  aifaggiate  fc  No¬ 
ci, etrovatclemolto  più  faporitediquelle ,  le  chiamò  per  eccellenza  Ghiande 
di  Giove,  come  accennò  chi  fcrifTe  in  perfona  di  quel  fìnto  Nume. 

Sicque  à.ilt  BofArtFi»  fipiens  te  dixerit  Hellas , 

GLANS  etenim  deinceps y  feu  lOVlS  ARBOR  eris. 

Quella  non  meno  d’Efculapio, che  di  Giove  potrebbe  appellarli  la  Ghianda, 
mallime  fimbolcggiando  il  di  lui  falutifero  Serpenre,  a  cui  mi  cadde  in  acconcio 
il  paragonar!  a  col  lottofcriverci 

E  Nfteis  orbe  Braco  prò  carne  falntifer  exit  y 
No»  fuit  Afclepi  fabula  vana  Braco. 

Havendone  prima  notato . 

Lethiferi  funt  quos  Bellus  alit  Afra  Dracones  . 
o//  contra  hic  reprimit  dira  venena  Draco, 

Il  chefàfowenirmi  d’unLimonc,  che  gli  anni  addietro  vidi  con  la  fembianza 
naturale  di  ceffo  di  Dragone ,  mentovato  nelle  Cure  Analitiche  del  Montalbani 
con  quello  nollro  Icherzo 

Horrida  Serpentis,  Limo»y  quid  Rojlra  figurati 
Hefperius  CuBos  incipit  efie  fibi . 

Ma  la  figura  di  Dragone  tanto  più  mirabile  riefee  in  quella  Noce,quanto  eh*  ella 
ne  rapprefenta ,  non  una  parte  fola  ,  come  il  fudetto  Limone ,  ma  tutto  intero  il 
corpo,  in  atto  di  mirar  filo  qualche  oggetto,  quali  per  avventarlegli .  Per  lo 
che  di  gran  lunga  cedono  a  sì  bizzarra  mollruofità  tutte  le  altre  Noci  ftravagan» 
ti ,  c’  hò  veduto ,  come  le  Tricoftali ,  le  Quadr  j^oftali,  e  quelle ,  che  al  contrari© 
fono  lenza  colle,  col  gufcio,e  due  midolli  Turbinati , eie  Rollrate,  ò  fiano  ef¬ 
figiate  in  forma  di  Rollro  di  Nave,  òd’Vccelk),  delle  quali  fovviemmi,d’ha- 
ver  Icritto  Vel  Navis  ,  vel  Avis  Roflrum  Nux  praferat ,  effert 
Bhanmata  de  Nucibus  non  nocitura  ,  phyfis . 
come  delle  precedenti ,  Turbinate ,  ò  Cordiforrai ,  come  le  chiama  il  Montalba¬ 
ni,  adducendole  per  fimbolo  di  cordialità,  c\e.Vi  Homr e  dell'  Arti, 

Bella  caret  Collis,  Nucleufque  anfractibus ,  ambo 
Bitrbinei:  Cordi  fic  Cor  insffe  putes, 

1 1  Di  quelle  Mollruofità  è  probabile  ne  fia  Hata  cagione  la  gran  fertilità  del¬ 
la  Pianta ,  che  non  potendo  reggere,  &  alTimigliare  a’  fuoi  frutti  confueti  tutta  la 
materia  fruttifica,  l’habbia  in  parte  lafciata  degenerare  nelle  figure  improprie, 
come  il  calo  hà  portato .  Di  che  forfè ,  potendo ,  fc  ne  dorrebbe  la  Noce ,  come 
preffo  Antipatro  ,ò ,  lecond’altri ,  Platone , dell’  clTer’  ella  per  fovcrchia  fecon¬ 
ditàcontinuo  berlaglio  de’ fanciulli . 

Eìroì'llw  Kapuiut  fjLt  arapipXaiArtit  ipurivaar 
Tlaidì  rj^o^\n'Tcu  ‘jra.lyvitt  iucafint , 

Tldvras  PtL'K,piptovtl{  tc  ,  Kcd  ivòet\far  ipolduviue 
HitMffpitu ,  <TUKiveùr  p(tp(Jió.»t  , 

Aiv^ptatt  iujcctpToie  »vìfy  T^lor  H  ya'p  ejaj-i 

<7*  ifdw'  tifipiy  inApvtyoptiuj  , 

Che  così  potrebbe  tradurli . 

Nux  juxta  piantata  viam,  puerilis  ubique 
flebile  ludibrium  dexteritatis  agor. 

Nam  bene  florentes  ramos  diffracla,  refringor. 

Et  lapidata,  iterum  dilapidanda  petor. 

Haud  frugi  Arboribus  funt  fruges.  Nonne  vel  ipfa. 

Infelix  y  fru^us  tn  mea  probra  tulif 


O'  come 


LIBRO  SECONDO.  CAR.  XXRl  m5 

O  come  prima  refpreffe  l’ Alciato  in  quell’  Emblema . 

Ludibrium  pueris  Upides  jacieniibus  hoc  me 
In  trivio  pofuit  ruBica  cura  Nucem. 

Uceris  ramis  y  perBricIoque  ardua  libro\ 

J  Certatim  fundis  per  latus  omne  petor, 

^jtid  Borili  poffet  contingere  turpius?  'Ehen 
Infelix  j  fruii tis  in  mea  damna  fero  j 
EapprelTo  Leonida. 

AuToS'eAHf  KO.pvavf  iToiifA-fiiiAi  y  «AA«  irfrdptvt 
TlelrroTt .  y.»  9'XÀ.tipiiie  Tuvrsie  ^ipj/.ullo/c . 

Mluita-oi  Xicù  ivv^pl^ov'Tt  Tw'  Kn'rr 

i^pyct.  Avuavpyeitf  /iij'  ri  ' 

Che  è  a  dire. 

Vndique  fponte  mea  maturos  prodiga  fruii us 
\.^\icio  ;  gravibus  quid  petor  ergo  petris  ? 
fer  furit ,  Bacchus  yfìqttis fua  munera  ledit , 

^uifque  Lycurgais  erudiare  malis. 

O‘come  più  brevemente,  fi  fi  intendere  ap- 
prefTo  Stefano  Pafeafio  Giurifeonfuko  ,  di¬ 
cendo  . 

Non  ferior fierilisyfim  fertilis,  heu,  petit  omnis 
Me  populus  faxis ,  quodque  fero  ,  ferior  . 

OlTervò  quelle  medefime  ftravaganze  di  Noci 
anco  il  Montalbani ,  che  ne  fece  menzione ,  e 
Deportò  le  figure  nel  Volume  II.  della  Den¬ 
drologia  deirAldrovandi,manufcritto  preffo 
i  fuoi  H.  H.  e  nelle  Cure  Analitiche  p.  34. 35* 

12  RADICE  d’ALBERO  con  FIGVRA 
HVMANA  ,&  è  Radice  di  Pioppo, nella  cui 
fabrka  moftròlfi  Statuaria  la  Natura  ,  effi¬ 
giandola  in  fembianza  di  figura  humana  len¬ 
za  capo,  il  cui  Torlo  di  grandezza  naturale 
nella  fchiena  ccosì  perfetto,  che  potrebbe 
giurarfiopra  d’ Arre,  quella  che'fù  femplice 
fcherzo  della  Natura.  Due  gran  Rami,  che 
difeendono ,  efprimono  in  ella  le  Cofeie ,  e  le 
Gambe,  ad  una  delle  quali  non  manca  Tefirc» 
mità  in  forma  d’un  Piede  humano,  di  cui 
l’altra  è  manchevole.  DuealtriRamiafcen- 
denti  figurano  le  Braccia,  l’uno  de’ quali  fi- 
nifee  in  un  globo  fimile  ad  una  mano  chiufa, 
formando  un  pugno ,  l’ altro  fembra  un  brac¬ 
cio  arido,  lenza  mano.  Le  quali  membra  in 
quella  Radice  fono  aliai  più  belle  di  quello 
lìa  fiato  cfprelTo  nell’ Imagine ,  che  fe  ne  por¬ 
ta.  Confermano  la  naturalezza  di  queftagli 
efempi  d’ altre  Radici  (per  tacere  di  vari  faffi) 
con  rudimenti  di  figura  humana ,  come  quel¬ 
la,  che  mentova  il  nottro  Giulio  Grotti  nel 
Cirefio  ferivendo . 

N  nk 


tmbl.  J93 


L.L.tee.eìtl 

eg.  24. 


L.6,ttigr. 


I4tf 


^  y  s  E  0  c  0  s  p  i  A  n  0 


Cyrif,v.i^l 

p. 

f.  157« 


AlAr,Dend. 

l.l.p.Ho.Si, 


Dend^'oleg, 
P.  lì. 
ap.  H.  Mo' 
tali». 


.Alà.  Detid, 

1. 1.  r.  I. 

f. 


L.  L,  /.  2. 

pmbi.y.ap, 

Mon.tabltn 

Dendr.Ald* 


Hic  Radice  Hominem  refercm  Circeja  comantem 
Se  rapit  in  Silvam, 

E  queir  altra,  che  lungi  d’ogni  fofpctto  di  finzione  Poetica  deferì  ve,  c  figura 
r  Ambrofini ncll’Iftoria  de’Moftri  dell’ Aldrovandi .  Di  cui  molto  più  s’ ac¬ 
corta  all’effigie  d’huomo  la  prefente;  e  quella,  di  cui  favella  il  medefimo  nc’ 
Paralipomeni  all’ Aldrovandi ,  Et  io  mi  ricordo  a  quefto  propofitod’haver  ve¬ 
duto  nel  Mufeo  del  Zanoni  Cultode  dell’Orto  Publico  di  Bologna  una  Radice 
di  Ginebro  con  fembianzadi  Barbagianni ,  la  quale, come  cola  rara,  vicn riferi¬ 
ta,  c  figurata  dal  Montalbani  nella  Dendrologia  dell’ Aldrovandi  con  quefto 
Diftico , 

plantarum  Vitam  Natura  orditur  ab  Ovo, 

^uod  /olide  Bubo  ligneus  i  fle  probat . 

Anzi  il  Montalbani  medefimo  confervava  una  curiofità  quafi  fienile  alla  fudetta, 
cioè  una  Piegatura  di  Radice  d’ Acero  rapprefenrante  al  naturale  una  Colomba, 
della  quale  egli  fà  menzione  nell*  Irtoria  di  quell’ Albero  manuferitu  appreflo 
gli.Eredi ,  de  io  fimilmente  nc  notai . 

S  tirps  imitata  G enu ,  fert ,  findens  faxa ,  Columbam . 

.^uid  mirrimi  Pietas,  non  nijì  mira  facit, 

ij  Tra  le  Moftruofità  de’ Vegetabili  ponno  connumerarfi  anco  le  Figure 
ftravaganti  de’ Funghi,  i  quali  fono  cofe  ordinarie,  fe  fi  confiderano  come  Piante 
imperfette ,  fenza  rami ,  foglie ,  fiori ,  c  femi  ,che  per  fola  virtù  di  proporziona¬ 
to  calore  nafeono  in  ogni  paefe ,  ò  nella  terra ,  ò  ne  gli  Alberi ,  ò  fopra  legni  pu¬ 
tridi  >  ò  panni  fracidi , onde  per  lo  più  traggono  qualità  nociva  ^  Ma  fe  fi  rifletta 
che  tra  querti  ve  n’  hà  taluni ,  che  non  folo  variano  dal  confueto  de  gli  altri  nella 
figura,  ma, quantunque  tcncriffimi»  e  di  materia  facilmente  putrefcibilc  gene¬ 
rati,  giungono  alcuna  volta  ad  acquiftar  tal  durezza,  che  uguagliano  il  legno, 
anzi  talora  emulano  le  pietre  medefime ,  feorgeràffi ,  che  anche  in  quelli  abjett  i 
gitti  della  terra  fi  diletta  la  Natura  d’operar  maraviglie.  E  di  quelli  appunto 
veggonfi  nel  Mufeo  i  fottonotati . 

14  Fungo  Arboreo  legnofo,  maggiore  di  due  palmi  di  diametro  »  e  di  due 
braccia  di  circonferenza  1  onde  fembra  un  Paralole . 

15  Fungo  grande  legnificato  in  figura  di  fuola  di  calzare  arcuata,  come  è 
quella  delle  Pantoifole  di  rtraordinaria  altezza,  che  quarant’  anni  fa  ufavanfi  dal¬ 
le  Matrone  Veneziane  ;  un  pajo  delle  quali  fi  vede  nel  Mufeo . 

16  Fungo  di  Cerro  curiofo  non  tanto  per  edere  di  fuftanza  legnofa,  quanto 
per  haver  figura  naturale  di  Cucchiajo ,  tutto  nero ,  fuorché  nella  cavità ,  dov’  è 
bianco.  Hà  il  piede,  ò  fia  manico,  si lifeio,  ducente,  che  fembra  lavorato 
d’ebano, benché fiatuttod’un  pezzocolla paletta,  per  cui  potrebbe fervirc di 
commodiffimo  Cucchiajo.  Simili  Funghi  furono  olTervati  ancodall’Aldrovan- 
di,che  ne  lafciò  tre  figure  addotte  dal  Montalbani  nel  Trattato  della  Quercia, 
come  che  a  tal  forte  d’ Alberi  da  lui  fudero  attribuiti.  Quefto  però,  come  fi  è 
motivato,  nacque  in  un  Cerro,  Albero,^ la  cui  natura  mifuggerì  il  feguente 
Epigramma  Emblematico, citatodalMontalbanicoirifcrizzione  £T  IN  STL-. 
VIS  RECTVM. 

Sliter  cubus  affi  mi  lis ,  nigrantefquc:  hifpida  Glandes 
-  Cerrus  in  acceffis  Alpibus  alta  viret, 

'..Ampla  comas,  hilaris  fpeciem,  refliffma.  truncum. 

Calcat  radteum  Tartara  caca  pede. 

Nec  tamen  ut  lungo  fur gat  nil Jlipite  curva. 

Cultricis  quicquam  novit  egere  manus. 


Sponte 


L  i  ^  R  0  SECONDO.  CAP.  J47 

Spinte  fu  et  crefcitque  teres  y  reSfamque  figuram 
/  Effert t  é" i  fle£{i  nefcia,y  fervat  anus. 

Sunt  quoque  qui  norunt  quam  re  ci  e  vivere  j  quamvis 
Editi  in  incultis  fint  fine  lege  jugis, 

sq  legnofo  di  Cerro  con  figura  di  Tafcii . 

18  Fango  di  Faggio  con  figura ,  e  colore  di  pane .  Se  non  fuffc  di  fuflanza 
legnola,  per  le  fuefattezze  potrebbe  paflarc  in  cibo  humano  fenza  pericolo  di 
qualità  velenofa.s’ egli  è  vero  che  nel  Faggio  non  pofTano  imprimere  la  loro 
virulenza i  Serpenti,  mentre  quello 

Contasi u  foto  torpentes  eficit  angues. 

Onde  ne  deduffero  la  di  lui  virtù  Alcflìfarmaca  gli  Scrittori ,  fopra  l’autorità  de* 
quali  è  fondato  quel  noflro  Emblema,  riferito  dal  mentovato  Montalbani  nel 
Trattato  del  Faggio,  col  motto  Sr«  irtnfiij  (che  è  imitazione  di  quei 

verlod’ Orfeo. 

oTf  eé/K/V  in,  tStlfttt  f’  hrhtoti»  CilhMi. 

Cioè  Saniia  quihus  Themis  e/l ,  loquar  his y  procul  e(lc  profani.) 

Òfia  EROCVL  ESTE  MALIGNI. 

Ejle  procul  Colubri  ,  repentia  fulmina  mortis  • 

Non  patitur  vefiras  Fagea  fylva  moras. 

Ite  procul  :  vefirà  nihil  efi  quod  inhorreat  irà 
Sub  patulo  Fagi  tegmine  quifque  cubat. 

^ua  fapidà  jam  glande  viros  celeberrima  pavit  y, 
taurea  Saturnus  Rex  ubi  fecla  daret. 

Illa  eadem  veftris  ,  Homines  ,  virofa  propago , 

Nunc  quoque  ab  infidiis y  quo  tueatur y  habet. 

Sic  animi  Integritas  editque ,  arcetque  malignos , 

Et  tuta  infonte s  dat  requiete  frui. 

tg  Altre  bizzarrie  di  Funghi  Arborei  fi  ponno  vedere  nell’Opera  fopracita- 
ra,  ove  di  nova  offervazione  figurati  fi  feorgono  i  Funghi  Serpentini,  e  con 
fembianza  di  piè  di  Gallo ,  i  quali  mi  diedero  motivo  d’alludere  alla  connelfio- 
ne  di  quel  Volume ,  coll’lftoria  de  gli  Vcccili ,  e  de’  Serpenti  deli’  Aldrovandi, 
col fottoferiver  loro. 

Anguibus  y  atque  Avibus  quidy  ni  componere  Plantas 
x^/fhguini  hi  Fungi  y  Gallipedefque  petunt  ii 
Ma  più  che  ’l  degenerare  in  legno ,  de’  cinque  fopradeferitti ,  fembra  mirabile 
in  alcuni  altri  il  trasformarli  in  pietra ,  come  fopra  accennòlfi ,  elTendo  molto  più 
diftantedalla  morbida  Natura  loro  la  durezza  del  faffo,  che  quella  del  legno. 
E  pure  di  quelle  ftravaganze  lene  vedono  in  più  luoghi,  néve  ne  manca  nel 
Mufeo, come vcdràlfi nel  Capitolo  feguenteJ 

Belle  Cofe  Pietrificate', 

Cap.  XXVII. 

I  *'  1'^  Acciafi  pure ,  come  favolofa ,  la  trasformazione  delle  Pietre  in  huomi- 
JL  ni ,  mentre  tocchiamo  con  mano  quella  de  gli  huoraini ,  &  altri  anima¬ 
li  in  Pietre .  Che ,  le  quella  fù  menzognade’  Poeti  Gentili , che  nelle  mafti  d’un 
Deucalionefognarono  praticataun’azzione  impofiibile  alla  Natura, e  rifervata 
foloaqueirVoico  Agente  Increato,  eh’ elfi  non  conobbero ,  e  cheloló  Potens 
ejl  de  lapidibus  fuf citare  filios  Abrahay  tutto  che  ciò  non  babbia  mai  fatto: 
quello  èoniracoio,  che  ben  fovcntc  ci  vien  propofto  dalla  Natura ,  che  addottri- 

N  a  nata 


Pl.t.ii.e.%, 

Confiant. 

Caf 

PLiit.i.tym' 

Ruoli,  l.  z] 
f  58  0'f.8r 
JÀòtalb.i  I. 
0  2  Denàr. 
.Aldr.p.z^ó 


Xd.L.  t.  2. 
Sitfbl.  f. 


Ali.  Beni. 
i.i.c.i.p.ii6 
&/eqt  0.2. 

258.  c.6.  f, 
296.1.2.C.1. 

f  yn-e-ì  f' 

440.  0'  tnf. 
fr.  Ind. 
Jbtd.g,  tyoi 
I7I- 


D.Matth.^ 


f'almAr. 

DAinonom^ 
l.  7.  V.  341. 


Ohelfucc. 
Rofar.  C.  x. 
45* 


L.  ^  N*t. 
f.zo. 


€•  l» 


BettaRuràl. 
mttr,  1«. 


L.  2.  dt 
Subiti. 


,48  MVSEO  COSPIAUO 

nata  da  chi  le  diede  l’ edere ,  sà  chiamare  a’  ftupori  di  failo  la  maraviglia,  non  che 
ne  gli  Animali, nelle  cole,  che  non  mai  videro:  pietrificando  innumerabili 
corpi  di  tutt’  altra  origine  che  di  pietra ,  non  lolo  nel  Mare  (come  de’  Coralli ,  & 
altre  Piante  confimili  fi  dille  )  ma  in  alcr’  acque  fimilmcnte ,  e  di  fonti ,  e  di  fiumi, 
c  di  laghi ,  anzi  nella  terra ,  e  tal  volta  anco  nell’  aria .  Quanto  però  nien  di  rado 
sì  ftrana  metamorfofi  adivicne ,  tanto  più  dura  a  pcnetrarfene  riefce  la  cagione  ; 
fopra  di  cui  riflettendo  anco  i  più  giudiziofi ,  ne  rimangono  per  Tammirazione . 
ì^ttoniti  primum  t  nec  rnuluim  rupibus  tpjìs 
x^bjìmiks . 

Ond’  hebbe  ragione  d*  annoverarla  tra  le  più  occulte  quel  Sacro  Poeta ,  che  del 
mifterioloCriitallodel  Trono  di  Dio  cantò. 

Le  cagion  ti  dimoHra  ad  una  ad  una 
Perche  tal  fonte  b  ti  cpnverte  in  pietra 
Ciò  che  V  '  infondi  ,  b  gorgogliando  alcuna 
Ti  danza  al  fuon  di  ruUtcana  Cepra, 

2  Con  tutto  ciò  la  curiofitàd’ alcuni  pellegrini  Ingegni  s’è  tant’oltre  (pinta 

nel  rintracci  aria,  che  (e  non  è  giunta  al  ma  (lìccio  dell’  evidenza  incontraftabile, 
ne  hà  toccato  almeno  l’ ombra  nella  probabilità  delle  ragioni , che  fi  fono  trova¬ 
te.  Avvegnaché  tra  gli  Antichi  un  Seneca  fù  di  parere,  che  quelle  cole , le  qua¬ 
li  s*impietrifcononeiracque,ciòfacciano  per  cagione  di  certo  glutine,  ò fan¬ 
go  lottile ,  che  alla  (uperfizie  de’  loro  corpi ,  a  poco  a  poco  s’ attacca ,  e  vi  fà  tal 
prefa , che  coll’  indurirli  egli  in  confidenza  di  pietra ,  riduce  al  medefirao  edere 
lafoftanza,  ch’eglirinchiude.  Del  qual  fentimento  pare  che  fulTe  anco  Avi¬ 
cenna,  e  (eco  Alberto  Magno, tenendo  quelli  per  materia  prima  delle  pietre  un 
luto  vifeofo .  E  Io  confermò  il  Mattioli,  (pecificando  che  quel  luto  fia  compolto 
più  di  terra  tenace,  che  d’acqua  :  e  che  ve  n’habbia  intorno  a’ fallì  de’  fiumi,  e 
de’torrenti  (come  pure  in  certo  luogo  notò  Paracello,  che  chiamòllo  muco, 
affermando  che  finalmente  condenfato  fi  trasforma  in  pietra  )  anzi  che  la  rafura 
di  tali  (affi  porcata  via  dal  corfo  dell’  acqua ,  (c  s’ attacchi  a  qualche  corpo ,  ò  pe¬ 
netri  nelle  di  lui  cavità ,  e  vi  fi  fermi ,  fia  ballcvolc  a  pietrificarlo ,  come  pare  che 
adiveoga in que’ legni, che ferbando  in  tutto  la  primiera  figura,  e  (uperfizie, 
nello fpaziod* un  mefe  perfettamente  s’impietrifcono  ne’ fiumi,  e  rivi  mento- 
vatidal Pena,e dal Lobelio ,e daalcri;  &  inquelLago,  dicuiNarzo  Pallore 
nella  Rurale  del  noftroAfcanio  Botta,  Componimento  fimile  all’Arcadia  del 
Sannazaro,  và  dicendo  ad  un’altro.  , 

Vov' e  quel  Lago  t  a  cui  dette  Natura 
Di  far  del  legno  un  faffb^ 

Se  '  l  getti  dentro  at  bafo, 

E  non  ti  pa\a  odirlo  cofa  dura,  ^  , 

3  Màpiùdi  Seneca  s’inoltrò  Vitruvio,  che  conobbe  il  fugo  pietrificante, 
e  col  motivarlo  a’ Moderni  facilitò  loro  la  (trada  d’accoftarfi  meglio  al  punto: 
notandochc  le  acque, cheficondenfano  in  pietra ,  ciòfanno,  perche  tal  lugo, 
quando  confufo,  e  quando  mifto  con  effe  col  (ervir  loro  di  coagolo ,  ò  cagliari- 
no ,  le  infpeflìfce ,  e  rende  abili  ad  effere  pofeia  indurate  dal  fervore  del  S»le ,  & 
a  poco  a  poco  ridotte  in  confiftenza  pietrigna .  Il  che  però  com’  hà  del  ycrifimi* 
le  nelle  pietrificazioni  acquee  fatte  ne’ paefi  caldi,  non  sòconaepoffa  au^erarfi 
in  quelle  de’ paefifreddi^oveil  calore  delSole  è  debolilfimo  .  È  tantQ  piùra¬ 
gionevole  è  il  dubbio  jcjuanto che  le  acque ,  come  pure  avverti  il  Cardaxio,»  (cifi 
conde  nfano  in  pietra  per  forza  di  calore ,  che  ne  faccia  (vaporale  le^pafti  piò 
tilt,  c  neindurifea  le  più  groffe,  ponno  acquiftare  la  medefima  dur^ziza  per 

ecceffo 


L  I  0  S  E  C  0  N  Ù  0.  CAP,  xxyil  i45> 

% 

cccefibdifreddo,  chele  congeli, eiaffodi.  Quindi  Giorgio  Agricola  giudicò 
^iù  probabile  che  ne’ luoghifrcddi  come  nelle  caverne  de’monci ,  ciòfeguaper 
^ola  virrù  di  quel  fugo,  che  kola  dalle  commiffure,  e  vene  loro,  il  quale  prima 
di  cadere  a  poco:a  poco  lì condenfa  in  pietra.  Anzi  affermò,  che  tutte  le  cofe, 
che  fi  pietrificano , ciò  facciano  per  haver  imbevuto  di  quel  fugo  pietrificante  . 

Opinione, a  mio  credere,  piùdi  tutte  le  precedenti  plaufibile,fe,  come  fpiega 
beniflSmo  qualunque  forte  di  pietrificazione  fatta,  òd’ acqua,  ò  nell’acqua,  ò 
lotto  terra ,  così  fpiegafle  quelle ,  che  fi  fanno  fopra  terra ,  ò  nell’  aria  :  dove  pu¬ 
re  fi  generano  de’  falli ,  che  talvolta  cadono  colla  pioggia,  come  fuccelfe  a  Rival¬ 
la  nel  Territorio  Cremonefe ,  dove  nel  1491.  a’ 2 3. di  Maggio,  al  riferire  del 
Gavitelli  noftro  Ilio  rico ,  cadde  dal  Cielo  una  pietra  ben  grande ,  di  color  nero . 

4  Crederei  per  tanto  che  per  cagion  formale  di  tutte  le  mentovate  pietrifica» 
zioni  poteffeaddurfi  una  fottiliflìmaefalazion  fotterranea,  per  avventura  falina, 
facile  ad  operar  fola,  ove  trovi  fuffizientedifpofizione  di  materia  prolfima:  cd 
amifehiarfi,  non  che  confonderli  con  l’acqua,  e  con  l’aria,  fe  altro  non  incon» 
tri,  &  a  portarli  col  moto  di  quefte  ovunque  il  cafo  offerifea  qualche  corpo  abile 
ad  imbeverla .  E  ne  conferma  la  probabilità  di  ciò  il  non  mancar  alla  Terra  ma¬ 
teria, e  vigore  per  limili  efalazioui  non  folo  in  moltilfirai  luoghi  di  Continente , 
ma  anco  ne’  più  cupi  fondi  del  Mare.  Che  fe  tal  fermento  non  fulfc  volatile ,  co¬ 
me  d’ improvifo  fi  farebbono  talvolta  pietrificati ,  e  Pallori ,  &  Armenti  ?  E  pu¬ 
re  fi  legge  nella  Tavola  dell’ Alia  di  Cornelio  de’ Giudei,  clTere  accaduto  nella 
Tartaria  vicino  iSatno^edesy  che  alcuni  huomini,  che  pafeevano  di  verfi  beftiami, 
cioè  Pecore,  e  Campii,  in  un  fubitofulfero  convertiti  in  tante  ftacue  di  pietra, 
le  quali  è  fama  che  anc’hoggidì  fi  mantengano  intiere  nella  politura,  in  cui  le  fi¬ 
gurarono  Cornelio  fudecto,crAldrovandi.  Il  che  notò  parimente  il  Boterò  ^ 
clTere  fuccelTo  nell’Orda  ,  Paefe  pure  de’  Tartari,  ove  dice  vederli  vScatued’huo-  Met.  c.  63. 
mini,  di  Cameli,  e  di  Pecore,  che  un  tempo  furono  veri  animali .  Ne’qualicafi 
non  può  addurli  per  cagione  di  tali  pietrificazioni  il  rigor  del  freddo,  mentre 
r  erbe ,  di  cui  pafcevanlì  quegli  armenti ,  denotano  ciò  Icguito  in  altra  Ragione, 
che  nel  cuor  dell’  Inverno .  Oltre  di  che  non  hà  molto  del  verifimile  ,che  ilfred- 
do  polla  così  facilmente  impietrire  in  un  fubito  un  corpo ,  come  può  ucciderlo , 
e  congelarlo .  Sì  che  ne  gl’  irapietrimenci  fudetti  campeggia  la  nccefiità  del  fer¬ 
mento  volatile ,  e  fpiritoio ,  fe  doveva  operare  in  un  fubito  :  ò  folle  quello  im¬ 
mediatamente  efalato  dalla  terra,  ò  mediatamente,  e  per  l’aria,  che  è  il  ricetta¬ 
colo  commune  delle  efalazioni ,  colà  portato ,  come  nella  materia  di  quel  fulmi¬ 
ne ,  che  feoppiando  in  un’  albero ,  fotto  di  cui  facevano  collazione  alcuni  Mieti¬ 
tori  ,  li  cangiò  di  repente  in  tante  Statue  di  fallo,  che  ferbarono  la  politura  di  pri¬ 
ma;  non  altrimente,  che  fe  haveffero  veduto  il  formidabile  Tefehio  di  Medufa;  la 
cui  prodigiofa  virtù  lungi dallafavolapuòravvifarfinellaforza della  fapienza, 
come  accenna  l’elTer’  egli  collocato  nello  Scudo  di  Pallade,  di  cui  perciò  và  can¬ 
tando  il  Macci. 

SAxificos  Pallas  cur  gejlans  Agide  vultus 

Sculpta  Medufais  anguibus  ora  tenes  ^  £mbl, 

c^tne  quod  f  eft  quifquis  Sapiens  fera  corda  Virorum 
Edomat y  immotum  vertit ^  ^  in  filicem? 

5  ChepoitarefalaziGnefiapa'-tecipedi  natura  falina,  n’ è  indizio  l’ effetto 
difi(Tareicorpi,ne’qualis’infinua,  come  pure  fà  il  Sale.  Qpindi  Paracelfo , 
che  tenne  il  Sale  per  uno  de’ primi  principii,  d’ ogni  cofa,  cangiatoli  dal  parere 
fopracicato ,  fcrilfe  le  pietrificazioni  farli  in  virtù  dello  Ipirito  di  Sale ,  olfervan- 
dofi  che  d’ umor  fallo  di  Marc ,  e  della  di  lui  fpuma  mifta  di  tenuifiìme  parti  di 

N  j  fedimento 


C4r4.  lec. 
ett. 

jilb.M.l.i 
4«  Mtvtr. 


150 


M  ys  E  0  C  0  S  P  I  ^  N  0 


Bmtd.ytrg. 
Stìver,  C.2, 
4f. 

X).  j4hi.  de 
Mtrab.  S. 
Scrip,  i. 
Aferc.  vnr. 
Ubi  l.ó.e.zS. 


C  cflantini 

♦5« 


j4ld.ioc.ot, 

J>]av.  C.28. 
2^» 


Delle  Rime 
dt  quei  deRn 
fjotteyfiàp, 
del  j6ii.  12 
{.69.  ■ 


fcdimcnto ,  ò  di  rena ,  come  le  chiama  il  Cardano ,  fi  fanno  coagolazioni  pietri¬ 
gne,  Et  Avicenna,che,come  avvertì  Alberto  Magno,  tenne  per  materia  del¬ 
le  pietre  non  folo  la  terra ,  e  l’ acqua,  ma  gli  Animali  medefimi ,  notò  che  di  que¬ 
lli  alcuni ,  tutti  interi ,  tal  volta  fi  trasformano  in  pietre ,  maliime  falfe ,  come  che 
la  Natura,  al  dir  di  Benedetto  di  Virgilio. 

ne  induri  in  Saffo,  ed  altri  in  Sale, 

InpropofirodicheS.  Agoftino,  come  avvisò  il  Mercuriale,  hebbe  adire  che 
nella  trasformazione  della  Moglie  di  Lotte  in  Illatua  di  Sale  v*  hebbe  gran  parte 
la  Natura.  El’accennò  il  Padre  D, Carlo  PietrafantaSomalco,  Predicator  fa- 
mofillimo,  e  leggiadro  Poeta,  ne  gli  Aborti  di  Clio ,  cantandone,  p-43, 

L’  Infpida  Natura  ha  pur  condito 
Tutta  Sale  la  Donna  infìpiente . 

À  ritorcer  impari  il  lume  ardito 
Quella,  eh'  e  tutta  foco,  al  foco  ardente , 

Cofta  Sale  I'  error  mal  faporito 

0/  chi  un  qrano  non  ha  di  Sale  in  mente', 
chi  fermezza  ài  cuor  non  ha  fortito 
Sta  pur  ferma  fui  piede,  e  confjìente , 

Ma  fe  il  deBin  I'  ha  in  una  Statua  eretta. 

Perche  fugga  I'  ardor  peggi  or  di  Lete, 

(Già  che  il  foco  dal  fono  il  Sai  rigetta.) 

Donne  coftei  farà,  come  voi  flètè 

C/f/  fonte  del  piacer  fempre  cojlretta 
A  deìiar  tutta  Sale  ardor  di  feto , 

T utto  però  a  miracolo  ciò  viene  da  altri  attribuito .  Anzi  in  un  folo  miracolo 
v’hàchineoiTcrvadiverli.comemotivòToldo  Collantini,  il  Dante  di  Serra- 
valle, introduccndonel  fuo  Giudizio  Eftremo  l’Angelico  Dottore  adirgli 
•  ■il—  <— »  fi  vede  ancor  volto  il  fuo  vifo 
Ver  Sodoma,  e  Gomorra,  e  così  intero 
Sta  fra  Engaddi ,  e  Segor  j  e  fe  occhio ,  e  mano 
Oggi  le  cavi,  h  tronchi,  c  diman  fano. 

Non  atro  nembo,  0  rovinofa  piova. 

Non  grandine  fpietata,  e  folgor  fiero 
Vien  che  tal  Stmolacro  0  guafii ,  h  mova 
Da  I'  antico  fuo  termine  primiero. 

Anzi  (cofa  mirabile)  rinova, 

.^afi  femina  viva  il  corfo  vero 

Del  Me/l ru al  profluvio,  e  falda  a  i  venti. 

Par  che  dica,  obedite  al  Ciel,  Viventi. 

6  Di  limili  Corpi  pietrificati  ne  fanno  gran  numerata  diverfi  Autori,  &  in 
particolare!’ Aldrovandi.  Oltre i quali olTervo notabile  l’Huomo  impietrito, 
che  vedelì  in  Roma  nella  Vigna  dell’  EminentilTìmo  Lodo  vili ,  in  atto,  che 

Safio  animato,  e  r*  h  abbi  a  hnrnane  membra. 

Di  cui  l’ erudita  Penna  del  Co.  Gafparo  Bombaci , chiaro  lume  dell’  Accademia 
della  Notte  di  Bologna,  fi  compiacque  di  feberzar  Poeticamente  nella  forma, 
che  fegue .  ^"^Vefii,  che  H  retto  da  impetriti  nodi 
Moftra  di  fafio  irrigidito  afpetto , 

Vn'  arte  di  Natura  effer  fìt  detto , 

che  formar  I'  huom  vorria  con  novi  modi. 


Nominarlo 


libro  s  è  c  0  h  ù  0,  cAp.xxm  i^i 

Nominarla  di  Pirra  anche  fi  godi 

GittO  i  che  non  forti  /’  intero  effetto^ 

O'  quei,  che  in  dotta  felice  ri  li  retto 
Scopre  ne  I'  or  le  pretiofe  frodi, 
y  Forfè  co/ltii  col  crin  d'  Anfefibena 

La  Tefta  Medtfea  livida,  e  tetra 
Vide  cala  ne  l  ’  Africana  arena . 

Ma  chi  sa ,  che  non  voglia  il  Re  de  I'  Etra , 

Per  caHigar  la  crudeltà  terrena, 

che  ogn  ’  huom  cominci  a  ritornar  di  pietra  ? 

7  E  nel  Mufeo  Colpiano  vi  trovo  degni  della  maraviglia  de’ Grandi,  Due 
irdigni  Frammenti  di  GAMBA  d’ ELEFANTE  impietrito,  i  quali  col  rima¬ 
nente  deli’ Oliatura  pietrificata  di  sì  gran  corpo  furono  ritrovati  nel  Territorio 
d’ Arezzo  predo  il  Fiume  Chiana , e  pofeia  donati  al  Sig.  Marcbefe  Cofpi  dalla 
benignità  del  Sercniflìmo  Ferdinando  II,  Granduca  di  Tofeana ,  di  lempre  felice, 
memoria:  di  cui  ordine  sì  maravigliofo  Scheletro  era  con  particolar  diligenza 
Itatodiilepelito  undici  anni  fono,  come  appare  daH’Ifcrizzione  intagliata  nel 
picdcltallo nobile,  che  li  foftenta  ,  cioè; 

fragmen  TIBIjE, 

EX  INTEGRO 
ELEPHANTIS 

SKEAÉ'TXl  LAPIDESCENT  E  . 

CERA,  IVSSr^VE 
FERDINANDI  II.  M.  D.  E. 

AD  CLANIM  EFFOSSO 
ANNO  MDCLXIII. 

8  Congetturali  cfferc  quella  una  reliquia  della  Guerra  d’Annibale  contro  Ro* 
mani, nel  Indetto  luogo  rimafta^quand’egli  dava  il  guado  al  Territorio  d’Arezzo, 
cioè  poc’  anzi  la  memorabile  (confitta  data  all’  Elercito  comandato  dal  Confole 
Flaminio,trà  i  Monti  di  Cortona , e  *1  Lago  di  Perugia.  Anzi  per  avventura 
quello fù quell’ Elefante medefimo, (opra di  cui  Annibaie  difeefo  da’Montidi 
Ficfole,  viaggiò  per  le  VaIli,deii’ArnooItre  il  coftume  allagate,  havendo  egli 
prima  pèrduto  tutti  gii  altri, ccon  effi  un’occhio  ancora,  come  teflifica  Livio, 
icrivendone.  Annibai  ager  oculis  ex  verna  primum  intemperie  variante  calo-  > 
res ,  frigor aque.  Elephanto  ,  qui  VNVS  SVPERFVERAT  ,  qubd  altius  ab  aquà 
extaret,  vecius\  vigiliis  tandem,  noHurno  humore ,  palttfirique  calo  gravan¬ 
te  caput,  df  ^»ia  medendi  nec  locus,  nec  tempus  erat ,  altero  oculo  capitur  .  Ac¬ 
cidente,  di  cui  pofeia  così  motteggiò  il  Satirico. 

O*  qualis  facies,  ^  quali  digna  tabella,  luvtn.  Sai. 

Cum  Getula  Ducem  portaret  bellua  lufcum,  xo.v.xyj, 

9  Pezzo  d’osso  di  BVE ,  fimilmente  impietrito . 

10  Due  Pezzi  di  CORNA  di  CERVO  infaflìte. 

1 1  CORNO  di  CAPRETTO,  lungo  poco  più  d’un’ oncia,  pietrificato  in 

modo ,  che  fi  potrebbe  giurare  fpezic  di  Pietra  Ammonite ,  cioè  fimile  nella  fi¬ 
gura  a’ Corni,  co’ quali  figuravafi  Giove  Ammone  (  d’uno  de’ quali  ne  porta  l,  i. 
bella  immagine  il  Vormio)  fe  parte  del  pelo  rimada  intorno  alladi  lui  radice  Afl.a  <••13. 
non  lo  raamfedalTe  vero  Corno  impietrito,  c  non  Saffo  Corniforme ,  com*  è  il  ^.^4,'// n. 
Cornod’ Ammone  figurato,  e  defcricto  dall’ Imperati.  c.ià.p.óé?. 

12  Ma  molto  più  frequenti  par  che  fuccedano  quede  trasformazioni  pietri¬ 
gne  nelle  Spoglie  de  gli  Animali  Tedacei ,  e  ne’ Crudacei ,  forfi  per  la  maggior 

fimi- 


SeEh.  3. 
g,  430. 


e.  19.  »•  2. 
X»*  4'  I* 
p.463. 


jE'w- 

Cavnocch. 


Lt  I*  r*  1* 


!$£  M  V  s  B  0  C  0  S  P  ì  A  n  0 

fimiglian2a,e  difpo/Izione  delle  loro  Conche,  c  Crude  all’ edere  di  pietra. 
Che  però  communemcnte  fi  crede  che  rutti  quc’ corpi  Oftreacei,  &  altri,  che  fi 
cavano  da*  Monti,  fiano  frati  una  volta  parti  di  veri  Animali.  II  che,  come  non 
può  negarli  d’alcuni  trovati  non  lungi  dal  Marc ,  in  cui  pure  talvolta  le  ne  pefca- 
no  de’  pietrificati  :  così  non  parmi  doverli  conceder  di  tutti,  potendo  la  Natura 
produrre  anco  de*  Salii  con  ptrfettidima  lembianza  di  quelli  Animali ,  per  le  ra¬ 
gioni,  &clempi,  che  le  n’addurranno  nei  leguente  Capo,  in  cui  mi  rilerbo  il 
favellare  di  que’Teftcccij  Scaltri  Corpi  Folli  li  del  Muleo , de’ quali  dubito,  ba¬ 
llandomi  il  rammentare  in  quello  luogo,  che  fianvi  i  lottonotati fuor  d’ ogni 
dubbio  impietriti. 

13  GRÀNCHIO  PAGVRO,  detto  communemente  in  Venezia 

ro ,  rminicchiato ,  infalfito  :  in  cui  fi  vedono  diftintamcntc  tutte  le  parti  cllcriori, 
eoi  loro  naturai  lito,  figura, c  colore,  non  mancandovi  neanco  la  naturalezza 
de’ pori,  e  prominenze  di  tutta  la  gulcia:  di  modo  che  pollo  tri  molti  delluo 
genere,  vi  vi,  non  lì  conolccrebbc  tra  loro  dilFerenza  alcuna,  fc  non  quella  del 
moto  da  principio  intrinfeco .  Hà  la  coda  ritratta  lotto  il  ventre ,  con  le  lue  arti- 
colazioni;  &  a  quella  foprapolle  le  braccia,  e  fopra  tutte  aggiullate  le  chele 
maggiori  in  queU’arto, nel  quale  morì  quell’ Animale,  che  fermatoli  inqual- 
che  luogo,  dove  non  mancava  lugo  pietrificante,  a  poco  a  poco  s’è  indurito,  e 
divenuto  quello  ,c’hora  fi  vede  ;  non  dubitando  io ,  ò  non  potendomi  perluadc- 
re,che  quellononfiauntempollaco  Animai  vivo.  Di  limile  curiofità  le  n’hà 
bellifiìma  figura  in  ramònel  Mufeo  Calceolariano . 

14  MASSA  d*  OSTRICHE  pietrificate  nel  Mare. 

15  OSTRICA  fmilurara,  lìmilmente infaffita nel  fondodcl  Mare,  dovefù 
pefeata.  E  con  quelle  merita  d’edere  mentovata  1’ 

16  OSTRICA  CORALLOIDE,  ò  fia  CONCA  CORALLINA  ECHI¬ 
NATA,  fopradcfcritra,cllcndoclla  pallata  in  follanza  di  fallo,  come  quella, 
che  vien  propofta  in  figura  dall ’Aldrovandi  nel  Mulco  Metallico  lotto  nomo 
d’ Ofiracite  Coralloide . 

17  Gruppo  d’  OVA  di  SEPIA  pietrificare  intorno  ad  un  PEZZO  di  LE¬ 
GNO  parimente  in  pietra  convertito,  e  che  perciò 

Non  men  d*  ogn'  altro  fajlo  un  /affo  pare. 

18  Nè  di  rado  quella  metamorfofi  accade  nel  LEGNO ,  pictrificandofene , 

e  nella  Terra ,  c  nell’  Acqua ,  giurta  gli  elempli  che  le n’  hanno  in  vari  luoghi ,  & 
apprefib  diverfi  Scrittori .  Ed  è  tra  gli  altri  notabile ,  come  non  per  anco  alla  pu¬ 
blica  memoria  raccordato ,  quel  TRONCO  d’  ALBERO  pietrificato,  di  lun- 
ghczzad’oncie  21. edicinquanta  libbre  di  pelo,  che  fi  vede  in  Cremona  nel 
Mulco  del  Sig.  D.  Pietro  Martire  Malcontenti  Bolognele ,  diligente  Invelligato» 
re  delle  Curiofità  Naturali ,  e  delle  materie  Botaniche  al  pari  d’un  Crateva  in- 
tendentiffimo,  c  perciò  con  particolar  lode  mentovato  dal  Montalbani  nella 
Dendrologia  dell’ Aldrovandi,  e  dal  Zanoni  nel  fecondo  Volume  della  lua  Illo- 
ria  delle  Piante .  Anzi  s’ impietrilcono  talvolta  gli  Alberi  intieri  ;  e  non  è  mol¬ 
to,  che  sù  la  ripa  delira  del  Selaro,  Fiume  che  Icorrc  vicino  a  Calici  S.  Pietro 
nel  Territorio  di  Bologna,  cavandoli  non  lungi  dalla  Via  Emilia  nella  radice  del 
Colle  per  fabbricarvi  una  Fornace ,  vi  fù  trovata  una  grandilfima  Quercia  pietri¬ 
ficata.  Ma  fu  Iciagura,  ch’ella  non  giungelTe  in  potere  d’huomo  di  lenno; 
a  V  vegnache  chi  la  Icoprì ,  e  n*  hebbe  il  poffelTo ,  llimandola  non  più  che  il  Gallo 
d’ Efopo  la  Gioja  non  conolciuta ,  lalciò  che  tra  i  Materiali  della  Fornace ,  man¬ 
data  in  pezzi, fcioccamente  lì  conlumalfe .  T utto  altrimente  n’  havrebbe  djlpofto 
l’ Eroico  Genio  del  Sig.  Marchcle  Cofpi ,  nel  di  cui  Mufeo  per  Miracoli  di  Nata, 
raiicoalervano.  TRON- 


Meteor. 

W3- 


lim  8« 

Pnn. 


Btb. 


LIBRO  SECONDO,  CAP,  XXPtt,  153 

19  TRONCO  d*  ALBERO  picrriHcato,  lungo  duep^dmi,  largo  uno,  in 
CUI  li  korgono  le  cavità  de’ gruppi,  rimafti  nella  parte  levatane»  e  fi  diftinguo- 
no  beni»fini3le  fibre,  e  le  ineguaglianze,  che  fi  vedono  in  un  legno  rotto  a 
cak,  Hà  i  nodi  più  duri  del  redo,  Scaluogo,  aluogoè  men  duro,  e  fi  frange 
come  il  legno  marcio,  cui  ralfomiglia  fin  nel  colore., 

20  Tré  PEZZI  di  LEGNO  pietrificati,  ne’ quali  benilfimo  fi  difcerne  la 
fcorza ,  la  palpa ,  e  la  midolla ,  per  conofcerli  vere  parti  di  Alberi  inìaflìte ,  a  dif¬ 
ferenza  de’  faffi  ,  e  pietre  dalla  Natura  generate  con  figura  delle  parti  di  qualche 
Pianta ,  fenz’  altra  eipreflìone  più  fpecifica ,  fi  come  avvertì  l’ Agricola ,  fcriven- 

do;  cum  a Upides  Arborum  jimiles f recreet jdiligenter  videndum  efiancor-^  dtntit 

ticem ,  ^  medulUm ,  aliaque  habeant ,  qua  fi  abfunt ,  non  Hipites  in  lapides  converfi  fojf. 

>  fid  Natura  fecit  lapides  fi  ir  pium  fimiles, 

21  Tré  KAMI  d’ ALBERO  pietrificati»  come  fi  conofce  dal  reggere  eglino 
al  cimento  Indetto .  Anzi  lembrano  d’ Alno. ,  quafi  fulTero  di  quelli ,  che  infaf- 
likono  nell’  acqua  del  Sarno  Fiume  della  Puglia ,  di  cui  notò  i  1  Fontano . 

■  ■  —  I  II  — —  videas  lapidefcere  Sarni 

Caruleo  fiub  fonte  Alnum. ,  Filietfque  maniplos  . 

22  RAMO  d’ ALBERO  pietrificato nclT Anna,  òfiaVergatcllo, picciolo 

Fiume ,  che  (corre  nel  Reno  predo  la  V  ilia  d’ Albergato ,  detta  communemente 
il  Vergato,  ne*  Monti  del  Territorio  dì  Bologna,  dotato  della  medefima  virtù, 
che  nel  Silaro  Fiume,  da  Plinio  attribuito  alla  terra  di  lavoro,  notò  Silio  can¬ 
tando,  Nane  Silarus..,  quos  nutrit  aquis,  quo  gurgite  tradunt 

Duritiem,  lapidum  merfis  inolefcere  ramis. 

Di  quello FiumicelloBologne(e,fenzaefprimerne  il  nome,  ne  fece  menzione 
r  Ambrofini  nel  Mufeo  Metallico  dell’ Aldrovandi,  ove  mentovandole  àcque, 
che  portano  (eco  il  (ugo  pietrificante  ,  ne  (criffe.  Eononienfis  ager  fimilibus;, 
aquis  non  caret:  nam  prope  Villam  Albergati  viginti  miltiaria  a  Civitate  difian^s^' 
tem,  fiuit  parvus  amnis ,  circa  cujus  ripas  planta  interdum,  lapidea  obfervantur  * 

23  CARBONE  molto  grande,  pietrificato, 

34  Nèfolamentele  Piante,  ò  parti  loro,  difoftanzalegnofa,.  e  perciò  ami¬ 
che  della  durezza ,  divengono  talvolta  pietra ,  ma  per  maggior  maraviglia  fe  ne 
pietrificano  anco  di  quelle  morbidilfime,  e  piu  di  tutte  corottibili,  come  [Funr 
ghi,  giuda  ciò  chele  n’accennò  nel  precedente  capo,  dilettandoli  la  Natura  d» 
kherzarc  non  lolo col  produrre  le  Pietre  pungiti,  fimigliantiflìrae  a’Fuughi»  e  ^ 

le  Fungifete,  ma  di  trasformare  anco  i  medefimi  Funghi  in>  pietra  quantunque 
da  ciò  iontanilfimi  d’origine,  come  generati  di  (uperflua  humidità  della  Terra, 
ò  d’ Alberi ,  ò  di  Legni  putridi ,  ò  d’ altra  cofa  fracida ,  e  perciò  quanto  pìù  fug- 
gettialla  putrefazione,  tanto  più  inetti  ad  indurirli  in  pietra/, Tcofrado  ne  offer*. ^ 
vò  in  certo  fito  particolare  della  Spiaggia  dell’Eritreo,  notando,  che  dopale 
pioggie(  le  quali  altrettanto  impetuole,  quanto  rade  vi  cadono  ,  piovendovi 
appena  una  voltaogniquattro,ò  cinque  anni)  vinafeono  de’ Funghi,  che  dal 
Sole  battuti  fi  cangiano  in  pietra .  Il  Clufio  avvisò  nafeerne  nel  Nilo ,  riferendo 
cavate  da  effo  quelle  tré  (orti  di  Funghi  pietrificati,  ch'egli  defpriffe,  e  figurò  f.  io. 
nelluò  Volume  delle  Cole  Pellegrine,  E l’ Aldrovandi,  ò  chi  per  lui  terminò  il 
Mu(eo  Metallico afferifced’havernepoffcdutQ  uno  portato  dal  Cairo.  Ne  fece 
menzione  anco  il  Vorinio,  col  dc(cci verne  uno»  che  da  lui  chiamali  Futigiti  L.  i.  Muf. 
^4A:e»a  ,au(od’Icalia.  .Tal  (odezza  però  non  credo  che  adivenga  loro, per  (ola 
operazione  del  calor  del  Sole  (  come  pare  che  inferifea  Teokado  )  quantunque  ^ 
egli  fia  Chelf.  Ref 

Il  Niitifiro  Maggior  de  la  Natura,  C.a. 45. 

avvegna- 


154  M  P*  S  È  0  0  S  P  l  À  U  0 

avvegnaché  qucfto  opera  egualmente  in  altri  luoghi ,  dove  i  Funghi  non  irapie- 
crikono  ;  ma  perkadomi  che  per  principale  vi  concorra  il  fermento  pictrifican- 
tc,dicui  foprafidiilc.  Di  limili  Funghi  nel  Mufeo  s’hanno  i  fottonotati. 

ij  FVNGO  pietrificato,  d’ una  fpanna  di  diametro^  ma  fenzapicde,  come 
quello  del  Vormio. 

ì6  FVNGO  confimile,  ma  più  piccolo. 

27  FVNGO  impietrito  ,  imperfettamente  rotondo  ,  dì  quattro  dota  di 
diametro. 

28  FVNGO  fiinile  rotondo,  di  fotto  profondamente,  e  di  fopra  legger¬ 
mente  ftriato,  &  in  quella  parte  naturalmente  {cavato  in  modo,  che  fembraun 
Vaio  da  bere .  Nel  che  molto  fi  ralTomiglia  a  quella  fpezie  di  Sarto  Fungiforme, 
che  tra  diver/e  forti  di  Pietre  Fungiti  vien  figurato ,  e  deferitto  dall’  Aldrovandi 
lotto  nome  di  Tunghe  mA^iore  vergati .  Quello  però  del  Mufeo  Cofpiano  è  più 
grande ,  effendo  di  fette  deca  di  diametro  per  ogni  verfo ,  quantunque  non  hab- 
bia  piede,  non  manca  d’ altri  contrafegni  di  fua  naturalezza  per  farli  conofcerc 
più  che  Sarto  Fungiforme ,  Fungo  impietrito . 

25?  Alle Cofe  Pietrificate, come  fopra  notòllì,  riduconfi  anco  i  Sughi  con¬ 
creti  di  fedimento  d’ acqua  corrente ,  ò  di  gocciole  d’ acqua  flillante ,  non  fenza 
mifipra  di  fermento  lapidifico,  come  cagion  principale,  che 
tlipévar.  fenttHS  molli s  jam  Upidefeat  aqua. 

carm.apmt  come  cantò  Bernardino  Ripa ,  Poeta  del  Sccolo  pafiaco ,  di  cui  confervo  un  Vo- 
wy-F-4®*  lume  manoferitto  di  vari  Componimenti  Latini,  Del  primo  genere  oflervonel 
Mufeo 

30  Vn  gran  pezzodi  TARTARO  d’  ACQVA  ,  lungo  quattro  palmi,  e 
largo  uno ,  bianco ,  e  del  colore  del  Sai  commune .  Fù  trovato  nell’  Acquedot¬ 
to  della  maeftofa  Fontana  della  Piazza  di  Bologna.  Come  che  occupalfe  fola- 
mente  la  parte  inferiore  del  tubo ,  eontrarte  figura  femicilindrica ,  alquanto  però 
fcanalata ,  riufeendo  nella  parte  con  velTa  tutto  lilcio ,  per  la  pulitezza  della  can¬ 
na  di  piombo ,  e  nella  cava  grumolo ,  per  l’ineguaglianza ,  con  cui  vi  s’ andò  at¬ 
taccando  la  materia  acquea  a  poco  a  poco  induritali.  Anzi  quel  fedimento  in 
più  volte  deporto  vi  hà  cagionato  diverfità  di  ftrati ,  nell*  ultimo  de’  quali  fi  pon- 
no  ortervare  le  particelle,  che  lo  cortituifeono,  di  figura  rotondeggiante,  ma 
poligona,  come  fuffero  di  criftallo,  fparfe  d’ alcuni  atomi  di  minutiflima  ,  c 
fplendida  rena .  Altri  pezzi  di  Tartaro  del  medefimo  Acquedotto  fi  vedono  tra 
le  Cofe  naturali  lafciatc  a  querto  Publico  dall’  Aldrovandi  ;  uno  de’quali  ma  più 
piccolo  di  querto,  fi  trova  figurato  al  naturale  nel  di  lui  Mufeo  Metallico. 

X.  3.  f.  ij  L’ Ambrofini ,  che  terminò ,  e  publicò  quell’  Opera ,  lo  chiama  Taro ,  a  diffcren- 
za  del  Tartaro  del  Vino,  ferivendone  ;  ^emadmodum  Tarum  ex  aqua  ,  it« 
61.  Tartarus  ex  Vino  in  lapidem  conerefeit,  Eprima  nehaveva  detto.  Tarum  ap- 
pt^l^xf^^  quiddam  tophi  genus  ex  acqua  concretum.  E  querto  è  la  feconda  fpe- 
ziediTufo  di  lui  propolto  prima, con  dire:  Altera  tophorum  Jpecies  eil  qui  fé-, 
dimento  aqua  in  canalihus  fontium  tener  efe  ere  folet.  L’Imperati  lo  chiama /’/V- 
-  -  tra  Tartara,  Nc  fà  in  copia  oltre  il  Meandro,  verfoJBucefala,  dove,  al  riferir  di 

‘  Strabone,  vi  featutifeono  certe  acque,  che  facilmente  fi  cangiano  in  tufo,  che 
da  quelli ,  che  tirano  gli  acquedotti ,  vien  cavato  per  farne  de’  muri  :  I!  che  pure 
oggidì  coftumafi  nell’  Vngheria,  dove  l’ acqua  di  molte  fonti  cangiandoli  in  pie¬ 
tre  ben  grandi ,  che  fervono  a  fabricar  cafe  ,  hà  dato  luogo  al  proverbio  tià  que* 
Paefani  ufitato ,  cioè  c’habitano  Cafe  fatte  d’ acqua . 

31  Altro  pezzo  di  TARTARO  acquatico  grande, rotondo. 

Cinque  altri  pezzi  di  TARTARO  d’ acqua  differenti. 

-33  Del 


LIBRO  SECONDO,  CAP.  XX^ll  155 

Del  iecondo  genere  di  Tartaro  d’acqua  generato  di  ftillicidiocpndenfa- 
to  v’hà  ungranpez^o  di  FLVORE  d’ ACQVA  rapprefo  in  figura  di  quel¬ 
l’erba,  che  per  la  fimiglianza ,  che  ne  porta ,  vien  chiamata  da  Botanici  Coda  di 
Cavallo.  Ed  appunto  come  tal  Pianta,  quello  hà  foltilfimi  rami  lunghi,  e  ro¬ 
tondi,  ma  di  fuperfizie  ineguale,  lottili,  &  ammaliati,  iquali>fi  dividono  in  al¬ 
tri  fri  di  loro  intralciati,  di  color  bianco,  e  friabili,  e  che  tenuti  in  bocca  li  - 
disfanno,  come  il  Tartaro  del  Vino,  lenza  però  notabile  acidità  .  Ollervollo 
primiero  il  Dottor  Ovidio  Montalbani,  che  ne  regalò  il  Sig.  Marchele  Colpi , 

&  accompagnò  il  dono  con  quella  Ifcrizzione.  ^  . 

D.  MDCLXL  XI.  KAL.  IVLII. 

FLVOREM  HVNC  VERMIFORMEM 
CONCRETVM,  SEV 

FONTANM  RASINM,  hoc  est  TARTARI  FRVSTVM 
HIPPVRIM  HERRAM  PERBEILE  RE  P  RJES  E  NT  A  NS 
ILLVSTRISS.  MARCHIONI  FERDINANDO  DE  .  COSPIS 
DOMINO  SVO  COLENDISS 
SE  PRIMO  OBSERVATVM  MITTIT  . 

/STERNIT ATI  NOBILISS.  SACRANDVM 
OVIDirS  MONTALRANVS 
HVMILL,  CLIENS. 

■  34  FLVORE  d’ ACQVA  pietrificatoin  figura d’ un  Ramo  d*  Albero,  con 
le  protuberanze  di  molte  gocciole  dillintamencc  indurite ,  come  nella  quinta 
Tavola  de’Sughi  Concreti  dell’ Aldrovandi  v  i  - 

35  Pezzo  di  TARTARO  ACQVATICO  vermicolato. 

3  6  Co’  Tartari  d’acqua  tengono  gran  fimiglianza  nella  generazione  le  Pie¬ 
tre,  che  fi  formano  ne’ corpi  de  gli  Animali ,  e  fpezialmente  de  gli  huomini,  co-! 
me  quelle ,  che  rifultano  di  feccia  terrellre  nel  corfo  de  gli  umori  depolla  in 
qualche  parte  abile  a  riceverla,  e  trattenerla,  per  debolezza  di  virtù  non  valevo¬ 
le  a  fcaricarfene ,  e  qui  vi  luccelfi  vamente  da  fermento  Ialino  filTata  in  confillen-; 
za  per  lo  più  tartarea .  Così  l’intefeco’ migliori  Filofofanti  il  mio  gentilillìmo 
('«iovanfrancefcoBonomi,  benché  come  Poeta,  c  Filofofo  Morale  moflralTedi 
lentirnc  altrimente  nel  terzo  de*  fette  fuoi  fpiritofinimi  Sonetti  fopra  il  mal  della  , 
Pietra,  fcrivendo. 

VelU  Selce  ^  che  l*  Huom  tanta  addolora ^ 

Non  è,  com'  altri  vuol,,  feccia  impetrita,. 

Ne  le  vifcere  a  lui  dal  tempo  unita. 

Perche  a  T  Vrna  s  *  avvezzi  anzi  che  mora . 

Ma  ben  Pietra  è  fatai  da  /’  Etra  ufcita. 

Per  raccordare  al  mifero  d*  ogn*  ora 
che  del  corfo  vitale  il  fine  addita 
C/f  I'  Huom  di  Pietra  angufia  Pietra  ancora, 

O*  ^ual  virtude  in  quello  fajfo  lieve 

Infufe  il  Cieli  fe  in  un  fof pira  a  pena 
Il  camino  vital  difegna  breve, 
pietra,  cui  forma  t  addenfata  arena, 

guanto  il  frale  Mortai,  quanto  ti  deve. 

Se  la  Pietra  tu  fei ,  che  al  Polo  il  mena. 

37  Vedonlì  di  quelle  nel  Mufeo  due  PIETRE  d’  cgual  pefo  ,  c  mìfura» 
trovate  in  una  velica  humana  »  di  foRanza  tofacea ,  di  figura  rotonda  comprclla , 

di  due  oncie  di  diametro ,  fcabrofc  nella  circonferenza»  c  lifeiene*  Jaticom- 
-  -  preffi 


Laure,Peri. 

moral. 
Son.  18. 

f.  I9S< 


tj4  M  .V  S  E  0  C  0  S  F  l  A  H  0 

predi  >  gialle ,  c  friabili  >  come  per  lo  più  fono  le  altre  Pietre  fimili ,  benché  fe  nc 
crovinoanco  di  conlìftenza  marmorea .  Al  contrario  di  cjuefte  inegualilfima  per 
molti  angoli  fn  la 

38  PIETRA  trovata  ne’ Reni  di  Erancefeo  Primo  Duca  di  Modana:  della 
Benm.icc,  quale  qui  fc  nc  vede  in  un  criftallo  la  forma ,  palefanrcal  naturale,  che 
en.p.zoj.  >  — C/j/  da  le  sfere  il  tutto  Tede 

pietra  fcabra,  e  fefante  a  lui  coniefe , 
cqmeèantòilBonomi.  Ne! qual  propolito  s’hanno  leggìadrifsimi  Componi» 
Batt.?.  I.  lìtenri  nelle  Poefic  del  Cavalier  Fra  Ciro  di  Fers,  edeljiattifta. 
p.  151. 

Ve'  TeFlarci  &  altrt  Corpi  co»  fembianza  d' Antni  ali  Acquatili  ^ 

b  parti  loro,  Cap.  XXFIIl, 

i  Rovanfi  non  di  rado  ne’ Monti,  c  talvolta  ancora  nella  pianura  vani 
i  Corpi  di  materia  petrigna  ,firaiglianti(simiadiver{i  Animalidi  Marc, 
come  Echini ,  Paguri,&  altri  acquatili ,  &  in  particolare  Conche  bivalvi ,  e  Tur- 
binate  di  più  forti,  quando  feparate ,  e  quando  componenti  grolle  Ialite.  Le 
quali cofefoglionoridurfi alle foftanze pietrificate,  credendo  il  volgo,  e  feco 
più  d’ un’ Ingegno  eminente,  che  fìano  reliquie  d’ Animali  un  tempo  vivi,  la- 
feiate  colà  dal  Diluvio  Vnivcrfale.  E  così  giudicò  tra  gli  altri  il  dottifsimo  Ni¬ 
colò  Stenone,  che  in  prova  di  ciò  ne  portò  diverfi  argomenti  di  gran  forza  nel 
Prodromo  della  curiofilsimafuaDiflertazione  De  folido  intra  folidum  natur a-^ 
Tracall.ap.  Uter  contento.  Alla  quale  opinione  il  Fracaftoro, e  l’ Aldrovandi  oppongono , 
^Vi^àtan.  che  la  Terra,  &i  Monti  non  dalle  acque  Marine,  ma  dalle  Cclelli  furono  allora 
ttqu.Feron.  Coperti,  Oltre  di  che  non  in  tutti  i  Monti,  ma  folamente  in  alcuni  fi  trovano  di 
<Aidr,Muf.  que’corpt,  E nulladinfenofe colà  fuffero  flati  lafciati  dalle  acque  del  Diluvio, 
f.  /{./.8*19,  ninna  montagna  dovrebbe  mancarne;  anzi  bifognerebbe  che  fe  nc  trovafle  com- 
munemente  nella  pianura  ancora,  fe  non  predo  la  fuperfizie,  potendo  quefta 
dirfi  fiata  coperta  dalia  terra  fccfa  colle  pioggie  da’ Monti ,  almeno  cavandofi  a 
qualunque  diflanza,  lungi  da’ letti  de’ Fiumi.  E  pure  non  mifowicne  d’havcr 
letto  che  ne  fìano  flati  trovati  nel  piane,  fc  non  in  certo  luogo  della  Brabanza, 
&  in  altri  d’ Anverfa , dove  però  fi  generano  per  naturalezza  di  quella  tei  ra ,  co¬ 
me  più  a  bado  fi  proverà  col  dottidìmo  Goropio. 

2  Altri  furono  di  parere, che  fimili  corpi  anco  fenza  ricorrere  all’innonda- 
7Ìone  unìverfalc,  pedano  edere  colà  flati  sbalzati  dal  Mare,  che  deponendo 
quando  uno  firato,  e  quando  un’ altro  di  fedimcnto,  e  d’arena  in  un  luogo,  c 
quindi  pofeia  a  poco  a  poco  recedendo ,  habbia  fatto  que’  Monti ,  ne’  quali  pic- 
trificandofiin  gran  parte  il  terreno,  non  è  maraviglia,  che  fianfi  pietrificati  an¬ 
co  tanti  Tcflacei  %  che  vi  reftarono .  Così  pare  che  l’ intendede  Ovidio ,  quando 
(t. if.  cantò, 

!V.  *6i,  Fidi  ego  quod  fucrat  quondam  folidifma  tellus 

JBJfe  fretum:  vidi  faFlas  ex  aquore  terras, 
tt  procul  a  pelago  Concha  \acuere  Marina, 

Di  che  fe  n'  hanno  efempi  nell’  Italia ,  come  a  Ra  venna,  &  a  Padova ,  che ,  rem  pò 
fà ,  erano  battute  dal  Mare ,  &  hoggi  l’ hanno  difcoflo ,  quella  quattro ,  e  quella 
vinti  ,c  più  miglia .  E  per  tcflimonio  di  ciò  non  hà  molto  che  in  Padova ,  vicino 
al  Badion  Cornare,  furono  trovati  graffi  Alberi  di  Nave,  e  nella  Contrada  di 
S.Elena  di  detta  Città,  diverfi  avvanai  di  grodo  Vafcelio  ;  anzi  cavandofi  i 
Big”tr.»rìg>  fondamenti  del  Monallero  pur  di  S.Elena,  al  riferire  del  Pignoria,  vi  fi  ritrovò 
tpat.  C.7.  ynaben  grande  Ancora,  Accidente,  che  anco  altrove  fùodervatodaBatrifla 

Fulgo- 


L  1  'S  R  0  S  E  C  01^  D  0,  CAP.  XXm.  157 

Fulgofo,  che  racconta  come  del  1 460.  cavandofi  in  certa  Montagna  fu  vi  ritrova¬ 
ta  una  Navefepolta»  con  gli  Alberi  (pezzati,  e  le  Ancore  di  ferro,  avverando 
quei  detto  d* Ovidio ,  *'• 

Et  'vettts  inventu  eft  in  Montihus  auchor*  fummis .  *‘l- 

E  del  la  Città  diS.  Omero,  detta  anticamente  fondata  da  Celare,  notò  a 

quello propolìto Simone Ogieri  nativo  di  quella. 

Nam  tunc  pulfa.  Mari,  Portus  quoque  nomen  habehat ^  *• 

K^t  Marts  hoc  tpjam  tempore  Uqmt  aqua. 

K^nchoraque  tn  fummo  referitur  Monte  frequenter  ^ 

Cum  terram  valido  vomere  fulcat  equus, 

3  Ciò  però  fe  prova  che  in  alcuni  luoghi  non  molto  diftanti  dal  Mare  poflano 
fimili  Corpi  da  quello  effere  ftati  lalciati,  non  bafta  a  conchiudere  di  tutti  i  Mon¬ 
ti  ,  maflime  de’ più  alti ,  come  fono  le  Alpi ,  &  altri ,  nelle  più  fublimi  cime  d’ al¬ 
cuni  de’ quali  talvolta  fi  trovano  de’Tellacei  Follili.  Ne  fà  calo  in  contrario 
l’afferird’ Arinotele,  che  dovunque  oggi  è  terra,  tutto  già  fuffeMarcje  che  tot  Cefaig.de 
ti  i  Monti,  eie  Ifolc  Tufferò  fatti  da’cumuli  del  di  lui  (edimcnto,  e  Icoperce 

receffo  di  quello  da  luogo  a  luogo.  Perche  òil  Filofofo  s’intende  ciò  efler  le-  ^ 
guko  nel  principio  del  Mondo,  o  in  altro  tempo.  Se  in  altro  tempo,  ciò  non  mu/.  Aitt. 
conila  per  alcuna  Iftoria ,  fuorichedel  Diluvio  Vniverfale,nel  quale  non  è  ve- 
ro  che  fuffero fatti  tutti  i  Monti,  come  credettero  alcuni  appreffo  Antonio  Tor- 
queda  nel  luo  Giardino:  avvegnaché  ve  n’erano  prima,  mentre  in  elTo  Diluv  o,  T rate.  a. 
come  inlegnano  le  Sacre  Carte ,  Operti  funt  omnes  Mentes  excelfi  fub  univerfo 
Se  nel  principio  del  Mondo;egli  favellò  una  verità  malficcia,forfi  imparata 
dal  Sacro  Tello ,  dove  s’ hà  il  fondamento  de’  Monti  prodotti ,  non  dopo  che  la 
Terra  fù  habitata,ma  nel  terzo  giorno  della  Creazione  del  Mondo  quando  Bìxit  i. 
Deus:  congregentur  aqua^  qua  fub  Calo  funt^  in  locum  unum  ,  &  appareat  ari^ 
f// Et  in  tanto  apparvero  allora  i  Monti  a  mio  credere ,  in 
quanto  la  Terra,  che  prima,  come  nota  il  dottilfimo  P.Gioleflfo  Blancano  nella 
fuaColmografia,  era  tutta  piana  ad  un  modo,  lenza  balze,  nè  valli  comeper- 
fettilfimamente sferica,  etuttacopcrtad’acque ,  e  perciò  inhabile  ad  effere  ha¬ 
bitata  ,  abbaffandofi  in  molti  luoghi ,  per  farne  ricettacolo  alle  acque ,  come  ha- 
vevà  comandato  l’ Altìlfimo,  fù  neceffario  cheinaltrifilollevaffc,  e  cosi  ne  ri- 
fuitaffero  i  Monti .  Nè  pertanto  in  quelli  potè  allora  il  Mare  lalciar  forte  alcuna 
d’ Acquatili ,  mentre  quelli  non  erano  per  anco  ftati  creati ,  come  quelli ,  che  co’ 

Volatili  furono  introdotti  nell’ Vniverfità  delle  Cole  folo nel  quinto  giorno, 
quando  Dixit  Deusx  Producant  acqua  reptile  anima  viventis volatile  fuper  Gtn.t. 
terram  fub  firmamento  Cali.  Creavttque  Deus  Cete  grandiat  omnem  animam^ 
viventem  ,  atque  motabilem  ,  quam  produxerant  aqua  in  fpecies  fuas  .  E  pol 
quand'  anco  ailora ,  ò  nel  generai  Diluvio  luffero  colà  ftati  lalciati ,  non  pare  che 
nclcorlo  di  tanti  Secoli  haveffero  potuto ferbarfi  incorrotti  fuori  dell’Elemento 
loro,  a  cui,  più  che  ad  altri,  per  haverli  prodotti , competeva  il  conlervarfi»  «-g 
come  dilcorre  l’eruditilfimo  Scarabclli  nella  lua  Delcrizione  del  MuleoSei» 
taliano. 

4  Altri  finalmente  fi  perfuafero,che  i  Teftacei  Follili  pollano  generarli  dovun¬ 
que  fiavi  materia  a  ciò  atta ,  e  che ,  s’ egli  àdi  venga ,  che  in  tal  materia  non  vi  fia 
energia  baftevole  alla  produzzione  dell’ Animale,  le  ne  generi  lolamente  la 
Conca .  Opinione ,  che  mi  và  molto  a  genio ,  in  quanto  al  poterli  generar  fimili 
Conche  fuori  del  Mare;  ma  non  però  in  quanto  al  potervi  nalcere  l’ Animale* 

Perche ,  le  ciò  fuffe,  in  alcuni  di  quelli  Teftacei  fi  rrovarebbe  i’  Animale,  ò  vivo, 
òmorto.  Epure  a  memoria  d’huomo  non  le  n’ è  mai  trovato . 

O  5 


Frécd^.  ap 
Sdrayn.toc. 
ett.Uolcdrd, 
/.3.  A4uf, 

c.  Chiocc. 
Muf.  Cairn 
ce  il.  felì.  3. 
p.  407.  CP 

fm- 

Pefci  ffgara 
ti  ne’Satn. 


An,  e.  13. 


Muf.  Cale, 
/eEl.i.p.^z8 
439. 

Mofearà. 
l.z.Muf. 
c-i-p,  i8u 

Agrie,  l.io. 
e.iu 

Gefn,  defig, 
Up.  C.14. 
Aid.  Àiuf. 
Ai»,  t.  I. 
e.  4.  p.  101. 
102.  103. 
104.  l.^.c.i. 

t  4f3*454-<^- 
57.  p.  764.  c. 

77*  P-  938. 


tee.  eie. 


L.  X. ^eEl.z, 
f.2.p.38. 


158  M  V  %  E  0  C  0  S  E  l  An  0 

5  Io  per  tanto  inclinaret  a  credere ,  come  non  inverilìmilc  j  che  que’  Corpi 
Oftreacei,  &  altri,  che  fi  trovano  ne’ Monti,  nonfiano  veri  Tellacci ,  nè  mai 
fiano  fiati  partiti’ Animai  vivo,  come  pretendono  gli  Autori  fopracitati,  &  in 
•  particolare  il  Fracaftoro ,  (eguito  in  ciò  dal  Saraina  *  dal  Mokardo ,  e  dal  Chioc- 
;  co;  ma  più  torto  che  fianoSafil.ò  Pietre  dalla  Natura  generate  con  tali  figure: 

mafiime  non  efiendo  in  ciò  implicanza  alcuna .  Conciofiecofache  le  la  ftefla  Na- 
'  tura  produce  nell’ acqua diverfi  Animali , e  Zoofiti  fimili  a  molti  Animali,  &  al- 
’  tre  cofe  della  Terra ,  come  olTervarono  parecchi  Scrittori ,  c  particolarmente 
1*  Aldrovandi,  che  di  fimili  Acquatili  ne  trattò,  e  portò  le  figure  in  più  luoghi 
deir  Irtoriade’Peki,de’Teftacei,ede’ Zoofiti:  perche  nella  Terra  non  potrà 
ella  generare  alcune  cofe  fimili  a  quelle  di  Marc  ?  E  di  fatto  non  ifcolpike  ella 
in  alcuni  fallì  così  al  vivo  Timagine  di  varii  Pefci,che  vi  fembranocol  piùcfqui* 
firo  artifizio  di  mano  indurtriola  figurati  ?  Così  occorfe  nella 

Pietra  FOXINITE  del  Dottor’ Ovidio  Montalbani ,  donatami  dalla  cortefia 
del  Sig.Marchefe  Marco  Antonio  Montalbani  di  luiNipote.digniflimo  Figliuolo 
del  Conte  Giovambattifta  Montalbani,  Irtoricodi  rtile  da  paragonarfi con  Ta¬ 
cito  ,  come  può  vederli  nel  di  lui  gentiliflìmo  Cómentario  de  MeribusT! urcarum, 
rtampato  a  parte ,  e  tra  i  Trattati  di  varie  Republiche  :  la  quale ,  benché  fia  Pietra 
da  calce,  confervafi  come  Gioja  in  quello  Mufeo;  per  bavere  la  Natura  con  di¬ 
ligenza  infuperabile  improntato  in  elfa  Teffigie  del  Peke  PardelU^  dal  Filofofo 
chiamato  d’onde  ne  denominò  quella  curiofità  il  di  lei  primiero  olfer- 

vatore:  apprcifo  di  cui  vedevanfi  altre  fimili  gentilezze  di  Pelei  naturalmente 
figurati  nelle  pietre ,  per  le  quali  non  haveva  da  invidiare  al  Calceolario  quelle  » 
che  nel  di  lui  Mufeo  mentova  il  Chiocco ,  notandole  di  quello  Secolo  trovate 
nel  Territorio  di  Vicenza .  Tali  bizzarrie  però,  tutto  rarillìme  in  quelle  parti, 
quali  d’ordinario  accadono  ne’ Salii  della  Minerà  di  rame  d’Islcbia,  Cartello 
de’ Conti  di  Mansfclda  nella  Saffonia:  ne’ quali  ben  fovente  fi  trovano  natura- 
lifsimamente  kolpiti  Luzzi ,  Pefchi ,  Barbi ,  Aringhe ,  Anguille ,  anzi  Palfcri di 
Mare,  de  altri  Peki  ,come  olTervarono  1*  Agricola,ilGefncro,e  l’ Aldrovandi: 
nel  di  cui  Mufeo,  donato  a  quello  Publico,  fe  ne  confervano  alcuni,  i  quali  in 
più  laftrc  divili ,  in  tutte  moftrano  la  rnedefima  figura .  Dal  che  giudicò  Anklmo 
Boezio,chefu(Tero  veri  corpi  di  Peki  impietriti,  imaginandofi  che  nello  ftelTo 
luogo fuiTe Hata  una  Pifcina:  la  quale  per  qualche  terremoto  fulTe  una  volta 
Hata  coperta  di  fotti!  crolla  di  terra  :  e  che  la  di  lei  acqua  dalle  fotterrancc  efala- 
zioni  metalliche,  potenti  a  fiirarla,condenfata,fulTe  fuccellivamcnte  pafsata  in 
nàrura  di  pietra ,  contenente  dalla  llelTa  virtù  infalfiti  i  corpi  de’ Peki,  che  prima 
in  ella  guizzavano .  Ma  tutt’  altro  perfuadono  le  imagini  non  folodc’  mentovati 
Palferi  di  Mare  non  habitanti  nell'  acqua  dolce ,  ma  di  molt*  altre  cofe  ivi  olferva- 
te ,  nulla  attinenti  all'  acqua  *  come  di  Galli  d’ India ,  e  di  Salamandre  ;  anzi  (ch’c 
incomparabilmente  più  mirabile  )  della  Beata  Vergine  col  Bambino  in  braccio, 
c  de  gli  ftefsi  Sommi  Pontefici,  Coronati  di  Triregno,  come  notò  l’Agricola* 
Le  quali  cole  vive,  elTendo  impofsibile ,  che  tutte  fi  trovallero  in  quell'acqua, 
non  lakiano  luogo  al  crederfi ,  che  ivi  fulle  lago  alcuno  ;  ma  più  torto ,  che  le  ma- 
ravigliole  imagini  di  que’fafsi  fiano  tanti  kherzi  dedalei  della  Natura,  de’  quali 
non  le  ne  polla  rendere  altra  ragione ,  fe  non  che 

Ludit  in  humanis  divina  potentia  rebus. 

Non  s’ingannò  per  tanto  il  Vormio  conchiudendo  di  quelli  miracoli  della  Natu¬ 
ra  fateri  Naturam  polydadalam  multa  finu  fuo  fovere  t  tyuorum 

rationem  nemo  unquam  inveBigabtt .  E  forli  di  quella  fpezic,  e  perciò  n  aturalc, 
lù  Quella  Pietra,  che  improntata  dell’ imagine  d’ un  Peke,  fù  prodigiof^mente 

kaglu- 


LIBRO  SECONDO.  CAP.  XXf^lU.  I 

^cagliata  dal  Cielo  a  punir  l’empietà  di  quel  /acrilego,  che  ncufando  d’ onorare 
5.  Nicolo  Magno ,  il  Taumaturgo  di  Mirea ,  con  i/cherno  antipoie  al  di  lui  culto 
il  defidcrio  di  mangiar  Felce  ;  ma  colpito  da  quel  Pefce  di  pietra ,  impietrì  nella 
lingua,  che  pcrdè  l’ufo  di  favellare,  per  lafciareagli  occhi  quello  di  piànger* 
rcnormitàdèU’eccefso.  Onde  Francefco  Maria  Bordocchi,  il  Simpatico  tra’ 
jiollri  Vnanimi  di  Bologna,  a  gloria  del  Santo  Protettore  dell’Accademia ,  ne  gli 
OlocAuUi  d' Encomi,  Foefìe  in  lode  del  mcdeiìmo  da’ detti  Accademici  ftampatc 
del  1^7*.  4.  così  hcbbe a  cantarne.  ;i 

S’  Aprirò  i  Cieli  i  e  da,  quelP  Acque  immenfe^ 
che  dan  sù  1'  Alto  eterni  appUufi  a  Dio, 

D  ’  ingordo  Schernitor  le  brame  intenji 
?efce  di  Pietra  a  vendicare  u/cto. 

Tratto  l*  Empio  dal  colpo  a  le  difpenfi  - 
Di  quel  Pefce  fatai,  gufìb  fiù  pi» 

L'  efea  d'  un  facro  Culto,  e  in  parche  menfe 
eli  alimenti  de  /’  Etra  a  /’  alma  unì», 

^^indi  non  piu  a  fchernir  le  labbra  attenne. 

Ma  con  Pefce  di  terra  a  tacer  prefe,  ! 

Ma  con  I'  Acque  de  ’  Cieli  a  lodar  venne l 
Così  fra  pianti  fuoi  muto  fi  refe, 

E  r  onda  del  fuo  duol  da  un  Pefce  ottenne. 

Ed  il  filenzio  fuo  da  un  Pefce  apprefe, 

6  Che  fe  la  Natura,  come  s’ è  detto ,  sà  produrre  1  falsi ,  con  figura  di  Pefce 
tanto  cfquilita ,  che  nulla ,  trattone  il  moto ,  vi  lì  può  aggiungere ,  nulla  fcemarc^ 
perche  efprimano  i  veri  -,  che  cola  impedirà ,  che  non  polTa  formare  anco  de’  falsi 
con  figura  perfettifsima  di  Te(laceo<?  Anzi  tanto  men  diffìcile  ciò  dev*  elsere 
alla  Natura ,  quanto  maggiore  è  la  fìmiglìanza ,  che  lì  feorge  tra  la  foftanza  delle 
Conche  Marine,  c  quella  delle  Pietre  :  che  quella ,  che  pafsa  tra  le  Pietre  medéW 
lime,  ci  Pelei;  per  tacere  de  gli  Animali  terrcftri,  e  volatili,  ò  parti  loro-,  eie 
Piante ,  come  i  Funghi ,  ò  i  Frutti ,  a’  quali  alcune  talvolta  riefeono  fimigliantif- 
lime  nella  figura,  comefivede  in  tante  bizzarre  i  magini  addotte  dall’Aldro- 
vandi  nel  Mufeo  Metallico,  e  confermali  con  le  llravagantifsime  fembianzedi 
molti  Salsi  del  Mufeo  Cofpiano ,  che  tra  poco  lì  notaranno  . 

7  Ma  ciò,  che,  a  mio  credere,  più  vale  in  prova  di  taleafserzione,  lì  è  il 
trovarli  ne* Monti  materia  idonea  per  tali  generazioni.  Perche  le  le  Conche 
acquatiche  fono  prodotte,  ò  d’arena,  òdi  fango,  mediante  Tumido  vilcofo, 
che  le  congiunge ,  notandone  Arinotele  ,di  cui  non  mi  trovo  alla  mano  il  Tello 
Greco  :  ^od  Concha  ,  Chama  ,  Fngues,  &  Peilines  locis  arenofis  ortus  fui 
initia  capiunt,  E  piùbafso.  In  limo  fponte  gignuntur  omnia  TeHacea  prò  ejus 
varietate  diverfa  .  In  canofo  quidem  Ojlrea  ,  in  arenofo  Concha  ,  &  alia  ,  qua 
memoravimus  :  in  rimis,  é"  fiffuris  faxorum  Tethea  ,  &  Glandes  ,  &  qua  affi~ 
guntur,  ut  Lepades,  &  Nerita.  Anche  ne*  Monti,  &  in  altri  luoghi,  vi  lì  trova 
arena ,  ò  terra  vifcofa ,  &  umor  fallo  analogo  a  quello  del  Mare  :  cole ,  che  alla 
Natura  operantecol  calor  centraledellaterra, ballano  per  la  generazione  delle 
Pietre  limili  a’ Tellacei:  nelle  quali  come  di  fopra  accennò  ilFilofofo,  puòfal- 
varli  la  diverfirà  delle  ligure,  con  la  varietà  delle  miilioni  di  tali  materie.  Efc 
tra  quelle  ve  n’  hà  delle  Turbinate ,  la  figura  delle  quali  pare  che  richieda  mag¬ 
gior*  elaborazione  ;  non  mancano  nelle  caverne  de’ Monti  cfalazionifumofe,  le 
quali,comenotòl’ Aldrovandi,  cercando  rufcita,e  non  trovandola, ponno 
agitarfi  a  gutfa  di  turbine ,  e  giuda  la  varietà  del  moto  di  tale  agitazione  ftampar 

O  a  Teffigic 


f.f9. 


Figure  d’V« 
celli  Qc’Saf* 
fi. 

Alir,  /.4. 
Muf.  Miti 
e  I  f  44f. 
«^•5^  hl^9> 
76}.  766, 


L  5-  hijl. 
Antm.c  I  r. 
&af.  Ath, 
l.  3.  Dttntf. 


JLce.  ttu 
'Mti^eap.p, 

Ji.  1.  Mh(. 
Alci,  c. 6  p. 

p.  169.  170. 
/•  4*  i  *  P  * 
455 

»/3;  ^4475* 
r.  iH.p.699. 
t.  f .887. 


,%6o  u  M  V  S  E  0  1^  0  l  An  o  \ 

Tcffigie  turbinata  in  raii  materie  difporte  ad  efscrne  imprc/se.  Ktd’èlicve  in¬ 
dizio  di  tal  generazione  il  trovarli  di  tali  corpi  con  figure  irregolari ,  e  de  gl’  im¬ 
perfetti  ,  cioè  impaftati  di  mera  terra  non  pietrificata ,  &  altri ,  come  pure  avvertì 
l’ Aìdrovandi ,  comporti  di  terra  parte  inalterata ,  e  parte  impietrita ,  de’  quali  t 
non  altrimente ,  che  d’ alcuni  de  gli  Animali  riferiti  da  Pomponio  Mela  generarfi 
nelle  alluvioni  del  Nilo  può, ex  farte  terra  vifuntur  ^ 
Anzi  di  fatto  nello  Studio  dell’  Aidrovandi  lafciato  aquefto  Publico  fi  trovano 
molti  tali  corpi  fofiili ,  che  tra'  farti  naturali  dall*  Ambrofini  fono  connumerati ,  c 
figuratine! MufcoMetallicodi quel grand’huomo, (otto  nome  diOftracite(di 
cui  ne  trattò  in  un  capitolo  a  parte,  cioè nelcap.  VII,  dellib.JV,)  d’Oftracitc 
Coralloide ,  alla  di  cui/pczie  potrcbberidurfi  la  Conca  Corallina  di  fopratnen- 
tovatain  quello  fecondo  Libro  al  cap.  XX.  nu.  3.  di  Pietra  Ortracomorfo ,  di 
Conchite  falciato, di  Conchite Margaritifero ,  di  Conchite  romboide  di  varie 
forti ,  &  altri  fimigliantiUìmi  a  Chiocciole ,  a  Buccine ,  a’  Turbini ,  a’  Murici  1  a* 
Mufculi,  a’ Pettini,  &  a*  Cruftacei, come  Granchi,  cFagurij  &agliEchinifi« 
milmente.  Enel MufeoCofpiano  fi  vede 

8  Vna  CAPPA  STRIATA ,  comporta  non  d’altro ,  che  di  minutifsima  re- 
lìa ,  impartata  col  fugo  pietrificante ,  la  quale  le  fulle  Tertaceo  impietrito ,  rtrofi- 
nandola,  non  ridurrebbefi,  come  fd,  in  atomi  lucidifsimi  di  rena,  ma  in  terra 
fcmplice,ò  limile  alla  poi  vere  fatta  di  pietre  calcinate.  Nè  porto  crederla  così 
formata  in  alcuna  matrice  di  Mare:  perche  le  Cappe  Marine  di  quella  fpezie, 
per  quante  io  ne  habbia  veduto,  quantunque  rtriate  nel  converto,  non  lo  fono 
nel  concavo ,  e  quella  hà  tutto  il  dorfo  rtriato  fin  nel  filo  de  gli  Spondili .  Me  ne 
fece  dono  il  virtuofirtimo  Sig.  Ottavio  Scariauini ,  Arciprete  di  Calle!  S.  Pietro 
nel  Bolognefe ,  in  tempo  che  io  ferviva  di  Medico  quella  Communita  :  &  affer¬ 
mava  d’haverla  trovatane!  vicino  Fiume  Silaro. 

9  Sarto  con  figura  naturalirtima  d’ ASSE  CENTRALE  delle  VOLVTE 
d’  VNA  GRAN  CHIOCCIOLA,Iungoun  buon  palmo,  di lartra grolla , chi;; 
fa  quattro  giri ,  e  di  fortanza|marmorea  biancheggiante,  cavato  da’Monti» 
quale  non  porto  perfuadermi  lìa  mai  fiato  parte  d’ alcuna  Chiocciola ,  perche  hi 
i  lembi  fveltirtìmi  da  ogni  lato  egualmente  folcati  pe’l  lungo ,  lenza  verun  legno 
di  mancanza  di  qualche  parte ,  per  indizio ,  che  la  parziale  figura ,  eh’  egli  hà  di 
Chiocciola ,  fu  Icherzo  della  Natura  imitante  i  Teltacei  ne’ falsi ,  non  opra  feriti 
nel  genere  de’ Turbinati. 

10  In  confermazione  di  tutto  ciò  cadono  molto  a  propofitole  rirtefsioni  fo-ì 
pra  quelli  Corpi  Folsili  fatte  dall’eruditilsimo  Giovanni  Goropio  fopracitato. 
Riferilce  egli  trovarli  in  un  piano  della  Brabanza  di  quelle  Conchiglie,  quali 
erto  rtiraa  ivi  generate  per  la  natura  di  quel  terreno ,  eh’  è  falluginofo  »  edi  tem¬ 
peramento  corrifpondente  a  quello  de’ guadi  marini.  Di  più  in  alcuni  luoghi 
d’ Anverla ,  come  lopra  lì  motivò ,  nota  egli ,  che  cavandoli  lotto  terra ,  dopo  el- 
ferli  trovata  l’acqua,  s' incontra  uno  llrato  di  terra  grolTo  circa  due  piedi,  tutto 
comporto  di  limili  Tcllacci ,  de’ quali  non  le  ne  vede  quantità  eguale  ne’  lidi  de’ 
Mari  circonvicini  ;  e  nulladimcno ,  fe  quelli  havelTero  havuto  origine  dal  Mare, 
che  colà  deporti  gli  haverte,  lene  dovrebbe  trovar  fimil  congerie  ne’  lidi  della 
Zelanda, dell’Olanda,  e  della  Fiandra,  Siche  è  necefsario,  che  vilìanonati 
per  la  qualità  del  terreno.  Il  che  tanto  più  chiaro  appare,  quanto  che  in  que' 
Mari  fono  rarilsimi  que’  Tertacei,  che  chiamanli  Pettini,  e  s’hanno  percola 
firavagante,  fe  ne  fiano  portati  alcuni  dal  MarGalacio:  e  pure  di  quelli  lene 
trova  una  copia  innumerabile  nelle  Fofse  d' Anverla ,  e  chi  ne  vuol  cogliere ,  da 
quelle ,  e  non  dal  Mare  fe  ne  pro  vede .  Per  lo  che  giudicò  egli  di  conlimilc  ori- 


L  I  v  n  0  s  E  e  0  nno.  cap.  xxmi  i6i 

gtneiTcftaceìFofsili  delle  Latomie  di  Megara,  dove  n*hà  maggior  quantità, 
che  in  altro  luogo  della  Grecia,  quantunque  quali  tutta  lia  battuta  dal  Mare: 
dalle  quali  notò  Paulania  elTerlì  cavato  pezzi  così  grandi  di  fallo  compollo  di 
Conchiglie»  e  perciò  chiamato  ConchUe^  che  d’ uno  d’ elfi  potè  fabricarlene  il 
Sepolcro  di  Cari  figliuolo  di  Foroneo . 

Il  In  vigore  di  quelle  olTervazioni  dunque  tra  le  Pietre  naturali  (  eh’  è  a  dire 
tra’ Miftid*  infimo  genere,  compreli  nel  più  bado  grado  delia  lollanZa,  come 
corpi  Tempre  inanimati,  e  perciò  conliderabili  folo  in  ultimo  luogo  cra’Parci 
delia  Natura  qui  conlervati  )  ponno  riporli  i  fottonotati  Tellacei Follili  del  Mu- 
feo  Cofpiano . 

la  CONCA  FASCIATA  delle  maggiori,  che  li  trovino,  come  ìn^i  da 
gli  Spondili  all’ oppolla  circonferenza  v’è  la  dillanza  d’otto  deta.  Hà  le  fue 
valve  perfettamente  chiule,  e  contiene  minutilfima  labbia  già  divenuta  pietra 
arenaria,  che  con  la  Conca coftituifee  un  folo,  e  fodo  malficcio.  Dalla  metà 
più  vicina  a  gli  Spondili  mantiene  il  colore ,  e  la  follanza  tellacea ,  e  difpolìzio- 
ne  delle  fue  fibre  ai  naturale,  come  fe  di  prelente  fulle  fiata  portata  dal  Mare. 
Nel  refio  lembra  edere  fiata  calcinata ,  edendo  pietra  bianca . 

13  CONCA  LISCIA  della medelìma grandezza,  ma  co’dorlì  d'ambe  le 
valve  più  prominenti ,  e  quelle  così  aggiuftatamente  chiufe ,  che  non  v’  è  legno 
dadifiinguerc  un  labro  dall’altro.  Attorno  a  gli  Spondili,  e  ne’ dorlì  è  ruvida 
per  certa  incroftatura  di  terra  attaccatavifi,  &  impietritali  loprala  (corza  della 
medelìma ,  che  nel  rimanente  è  lifeia ,  8c  hà  tutte  le  fembianze  uf  Conca  natura* 
le,comeleora  venideda!  Mare.  Dal  pelo  s’argomenta  piena  di  terra  inladita. 

14  CAM  A,  ò  CAPPA  LVNGA,  bianca,  chiula  dalla  Natura  in  un  pez- 
20  d’ Alabafiro  candido ,  per  legno  che  prima  che  quella  forte  di  marmo  fi  gene¬ 
rade  ,  ella  era  in  edere  •  Da  piccolo  pertugio  di  quello  cleono  le  fommità  delie 
di  lei  valve  locchiule,  congiunte  ne  gli  Spondili,  e  contenenti  certa  materia 
impietrita ,  che  potrebbe  dirli  reliquia  della  carne  dell’  Animale,  fe  quella  Con¬ 
ca  havede  havuto  origine  dal  Mare,  e  non  potede  ella  edere  fiata  prodotta  dalla 
Natura  ancoinunMonte,comelopras’èdimoftrato,  Il  che  pure  in  calo  limi¬ 
le  non  osò  di  negare  l’ Aldrovandi ,  ò  l' Ambroli  ù ,  che  per  lui  terminò  il  Mufeo 
Metallico:  leggendoli  nella foiegazione della  TAbelUcum  fnxo  Chama  offerA 
■fYAgnAnte,  XVill.  TaIcUa  hahet  delineAtum  faxurnt  qttod  frA^um  dedit  ChA* 
mam  Afferam  i  qua  (  NIS£  IBI  GENITA  FFERIT  )  diutftrmtAte  temporis  in 
faxtam  naturam  tran/mutata  fuit.  E  di  limili  Conche  non  di  rado  le  ne  trova 
ne’ marmi,  che  li  legano  in  Firenze;  come  pure  in  Cremona  mia  Patria  le  ne  ri¬ 
trovarono  alcune  bianche,  e  rode,  ne’  marnai,  che  tede  li  lavoravano  per  lo 
fontuolo  Aitare  delle  Grazie  della  Chiela  Metropolitana  :  le  quali  di  prelente 
fi  contervano  tra  le  Curiolicà  laqueila  Citta  raccolte  dal  Sig.  D.  Pietro  Martire 
Malcontenti  Bolognele ,  altrevolte  mentovato  :  e  lono  di  lofianza  marmorea  . 

15  TESTACEI  MINVTI.e  MEZZANI  di  varie  lotti,  cioè  BVCCINE, 
TVRBINI ,  PETTINI ,  CONCHE  ,  CAPPE  ,  MITVLI ,  &  altri  in  gran 
numero,  componenti  due  pezzi  molto  grandi  di  Pietra  CONCHIDE,  come 
la  chiamano  i  Greci,  ò  lìa  OSTR  ACOMORFO,  come  la  dice  l’ Aldrovandi,  ap- 
predo  di  cui  le  ne  vede  belliflima  figura  tra’ Salii  naturali  nel  Muleo  Metallico. 
Furono  trovati  ne’  Monti  Apennini  sù  la  lirada  di  Fiorenza  da  D.Teodoro  Ron¬ 
doni  Agente  del  Sig.  Marchele  Colpi  :  e  1*  uno  è  lungo  quali  due  palmi ,  largo 
più  di  uno;  l’altro  poco  minore,  &  amendue  grolfi  tré  deta,  e  piani,  come  le 
fiidero  pezzi  diade.  Di  quelli  Saffi,  come  lopranotòlfi,  fe  ne  cavò  in  gran  co* 
pia  nelle  latomie  di  Megara ,  &  in  alcuni  luoghi  d’ Anverfa. 


C^falp.  de 
Métall.l.u 


f.  4S0. 


L.  4I  Aluf. 


16  Pie- 


I6z 


^  y  S  B  0  C  0  S  P  I  A  N  0 


Dif/c.t,  f. 
e-  izx. 
Form,  l.  r. 
JUuf-  ftH  2. 
f.  12.  p.79. 


L.^.Aàf. 

Mtt.i.  I. 

t-  479* 


H.N.l.  24. 
c*  26.  f,  464 


L.i.de  mir, 
»4r.  Eurof. 

c.  7. 


Ltc>  ett, 
p.480. 


16  Pietra  CONCHIDE  intiera,  di  figura  ovata,  alquanto  comprcfla,  c  di 
fuperfizie ,  che  fembra  rofa  dall’  acqua ,  forfi  per  efiere  (lata  in  qualche  Torren¬ 
te.  Tra  le  di  verfe,  &  innumerabili  Conchiglie  piccole,  che  la  compongono, 
fe  ne  olTer  vano  di  canto  minute ,  e  perciò  di  gufcia  fottilifiìma ,  &  altrettanto  fra¬ 
gile  ,  che  rendono  al  tutto  incredibile ,  che  avellerò  potuto  cotifervarfi  per  tanti 
Secoli  nella  terra,  che  pure  confuma  in  partei  bronzi  medefimi,  fe  fuffero  fiate 
in  ella  lakiate  dal  Mare  fino  al  tempo  del  Diluvio,  e  non  piùtofio  in  clTa  gene¬ 
rate  per  la  qualità  del  terreno  corrifpondente  a* fondi  Marini .  Me  ne  fece  dono 
aliai  pregie  vole  il  Sig.  Iacopo  Zanoni  famofo  Semplicifta  di  quella  età . 

17  OSTREITE,  Saffo  generato  tra  due  gufeie  di  Oftrica,  delle  quali  alcuni 
vclligij  fe  li  vedono  nella  fuperfizie ,  figurata  per  appunto  tale ,  quale  fù  la  Con¬ 
ca  continente.  11  che  è  indizio  che  molti  falTì,che  portano  figura  di  Tefiaceo  fi 
generano  con  tal’ effìgie  per  il  continente,  che  può  cllere  vera  Conca  Marina, 
portandofene  talvolta  ne*  Monti:  overo  Conca  generata  nella  terra  a  fimiglian- 
za  di  quelle  di  Marc,  come  col  Goropio  s’è  dimoftrato.  L’Aldrovandi,  che 
porta  la  figura  d’alcuni  Saffi  con  figura  di  Ofirica ,  li  chiama  oHracìtit  come 
quello ,  di  cui  favella  nel  Mufeo  Metallico  1. 4.  c.  i .  p.  46  2.  dove  pure  egli  nota 
chiamarli  Oftracite  anco  la  vera  gufcia  delle  Oftrichc  per  lunghezza  di  tempo 
pietrificata ,  come  quelle  delle  quali  fi  fece  menzione  nel  precedente  Capitolo . 
Io  però  chiamo  quefio  Ofirem,  sì  perche  TOfirica  da’  Greci  appellali 

non  come  per  differenziarlo  dall*  oUracite ,  pietra  croftofa,e  laminofa 

da  quella  molto  diverla,  che  al  dir  dell*  Agricola  trovali  in  alcuni  luoghi  della 
Germania,  e  fùconofeiuta,  edeferitta  da  Oiofeoride,  e  da  altri  antichi,  c  tra* 
moderni  dall*  Aldrovandi ,  che  ne  trattò  fcparatamentc  nel  cap.  VII.  del  lib,  IV. 
del  Mufeo  ;  e  dal  Vormio. 

18  CONCHITE  grande.  Saffo  generato  tra  due  Conche  di  gufcia  grolla, 
la  metà  delle  quali  più  vicina  a  gli  Spondili  v’  e  rimafta  attorno . 

19  CONCHITE,  ò  PETTINITE  ftriato,cioc  Saffo  formato  in  una  Con¬ 
ca  ,  ò  Pettine  firiato ,  di  cui  ne  (erba  in  ogni  pane  la  figura  nella  fuperfizie  clic* 
riore  lifcia ,  e  ftriata  pe’l  lungo , 

ab  Alle  Pietre  formate  tra  due  Conche  fi  ponno  aggiungere  anco  le  BY- 
C  ARDIE ,  che  fono  Salsi  con  figura  di  Cuore ,  alcuni  de’  quali  nella  grandezza 
talvolta efprimonoqucllod’un  Bue  (d’onde ne trallero  il  nome)  come  il  pri¬ 
mo  figurato  dall’  Aldrovandi .  Avvegnaché  mi  fovvienc  d’haverne  havuto  uno 
limile  in  tutto  al  quinto  dell’Aldrovandi,  quale  baveva  cavato  d’ una  gran  Con¬ 
ca  Fofsilc ,  di  dorfo  molto  protuberante ,  come  nella  feconda  delle  fopra  mentoJ 
vate.  D’onde  hebbi  il  motivo  di  credere  che  non  pochi  ditaliSafsi  ricevano 
quella  figura  dalla  forma  precedente  delle  Conche ,  come  pure  giudicò  l’ Impe¬ 
rati,  che  ne  figurò  un  limile  all’ offervato  dame.  Non  è  però  da  negarfichela 
Natura  non  fappia  ,fcherzando,  produrre  fimili  c^uriofijcà  lenza  la  ftampa.  Il 
che  non  folo  accade  ne’ terreni  di Babilonia(comc  credettero  alcuni,  che  non 
ne  havevano  offer  vaco  altrove)  ma  anco  ne’ Monti  di  Verona,  e  di  Bolt^aa. 
Anzi  nel  Monallcro  di  S.AgoftinoappreffoS.  Caterina  di  Vadaja,  al  riferire  di 
Gio.EufebioGiefuita,  lene  trovano  di  quelli,  che  oltre  Phaver  perfcttifsima 
fembianza  di  cuore, fono  dalla  Natura  improntati  di  una  bellifsimiifio^*'^  di  Ro¬ 
fa  ,  quali  fodero  prodotti  per  limbolo  di  que’  Santi .  Nel  Mufeo  vi  fono 

21  BVCARDIA  RETICOLATA, comequella.chcnellafuperfizieèfcor^ 
fa  di  frequenti  linee  eminenti,  tra  di  loro  così  difpolle,  che  imitano,  una  rete* 
Nel  che  raffomigliali  al  Bucardite  reticolato  dell’ Aldrovandi,  da  cui  però^fi 
fcolla  nella  figura,  colla  quale  meglio  efprirac  il  Bucardite lifeio  figuratoli 
quinto  luogo  appreffo  il  medefimo  Autore.  a  BY-i 


LIBRO  SECONDO.  CàP.  XX^IÌl  16^ 

1  ^  B ve ARDIA  parte  lifda ,  parte  reticolata ,  con  fuperfizie  per  la  maggior 
parte  nera ,  ò  ferruginea . 

BVCARDIA  lifcia,,come  la  deferitta  dal  Vormio ,  più  piccola  della  pre¬ 
cedente:  la  quale  meglio  potrebbe cbiaraarfi  ^ithocardia ,ò Lithecardite yC\oh 
SaiTo  con  figura  di  cuore ,  che  Bucardia ,  nome ,  che  propriamente  s’adatta  (olo 
a  quelle  Pietre  di  queftp genere ,  le  quali,  non  folo  nella  figura ,  ma  anco,  nella 
grandezza  efprimono  il  cuore  di  un  Bue .  A  differenza  della  quale  quefta  cipri» 
me  più  tofto  le  fattezze d* un  CVORE  HVMANO,  forfi  per  denotare 
,^m.d  plerJque  Hominttm,  fiiPiea.  corda,  gerunt . 
Tra*TeftacciFolsili  parimente  hanno  luogo  i  feguentidel  noftro  Mufeo. 

24  ECHINITE  maggiore,  ò  fia  Saffo  con  figura  naturalifsima  d’ Echino 
Marino  nudo ,  e  particolarmente  di  quella  fpezie  ^che  dal  Filofofo  0<irii'r*37v ,  e 
dairimperati  Spatago  viene  appellata:  tuttofeminatq  di  punti  di  centro,  per 
lo  più>cminente,chefembranoveftigia,  ò  rudimenti  delle  fpine  ;  e  tali  per  ap¬ 
punto  fono  creduti  da  quelli ,  che  fi  perfuadono  veramente  impietriti  fimili  cor¬ 
pi  :  come  lo  giudicherei  anch’  io ,  fe  non  havefsi  l’ efempio  del  compiacimento 
della  Natura  nel  formare  molti  falsi  con  la  figura  di  tale  acquatile  nelle  led  ici  dif- 
iferenze,che  ne  propone  l’ Aldrovandi  nel  Mufeo  Metallico ,  trattando  de’  falsi 
in  genere.  Nella  parte  foprana,  che  s’inalza  in  fembianza di  gonfia  mamma, 
v’  è  dalla  Natura  fcolpita  una  Stélla ,  il  di  cui  difeq  forma  la  prominenza  del  ca¬ 
pezzolo:  e  fà cinque  raggi  larghi,  che  giungono  fino  alia  circonferenza  di  tal 
corpo,  con  una  linea , che  li  taglia  pe’l  lungo,  punteggiati  nella  guifa  del  rima¬ 
nente ,  ma  ne’ lati  legnati  di  frequentifsime  lince  tranfverfali ,  tutte  d’ una  mede-» 
iflma  lunghezza.  Nella  parte  fottana  è  piano,  e  moderatairientc  conveffo,  con 
qn’altra  ftella  quivi  più  profondamente  fcolpita,  che  di  fopra,  mafsime  nel 
difeo .  Per  le  quali  fattezze ,  non  meno  che  per  la  grandezza ,  egli  riefee  molto 
fimile  al duodecimo.de  gli  Echiniti  figuraci  dall’ Aldroyandi, 

25  Altro,  ECHINITE,  poco  minore  del  precedente-, 

atf  CARÒINITE,  ò  diciamolo  Saffo  con  figura  di  GRANCIPORO,  co¬ 
me  chiamali  in  Venezia,  ò  fia  GRANCHIO  PAGVRO,  fimile  a  quello,  che 
tra’Safsi  lira  vaganti  figurò  l’ Aldrovandi  nel  Muleo  Metallico  :  in  cui  la  Natu¬ 
ra  ha  cfprcffq  cpsì  diligentemente  le  fattezze,  diquel  Crullaceo,  che  lembra 
effere  (lato  animai  vivo  convertito  in  pietra ,  come  quello ,  di  cui  s’ è  favellato 
nclpreccdente  capitolo,- e  tale  potrebbe  ftimarfij,fe  la  Natura  medefimanon  fa- 
pefse  fabricar  altre  cole ,  nònmeno  maravigliofc  «n  forma  di  animali,  ò  loro  par¬ 
ti, di  terra,comequelle,  che  nel  feguentc  capitolo  fi  deferiveranoo .  Intanto 
non  devono  tralafciarlì  i  r 

*7  DENTALI  FOSSILI,  che  fono  quc*cannelletti  bianchi, alquanto  cur¬ 
vi  ,di  foRanza  marmorea, che  in  grandiflìma  quantità  fi  trovano  nel  Martigno- 
ne ,  Rio  del  Territorio  di  Bologna^  fcorrence  da  mezo  giorno  a  tramontana  dal¬ 
la  parte  occidentale  della  Città,  tra  la  Samoggia ,  e  *1  Lavino  piccoli  fiumi:  i 
quali  da  molti  credonlì  veri  Tellacei  pietrificati,  da  ridurli  algeneiedegli  Vni- 
vaivi,  come  lopra  notòffì  nel  Cap.XXlI.  di  quello  Secondo  Libro  al  num.  4, 
ma  a  me,chenecQn[ervocopia  ben  grande,  fembrano  più  toRo  determinata 
fpezie  di  fallo:  prima,  perche  fefuffero  Tellacei  in  qualche  tempo  lafciati  colà 
dal  Mare  (  che  oggìdì ,  e  da  mezogiorno ,  e  da  levante  v’  è  difcpllo  alcune  gior¬ 
nate  >e  pófcia  impietriti  ,  le  ne  dovrebbe  trovare  alcuno  ne’ torrenti  ,  e  fiumi- 
celli  vicini  a  quelli  »  ò  più  tollo  ne'  Monti ,  che  in  elfi  depongono  le  acque  loro  : 
0 pure  non  ve  ne  trovanli:  e  poi  perche  la  loro  lollanza  c  denfa,  eduriffltna, 
come  di  marmo ,  ò  d’ altra  pietra  molto  dura  :  ^  i  veri  TcRacei  pietrificaci  luuo 

molto 


X»  I  ■ 

feii.i.e.iz. 

jtldr,  Muf, 
Mtt  i-4  c.i 
p.  478. 

1>.L.  tn  dili. 
ap.  O.  M.  in 
Cur.  Anal. 
P 

Vorm.  Muf. 

Ar,  l.  4.  dt 
h,  4nttn» 
Jmper.  i.sS. 
P.78S. 


L.  4«  c»  pi 

455.^/r«. 


p.  43«. 


4*^«  r. 


Vwm.ì. 
Muf.  fefì.  i. 

c.  13. 


/.  11. 

22. 


CfartlU 
f4p.  f. 


£.  37.  ^  10. 


164  M  y  S  B  0  C  0  S  P  I  A  N  0 

molto  più  teneri ,  e  ben  iovente  friabili ,  come  le  pietre  calcinate ,  onde  fc  ne  fi 
ottima  calcina ,  non  altrimentc ,  che  delle  migliori  pietre  da  calce .  Oltre  di  che 
tal  volta  lì  trovano  pieni  di  certa  terra  bianca  impietrita,  la  di  cui  polvere  d’ odo- 
re ,  colore ,  fapore ,  e  virtù  cficcantc  in  nulla  è  differente  da  quella,  che  fi  fà  de* 
medefimi  cannelli  :  onde  quella  fieffa  terra  può  giudicarli  la  materia ,  della  qua* 
le  fi  generano  que’  cannelli  per  particolar  proprietà  del  terreno ,  dove  hà  origi¬ 
ne ,  &  i  primi  aumenti  il  Rio ,  che  li  porta  ;  il  quale  fimilmcntc  conduce  diverfi 
altri  ^alli  di  figure  firavaganti,ò  parti  loro,  òdi  cole  artifiziali.  Non  è  molto, 
che  ne  furono  trovati  anco  nelle  Alpi  della  Valtellina:  de’ quali  ne  furono  pu¬ 
blicate  in  un  foglio  volante  alcune  virtù ,  che  ali’  cfperienza  fvanifeono . 

Scolture  della  Natura  in  alcuni  Sajfi  taffrefentanu 
Tatti d' AnimaliTerreJìri ,0  altre  Br avaganze , 

Cap.  XXIX. 

1  A  Maggior  prova  di  ciò,  chefidiffedi  fopra,  e fembrò paradeffo , cioc 
>  Teftacei  Folfili  fiano  veri  fallì  dalla  Natura  generati  con  tali  figu¬ 
re  ,  ponno  fervile  ancora  diverfe  Pietre  del  Mufeo  non  meno  di  quelli  degne  di 
riflcfsione  per  la  bizzarria  delle  configurazioni ,  che  fquifitamente  rapprefenta- 
no  le  Farti  di  diverfi  Animali  Terrefiri,  ò  altre  Cofe,fcolpi  te,  ò  dipinte;  dan¬ 
do  in  tal  modo  a  conofeere  ,che  la  Natura, che  è  Maeftra dell’ Afte ,  lenza 
rArtemedefima,  e  lenza  gli  ftrumenti  de’Fidij,  e  de  gli  Apelli  fuoi  figli,  & 
imitatori,  sà  gentilmente  effigiare  ciò  che  più  le  aggrada,  ne’  faffì  (per  tacer  d’al¬ 
tre  materie)  Rampando  tenerezze  anco  dov’ è  più intrinfeca la  duiezza.  Onde 
il  Vormio.  Mire  ludit  Natur  a  in  omnibus  rerum  naturalium  fpecitlusj.  ^uodvel 
in  lapidibus  pr*  reliquis  videre  licet ,  adeo  ut  vix  fit  animal,  cu\uJnon  figuram, 
aut  partem  aliquam  in  lapide  exprimere  tentet,vix  ab  artifice  elaooratum  opuSf 
quod  non  in  hoc  genere  imitari  geftiat .  E  cosifuole 

Scherzar  Natura,  e  trasformar  fi  in  Arte, 

Anzi  a  l*  Arte  infegnar ,  fcherzando  quivi. 

Lodi  piis  belle  ad  acquifiar  fra  i  vtvi. 

Di  limili  bizzarrie  ne  fece  lunga  offer  vazione,  ilGaffarcili,  che  le  diftribuì  iri 
diverfe  clafsi,  enelcriffe  un  Trattato  in  Francelc ,  eh’  egli  intitolò  Curiofitez- 
inouies. 

2  Se  ne  vedono  vari  efempli  nel  Cimelio  dell'  Aldrovandi ,  &  egli  fteffo  ne 

portò  molti  nel  fuo  Mufeo  Metallico,  A  quali  ponno  aggiuogerfi  queftidel 
Mufeo  Cofpiano ,  non  meno  di  quelli  meritevoli  di  menzione ,  Ma  d’ elsi  qui  fi 
rammentano  folo  que’  ch’elprimtndo  in  rilievo  diverfe  Cole ,  ponno  veramen¬ 
te  chiamarli  ,  per  lafciar  giialtri,  che  più  tofto {ombrano 

jP/««redcl!amedcfima,da  confidcrarfi  a  parte  dopo  quelli. 

3  CBFALITE,  òffa  Saffo  con  naturai  fembianzadi  CRANIO  HVMANO 
di  cinque  onde  d’altezza,  c  quattro  di  diametro:  nel  quale  hanno  la  debita 
proporzione  di  fito,  c  d’ampiezza  le  cavità  de  gli  occhi,  delle  narici,  e  della 
bocca,  non  altrimcnte  che  fc  fuffe  fiato  uno  Schizzo  di  Prometeo  per  addeltrarli 
a  fabbricar  l’ Huomo ,  come  fantafiicarono  i  Poeti . 

4  D’altre  TESTE  HVMANE  con  diverfità  di  colori  efpreffe  dalla  Natu¬ 
ra  in  alcune  Pietre  fi  favella  nel  capo  feguente  tra  le  Pitture  della  Natura . 

5  Safsiconfiguradi  LINGVA  HVMANA,  come  fembrò  a  Plinio,  fonq 
le  Gloffopetre.dcllequalifitoccòqualchecofanelCap.  V.  di  quello  Libro,  e 
nonnulla  foggiun^eràfsi  tra  poco , 

é  Due 


L  i  ^  R  0  S  ECONDO,  CAP.  XXIX. 

6  DiSeS«fficép  fgu»,  e  grande??^  naturale  di  POpPA  HVMANA  ,  fe- 

paratatnenre,inagQnpiùdelicare?zaefpreffavichcne|MarmQ  Mammofp  dell’ 
Aldravandif  per  non  O^r  del  Mammario  del  Vormio  ;  come  rappr^fenian-  l.  4.  Muf. 

t'è  tri  poppe  di  iSrutalu'  PotrèbbóinQ  fofp'cttarfimanifàtcurè  della  Scoltufà,  co-  Met-c.  57. 
me  pàjpiip,  (cl^erc  nella  parte  tumida  imprelfi  d*  alcuni  de’  fegni,  che  vedon»  j. 

fila  c|ua|che  Echtifi^  non  li  facclTcCQnoiccre  per  meri  fchcrzi  della  Natura,  ftB  s.i. 
^’havepdo  principiato  ad  introdurre  in  quelli  Saffi  le  fattezze  d’ un’  Echino  di 

Mare,  quafi  di  ciò  pentendofi  piegò  a  fegnalarli  di  figura  molto  più  nobile.,, 
pom’  è  quel  la  della  Poppa  Humana ,  per  allettarne^  anzi  àllaitarne  la  maraviglia, 
non  altrimente  ehe  in  quel  Ramq  di  Rofa,  le  di  cui  fpine  con  leggiadra  moftruo- 
fità  cangiatefi  in  tante  gentiliffime  imagini  di  Mainmelle,  offervate,  e  figurate 
dal  (dQjnulbani  nelle  Cure  Analitiche ,  mi  diedero  motivo  di  fcriverne ,  ; .  31. 

Non  erit  egregium  nunc  {act atura  fiuforem , 
fert  ubi  fro  Spinis  vbcra  mille^ 

7  STELLARIA,  figura  naturale  di  CVÒRÈ  HVMANO,  Come  non 

IjaltalTc  alla  Natura  rhaverci /piegato  a  caratteri  di  Stelle  filfe  in  quelle  Pietre 
laluanparavigliola  perizia  nello  fcoJpireancofenza  llrumenti  mecanici,  volle 
figurarci  quella  in  fembjanza  di  Cuòre  Humano,  forli  per  addittarci,  che  nel 
Cuore  Humano  dovrebbonofempre  effere  imprefse  le  imagini  delle  Cole  Cc- 
Jelli.dovendQ  il  Cielo  cfsere  lo  feopod’ ugni  nollro  pcniiero.  Altre  Stellarle  L.i.fen.%. 
Cord  iformi  vengono  mentovate  dal  Vorraio;  ma  |a  loro  bellezza,  perche  men- 

dicata  dall’Arte,  le  dichiara  di  pregio  inferiori  a  quella,  che  tutto  il  Ino  bello 
dalla  Natura  conolce:  com.clpfi^lsoyormioprpfefsade'Safsi  ton  (embianza 
di  Cuore  da  lui  altrove  raccordati . 

8  Altri  Saffi  con  effigie  di  CVQRE  falvolta  HVMANO,  e  fovente  BO¬ 
VINO,  generati  fen^a  matrice,  ti  differenza  d' alcuni  con  tal  configurazione 
formati  in  certi  Bivalvifioffili,  potrebbono  qui  deferiverlì  tra  glialtrirappre- 
fentanti Parti d' Animali Tcrrellri,  fe  non  fe  ne  fulse  favellato  a  ballanza  nel 
|)recedent^CapQ  tra  le  Bucttrdie , 

9  Pezzo  di  Baialte  (eh’ è  fpezic  disarmo  nero  familiare  all’Egitto,  dove 
fervi  d’ incude,  Stali’ Etiopia,  dove  acquiftò  il  nome  dal  Ferro,  che  vi 

ma  Bafaly  dìcuine  hà  il  colore)  ragguardevole,  non  tanto  per  la  durezza,  e 
per  indicar  la  bontà  dell’  oro ,  e  dell’argento ,  come  il  Paragone ,  quanto  perche 
in  cfso  iu  Matura  non  folp  caminò  di  pari  con  l’ Arte ,  ma  vi  pofe  piede  innanzi, 
formaudolo  appunto  con  effigie  di  PIEDE  HVMANO  calzato  ,  colla  metà 
della  fua  Gamba  di  giulla  grandézza,  c  dì  più  proporzionara  figura  delle  tré  Sei-?  uftaTì, 
ci  con  fenrbianza  di  piede  Humano  propolle  dall*  Aldrovàndi*.  e  della  feconda,  f.  4-P*42. 
c  della  terza ,  fe  non  della  prima  delle  raccordate  dal  V prmio .  Ma  fe  la  Matura 
in  quella  Scoltura,c he  fembra  Frammento  d’Huomo  da  Medufa  tra$formato,fu-  <•.  /3/ p. 
però  fcfteffa  operante  nelle  mentovate  dell’ Aldroyandi»  l-Arte  feppè  coneffa  Lec.  ctt.fi 
Tei  contender  di  pregio  nelle  Statue,  che  formò,  di  quello  Marmo,  tutto  che 
quafi  infuperabile  al  ferro ,  TaF  è  fama  che  fuffe  la  Statua  dHfide  di  Bàfalce ,  che 
al  tempo  del  Gentilelcnp  adora  vali  in  Bologna.  Ai4  quale  pare  c’ ha  bbia  rela¬ 
zione  certa  lapida  di  marmo  nero,  che,  lunga  cinque  cubici,  &  alca  uno,  ma 
rotta  per  traverfo  in  due  parti  incentrate  una  per  lato  in  quella  Porta  delFanti- 
chiffima  BalìlicadiS.  Stefano  di  detta  Città»  eh’ è  dirimpètto  al  Palazzo  del  Sig. 

Conte ,  e  Senatore  Celare  Bianchini ,  contiene  quella  Ifcrizzione,  cui  fupplilco 
di  Oiinuti  le  mancanze  di  majufcoli  nella  frattura  della  Pietra , 


DOMI- 


i66  MVSEO  COSPIAKO 

DOMINAE  ISIdi  VICTRICI 

NOMINE.  M.  CALPVRNI-  TiRONis»  &  SVO.  EX.  PARTE.  PATRIMONI.  SVI. 
SEXTILIA.M.I.IB.HOMVLLA.PER.ANIciuM.UB.SVVM.  VT  FIERET.  TEST.  CAVIT. 

Anzi  concernente  alla  medefìma  Statua,  come  per  avventura  parte  del  di  lei 
piededalio  congecturafi  da  gli  eruditilùmi  Atanagio  Cbirchero  >  de  Ovidio 


Mótatbanl  il  qui  figurato  Frammento  di  Bafalte  intagliato  di  Geroglifici  Egizìi, 
trovato  pure  in  Bologna,  dieci  anni  fono ,  nel  cavarli  un  fotterraneo  in  Straflefa* 
StB.  1.  «.8,  norcfpiegato  dal  medefimo  Cbirchero  ne]  Commentario  deirObclifcoGbigi,a 
t  cui  mi  rimetto  :  e  dal  Montalbani  (  che  fimilmente  lo  figurò  nelle  Cure  Analiti* 

che  )  fupplito  col  Difegno  di  tutta  la  Statua  nel  II.  Volume  della  Dendrologia  , 
che  manoferitto  Col  fudetto  Frammento  trovali  oggi  apprelTo  il  Marchefe  Mon¬ 
talbani  di  lui  Nipote.  Alla  quale  Antichità  dal  di  lui  Zio  deftinata  al  Mufeo 
deirAldrovandi,  ed  a  tal  fine  incafirata  in  un  gran  Quadro ,  parveroi  di  poter 
fottofcriverc  que’ verfi ,  che  leggonfi  nella  prima  Parte  della  Biblioteca  Apro- 
fiana>cioè. 

frohdt  y  f uniat  frifea  ite  Monumenta  BafaheSt 

IJìdis  efi  Index,  &  futi  ante  Bafis  ' 

Sic  Motttalbanus  tot  lapfa  redire  coegit 

Tempora,  dum  Saxum  repperit,  hucque  tulit 

\^nno  D&m.  MDCLXIF.  , 

IO  DÈNTI,  c  LINGVE  FolTili,  ò diciamoli Safsi con  figura  naruralifli- 
madi  Lingue,  e  Denti  divarii  Bruti,  anzi  dell’ Huorao  fteffo,  fe  ne  fece  buon 

parago. 


LIBRO  SECONDO.  C  AP.  XXIX.  :t6y 

paragone  PJinio,  e  con  cflfo  qualche  Moderno,  Chiatnanfi  da  Nacuralifti  G/o/: 
fofetrct  cioè  Lingue  di  Pietra,  i  e  fe  nc  trova  gran  copia  nell’ Ifola  di  Malta.  Il 
volgo  le  giudica  lingue  di  Serpenti  pietrificate.  Taluni  le  credettero,  non  sò 
con  qual  fondamento ,  Denti  d' individui  inumani  della  fpezic  fiumana ,  cioè  di 
quelle  federate  Donne,  che  fucciano  il  fangue  a’ Bambini ,  e  Lamie  s’appellano , 
come  apprello  il  miogentilifsimo  Giovanfrancefeo  Bonomi  in  que’  Verfi . 

"Dove  le  Lamie  a  fieri  incanti  intente 

Studian  fatture  a  tormentar  la  gente. 

Altri  con  più  ragione  le /limarono  Denti  del  Felce  Lamia,  eh’ è  del  genere  de* 
Piani:  avvegnaché  ben  fovente  fono  loro  fomigliantifsime.  A  me  però  lem- 
brano  più  fimi  li  a’  Denti  del  Cane  Carcaria ,  e  per  tali  le  ne  fono  propofte  alcu¬ 
ne  di  lopra  col  fondamento  delle  ragioni  ivi  toccate,  e  dell'autorità  deldottif- 
fimo  Stenoni ,  che  da  me  pregiali  grandemente .  Che  nulladimeno  pollano  ede¬ 
re  determinata  fpezie  di  fallo  nalcente  nella  fua  minerà ,  come  d’ alcune  conft  Ha 
il  Vormio ,  e  di  tutte  apertamente  rafferma  l’ Aldrovandi ,  ò  chi  per  lui  terminò 
r moria  de’ Minerali,  Icrivendone  un  Capitolo  a  parte,  nehòpolcia  havuto 
motivo  dall’haver  ultimamente  ollervato  alcune  Gloffopetre  ridurli  in  terra  di 
colore,  odore,  fapore,  e  virtù  fimili  alla  terra  bianca  di  Malta,  in  cui  erano 
piantate,  ò  più  tollo  nate.  E  talimollranod’cllere 

11  Due  GLOSSOPETRE  delle  maggiori,  che  li  trovino,  come  della  gran¬ 
dezza  di  quelle ,  che  fono  figurate  in  primo  luogo  nella  feconda  Tavola  delle 
Pietre  Ceraunie  dell’ Aldrovandi  ;  e  di  baie,  ò  radice  grofsifsima,  come  nelle 
figurate  nella  Tavola  IV.  delle  Gloffopetre  del  medelìmo ,  Vna  delle  quali  por¬ 
ta  nella  fuperfizie  imprelsi  dalla  Natuta  i  (egni  bianchi  d’aicuni  Caratteri 
majufcoli ,  tra’  quali  lì  dillinguono  benifsimo  P.  S.  Et  ambe  lotto  la  fuper¬ 
fizie  s’offervano  compolle  di  vari  llrati  di  terra  nulla  differente  da  quella  di  Mal¬ 
ta  ,  eh’  è  loro  minerà .  Il  che  è  grande  indizio  per  far  conofeere,  che  quelle  Glof¬ 
fopetre,  ò  Denti  Fofsdi  li  generino  nella  terra ,  in  cui  tro vanii ,  e  che  perciò  lia  o 
Pietre  di  propria  fpezie ,  non  parti  d’animali  fepoltevi ,  ò  lafciacevi  dal  Mare  in 
qualche  inondazione.  Mi  rimetto  però  a  miglior  giudizio. 

12  Saffo  con  figura  ,  colore  ,  e  grandezza  naturale  di  PANCETTA  di 

MAI  ALE  lalata  ,  con  tanta  perfezione  imitata  dalla  Natura,che  gli  occhi  s’in¬ 
gannano  in  crederla  vera  carne  teilè  falata ,  non  tanto  per  haver  quali  lifeia  la  fu- 
perfizieefteriotep  ù  vicina  alla  cute  nel  vero  Anima  e,  e  l’interiore  ineguale 
per  vari  rilalti  ,ò  efcrelcenze ,  come  di  pinguedine ,  nell’  altro  lato:  quanto  per¬ 
che  effendo  da  ambii  capi  egualmente  legata  per  traverfo,  riefee  nel  di  dentro 
così  venata  di  bianco,  e  rolso,  che  fembra  carne  graffa  di  frefeo  cagliata;  e  tale 
lenza  dubbio  la  giui  crebbe  l’ occhio ,  le  la  mano ,  e  nella  durezza,  e  nel  pelo  non 
ne  palpaffe  l’ inganno .  Pregiali  per  tanto  dal  Sig.  Marchefe  quella  Curiolità  non 
meno  di  quello  facelsero  gii  antichi  La  vinieli  il  corpo  di  quella  Scrofa ,  che  lun¬ 
go  tempo  confer  varono  nel  Sale  per  haver  col  parto  di  trenta  Feti  bianchi  fervi¬ 
to  di  felice  augurio  ad  Enea ,  &  a’  loro  Maggiori  per  la  fondazione  d’ Alba ,  che 
quelli  fabricarono .  Se  tal  figura  havelse  havuto  la  Porcina  del  Vormio', 

la  quale  nuli’  altro  di  Majale  efpi  ime  va  ,che  l’odore ,  niente  maneavale  per  cor- 
rifpondere  pienamente  al  nome  impolloli  dal  fuo  pofscfsore. 

13  Frammento  di  un  Salso,  che  intiero  fembrava  una  grofsa  ZVCCA,  c 
calualmente  fpezzato  diede  a  vedere  una  Macafsa  confufa  di  grofse  Vene  alaba- 
ilrine,  rapprelentanti  VISCERE  d’ Animali,  ch’egli  racchiudeva  nel  feno. 
r  ofservai  ne’ Colli  di  Cafagtia  trovandomi  col  Dottor  Montalbani ,  che  nc  fece 
menzione,  nella  Dendrologia  dell’ Aldrovandi,  portandone  infieme  la  figura. 


Loc.  ctt. 


Viri.  Ai 
Laur.f.  jzi 


^ /*2. 
c.  5.  m  II. 

Form,  l.  I. 
Muf  fcil  2. 
c.  IO  p  67. 
Atd.  Muf. 
Alet,  l,  4, 
e.  IO. 


4  A/u/i 

e.  ir.p 
là.  *btd. 

f,  éej* 


Fare.  I.t'. 
e.  4.  de  re 
Tufi. 


L.  I.  Muf. 
fefl  i,  C.l,. 

f.38. 


2«  Ct 

f* 


JL*  4*  !• 


Lot,  ait, 
f.485. 


16S  M  y  s  E  0  c  0  s  p  i  A  n  0 

che  qui  par/tncnte  s’ adduce  per  commodità  di  chi  legge  i  trovatala  nel 


14  ORCHITE  maggiore.  Salso  così  chiamato  per  la  naturai lembianza^ 
che  tiene  con  le  parti  officinali  dello  fpcrma  in  qualche  grofso  animai  tcrreftre  : 
di  grandezza  poco  inferiore  ad  altra  fimil  pietra,  che  lì  vede  nel  Cimelio  dcl- 
l’Aldrovandi ,  figurata  nel  di  lui  Mufeo  Metallico. 

15  ORCHITE  minore, Safsoarenariofimile  al  precedente  nella  figura,  ma 
di  mole  afsai  inferiore ,  come  non  più  grande  di  quello  rapprefenti  1’  imagine  di 
Pietra  confimile  addotta  nel  luogo  fopracicato .  L’ uno ,  e  l’ altro  mi  furono  do¬ 
nati  [dal  Sig.  Marchefe  Montalbani,  come  ofservazioni  della  b.m.  del  Dottor 
MontalbanifuoZio. 


16  Pietra 


f.  86. 


lé.  4»  f*  fdl* 


LIBRO  S  neon  DO,  CAP.  XXIX,  tès 

16  Pietra  di  Paragone  naturalmente  OVIFORME,  trovata  in  un  Rio  del 
Territorio  di  Siena  dal  Conte  Carlantonio  Orfi ,  Bolognefe ,  che  me  ne  fece  do¬ 
no  molto  pregiabile,  non  tanto  per  poter  moftrare  la  lìncerità ,  ò  malizia  ne’  me¬ 
talli ,  quanto  per  haverla  figurata  la  Natura  con  fembianza,  e  grandezza  pro¬ 
porzionata  d’ O vo  (  un  tantino  però  diacciata ,  come  in  altre  olTervò  l’ Imperati  ) 
c  con  fuperfizie  lifeia ,  di  maniera ,  che  fembra  vero  Ovo  tinto  di  nero  j  e  tale  po¬ 
trebbe  giudicarli ,  fe  il  tatto  dal  pelo, c  dalla  durezza  non  conolccffc  effer  pietra: 
lacuale  a  taluni  pare  faflotorlito  con  tale  figura,  quantunque  il  non  haver’an- 
goli  fia  effetto  del  corfo  dell’acqua ,  c  collefione  con  altri  falli . 

17  Saffo  SERPENTIFORME  ,  ò  fia  con  effigie  di  Serpente  in  fc  fteffo 
ravvolto ,  non  maggiore  di  quello  modra  il  figurato  dall’  Aldro  vandi  in  fecon¬ 
do  luogo  nella  Tavola  poda  à  pag.450.  del  Mufeo  Metallico .  E’  di  dentro  tut¬ 
to  {cavato,  nonaltrimente,  che  fe  fuffe  lafpogliad’un  Serpente  pietrificato, 
come  giurarebbeero  taluni,  che  giudicano  gl*  Individui  di  queda  fpezie  di  Saffo, 
veri  Serpenti  impietriti .  Come  però  non  niego  che  poffano  pietrificarli  de’  Retti- 
li,così  non  pollo  credere  ciò  feguito  in  quedo  ,che  tengo  per  determinata  forte 
di  Saffo,  come  pure  affermò  il  Vorraio  di  quello,  ch’egli  figurò,e  defcrifsc  nel 
fuo  Mufeo .  Lo  trovai  ne’  Monti  di  Cafaglia . 

18  Varii  Pezzi  di  STELECHITE ,  ò  fia  Pietra  formata  dalla  Natura  in  fem¬ 
bianza  di  TRONCHI  d’ ALBERO,  di fodanza friabile .  Di  queda  forte  di 
curiolità  vedali  1*  Aldro  vandi  nel  Mufeo  Metallico.  Al  genere  de*  quali  potreb- 
fac  per  avventura  ridurli  il 

ip  FLVORE  di  TERRA  biancheggiante,  con  molte  porzioni,  eh’ efeono 
da  uncantojlimilinellafigura  a  quelle  del  fluore  candido  delGefnero  A.D.  fi- 
gurato dall’ Aldrovandi, e forli della  fpezie  medelima con  quello,  che  trovali 
nelle  Terme  de  gli  Svizzeri  aggiacenti  al  fiume  Limago ,  pure  dal  Gefnero 
ofservato . 

20  Alcuni  FVNGITI,  che  fono  Pietre  con  figura  naturaliffima  di  Fungo, 
le  qu  ali  però  hanno  le  incifioni ,  ò  fcanalature  nel  convefso ,  al  contrario  de*  ve¬ 
ri  Funghi,  che  le  hanno  nel  concavo.  Taluni  le  tengono  per  Funghi  naturali 
pietrificati ,  ma  quedi  fono  cole  più  rare  ;  e  fe  n’  è  toccato  qualche  cofa  tra’ Cor¬ 
pi  Impietriti  nei  Cap.  XXVIl.  di  quedo  Libro .  Varie  forti  di  limili  Pietre  Fun¬ 
giti  ponno  vederli  deferitte ,  e  figurate  apprcfso  l’ Aldrovandi . 

21  Salso  con  figura,  e  colore  al  naturale  di  PAN  BVFFETTO,  òfia  PA¬ 
NE  di  FRVMENTO  di  miglior  nota,  alquanto  diacciato,  e  si  bello,  che  più 
non  potrebbe  efserc,  fe  fufse  vero  Pane.  Onde  lafcia in  dubbio,  fefia  Pane» 
cangiato  in  Pietra ,  come  i  raccordati  da  Fabio  Vcrricofo  apprefso  Seneca ,  giu-  ^ 
dal’iaterpretazionediGiudoLipfio,  da  Giovanni  Crafsoìo,  da  Renato  Mo-  „efl  ' 
reau ,  e  da  chi  defcrifse  il  Mufeo  del  Calzolari  :  ò  Pietra  cangiata  in  Pane ,  come  Crafal.  Ce. 
bramava Satanafsofuccedefse di  que’ Saffi,  ch’egli  prefentòa  Crido,  tentan- 

dolo  con  dirli.  D/c  nt  lapides  ifti  Panes  fianty  ò,  comcl’efprefseil  nodro  Ca-  Morta., 
ravaggio .  ^  * 

Marmore  de  vivo  dtc  ttbt  Pants  eat, 

Ma  Noluit  in  Panes  Petras  convertere  ChriUus,  Muf.Cal- 

Vt  fey  non  alio  Pane  aleretur  homo. 

Alcune  cavità  però ,  che  dentro  vi  fi  feorgono ,  mi  fanno  credere  eh’  egli  fia ,  fe  Clarai^ 
non  Pane  pietrificato.  Pietra  Etite  con  tal  figura,  dalla  quale  fianoufeitii  Calli-  F#.  /.2. 
fni,comechiamanfii  Calcoli,  che  in  else  fi  trovano  ;  favorendo  la  congettura 
il  colore  ,  eh  ’  efsendo  di  Pane  è  tale  appunto  ,  quale  ofservafi  in  alcuno  Sacr.  19‘ 
Aquiline. 

P  22  Selce 


lyo  M  V  S  E  0  C  0  S  F  l  A  N  0 

12  Selce  cfprimente  due  PANI  di  frumento  rotondi,  congiunti  infieme, 
L.  I.  ftH.  2,  cofjje  quelli  ,chc  qui  chiamanli  di  RVZZOLO,  da’quali  però  varia  molto  nei 
t.  colore ,  che  in  vece  d'efser  candido  è  ferrigno ,  proprio  della  maggior  parte  de’ 

Saffi,  chiamati  vivi.  Simili  Selci  hebbe  anco  ilVormio,  che  ne  fà  menzione 
nel  luo  Mufeo, 

25  MELOPEPONITE,  ò  fia  Safso  con  figura  di  POPONE,  &  ordinato 
compartimento  de’  fuoi  Segmenti ,  i  quali  però  con  tutta  la  loro  naturalezza  non 
badando  per  farlo  conofcere  gentilillimo  frutto  dell’Orto ,  derogano  a  quel  len« 
timento  di  Celio  Caleagnini 

Nonne  Pepon  quid  Jìty  Segmenta  imprejfa  fatentur. 

Dulceque  quod  medio  neSlar  ab  orbe  liquat? 

Muf.  Mtt.  Riefce  molto  fimile  di  grandezza  al  fecondo Mclopeponite  dell’ Aldrovandij 
sot  ^  ^  ^  legnalato  di  piccoli  tcRacci ,  come  quelle  nella  fuperfizie , 


24  PALLA  Folfiiledi 
Pietra ,  ò  diciamolo  Safso 
con  figura  naturale  perfet¬ 
tamente  sferica,  forfi  della 
fpezie  di  que’  GLOBI 
FOSSILI,  i  quali,  come 
fovviemmi  d’havcr  letto, 
.  fi  trovano  in  certo  luogo 
del  Settentrione ,  e  ponno 
fcrvir  di  Palle  d’ArtjgIic»- 
ria.  11  Montaibani  ,  che 
ne  publicò  la  prima  delle 
.  feguenti  Figure  ,  Io  pro- 
£.  r.  e.ult.  pQig  pgf  Imagine  Sajfea  de 

Pomi  nella  Dendrologia» 
come  pretefe  ,  che  iulse 
anco  l’altra. 


25  PALLA  Fofliledi 
Pietra  imperfettamento 
sferica  ;  ò  (ìa  Safso  vivo  di 
forma  globo(a,che  fembra 
comporta  di  due  emisferi 
di  coinmifsure  eminenti: 
la  cui  fuperfizie  rugofa 
egli  paragonava  alla  pelle 
increfpata  de’  Pomi , 
Frutti  fecchi ,  c  ne  portò  la 
feconda  Figura  di  quefta 
Tavola, che  trovo  nel  Mu» 
feo,col  fuooriginalf,  Inti¬ 
tolata  Pomorum  Lithofche- 
mata.  Al  genere  di  qucftc 
Palle  Fofsili  potrebbono 
forfi  ridurli  anco  i  Globi 
feguenti. 


2  5  Safso 


LIBRO  SECONDO.  CAP.  XXIX.  ìyi 

26  Saffo  RETICOLATO,  di  forma  ORBICOLARE  ,  un  tantino  coni- 
preffa ,  come  nel  precedente,  molto  pelante,  di  color  di  piombo ,  fegnalato  dalla 
Natura  come  d’ una  rete  nella  fuperfizie,  che  ineguale  a  luogo  a  luogo  folle  vali 
in  iftrifcie alte, diverfamente oblique,  e  così  ordinatamente  foprapoffe  1*  una 
a  r  altra ,  eh’  efprimono  rete ,  ò  maglia ,  come  di  ferro . 

SPONGITE  VERMICOLATO,  Saffo  bianco, di  figura fimìlmcntc  roton- 
da,ereggernientecompreffa,porofocomclafpongia,ò  la  pomice,  ma  di  (u- 
Ranza  molto  dura,  e  pelante,  e  di  fuperfizie  in  ogni  parte  trafeorfa  divarie  Ari* 
feie rilevate, ineguali, con lembianza di  Vermi,  cheferpono  con  tanti  giri,  & 
ambagi ,  che  rapprefentano  uno  intricatilfimo  Labirinto . 

*7  SPONGITE  VERMICOLATO  fecondo,  fimilcaIprecedente,fenon 
eh’ c  più  piccolo,  e  di  figura  ovata  noncompreffa.  Ma  in  quello  genere  delle 
Scolture  delia  Natura  fatte  ne’  Saffi ,  che  cofa  di  più  maravigliofo  può  offervarfi , 
ò  di  più.  nobile  per  le  figure  imitate  può  vederli ,  della 

a8  PIETRA  STELLARE,  ò  STELLARIA,  così  meritamente  chiamata 
per  effere  tutta  naturalmente  impreffa ,  ò ,  per  meglio  dire ,  intagliata  d’imagini 
di  STELLE,  per  lo  più  fimilidi  grandezza,  e  così  leggiadre,  che  niuno  Inta¬ 
gliatore  ,ò  Pittore  potrebbe  formarle  più  belle  ?  Oltre  la  fopramentovata  in  fi¬ 
gura  di  Cuore,  nel  Mufeo  ven’hà  alcune  del  primo  genere  delie  propoffe  da 
Anfelmo  Boezio,  impreffe  di  Stelle  penetranti  dalla  circonferenza  fino  al  cen¬ 
tro  :  gi’interftizii  delle  quali  fono  eminenti ,  e  corrifpondono  di  foftanza ,  c  co¬ 
lore  alle  ffrifeie  vermicolari  delle  precedenti  Spongioidi.  L’Imperati  le  chia¬ 
ma  Porofe  Stellate;  altri  Aftroifi,ò  con  nomi  poco  diflìmili.  Nè  men  della  fi¬ 
gura  è  degna  di  riflelCone  la  proprietà,  c’hanno  quelle  Pietre,  di  raoverfi  da 
loro  fleffc  di  moto  locale ,  infufe  nel  fugo  di  Limone  j  ò  nell’  aceto ,  anzi  nel  vi¬ 
no  ancora,  come  notò  il  Cardano.  11  che  è  probabile  accada,  perche  effendo 
molto  rara  la  loro  foflanza  dove  fono  Stellate,  e  denfane gl’intcrflizii  delie 
Stelle ,  i  di  lei  meati  imbevuti  di  liquore  fcacciano  l’ aria ,  che  agitata  le  commo¬ 
ve,  come  con  l’Agricola  filofofò  l’ Aldrovandi ,  che  ne  deferifse  ,  e  figupò 
molte. 

29  Meritano  anco  luogo  tra  le  bizzarrie  di  Scoirura  naturale  que’Foffili  del 
Mufeo ,  che ,  per  effere  generati  con  varie  figure  Geometriche  di  (ingoiar  perfe* 
zione,  manifeflano  Geometra  la  Natura:  di  cui  perciò  fcriffe  l’ Aldrovandi. 
Natura  t  Summi  Opificis  minilira  ^  aliquando  eB  Geometra  ^  dum  in  variis  rebus 
generandis  varias  figuras  omnigenas  eis  imprimit .  Tali  fono  i  Crjftalli  Gemme 
confimili ,  di  figura ,  ò  circolare ,  ò  angolare ,  per  lo  più  feangola ,  ip  diverfi  mo¬ 
di  variata,  giuda  la  difforme  uniformità  delle  parti terredri nel  fepararfidall* 
acquee,  &  unirli  circa  il  loro  centro  nella  generazione  di  limili  corpi,  come 
{piegarono  il  Cefalpino ,  e’I  Boezio  ;  benché  quelli  non  appagandoli  della  pro¬ 
babilità,  di  tal  ragione,  conchiufe  a  maggioV  gloria  della  Natura  Geometra,  e 
di  Dio  fuo  Facitore  :  Abfquerationemanifefi a, figuram  illi  certam  à  Naturuy  d* 
Deo  datam  efie  hexagonam  flatuere  oportet ,  ut  in  multis  rebus  contingit  :  quod 
admirari  hac  Natura  t  non  vero  inielligi  velit ,  Nè  fi  generano  di  materia  di 
giaccio,  òdi  ne  ve. 

^we  gelida  in  gelidum  dirigeat  lapidem. 
come  penlarono  gli  Antichi,  e  molti  de’ Moderni,  ma  bensì  d’umore  analogo 
a  quello ,  di  cui  rifultano ,  e  Berilli,  e  Diamanti,  &  altre  Gioje  di  queda  maniera . 
Perche  fedeli’ acque  più  gelate,  ònevi  freddiflìme  de’  Monti  fi  produceffero, 
maggior  farebbe  la  copia  loro  ,che  de’  Saffi  communali  :  oltre  di  che  nell’  acqua 
non  offenderebbono,ma  gallcggiarebbono,come  fà  il  giaccio,  e  liquefarebbonfi 

P  a  dal 


JL.  24*  c.  24. 


L.  5.  àt 
Subtit. 


£.4.  Mufi 
Mtt,  f.7J, 


Loe.ttt.t.'jf. 


Cefalp.l.%'. 
de  Metal, 
e.  19. 


^areng.l.i 
carm.  39. 


lyt  ^  y  S  E  0  C  0  S  P  l  A  fi  0 

dal  calore  del  fuoco ,  e  dt  1  Sole  :  non  potendo  concrefcere  di  materia  d’ acqua 
altroché  fragili  crufte  ,  come  poetando  fìlofofò  Monlignor  Filippo  Geri  Vcfco- 
vo  d’ Adìfi  >  che  defcrivendo  una  Fonte  al  Cardinal  Moroni  ci  lafciò  qucfti  verli , 
Paef.  mf'.  Quamvis  nunquam  adeo  findat  Canis  ajlifer  arva 

«p.  mt  p.  4.  J^in  alta  in  caute ,  aut  concrefcat  frigore  multe 

Cry  Halium ,  fi  prifca  docet  fententia  verum  . 

Aut  fi  natura  id  prohibet.,  qua  e  fimplice  Lympha 
Nil  prater  fragiles  patitur  concrefcere  cruUas, 

Hac  de  caute  tamen  Cryflalla,  en,  afpice ,  venis 
Demittunt  fe  fe  tn  teretes,  velut  arte,  columnas, 

Vt  quondam  imbricibus ,  fummoque  a  culmine  telli 
plurima  fe  in  media  demittit  flirta  bruma . 

Satt.p.i,^.  Diqucftogcncre  v’hà  nel  Mufco  diverli  Criltaiii  naturali  dicolonnette 

feangole  nelfine appuntate. 

3 1  Crillalli  di  forma  piramidale  molto  acuta . 

Criftalli  di  figura  olivare  a  fei  faccie. 

32  Minerà  di  Criftallofinillimo,  di  quella  fpezie,  che  Pfeudoadamas  viene 
addimandata  per  accoff  arfi  al  Diamante  non  folo  nella  figu.  a  deile  fue  piramidi  « 
e  nella  chiarezza,  ma  anco  nella  durezza,  maggiore  di  quella  di  tutte  le  altre 

Z,.4-f.4*  (orridi  Criftallo.  Hàgl’Ingemmamenti,  come  li  chiama  l’imperati,  piccoli, 
difpofti  in  varie  malie . 

3  3  Minerà  di  Criftallo ,  che  s’ accolta  ai  Berillo ,  co’  feangoli  per  lo  più  mag» 
giori ,  che  nella  precedente . 

34  Minerà  di  Criftallo  con  gl’  Ingemmamentidifpofti  in  malTc  molto  picco* 
le,  etra  di  loro  ineguali:  così  minuti,  che  la  fanno  fembrar  tartaro  d’acqua;  c 
tale  potrebbe  crederli ,  fe  a  fimil  fede  non  derogale  la  durezza  di  quella  materia, 
che  con  acciajo  percoffa  sfavilla:  oltre  l’haver  i  feangoli  piramidali  foliti  di 
molti  CriRalli,  benché  per  la  piccolezza  quali  indifereti;  il  che  indica  di  non 
molto  generata  quella  mafia  criftallina,  prima,  ctiefuRc  cavata. 

35  Mineradi  Criftallo  nata  tra  due  fafli  d’arena. 

36  Diverfi  Criftalli  di  varie  grandezze,  tra’quali  ve  ne  fono  de’  piccoli, 

>  chiariftìmi,  e  così  naturalmente  politi  a  faccette,  che  fembrano  lavorati.  Gli 

produlle  il  Contado  della  Porretta ,  Terra  fui  Bolognefe ,  confinante  col  Piftoje- 
fe,  la  più  ricca,  e  Mercantile  di  quefto  contorno,  &  altrettanto  famofa  per  gli  Ba¬ 
gni  deferitti  dal  Dottor  Zecchi;  e  giuridizione  del  Sig.  Conte  ,  e  Senatore 
Marco  Antonio  Ranuzzi. 

3  7  Minerà  di  Criftallo  fudicio ,  impuro,  con  ingemmamenti  minuti,  che  me¬ 
rita  d’  effere  tenuta  in  conto  fe  non  per  la  chiarezza ,  almeno  per  edere  anch’  ella 
parto  delle  Montagne  del  diftretto  di  Bologna,  nafeendo  nel  Territorio  diCa- 
ftiglione  ,  giuridizione  del  Sig. Conte  Odoardo  Pepoli  prudentiflìmo  Senatore 
di  quella  Città. 

38  Criftallo  ametiftino  di  Caftiglione  con  molti  angoli,  di  (ingoiare  groffez- 
za ,  giungendo  quali  ad  agguagliare  la  mol-  d’ un  pugno  humano . 

39  Mafia d’ ingemmamenti  d’ametillo  lucido ,  i  di  cui  pezzi ,  ò  corpufcoli 
emulando  nella  figura  poligona  (che  varia ,  effendo  talvolta  olivare ,  con  ambi 
i  capi  appuntati  )  e  materia  diafana  i  Criftalli ,  fembrano  appunto  Criftalli  com- 
melfi  inficme ,  tinti  del  colore  ametiftino ,  eh’  è  vinofo  . 

40  Miniera,  ò  Matrice  di  AMETISTO  di  molti  angoli:  la  quale  effendo 
in  parte  limile  alla  Pietra  Sarda,  ò  fia  Corniola,  prima  Gemma  nel  Razionale^i 
d’  Aronne ,  moftra  vcrilìmile  il  detto  d’ Alcafario ,  cioè ,  che  la  Sarda  fia  matrice 

dell’ 


/  LIBRO  SECONrDO.  CAP.  XXIX.  175 

deir  Amctifto ,  trovandoli  ben  fovente , e  l’ una ,  e  l’altra  nello  rtclfo  luogo ,  an¬ 
zi  nella  ftelTa  malìa»  ambe  talvolta  di  colore  egualmente  vinofo  >  il  quale  nell* 
Amecillo  li  crede  legnale  della  virtù»  che  li  diede  il  nome»  cioè  d'impedire 
r  ebbrezze»  come  accennò  il  Ducherio,  feri  vendo  a  Floro . 

Sardonychas  t  Smaragdos  ^  rofeo  fulgore  Hyacinthos 
Omnibus  in  digitis  femper  habere  foles . 

Ad  vinum  nihil  efficiunt  hi  ^  FlorCt  Lapilli ^ 

^uo  vel  luce  una  fapius  obrueris. 

rubro  pelago  gemmas  inde  u/que  petitas 
Depone;  infenfam  Baceho  Amethylìon  habe , 

41  Ventiquattro  DIASPRI»  trovati  in  un  pezzo  di  marmo  bianco  Napoli¬ 
tano  ,  quali  tutti  d’ una  ftelTa  grandezza  »  e  rotondità  poligona  »  elTendo  natural¬ 
mente  1  a  vorati  a  faccette  cosi  terfe  »  e  re  golate ,  che  fembrano  polite  per  mano  di 
peritiifimo  Artefice ,  tutto  che  polla  dirli  con  Marbodeo  . 

Natura,  non  artis  opus  »  mirabile  diPiu. 


pitture  deUa  Natura  in  varie  Pietre  ", 

Cap,  XXX. 

I  yf  A  fe  ne’fopradefcritti  Saffi  »  come  in  tante  opere  di  rilievo  »  la  Natura 
fi  palesò  mirabilmenteScoltrice»  potiamo  in  altri  oHcrvarla  ancora 
diligentiffima Pittrice:  non  mancando  nel  Mufeo  bizzarrìe  pietrigne  con  di- 
verfità di  colori  naturalmente  rapprefentantegentiliffime  figure  di  varie  cole»  le 
quali  a  dilFerenza  delle  dipinte  dall’ Arte»  non  Tempre  fono  efprelle  nella  fola 
iuperfizie  »  ma  per  lo  più  penetrano  anco  nella  profondità  de’  corpi  »  come  nelle 
Curiofità  »  che  vengo  a  mentovare . 

2  Ovato  d’ Alabaftro  Cotognino  »  fpezie  del  Marmo 
Aiabafirite  di  color  di  miele»  macchiato  dell’ Aldro- 
vandi:  incuiferiamentefcherzandola  Natura  dipinfe 
in  profilo  una  maellofa  TESTA  d’  HVOMO  Vecchio, 
riguardante  all’ insù  »  quali  atteggiando  la  maraviglia» 
con  cui  deve  olTervarfì  bizzarria  si  gentile»  ravvifandofi 
nel  di  lei  difegno  loftupendo  de’ tratteggiamenti  della 
Mano 

■  I  '■  ■—  ■■  di  qnel  Maeflro  Onnipotente, 

Di  cui  è  la  Natura  Arte  imitata. 

3  Nelmedemo  Icorcio  lovviemmi  d’haver  veduto 
altra  Telia  di  Vecchio  diptnta  dalla  Natura  in  una  pic¬ 
cola  felce  rotonda»  e  compresa»  a  guifa  di  Medaglia 
Imperiale,  olìervatadal  Dottor  Montalbani»  da  cui  perciò  fù  chiamata 
anthropomorphites  nomifmodes  »  e  figurata  nelle  Cure  Analitiche  con  quello  no- 
flro  fcherzo  Poetico  »  che  può  fottoferiverfi  anco  all’  Imagine  efprelTa  nell’  Ova¬ 
to  precedente. 

sponte  Silex  gerit  ora  viri.  Num  hac  ultio  quadam  ejl, 

^uod  plerique  Homiunm  Saxea  corda  gerant? 

4  D’altre  TESTA  HVMANA»  ma  di  Donna  attempata»  che  s*  ha  nel  Mu¬ 
feo  »  dipinta  dalla  Natura  nel  legno  d’ Oliva  »  può  vederli  T  Imagine  di  fopra  nel 
Cap.  XXVI.  di  quello  Libro . 

5  Pietra  CROCIFERA  »  Selce  bigia  dei  Reno  di  Bologna  »  nella  fuperfi- 

P  3  zie , 


X-a.rf.137. 


oaf,  tr 


Mu(.  AMI 
f-749* 


ttnam.Vit. 
Nav.  /.  z9. 
«I. 


Dtn^r,  ì, 
$.7.  i>.6f8. 


f.  90. 


M9. 


ìL.  4.  Mnf. 
f.  jG.  p.881. 


'im^er.  /.14. 
C.  Z4-  p.^62. 
f'orw  l.  U 

Muf.feEl.  2. 

f.4  P.4T* 


iTwp.  Ucttit» 


Cale. 
ftEÌ.  ?.p.4io 
/.  4- 

Muf.  C  I.  P. 
44?.er  C.57* 
f  767  769- 
f.77.  p.  93<- 


174 


C  0  S  P  I  A  N  0 


rie , e  nell’ interno  fegnata  naturalmen¬ 
te  di  bianca  Croce  quadrata.  Fù  dono 
del  Dottor  Monralbani,  che  la  chiamò 
Lapis  Staurophorosi  cioè  Pietra  Porta, 
tricc  della  Croce  t  deferì  vendola ,  e  figu¬ 
randola  nella  Dendrologia  dell’  Aldro- 
vandi  ,e  mXC  Honore  de' Collegi delP Arti 
di  Bologna  y  portandola  in  queft’ ultimo 
Trattato  per  fimbolo  delle  giufte  mifu- 
re  ortogonali  de’ Muratori  con  quefto 
fcherzo  ferio  d’amica  penna. 

Ima  premens  sidhili  pede  Crux  fit 
norma  firuendiy 
Semper  enim  fimili  firuPia  Qua¬ 
drante  manent. 

Ne  fece  fimilmente  menzione  nello  TA-nfn 
Cure  Analitiche  .  Portava  egli  parere  STiA^BOPfliORViS 

che  fufife  una  moftruofità  nel  genere  de’Saflì .  Contuttociò  la  (limo  determinata.; 
fpezie  di  Pietra,  congenere  ad  altre  Crodferc  offervate  di  quefto  Secolo, e  deferit- 
te,  e  figuratene!  Mufeo  dell’ Aldrovandi.  E  n’hebbero  fimilmente  notizia  An- 
lelmo  Boezio,  Lorenzo  Pignoria,  &  altri  Letterati  famofì. 

6  ALBERINA,  Pietra  da  gli  Eruditi  con  nome  Greco  appellata  DENDRI¬ 
TE,  da  altri  Marmo,  ò  Pietra  IMBOSCATA  dì  SINAI  (per  nafeere  copio- 
lamentein  quel  Monte)  di  foftanzafceflìle,  di  color  bianco,  ò  cinericio, (par¬ 
la  di  molte  vene  fofche ,  le  quali  nella  fuperfizie  polita  rapprefentano  Bofehetti, 
e  Sei  ve ,  ò  Piante  fole ,  così  gentilmente ,  che  vi  fembrano  difegnate  di  mano  di 
periciftìmo  artefice ,  tutto  che  l’ opera  non  d’ altri  fia ,  che  della  Natura .  Ve  n’ hà 
belliftìmo Quadro  nel  Mufeo,  che  ferve  per  faggio  di  quefte  galanterie.  Che 
per  altro  chi  vifita  la  ricchiffima  Galeria  del  Palazzo  del  Sig.  Marchefe,  e  dà 
un’ occhiata  a*  di  lui  fuperbiflìmi  Scrigni ,  v’olTerva  de’ Miracoli  in  quefto  gene¬ 
re  ,  per  la  fingolarità  loro, 
nonmenpregievoli  delle 
preziofiftime  gemme,  che 
in  gran  copia  vi  fono  inca- 
ftrate .  E  chi  non  hà  fortu¬ 
na  di  veder  quefte  ,  può 
fupplire  al  defiderio ,  lod- 
disfacendofi  colla  figura., 
della  imbofeata  di  Sinai 
dcll’Imperati,deirAbroto 
nitèdel  Calceolario, della 
Sabinite,edc’  Marmi  Dé- 
driti  deir  Aldrovandi  j  il 
quale  mentova  parimente 
Il  Criftallo Dendrite. 

7  Pietra  da  Calco 
oe!  Reno  di  Bologna*  la 
quale  può  ridurfi  al  gene- 
re  deir  Alberine,  perche 
(pezzata  a  cafo  in  duo 


parti 


L  l  n  K  9  SECÓN  D  0,  CAP,  XXX.  175 

parti ,  diede  a  vedere  in  amendue,  dipinta  con  pallido  colore  1’  imagine  d’un’ari* 
do  RAMVSCELLO  d’ Albero,  da  non  (occile  tronco  però  cavato.  Fn  offer- 
vazione  del  Dottor  Montalbani  ,che  la  donò  a  quello  Mufeo ,  figuratala  prima , 
e  dclcritta  nella  Dendrologia ddi’Aldrovandi,  e  pofcia  per  {imbolo  dell*  Arte 
de’  Muratori  propolla  nell’  timore  de' Collegi  delle  Arti  di  Bologn*  con  quella  no- 
llra  lottofcrizzione. 

Dura  Silex  medio  Cremium  fìbi  vifcere  fculpfit , 

An  cupit  in  Calcem  ver  fa  parare  Uo?ms , 

La  mentovò  ancora  nelle  Cure  Analitiche  lotto  nome  di  Lapis 
ivi  leggefi  corrottamente ,  forfi  in  vece  di  Cremiites, 
a  Pietra  FORMICAIA  , 

(pizie  di  Dendrite, come  giu- 
dicòillopradetto  Montaiba- 
ni, che  trovatala  nella  ghiaja 
del  Patrio  Reno,  edelcritta» 
e  figuratala  nelle  lue  Cure 
Analitiche,  la  donò  coll’  ima¬ 
gine,  che  le  ne  adduce,  a  que- 
fto  Mufeo  .  Chiamolla  egli 
lleffo  Pietra  Formicaja, perche 
divila  calualmente  in  due* 
parti  eguali  palesò  alla  vedu¬ 
ta  il  Ritratto  di  un  Formicajo 
così  Iquifitamente  difegnato- . 
vi  dalla  Natura,  che  lemhra  - 

di  bullicare,  c  moverli  qua,  e  là  il  numerofilfitno  Ruolo  delle  Formiche  effigia* 
tevi  quali  gareggianti  d’ induflria  nel  portar  grano  alle  loro  Cave ,  già  che 
Curjìtat  haud  aliter  nigrum  Formica  per  agm^n 
Horrea  dum  circa  Cereris  glomeratur  in  unum 
I  Ingentem  populans  robuHi  f arris  acervum, 

Quipdi  parvemi  di  poter  lottolcrivercì 

Natura  pingentis  opus ,  cava  repere  ad  antra 
Jnfpice  Formicas agmina  viva  putes. 

Ed  in  tal’  atto  appunto  refpreffe  Paolo  Macci  nell’  Emblema  fondato  (opra  quel¬ 
la  Sentenza  d*  Ovidio 

Horrea  Formica  tendunt  ad  inania  nunquam, 
ibit  ad  amij?as  nullus  amicus  opes. 

Così  {piegandolo  con  Virgilio . 

Ingemes  populant  Formica  f arris  acervos  \ 

Mejjtbus  atque  adeunt  horrea  plena  fuis . 

Plenas  turba  demos  locupletum  adit,  inde  videbis 
Infidum  accifas  temnere  vulgus  Opes . 

EconMufa  Tolcana. 

depredar  da  le  gran  mafife  il  grano 
Van  le  Formiche,  e  le  lor  cave  han  piene  . 

i  Ricchi  fol  la  T urba  infida  viene , 

Ma  da  i  poveri  tetti  erra  lontano. 

Così  divila  quella  Selce ,  come  libro  aperto  dalla  Natura  >mollro  in  quelle  pic¬ 
cole  figurine  tanti  caratteri  infegnantilalollecitudine  alneghittofo,  cui  perciò 
vien  detto  ne 'Sagri  Proverbi:  Vade  ad  Formicam  ,0  piger .  Avvegnaché 

Ffi 


it.  l-Di 
t‘}9- 

f-  8^. 


Mi- 


Tereius  Cy'ì 
Hofitheeem, 
i.  1.  V.  353. 


7O' 


Aleutalb. 
EthieofbaF 
/tei.  f .  8. 
Prev,  6, 


Serett. 


L.l  Serm.i 
Dt  centtat. 
Wermtc,  & 
MHfc4r, 


Ctntthlt 

Crtn, 

W.  670» 


f.  4*f«44* 


Btnsm.P'it. 
Hav.  i,  6. 
101. 

C.  4.  Muf. 

7^*  f90é> 


JtnlM.  /,4. 
Mf  A/N»r , 


17«  M  V  S  E  0  C  0  S  P  l  J  N  0 

Zìi  Formica  animai  membris  breve  ^  viribus  amflum^ 
Fravalidumque  animis, 
c,  come  cantò  il  Venofino, 

Farvula  nanque  txemplo  efi  magni  Formica  laboris. 

Colla  qual  fcntcnza  di  vantaggio  può  deHnirfi  a  favore  delle  Formiche  la  gara» 
che  tra  loro ,  e  le  Mofche  fù  propofta  da  Fedro. 

9  Quadro  di  Marmo  di  Firenze  di  campo  bianco ,  venato  d  i  roflb ,  c  feuro  >  e 
d’altri  colori  cosi  difpofti  dalla  Natura,  che  riducono  a  memoria  l’eccidio  mi- 
ferabile  di  Troja,  rapprefentando  CITTA',  e  ROCCHE  incendiate,  Edì 
quelle  Pietre ,  non  altrimentc  che  delle  Alberine  ,  fe  ne  vede  quantità  grande ,  c 
per  fingolarità  di  bellezza  ragguardevole  nella  Galeria  di  Cala  del  Sig.  Mar^c» 
le;  etra!’ altre,  di  quelle,  eh*  efprimonoPaefaggi  divarie  forti,  Lontanante, 
c  Profpetti  ve  di  Mare  così  bene  intefe ,  che  1*  Arce  medefìma  non  sà  che  correg¬ 
gervi .  Onde  ovunque  fono  appeferiefeono  d’ornamento  più  riguardevole  di 
qualunque  fìnifTimo  arazzo,  e  della  porpora  flefla,  perche  polla  col  noftro  An¬ 
gelo  baronio  cantarfene . 

Saxa  nitent,  rupefque  magis  ,quam purpura,  fulgant , 

Cavali  quello  Marmo  nel diflretco di  Fiorenza;  e  quanto  e* trovali  più  vicino  l 
Bologna,  tanto  più  è  da  llupire,  chenonnehabbia  fatto  menzione  nel  Mulco 
Metallico  deir  Aldrovandi  TAmbrolini,  che  intraprele  a  perfezionar  l’opera 
falciata  imperfetta  dall’ Autore:  mafsime  facendone  illullre  memoria  gli  Stra¬ 
nieri,  come  il  Vormio  .che  tra*  Marmi  variegati  del  luo  Mufeo  così  ne  Icrifle; 
Florentinum  Marmor  huc  etiam  fpeélat ,  quod  per  fe  maxima  ex  parte  ,  cine- 
reum  licet  fit ,  maculis  tamen  fujcis,  ér  lineis  obfcurioribus ,  hinc  inde  duUis, 
é"  di/currentibus ,  jam  T FURES,  jam  sEDES,  MONTES,  FLFMINA,  ac  in¬ 
tegras  exhibet  GIF  IT  AT  ES.  Con  quel,  che  fegue. 

10  Cilindro  d’ Agata  di  colore  in  gran  parte  nero ,  &  in  alcun  luogo  cincric- 
cio,  con  divcrle  linee  bianche  cosi  difpolle  dalla  Natura,  ch’cfprimono  mira¬ 
bilmente  la  Pianta  d’ una  FORTEZZA,  ò  ROCCA  Pentagona. 

Natura  ufeita  a  gareggiar  con  1'  Arte, 
la  qual  Figura  tanto  è  più  filmabile,  quanto  diverla  da  tutte  quelle,  che  nella 
lunga  ferie  delle  fue  Agate  olTervò  l’Aldrovandi. 

1 1  Agata  di  notabil  grandezza ,  come  di  quattro  deta  di  diametro ,  con  T ef¬ 
figie  d’un*  IRIDE  efpreflavi  in  triangolo  dalla  Natura  con  tanta  varietà,  c 
difpollezza  di  colori,  ch'eccita  non  poco  llupore .  Fù  per  tanto  a  proporzione 
di  tal  figura  polita  quella  Gemma ,  che  perciò  divenne  triangolare ,  ma  da  un  la¬ 
to  piana , do v’  è  bianca ,  come  fulTe  d’ alaballro ,  le  non  quanto  v’interrompono 
il  candore  alcune  macchie  rolle;  c  dall’  altro  fù  lavorata  a  tré  faccie,  che  s’unifco- 
no,  e  formano  un’angolo  eminente  nel  centro  delTlride  mentovata  ;  il  di  cui 
primo  colore  di  fuori  è  come  di  marmo  bianco ,  il  fecondo  carneo ,  il  terzo  li  vi- 
do ,  come  di  piombo ,  di  campo  molto  largo ,  il  quarto  vario  di  bianco ,  bigio ,  e 
rodo,  il  quinto  ferrugineo  , il  fello  celcfte,  il  fettimo  fudicio,  di  campo  angu- 
ftilsimo,  il  fulTcguente  come  d’acqua  di  Mare;  c  chiudono  nel  mezo  loroun^ 
Triangolo  perfcttifsimo  compollo  d’ un’altra  Iride  fatta  dc’fudctti  colori  nello 
fleffo  mododilpolli;  il  cui  centro  è  l’ angolo  elevato  fopradetto.  Per  io  che 
ben  può  dirli  con  quel  Poeta  Greco . 

o’ff'c  iti  tilt 

2’*  draaruf  tmo 

ofia  Fides  pulcritudo,  quanta  fit  hii)us  lapidis 

In  inordinato  venarum  ordinet  Ma 


LIBKQ  SBCOHUQ.  CAP^  XXX.  I77 

Ma  quantunque  oflervabili  queftifcherzi  della  Natura*  fono  quali  ordinarii  nel¬ 
le  Agate  i  edendo  facile  in  quelle  Gemme*  per  varietà  di  colori  fempre  bizzarre, 
chele  linee loroindiverltmodiaccozzandolijclpnmano  qualche  figura  natura¬ 
le.  Onde  necantòRennio 

'  Ham  JimuUcrx  vides  venis  oftendere  Gemmani, 

eMarbodeo. 

Hic  tapis  ingenitas  perhibetur  habere  figuras  pcjap.prat. 

Nunc  Regum  formas ,  nunc  dat  fimutacra  Deorum , 

Con  che  allude  aU*Agatafamolilfima  di  Pirro  con  plmagine  naturale  diFebo, 
c  delle  nove  Mufe  ;  e  poco  dopo 

Nunc  nemorum  frondes  *  nunc  prahet  figna  ferarum  ^ 

12  Variefortidi  PIETRA  SERPENTINA,  dei  genere dc’Marmimifchi 
(ne’ quali fcherza  volontieri  laNatura  con  bizzarie  di  macchie)  da  Greci  chia-  aiid.  MkJ. 
mata  O/f/e,  perche  ne*  colori  emula  le  fpoglie  de*  SERPENTI.  Qui  li  vedono 
alcuni  artefatti  di  tal  pietra  i  e  malfime  di  quella  fpezie,  che  dal  volgo  chiamali 
VIPERA  d’ EGITTO,  perche  macchiatadi  nero  in  campo  livido  rapprefen- 
ta  la  pelle  delle  Vipere  di  quelPaefe  « 

De  FojJìti  Magnetici y  e  Cofmetiet  y  é"  altri. 

Gap,  XXXI.  (fi  ultimo. 

i  "KJt  A  fe  tutto  il  mirabile  de’ fopradeferitti  Fonili  confine,  più  che  in  altro, 

■IVJL  nelle  figure  imitanti  opre  d’arte.*  non  per  tanto  fcarlcggianodi  fo- 
menti  per  lo  ftuporc  altri*  che  qui  fi  vedono  fenza  bizzarrie  di  configurazioni 
liraniere.  Avvegnaché  la  Natura, quanta  ricca  d’idee  feppe  formarli  da  tute* 
altrodifferenti,e  nell’ elTer  loro  fpeziofi,  tanto  liberale  di  virtù,  ne  legnalo  in 
vane  maniere  la  foftanza  loro:  dando  a  divedere  che  non  caggiono  in  vano, 
benché  fparfi  in  terréno  infecondo ,  i  femi  della  maraviglia  da  lei  diffufi  fin  nelle 
Pietre .  Così ,  fe  rimafero  in  ultimo  a  deferiverfi  tra  le  Cole  Naturali  di  quello 
Mufeo  ifulfeguenti  Corpi ,  non  perciò  meritano  le  ultime  riflefsioni;  anzi  alcuni 
d’efsi  per  virtù  Magnetica  ragguardevoli  richiederebbono  intieri  Volumi  a 
parte.  Ma  come  che  quella  carriera  felicifsimameote  èllatacorfa  da  altri  eia 
prefente delcrizzione col crefeermi di foverchio nelle  mani,  non  mi  permette 
lofpaziar  di  vantaggio ,  mi  rillringo  a  favellarne,  comedi  pafsaggio, 

a  CALAMITA,  Pietra fopra tutte  l’ altre  mirabile  non  folo  perche  tirai!  de 
ferro  da  un  lato ,  e  lo  rifpinge  dall’  altro , ma  ancora  perche  mollra  il  Settcntrio-  Metd.l.  2. 
ne,  e  la  linea  meridiana  con  certezza  più  ficuradi  qualunque  ragione  Materna- 
tica  :  di  maniera  che  non  hà  guida  di  lei  più  certa  la  Nautica ,  che  dall*  ufo  della 
rnedema conolce lo feoprimento del  Mondo  Nuovo,  e ’I  commercio  di  quello 
colnollro.  Che  perciò  tra  le  Pietre,  communemente  dette,  meritamente  la  L.e,.Muf. 
defcrifse  in  primo  luogo  l’Aldrovandi,  N’hcbbero  cognizione  gli  Antichi, 
non  inquanto  ella  fervea  navigare,  perche  la  Bofsola  della  Calamita  è  invenzio- 
ne  moderna ,  come  nel  Trattato  delle  Cofe  Artifiziali  vedràfsi  :  ma  folo  inquan¬ 
to  ella  tira  il  ferro,  havendone,  al  dir  di  Plinio,  cafualmente  Icoperto  quella  virtù* 
un  tal  Pallorello,  chiamato  Magnete  (da  cui  pofeia  ella  traiseli  nome)  chepa-  3^*^**^* 

feendo  la  fua  greggia  nel  Monte  Ida, e  caminando  in  certo  luògo,dov’era  quan¬ 
tità  di  tali  pietre,  fentifsi  da  quelle  impedire  il  pafso  di  modo,  che  fù  collretto 
cavarli  le  icarpe,  e  falciarci  il  ballone,  quello  per  efsere  nella  punta  armato  di 
ferro,  quelle  per  efsere  fotto  il  tallone  fornite  di  chiodi.  Nenafcc  indiverfi  Form.l.  i. 
luoghimentovatidali’Aldrovandi,  e  da  altri,  e  particolarmente  nelle  Cavedi 

ferro  ‘•■’-f-O*- 


v*r, 

*53- 


L.6-  de  nat, 

fer. 


Cani.  15*  !• 


jIgriecL 
f.  2)1* 


y.fupJ.  r.' 

c.  i$«nN.4. 


t.Afaf, 

feSl.ZtCt  4« 
f  >46. 


I7g  ^  S  E  0  C  0  S  P  i  A  N  0 

ferro  deir  Elba,  Ifola  del  Granduca  di  Tofeana  nel  Mar Tirreno,  da  Virgilio 
chiamata  inexhauHis  ch*lybum  generoft  metallis. 

Dalle  cui  minere  lù  cavato  il  Pezzo  notabile  di  color  nero  ferrigno,  chequi 
conler  vali,  armato,  reggendo  femprcfofpcfo  un’ Elmetto  di  ferro,  avvcrarido 
qucllentimentodelPerazzi,  che 

^  f  (emina  ytnófa  mari  fatum  progignit',  adharet 

Et  ferro  Magnes ,  gignitur  inde  ftupor . 

Percorsa  con  qualche  coltello  tramanda  come  una  lanugine  nera ,  tanto  piu  co- 

pio(a,diquclloaccada  nelle  Caiamite  d’altri  Paefi, quanto  quella  forte  per  elpe- 

rienza ,  &  ofservazione  di  molti  Scrittori,  è  più  dell’  altre  efficace  neli’attraherc. 
Il  che  è  grande  indizio ,  che  l’ attrazione  in  quello ,  &  in  altri  Corpi  Magnetici  li 
faccia  per  effluvium  oerpufculerum y  òfia  per trafmifsione  d’atomi,  come  1  in- 
teleEpicuro,econcfsolui  Lucrezio fuo feguace,  c’havendo  favellato  di  cosi 

raro  effetto ,  lo  fpiegò  con  dire . 

Principio  omnibus  à  rebus  y  quafeunque  vtdemus. 

Perpetuo  fluere,  ac  mitti  fateart  necejfe  ed: 

Corpora  y  qua  feriant  oculos,  vifumque  lacejfunt  .  ^ 

11  qual’ efflufso di  particelle  accettali  anco  da  molti  Moderni,  &  in  particolare 

daidottilsimoChircherofpiegantela  Virtù  Magnetica  deir  •  u- 

3  AMBRA  GIALLA  de’ Moderni,  fpezie  di  Succino  de  gli  Antichi  ^ 
taluni  chiamato  Elettro ,  la  quale ,  non  altrimente  che  la  Caiamita  il  ferroi  tira  1 
corpi  leggieri ,  come  paglie ,  e  feftuche .  Onde  il  Coftantini , 

Tragge  /’  Erculea  Selce  il  ferro  grave 
Il  Gagate ,  e  /’  Elettro  i  fufceltini . 

E'  foftanza ,  che  per  la  durezza  può  annoverarli  tra  le  Pietre,  come  parve  a  a  • 
cuni ,  quantunque  la  facilità  di  ardere,  e  lo  Ipirar  grave  odore  applicata  a  uoc  * 
Itmanifelli  no  congenere  a’ Bitumi. 

4  Varie  Glebe  d’ Ambra  gialla  di  Polonia,  cofpicue  non  tanto  per  la  chiarez¬ 
za  loro,  quanto  perche  fervono  d’illuftriffima  tomba  a  diveriì  corpicciuo  1 

d’Infettivolatili.nel precedente  Libro  mentovati.  ^  i*  fi 

5  Altre  Glebe  d  ’  Ambra  gialla  diverfamente  lavorate ,  tra  gli  Artct  tti 

defcrivcranno nel feguente  Libro.  tttvmT- 

6  Diverfe  Pierre  LVMINARI  di  Bologna,  o  ..per  dir  meglio  ,  ILLVMl 

NABILI  (da  alcuni  chiamate  Pietre  solari  y  da  altri  Pietre  » ,  Vn^Lio 

spugne  del  Sole  ,  ò  Spugne  della  Lunay  Pietre  Lucifere,  Lucide,  e  dal  Vorm 
per  Antonomafia  Pietre  Bolegnefi,  ò  Illumtnate  )  ptvche  la  certa  P 

parate  divengono  Calamita  della  Luce,  alla  quale  efpofte  come  vivi 

modo,  che  all’ ofeuropofeia  ne  fanno  pompa  mirabile,  rifplen  oradra- 

Carboni .  Sembrano  quelle  rozzi  pezzi  di  gello  di  varie  figure  J  ' 

te,  e  fovente  rotondeggianti,  compolli,  a  guifa  dell  Amianto,  1  * 

che.come  lince  partite  dalla  circonferenza ,  v^anno  j; 

fono  di  fotlanza  biancheggiante,  fcmiop.tca, òfia  egualmente  P  p 

e  diiralparente.  Generanlìneldillrctto  o\»  BoIogna,cioene_  , 

quattro  miglia  dillantc  dalla  Città ,  fuori  della  Porta  detta  di  •  ^  divertì 

la  di  cui  colla  meridionale  in  un  dirupo  trovai  quelle,  &  altre  r  »  _ 

amici  ;  e  non  lungi  dallo  fteffo  Monte  ne  porta  un  rivolo  feorr  p 
caglia.-  e  ve  n’hàfimilmente  in  un  luogo  chiamato  Pradalbino,  dicami 

glia  difcollo  dalia  Città  :  e  trovanfi  per  lo  più  dopo  le  pioggia  >  ^  «mduce 

la  terra  foprallante  le  fcuoprono.e  sbalzano  giù  per  Io  declive.  f  --1« 

anco  il  Territorio  della  Tolfa,ch’è  l’antico  Foro  di  Claudi»?»  1  uogo  fama  p^^ 


LIBRO  SECONDO.  CAP,  XXX.  179 

frequenti  minere  deirAMu medi  Rocca  :  e(Tendone  ivi  ftacc  trovate  alcune, che, 
come  notali doitifxindo,  Padre  Chirchero  nell’ Arte  Magnetica  ^dove  le  chiama 
F asfar  è  t  nonmancanod’  alcuna  delle  condizioni  alTegnate  a  quelle  dr  Faderno . 

7  L’Inventore  di queftacuriofità  fù  un  Sarto  Bolognefedi  quefto.  Secolo  ; 
che  di£o  verchio  dcfiderofo  d’arricchire,  lenza  oprar  l’ ago ,  s’aera  tuttoapplica* 
to  alla  Chimica.  Speriiricntandoperciò  varie  PietrefcOffervòquefta,c  conofciu- 
talapefante,  e ^ulfurea^^limQlla contenere  l’energia  produttrice  delToio,  on¬ 
de  perfuade  vali  d’ ha  ver  trovato  il  vero  Lapis  philofophorum ,  Di  che  vantan- 
dolene  con  Scipione  Beccatelli  (non  Bagatella,  come  con  errore  fi  legge  nella 
Farmacopea  Spargirica  di  Pietro  Poterio, e  nel  Mufeo  del  Mof€ardo)che  atten- 
devaconogniftudioallaTramutazionde’Metalli,,  l’induffe  ad  impiegar  molt’ 
oro  nel  la  vorare  nelle  Fornaci,  ma  tutto  indarno  per  refFetto,che  cerca  vali, 
mercè  che*  come  fcride  Tito  Strozza  a  MazzoneAIchimifta,. 

■I  '  cinis- y  ^  funins-,  pulvis  y  fufpiria  y  verba. 

Sunt  arumnoji  lucra  magilierii. 

Non  fii  poco  però  che,  premio  di  tante  fpcfe,  e  fatiche,  fi  trovafle  il  modo  di 
preparare  tal  Pietra,  veramente Filolofica,  per  la  maraviglia,  che  partorifce: 
non  effendodapregtarfi  meno  per  concepire  infe  fteffaJa  luce ,  che  &’havcire  ge¬ 
nerato  il  tanto  (ofpirato  Feto  deiroro . 

8  Ma  non  lene  preterifcalapreparazione,laquale,comecoftumava  il  Dot¬ 
tor  Montalbani,  chefùde’primiaìcrivernc  ,clapublicòin  fogli  volanti ,  e  ne 
trattò  in  altre  Aie  fatiche,  <Sc  inparticolare  in  una  lettera  famigUàre  alCo.  Ma)o- 
lino  Bilaccioni  ,fa(fi  inqueftomodo..  Scelte  fra  le  Pietredi  queAa  fpezie  le  più 
bel  le ,  che  fono  le  più  raccolte  di  figura  »  e  men  fbfche ,  quali  fono  le  pi  ù  piccole, 
fi  pongono  inforneltorotondocon  Graticole  di  ferro, chele  foftengano  :  edato 
loro  fuoco  per  di  (otto ,  fi  lafciano  brufciare  fino  ad  una  mediocre  calcinazione , 
cioè  fin  tanto,  che  quel  corpo  naturale  fia  rarefatto,  &  aperto,  lenza  foverchia 
combuftione ,  acciò  non  fe  ne  confumi  tutto  i’  umido  radicale ,  e  fe  ne  diArugga 
con  ella  il  glutine ,  che  ferma  il  lume  in  tal  Pietra  *  Così  egli . 

Le  pi ù  fofche  ,  le  quali  fono  anco  più  groffe ,  &  hanno  più  del  terreftre ,  pon- 
no  con  fuoco  piùintenfo  prepararli,  riducendofi  in  perfetta  calcina,  la  quale 
polverizatas’ impaftacon  acqua  commune, òchiarod’ovo,  ò  con  oglio  diXe- 
mi  di  lino  :  e  fe  ne  fanno  padelli ,  che  fi  mettono  a  leccare  in  luogo  caldo  :  indi 
s’efpongono  alla  luce  del  Sole,  ò  della  Luna,  ò  del  Fuoco,  potendo  da  qualfi- 
vogliadiquedicorpi  lucidiinun  quarto  d’ora  concepir  lo  fplendore;  quindi 
chiufi  in  una  fcatola  fi  portano  in  luogo  ofcuro  :  dove ,  aperto  il  vafo ,  rifplen- 
dono  come  ferro  infuocato  .Che  fe  alia  prima  non  riufciffe  in  tutto  Pefpcrienza, 
può  replicarli  la  calcinazione, e  le  altre  operazioni,  finche  fe  ne  veda!’ effetto. 
Altri  modi  s'infegnano  dal  Poterio  nel  luogo  fopracitato,  cioè  che  la  pietra 
cruda  fi  riduca  in  polvere  fottililTima ,  e  con  fuoco  gagliardo  in  un  crocinolo 
poAofrà  carboni  ardenti  fi  calcini:  overochefubitopolverizatafe  ne  facciano 
paftelli ,  come  (opra,  e  quedi  feccati  per  fe  fi  difpongano  in  più  llrati  foprapofti 
nel  forno  da  vento,  e  vi  fi  calcinino  con  fuoco  gagliardiflimo  di  quattro  in  cin¬ 
que  ore ,  e ,  lafciato  raffreddare  il  forno ,  fi  cavino ,  &  efpongano  al  Sole  ;  che ,  fe 
ricevono  copiofa  luce,  è  legno  che  la  materia  è  cotta  a  badanza  ;  fe  poca,  devefi 
replicare  la  calcinazione . 

Il  lume  poi, che  così  preparate  ricevono  quede  Pietre,  non,  è  perpetuo,  ma 
giuda  labontà  loro ,  ò  la  copia  della  luce  imbevuta  dura  più ,  ò  meno ,  non  paf. 
fando  però  mai  un’ora  per  volta;  onde  per  replicamele  prove,  ènecedario 
cfporle  di  nuovo  ad  oggetti  luminofi .  Anzi ,  preparate  una  volta ,  non  confer¬ 
vano 


P'^99’ 

L.  1.  Mu/, 
e.  63. 


L.  4-  f 
25.  V.  8j, 


Cur.  Anal. 
t-  39* 


i8o  U  V  S  E  0  C  0  S  E  l  A  n  0 

vano  fcmpre  la  medcfima  virtù  di  concepire  il  lume,  perche  in  procedo  di  tem¬ 
po  (vanifce ,  efalando  forfi  co’  fortiliflìmi  alici  di  fuoco  fvaporanti  dalla  loro  cal¬ 
cinata  foftanza .  Scriffero  di  quella  Pietra,  oltre  i  fopracitaci  Autori,  Galileo 
Galilei,GiulioCefareLagalIa,eBartolomeo  Ambrofini,  che  ne  inferì  brevif- 
fimo  Capitolo  nel  Mufco  Metallico  dell’ Aldrovandi.  Ma  più  compitamente 
di  tutti  ne  trattò  Fortunio  Liceti,  che  ne  publicò  un  Volume  intitolato:  Li- 
theofphorus ,  five  de  Lapide  Bononienjì  lucem  in  fe  conceptam  ah  ambiente  claro 
mox  in  tenebris  mire  confervante ,  liber  Vtini ,  ex  tjpographia  Nicolai  Schiratti 
i<540.  in  4.  Nella  quale  Opera  in  cinquantacinque capi  raccolfe,c  digerì  tutte 
le  dottrine  più  confacevoli  ad  un’efatta  cognizione  di  quello  FolTile,  invelli- 
gando  fotcilmente  le  cagioni  della  fua  maravigliofa  naturalezza ,  con  efaminar- 
nc  i  pareri  del  Galileo,  del  Lagalla,  e  delMontalbani,  e  foggiungervi  il  prò* 
prio,  confermandolo  con  fortiffimi  argomenti:  al  quale  lì  rimette  chi  brama 
ìaperne  di  vantaggio.  Intanto,  perche  non  folo  è  magnetica  quella  Pietra,  ti¬ 
rando  il  lume ,  ma  cofmetica ,  fervendo  la  di  lei  calcina  a  far  lilliva,  che  fà  cade¬ 
re  i  peli,  olferviamone  alcune  altre  lìmiimcntc  cofmetiche,  Tali  fono  la 
9  MARCHESITA,  dicuivc  n’hàquìcongcricairaigrande,rotondapan- 
gonia»  emulante  il  fulgore  dell’ oro.  Pcrefsere  fpeziedi  Pietra  focaja,  ufuale 
ne  gli  Archibugi  da  Rota ,  i^ineralifti  ne  trattano  tra*  Piriti  ;  anzi  ad  ogni  Me¬ 
tallo  alsegnano  la  propria  Marchelìta .  Trovafene  in  varii  luoghi ,  e  talvolta  nel 
Territorio  di  Bologna;  dove  colli  quella,  Scaltre  in  unCollcdi  Cafaglia,  di 
rimpetto  alla  Villa  del  Conte  Gafparo  Bombaci,  Klorico,  e  Poeta  di  gran  no¬ 
me  ;  il  quale  dal  colore  di  quelle  Pietre  formò  concetto,  che  nelle  vifeere  di  quel 
terreno  vi  fufse  qualche  preziofa  Minerà,  e  per  avventura,  d’oro,  fcrivendone 
in  alcune  Ottave  fopra  la  medelìma  Villa  i  feguenti  verlì^  a  quello  propofito . 
Incontro  a  U  Magion  j’  innalza  un  Colle 
Povero  herbe  f  e  di  terreno  adufio ^ 

In  cui  Natura  altro  produr  non  volle  t 
che  dura  Slirpe  di  filvcjlre  arbuHo  » 

Ma  d'  infocate  t  e  preziofe  zolle 

Hàf  s'  io  non  erro,  il  cupo  grembo  onuflo', 

£  a  formarne  il  penfier  par  che  m*  invite 
La  fuperfizie  %  c*  ha  le  Marchefìte » 

Diverlì  altri  Pezzi  della  llefsa  forte  di  Pietra  del  color  dell’  argento .  Servono 
a’  Mecanici  per  render  lo  Ragno  più  limile  all’argento  ne  gli  utenligli  delle  Mcn- 
fe .  Et  i  Chimici  vaglionli  di  quella  forte  di  Pietra,  fublimata  che  fia,  ad  imbian¬ 
chirne  il  rame  :  e  fciolta  con  acqua  forte ,  e  dolcificata  la  propongono  per  medi¬ 
camento  colinetico  di  fingolar  virtù  per  far  candide  le  carni:  come  avvila  il 
Marchefe  Montalbani  nel  fuo  Trattatodelle  Minere,  che  non  può  flar  molto  ad 
ufeir*  alla  luce .  Ne  mollrano  varie  differenzein  figura  Tlmperati,  e  l’ Aldro¬ 
vandi,  che  nedifeorrono  appieno. 

IO  SAPONARA  bianca,  a  differenza  della  fufseguente  nera.  Pietra  così 
chiamata,  pcrefsere,  come  il  Sapone  lubrica,  facilmente  folubile  neH’acqua, 
&  allerliva .  Onde  in  alcuni  luoghi ,  non  altrimentc  che  la  Terra  Cimolia ,  detta 
^  fimilmcnte  Saponara,fcrve  per  imbiancarci  panni.  E' di  color  cinericcio,  bian¬ 
cheggiante  ;  c  perche  tritandoli  trafmette  certa  umidità  molto  bianca ,  e  di  fapor 
dolce  limile  al  latte ,  da  gli  Antichi  fù  chiamata  Galacfite ,  ò  fia  Pietra  del  /4//0  • 
Quindi  ne  cantò  Marbodeo . 

Hunc  lapidem  cineri  fmilem  GalaEiiàa  dicunt. 

E  poco  dopo,  Lalfis  dat  fuccum  tritus,  la^lifque  fapor cm  . 


Se  ne 


L  Vi  0  s  E  co^no.  iist 

Se  ne  vaglìono  anco  i  Matematici ,  &  i  Saru  per  tirar  linee  bianche ,  bagnandola 
coti  la  lingua}  e  perciò  alcuni  la  chiamarono  Aeyx^y/iaji^^.Trovanfi  delle  di  lei. 
glebe  ne’ Fiumi  della  Lunigiana,  colà  portate  dali*  acqua  de’ Monti  Apcnnini. 

n  SAPONARA  nera,  ò fiaMorotfto  di  Diofconde,  detta altrimente  Pie-' 
traEgizzia,  ò  Pietra  Nera  de’ Sarti,  perche  fù  prima  oflervata  nell’Egitto,  e 
ferve,  come  la  precedente,  non  folo  a  tirar  linee  bianche  su’ drappi  neri,  non 
però  bagnata,  ma  anco  ad  imbiancare  i  Panni,  elTcndo  come  il  Sapone  afterfiva, 
c^fdrucciolofa,nonaltriraente,chefefulTe  bagnata  d’oglio.  '  '■ 

12  Minerà  di  TALCO  GLAVCO,  ò  color  di  Mare, di  gleba  così  molte r 
e  lubrica  al  tatto ,  che  come  le  due  precedenti  pietre ,  ftrofìnata  fopra  il  nero ,  vi 
lafcia  leggiere  linee  di  bianco.  E'incombuftile;  ondefenefanno  lucignolidu-. 
re  voli ,  come  d’ amianto. 

Mineradi  TALCO  VERDE, di  gleba  tantofciflìle, che  ben  puòdirfene 
colfacondilTimo  VsiàtC'RSiVtoVMche  per  is/ogliarlo  no/i  ahhifogna.  d'  altro  che  d' ef 
fere  frefo  al  taglio  per  la  fua  vena-,  per  qualunque  altro  verfo  egli  f  divideffe., 
andrebbe  in  fregoli^e  minu’H^ami  da  non  valer fene  a  nulla  :  ma  fcfo  per  l' andar 
fuo,fenz.a  niuna  faticai  non  v'  e  numero  alle  falde^  ez>iandio  fott ili  còm*  aria, 
in  che  fi  diparte ,  come  fujfe  aprire  un  Libro  d'  innumerabili  fogli  un  pb  fretta^ 
mente  uniti.  Per  la  qual  lottigliezza  eftrema  delle  fue  faide  eglirefifte  al  foco 
meno  del  precedente ,  &  altre  forti  di  talco ,  di  foftanza  incombuftibtle ,  come  1’ 

14  AMIANTO,  Pietra  famofa  per  lo  Rare  invitta  al  fuoco,  di  foftanza  fi- 
brofa,  come  la  Pietra  illuminabile  di  Bologna;  le  quali  fibre  ponno  filarfi,  e 
ridur/ì  in  tela,  che,  macchiata,  nel  fuoco  fi  purga  fenza  confumarfi.  Che  però 
ne’ roghi  funerali  de  gli  Antichi  fervi  un  tempo  fimil  tela  per  involgervi  i  cada¬ 
veri  de’Nobili:  confervando nell’incendio  feparatedaU’altre  le  loro  ceneri, 
checosì  nonconfafefifepelivano.  Se  ne  veftironoanco  i  Bracmani,  Filofofi 
dell’ India 5 come  fcriffelerocle  .Mail  modo  ,chc  allora  ufavali  di  filar  i’  amian¬ 
to,  non  è  giunto  a*  noftri  Secoli,  forfì  per  non  hav.erlo  deferitto  gli  Antichi. 
Sonofì  con  tutto  ciò  ingegnati  i  moderni  in  guifa,che  anco  a’  noftri  tempi  s’è  po¬ 
tuto  vedere  qualche  manifattura  de’ fili  di  quella  Pietra:  della  quale  confcrvafi 
qui  non  folamente  un  pezzo  di  grandezza,  e  fattezze  in  tutto  limile  ai  figurato 
dall’Imperati  inattod’efferfìlatojmaancoun  pezzodiTELA,&:una  DISCIPI I- 
NA,  &  alcuni  LVCIGNVOLI  delle  di  leiiibrecorapofti.  ApprcfToil  Vormio 
v’hà  chi  fi  vanta  di  render  l’Amianto  a  guifa  di  lana,  filabile  col  farlo  bollir  per 
mez’  ora  nella  liffiva  fatta  di  cenere  di  quercia  putrida,-  e  làfciarvelo  pofeia  a  ma¬ 
cerar  dentro  per  un  mele  intiero;  e  quindi  eftratio  propone  che  fi  lavi  più  volte 
con  acquadolcc,  c  fi  laici  leccare  :  che  in  tal  modo  divien  lavorabile,  come  lino . 

15  AQVILINA,  da  molti  con  nome  Greco  chiamata  Etite,  Pietra  gravida, 
di  notabil  grandezza,  come  lunga  fette  deta,  larga  cinque,  e  poco  men  grolla, 
per  effere  di  figura  imperfettamente  quadrata,  lunga,  che  non  offervafi  tra  le 
molte fìjUfate dall’ Aldrovaadi.  E'iutta  lifcia,come  l’Aquilina  melata  dell’ 
Imperati , che  ne  figurò  molte:  ma  di  color  ferrugineo,  macchiato  di  nero;  e 
rifuonano/neffa,fefiafcoffa,nonuno,corneinalcune,  ma  più  Calimi  (così 
chiaraanfi  i  di  lei  calcoli)  i  quali,  agitata  la  pietra,  fi  fentooo  fare  non  poco 
viaggio ,  per  fegnoche  i  di  lei  ventri  fono  molto  grandi .  Di  quella  forte  di  pie¬ 
tra  fcrivono  cole  maravigliofe  gli  Storici , e  particolarmente  il  Bellonio  :  le  qua¬ 
li  pajonmi  eccedere  i  limiti  della  Natura.  Offervò  nafeerne  fui  Bolognefe  Ovidio 
Montalbani,  che  ne  fece  menzione  nelle  fue  Cure  Analitiche.  Di  fimi!!  gravi¬ 
danze  fc  ne  offer  vano  anco  in  alcuni  marmi,  come  in  unafpezie  di 

tó  MARMO  bianco  dd  Reame  di  Napoli,  che  fembraAlabaftro,  ma  è  più 

CL_  duro.- 


^Idr.  t.  4I 
Aiuf,  Ateti 
e,  27. 


^Ur.  teèi 
ctt.  c.  29. 
f .  669. 

Imper.  1. 25.' 
f.  3.  p.  676. 
Cafaip.  l.  2. 
c.  5  "5^- 
Rtcr.  del 
SavJ.z.c.'^. 


lmper.l,i\, 

ej. 


L'  2^ , f. 
p.678. 

L.  I.  Muf, 
fell.  2.  ff.7. 
p,  ^6. 

Benàm,7  ^7 


c  4. 

Z-.24.  c.  j8- 

р.  6j<j. 

Cafaip.  l.  2. 

с.  47» 


p.  29. 


e,28. 
nti,  4^. 


f.  711* 


Z»4'  7T* 
y.425. 


L.  I.  /i^?.  2. 
f.  5.P.47. 
Ctflanti», 
Gt/id.C, 17. 

40. 


Guviusl.  I. 

iiUth, 
ap,  me  m{, 
V,  124. 


Bdtt.ii.19I. 


i9t  M  y  s  E  0  €  0  S  P  I  A  N  0 

duro  :  nel  quale,  {pezzato  che  fia,fi  trovano  di verfi  DIASPRI  feparatamente  ivi 
generati .  Nel  Mufeo  le  ne  vede  un  pezzo, in  cui,benche  poco  maggiore  d’un  pu¬ 
gno,!!  fono  trovati  i  {opra  mentovati  ventiquattro  Diafpri  rotondi,ma  dalla  Na¬ 
tura  lavorati  a  faccette  in  maniera  che  fembrano  artifiziofamcnte  politi.  Alcuni 
reftarono  fitti  nella  pietra  medcfim3,nclla  quale  fi  fcorgono  le  cavità  de  gli  altri 
chemancano,eficon{crvanoapartein  un  vaio  di  criltallo, 

17  ALABASTRO  candido,  che  mentre  gencròifi  racchiufe  una  CAPPA 
lunga ,  due  deta-,  e  larga  la  metà ,  che  vi  fi  vede ,  e  traballa  dentro  :  della  quale 
fe  ne  dilfe  qualche  cola  tra’  Teftacei  Follili . 

18  MARMO  di  color  di  ruggine  con  minuti^Iime  macchie  bianche,  il  qua¬ 
le  per  avventura fia di  quella Ipezie  di  Porfirite ,  ò  Porfido ,  che chiamavafi  Leu» 
cofiicios i  cioè  punteggiato  di  bianco,mentovatodair  Ambrofini  nel  Muleo 
Metallico  dell’ Aldrovandi . 

19  FENCITE  di  Plinio,  ò  fia  Marmo  Pario  candidi/fimo,  c  diafano,  a  difi 
ferenza  d’ un’  altra  fpezie  di  Marmo  Pano  bianco  ,  ma  opaco .  Potrebbe  giudi¬ 
carli  Ipezie  di  Marmi  di  Volterra,  a  quali  è  molto  limile  nella  trafparenza,  le  non 
fuiTc  molto  piti  duro . 

20  Due  grolle  Corniole ,  di  color  vinofo,  e  leonato,  di  figura  rotondeggian¬ 
te,  e  comprelTa,  c  di  grandezza  aliai  maggiore  di  quante  ne  vengano  figurate 
dall’  Aldrovandi  :  e  perciò  capacilfime  di  qualunque  riguardevole  figura  vi  s’in- 
taglialTe;  già  che  l’ufo  antico  di  tali  Pietre,  che  come  prcziofe,  trà  le  Gemme 
s’ annoverano, era d’intagliarvi  diverfe  figure , perche  ferviflero  di  figillo ,  ò  di 
gioja  annulare  ;come  giudicali  di  molte,  che  trà  Niccoli,  e  Carnei,  &  altre  Gem¬ 
me  antiche  in  quantità  confiderabile  fi  confervano  dal  Sig.  Marchefe:  il  quale 
potrebbe  un  giorno  rifolverfi  di  farle  dclcrivere . 

3 1  POMICE  di  VOLGANO,  vomitato  dalla  bocca  incendiaria  d’un  Monte 
d’  una  delle  fette  ifole  Volcanie,  dette  da  gli  Antichi  Eolie  ,aggiacenti  alla  Sici¬ 
lia  dalla partedi  Siracufa.  E'iungodue onde, largo  una, e  rappre/enta  un  pie¬ 
de  molìruofo,  come  d’Huomo,  Ne  deferive  uno  anco  il  Vormio.  Ma  lono 
quelli  fpettacoli ordinarii  a’ Reami  di  Sicilia ,  e  di  Napoli:  mentre 
Del  Vefuvio  il  medefmo  amo  Jt  conta, 

E  d'  Etna,  e  d'  altri,  che  mai  fempre  igniti 
Svaporano ,  e  fovente  in  lor  for monta 
Tanto  la  vampa,  che  arde  arifte ,  e  viti, 

22  CENERE  del  VESVVIO,MontediTerradi  Lavoro,ch’emulodi  Mon- 

gibeilo,  •—  cum  Mulciber  ^tna, 

Encelado  mutante  latus,  divulja  per  auras 

Saxa  vomit,  flammaque  globos ,  quo  territat  omnem 

Murmure  Sicaniam. 

fomenta  continui  incendi  nel  feno ,  c  con  elli  talvolta  erutta  nembi  di  fallì,  e  di  ce¬ 
neri.  Di  che  cercandone  la  cagione  Plinio  il  vecchio ,  vi  lafciò  la  vita ,  ineojato 
dal  fuoco,  lì  come  attefta  il  di  lui  Nipote  in  una  lettera  a  Tacito.  Quello,  che 
qui  conlervafi  in  un  vafo  di  Crillallo ,  fò  raccolto  del  MDCLX.  come  reJitjuia 
di fpaventofo  incendio. 

23  Laftradi  SALE  FOSSILE,  per  la  perfpicuità  chiamato  Salgemma,  ri¬ 
dotta  in  figura  di  Scudo  pentagono ,  lungo  lei  oncie ,  largo  quattro . 

24  Pezzo  minore  di  SALGEMMA,  parte  candido,  e  parte  folco,  in  figura 
di  meza  luna . 

25  Diverfialtri  MINERALI,  MEZI  MINERALI, TERRE  dipiù  forti  ,& 

altre  foltanze  Foflìlijche  pcrellerc  minutamente  delcrittirichitdercbbono  mag¬ 
gior’ ozio  del  mio.  L)EL 


185 


MVSEO  COSPIANO 


In  cui  fi  defcrivono  le  Cofe  Artifiziofe  ,  antiche^  e  moderne 
^  d*cfroMa{co,fpettantià  varie  Scienzc,(S:  Arti  Liberali: 

Se  alcune  Manifatture  nobili  delle  Mecaniche . 


CofttiHuazioae  dell' O fera  ^  e  Biviftone  delle  Cofe  Artifiz,iofe  contemte 
in  quejlo  Libro ,  Cap.  I,  ^ 

E*  men  ragguardevoli,  e  per  copia,  e  per  qualità,  fono  l’ Opere 
deli*  Arte  qui  confervate,  di  quelle  della  Natura  (in*  bora  de- 
ferine  ;  Poiché  in  univerfale  fono  produzzioni  ingegnofe 
d’una  Cagione  fertile  ne*  fuoi  elfctti,  &,  avveduta  non  meno 
della  Natura  medelìma,  di  cuiellaè  Vicaria,  Se  Imitatrice  cosi 
diligente  ,cbe  non  J*agguaglia  folo ,  ma  fovente  la  forpada  nel. 
la  bellezza,  e  pcrtezzionc  delle  fue  facitore,  c  non  di  rado  corregge  gli  errori, 
benché  involontari,  di  quella.  Ond’è,chehà  potuto  gareggiar  con  eda  di  pre> 
gio,  e  pretenderne  qualche  fiata  la  preminenza,  vantando  non  pochimotividi 
maggior  nobiltà ,  che  ponno  leggerli  nella  famofa  difputa ,  che  quefie  due  prin- 
cipaii  Cagioni  di  tutte  le  Cofe  fonno  fopraciò  appredoii  dottiamo  Liceti  ne’ 
due  Libri,  eh’ egli  intitolò  &  Arte,  Qui  però,  fattali  riflclfiooe  per 

vna  parte ,  che  Dio  Ottimo  Mailimo  nell’  Vnivcifo 

Vicaria  fua  coHituì  Naturae  T^tóiort ,  * 

e  per  l’altra,  che  f— .  *■■■■■'  — di  vtìà  'e  priva  PoefX>di6, 

V  Arte  t  ma  non  di  grazia,  e  di  ventura:  ^  - 

e  perciò  col  Liccti ,  giudicato  a  favore  della  Natura ,  adegnandole  il  primo  luogo  fZrtiamt, 
con  defcriverenc’duc  precedenti  Libri  ciò,  ch’ella  hà  contribuito  al  Mufeo:  fi  €.17.56. 
confiderà  l’Arte,  come  Difcepqla  della  mcdelima,  &,  al  più,  come  Figliuola: 
già  che  fù  chi  fcride  : 

2  ^  Natu, 


Ovvtn.  A. 
D. 


1»,  tèff, 
Goyn.  PayÀ: 
d»x  il.  fsg. 
miht  35. 


U  V  s  E  0  C  0  S  V  \  A  n  0 

Natur  £  in  gremio  Deus  Artes  condidit',  ut  Jìt 
Vfque  quod  racquirat y  quodcfue  requirat  homo, 

E  per  tanto  s’accoglie  lafcconuo  luogo,  COI  trattate  deir  Opere  fue  in  quello, 
c  nel  fulfeguente  Lilirqn  Nel  che  fare  cadcrebbr  in  acconcio  la  di  vifion  generale 
delle  cole  ArtifizioleSn  ^acre ,  e  Ptoi^e:  le  quefta.non  diltracfle  troppo  le  Cole 
tfua’Artc  inilpezie,  edella  materia  ftélFa.  Onde  più  confacevolefcmbra  il  divi¬ 
derle  gialla  la  nobiltà  delle  Scienze, ò  dcirArti,a  cui  ler  vono:  fcrbando,il  più  ohe 
fia  po^bilc,  r  unione  delle  materie .  Clie  però,  favellato  de’  Libri,  e  de,* .Volumi, 
delle  Carte ,  c  delle  Scritture  E/otiche  del  Mufeo,  come  cole; del  genere  Ldttera- 
rio,che  contienei  precetti  di  tutte  le^cienze,  e  di  tutte  1*  Arti,  lì  descrivono 
fucceilìvamentcgli  Strumenti  Matematici,  Allronomiei,  Geometrici, Ottici, 
FiRcp- Matematici,  Mulìci,  Bcllici,Nautici,c gli  Arnefi Piallici»  e  Giocoli:  e 
fi  conchiude  co’Sepolcrali,  terminando  nel  Sepolcro  tutti  gli  ufi  de  gli  altri . 
Nelle  quali  cole  Icorgonfi  non  poche  opere  dell’ Arti  del  Difegno,  delcritte 
dovunque  fi  tratta  delle  Cole,  che  nefurQnof^gnalate,  e  nona  parte,  sì  per  non 
confondere  la  ferie ,  qualunque  fiali ,  addotta  delle  cole  medefime ,  come  perche 
non  naancava  campo  j|i ^elcriverne  utia'grài|moltitudr^e  nel  quarto  che 

m^n  contiene  ajfre  m%ericr.  Corfciojjecofalhe  da  gfi  arnefi  (epolcrali,'  cl#  ì|cq1 
mollrare  il  fine  della  vita  humana ,  additano  iofieme  la  necciìità  della  Religione , 
fi  palla  alle  altre  Gole  dtSMuleo,  le  quali  per  jm  maggfjor  parte  concerftono  la  Re¬ 
ligione  erronea  dé’Genrlli,ed  OrtodolTa  de’Crillianive  non  altro  fono  chcopc. 
redelj’Arti  ludettqdel  Dilegno:  elTendo_Pitture^  Scplture  ,  Statue,  Medaglie  , 
&altribronzi»ntk;hGeinoderni,che tanto megiiofi  pofponj^no  al)>e  reliquie 
Sepolcrali ,  quant’è  f\iù  certo  che  la  principal  parte  di  lorqlervf  più  dopo  tnprte , 
che  in  vita ,  à  chi  fù  i  n  elfi  honorato , 

Dff’  Libri ^  Volumi i  Carte  y  e  Scritture  Efotiche, 

Cap.  II. 

I  He  incomparabilmente  giovaflc  al  genere  humano  chiunque  inventò  le 
Lettere,  è  verità  di  tanta  chiarezza,  che  non  v*hà  occhio  dimeme  af- 
fennaca,  che  non  la  feorga .  Infegnò  egli  a  favellar  colle  mani ,  c  farli  con  jEiic  in¬ 
tendere  non  lolo da'  prelenti ,  ma  da  gli  alTenti ,  e  fin  da  coloro,  che  pon  per  anco 
fon  nati .  Così  mbllrò  il  modo  di  fillarc  il  Mercurio  fempre  flulfile  della  lingua,  e 
convertirlo  in  at*^enfo,  &  in  oro  malTiccio  d’erudiziòne  permanente  a  prò  del¬ 
la  pofterità.  Suggerì  in-quellc note  tanti  caratteri  d’innocente  Magìa  per  fer¬ 
mare  il  Tempo  irreparabilmente  volante:  e  diede  al  Mondo  i  lemi  propagatori 
d’ ogni  dottrina.  Quindi  imparò  l’Illoriaad  arrellare  la  fugacità  delle  cole, e 
llabilirnc  la  memoria  pur  troppo  lubrica .  Quindi  habbiamo  prefente  il  palTato , 
e  vediamo  a  cafifeguiticiòch’èda  intraprenderli ,  ciò  eh’  è  da  fcanlarfi .  Jn  lom- 
ma  con  tale  ritrovamento  egli  recò  al  Mondo  il  più  belTornamento  dell’huma- 
nità ,  il  più  grato  trattenimento  de  gl’  Ingegni,  e  la  più  gullola  porzione  di  quella 
beatitudine, che  può  goderli  interra .  (5nde  con  gran  ragione  il  Goineo  in  quel 
notabile  ParadolTo ,  eh’  egli  intitolò  c^^od digniora  ,  nobilior aque  Jìnt  literaruìrL-t 
lìudia  yvei  militaris  peritia , dopo  haver  con  fodilTime  dottrine  provato  l’allutto, 
favellando  pur  delle  Lettere,  ne  pronunziò,  fi  non  ejfent  inter  homines  ^ 
quanta  quafo  rerum  ipfarum  obfc  tir  itate ,  éf  i  gnór  antik'lahòràr  emù  s  ?  quam  magna 
humana  felicitatis  portio  de  traila  ejfet?  qtt  am  denique  mi  feri  y  (jr  c  al amitofi  videre¬ 
mur  ,  qui  nihil  piane  a  mortuis ,  ut  AriHoteles  apud  Laertium  ait ,  differremus  e  So¬ 
lem  e  Mundo  tolleret ,  qui  hominem  liter  arum  cognitione  privaret . 

'  Sono 


LIBRO  TERZO,  CÉP.  IL 

2  Sono  molti  di  parere,  che  così  bella  in  vcnzionc  (ia  naca  nell*  Egitto ,  attri¬ 
buendola  altri  a  Mercurio ,  come  Gcllio  ;  altri  a  Mennonc ,  come  Anticlide .  An¬ 
zi  quelli  fpecificò  le  lettere  inventate  da  Mennone  1 5.  anni  prinia,chc  nella  Gre¬ 
cia  regnale  poroneo.  Epigenc,  Scrittore  de’ più  antichi,  c  di  primiera  autori- 

tà,  come  avvertì  Plinio, fù  di  penficro  che  fullcro  trovate  da  Babilonii:  appref-  ' 

10  i  quali  afferma  egli  che  vedevanfi  fcolpite  in  tavole  di  pietra  cotta  le  Offerva- 
zioni  Cclcfti  di  DCCXX.  anni ,  benché  iolo  di  CDXXG.  le  raccordaffero  poi  . . 

Bcrofo,  eCritodemo.  Plinio,  che  da  quelle  tradizioni  arguì  antichiflìmo  l’ufo. 
delle  Lettere,  ne  fà  inventori  gli  Adirli.  Altri  le  credono  inventate  nella  Soria; 
altri  nella  Fenicia.  Anzi  è  fama  che  quindi  le  portaflc  Cadmo  ncllaGrecia  ral¬ 
le  quali,  effendo  non  più  di  ledici ,  quattro  ne  aggiunfc  Palamede  nella  guerra  di 
Troja  ,cd  altrettante  pofeia  Simonide  Medico ,  d’ indi  le  portornopoi  nel  Lazio 

i  Pelafgi ,  venuti  dal  Pcloponnelo  ad  habitarvi , 

3  Ma  le  le  Lettere  Latine  originorno  dalle  Greche ,  e  le  Greche  dalle  Fenicie  : 
quelle  pur  deri  vorno  dalle  Siriachc,e  quelle  dall’  Ebraiche  :  le  quali  giudicandoli 
univerlalmentcle  più  antiche;  neleguita,  che  l’invenzione  delle  Lettere  lìa.* 

Ebraica.  Nò  forfianderebbe  errato,  chi  la  riferiffe  a  Mosè ,  che  fù  il  primo,  che 

Labbia  mai  fcrittoal  Mondo, come  nota  Giultino  Martire,  e  vide  aliai  prima  di  /1^.  //urr*' 
Cadmo, come avvertifceEufebios  epergli  prodigi,ch*cgliopròcolla Vcrga,V^®^®f- 
glfai  più  di  Mercurio ,  meritò  il  nome  di  Trifmcgillo  :  fe  più  tolto  non  ‘le  ne  do- 
veflericonolcer  l’origine  dall’ Inllitutore  della  Lingua  Santa,  chefù  Adamo,  il  Eu/tb.uu 
quale  in  ella  impofcmilleriofamcntei  nomi  a  tutte  Iccofccreatc.  Praf.Ev^i. 

4  Coftuoaòfli  ne’ primi  tempi,  che  s’efpredcro  con  le  Lettere  i  concetti  dell’  ^4»«,«.' 
animo ,  di  Icrivere  (opra  le  foglie  delle  Palme .  Alche  allufe  il  Poeta ,  o  ve,  favel- 
landa  della  Sibilla ,  cantò . 

Infanam  vatew  affictas  ^  qua  rupe  fub  imi 
Tata  canili  fcliifquc  notas  y  é"  carmina  mandati 
Quacunque  in  foliis  defcripfìt  nomina  Firgo 
Digerit  in  numerum ,  atque  antro  feclufa  relinquit . 

Illa  manent  immota  locis ,  neque  ab  ordine  cedunt . 

11  qual  collume  Icrbali  anco  a  nollri  tempi  in  alcuni  Regni  dell’India,  e  partico-  ciuf.i.i: 

lar  mente  in  quelli  di  Malaca ,  e  dei  Malabar,  come  attellano  il  Giulio ,  &  il  Vor-  Extt.  c.  is: 
mio  :  da’  quali  mentovanfi  Libri  intieri  di  que*  Paefi ,  fatti  di  foglie  di  Palma ,  e  di  ** 

Lettere  Icrittc  nelle  medcfime:  e  Ferdinando  Lopez,  che  tali  foglie  chiama  OL- 

LA ,  riferifcechc  in  effe  notano  gl’ Indiani  le  cole  memorabili ,  Airufomedefi-  Eoptz.  1. 1, 
mo  letvironò  anche  le  feorze  della  llcffa  Pianta ,  come  accenna  il  Benamati ,  fa- 
cendo  dire  ad  un  Perlonaggio  del  luo  maggior  Poema .  Fitt.  Nav. 

Sovra  Scorze  di  Palma  in  Greche  note 


rwHik.f'O,. 

4- 5* 


Scruto  trovai. 

Anzi  vi  furono  adoprate  anco  le  Icorze  d’ altri  Alberi  :  Tra  quali  il  noRro  Afca- 
nio  Botta,  che  nella  fua  Rurale  gareggiò  felicemente  col  Sannazaro  nell*  Arca¬ 
dia,  fpecificò  gli  Olmi ,  ove  cantò .  pnraUmttr. 

Et  hanno  fritto  ne  la  forza  frale  XU, 

Più  di  mill'  olmiy  Candida  Rurale. 


Epr  ima  haveva  notato. 

E  vò  frivendo  il  tuo  nome  immortale 
In  ogni  verde  forzai 

In  conformità  diche  appreffo  l’ Amaltco  in  un' Ecloga  a  Colmo  Medici  fi  legge . 

viridi  f gnatum  in  cortice  carmen. 

Le  più  ufitate  erano  quelle  Icorzc  lottililfime  che  nella  Tiglia ,  de  in  altri  Alberi  n 

3  quella 


ÌÀ.ibid. 

mttr.X, 


J.B.Amaltl 


( 


AT  0 


Girai.  Ma. 
r%c.  Poti, 
Od.S.y 


i85  M.^iS  E  0  C  0  S^  P  I 

quella  in  ciò  fimili,  irovanfi  tràfl  legno,  e  la  corteccia  grolla  eftctiorc,  e  chia. 

Céffiod.  Mp.  mani!  dà  Latini  LlBRi,y:ome  in  quclto.verlo  d’amica  Mula  (opra  Ninfa  trasfor- 
Paalo  Bottt  ■  il-_„  ,n 

Ctorn.  fp,.  mata  MI  albero-,  .mi  h  i.i.  ■  •  ■  ■...  ...  ^4 

Ttt  Li  «  .  h^TCt  cf*-  i  ' 

L.Lei.A-  '  ,  ^  Cin£fa  r.ep€!ttino  mdlia  membr*  librt\  t  /y/. i'. 

ir*om.v.i9Z  Q^deH^furono  pofehifmate  LIBRI  ancheleraccoltefattcdi  limili  fogli  di  cor- 
tcrcie  :  il  qual  nome  rirnafe  polcia  a  tutte  Je  altre  raccolte  di  lògli  vlòfci'itfl  ,òda 
‘fcriverlijdiqualunquealtra  materiav  E  di’ tali  cortcccie  s’intelc  il  Moikuccij 
ove  notò  Quando,  ufo  »oh  e^a  ^  . 

.  De  le  Cdrté  inveuMt^^  .  , 

ì  Ne  le  fi àrz,e  firivea  Bis  frimierd.  '  ■ 

X  5  Indi  conolciute  qqeJle  feorze  troppo  facili  a  romperli ,  collumorono  di  no^ 
tarelecole  publichp  in  libri  di  piombo,  e  le  private  in  tela  di  lino  ,  è. in  tavole 
lottiliinceratCjlèqualiCodici ,  e  Codicilli  furono  dette  j  c  s’ulavano  fino  a’ 
tempi  d’ Homero,  che  BC  fece  menzione  in  quel  verfo.  c  .•> 

rpu'44f  if  irlrAm  ottvktS  ivn»pS/p*'  iftKKti, 

^ui  firipfìt  in  tabuli  complicata  perniciofa  inulta, 

.  16  Molto  più  commoda  poi  riulci  a  Icriverci  la  Carta:  laqualc?come  nocòil 
Panzifoli ,  traile  il  nome  da  Carta  Città  di  Tiro',  dove  lù  trovato  i’  ufo  di  farla  di 
Papiro ,  che  fù  la  prima  fua  materia .  11  che  da  Varrone  fi  riferi  Ice  all’età  d’ Alel- 
fandro  Magno ,  e  particolarmente  a  quel  tempo,  eh!  egli  di  frelco  have  va  edifica- 
'  to  AlelTandria  d’ Egitto .  Benché  per  moRrarne  l’ invenzione  di  tre  lecoli  più  an¬ 
tica  non  mancano  autorità  gravilfime  contro*Varrone ,  Avvegnaché  Calfio  He¬ 
mina  iScrittoreahtichillìmod’ Annali,  riferiio  da  Piiniò,  lalciò  ferino  eHerfiaf 
^  tempi  luoi  ritrovata  nel  lanicolo  l’ Arca  Sepolcrale  diNuma ,  &  in  clTa  alcuni  Li¬ 
bri  di  carta  papiracea  ì  de’ quali  fecero  poi  menzione  ancora  altri  Storici ,  pur  ci¬ 
taci  da  Plinio,  E  da  Numa  ad  Aledandro  Magno  è  «cola  certa ,  che  vi  Icorlero 
CCCanni.  ^  , 

7  Qual  Pianta  fulTe  il  Papiro,  &  in  che  modo  le  ne  formalTero  le  carte,  nelle 
quali  Ieri  ve  vano  gli  antichi ,  l’ infegnano  TeofraRo ,  c  PJinio .  £  queRi  trà  le  al- 

ht^.  PI.  /.4,  tre  cole  così  ne  Icride.  Papyrum  ergo  nafiittir  in palufiribus  Mgypti  %  aut  quiefieum 
r  5*  ttbus  Nili  aquis ,  ubi  evagatafiagaant  yduo  cubtta  non  excedente  altitudine gurgi» 

Pl.l  1  j.r.i  I  ^  hrachtalis  radicis  obliqua  cr abitudine ,  triangulis  lateribus ^  decem  non  amplius 

cubitorum  longitudine ,  ingracilitatem  faftigiatum  ,  thyrfi  modo  cacumen  includens  , 

Semine  nullo  j  aut  ufue)us  alio , quam  fioris  ad  Deos  coronandos  .Udo  f  a  AcMncììntt. 
re  loggiunle-,  P-raparantup ex eo charta ydivifo acu in pratenues yfid  quamlatifpm 
mas  phtluras .  Sopra  la  qual  deferizzionc  Icriife,  e  publicò  un’  erudicilfimo  Com¬ 
mentano  Melchiorre  GuMlandinoBofuRo,  Profelfore  de’ Semplici  in  Padova, 
Rampato  in  Venezia  per  Antonio  Olmi  1 572, 4,  Al  qual  libro  rimetto  chi  ne  de- 
fidera  notizia  maggiore,  ^ 

8  Supprimendofipoi  là  carta  di  Papiro  da  Tolomeo  Rè  dell’ Egitto,  mà  non 
perciò  andando  quella  totalmente  in  difulo,  come  accenna  la  gentil  Mula  del  no- 
Uro  Cretti,  cantando. 

Ter  me  a  Niliaca  ftetit  ojfìciefa  Papyro, 


11. 


Cefe  anthi 
/>2.  (.  13. 


PI,  t.n. 
r.  1$. 


T  heephr. 


PI-  he,  eie. 


L.  ì.  Neri  ^ 
mton, 

22.  &U2, 
Ehg.iz. 


Et  altrove 


Ter  fumpfit  calamos  dextera  Gnofiacos, 

Niliaca  ferar  infudafe  papyro  \ 


lucceCTe  la  Catta  di  Pelli  d*  animali ,  c  particolarmente  di  Capre ,  e  di  Pecore ,  det¬ 
ta  Pergamena,pcreRerRato,aldirtli  Varrone, trovato  in  Pergamo  Città  dell’ 
Alia  il  itiodo  di  farla  :  quantunque  le  fàvole  ne  riferifeano  l’origine  a  Giove ,  di 

cui 


L  I  BVR  O  rB:%ZOy  lì. 

cui  fcriffe i’crudita:Benoa  d^Pietro  Ercole Beiioi , Hum/mffs d»fff Exìwiì 
n are ’tnoBv.um.  non  ^ifed Iodìs  inventum:  e  ciò  perche,  Gom’eglitjfoggi.tlafen  Leoms/'e?. 
f^ic^uidÀntet  homiiies  Agekatur  i  ihCapr^  laclàtricis  Bppktherìk  fcribelat  4ltito^ 
nKnr.i  E  perche  tffIi-peh4»chramaronfi  da*  Fefncìi,!e  poi  da:gl’Ic>nw  Btbii  ;  tqiiincJkZjSieM»-.  ad 
aenàcqueilnome’Greco.dci  Libro^  bZ/Sa^s ,  eojtie  ài/ verri  Erodoto,  il quakbfà» 
vellando  in  noUra  liOgnjbcon  le  parole  delBojardo,  diceaqucfto  propofito». 

Per  dtiticA  cofifuetudinegl'  Ionii  dicono  Bibli  in  li  taglia  de'  7  enicii  alle- felli. -y  fop-a  alle 
qualk alcuna fiatafcrivevano per  dif agio,  di  papiro  i  cioè  della  CartX  .  che  dk  S^cirpo  L>^  .c.  5. 
Bgi^ano'horajt  compone  :  e  fino  al  prefente.  molti  de'  barbari-  i.n  felle  di  capre\  e  di 
peeore/e-rivon»  ancora .  NèXoIo  fino  a’ tempi  d’ Erodoto ,  mà  hnoa’noftrr  è  du¬ 
rato  I’hTo  della  carta  Pergamena,  il  quale  però  a  poco,  a  poco  fi  và  perdendo!, 
nouiicrivendofi  in  efiafe  non  pochilfimecofe .  11  che  avviene  per  Tincompara^  Mtfcard. 
bile  conunoditi,  &  abbondanza  della  caffta.di  cenci  ,/da  pochi  fecoli  in  quà.pofta  Li.MHf  c.6^ 
in  ufo ,  &  in  molti  luoghi  ridotta  a  tal  perfezzione ,  che  per  iferi  verci ,  e  ftampat- 
ci  dentro  da  uncanto ,  e  dall’  altro  ,non  può  defiderarfi  di  meglio.  .  :  >  . 

^  Credefi  da  taluni  che  quefta  invenzione  fia  fiata  porcata  dalla  Cinada  chi  jdjgc.dt, 
recò  di  là  quella  della  Stampa.  E  per  avventura  non  s’1nganBorno,fabbrican’- 
ucfi  nella  Cina  la  carta  nd  modo  medefimo ,  che  fi  fi  nell’  Europa ,  non  però  di  p andrete 
macchia  di  lino, òdi canepa,com*è la noftra  jmàdi  bambagia  macera,  e  ridotiù  l.  2  ^,12. 
inpaftav  Se  bene  anco  iene  forma  d’ altre  materie:,  fedvendo  G  io  vanni- Gon- 
zalez ,  chele  ne  fàdi  tela  di  canna  j  altri  dicono  del  midollodi  certe  granicanne,  !.. 
chiamate if'4:w^/i!i;altridifeta,& altri d’aitrePiante,t3c Alberi,  come  notali  Pa- 
dre  Barcbli  r  mà  tal  carta  ò  poco  durevole,  e  non  colera  làfccictura ,  eJa  fiampa  fe 
non  da  oh  latò ,  cottiè  fi  vede  ne  glfefenrpi ,  che  n  ■  hà  il  Mufeo  :  in  cui  fi  conferva- 
noLibri,  e  Volumi, Carte, eScrittureèfotichenonfolodellaCina(dicui  v’hà  MofiSttaK 
pDredeU*Inchioftroinformafoda)màderMeflìco,  dell’Etiopia,  dell’Arabia, 
e  d*  altri  paefi  a  noirimotiffimi  :  da*  quali  s' imparano  nove  maniere  di  feri  vere, 
c  d’efprimere  i  fuoi  concetti  ;  e  s’ accerta  che  anco  iomiolte  parti  dell’India,  e  del 
Mondo  Novo  dirò  con  Plinio,  ttfus  rei  t  qudxonflat  immortalitas  homi-  L-ii.c.iiì 

numi  eum  ehart  A  dfu  maxime  humanitas  vita  confiet  i  ét  memoria\  che  anco  Po- 
polid'a  noi  lontanilfimi  hanno  in  pregio  le  Lettere  coofefvatrici  delle  memorie, 
e  principale  argomento  digentilezza  in  quelle  N^ioni,  alle  quali  pur  diamo  del  Fannoxg: 
barbaro.  Sonoquefti  itè.fup.  dt. 

jo  LIBRO  CINESE,  in  foglio  drgrandezza  ordinaria,  di  carta  fottilifiìma, 
ed  altrettanto  candida-,  e  lifcia ,  come  fembra ,  di  bambagia ,  fe  pi ù  tofto  non  fuf- 
fe  di  feta,già  che  non  meno  di  quefta ,  che  di  quella ,  come  teftè  fi  diffe ,  s’ u  fa  cò¬ 
la  di  fabbricare  le  Carte  più  fine.  Vi  fi  contano  L  Vili,  fogli  ,  ò  carte  ,  non  fem- 
plici ,  come  le  noftre ,  mà  doppie , come  quelle  de’  noltri  libri  tagliati  di  fopra ,  e 
di  fotto >  mi  non  nell’ apertura  ;  e  ciò  perche ,  come  pur  motivò>fi ,  tali  carte  non 
fi  ftampano  da  amendue  le  faccie ,  mà  da  una  fola ,  acciò  non  trafpa  jano  i  caratte¬ 
ri  scomefeguirebbe,  per  la  fievolezza  della  materia,  e  per  ladeHcatezza  del  la¬ 
voro  di  tali  carte,  fe  fi  fiampafiero, come  le  noftre,  dall’ una, e  dall’  altra  banda . 

Contiene  la  Vita  di  Noftro  Signor  Gicsu  Chrifto,  &  altre  Hiftor  ie  Sacre ,  cfpref- 
fe  V  li  n  altrettante  figure  in  foglio ,  d’ affai  buon  difegno ,  cavate  da  matrici  di  le¬ 
gno  intagliate  così  gentilmente,  che  fanno  vergogna  a  molti  Rami  macftrevol- 
mente  intagiiatì  nell’  Europa .  Comincia  il  Libro  all’  ufanza  Ebraica,  dalla  parDc 
finiftra,.  Nella  prima  pagina,  che  appreffo  di  noi  farebbe  l’ultima,  vi- fi  vede  fi¬ 
gurata  in  foglio  [piegato  la  Città  di  Gierufalemme,  co’ luoghi  circonvicini  nota¬ 
ti  con  Caratteri  Cinefi,  ognuno  de’ quali  forma  una  parola.  Nella  feconda  v’  hà 
1’  Imagine  del  Salvatore  con  la  delira  alzata  in  atto  di  benedire  il  Mondo ,  figura- 


iS8  M  y  S  E  0  C  &  S  ^  l  A  Ì4  0 

toH  nella  finiftra .  Ne’  quattro  angoli  di  quella  Tavola  vi  furono  figurati  li  quat* 
troEvangclifti.  Le  altre  Tavole, /piegate  parimente  con  caratteri  Cinefi,  dif* 
pofti  non  in  file  tra verfali , come  le  noftre ,  mà  ri ttc ,  cominciando  dal  fommo ,  e 
profcguendo  giù  diritto  verfo  l’ imo  de’ fogli ,  contengono  le  hiftorie  particola¬ 
ridelia  Vita  del  Redentore,  Scaltre  a  quella  concernenti:  collocatecon  tal*  or¬ 
dine  ,  che  arguifce  non  poca  innav  vertenza,  fe  non  più  toRo  ignoranza  in  chi  le¬ 
gò  il  Libro,  trafponendo  molte  figure,  conforme  la  qui  notata  ferie.  III.  Il 
Tempio  di  Salomone,  con  lo  Spofalizio  della  Vergine.  IV.  Annunziazione 
dellamedefima.  V.La  Vifitazioned’Elifabetta,  elaNafcita  del  Battifta.  VI. 
La  Nafcita  de  1  Salvatore .  V li.  La  Circoncifionc .  ilX.  La  Difputa  tra  Dottori . 
IX.Chriflo  tentato  nel  Deferto .  X.  11  BattiRa  predicante .  XI.  Le  Nozze  di  Cana 
Galilea .  XII.  L’Adorazion  de’  Magi .  XIII.  La  Purificazione  di  Maria  Vergine . 
XIV.  Chriftofcacciante  dal  Tempio  chi  compra,  c  chi  vende.  XV.  Lo  ftelTo 
convertente  la  Samaritana.  XVI.  Sanante  la  Figliuola  dell’ Archifìnagogo . 
XVII.Difcorrentc  con  gli  Apoftoli.  XIIX.  LaNavede  gli  Apoftoli sbattuta 
dalla  tempefla, mentre  Chriflo  dorme.  XIX.  Il  Paralitico  rifanato,che  porta 
via  il  fuo  Letticciuolo .  XX,  Chriflo  fupplicato  dal  Centurione  a  rifanarli  il  figli¬ 
uolo  .  XXI.Rifufcitante  il  figliuolo  unico  della  Vedova  di  Naim .  XXIl.Sanante  i 
Ciechi ,  e  li  Storpiati .  XXIII.  Sedente  alla  Menfa  del  Publicano,  con  la  Madda¬ 
lena  pentita ,  c  proRrata  a  fuoi  piedi .  XXIV.  La  Parabola  di  chi  femina  in  varii 
luoghi  condiverfariufeita.  XXV. Il  Miracolo  de’  cinque  Pani.  XXVI.Pic- 
tro prefervato dai fommergerfi ,  mentre  n’è  in  pericolo,  caminando  dietro  a 
Chri Ro  sù  r  acqua  del  Mare .  XX  VII.  La  Fifeina  con  molti  Infermi ,  c  ChriRo, 
che  li  faoa .  XXtlX.  La  Trasfigurazione  del  medefimo .  XXIX.  Il  Padre  di  Fa¬ 
miglia,  che  in  diverfe  hore  del  giorno  manda  gli  Operati  nella  fua  Vigna. 
XXX.  Il  Cieco  nato,  illuminato.  XXXI.  L’Adultera  liberata  nel  punto  d’efler 
lapidata.  XXXll.  Lazarorifufeitato.  XXXIII.  11  Concilio  de  gli  Scribi,  e  Fa- 
rilei, infpirati  da’ Demonii, figurati  fedenti  loro sù’i capo.  XXXIV.  L’ Epulo¬ 
ne  aflìfo  a  lauta  menfa.  XXXV.Lo  Reffo  morto,  e  condannato  all’ Inferno  . 
XXXVl. ChriRo  favellante  con  gli  ApoRoli,  forfì  della  fua  futura PafTione . 
XXXVII.  Sanante  un  Cicco.  XXXIIX.  Montato  sù  la  manfueta  giumenta  ca¬ 
valca  verfo  Gierufaicmme.  XXXJX,  Crocififlo .  XL.  Erode  a  menfa, con  moiri 
cònvitati.  XLl.Giudicio  finale.  XLII. ChriRo  orante  nell’ horto.  XLIII.Pre- 
fo,  elegato.  XLIV.  Lavai  piedi  a’ Difcepoli,  XLV.Fà  l’ultima  Cena.  XLVI. 
Porta  la  Croce  al  Calvario.  XL  VII.  Morto  in  Croce ,  e  ferito  nclCoRato. 
XLIIX. Flagellato.  XLIX. Coronato  di  Spine.  L. Difccfo  all*  Inferno .  LI. 
DepoRo di  Croce .  LII.Riforto  da  morte.  LUI.  Apparfo  alla  Madre .  LIV. 
Affilo  a  tavola  co’  Difcepoli .  L  V.  Afccndc  al  Cielo .  L  VI.  Miffione  dello  Spi- 
ritoSanto.  LVII.  Dormizione  della  B.V.  LlIX.LamedefìraaafrootainCieio, 
eCoronatadi  Gloria. 

1 1  Fù  donato  queRo  Libro  al  Sig.  Marchefe  dal  P.Piecro  SufartI  Forroghefe 
Giefuita  ,e  Procurator  Generale  della  Compagnia  nell’ Indie ,  mentre  hooorò 
con  la  fua  prefenza  il  Mufeo .  Se  mi  fulfi  trovato  prefente  a  quella  vifica ,  come 
fono  Rato  a  tant’  altre ,  haverei  procurato  d* incendere  dal  Padre  medefimo  qual¬ 
che  altra  particolarità  di  qucRo  Libro ,  cioè  da  chi  compoRo ,  &  in  qual  Regno, 
e  Città  della  Cina,  c  quando  fia  flato  Rampato;  c  fefoffcRato  poffibiied’ otte¬ 
nerne  r  interpretazione  de’  Caratteri ,  mi  farebbe  Rata  cara .  Se  bene  ancofenz* 
altra  interpretazione  fe  nc  intende  il  lignificato ,  /piegandolo  a  baRanza  le  figu¬ 
re  del  Libro,  che  fono  un  gran  Comento  di  quelle  Lettere,  portando  loro  molto 
maggiorluce,  di  quella  ne  ricevono.  Oltreché  dalle  medefime  fi  cava,  che  il 

Libro 


L  l  B  yR^Ò  22  Z  0.  CJtPi  tl  143 

Liibroè  Opera  moderna y Dora eil^ndo  gran  j^tcchr  ohe  ia^  Religione  Chriftianiu 
rih'orifcc  nella  Cina .  LàSt/atnpaperònoh  è  invenzione  moderna  in  qMel  vailif* 
limò  imperio  »  effcndovi  Rara  trovara  molto  prima  »  che  1- Europa  ne  haveUe 
cognizione i ■'  \  . 

12  FOOÓETTO  di  CARTA  GINESB,  di  bambagia,  imprclTa  d’ alcuni 
caratteri  Cinefì  rr>Rì .  Serve  d-  invoglio  ad  una  Cadeccina ,  lavorata  pur  nella  Ci¬ 
na:  in  cui  lì  Conferva  un' 

f  3  PASTELLO  d' INCHIOSTRO  CINESE ,  nero ,  anzi  neril5ino( 
dico ,  perche  dal  fudetto  Foglietto  lì  vede ,  che  le  ne  fabbrica  anco  del  rodo  )  di 
figura  quadrata ,  lungo  »  e  groffoquanto  il  dfto  mignolo  d’ un* fiuomo^di 
liatura.  Si  vedono  incffoefpreffidieilieiiioalcuni  caratteri  pur  Cjiuefi*  fignifrr 
canti, le  non  m’ingannoiil>  nome  delT  Artefice, che  lo  formò:  come,  pariwen*» 
re  i  caratteri  Rampati  nella  carta ,  in  cui  Ri  in  volto ,  mi  figuro ,  che  fpiegbino  1q 
Redo.  Perefsere  caleInchioRrodifoRanzaR>da  ,èarsai  più  commodo  del 
Rro  a  portarli  in  viaggio ,  lenza  pericolo ,  che  fi  fpanda»  ò  macchi  qualche cofa. 
Olcrequeflo  v’hà  limilmente  un’  v 

14  ALTRO  PASTELLO  d’ INCHIOSTRO  CINESE,  pur  net»,  fi¬ 

gura  parimente  quadrata,  ma  lunga  :  nella  cui  lupcrficie  furono  figurati  Un  Ser¬ 
pente,  &  un  Ragnacelloal  natnraleydi  rilievo  .  .  V 

1 5  Non  fempre  però  i  PaRelli  di  tale  InchioRro fpno  della  figura  diqucRu 

mà  fovente  d’altra,  e  particolarmente  di  rotonda  >  compecca»  quarcrg  quella  /  j 
de’ paRelli figuraci, e deferitti dal  Mofeardo:  ne’ quali  parimente  eranofcolpi- 
te  imagini  d’ animali ,  e  caratteri  Cinefì.  La  materia  loro , che  dal  Mo/cardo ,  c 
da  cere’ altri  accennati  dal  Vortnio  ,  fù  creduta  terra  bituminofa  ,  per,  relazione  rerm. 
del  Trigautio ,  c  del  Bartoli,  ed’ altri  Scrittori  delle  Cofe  della  Cina,  non  è  altro 
che  una  tal  gomma  rimpaRata  con  fiùnò  d’ olio ,  e  rilecca  in  pani,  che  pigliano  la  j//!dèu’ A- 
figura  della  forma,  ò  matrice,  in  cui  fi  mettono,  nella  quale  antecedentemente  fistUb,  i. 
fono  intagliate  le  imagini  ,  e  caratteri ,  che  poi  apparifeono  di  rilievo  ne’ pani 
medefimi .  E  queRi  fomminiRrano  la  tintura  da  fcrivere ,  fregati  fopra  una  la-; 
ftra  di  pietra  dura ,  e  lifcia.che  ferve  a  Cini  di  caia  ma  jo,  difciojta  che  fia.  ,,ò  con 
fali  va,  ò  con  poche  goccie  d'acqua  la  porzione,  che  vi  lafciano .  Scrivendo 
però  non  adoprano  i  Cinefi ,  come  noi  la  penna ,  ma  béjisìxil  pennellò  :  èquefto 
fatto  con  peli  di  Lepre,  e,  come  nota  il  P.  ^non  guidato  dalle  tre  f  rime  di- 

ta  ,  ma  Tiretto  in  f  ugno  ^  fuorché  dal  dito  mignolo  ,  in  un  p articolar  modo  a  noi 
difaddattijfmo  ^ad effi^  che  vi  fon  deliri ,  mirabilmente  in  acconcio  .  E  incominciano 
a  fcrivere ,  fegue  il  medefimo  ,  come  appunto  gli  Ebrei  t  dalla-  fnijlra  parte  del  fo¬ 
glio  ,  e  non  fanno  le  linee ,  come  noi ,  per  travet  fa. ^  e  coricate ,  ma  ritte  in  pie  profe- 
guendo  dal fomnao ,  donde  cominciano  tgiu  diritto fino  al  Timo  del foglio ,  Dove  pu* 
realpropofitodiqueRi  paftelli  d’inchioftro  egli  foggiunge.  Ne  T inehiofiro ^ 
che  adoprano ,  e  già  liquido ,  e  corrente ,  ma fumo  d  olio.intrifb  con  un  po'  di  gomma 
diflemperata,  e  rifecco  in  panellini  lunghi  un  dito ,  b  circa  i  ottimamente  Tiampati  : 
i  quali,  volendo  fcrivere ,  fregano  su  una  laflra  di  pietra  dura  (che fono  ilor  cala¬ 
mai  )  e  con  poche  gocciole  d’ acqua  infufevi ,  ne  difolvono ,  e  fan  quella  piu ,  b  men 
tinta, che  loro  e  in  grado .  Di  che  non  è  men  notabile  ciò ,  che  lo  Storico  mede- 
fimahaveva  feritto  prima  del  modo  di  leggere, e  di  pronunziare  de’Cinefivf^ 
ramentecuriofo,edaDontra!afcÌ3rfiiaqueRoluogo.  Primieramente ,ò\cT 
i  Cinefi  non  hanno  Alfabeto ,  ne  a  fignificare  in  carta  i  concetti  della  lor  mente ,  acm 
cozzano ,  come  noi ,  lettera  con  lettera ,  fi  che  di piu  infiemé  fie  ne  compongano  fillabe, 
e  parole  ;  ma  ferivano  tutta  d' un  corpo  una  voce  intera  :  per  oche  igni  lor  carattere  « 
b  ,per  meglio  dire,  ci  fera  ,bfignificativa  di  tutta  una  cofa appuntg  tome  le  fig*tr  e  , 

chi 


C.O  S  T  I  À  < 

t-l»gdfÀjlraloghiitgtÌ!Althimi/lÌMdofrAHO  *  fignificare  y  e^ftegU  i  Pianeti  y  et  loro 
affetti  y  i fogni  del  Zodiaco ,  e  i  nodi  E  eclittici  ,  e  quegli  tfttie  f  materie  jcle  operatio¬ 
ni  deli' arte.  Perdo  cjuante  levoci  in  fra  loro  diverfe  y  altrettanti  fono  i  Caratteri 
de’Cinefi:  moltitudine  yCtti  appenav  e  memoria ,  che  haJH  a  comprenderla  y  me», 
fando  il  maggior  numero  d' effi ,  chi  dóie  oltre  a  fefanta  ,  e  chi  preffo  ad  ottanta  mi  la, 
trafemplid  yC  (ompofli  :  e  il  minore  ,  cioè  il  necef ariamente  richitftoall'  ordinario 
leggere ,  eferivere  ,fino  a  dieci  mila .  Non  è  però  che  ogni  tal  cifera  fia  in  tutto  dtjfi- 
nuk  ad  ogni  altra ,  M» fi  cerne,  il  proferire  delle  p  ter  ole  fi  fa  apprejfo  loro  con  almen 
oinèpuc  divtrfi  tuoni ,  e  forfè  altrettanti fpiriti pth ,  ò  men  molli  ,  ed  afpri ,  così  nello 
firiverè  \^»  medefimo  carattere  muta. figni ficato ,  tratteggiandolo  come  richiede  /’  ac  • 
cento  ^ò  la  forala  ,  che  pronuntiandolo  gli  fi  dee .  In  efempio  di  chefuole  aàdurfi  qutfia 
fillnha  y  tho  i  proferita  da  Cinefi  in  ben  dieci  modi ,  che  tutti  fono  parole  diverfe  : 
mòiìi  divi/eremmo  ^  contrafegnandola  con  dijpmili  forme ,  ò  pofiure  d  accenti ,  ò  con 
rltr'e  inventioni  di  note  ,  dafignificare  il  tuono ,  ò  lo  fpirito  ,  che  all'  una  fi  dee  diver» 
f amente  dall'  altra  ,  Perciò  dunque  divengono  sì  multiplicate  y  e  difi  iute  le  cifre  y 
che  ad  ogni  voce  può  appropriarfi  la  fua .  E  ne  fu  inventore,  fecondo  la  memoria ,  che 
m*  ò  frd  Cinefi y  quel  celebratiffimo  Fobì ,  il  quale  altresì  fu  il  primo  ad  inùtolarfi 
Hoantì ,  che  vai  quanto  Imperatore .  Ma  di  cui  eh  ’  ella  f  fcjfe  y  fu  »  non  ha  dubbio^ 
grande  opera ,  e  degnamente  ammirata  da  chiunque  per  una  parte  vede  l' inirtgatijfi  - 
•madoiiììeatione  di  tante  miglia\a  dicifere ,  e  per  P  altra  ne  intende  l' arte  yc  i  mtfleri. 
CoHciofiàche  egli  non  fia  tutto  giuoco  di  penna  moventefi  a  capriccio ,  ma  in  gran  parte 
inventione  yC  lavorio  d' ingegno  y  fors'  anche  piu  fpiritofo ,  che  quello  de'  Geroglifici 
Egitti  ani.  Vero  e  che  al pronuntiare  non  rie  fono  i  Cinefi  tanta  felicemente ,  come  alia 
fcriveret  efiindo  in  effi  troppo  più  fcarfa  U  lingua  per  variare  i  tugni ,  che  Umano  i 
caratteri  ;  e  pure  quelle  più  alte ,  ò  baffe  nate ,  sù  le  quali  una  medefima  fillaba  fi  prò  - 
ferifee  >  fecondo  il  diverfofignificare  eh'  ella  ha  ,  e  quella  dolcezza ,  ò  agreT^a  di  fpU 
rito  y  che  le  s' imprime  y  fovente  e  sì  poco  fenfibile  -,  che  orecchi  troppo  dilic ali  firi~ 
chieggono  a  comprede  •  ne  la  dtfferen^ .  Ma  quel  che  rende  la  lor  lingua  in  gran  ma^ 
mere  equivocai  il  proferirfi  con  un  medefimo  fuono  molti  caratteri  in  figntfic  ari  cne 
dnterfa ,  talché  e  di  mesi  ieri  d’ indovinarne  il  proprio  dal  decor fo  del  ragionare ,  il 
che  non  femp^^epuo  farfi:  onde  etiandio  gli  efper tifimi  nella  lingua  ban  bi fogno  di 
chiedere  a  cht  lor  parla .  che  ferivano  U  tal  voce  ;  e  quegli  il  fanno  difegnandone  la 
figura ,  ò  in  aria  col  dito ,  òsùla  pianta  della  mano  ,ò  a  più  roT^i  t»  terra .  Perciò 
an  he  e  flato  fempre  fra  loro  in  maggior  pregio  lo  f crivere ,  che  il  parlare  ;  e  di  qur 
mid  (imo  ò  nato  il  mandarfi le  ambafeiate  non  a  voce ,  ma  in  carta .  Hanno  anche  uti 
altro  (ingoiar privilegio i caratteri  della  Cina,  e  l' hanno  in  gran  parte  per  quello 
chijneftcdimtfieriofh:  ciò  e  ir, tcnderfi  dalle  altre  Nationi  d'  intorno  a  lei,  come 
ilGi.ipponc  y  ilCoraiy  laCocisuina ,  ilTunchin ,  e  per  fino  anche  Sìan  yCCambogia  , 
oltre  alle  ifiole  più  dappreffo .  E  avegna  che  tutti  quefli  babbi  ano  la  lor  propria favel  • 
la  y  àìf.mtle  yfino  a  non  intenderfi gli  uni  da  gli  altri  (  ciò  che  pur  anche  avviene  d' al¬ 
cune  Provincie  in  corpo  alUCina)  tutti  non  per  tanto  leggono ,l a  fcrittura  Cinefe , 
pronuntiando  uno fiefio  carattere  ciafeuno  diverfamentc in  fina  propria  Lingua  ,  tal. 
che  fe  y  ragionando  ,  gli  uni  fon  Barbari  agli  altri  per  la  diverfita  deH  '  idioma , feri- 
vendo  ,  s  intendono  come  fe  fuffero  d' unamededma patria,  per  la  conformità  de 
caratteri  ^tclla  che  (ì ufo.  nel  favellar  dimelitco  fra  Cinefi,  come  altresì  una  eer. 
ta,  che  può  dtrfì  Forenf ,  e  da  tutti  s' apprende ,  perche  corre  in  ogni  Provincia , 
non  e  la  lingua ,  che fi  adopera  nello  flampare  ;  rna  una  terza  di  (lile  più  Jollevato  ,  e 
maggiormente  eapevolc  d' arie ,  e  di  fenno  ;  concioftachc  h  avendo  i  l  oro  caratteri  far- 
za  dt geroglifici ,  il  faper li  acco^^are  yC farne  componimenti  di  belmifiero ,  c giuoco 
di  grande  Ingegna ,  Tutte  poi  le  ftievoci  (falvo  falleeompofte)  fona  d'  una  filab<i.j 

fola 


LIBRO  T  E  5  Z  0.  CAP.  11.  rji 

f»U  ;  e  le  piu.  vocali ,  ciré fi  veggono  in  alcune  ,fi proferifcono  unite ,  come  i  dittonghi* 
ne  i  nomi  han  declinatione  yC  cafi  y  ne  i  verbi  han  modi  y  e  tempi  y  e  numeri  y  ma  una 
ntedefima  invari  ab  il  voce  .  con  certe  giunte  y  che  le  fi fanno ,  determinate  a  regola  ge* 
ner  ale  y  fi  tr  asforma  nel  cafo  yUel  tempo  ^e  nel  numero  ychefivuole  .  E  di  quelli  Ca¬ 
ratteri  ne  fìgurorno  alcuni  il  Semeda,  Gio.Gonzalez  de  Mendoza ,  &  il  Vormiof 
mà  più  di  tutti  ne  publicòil  dottiflìmo  P.  Chirchcro  nella  lua  china  illuBraia^ 
portandovi  il  difegno ,  e  la  fpiegazionc  di  tutti  i  Caratteri  di  quel  fatnofo  Monu¬ 
mento  Siriaco -Cinefe ,  trovato  nella  Cina,  apprelIoUCittàdi  Siganfu  ì  ^xva.o 
MDCXXV. 

i6  LIBRO  MESSICANOjdi  figura  perfettamente  quadra,d’un  palmo  per 
ogni  verfo .  Non  è  divifo  in  fogli ,  come  i  noftri  libri ,  mà  tutto  d’ un  pezzo }  e 
può  ad  un  tratto  fpiegarfi  in  lunghezza  di  piedi  Geometrici  nove ,  e  mezzo ,  for¬ 
mando  come  una  falcia,  la  quale  poi  fi  raccoglie  in  pieghe  alternate,  e  così 
uguali , che  formano,  tutte  della  medefima  grandezza,  le  pagine:  la  pritna,  c 
l’ultima  delle  quali  fono  citeriormente  foderate  di  carta  pergamena ,  che  ferite 
di  coperta  a  tutto  il  libro ,  quando  è  raccolto .  La  carta  ond’  è  formatò ,  non  è 
molto  bianca ,  mà  così  grolla ,  che  fembra  di  quella ,  che  i  noftri  Librai  chiama¬ 
no  Cartoncino  :  &  ha  la  fuperficie  tutta  veflita  d’ una  tal  colla ,  ò  vernice ,  che  la 
rendecosì  lifeia,  e  facile  allo  fcrivervi,  che  la  fi  parer  pergamena.  Se  fi  piega 
un  poco ,  quella  tal  colla  fi  rompe  ,e  cafea  non  altrimente  che  fe  fuffe  incroltatu- 
ra  fottiliflìma  di  gelfo .  I fogli  fono  commelfi  con  colla  pe'l  lungo ,  &  ognuno  di 
loro  forma  cinque  pagine .  Contiene  quefio  libro  non  altro  che  GEROGLI¬ 
FICI  del  MESSICO,  i  quali  fono  figure  ftravagantiflìme,  e  per  la  maggior 
parte  efprimono  huomini,  dranitUali  ftranamente  moftruofi; 


(ìqua  ejl  alibi  faday  atti  informis  imago  y 
^uam  tulerit  Natura  y  aut  ars  fibi  finxerit  y  aut  mene , 

e  qualche  volta  ancora,  come  direbbe  il  noftro  Lami,  rapprefencano 


Natura  vide. 


Augii  y  che  mai 


Bonom.Bor. 
romtià.  l,  z. 
V.  50. 


£.  4« 


Sono  quelli  Geroglifici  fatture  non  della  Penna ,  mà  del  Pennello ,  che  v*  impie¬ 
gò  gran  di  verfità  di  colori.  Nè  piacque  all*  Autore»  6  diciamo  al  Pittore,  di 
farli  tutti  eguali,  mà  volle  formarne  di  vàrie  grandezze.  Mediocri,  &  eguali 
fono  i  primi  CCCLXIV.  ch’egli  difpofe  da  una 
banda  del  libro  in  altrettanti  compartimenti  qua- 
dri,diftinti  in  cinquantadue  file,a  fette  per  ciafehe- 
dma ,  occupando  otto  pagine .  E  maggiori ,  anzi 
malfimi,  a  proporzione  de’  medefimi ,  riefeono 
.  XVIII. altri  Geroglifici ,  eh’ egli  dipinfe  nelle  cin. 
que  pagine  fulTeguenti ,  a  quattro  per  ciafeheduna, 
fuorché  nella  teza,  che  ne  hà  due  foli,  maggiori  de  gli  altri.  Minori  poi  fono 
quelli,  ch’egli  figurò  ne* compartimenti  marginali  delle  cinque  pagine  Indette 
a  o.to  per  ciafeheduna,  quali  fulfero  (e  forfi  lo  fono)  note  marginali,  òcomen- 
ti  de’ Geroglifici  maggiori.  Vndici altri  Geroglifici  maflìmiegli  formò  dall’al¬ 
tro  lato  del  libro  in  undici  pagine  (che  tante,  e  non  più,  ne  figurò  da  quella 
parte)  difponcndone  uno  per  pagina,  della  grandezza,  e  maniera  dell!  qui 
efprein. 

Nc’ 


^91 


'  S  Ù'&S  P  t  A  N  O 


Ne’  margini  poi  delle  fudc.tte  undici  pagine  egli  fegnò  alcuni  Geroglifici  Mini¬ 
mi,  che  parimente  fembrano  fpiegazione  dc’Gerogiifici 
Mafsimi  ,  a' quali  fanno  corona.  Ad  ognuno  de 'quali 
Geroglifici  Maflìmi  fottofcritti  fi  mirano  alcuni  caratteri 
neri  rotondi,  che fembrano zeri, 
divifiadueadue,riga  per  riga  con 
una  linea  fola;  e  condue,  quando 
fono  ad  uno  ad  uno, come  qui  fi  vede. 

17  Checofafignifichino.nonm’ènotovnc  sòche 
fia  noto  ad  altri  nell’  Europa:  non  havendo  per  anco 
trovato  chi  li  mentovi,  e  ne  dia  lume  alcuno  :  epodo 
dirne  con  l’eruditinìiDO  Vorm^o,  il  quale  nei  fuo  Mu- 


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/r  feopubiicò  ,mà  noT  ifpie?ò  (e  cosi  pure  havevafatto  il  una  Tavola  di 

lAc  IO  dt  Caratteri  HIEROG LTPHICA  MEXICANA,  miris  condantia  ^gurisvario 
tolortcm  genere  dcpicfis ,  ex  quibns  vix  quifpia.ni  quidquam  collegerit .  SÒ  che  s’ ac- 
V-crm.i  4.  cingerebbe  ad  una  beila  ,  c  curiofa  imprela ,  chi  prendede  ad  illuftrare  le  tene* 
bre  di  quelli  mifteni  letttrarii ,  non  per  anco  fpiegati  nell’  Europa  . 

F' 3  3-3  +  berbafi  quelto  fingolaridìmo  libro  in  una  cada  quadrata  di  nobile  artifi. 

zio ,  con  il  coperchio  di  criftallo,  edehdone  li  XVI.  Decembre  del  MDCLXV. 
lltfto  fatto  un  rega'oal  Mufeo  dalla  mano  cortcfcdel  virtuofifsimoSig.  Co.  Va¬ 
lerio  Zani,  Nipote  di  Monfignor  CoftanzoZani  Vefeovo  d’Imola,  e  Riftorato- 
rc  dell’ Accademia  de’ Gelat  (di  cui  ne  raccolfe ,  epublicò  le  Memorie.  &  un 
Volume  di  Pi ofe,  mentre  h’eia  Principe  gli  anni  MDCLXX.c  LXXI.)  il  quale 
donò  poi  al  Mufeo  dell’  Aldrovandi  quella  Verga  di  legno  ,che  vi  fi  vede  con  la 
fuperfizie  rutta  figurata  di  limili  geroglifici  con  particolare  iuduftria  intagliati¬ 
vi  ,  in  ogni  lua  parte  indorata . 

19  VOLVME  di  SCORZA  INTERIORE  d’ ALBERO,  forfidiTiglia, 
fcritto  con  caratteri  Barbari,  di  notabile  antichità  ,  i  quali  però  tengono  qual¬ 
che  fimigiianzaco’ Latini .  Si  diftcnde  a  pochi  palmi ,  mancandoli  il  fine.  Per 
edere  facto  di  quella  materia,  che  diceflìmochiamarfi  da  Latini  propriamente-, 
Liber,  poteva,  con  molco  maggior  ragione,  che  i  nofirali,  chiamarfi . 
Conructociò  non  è  perlui  nome  improprio  quello  di  Volume ^  che  liconviencj 

aliai 


LIBRO  terzo:  CAK  11.  193 

aiTài  più  che  a^noflri  libri  cedendo  egli  non  divifo  in  pagine,  come  quelli,  ma 
turto  d’un  pezzo  »  e  di  condizione  da  confer varfi  non  dilTefo ,  ma  raccolto ,  &  a 
guifa  di  fafcia  ra  vvolto  in  le  medcfimo ,  come  ^vcro  Volume .  E  tali  appunto  era¬ 
no  i  Volami  dé  gli  Antichi",  come  moflrano  mólte  Statue  antiche ,  non  folo  pro¬ 
fane  ,  come  quella  di  M.  Mezzio  Epafrodito ,  Grammatico  Greco ,  &  altre  figli* 
rate  da  Fui  vìo  Orfìni  nel  Libro  int.tolato  Imagines,  C’Elogia  Virorum  illuHrium» 
&  eruditorum  ex  antiqttis  lapidihust  é"  numifmatibus  expreffkicum  Annotationibus, 
che  iiiiìiimf  zio  Roma  y  formis  Antonii  Lafrerii  l'^jo.in  fol.  ma  facre  ancora ,  c 
particolarmente  in  molte  di  quelle  di  Chrillo  medefimo,come  nelle  fcolpite 
anticamente  in  alcuni  Monumenti  Sepolcrali ,  trovati ,  non  è  gran  tempo ,  nella 
Bafilica  Vaticana ,  e  figurati,  c  deferitti  nella  Roma  Sotterranea  del  Padre  Paolo 
Aringhi, Tom. I.Lib. II. cap. X.&feqq.  p.  293. 295. 297. 299. 301. 307.  317. 
321.C423. 

ao  Óve  fogli  di  CARTA  ETIOPICA,  grandicome  la  noflra  Carta 
Reale ,  fatti  di  materia  ai  tatto  così  morbida ,  che  par  feta ,  fc  più  torto  non  è  di 
qualche  Pianta  lanifera.  In  uno  d’eili  vi  fono  fcrittc  fette  lince  di  Caratteri 
Etiopici ,  le  quali  cominciano  nel  fondo  della  carta  a  finirtra,  e  fagliono  al  con¬ 
trario  di  quelle  de’ Cinefi . 

21  VOLVMETTO  di  CARTA  TVRCHESCA  finilfima  ,  e  morbida-^ 
comelanoftra di  Fabriano, lungo fei braccia, elargo,  ò  diciamoalto  non  più 
di  tré  dita,  il  quale  fi  tiene  raccolto  come  una  falcia.  £'  fcritto  in  lingua  Arabi, 
ca;  e  le  lettere  fono  parte  roflc ,  parte  nere, con  miniature  gentili  di  varii  colo¬ 
ri,  Rimargini  tutti  fregiati  d’oro.  Contiene diverfe orazioni  de’Turchi  con¬ 
tro  le  ftreghcrie,  Scaltre  cofe  nocive.  Hanno  in  coftume  i  Turchi  di  portarlo 
addolfo  per  divozione  in  una  canna  d’argento  legata  al  braccio,  e  lo  chiamano 
Bafoan, 

22  Altro  VOLVMETTO,  ù  BREVE  Turchefeo,  di  carta  limile  alla  Per¬ 
gamena  ,  lungo  quattro  braccia,  e  largo  come  il  precedente,  e  contenente  le  me- 
defime  orazioni  in  lingua  Araba ,  non  effendo  permrffo  a’ Turchi  d’ ha  ver  ora¬ 
zioni  ,  e  devozioni  fcrittc  in  altra  lingua ,  che  in  quella  :  la  q uale  appreffo  loro  è 
venerabile,  come  appreffo  di  noi  la  Latina .  Serbafi ,  come  l’ antecedente, attor¬ 
cigliato,  e  ravvolto  in  fe  medefimo  nella  guifa.ché  lo  portano  addoffoi  Turchi. 

23  DIPLOMA  firmato  dal  Sultan  Mecmet. 

24  Altro  DIPLOMA  firmato  dal  Sultan  Ibraira. 

25  PATENTE  perunCapitano,firmatadaungran  Vifir,  chlamataF4r,f. 

26  LETTERA  feruta  da  un' Agà  ad  un  Commandante  d’ una  Fortezza  in 
raccomandazione  d’un  Soldato.  1  Turchi  la  chiamano  Rara. 

27  SCRITTVRA  Turchefea  di  ricognizione  di  Pezze  49.  in  piè  della  quale 
v’èil  ffgnojò  cifra  delKotajo,  &  a  tergo  il  Sigillo  del  Cadi,  cioè  Giudice  dj 
qu  i  luogo  .  Dicefi  Eched. 

28  KICEVVTA  di  pezze  600.  fcritta  in  linguaggio  Turco.  Il  legno,  che 
V*  è  nel  principio,  da  gl’intendenti  dicefi  edere  del  gran  Muftì ,  e  di  fua  propria 
mano .  Il  legno  che  v’  è  nel  piede  è  il  nome  di  chi  ci  fu  per  teftimonio .  Da  Tur¬ 
chi  VICO  detta  Ardeckal. 

29  SALDO,  ò  quietanzagenerale  d* ogni  conto  paffato tra  due  Turchi,  in 
lingua  parimente  Turca,  &  appeììaùTackrer. 

30  VOLVMETTO  Italiano,  di  carta  pecora,  lungo  braccia  due  ,  largo 
quali  tré  deca,  in  uno  de’ fuoi  lati  da  un  capo  ali’ altro  con  parricolar  diligenza 
mimato  di  varii  Geroglifici,  efigure,  ecaratteri  vulgari  formati  con  gentiliflìmi 
fcherzid’ Arabefchi;  1  quala  danno  a  leggere  quefte  parole  Italiane  d’antica 

R  dialetto 


1^4  M  y  S.E  0  COS  PIANO 

dialetto ,  in  rima ,  che  lo  palelano  fatto  per  una  Lettera  A  morofa ,  come  fii  chia¬ 
mato  nell'Indice  delle  Cole  del  Muieo:  Lo  amore  cum  arco^  teifo  il 

core  me  a  ferito ,  demando  ajuto ,  non  trovo  chi  me  lo  dia ,  fc 
non  ti  dolce  fperanza  mia. 

.  V  .  A  Be  gli  Strumemi  Matematici  ^  AUrmmici^  Geometrici* 

■  f  .:>  0  .  'i-  ///, 


Ut  Anim> 
e.  i6. 


Gal.  de  ufu 
pére.  /.  n. 
Ovtd.l-  I. 
Met.  V,  S4> 


Epiced.  £• 
ms.  10. 57» 


Od.jp<i.i.^ 


ì  Q  E  nell’  Huomo,  che ,  per  la  perfezzione  deli’  Anima  fua  difeorlìva ,  &  im- 
O  mortale,  e  per  la  fimiglianza,  ch’ella  tiene  con  Dio,folo  tra  tutti  gii  Ani. 
tnalj  merita  il  titolo  di  divino:  l' haver  dalla  Natura  fortito  llngolarità  di  figura 
diritta  ,  e  vergente  alla  parte  celefte  deir  Vniverfo,  come  che  (vj. procerum  ani^ 
mal,  óitìe  Calfiodoro,  ef  tn  effigiem  pulcherrima  fpecnlationis  ere£lum ,  fervo 
d’ indicio ch’egliècreato per  loCielo,  come  giudicò  il  grande  Anallagora,e 
con  elio  non  picciul  numero  d'altri  Saggi,!  quali  in  ciò  videro  meglio  dell'  Efeu- 
lapio  di  Pergamo.:  e  l’ accennò  il  Poeta  Sulmonefe,  dell’ Eterno  Fabbro  can¬ 
tando.  Fronaqtte  cum  ffipeSlent  ammalia  cetera  terram  ^ 

Os  homini  fublime  dedit  calumque  videre 
,  luffiit ,  (ffi,  erciios  ad  fiderà  tollere  vultus  , 

Onde  il  Melico  Battifta,  ad  Èva  piangente  nella  morte  d’Adamo,  pofe  sù  la 

lingua  quelle  parole.  ^ 

Ver  fio  la  hafia  terra  in  gtu  rivolto 
Il  Popolo  ferino  il  ceffo  impetra  : 

Eretto  verjo  I'  Etra  era  il  tuo  volto 
Perihe  fempre  s' ergeffe  inverfo  I'  Etra, 

Et  il  Cavalier  Gio.  Battilla  Teodoro ,  uno  de’  più  foavi  Cigni  del  Sebeto ,  anzi 
il  Pindaro  di  Partenope ,  fopra  ciò  altamente  Filofofando  potè  lame  le  rifleflio» 
ni  (piegate  in  quelli  Icggiadrilfìmi  carmi . 

pur  vide  il  Mondo  infante 

Con  fomma  indultria.  Onnipotente  Mano 
Scolpir  nel  grembo  fuo  Statue  viventi'. 

Mercando  fol  fra  tante 
Senfibili  Scolture,  il  Volto  humano 
.  Del  del  contemplatori  ,  Occhi  eminenti  i 

Teflimonii  lucenti 

Del  nofiro  alto  Intelletto,  hor  che  pub  fola 
Su  gli  homeri  d'  un  guardo,  irfene  a  volo  ', 

^  •  Ida  preterifea  homai 

Del  fuo  centro  i  confini,  e  tanto  in  alto 

Poggi  peregrinando  tl  penfier  mio, 

che  incenerito  a'  rai 

Del  vero  Sol,  precipitofo  un  falto 

Di  la  pofeia  il  conduca  al  fuol  natiOi 

E  vegga  al  fin,  che  Trio 

Die  con  metodi  egregi ,  e  pellegrini, 

l_Ad  un  volto  mortai,  vanti  divini. 


eh'  efftr  non  ponno  ignoti. 

Mentre  del  del  difvelano  la  luce, 
•^ei  dì  fiuti  venuHà  miJlici  traggi'. 


CI'  In- 


LIBRO  TERZO,  CAlPi  III 

Gl’  Intelletti  idioti i 

cui  talor  fol  l  *  Ignoranza  e  Duce , 

La  lor  guida  in  feguir^  divengo n  faggi \ 

Virtuofi  f  affiggi 

Fanno  in  mirar  quelle  fembianzct  e  quefie. 

Da  la  Beltà  terrena  a  la  celeBe , 

»  Fù  ben  ragioae  che  l’ Ingegno  humano ,  non  trovando  tra  gli  oggetti  vili- 
bili  il  più  degno  d’ effere mirato ,  &  ammirato ,  di  quei  Mondo  fuperiore  (  che ,  ò 
di  giorno  vi  palleggi  il  Sole,  teftimonio  il  più  chiaro  dell’ infinito  fplebdorcdi 
chi  diè  r  edere  al  rutto  ròdi  notte  vi  danzino  le  Stelle ,  ritratti  vivacilììmi  di  quel 
Monarca  della  Luce  ;  fempre  è  un  Teatro  di  maraviglie,  come  il  più  ampio ,  co¬ 
sì  il  più  maellofo,  che  la  magnificenza  d’un  Dio  habbia  aperto  in  faccia  dell* 
huomo,  per  allettarlo  a  fpaziarvi  colla  mente,  econofeervi,  e  bramarvi  ilfuo 
fine  beato  )  rapito  dalla  fovrana  bellezza  di  quello,  s’ergeflfe  a  contemplarlo  con 
attenzione  sì  fida,  che  poteCfecontarvi  più  miracoli, che  individui.  Per  lapin 
accertata  cognizione  de’ quali  fù  poi  necellario,  eh'  ei  s’inventaife  que’  varii 
ftruraenti ,  co’  quali ,  quafi  dando  una  (calata  al  Cielo ,  ei  giunfe  a  comprendere 
le  fmi/urate  ampiezze ,  e  diftanze ,  e  le  particolarità  de’  moti  bizzarri  di  que’  va- 
fi:  tifimi  corpi  :  &  a  conofeere  evidentemente,  che  di  loro  ninno  ve  nehà,  che 
per  pluralità  di  perfezzioni ,  chiaramente  atteftanti  la  divinità  dell’  Artefice,  non 
cagioni  multiplicità  di  ftupori  ;  ò  fia  eonfiderato  folitariamente,  come  fter- 
minato  nella  grandezza,  c  fiafi  pure  una  ftella  anco  minima;  come  incorrotto 
nella  foilanza  ;  come  limpido  nella  chiarezza;  come  vario ,  ma  fempre  regolato 
ne’  moti  :  ò  unitamente ,  come  nella  bizzaria  della  propria  natura,  differente ,  e 
pur  fempre  proporzionato  a  tutti  gli  altri  ;  come  cofpirante  alla  foa  vita  dell’  ar¬ 
monia  ,  che  dalla  Mufica  regolatezza  di  tutte  quelle  machìne  immenfe ,  e  conti¬ 
nenti ,  e  contenute ,  rifulta  ;  e  come  pronto  con  cife  al  prò  del  Mondo  inferiore , 
quautunquecgli nonfiacheunpuntoal  loro  paragone.  Quindi.confefTa  cotu 
Manilio,  che 

Haudquaquam  in .  tanta  magis  efi  mirabile  mole , 

^jiàm  ratio,  &  certis  quod  legibus  omnia  f arent: 

Nufquam  turba  nocet,  nthil  bis  in  pdrtibus  errat. 

3  Così  gode  di  quella  perfettiifima  Mufica ,  che  ode  con  gli  occhi ,  e  diftin- 
gue  col  penfiero,  che  giunge  anco  ove  gli  occhi  nonponno,  e  colà  sù  meglio 
che  altrove  fi  di  porta;  onde  potè  dirne  quel  Poeta. 

De  gli  A  Bri,  allbor ,  che  tace. 

Sa  con  gli  occhi  afioltar  l’  alta  armonia', 

E  per  r  Eterea  via 

Stampar  con  pie  di  gloria  orme  di  pace. 
Ecoriqueft’alifollevatodigranlungafopra  gli  Elementi,  fupplifce  al  difetto 
del  l’ udito,  che  non  giunge  a  difeernere  il  (onoro  di  que’  foavslsimi  numeri;  ò  fia 
per  la  foverchia  lontananza ,  come  vollero  Pitagora ,  e  Piatone ,  mfegnando  che 
le  fpezie  di  quel  delicatilfimo  fuonoal  tocco  de  gli  Elementi  fva  n  ileo  no  ;  ò  per¬ 
che  egli. è  Itordito  dallo  ftrepi  o  della  Terra,  come  giudicò  quel  Poeta, che  dille . 

Muto  non  e,  come  altri  crede,  il  Cielo; 
sordi  fìam  noi,  a  cui  gli  orecchi  ferra 
Lo  flrepito  infoiente  de  la  Terra, 

Tra  le  cui  diffbnanze  invan  s'  afpira 
/’  armonia  de  la  celefte  Lir a, 
che  fi  tocca  per  man  del  Dio  di  Deio, 

R  a  -  .  èforff 


Plut.  l.  de 
Mafie. 

Macrob.l,^ 
de  Som», 
Scip.  c.  l. 


L-uAfiren, 


T  eedor.Od, 

22. 4. 


\M  F  5  E  0  (:  0  S  P  ì  A  n  0 

òforfi,comcpcnfa  Filone  citato  in  quello  proposto  «neo  dal  Battoli,  perche 
SàrtÀnop.  Dio,rilerbandoci  amigiiortempoilguftodiMolicasìloavcrCihacoii  piovi- 
mo  di  ktt^  denza  particolare  ftempraci  per  ella  gli  orecchi ,  acciòehc  quell’  armonia  non  ci 
re  »  li.  *  rapine  m  un’ellafi  continua, che  ci  rcndeffe  dimenticati  di  tutti  gii  affari  della  vita, 
c  di  noi  medefimi .  Quelli  lono  i  di  lui  lentimenti ,  Ceelum perpetuo  concentu  fuo- 
rum  motuum  reddit  h armoni unt  fuavtfsimamy  qu^fipojfet  ad  nodras  aures  perueni- 
re ,  in  nobis  exeitjiret  infanos  fuos  amores ,  &  defideria ,  quibus  Jtimulati ,  rerum  ad 
H;iciuyn  neceJs^ariarumoblivifceremur  ^non pajìi  cibo  ■ypotuque  ^  J ed  velut  immorp*. 
litate  candidati , 

4  Mà  giunta  a  quelle  cognizioni ,  che  non  fantallicò  la  mente  dell’  huomo  ? 
Come  le  luffe  poco  il  bear  gli  occhi  cllerni ,  ed  interni  colla  vt  dura ,  c  conlìdera- 
zione  d’ Oggetti  sì  aiti ,  che  dovrebbono  ra vvifarlì  per  quella  >  che  il  nollro  Ce¬ 
lare  Porta  chiamò 

Scala  ,  per  cui  fi  faglia  al  Fabro  eterno . 
pensò  a  confolarne  anco  la  mano,  col  loggcttarlc,compendiatain  picciolo  Glo» 
bo,  rimmenlità  di  quelle  sfere  lovrane .  Il  che  tanto  felicemente  riulci  ad  Archi- 
L.i.deNat.  mede  in  quel  fuofainolìifimo  Cielo  di  vetro,  che,  come  avvertì  Cicerone, fù 
Deor.  giudicata  più induUriolal’ Arte lua nel rapprefentare  i  moti  delle  sfere,  chela 
Mneé  Natura  rnedefima  nell’ illituirli:  onde  Claudiano  hebbe  a  cantarne, 
rote.  14.25  J/uppiter  in  parvo  cum  cerneret  athera  vitro 

Fift,  &  ad  fuperos  talia  di  FI  a  dedite 
tluccine  mortalis  progrejfa  potentia  curai 
lam  meus  in  fr^^ili  luditur  orbe  labor, 
lura  Poli,  rerumque  fidem,  legefque  Deorum 
Ecce  Syracufius  tranliulit  arte  fenex . 

*  ■  Ine  lupus  variis  famulatur  fpiritus  afiris , 

Et  vivum  certis  motibus  urget  opus. 

Percurrit  propriam  mentitus  fignifer  annum , 

Et  fimulata  novo  Cynthia  menfe  redit , 
j  ’  lamque  fuum  volvens  audax  indujlria  Mundàm 

Gaudet  i  humana  fiderà  mente  rxgit, 

^jiid  falfo  infontem  tonitru  Salmonea  miror? 

Mmula  Natura  parva  reperta  manus. 
dc*  quali  verfi  ne  porta  bella  Parafrali  il  Cavalier  Marini  nella  fua  Galeria 
5  Non  però  folamenre  ad  Archimede  lì  devono  limili  encomii,  perche  furo¬ 
no  meritaci  anco  da  Polìdonio ,  il  quale  lìmdmente . 

»"  —  *''■'*«  <—  /’  Etera  acceift 
in  picciol  Orbe ,  e  volfe 
^jiafi  a  I'  Immènfita  far  violen'pa. 

Ed!  quella  lua  Sfera  là  gloriola  menzione  Cicerone,  che  infienie  chiama  fuo 
famigliare  il  di  lei  Autore  ,  Icrivcndonc  :  ^bd fi  in  Scythiam,  aut  in  Britan. 
Dz.ieNau  niam  ,Spharam  aliquis  tuleriì ,  hanc  .quamnuper  familiaris  nofier  efiècit  Pofido- 
nius ,  cu]us pnguU  converfiones idemepjìciunt  in  Sole,  0“  in  Luna ,  tjr  in  quinquefiel- 
l  lis  errantibus ,  quod  efficitur  in  caelo finguiis  diebus  ,  0“  noli  ibus  :  quis  in  illa  bar. 
bariedubitit  quin  eaSpharafit  profezia  ratione  ?  Ai  z:  mirabilmente  s’addactano 
quelli  Elogii  a’  meriti  di  Gì  amiti  10  Torriani ,  nollro  Crcmonele  :  la  divinità  del 
Vida,  Ac.ìl  cui  ingegno,  tuttoché  fenza  ornamento  di  lettere  ,  g'unfc  non  che  ad  emulare,  a 
alv.pó^teà  l’ UDO ,  c  l’ altro  di  que’ Valcnthuomini ,  elprimendo  in  una  Sfeia,  che 

on  comrov.  egli  fabricò  per  la  Maellà  di  Carlo  V.  non  lolo  i  moti  de’  lette  Pianeti,  e  loro 
Sfere,  come  Polìdonio  5  &  iduc  ordinarii  del  primo,  c  fecondo  mobile,  come 

credili 


Thtodir. 
Potf,  Od.Z4 
ZI. 


L  l  rB  R  0  TB  T^^ZO.  CAP.ilL  197 

credefi  facete  Aichiitìede  :  ma  di  vantaggio  quello  ancora,  che  da  gli  Artrono» 
mi ,  di  Trepidazione s’ appella  :  offervaco  prima  àzThebith  Arabo,  che  fiorì  cir¬ 
ca  gli  anni  del  Signore  CCLXX.  la  qual’ Opera,  come  quella  d’ Archimede  da 
Claudiano,  così  fù  celebrata  da  Annibale  Crueejo,  gentiliflìmo  Poeta  Milaneìe , 
Hactenus  immenfi Jolus  Regnator  Olympi, 

^ui  regeret  certis  legibus  aìlra fuit . 

At  nunc  lanelli  miro  ingenioque ,  manu  que  y 
^ux  regat  ipfe  fua  fiderà  Cafar  habet . 
t^onam  igitur  tandem  dignum  fiatuemus  honore 
Tct  lancile  j  Deum  qui  facis  ex  hominei 
E  d^efPacon  più  ragione,  che  di  quella  d’ Archimede  poteva  codchiudere  il  Ca* 
valicr  Teodoro . 

Che  pofia  ardir  terreno  ^ 

Per  efigger  qui  giù  divini  vanti 
Spiar  gli  Orbi  dellanti^ 

Sormontando  eoi  guardo  il  Ctel  ferent , 

É  gloria  accidentale 

D  '  Alma  fpecolativa  ,  al  cui  talento 

Studiofo  ardimento 

Con  maral  maelf  ria  fabrica  l  *  ale  : 

Ma  r  che  con  pregio  eguale 

chiuda  in  un  picchi  Globo  il  Cielo  intero  ^ 

*’  i^efio  a  pena  il  capifee  human  penfiero , 

6  Ma  fe  la  Matematica  in  così  brevi  giri  puotenltringerela  vaftitàdel  Mon¬ 
do  Celeftc,  non  meno  ingegnofa  1’ Aftronomia  feppe  racchiuderlo  in  un  fo¬ 
glio:  come  altresì  con  non  diflìmiie  indufiria  la  Cosmografia  prefe  arappre- 
ifentare  accorciata  nella  fuperfizìe  d’un  Glóbd  portatile  tutta  reftenfione  del 
Mondo  Terracqueo.  Di  che  non  mancano  efempi  nel  Mufeo,  dove  ponno 
vederli 

7  GLOBO  CELESTE,  di  mediocre  grandezza,  rapprefentanre  tutte  le  fi¬ 
gure  Aftronomichc,  coaofciute  nel  fine  del  Secolo  pallato,  col  numero,  e  fiti 
delle  rtelle ,  che  le  compongono .  Egli  è  gentilmente  miniato .  Fù  polledutó  da 
Girolamo  Boncómpagni ,  Nipote  di  Gregorio  Dccimoccrzo  :  il  quale, fludiofo 
delle  cole  cciefti ,  non  di  rado . 

Del  Ci'èt  pei  la  natura 

ìnvedigando ,  ai  fuo  talento  ojfria  ■ 

D'  A Hronomica  idea  Globi  rotanti . 

và  per  tanto  del  diluì  N  >mc  fcgnalaca,  h^^cadoviCi  ld»Jlrifs,Demini  ffierony» 
mi  de  Boncompagnis  ,  ,  •  " 

8  GLOBO  TERRESTRE,  Suo  compagno,  fimilmente  miniato,  in  cui 

L'  Arte  A  cento  PrevinctCt  a  cento  Regni 
Poco  [paT^o  comparte  f 

•  Confinando  tn  un  foglio  il  Mondo  intero , 

Porta  l*Ifcrizz.onc  Ad Sérenifsimum Emanuelém Philibertùfn Sabaudienfiumi  & 
Subalpinorum  Ducem .  Della  quale  Opera ,  pt'r  l’ùtilità  dclTufo ,  può  ben  dirie- 
nc  coti  A  effandro  Magno,  apprelTo  Teruditiflìmo  Ghibbclio  nel  faggio  della 
Tragedia  di  quel  nome,  inferito  nel  libro  de* fuòi  Epodi  Ode XX. 

— —  -  i—r  111  wm'  Orèis  'dngufii  plagas 
Peragrdre  vel  fic  fi£liU  in  sphera  yiiiat,  ^  • 
effendo  veramente  cola  molto  guftofa  il  peregrinare  lenza  fatica  per  tutto  il 

-  o  R  j  Mondo 


Od>24.z2r 


Teoi.  Od. 

IO.  13. 


Alef.Gnit^ 

Od.f.U 


M  y  s  £  0  f05P/^N0 


fréni  SeU. 
I».  Coflanr. 

l»  Il 91* 


Ho%ltàì  P.l 
àtf.  ult, 
Ì>-455 


Mondo foprai  •—  — Libri,  e  Carte 

o/  mojìrar  di  continuo  il  feto  pronti 
De  la  T erra  habitata  in  ogni  parte 
Bove  fian  Mari,  e  Fiumi,  e  Valli,  e  Monti, 

9  TAVOLA  GEOGRAFICA  Cinele»  con  la  Topogiafìa  della  Citta,  C 
Territorio  di  Gerufalemnjc,  e  luoghi  circonvicini,  ftampata  nella  Cina  con 
caratteri  di  quella  lingua ,  e  premella  al  Libro  Cincfe  lopradelcritto . 

10  DueTavoledi  COSMOGRAFIA  MARITIMA ,  di  qualche  antichità» 
le  quali,  perche  più,  che  ad  altro,  lervono  alla  Nautica,  ciàglilirumcntidi 
queir  Arte  fi  defcriveranno  più  clattamente . 

11  De  gli  ftrumcnti  poi ,  che  per  le  milure  del  l’ uno,  e  dell*  altro  Mondo ,  Su¬ 
pcriore  ,  &  Inferiore,  potino  fcrvire,  lomminiltrati  parte  dall’ Yranomettia, 
parte  dalla  Geometria ,  vififcorgonoiludegucnti  . 

1 2  GLOBO,  che  moftra  il  moto  del  Sole  per  tutti  i  Segni  dei  Zodiaco,  e  la  ra¬ 
gione  deli’ aumento, edecrementode’giorni.  Egli  èd’un  palmo  di  diametro. 

ASTROLABIO  di  qualche  antichità.  Di  quello  llrumento,  fecondo 
Giovanni  Stradano,  che  Rampò  in  rame  XX.  Figure  d’invenzioni  moderne  fù 
Inventore  Americo  Vtfpucci,  notandone  quegli , 

Lyimericus  Vefpuccius  cum  (fuatttor 
Stellis  Crucem  fij.eitte  mèle  reperii . 

Qucfto.però  del  Mufeo  mi  pare  più  antico  dei  Vclpucci, , E  quando  anche  non 
fuiie,midòacredereco!Lancellocti,chcloStraiano  non  dica  vero,  leggen¬ 
doli  Afirolabii ad F ao»ium,\xci  Rag  onamento  Latino  di  Cinefio  Velcovo 

di  Cirene, nei  f  omo  ili.  del. a  Libreria  de’  Santi  Padri, Icritto  poco  meno  u’un- 
dicilecoli  fa  :  &  m  oltre  v’è  un*  opera  di  Gregorio  Niceforo ,  che  vide  intorno 
al  MCCLXXiV.  intitolata  , 

.  14  QVADRANTE  TRIGONOMETRICO,  antichilTimo ,  di  legno,  con 

due  circoli  altimetri ,  e  le  fue  Regoled’  Ottone . 

15  QVADRANTE  PLANIMETRICO  Horizontale, fimilmentedi  legno, 

ed’ eguale  antichita,con  il  Circolo  altimetro  ,'0  le  Regole,  e  luoi  guermmenti 
d’ottone.  , 

16  QVADRANTE  ALTÌMETRO,  pure  di  legno. 

17  Due  QVADRANTI  ALTIMETRI  d  ottone  j  l’uno  maggiore,  l’altro 
minoie . 


18  CIRCOLO  PLANIMETRICO  Horizontale,  d  ’  ottone. 

'  19  Due  ANNELLI  ASTRONOMICI  del  Driandro,  fabricati  dello ftef- 

fo  metallo,  ma  di  llrutrura  differenti.  Deli’ulo  de’  quali,!’ Au  ore  nclcrillo 
Un’intiero  V^olumc, che  può  vederli.  , 

20  Quattro  SQVADRE  diverfe,  pur  d’ottone. 

Due  CIRCOLI  ALTIMETRI,  difimiL- materia i  ditferenri, 

22  LINEA,  ò  RIGA  PANTOmETRA,  lunga  più  d’un  braccio, 

23  libella.  òfiaARCHIPENZOLO. 

24  Compasso  ujaggiore,  dHG^ideo,  con  Peftremità quadre. 

M.  ,25  COiMPASSO  minore,  delio ftello, con  le  punte  adunche.  L’uno^  e  l’al¬ 
tro  ,  degOtifimo  del  luo  Inventore  ,  &  altreranto.aggiuftato  ijlle  mdure  dt’.v  leli, 
non  però  dell’Empireo,  di  cui  ioccfe.M joiignor  Toido  Coltaiicmi ,  quauUo 
cantò  nel  luo  Giudizio  Eilremo  .  ,,  .1  ;  j 

.  Veramente,  le  Sefte ,  onde  mifii'S'a  .  . 

Cnuhplt,  t,  cielo  i  corfi  il  noflro  cono  ingegno  , 

I  ,  •  ;  ,  Errano  fpehfo ,  che  non  tien  Natura 

>  Strumento  a  compajlar  L'- eterno  Regno,  16  COM- 


LIBRO  T  n  \  Z  0,  C  AP,  III 

26  COMPASSO  LARGO,  nella  cui  congiunzione,  è  centro  vi  è  una  Bof- 
^oletca  da  Calamita,  con  la  Ruota  de’  Venti  :  (  onde  può  fervire  anco  alla 
Nautica  )  e  nel  Circolo  efpreflivi  i  nomi  de’  Meli:  con  la  railura  d’ un  palmo  Ro¬ 
mano  ,  c  lue  parti ,  da  un  lato,  e  dali’aitro  quella  d*  un  mezo  braccio  Fiorentino  « 
E'  manifattura  di  chi  v’  intagliò  nel  centro ,  dalla  parte  oppofta  al  Circolo  fudel- 
to  L*(trentitts  Cumilli  Vulpxriót  F lorentinits  MDXLIX. 

27  CIRCOLO  d’ ottone  per  conofeerei  Venti:  onde  può  fervirc  anche  df 
ftrumento  Nautico . 

28  EFEMERIOE  SOLARE,  d’ottone.  Hà  dall* altro  canto iìgurato  un.» 
Circolo  pure  de’  Venti. 

29  COLTELLO,  che  aprendoli  in  due  parti  forma  un  bcIliflìtnoCompalTo, 
nel  cui  fondo  v’  è  intagliata  l’ Arma  de’  Medici ,  per  farlo  lervire  anco  di  Sigillo . 

30  Diverlì  altri  pezzi  di  Strumenti  Matematicii  i  quali  tutti>con  li  fopra  men¬ 
tovati  (  trattine  i  due  primi  Globi  )  &  altre  cole  del  Muleo ,  lono  ufeiti  dalla  Cafa 
de’ Medici ,  del  Ramo  di  Leone  XI.  di  cui  fù  Pronipote  Coftanza  de’  Medici, 
Madre  del  S  gnor  Marchefe  Colpi.  Oltre  quelli  v’hà  pure  una 

31  SQVADRA  ZOPPA.  Così  chiamano  i  ProfelTori  uno  Strumento  piani¬ 
metrico  horizontale,  d’ ottone ,  di  figura  quadrato ,  di  diametro  bipalmare,  che 
ferve  per  mifurare  le  altezze, eie  piante  de  gli  edifizii.  Fù  donato  al  Sig.  Mar- 
chele  Ferdinando  nel  fuo  ultimo  Confalonierato  del  1 673.  dal  Sig.  Camillo Sa- 
ceoti,  publico  Geometra,  &  Ingegnerò  dì  quello  Illullrilfimo  Senato. 

32  Tré  GLOBI  d’ottone ,  tutti  traforati , due  maggiori  (de’ quali  uno  è  la¬ 
vorato  alla  Zimina ,  el’altrofchietto)  &  il  terzo  minore:  contenenti  ciafehe- 
duno  una  Lucerna  da  olio  in  tanti  Circoli, equilibrata  in  maniera,che quelle  sfe¬ 
re  ponno  girarli  per  ogni  verfo^,  e  fopra  quaifivoglia  piano ,  fenza  che  li  fpanda 
l’ olio,  ò  s’ellingua  il  lume  r^cchiufovi.  Di  quelle  le  nefàpur  menzione  tra  le 
Lucerne  antiche, alnum.  22. 

33  Otto  GLOBI  di  Crillallo,  dorati,  di  più  d’ un  palmo  di  diametro,  folle- 
nutidaloro  Piedellalli, nobili  ,>quaQtunque di  legno, peri’ artifizio,  ch’c  lingo- 
lare ,  e  per  l’ oro  »  che  in  tutta  la  fuperfizie  loro  rilplende ,  non  altrimente ,  che  iti 
quella  de’Globi  medelimi.  Sonodifpolli  in  modo,  che  recano  particolare  orna¬ 
mento  ,  anzi  accrefeono  fallo  alla  fuperbia  del  Corniciotto,  che  ferve  di  maello- 
fa  corona  a  gli  Scaffali  del  Mufeo  :  nella  cui  falcia  fi  legge  a  gran  caratteri  d’oro 
efureffa  quella  Ifcnzzione, 

‘ervdita  haec  artis.et  natvrje  machinamenta  ab  excu 

T  AND  AM  ANT  IMITATIS  MEMORIAM,  FERDINANDVS  E^ES, 
BATLIEVS  ARETIIy  MARCHIO  FETRIOLI,  SENATORIE  BE  COS- 
PIS,  SFPERANDM  BICAPIT  IMMORTALITATI  A,  B.  MBCLVIII. 
ET  HAEC  MISCELLANEA  PEREGRINA  SVPERABBPTA  MBCLXII. 

34  GLOBO,  ò  PALLA  di  millura  di  varie  cole  fufe. 

35  Alla  Matematica  appartengono  anco  gli  HORIVOLI,  de’ quali  per  ef- 
(ervene  copia  nel  Mufeo ,  le  ne  favella  feparatamente  nel  Capo  leguente . 

I 

Be  gli  Horiuoli,  Cxp.  IV.  :  i 

I  Henaturalmente  fi  polla  rendere  vifibijecofa, che  per  natura  fiainvilìbi- 

lei,  pare  che  iralcendai  limiti  del  credibile.  E  pure  egli  ètutt’altrocbe 
paradoifo .  L’ Ingegno  humano ,  che  sà  farli  Rrada  per  tutto,  hi  faputo  trcKvarnc 
li  modo  :  e  l’ Arte  da  lui  inventata  ne  pratica  in  varie  guife  gliclempi  ne  gli  Ho- 
riuoU,  facendo  in  elfi confelfar  quella  verità  alle  lingue,  quantunque  mute,  e 

^  predi» 


Pótf.Oà. 

SI»  J» 


Li.  f.j6 


tlJ.ì.c.  S. 


Od.  2«.  15, 


£>.S>ictir.g, 

Ut, 


ISO  M  y  s  E  0‘  e  0  S  P  l  A  N  0 

predicarne  h  chiarezza  fino  all’  ombre  :  mentre  con  l’ indizio  di  quelle  in  alcu¬ 
ni ,  e  di  quelle  in  altri  »  dà  a  vedere  il  Tempo ,  che  per  altro  è  invifibile,  d’ bora  in 
bora  fparico,  e  toccarne  con  mano  ad  una  ad  una  le  fue  parti  notomizace  a  minu* 
to,  anzi  a  minuti,  e  feconde»  momenti,  ed  attorni,  come  ne  gli  Horologipiù  \ 
cfatti  per  le  offervazioniAftronomiche più  moderne:  ne’ quali,  meglio, che  al¬ 
trove,  come  direbbe  il  Cavalier  Gio. Battila  Teodoro,  loavilfimo  Cigno  di 
Partcnopc. 

li  Tempo  a.  gli  occhi  ignoto 

Dei  fuo  corfo  immortai  mifitra  il  motè  , 

2  La  Città  di  Babilonia,  quantunque  porti  nel  nome  la  confufione,  fù  la  Mae- 
lira  »  che  infegnò  a  dividere  il  giorno  in  bore ,  mentre  i  fuoi  Cittadini  ne  preferif- 
fero  la  regola  col  Gnomone  da  elfi  inventato,  come  nota  Erodoto ,  il  Padre  della 
Greca  Iltoria ,  Il  che  è  fama,  che  fucccdelle  i n  un  mezo  Cilindro  cavo,  ò  lia  Con¬ 
ca  femicircolare ,  diQinta  con  lince  in  proporzionata  dillanza  difegnate  :  nella^ 
quale,  col  mezo  di  uno  Itilo  di  ferro  oppolto  a’ raggi  Solari,  in  modo ,  che 
l’ ombra cadellefopra  i  legni  notativi,  fì  dimodrava  la  quantità  delle  bore  già 
feorfe:  e  ciò,  che  nel  quarto  Cielo  tien  fecreta  laluce,  ad  un  mutolo  raggio 
d’ ombra  fi  facea  dire ,  con  maraviglia  del  Sole  medefimo  ,che  Itupiva  di  vederli 
prefo  in  unarete  di  poche  righe , 

3  Da’ Babilonii  l’apprcferoi  Greci,!  quali  tal  cognizione  appellorno  Cko- 
monicA  :  e  la  Città  di  Sparta  fù  la  prima  di  tutta  la  Grecia ,  che  la  vedclle  pratica¬ 
ta  in  un’  Horiuolo  da  Sole ,  delincatovi  in  publico  da  Anafimene  Milefio  ,dilcc- 
polodi  Anafimandro:  il  quale  perciò  da  Plinio  fù  creduto  l’Inventore  di  que¬ 
lla  forte  d’Horiuoli,  mentre  ne  fcrillc:  Vmbràrftm  hanc  rationem  t  &  quam  -vo¬ 
cant  Gnomonicen  ,  invenit  Anaximenes  Miletus  ,  Anaximandri  ,  de  quo  dtxi- 
mus t&  Thaletis dtfcipultis'.  primufque  horologium ^  quod  appellant  Sciotericont 
Lacedanione\oftendit .  Altri ,  trà  quali  Domenico Gisberti  Poeta  Celano  ,  attri- 
buifconol’  honore  di  qucfta  invenzione  ad  Anafimandro  medefimo. Ma  le  Ana¬ 
fimandro  pur  n’  hebbe  notizia,  il  che  non  vuò  negare,  effendo  egli  dato  il  primo, 
che  fcrivelTe  delle  Cofe  Celelti :  qucfta ,  come  c!|uella  del  luo  dilcepolo ,  fervi  a 
render  l’uno,  e  l’altro  anzi  Propagatore,  che  Inventore  di  limili  Horiuoli,  fc_. 
l’invenzione  loro,  come  prova  a  baftanza  la  gravillìma  autorità  d’ Erodoto  Serie- 
torGreco,e  di  molti  fecoli  più  antico  di  Plinio,  nacque  affai  prima  appreffo  i 
Babiloniij  trà  qu  ili,  potiam  dire  col  Teodoro,  che  molto  tempo  manzi. 

.  Fh  chi  di  Febo  al  chiaro  lufne  apfijle 

D'  Aritmetiche  idee  Marmo  fognato^ 

Fere  he  de  /’  bore  il  tranjt  torio  siato 
L'  ombra  d'  un  ferro  a  dichiarar  fen'  gijfe, 

4  Traffe  pertantosì  gentile  artifizio  lafua  denominazione  da!  Sole.Chepc- 

rò  Solario  f  ù  appellato  nel  Lazio ,  a  cui  trovafi  communicata  sì  bella  invenzione 
fino  al  tempo  di  Marco  Varrone,  il  quale  atte fta  d’haver  veduto  in  Paleftrina  un’ 
Horiuolo  a  Sole  difegnato  da  un  cale  Cornelio,  fcrivendone:  ut  Pranejle  inci* 
fum  in  solario  vidi ,  cjiibd Cornclitts  in  Baflicà  Umiltà ,  0“  Fulvia  inumbravit .  So¬ 
pra  il  qual  luogo  Adriano  Turnebo  gcntiiiifimo  Commentatore  cosi  n<HÒ. 
Inumbrare  autem  de  Solario  apte  dixit ,  ex  umbris  horas  qn  arente  :  unde  ejus  ambi  li¬ 
ciis  .qui  Gnomo  dicitur ,  wuaòdfai ,  tanquam indagator  umbra  vocatur  ,  Inumbra- 
vit  igitur ,  (h"  ex  deferiptione  umbra  computavit  :  quod  horologium  » 

dicitur,  Palsò  poi  si  curiofa  milura  del  Tempo  a  Roma ,  introdottavi  da  L.  Pa¬ 
pirio  Curfore ,  li  quale  da  taluni  ne  fù  creduto  Inventore ,  benché  folo  Propaga¬ 
tore  ne  fulfe  ;  perche ,  al  dire  di  Fabio  Vedale  ,  riferito  da  Plinio ,  fece  nel  Tem- 

pio 


NaEl.  Att. 
l.  i.c.  3. 


LIBRO  t  B  R  Z  0.  CÀP.  IV.  aoi 

pio  di  Quirino  delineare  un’  Horiuoio  a  Sole  rn  fodisfacimento  dei  voto ,  che  nc 
havea  fatto /uo  Padre.  II  che  fù  l’annodi  Roma  CDL.  c  CCCXIV.  avanti  la 
nalcita  del  Redentore  del  Mondo.  E  trent*  anni  dopo  1  cioè  nella  prima  Guerra 
Cartaginefe  i  M.  Valerio  Medala  Gonfole,  al  riferir  di  Varrone  pur  citato  dà  Pli¬ 
nio,  ne  fece  primiero  metter*  uno  in  publico  fopra  unaColonnaappreflbiRo- 
ftri,  il  quale  haveva  egli  fatto  ttalportare  dalla  prefa  Città  di  Carina  in  Sicilia. 

Ma  perche  offervòdì,  che  faceva  fvarii  notibilitXecca«grueia/ffai^i{?rasejus  linea; 
come  notò  Plinio ,  nc  fù  pofeia  da  Qj^Marzio  Filippo  Cenfore ,  novantanov*  an^ 
ni  dopo ,  fatto  collocare  un*  altro  più  efatto  vicino  a  quello .  Il  chelù  giudicato 
per  uno  de'più  grati  doni ,  che  mai  riceveflfe  quel  Popolo , 

5  Si  molciplicorno  pofeia  quelli  Horologi  in  guifa  »  che  in  tutte  le  Città  quali 
per  ogni  llrada  fe  ne  vedeva  alcuno:  come  pare,  che  infcfilca  Aquilio, olia 
Flauto,  come  dubita  Gellio,  in  certa  Comedia,  eh’ egli  appellò  Boeotia,  intro¬ 
ducendo  in  ella  uno  ingordidìmo  Paralìto ,  il  q uale,  per  rabbiola  fmania  di  man¬ 
giare  ,  detellando  la  preferizzione  deli’  bore  del  pranlo ,  prima  indeterminate , 
caricò  di  maledizzioni  quell  Ingegno  fempre  lodevole ,  che  fù  l’ Inventore  di  sì 
utile  mifura  del  Tempo,  proferendone  i  feguenti  verlì ,  ferbatilì  alla  luce  tri 
l’ombreillullri  delle  Notti  di  Gellio. 

Vt  illnm  dii  perdant  .,  primus  qui  horas  reperti , 

Quique  adeo  primus  ftatuiì  .hic  Solarium, 

mthi  comminuit  mifero  articulatim  diem'. 

Nam  me  puero  venter  hic  erat  Solarium 

Multo  ommum  ^orum  optumum,  verijfimum  ^ 

rbi  iBe  monebat  ^  cum  nihil  erat.  *  ' 

Nunc  etiam  quod  efi ,  non  eflur ,  nifi  Soli  lubet. 

Itaque  adeo  \am  oppletum\  B  oppidum  Solariis , 

Vt  major  pars  populi  aridi  reptent  fame  , 

6  MI  perche  r  horologio  Solare  non  poteva  lervirc,  che  per  ii  giorno, ne  fù 
per  l’ ufo  della  notte  trovato  un’altro,  che  milurava  l’ ore  con  l’ acqua ,  c  Clelfi- 
drachiamavalìj  di  cui  v’ hà  chi  he  allega  ,.òfe  ne  finge  Inventore  un  certo  Clef- 
fidro  AlelTandrino  ,che  lelafciòil  fuonome:  che  a  me  fembra  più  rollo  dedot-  è.ijo. 

lo  dalla  proprietà  di  tale  llrumento.  Era  quello  un  vaf'odi  vetro  con  uno  angu-  Cal.Rhed. 
Itiflimo  pertugio  nel  fondo,  &  una  linea  tiratavi  da  una  parte  con  diftimamente  ** 
legnativi  dodici  bore.  Emjiivafid’àcqua  ,  la  quale  per  quel  buco  a  poco  a  poco 
ulce ndo ,  lalciava  luogo  di  icenderè  ad  ùn  pezzo  di  foVero,  che  dentro  vi  galega 
giava,con  in  fe  fitta  una  verghetta  >  ehecolla  punta  additava  i  numeri  dell’  bore 
tralcorfe .  Invenzione  cavata  da  què’  vali  di  creta ,  che  ufanfi  da  Giardinieri  pér 
inalfiire  i  fiorì,  chiamati  anticamente  Cleflìdie,óc  oggidì  Nuvole  di  creta  .Sèr- 
virono  in  particolare  gli  horologi  da  acqua  nelle  publiche  amminillrazioni  del¬ 
la  Giu(tiZÌa,mifurandolì  con  elfi  il  tempo  a  chi,  orando,  dilFendevagiudizial- 
mante  qualche  Cliente,©  v’arringava  contro;  onde  ne  nacque  il  proverbio 4^  ^  ^fanuc 
clepfydram dicere .  £  di  quelli  vafi  fcrilTero  trà  gli  antichi  Apulejo,  c  Paolo  Si-  Àdagf.mi. 
icnzurio:  e  trà  moderni  Pierio  Valcriano,e  Celio  Rodigino .  hi  y/%. 

7  Paifandcfi  poi  daH’acqua alla  polvere,  l’ihvenzionedelle  Clclfidre parto- 

ri quelladegli Spolverini, ò  fianohoriuoli  da  polvere,  ne’quali,  come  cantò 
Tcruditilfimo Padre GiovannideBuifieres  Giefuita.  jnBefe.Ba. 

— •  mmmmrn.  vitro  Bat  mollis  arena,  fil.Lhgdun, 

Et  tranfit. 

deir  Inventore  d;  ’ quah ,  che  non  fi  sà ,  il  Cavali'-r  Teodoro. 

Tu  <chi  'n  due  Vetri  concavi  rinchiufe  04^  aé.13. 

Min'f- 


fi' 


SMpttf 
¥ktr»  P.II. 
».  4$.  47. 


•  ^  ' 


•t-  ..1. 

L.  epi^. 

4J. 


Ód,  24.  7, 


»01  uySEO  cos  PIANO 

Minuta  moltitudine  d'  arene  • 

E  da  quelle  in  filar  limpide  vene 
{àtropo  ingelosì^  doto  delufe^ 

c  quefti  rlufcendo  molto  più  commodi  cagionorno  il  difufo  di  quelli . 

8  Qpantunque  però  ingegnofe  tutte  quelle  maniere  di  milurare  il  Tempo, nè 
cìalcuna  a  parte ,  nc  tutte  inlìeme  potevano  di  giorno,  e  di  notte  egualmente  ler- 
vire,  c  nel  pri  vato,  e  nel  pubiico,&  a  vicini,  &  a  lontani.  Onde  per  lodisfarc 
a  tutte  quelle  intenzioni ,  fù  inventato  1’  Horologio  a  Ruota ,  prima  muto ,  e  poi 
parlante  colla  bocca  d’ una  campana ,  e  meglio  di  tutti  gli  altri  valevole  a  dar  re> 
gola  a  tutte  le  azzioni  d’ un  Popolo.  I  Poeti  Italiani  lo  chiamano  particolarmen- 
te  a  differenza  di  quello  da  Sole ,  che  intendono  lotto  nomedi 

come  averti  1*  erudit  iifimo  P.  Angelico  Aprofio,  e  per  elio  notòllo  Sapri - 
ck)  Saprici ,  fpiegando  quel  verlo  del  Marini  delcrivente  la  lera  nel  fuo  maggior 
Poema,  Cant.  i  ^4. 

E  cedeva  il  .^jiadrante  a  I'  Horiuolo, 
tolto  non  hà  dubbio ,  da  Luigi  Pulci ,  che  nel  fuo  Romanzo  fcrilTe,  Cant.  23.2. 
Ha'‘eva  il  Sol  coperto  il  Marin  Suolo  y 
La  Luna  il  lume  fuo  tutto  moBrava , 

Cedevan  gli  Squadranti  a  /'  Horiuolo. 

Miracolo  è  quelli  della  Indullna  humana ,  che  ne’  Cerchi  di  tale  llrumento  lop¬ 
pe  incantare  il  Tempo, che  mai puotc fermarli:  e  nelle  anguftieloro  imprigio- 
nòchi  lempre  Iciolto  le  n’ vola:  c  diede  a  vedere  condannato  alla  Ruota  chi , 
come  reo  di  morte ,  fu  fempre  fuggiafeo  ,  Invenzione ,  come  fembra ,  dedotta 
da  Vitruvio,  là  dove  iiilegna  fabricar  Carrozze,  che  mollrino  quante  migliali 
facciano  d’hora  in  hora:  ma  refa  tanto  più  vaga,  quanto  più  utile ,  come  quella, 
chemilurandocon ogni aggiullatczzailTempo, regolatutte  le  facende  civili, 
c  fervenon  menoachi  èaùente ,  purché  in  proporzonata  dillanza,  che  a  chiè 

prelente  j  a  quedi  palelando  l’ bore ,  ò  con  l’ indice  falò ,  con  cui  sì  maraviglio- 
fo  llrumento.  J^eel  che  cela  nel  fen  fempre 'nel  volto. 
òcol  fuono  inficine  di  percoffa  Campana ,  le  addattata  vi  lìi ,  come  ne  gli  Horo- 
logi  publici  ;a  quelli  col  fuono  lemplice,  con  cui  fin  nelle  tenebre  più  denfe ,  ed 
a  ciechi  medefimi ,  a  quali  fervono,  di  pupille  gli  orecchi ,  falcorgere  a  minuto 
il  numero prefiffo delle  bore  volate.  Onde  di  quelli  meglio, che  di  que/lida  So¬ 
le,  potrebbe  fclamarnc  Caffiodoro.  Inviderent  talihusy  Ji  aUra  fentìrenty  & 
meatum  fu  ttm  fortafe  defleSlerent  ^ne  tali  ludibrio  fub\acerent , 

-  9  Ma  nè  meno  di  quella  maniera  d’ horologi  fi  sà  1  Inventore,  che  pure  è  me¬ 
ritevole  d’alta  lode.  Efe  bene  il  Cavalicr  Teodoro  ne  attnbuifce  rinvenz.onc 
ad  Anafimandro  ,  di  cui  s’è  poc’anzi  fatto  menzione;  c  di  lui ,  e  dell’  horologio 
da  ruota ,  e  da  fuono  così  cantando ,  ove  dell  *  Ingegno  humano  dice . 

Et  die  fonare  voci  . 

A  Brepitofo  ordigno  y  ei  /«,  che  nfufe 
j;  Anima  al  bronco  y  e  chiufe 

Dentro  a  ferrea  prigion  I'  bore  veloci. 

Incognite  non  fono 

Del  grande  Anafmandro  boggi  le  glorie, 

Narran  I'  Attiche  Hifiorie 
Com'  e’  die  prima  a  I'  Horologio  il  fuono. 

Egli  in  girevol  trono 
H  età.  ripofty  e  di  più  rote  al  fine 
Or  nelle  H  carro,  e  circondoile  il  crine. 

Con 


1  -  ■ 
^  3 


LIBRO  TERZO.  CJP.  2t)$ 

;  €m  auiuer.t  ineguali  ■' 

Z’  orme  del  T empó  a  computar  fi  mifei 
Et  a  Peho  commife  ^ 

■che  col  fuo  ardor  gl'  incener ìfce  V  ali. 

Con  periodi  incomprefi  .  ■  ■ 

Htjlinfe  il  giorno  in.  lunga  ferie  d'  horel 
•Coit  regolato  errore  • 

Fé  de  gii  ABri  la  su  gli  Orbi  pàlefi% 

Da  lui  .furono  apprefi 

Del  Cielo  i  moti,  onde  al  f^u/trdo  avanti 
Sembrò  V'  Eternità  farfi  Un  ’  ijlante  , 
ìdachina  impaciente  ■ 

L'  Artifi’ìgo  fembrì  y  che  *  l  Tempo  additai 
Sfera,  che  fpejfo  invita  ' 

Febo  a  precipitar  ne  I'  Occidente  t 

Di  lubrica  Fortuna 

Voluhil  carro,  e  ••vacillante  fogliai 

Infermo  Campidoglio 

Ove  r  Et dte  i  fuoi  trionfi  adunat 

Tomba  del  Giorno  ,  e  ^una. 

Ove  I'  bòre  con  metodo  fonoro 

kAI  fùnerat  del  DÌ  formano  un  Choro  . 

Quefta  afferzione  paria  per'ieinplice  Icorladi  Penna  Poetica,  non  per  dettato 
litortco.  Perche  chi  fi  In «rentoré -dei! ‘Horologio  Anafimandro  ,  inrende  di 
quello  da  Sole ,  com’  efprefle  il  fopracitato  Domenico  Gisberti ,  Poeta  Cefareo, 
nel  primo  Volume  delle  fueMufe.  Qnantunqae  a  quelli  reclama  Plinio,  che, 
come  s’ è  notato ,  accribuilce  quell* hooore  al  di  JUi  difcepolo  Analìmcne  :  &  ad 
amendue  dà  sù  la  voce  Erodoto ,  che  affai  più  antico  di  Plinio ,  lo  riferifce  a’  Ba- 
bilonii,comeda  principio  lì  difle,  Efe  quella  invenzione  è  antica,  quella  è  mo¬ 
derna,  come  nata  dopo  quelle  de  gli  altri  horologida  Sole,  da  acqua ,  e  da  pol¬ 
vere, 

10  Ma  fc  non  lì  sì  l’ Inventore  dell’ Horologio  a  ruota,  &  a  fuono,  non 
s*  ignora  almeno  chi  riduffe  quella  invenzione  a  perfezzionc  inluperabiltichefù 
quel  famolo  Giannello  Torriano  Cremonefe  i  TArchimede del  leccio  tralcorlo; 
il  quale  in  un’horologio, di  mille,  c  cinquecento,  ch’egli  donò  a  Carlo  V.  feppe 
elprimcre  nonlololamifura ordinaria  dell’ hore,  ma  anco  i  moti  rcgojatilfimi 
de’ fette  Pianeti,  e  de*  loro  Cieli,e  dell’ ottava  Sfera,  con  quello  inlìeme,  che  di 
Trepidazione  fi  chiama .  Onde  meritò ,  che  quel  Monarca  lo  dichiarade  Princi  - 
pe  de  iViateinatici,  come  quegli, che  a!  pari  d’ Arch  mede,  ma  in  materia  più  loda. 

Omnes  efi  erbes ,  varios  coeltque  meatus 
Defìgnare  rotis,  &  parvum  condere  Mundum, 

1 1  Di  quelli ,  dirò  più  tulio  Hurolog  ,  thè  Honuoii ,  già  che  fono  vocali,  ne 
trattano  divertì .  Di  quelli  da  Soie  ne  fenffero  in  particolare  Criftoforo  Clauio, 
Giovanni  Padovano  ,  Giovanni  Stofflenno  ,  Giulio  Fuhgatto,  Muzio  Oddi, 
Oronz  o  Fineo,  Acanafio  Chirchdo,  de  altri;  tra  quali  non  fono  da  tacerli,  come 
che  ne  habbiano  in  proiitoper  le  Stampe  de’ Trattari,  molto  delìderati,  Alellan- 
dro  Gap:  a  Cremonefe ,  a  cui  deve  l’ Architettura  molte  belle  invenzioni ,  come 
nelle  di  lui  Opere  fi  v/de  :  &  il  P.  Slfmondo  Corio  Milanefe,Bernabita,  Inven¬ 
tore  de’  milleriofi  Horiuoli  a  Sole  nel  Trono  di  Salomone,  e  nella  Tavola  del 

Croci- 


VtAa,Ae.n 
prò  Cremori, 
adv  Papten 
in  controv. 
Prtne.  p.^3. 

ung  Baroli, 
in  GentthU 
Crei», 


i04  .  .  M,yS£ùl  XX,SPlANO 

Croci^flfo,fpieoati  dal  Dottore  Franccfco  Maria Bordocchi  Bologncfc  ìn  un  gran 
foglio  volante^,  e  Iodati  dal  F.  S.  G.  pure  Bcrnabita  in  quello  bcllilTimo  Elogio . 

®  avidum  Vita  defideriUm  tjl  ' 

Cu\us  horas  *  Ut  ptotrahat  noftra  Gmtnonu*^ 

Ilio  metitur.  Filio  t 
V  pei'  fecit  fttula  Pater  ! 

Flatus  in  Cathedram  Crucis  Magifier  Chrifius, 

Tantjuam  ìn  Solio  Salomon 
Leciionem  habét  de  Tempore  ^ 

-,  >  Sane  ■  ' 

CU1H  iota  illius  natur»  fit  tali  i 
Explicari  aliter  mtiiòsy 
-T  Iquam  ab  ekpif  ante' non  poterat 
Novo  titule  Tempus pretiofum  eUy- 
de  iifdem  mineralibus  exit , 
etnde  Redemptor  Sanguis  Orbi  redimendo  profluxit  * 

Liberalis  in  ceteris  chriftus  \\  '  . 

Solius  temporis  avarus  eff  »  .  v 

^juod  habuii  pr agnitam  à  Patre  . \  "  ' 

illud  ergo  ne  prodigant  Homines 
Heratim  ipfe  diftribuit\ 

^ui  venit  in  plenitudine  temporis  y  t 
.  r'  beter  Horologia  medius  fljl*  tulit  y  J  - 

circumejuatjue  Horis  pleni  fima . 

Facundus  Orator  ut  tft , 

Temporis  fugam 

Quadrimembri  periodo  deferibity 
eamque  notam  omnibus  volens 
fAdronomico  ,  babilonico  ,  Italico  >  AnttqUo  » 
omni  demum  idiomate  y  ac  fy lo  proloquitur . 

Fidem  nega ,  fi  potes . 

epaodeunque  Horologia  dicunt ,  confirmat  chrifiuSy 
eorumque  Heras  e  Crure  definit  y 
tanqaam  ex  Cathedra  Feritatis  • 

Quin  &  fi  velis  authenticcutty 
Agit  ipfe  Tabellionem  y 
T>um  fua  manu  ,  fuoqut  clavo  fubfignat  j 
Ipfis  vel uf que  pedibus 
p  lanei  artas  horas  infinuat , 

Ad  eos  te yfpeclator  y  contritum  expellat  i 
quoniam  tu  lentus  es , 
iHc  y  «t  horas  attemperet  moris  tuisy 
JÌ  penitas  franare  non  poteff  y 
faltem  fic  \uhet  progredi  pedetentim; 
at  vd  idam  fiduciam  time  ,  fi  f apis  i 
in  tanta  horarum  ferie 
Dificernit  chriTlus  finamy 
qua  tr an/eat  ad  Patrem  de  Mundo  ; 
fkbticet  tuam 

qua,  mori  ens  tranfibis  ad  tudicem* 

12  Ne 


£  /  B  R  0  iT  B  R  Z  o:  tAV.  Ih  ^1^3 

{((Tli  pìùcbt  a’tioflrilibri^elVendoeglinondivifoin  pagine  1  cóme  quelli,  ma 
|tuwo  d’ ua  pezzo  >  e  di  cond.^io.neda  conlervarfi  non  dirtelo ,  ma  raccolto ,  &  a 
gmla  di  falcia  ravvolto  in  le  medefimo ,  come  vero  Volume .  E  tali  appunto  era¬ 
rio  iVólbmidé 'gli  Antichi  ,comemortràno  moke  Statue  antiche,  non  fo!o  pro¬ 
fane,  come  quella  di  M.  Mezzio  Epafrodito,  Grammatico  Greco,  &  airre  figli» 
race  da  Fu!  vio  Orfini  nel  Libro  int  telato  Imagines^  é"  Elogia  Virorum  illufiriumt, 
&  eruditorum  ex  antiquis  Upidihus,  &  numifmatibus  expreffa^cum  Annotationibus, 
che  tù  Itampato  Roma  y  formis  Antonii  Lafrerii  1  ’^yo.in  fol.  ma  facce  ancora ,  e 
particolarmente  in  molte  di  quelle  di  Chrilto  medefimo,  come  nelle  {colpite 
anticamente  in  alcuni  Monumenti  Sepolcrali ,  trovati ,  non  è  gran  tempo,  nella 
Bafilica  Vaticana,  e  figurati,  e  deferirti  nella  Roma  Sotterranea  del  Padre  Paolo 
Aringhi , Tom.  I. Lib.  II.  cap.  X.  &  feqq.  p.  2^3. 295. 297. 299. 301. 307.  317, 

32i.e42j;. 

ao  UVE  FOGLI  di  CARTA  ETIOPICA,  grandi  come  la  noftra  Carta 
Reale,  fitti  di  maceria  al  tatto  così  morbida,  che  par  feta,  fe  più  torto  non  è  di 
qualche  Pianta  lanifera.  In  uno  d’ellì  vi  fono  fcrittc  fette  linee  di  Caratteri 
Etiopici ,  le  quali  cominciano  nel  fondo  della  carta  a  finirtra ,  e  fagliono  al  con¬ 
trario  di  quelle  de*  Cinefi . 

2t  VOLVMETTO  di  CARTA  TVRCHESCA  fini.lìtna  ,  e  morbida.,^ 
come  1  a  noftra  di  Fabriano ,  lungo  lei  braccia ,  e  largo ,  ò  diciamo  alto  non  più 
;ditrè  dita,  il  quale  fi  tiene  raccolto  come  una  falcia.  £'  fcritto  in  lingua  Arabi, 
ca;  eie  lettere  fono  parte  roflc,  parte  nere,  con  miniature  gentili  di  varii  colo¬ 
ri,  &  i  margini  tutti  fregiati  d’oro.  Contiene  diverfe  orazioni  de’ Turchi  con¬ 
tro  le  ftregherie,  Scaltre  cofenocive.  Hanno  in  cortume  i  Turchi  di  portarlo 
addodo  per  divozione  in  una  canna  d’argento  legata  al  braccio,  e  lo  chiamano 
Safoan,  '  . 

22  Altro  VOLVMETTO,  ò  BREVE  Turchefeo,  di  carta  fimlle  alla  Per- 
^gamena ,  lungo  quattro  braccia,  e  largo  come  ii  precedente,  e  contenente  le  me- 
deiime  orazioni  in  lingua  Araba ,  non  eflendo  permeflo  a’  Turchi  d’haver  ora¬ 
zioni  ,c  devozioni  fcrittc  in  altra  lingua ,  che  in  quella  :  la  quileappredo  loro  è 
venerabile ,  come  appreflo  di  noi  la  Latina .  Serbali ,  come  l’ antecedente,  attor¬ 
cigliato,  e  ravvolto  in  fe  medefimo  nella  guifa,  che  lo  portano  addoffoi  Turchi, 

23  DIPLOMA  firmato  dal  Sultan  Mccmet. 

24  Altro  DIPLOMA  firmato  dal  Sultan  Ibraim. 

25  PATENTE  per  un  Capitano,  firtnaiadaun  gran  Vifir,  chiamata  F/tri, 

26  LETTERA  fcrittadaun'AgàadunCommandancc  d’una  Fortezza  in 
raccomandazione  d’ un  Soldato .  1  Turchi  la  chiamano  Bara. 

27  SCRITTVRA  Turchefea  di  ricognizione  di  Pezze  49.in  pièdellaqualc 

v’èil  legno,  ò  cifra  de)  Nocajo,  &  a  tergo  il  Sigillo  del  Cadì,  cioè  Giudice  di 
qurl  luogo.  Eched . 

28  HICEVVTA  di  pezze  éoo.fcritta in  linguaggio  Turco.  II  legno,  che 
v’  è  nel  principio,  da  gl’intendenti  dicefi  edere  dei  gran  Muftì,  e  di  fua  propria 
mano .  11  legno  che  V  è  nel  piede  è  il  nome  di  chi  ci  fù  per  teftimonio .  Da  Tur¬ 
chi  vicn  detta  Ardeckai , 

jg  SALDO,  ò  quietanza  generale  d’ogni conto  paffato  tra  due  Turchi,  in 
lingua  parimente  Turca,  &  appeliafì!r4f/’rer. 

30  VOLVMETTO  Italiano,  di  carta  pecora,  lungo  braccia  due  ,  largo 
quali  trèdeta,  in  uno  de’fuoi  lati  da  un  capo  all’ altro  con  particolar  diligenza 
mimato  di  varii  Geroglifici , e  figure,  e  caratteri  vulgati  formati  con  genti!  ilfimi 
fcUerzid’Arabefchi:  i  quali  danno  a  leggere  quefte  parole  Italiane  d’antica 

R  dialetto 


ìpA  M  V  S.E  0  C  O  S  PIANO 

dialetto ,  in  rima ,  che  lo  palefano  fatto  per  una  Lettera  Amorofa ,  come  fù  chia¬ 
mato  nell’Indice  delle  Cole  del  Mufeo:  Lo  attiore  cum  arco  tcifo  il 

Core  me  a  ferito > demando  ajuto,non  trovo  chi  me  lo  dia*fe 
non  ti dolce  fperanza  mia. 

.<•  i  Strumemt  Matemat/ctf  AUrommict^  Geometrici^ 

'■  r.  j 


t>e  Anim- 

ì.  i6. 


Gdl.  de  ufu 
pdrt.  l. 
Ovfd.l  i. 
Mtt.  V,  84» 


£pieed.  £• 
fùit.  40.  57. 


0d,ì9>t‘i.^ 


'■  7  ri 

Il  <7  p  nell’  Huorao  >  che  »  per  la  perfczziòne  dell*  Anima  fua  difcorlìva ,  &  im* 
^  per  fimiglianza,  ch’ella  tiene  con  Dio  »  folo  tra  tutti  gli  Ani» 
raeràca  il  titolo  di  divinoi  l’ haver  dalla  Natura  fortito  fingolarità  di  figura 
diritta,  e  vergente  alla  parte  celefte  deir  Vai verfo,  come  che  procerum  afti» 
mal ,  dille  Caffiodoro,  ^  in  effigiem  pulcherrima  fpeculaiionis  erelfum ,  fervo 
d’indicioch’egliècreatoper  loCieiO,  come  giudicò  il  grande  AaaiTagora,c 
con  elio  non  picciol  numero  d’altri  Saggi,!  quali  in  ciò  videro  meglio  dell’  Efeu- 
Upio  di  Pergamo:  e  l’accennò  il  Poeta  Sulmonefe,  dell’ Eterno  Fabbro  can¬ 
tando  .  Pronaque  cum  fpeSlenì  animalia  cetera  terram  , 

Os  homini  ftiblime  dedit  ceelumque  "videre 
luffifti  &.  ereBos  ad  fiderà  tollere  vultus  ^  i)-. 

Onde  il  Melico  Bactifla>  ad  Èva  piangente  nella  morte  d’Adamo,  pofe  sù  la 

lingua  quelle  parole. 

Verfo  la  bafia  terra  in  gtu  rivolto 
Il  Popolo  ferino  il  ceffo  impetra  : 

Pretto  verfo  /’  Etra  era  il  tuo  volto 
Perche  fempr e  s' ergeffe  inverfo  I'  Etra, 

Et  il  Cavalier  Gio.  Battuta  Teodoro ,  uno  de’  più  foavi  Cigni  del  Sebeto ,  anzi 
il  Pindaro  di  Partenope,  fopra  ciò  altamente  Filofofando  potè  farne  le  riflc  Aio» 
ni  fpicgate  in  quelli  leggiadrilfimi  carmi . 

pur  vide  il  Mondo  infante 

Con  fomma  induBrta^  Onnipotente  Mani 
Scolpir  nel  grembo  feto  Statue  viventi  ì 
Mercando  fol  fra  tante 
Senfibili  Scolture ,  il  Volto  humano 
Del  del  contemplatori  ,  Occhi  eminenti  i 
TeHimonii  lucenti 

Bel  mitro  alto  Intelletto  y  hor  che  pub  folo 
Su  gli  homeri  d'  un  guardo  y  irfene  a  volo  l 
Ma  preterifea  homai 

Bel  fuo  centro  i  confini y  e  tanto  in  alto 

Poggi  peregrinando  tl  penfier  mio, 

che  incenerito  a'  rat 

Bel  vero  Soly  precipitofo  un  /alto 

Bi  la  poficia  il  conduca  al  fuol  natio» 

E  vegga  al  finy  che  Bio 

Bte  con  metodi  egregi  y  e  pellegrini  y 

\^d  un  volto  mortai ,  vanti  divini» 


eh' ejjcr  non  ponno  ignoti  y 

Mentre  del  Ciel  difvelano  la  luce  y 
■^uei  di  fua  venuflà  miUici  ruggii 

■  Ci' In- 


LIBRO  TERZO.  Càf.  111.  ijj 

GT  Intelletti  idioti  % 

cui  talor  fol  l  '  Ignoranza  è  Duce  t 
La  lor  guida  in  fegutr ,  divengon  fuggii 
Virtuofi  pajfaggi 

Fanno  in  mirar  quelle  fembianze^  e  queflc  t 
Da  la  Beltà  terrena  a  la  ce  le  He , 

t  Fù  ben  ragione  che  l’ Ingegno  humano ,  non  trovando  tra  gli  oggetti  via¬ 
bili  il  più  degno  d’ edere  mirato ,  &  ammirato ,  di  quel  Mondo  fuperiore  (che  •  ò 
di  giorno  vi  padeggi  il  Sole,  teftimonio  il  più  chiaro  dell’ infinito  fplendorcdi 
chi  diè  r  edere  al  tutto  ;  ò  di  notte  vi  danzino  le  Stelle ,  ritratti  vivacidìmi  di  quel 
Monarca  delia  Luce  ;  fempre  è  un  Teatro  di  maraviglie ,  come  il  più  ampio ,  co¬ 
sì  il  più  maeftofo,  che  la  magnificenza  d’ un  Dio  habbia  aperto  in  faccia  dell* 
huomo,  per  allettarlo  a  fpaziarvi  colla  mente,  econofeervi,  e  bramarvi  ilfuo 
fine  beato  )  rapito  dalla  (ovrana  bellezza  di  quello,  s’ergede  a  contemplarlo  con 
attenzione  sì  fida,  che  potedecontarvi  più  miracoli, che  individui .  Per  la  più 
accertata  cognizione  de’ quali  fù  poi  necedario,  eh'  ei  s'inventade  que'  varii 
ftruracnti ,  co’  quali ,  quali  dando  una  fcalata  al  Cielo ,  ei  giunfe  a  comprendere 
le  Imi/urate  ampiezze ,  e  diftanze ,  e  le  particolarità  de’  moti  bizzarri  di  que*  va- 
fìidìmi  corpi:  &  a  conofeere  evidentemente,  che  dì  loro  ninno  ve  nebà,  che 
per  pluralità  di  perfezzioni ,  chiaramente  atteftanti  la  divinità  dell-  Artefice,  non 
cagioni  multiplicità  di  dupori  :  ò  fia  confiderato  folitariamente,  come  fterJ 
minato  nella  grandezza,  e  fiali  pure  una ftella  anco  minima;  come  incorrotto 
nella  fodanza  icome  limpido  nella  chiarezza;  come  Variò  ,  ma  fempre  regolato 
ne’  moti  :  ò  unitamente ,  come  nella  bizzaria  della  propria  natura ,  differente,  c 
pur  fempre  proporzi onato  a  tutti  gli  altri  ;  come  cofpirante  alla  foa vità  dell’  ar¬ 
monia,  che  dalla  Mufica  regolatezza  di  tutte  quelle  machiheimmenfe,  e  conti¬ 
nenti,  e  contenute,  rilulta;  e  come  pronto  con  effe  al  pròdel  Mondo  inferiore, 
quantunque  egli  non  fiacheunpuntoal  loro  paragone.  Quindi  confeffa  com. 
Manilio, che  .  4  ■ 

Haudquaquam  in- tanta  magis  efl  mirabile  moli, 

^uàm  ratio,  &  certìs-  quid  legibus  omnia  f arent: 

Nufquam  turba  noceti  nihil  bis  in  gartibus  errat, 

3  Così  gode  di  quella  perfetti  (fi ma  Mufica ,  che  ode  con  gli  occhi ,  e  diftin- 
guc  colpenfierojche  giunge  anco  ove  gli  occhi  nonponno,  e  colà  sù  meglio 
che  altrove  fi  diporta  ;  onde  potè  dirne  quel  Poeta . 

De  gli  ABri,.  allhor ,  che  tace, 

Sà  con  gli  occhi  afe  oliar  I'  alta  armonia, 

E  per  r  Eterea  via 

Stampar  con  pie  di  gloria  orme  di  pace, 

E  con  quell’ ali  foPevato  di  gran  lunga  (opra  gli  Elementi,  fupplifce  al  difetto 
dell’  udito, che  non  giunge  a  dilcerncre  il  fonoro  di  que’ foavilsimi  numeri;  ò  fia 
per  la  loverchia  lontananza  ;  come  vollero  Pitagora ,  e  Piatone ,  infegnando  che 
lefpezie  di  quel  delicatiffvmo  fuono  al  coccodè  gli  Elementi  fvamfeono;  ò  per¬ 
che  egli  è  Itordiro  dallo  ftrepio  della  Terra,  come  giudicò  quel  Poeta, che  dille. 

Muto  non  e,  come  altri  crede,  il  Cielo i 
sordi  fìam  noi,  a  cui  gli  orecchi  ferra 
Lo  firepito  infoiente  de  la  Terra, 

Fra  le  cui  di{Jvnanze  invan  s'  afpira 
r  armonia  de  "la-  celefle  Lira , 
che  fi  tocca  per  man  del  Dio  di'  Deio, 

R  a  ;  òforlì 


Plut.  t.  de 
Mttftc. 

Macrob.l,^ 
de  Som». 
Scip.  c,  Z* 


Teedor.Odi 

12.4* 


196  ,iM=JfSE^  COSPIRINO 
òforfi»comcpcnfaFilone  citato  in  qucito  propoitio anco  dai Bartoli, perche 
Idrt.inop.  t>io,n(erbandoci  amigìiortempoilguftodiMulìcasìfoave.cihàcou  provi- 
mo  *di'jca°*  particolare  ftcmprari  per  elfa  gli  orecchi ,  acciòche  quell’  anuoiua  non  ci 

«  »  e-  rapide  in  un’ertafi  continua, che  ci  rendede  dimenticati  di  tutu  gii  affari  della  vita, 
e  di  noi  medefimi .  Quelli  iono  i  di  lui  fencimenci  ^Calum perpetuo  concentu  fuo- 
rum  motuum  reddit  harmoniam fuavifsimamy  qua  fi pojfiet  ad  nodras  aures  pervenir 
re  fin  nohisexcitarat  infimos  fiuos  amores  ,  &  defideria ,  quibus  JUmulati ,  rerum  ad 
viciumnecefiariarumablivificeremur  yHonpafiicibo  ypotuque yjed  veiut-  immorsa* 
litate  candidati , 

4  Mà  giunta  a  quefte  cognizioni,  che  non  fantafticò  Ia  mente  dell’ huomo? 
Come  ie  lude  poco  il  bear  gli  occhi  ertemi ,  ed  interni  colla  veduta ,  e  coulìdera- 
rione  d’ Oggetti  sì  alti, che  dovrebbono  ravvifarfi  per  quella,  che  il  nortro  Ce- 
iaxe  Poru  chiamò 

Scala  y  per  cui  fi  fiaglia  al  Fabro  eterno, 

*  pensò  a  confolarne  anco  la  mano,  col  loggcttarlc, compendiata  in  piccioIoGIo- 

*  bo,  r  immenlìtà  di  quelle  sfere  fovrane .  Il  che  tanto  felicemente  riulci  ad  Archi- 
L.iMNat.  mede  in  quel  fuofamofiilìmo  Ciclo  di  vetro,  che,  come  avvertì  Cicerone,  fù 
Deor.  giudicata  più  indurtriolal’ Arte fua  nel  rapprefentare  i  moti  delle  sfere,  che  In 
Bau.  Epic.  Maruramedcfimaneirirtituirli:  onde  Claudiano  hebbe  a  cantarne,  i 

iupptter  tn  parvo  cum  cerneret  albera  vitro 
Rifity  ad  fiuperos  talia  diFla  dedit; 

Huccine  mortalis  progrejfia  potentia  cura? 

lam  meus  in  fragili  luditur  orbe  labor, 

Jura  Poli,  rerumque  fidem,  legefique  Deorum 
Ecce  Syracufius  tranHulit  arte  fienex , 

.  ».  Inclufius  variis  famulatur  fipiritus  ajiris. 

Et  vivum  certis  motibus  urget  opus, 

Percurnt  proprium  mentitus  fignifier  annum , 

Et  fimulata  novo  Cynthia  menfie  redit, 

^  ^  Jamque  fiuum  volvens  audax  indujlria  Mundam 

"  G audet y  (jr  humana  fiderà  mente  regit, 

^yiid  falfio  infiontem  tonitru  Salmonea  mirer  ? 

JEmula  Natura  parva  reperta  manus, 
de’  quali  verfi  ne  porta  bella  Parafrafi  il  Cavalier  Marini  nella  fua  Galeria . 

5  Non  però  folamenre  ad  Archimede  fi  devono  limili  encoraii,  perche  furo¬ 
no  meritati  anco  da  Pofidonio ,  il  quale  fim  lmente . 

Theodor.  —  —  I'  Etera  accolfie 

Ptef.  Od.i4  In  ptcciol  Orbe  ,  e  volfie 

^Jiafi  a  r  Immenfità  far  violen^, 

E  di  quefta  fua  Sfera  là  gloriola  menzione  Cicerone ,  che  infieme  chiama  fuo 
famigliare  il  di  lei  Autore ,  Icrivendone  :  ^bd fi  in  Scythiam,  am  in  Britan- 
Lz.de  Nat.  niam  ySphar  am  aliquis  tulerit ,  hanc ,  quam  nuper  familiaris  nofier  effecit  Pofido  • 
nius ,  cuyis  (inptla  converfones  idem  exciunt  in  Sole,  &  in  Luna ,  (jr  in  quinquefiel- 
I  lis  errantibus ,  quod  efficitur  in  caelo fingulis  diebus  ,  &  noHibus  ;  quis  in  illa  bar^ 
barie dubitet quineaSpharafit profeliaratione  ?  A'vZ  mirabilmente  s’addattano 
quelli  Elogii  a  meriti  di  GianneJio  Torriani , nortro  Crcmonc/c  :  la  divinità  del 
Fida,  Ac. Il  cui  ingegno,  tuttoché  fenza  ornamento  di  lettere  ,  g  unle  non  clic  ad  emulare, a 
^ad^Pa^ieù  ì’^ltro di  quc’ Vaicnthuomini , eiprimendo  in  una  Sfera,  che 

$n  controv.  egli  fabricò  per  la  Maeflà  di  Carlo  V.  non  lolo  i  moti  de’  lette  Pianeti ,  e  loro 
Pnnctp,p.<ii  Sfere , come  Pofidonio  ;5c  idue  ordinarii  del  primo,  e  lecondo  mobile,  erme 

credi,  fi 


L  l  K  0  T  E  \  Z  0.  CAP.  Ili  197 

credefi facete  Aichiraede  :  ma  di  vantaggio  quello  ancora,  che  da  gli  Aftrono^ 
mi ,  di  Trepida ziones’ appella  :  oflervato  prima  d^Thehiih  \rabo,che  fiorì  cir¬ 
ca  gli  anni  del  Signore  CCLXX.  la  qual’ Opera,  come  quella  d’ Archimede  da 
Claudiano,  così  fh  celebrata  da  Annibale  Crueejo,  gentililfimoPoeu.Milancfe, 
HaSfems  immenfi  Jolus  Regnator  Olympi ,  - 

regeret  certis  legibus  altra ,  fuit , 

At  nunc  Unelli  miro  ingenioque ,  manuquet 
<^u£  regat  ipfe  fu  a  fiderà  Cafar  habet , 

igitur  tandem  dignum  ftatuemus  honore 
Te.  lanelle,  Deum  qui  facis  ex  homine  i 
£  d*  eSTa  con  più  ragione, che  di  quella  d’ Archimede  poteva  conchiudere  il  Ca* 
valier  Teodoro . 

che  pojfa  ardir  terreno  y 

Per  efigger  qui  giu  divini  vanti  y 
Spiar  gli  Orbi  Hellantit 
Sormontando  col  guardo  il  del  fereno  , 

É  gloria  accidentale 

D  ’  Alma  fpecolativa  ,  al  cui  talento 

Studiofo  ardimento 

Con  moral  maelirìa  fabrica,  f  ale  i 

Mày  che  con  pregio  eguale 

chiuda  in  un  piccìol  Globo  il  Cielo  intero ," 

^efio  a  pena  il  capifee  human  penfiero , 

6  Mù  fe  là  Matematica  in  cosi  brevi  giri  puote  nltringere  la  vafiità  del  Mon¬ 
dò  Celefte,  nó9  meno  ingegnofa  l’ Aftronomia Teppe  racchiuderlo  in  un  fo¬ 
glio  :  come  altresì  con  non  dilfimilc  induftria  la  Colmografia  prefe  a  rapprc- 
fentare  accorciata  nella  fuperfìzie  d’un  Globo  portatile  tutta  l’ eftenfione  del 
Mondo  Terracqueo.  Di  che  non  mancano  elempi  nel  Mufeo,  dove  ponno 
vederli 

7  GLOBO  CELESTE,  di  mediocre  grandezza,  rapprefentànte  tutte  le  fi¬ 
gure  Aftronomiche»  coaofciute  nel  fine  del  lecolo  palTato,  col  numero,  e  lìti 
delle  ftelle ,  che  le  compongono .  Egli  è  gentilmente  miniato .  Fù  polleduto  da 
Girolamo  Boncompagni ,  Nipote  di  Gregorio  Decimoterzo  ;  il  quale  ,ftudiofo 
delle  cole  cclefti ,  non  di  rado . 

Del  del  poi  la  natura 

Inveli igando  y  al  fuo  talento  ofiria 
D’  Agronomica  Idea  Globi  rotanti, 

và  per  tanto  del  di  Im  Hamc  fegnalata,  leggendovifi  tìluHrifs, Domìni  Hierony¬ 
mi  de  Boncompagnis . 

8  GLOòO  rEKRESTRE,  l’un  compagno,  fimilrnente  miniato,  in  cui 

Z’  Arte  a  cento  Provincie  t  a  cento  Regni 

Poco  fpalgo  comparte  y 

Confinando  tn  un  foglio  ii  Mondo  intero. 

Porta  ITlcr/ZZ  Ad Serenifsimum EmanuelemPhiliberiumSabaudienfiunìy  cf* 

Subalpinorum  Ducem .  Ds Ha  quale  Opera  ,prr  l’utilira  dell’ufo,  può  ben  dirfe- 
n'c  con  A  eflandro  Magno,  appredo  reruditillìmo  Ghibbefio  nel  faggio  della 
Tragedia  di  quel  nome,  inferirò  nei  libro  de’fuoi  Epodi  Ode  XX. 

.  ■.  —  Il  Orhis  angufii  plagas 

Peragrare  vel  fic  fiSlili  in  sp^ra  )uvat . 

clfendo  veramente  cola  molto  giillofa  il  peregrinare  lenza  fatica  per  tutto  il 

R  3  Mondo 


Tted.  Od. 
10.13. 


Alepi  Guidi 

04.  f.l,  " 


I»B  y  M  f'S  Jf  0  C  0  S  P  /  ^  N  0 

Lft>yi  t  e  Carte 

ri^é>^c.Solèf  *  ^oJìtA^'  CQ^tip^Q  il  filo  pronti 

i)e  Ìa  Terra,  hahilata  in  ogni  farte 

Dove  Jìan  Mariy  e  fiumi.,  e  Valli,  e  Monti, 

TAVOLA  GEOGdAHCJA  Ciocie >  ^oii  la  Topografia  della  Città,  e 
Territorio  di  Gerulalemroe,  ^  luoghi  circonvicini,  ftatnpata  nella  Cina  con 
caratteri  di  quella  lingua,  ^  premella  al  Libro  Cint  le  (opr^delcritto , 

10  Due  Tavole  di  LÒSMOGRAFlA  MARITIMA  ,  di  qualche  antichità, 
lequali,  perche  pji^>  che  alt^p,  Icrvonu  alla  Nautica,  nàgliltrumenndi 
queir  Arte  fi  defcriverannq  più  elattampnte . 

I  f  p,e  gli  firumeqti  poi ,  che  per  le  mifure  delF  uno,  e  dell*  altro  Mondo ,  Su* 
pcriore  ,  &  Inferiore,  ponno  fcrvire,  lomminillrati  parte  dall*  Vranornetria» 
parte  dalia  Geometria ,  vi  fi  feorgono  i  (ullegueiiti  > 

1  ì  GLOBO,  che  moftra  il  moto  del  Sole  ppr  tutti  i  Segni  dei  Zodiaco,  e  la  ra¬ 
gione  dell’ aumento,  e  decremento  de’ giorni,  Egli  è  d’ un  palmo  di  diametro. 

11  ASTROLABIO  di  qualche  antichità.  Di  qucftp  jtrumento,  fecondo 
Giovanni  Stradano,  che  Rampò  in  rame  XX.  Figure  d’invenzioni  moderne  fù 

,  ,  Inventore  Americo  Vt  fpucci,  notap(lone  quegli , 

Lxf/wer/Vw/  Veffucctus  cum  quatuor 
|».455  *4f6.  Stellis  Cruce^  filen^  teferit . 

QueRo  però  del  Mufeo  mi  pare  pià  antico  del  Vcipucci,  E  quando  anche  non 
fulleimidòacredereco!Laciccllott}>chclp Stradano  non  dica  vero,  leggen¬ 
doli  de  dono  Ajlrolabii^dP\on\un^  un  Rag  o  iauicnjo  Latino  di  Cinefio  Vclcovo 
di  Cirene, nel  Tomo  111.  del  a  Libreria  de’  Santi  Padri, icritto  poco  rneno  d*  un¬ 
dici  lecoli  fà  :  &  in  oltre  v‘è  un*  opera  di  Grego^:io  Niccforo ,  che  viRe  intornò 
al  MCCLXXIV.  intitolata 

14  QVADRANTE  TRIGPNOMETRICO,  antichifiìrno,  di  legno,  con 
due  circoli  altìmetri ,  e  le  fue  Regole  d’ Ottone . 

15  oyADRANTE  PLANIMETRICO  Horizontale, fìmilmentedi legno, 
e  d’eguale  antichità,  con  il  Circolo  aitir^tro,  e  le  Regole,  e  fuoi  guernimenti 
d’ottone, 

16  QVADRAMTE  altìmetro»  pure  di  legno. 

17  Due  oyADRANTl  ALTIMETRI  do.tonei  l’uno  maggiore,  l’altro 
minore . 


18  CIRCOLO  planimetrico  Horizontale,  d’ ottone. 

19  Due  ANNELLI  ASTRQISOMÌC1  del  Driandro,  fabricati  dello Ref- 
fo  metallo,  ma  di  Rruttura  differenti.  Deli’ ufo  de*  quali  i’Au.ore  nclcriRo 
Un’intiero  Volume,  che  può  vederfi. 

20  Quattro  SQV  ADRE  diverfe,  pur  d‘ottone. 

21  Due  CII^COLI  ALTIMETRI,  d.fimile  materia,  d/fferenrì, 

22  LINEA,  ò  RIGA  PANTOmETRA,  lunga piùd’un  braccio. 

23  LIBELLA,  ò  liaARCHIPÉNZOLO. 

24  COMPASSO  maggiore,  del Ga,H.ieo,coul'eRremità quadre, 

25  COMPASSO  minore,  dello  Redo,  con  le  punte  adunche.  L’uno, el*aL 
tro,  degniitimodel  luo inventore ,  &  altretr^nto  aggiuRato ^lle  mifure  de’*,  ieli* 
non  però  dell’Empireo,  di  cui  intdc  Monlignor  Toldo  CoRantmi ,  quando 
cantò  nelfuo  Giudizio  Eitremo . 


Veramente  le  Sefie ,  onde  tnjfura 

Df/  Cielo  i  corjì  il  nuftro  corto  ingegno  , 

Errano  fpejfo ,  che  non  tien  Natura 

Strumento  a  comfa^ar  V  eterno  ‘Regno,  Sd  COM* 


LIBRO  T  B  T^Z  0.  £  ÀP.  ìli 

i6  COMPASSO  LARGO»  nella  cm  congiunzione,  è  «ntro  vi  è  una  Bof- 
j  /eletra  da  Calsmita,  con  la  Ruota  de’  Venti  :  (  onde  può  fcrvirc  anco  alla 
[  Nautica)  enclCifcoloefpreffiviinomide’Mffi:  con iannifura d’ un  palmo Ro- 
fljano ,  e  iue  parti ,  da  un  lato ,  e  dall’  altro  quella  d*  un  mezo  braccio  Fiorentino . 
E'  manifattura  di  chi  v’  intagliò  nel  centro ,  dalla  parte  oppofta  al  Circolo  fudet- 

10  L4Vir>entÌHf  Valfari^  Flùrentinm  MDXLIX, 

27  CIRCOLO  d’ottoneperconofcerei  Venti:  onde  può  fervirc  anche  di 
llrumento  Nautico. 

28  EFEMERIOE  SOLARE,  d’ottone.  Hà  dall’ altro  canto  figurato  un.. 
Circolo  pure  de’ Venti . 

29  COLTELLO,  che  aprendoli  in  due  parti  forma  un  bellilfimo  Compaio, 
nel  cui  fondo  v ’  è  intagliata  l’ Arma  de’  Medici ,  per  farlo  fervirc  anco  di  Sigillo . 

30  Divertì  altri  pezzi  di  Strumenti  Matematicii  i  quali  cutti,con  li  (opra  men» 
tovati  (  trattine  j  due  primi  Globi  )  &  altre  cole  del  Muleo ,  fono  ufciti  dalla  Cafa 
de’ Medici,  del  Ramo  di  Leone  XI.  di  cui  fù  Pronipote  CoRanza  de’  Medici, 
Madre  del  Signor  Marchefe  Colpi .  Oltre  quefti  V*  hà  pure  una 

31  SQVADRA  ZOPPA,  Così  chiamano  iProfelTori  uno  Strumento  plani-’ 
metrico  horizontale,  d’ ottone , di  Hgura  quadrato,  di  diametro  bipalmare,  che 

j.  ferve  per  inifurare  le  altezze, eie  piante  de  gli  cdifizii.  Fù  donato  al  Sig,  Mar- 
ì  chele  Ferdinando  nel  fuo ultimo  Confalonierato  del  1 573.  dal  Sig.  Camillo Sa- 
;  cenci ,  publico  Geometra,  &  Ingegnerò  di  quello  Illuftrifltmo  Senato. 

I  32  Tré  GLOBI  d’ottone,  tutti  traforati,  due  maggiori  (de’ quali  uno  è  la* 

I  vorato  alla  Zimina,  e  1*  altro  fchietco)&  il  terzo  minore:  contenenti  ciafchc- 
(  duno  una  Lucerna  da  olio  in  tanti  Cìrcoli»  equilibrata  in  maniera,che<^uefte  sfe¬ 
re  panno  girarli  per  ogni  verfo ,  efqpra  quallivoglia  piano ,  fenza  che  li  fpanda 
l’ olio,  Qs’eftingua  il  lume  raccbjufovl.  Diquefìele  nefàpur  menzione  tra  le 
Lucerne  antiche ,  al  num.  2  2. 

33  Otto  GLOBI  di  CriRallo,  dorati,  di  più  d’ un  palmo  di  diametro,  foRe- 
puci  dal  oro  iPiedeRalli ,  nobili ,  quantunque  di  legno,  per  T artifizio,  eh’  è  fingo* 
lare ,  e  per  i’  oro ,  che  in  tu|ta  la  luperfizie  loro  rilplende  >  non  altrimcnte ,  che  in 
quella  de’Giobi  medefim>>  Sono  difpoRi  in  modo,  che  recano  particolare  orna¬ 
mento  ,  anzi  acccelcano  fuRo  alla  fuperbia  del  Corniciocto,  che  ferve  di  maeRo- 
fa  corona  a  gli  Scaffali  del  Mufeo  :  nella  cui  fafeia  li  legge  a  gran  caratteri  d^oro 
efprcffa  queRaIfcriz?ione. 

ERVDITA  HAEC  ARTIS ,  ET  NAT  VRM  MAC HìN AMENT  A  AD  EXCU 
I  T  AND  AM  ANTL^ITATIS  MEMO  RIA  M\  FERDINANDVS  E^ES^ 

BATLIFVS  ARETII^  MARCHE)  CETRIOLI,  SENATORIE  DE  COS- 
PIS,  SFPERAND^  DICAflT  IMMPRT ALIT 4X1  A  D,  MDCLVIII. 
ET  HAEC  MISCELLANEA  PEREGRINA  SFPER ADDITA  MDCLXII. 
.  34  globo,  ò  PALLA  di  miRura di  varie  cole fufe. 

■j  35  Alia  Matematica  appartengono  anco  gli  HORl VOLI,  de* quali  per  cf- 
i  iervene  copia  nel  Mufeo ,  le  ne  favella  feparatamente  nel  Capo  legueiue . 
i  ■  ■  ■  ^  - 

;  De  gli  Horiueli,  Cap,  IV. 

i  . 

;  t  He  naturalmente  fi  polla  lendere  vifihilecftfa^chc  per  natura  fia  invifibi- 

Vs.^  le-,  pare  che  tralcenda  ilimiri  del  credibile.  Epureegii  ètucc’altto-che 
I  paradotìo .  L’ Ingegno  humano ,  che  sa  farli  Rrada  per  tutto,  hà  faputo  trovarne 

11  modo:  e  l’ Arce  da  lui  inventata  ne  pratica  in  varieguife  gliefempi  ne  gli  Hor 
siuoU.,  facendo  in  effi-conftfiarqueRa  vecità  aflc  lingue  >  quantunque  mute-,  e 

predi. 

i 


Moi. 

il* 


i»  r* 


PLl.ì.  f.*r6 


PUi.i.c.  B. 


Od.  26.  15. 


L.'ì.Aeìtng. 

èat. 


too  S  È  0  C  0  S  P  I  di  N  0 

jJredicarné  h  chiarezza  ffno  all’  ombre  i  mentre  Con  l’ indizio  di  quelle  in  alcu¬ 
ni  »  e  di  quelle  in  altri ,  dà  a  vedere  il  Tempo , che  per  alerò  è  invifibile,  d’ hora  in 
bora  fparito  •  C  toccarne  con  mano  ad  una  ad  una  le  lue  parti  notoroizace  a  minu^ 
to,  anzi  a  minuti,  e  feconde»  momenti,  ed  attorni,  come  ne  gli  Horologipiù 
ditti  per  leolfervazioni  Altronoraiche più  moderne:  ne’ quali,  meglio, che  al¬ 
trove,  come  direbbe  il  Cavalier  Gio.  battilla  Teodoro,  loavilfimo  Cigno  di 
Partenope* 

I/  Tempo  A  gli  occhi  ignoto 

Dei  fuo  corfo  immortal  mifura,  il  moto  . 

2  La  Città  di  Babilonia,  quantunque  porti  nel  nome  la  confulìone,  fù  la  Mae* 
(Ira ,  che  infegnò  a  dividere  il  giorno  in  bore ,  mentre  i  fuoi  Cittadini  ne  prelcrif* 
fero  la  regola  col  Gnomone  da  elfi  inventato,  come  nota  Erodoto ,  il  Padre  della 
Greca  Iftoria .  Il  che  è  fama,  che  fuccedelle  i  n  un  mezo  Cilindro  cavo,  ò  lìa  Con¬ 
ca  fcmicircolare ,  diftinta  con  linee  in  proporzionata  diftanza  difegnate  :  nella-, 
quale,  col  mezo  di  uno  Itilo  di  ferro  oppofto  a’ raggi  Solari,  in  modo,  che 
r ombra cadellefopra  i  legni  notativi,  fi  dimollrava  la  quantità  delle  hore  già 
fcorle:  e  ciò,  che  nel  quarto  Cielo  tien  fecreta  laluce,  ad  un  mutolo  raggio 
d’ ombra  fi  facea  dire ,  con  maraviglia  del  Sole  medefimo  ,che  ftupiva  di  vederli 
prefo  in  unarete  di  poche  righe  . 

3  Da’ Babilonii  l’appreferoi  Greci  »i  quali  tal  cognizione  appcllorno  Gno» 
monte  A  :  c  la  Città  di  Sparta  fù  la  prima  di  tutta  la  Grecia ,  che  la  vedelfe  pratica¬ 
ta  in  un’  Horiuolo  da  Sole ,  dclineatovi  in  publico  da  Anafimene  Milefio ,  difee- 
polodi  Analìmandroi  il  quale  perciò  da  Plinio  fù  creduto  l’Inventore  di  que¬ 
lla  forte  d’ Horiuoli ,  mentre  ne  fcrille:  VmhrArutn  hanc  rationem ,  &  quam  no» 
cant  Gnomonicen  ,  invenit  Anaximenes  Milelìus  ,  Anaximandri  ,  de  quo  dtxi» 
mas, & Thaletis difcip’tlus'.  primufque  horologium ^  quo d  appellant  Scivtericon% 
Lacedamone\  oftendit .  Altri ,  tra  quali  Domenico  Gisberti  Poeta  Cefareo ,  attri- 
buifeono  r  honore  di  quella  invenzione  ad  Anafimandro  medefimo. Ma  fe  Ana¬ 
li  mandro  pur  n’  hebbe  notizia,  il  che  non  vùò  negare,  ellendo  egli  flato  il  primo, 
che  feri  vede  delle  Cole  Celelli  :  quella ,  come  quella  del  luo  difcepolo ,  fervi  a 
render  l’uno,  e  l’altro  anzi  Propagatore,  che  Inventore  di  limili  Horiuoli,  fo 
l’invenzione  loro,  come  prova  a  ballanza  la  gravilfima  autorità  d’ Erodoto Scric- 
tor  Greco, e  di  moki  fecoli  più  antico  di  Plinio,  nacque  affai  prima  appreffo  i 
Babilonii;  tra  quali,  potiam  dire  col  Teodoro,  che  molto  tempo  inanzi. 

fu  chi  di  Febo  al  chiaro  lume  affji'e 
D'  Aritmetiche  idee  Marmo  fegnato^ 

Forche  de  /’  hore  il  tranjìtorio  slato 
L'  ombra  d'  un  ferro  a  dichiarar  fen'  giffe, 

4  Tfaffe  per  tanto  sì  gentile  artifizio  la  lua  denominazione  dal  Sole .  Che  pe¬ 
rò  tù  appellato  nel  Lazio,  a  cui  trovali  communicata  sì  bella  invenzione 

fioo  al  tempo  di  Marco  Varrone,  il  quale  atte fta  d’haver  veduto  in  Paleftrina  un’ 
Horiuolo  a  Sole  difegnato  da  untale  Cornelio»  Icrivcndone:  ut  Pranejìe  inci* 
fum  in  solario  vidi ,  qubd Cornelius  in  Fafilicà  JEmilià ,  ’éf  Fulvia  inumbravit ,  So¬ 
pra  il  qual  luogo  Adriano  Turnebo  gcnti'ilfimo  Commentatore  così  notò. 
Inumbrare  autem  de  Solario  apte  dixit  ^  ex  umbris  horas  qn arente  ;  undee)us  umbili» 
cus  qui  Gnomo  dtcitnr  y  r*/*^^**  »  tanquamindagator  ùmbraVOcatur  .  Inumbra» 
Vìt  igitur ,  ex  deferiptione  umbra  computavit  :  quod  horologium  WìUMnftadi  , 
dicitur^  Pafsò  poi  sì  ciirìofa  mifuradcl  Tempo  a  Roma ,  introdottavi  da  L.  Pa¬ 
pirio  Curlorc ,  i  !  quale  da  taluni  ne  fu  creduto  Inventore ,  benché  folo  Propaga¬ 
tore  ne  fuffe  ;  perche ,  al  dire  di  Fabio  Vertale ,  riferito  da  Plinio ,  fece  nel  Tem¬ 
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pio  di  Quirino  deiineare  un’  HorÌ4K)lo«  Sole  in'{odisfacinientó‘del  voto ,  che  nc 
havea  fatto  (uo  Padre.  Il  che  fù  l’annodi  Roma  CDL.  e  CCCXIV.  avanti  la 
nafcita  del  Redentore  del  Mondo.  E  trent’ anni  dòpo,  cioè  nella  prima  Guerra 
Cartaginele»  M.  V^alcrio  Mollala  Gonfole,  al  riferir  di  Varrone  pur  citato  da  Pli¬ 
nio,  «e  fece  primiero  metter’  uno  in  publico  (opra  una  Colonna  appreflb  i  Ro- 
fìri,  il  qualchaveva  egli  fitto  tralportare  dalla  prefa  Città  diCatina  in  Sicilia. 
Ma  perche  olTervòlTi,  che  faceva  fvarii  notabili,  nec  congruebant adi}orase\us  linea 
come  notò  Plinio ,  ne  fù  pofcia  da  Q;_Marzio  Filippo  Cenfore ,  novantano  v*  an* 
ni  dopo ,  fatto  collocare  un’  altro  piùcfatto  vicino  a  quello .  Il  chelù  giudicato 
per  uno  de'più  grati  doni,  che  mai  rice verte  quel  Popolo . 

5  Si  molti piicorno  pofcia  quelli  HorOlogi  in  guifa ,  che  in  tutte  le  Città  quali 
per  ogni  ftrada  fe  ne  vedeva  alcuno:  come  pare,  che  inferifca  Aquilio ì òlla 
Plauto,  come  dubita  Gellio,  in  certa  Comedia,  eh’ egli  appellò  Boeotia,  intro¬ 
ducendo  in  erta  uno  ingordillìmo  Parafito ,  il  q ua!e,  per  rabbiola  fmania  di  man¬ 
giare,  deteftando  la  preferizzione  dell’ bore  del  prarifo,  prima  indeterminate, 
caricò  di  maledizz-ioni  quell  Ligegno  Tempre  lodevole,  che  fù  l’ Inventoredi  sì 
utile  mrtura  del  Temp  i,  proferendone  i  feguenti  verlì ,  ferbatifì  alla  luce  trà 
rombreilluftri  delle  Notti  di  Gellio.  * 

Vt  illum  dii  perdant.,  primus  qui  horas  reperita 
^jtique  adeb  primus  fiat uit  hìc  SoUr.iupit^ 

mthi  comminuit  mifero  articulatifn  ^iem; 

Nam  me  puero  venter  hic  -erat  Solarium 
Multo  ommum  ifioruni  aptuinum,  0“  'verifpmum^ 

Vbi  ilie  monebat  ej]^  xum  nihil  erat. 

Nunc  etiam  quod  efl ,  non  ejhur,  nifi  Soli  lubet ,  ■  i 

Itaque  adeo  \am  opplettifn^  fl  oppidum  Solariis-, 

~  Vt  ma]or  pars  populi  aridi  ' reptent  fame , 

6  Mà  perche  l’norologio  Solare  nonpótevalervire  jchc  per  il  giorno,  ne  fù 
per  l’ufo  della  notte  trovato  un’  altro, che mifura va  l’ore con  l’acqua,  c  Gléflì- 
dràchiamavafì»  di  cui  v’hàchi  ne  allega  ,  ò  fe  ne  fingein  ventore  iincertoClef» 
fìdro  Alertandrino  'jche  lelafciòii  fuooome:  cheamè  fembra  più  rollo  dedot- 
todàlla  proprietà  di  tale  ftrumehto.  Era  quello  un  vàfb  di  vetro  con  unòangu* 
llìllìmò  pertugio  nel  fondo,  &  una  Hncà  tiratavi  da  una  parte  cori  diftmtamentfe 
fègnativi  dodici bore  .  Em^i  vali  d’ acqua  ,  la  quale  per  quel  buco  apoco  a  poco 
ulcendo ,  lalciava  luogo  di  fefenderè  ad  un' pezzo  di  fòiieroi  che  dentro  vigaleg- 
giava ,  con  in  fe  fitta  Una  verghettan  che  colla  punta  additava  i  numeri  dell’  bore 
trafeorfe ,  Invcnziortè  cavata  da  qùè’tvafidi  creta,  che  ufanfì  da  Giardinieri  per 
inaltìire  i  fìorì,£hiamati  anticamente  Gieflìdie  ,&  oggidì  NuvoJé  di  créta  .Ser¬ 
virono  in  particolare  gli  horologi  daiacqua  nelle  publrche  tmmirtiflraziOni  del¬ 
la  Giullizia,  mifurandolì  conellì  il  tempo  a  chi,  orando,  diffendeva  giudizial- 
mante  qualche  Cliente, ò  v’ arringava  contro;  onde  neniCqueil  proverbiosi!^ 
clepfydr  am  dicere .  E  di  queftì  vali  fcrilTero  trà  gli  antichi  Apule/o ,  e  Paolo  Si- 
lenzi.irio:  e  trà  moderni  Pierio  Valeriano, e  Celio  Rodigino.. 

7  Purtandofi  poi  dall’  acqua  alla  polvere,  l’ invenzione  delle  Clclfidre  parto¬ 
rì  quella  de  gli  Spolverini,  ò  lianoh  arinoli  da  polvere ^.ne’quali,  come  cantò 
i’eruditiflimo  PadreGiovannìdeBulfiere's  Giefuira. 

'■  i;»!—  — vitro  Hat  molUs  arena. 

Et  tranfit  , 

dell’Inventore  d'’  quali ,  che  non  fisa ,  il  CavahVr  Teodoro. 
ih  chi  ’»  due  Vetri  concavi  rinchiufi 


Mofeard. 
l.  3-  Muf. 
c.  170. 
Cai,  ^hod. 


P.  Afaouc. 

yidag  f.mirn 

hi  378. 

Stltnt,  An- 
thel,  l,  4, 

In  Etfc.ta» 
fil  •  Lvgdnn, 


Od,  26. 13, 


Sdptit  rt- 
rktre  P.II, 
f.  46.^7. 


L.  !•  ipiff. 

4S. 


Od»  24,  7, 


»oa  M  y  s  E  0  CoSEIAKO- 


"'r;  Tv'i'*  j  ;  Minuta  moltitudine  d*  arene  • 

,  ■  E.  da  quelle  in  filar  limpidi  vene 

i  i  Lyftropo  ingelosì  t  Ciato  delufe^ 
e  qtiedi  riufcendo  molto  piu  commodi  cagioaorno  il  difufo  di  quelli . 

8  Quantunque  però  ingegnole  tutte  quelle  maniere  di  m.lurare  il  Tempo, nè 

clalcuua  a  parte ,  nè  tutte  inlìeme  potevano  di  giorno,  e  di  notte  egualmente  Icr- 
virc*enelprivato,enelpubIico,&a  vicini.&alontani.  Onde  per  lodisfarc 
atutte  quelle  intenzioni ,  fu  inventato  1*  Horolog  o  a  Ruota,  prima  muto,  e  poi 
parlante  colia  bocca  d’ una  campana ,  e  meglio  di  tutti  gli  altri  valevole  a  dar  re> 
gola  a  tutte  le  azz  oni  d’ un  Popolo .  1  Poeti  Italiani  lo  chiamano  particolarmen¬ 
te //^r/W/s,  a  differenza  di  quello  da  Sole,  che  intendono  lotto  nomedi 
drante  tcome  dvcccì  reruditiilìmo  P.  Angelico  Aprolìo,c  per  elio  notòlloSapri- 
cio  Saprici ,  Ipiegando  quel  vedo  del  Marini  delcrivente  la  lera  nel  luo  maggior 
Poema,  Cant.  1  J4. 

E  cedeva  il  .^u^adrante  a  I'  Hot iuolo» 
tolto  non  hà  dubbio ,  da  Luigi  Pulci ,  che  nei  luo  Romanzo  IcriHe,  Cant.  23. 2. 
Haveva  il  Sol  coperto  il  Matin  Suolo  ^ 

La  Luna  il  lume  fuo  tutto  moHrava , 

Cedevan  gli  Squadranti  a  1‘  Hor iuolo . 

Miracolo  è  quelli  della  Indultru  humina ,  che  ne’  Cerchi  di  tale  ftruraento  lep- 
pe  incantare  il  Tempo ,  che  mai  puotc  fermarli  :  e  nelle  anguftie  loro  imprigio¬ 
nò  chi  lemprefciolto  le  n’ vola:  c  diede  a  vedere  condannato  alla  Ruota  chi , 
come  reo  di  morte ,  fù  fempre  fuggialco  .  Invenzione ,  come  fembra ,  dedotta 
da  Vitruvio, là  dove  inlegnafabricarCarrozzc,chemoftrinoquar)tc  migliali 
facciano  d’hora  in  bora  i  ma  refa  tanto  più  vaga,  quanto  più  utile  ,come  quella, 
che  milurando  con  ogni  aggiuftatezza  il  Tempo,  regola  tutte  le  facende  civili, 
c  ferve  non  meno  a  chi  è  aliente,  purché  in  proporzionata  diftanza,  che  a  chic 
prclcnte;  aqueUi palclandol’hore, òconPindicefolo,  con  cuisìmaraviglio- 
follrumento.  ^jtel  che  cela  nel  fen  fempre  nel  volto. 
òcol  luono  inlìeme  di  percolfa  Campanarie  addattatavi  lia ,  come  ne  gli  Horo- 
logi  publici  ;  a  quelli  col  fuonofemplice,con  cui  fin  nelle  tenebre  più  denfe ,  ed 
a  cicchi  medelìmi ,  a  quali  fervono,  di  pupille  gli  orecchi ,  fàfcorgerc  a  minuto 
il  numero  prefillo  delle  bore  volate.  Onde  di  quelli  meglio,  che  di  quedida  So¬ 
le»  potrebbe  fclamarnc  Cafliodoro.  Inviderent  talibus  y  f  aFira  fentirent y  ét 
meatum  f li  tim  fortafe  defleilerent  yue  tali  ludibrio  fub\acerem , 

9  Ma  nè  meno  di  quella  maniera  d’horologi  li  sa  1  Inventore,  che  pure  è  me¬ 
ritevole  d’alta  lode.  E  le  bene  il  Cavalicr  Teodoro  ne  attnbuilce  l’invenz.onc 
ad  Analimandro  ,  di  cui  s’ è  poc’anzi  fatto  menzione}  e  di  lui  ,c  dell’  horologio 
da  ruota , e  da  luono  così  cantando ,  ove  dell  ’  Ingegno  humano  dice  • 

Ei  die  fonare  voci 

jì  Flrepitofo  ordigno ,  ei  fu ,  che  ’  nfufe 
-  'C  '  ,  Anima  al  bronzo  y  e  chiufe  , 

mentre  a  ferrea  prigion  I'  hor  e  veloci, 

'■  :  -  Incognite  non  fono 

li  Del  grande  Ànafmandro  hoggi  le  glorie» 

Narran  /’  Attiche  Hiflorie 

Com'  e’  die  prima  a  /’  Horologio  il  fuenoi 

Egli  in  girevol  trono 

L'.etÀ  tìpofcy  e  di  pi»  rote  al  fine 

Grnblle  il  carro»  e  circondblle  il  trine. 


Con 


LIBRO  T  n  R  2.  0.  CAfi  IV.  aoj 

Cm  numeri  ineguali 

L'  orme  del  Tempù  'a  tothfutAr  fi  mift^ 

Et  à  Eebo  commife , 

'Che  col  firn  ardòr  gl'  incenerifcc  /’  ali. 

Con  periodi  incontpr^ 

Difiinfe  il  giorno  in  lunga  ferie  d*  herel 
Con  regolato  errore  ' 

E  e  de  gli  ABri  la  sii  gii  Òrbi  palefii 
"Da  lui  furono  apprefi 

Del  Cielo  i  motiy  onde  al  fio  fiu^rdo  avante 
Sembrò \l*  Eternità  fdrfi  un'  ijlante  , 

Machina  impa/^iind 

L'  ArtifiTfo  feihbyòy  che  *l  Tempo  addita] 

Sfera  ,  che  fptfiò  invita 

Febo  a  precipitar  ne  I'  Octidehte : 

Di  lubrica  V orfana  ^ 

Volubil  carro ,  é  vacillante  figlio  \ 

Infermo  Campidoglio 

Ove  r  Etaie  i  fuoi  trionfi  aduna  t' 

T omba  del''G iorno  <  euna  y 
Ove  r  bore  con  metodo  fonoro 

futieral  del  Dì  formano  ìin  Choro. 

Queftà  àflferzìone  parta  per  (empiice  lcortà  di  Peiìnà  Poetica  ,  non  per  dettato 
Ittorico.  Perche  chi  fà  Inventore  d¥ll  *  Horologio  Aoafimandro  ,  inrende  di 
quello  da  Sole ,  coiti’  efpreffe  il  foptaciràto  Doitienico  Gisberti ,  Poeta  Cefareo, 
nel  primo  Volume  delle  lue  MuferQuaniunquie  a  quelli  reclama  Plinio,  che, 
comes*  è  notato,  actributlce  quell*  honore  al  di  lui  difcépolo  Anafimcne:  &ad 
amendue  dà  sù  la  voce  Erodoto ,  che  àflfai  più  antico  di  Plinio ,  lo  riferifce  a’  Ba- 
biionii , come  da  principio  li  diflfe .  E  k  quella  invenzione  è  antica,  quella  è  mo¬ 
derna  ,  come  nata  dopo  quelle  dc  gli  altri  horologi  da  Sole ,  da  acqua ,  e  da  pol¬ 
vere, 

10  Ma  fc  non  fi  sà  l’Inventore  dell’ Horologio  a  ruora>  &  a  fuono,  non 
5’  ignora  almeno  chi  ridulfe  quella  invenzione  a  perfezzionc  infuperabiltj  che  fù 
quel  famofo  Giannello  Torriano  Gremonefe  •  rArchimede  del  leccio  tralcorlo: 
il  quale  in  un’horoiogio,  di  mille,  e  cinquecento,ch’egJi  donò  a  Carlo  V.  leppe 
elprimcre nonfololamifuraordinariàdèirhore,  ma  anco  i  moti  regojanffimi 
de’  fette  Pianeti ,  e  de’  loro  Cieli, c  dell’  ottava  Sfera,  con  quello  inlìeme ,  che  di 
Trepidazione  lì  chiama.  Onde  meritò,  che  quel  Monarcalo  dichiarade  Princi¬ 
pe  de’  Matematici,  come  quegli, che  al  pari  d’ Arch  mede,  ma  in  materia  più  foda. 

Omnes  efl  orbes ,  varios  cmliepue  meatus 
Defignare  rotis 3  ó‘  parvum  condere  Mundum. 

1 1  Di  quelli ,  dirò  più  tollo  Horolog! ,  che  Horiuon ,  già  che  fono  vocali,  ne 
trattano  diverfi .  Di  quelli  da  Sole  ne  fcrilTero  in  particolare  Cnlloforo  Clauio, 
Giovanni  Padovano  ,  Giovanni  Stoffierino ,  Giulio  Fuhgatto,  Muzio  Oddi, 
Oronzio  Fineo,  AtanalìoCh'irchero,  &  altri;  tra  quali  non  fono  da  tacerli,  come 
che  ne  habbiano  in  pronto  per  k  Stampe  de’  Trattari ,  molto  deliderari ,  A  leffan- 
dro  Capra  Cremonefe  ,a  cui  deve  l’ Architettura  molte  belle  invenzioni ,  come 
nelle  di  lui  Opere  lì  vede:  &  il  P.Sifmorfdo  Corio  Milancfe,Bernabica,  Inven¬ 
tore  de’ milleriolì  Horiuoli  a  Sole  nel  TfonodiSàlomone, e  nella  Tavola  del 

Croci- 


Fida,Ae.ìI 

frg  Cremo», 
adv  Papttn 
in  controv. 
Prive,  p.tj. 

.Ang  Bare», 
tn  Genttht» 
Crem. 


Ì04  V*  My.  S  M^O  Cfi  S  P  I  A  N  0 

Crocifìffojfpiegati  dal  Dottore  Francefco  Maria  Bordocchi  Bologncfe  in  un  gran 
foglio  volante  >  e  lodati  dal  F.  S.  G.  pure  Bcrnabita  in  quello  bellilTimo  Elogio . 
pro^  ^uam  avidum  Vita  àtfiderium  (Ji  ^ 

Cuyis^  horas  ,  *tf  protrahat  nojìra  Gmmomctu* 
ilio  metitur  ¥  ilio , 
per^^uem  fecit  fecula  Pater  !. 

Elatus  in  Cathedram  Crucis  Magifier  Chrifust 
Tanquam  in  Solio  Salomon , 
teciionem  habet  de -Tempore, 

,  .  Sane  - 

'  '  rum  iota  illìns  natura  ft  labi. 

Explicari  aliter  melius  ^ 

'quam  ab  expirante  non  poterat 
Piovo  titulo  Tempus  pr  et  tofum  eff^ 
de  iifdem  mineralibus  exit , 
unde  Redemptor  Sanguis  Orbi  redimendo  profluxit. 

Liberalis  in  ceteris  chriftus 
Solius  temporis  avarus  eU 
quod  habuit  pr  agnitum  à  Patre,^  j 
Illud  ergo  ne  prodigant  Homines  v-r 
Heratim  ipfe  diftribuit, 

^ui  venit  in  plenitudine  temporis  l 

btter  Horologia  medius  fift  i  tulit  y  st 

circumquaque  Horis  pleniffima.  ~  -  .5  ,, 

Eacundus  Orator  ut  eft  » 

Temporis  fugam 
Quadrimembri  periodo, deferibity 
eamque  notam  omnibus  volens 
y^fffronomico  ,  babilonico  •  Italico  >  Antiquo  y 
omni  demum  idiomate ,  ac  fiylo  proloquitur , 

Tidem  nega ,  fi  potes . 

quodeunque  Horologia  dicunt  y  confirmat  chriflus  y 
eorumque  Horas  c  Cruce  definit  y 
tanquam  ex  Cathedra  Veritatis . 

Quin  &  fi  velis  atithenticamy 
Agit  ipfe  Tabellionem  y 
J>um  fua  manu ,  fuoque  clavo  fubfgnat  ; 

Ipfis  velufque  pedibus 
planetarias  horas  infinuat. 

Ad  eos  te,  fpeclator  y  contritum  expeHatx 
quoniam  tu  lentus  es, 
iRe  y  ut  horas  attemperet  moris  tuisy 
fi  penitus  franare  non  poted , 
f  ait  em  fic  \ubet  progredi  pedetentimx 
at  vel  iffam  fiduciam  time  ,  fi  fapiSi 
in  tanta  horarum  ferie 
Difcernit  chriUus  fuam  y 
qua  tranfeat  ad  Patrem  de  Mundo  i 
fubticet  tuam 

qua  moriens  tranflbis  adhtdicem, 

t2  Nè 


L  l  'S  K  0  TERZO.  CAP.  IP.  .105 

"li  Nèfoloi  Matematici, ma  gli  Oratori  talvolta  *&i  Poeti  gareggiorno  nel 
defcrivererartifìziodi  quefta  forte  d’horologi, anzi  di  tutte  le  altre,  feoprcn- 
done  infieme  pluralità  di  mifterii ,  e  fignificati  gentiliflìmi .  Così  particolarmen¬ 
te  fece  quel  grande  Ingegno  di  Pierfrancefco  Minozzi  Monfavinefe,che  illuftrò 
r ombre  dell’ horiuolo a  Sole,  dettandone  uno  intero  Volume  di  fpiri  ofiflimi 
Componimenti  Poetici  Tofcàni, e  Latini  d’ogniforte,  ch’egli  intitoìò  Horo/o~ 
gium  Solare,  ededicòlloa  D,  Antonio  Mufcettola  Principe  di  Spezzano,  e  leg- 
giadriflìmo  Poeta .  Alla  quale  Opera  alludono i  feguenti  verfi  d’amica  Mula . 
^uem  numeris  aquas .  & .  dum  mihi  terminat  Horas , 

Petre,  vides  HORAS  perpetuare  tuas: 

.  Non  femper  generum  fpecies  confpexit  eafdem 
Fhabus.Jit  quamvis  id.  quod  is  ante  fuit, 

E  diqueftaforte  d’horiuoli  (giachefolod/ quella  forte,  perche  fono  antichi, 
nehà  qui  pollo  il  Sig.  Marchefe,  a  cui  non  ne  mancano  de’preziofi  da  rota, 
d’oro,  e  d’argento,  che  ponnovcderfi  nella  fua  Cala,  e  Galeria)  nel  Mufeofe 
ne  offcruano  i  fulfeguenti , 

13  HORIVOLO  SOLARE,  rettilineo,  quadrangolare,  di  legno,  che  può 
irrvirc  per  tutte  le  parti  del  Mondo ,  fatto ,  come  mollra  l’Ifcrizzione,  da  Minia¬ 
to  Pitti  Fiorentino,  Monaco  Olivetano,  del  1553.  Dall’altra  parte,  ferve  per 
Quadrante  dell’  bore  nella  latitudine  di  gradi  XLIII.  e  minuti  XXX.  e  v’è  di  van¬ 
taggio  figurata  in  un’ angolo  la  Rota  Gradifolare,  di  mano  del fudettp artefice, 
che  v’aggiunfcncll’angolo  oppollo  la  Bora  dell’ AureoNumcro,edcll*Epat. 
ta,  notando  vi  nel  centro  H/SiC  ROTA  COEPIT  1558.  &  in  tré  lati  del  C^a« 
drante  quella  memorabile  Sentenza . 

Tempora  lahuntUr .  tacitifque  fenefcimus  annis . 

Et  fugiunt,  frano  non  remor ante .  die s , 

Alla  quale  inerendo  Antonio  Guzzi  gentil  Poeta  Napolitano,  così  del  Gnomo- 

mone  fcriffe  a  Tefli  lo,  ,  ... 

Thellyle.  qua.  tineas  rerum .  difcriminat  Horas. 

mihi  praeipites  denotat  umbra  dies. 

Afpice  ut  Athereos  Pkcebo  currente  per  orbes 
Isi  a  futs  gradibus  mòbile  fignat  iter, 

Senfim  declivi  labuntur  tempora  curfu 

Vitaque  non  aliter  quam  levis  umbra  fugit , 
l  nunc .  ér  Soles  homini  promitte  ferenos . 

Nigra  fuos  quando  dividit  umbra  dies , 

14.  QVADRANTE  hoxc  àsole.  Luna, & Stellis .cog 

me  v’  è  dentro  notato , opera di  chi  l’intitolò,  e  vi  fcriffe .  Quadrans  generalis 
horas  indicans  à  Sole .  Luna  . &  Stellis ,  Ahfolvebat  Hylari  anno  C hrisH  i  5  5,0.  E' 
d  Ebano,  con  1  foni  menti  d’argenro.  Vifonoefprcffidue  Horologi  di  dentro, 
1’ uno  Horizontale,  e  l’ altro  Murale.  E,  di  fuori  ve  ne  hà  un’altro,  fotto cui  fi 
legge.  1.  .■■■■■  fatorum  ejl  leges  edicere  fati , 

Non  funt  immenjls  opibus  venalia  fata, 
edalP  altro  lato  in  una  gran  lattea  d’argento  intagliati  in  lingua  Francefe  fi  feor- 
gono  i  nomi  di  quaranta  Città  principali ,  alle  quali  può  fervire ,  notatavi  la  di- 
verfità  nell’  elevazione  del  Polo  ,giufta  i  liti  loro;  e  tra  quelle  vi  fi  legge  Bologna, 
15  HORIVOLO  Horizontale  tondod’ottone.che ferv^airelevazione  del 
Polo  Artico f opra  1’  horizonte , di  gradi  43.m.  30.  in  cui  fono  notare  le  boreali 
ufanza  1  alianacoa  linee  feguite ,  &  all’  ^flronomica  con  righe  di  punti  ,,L  ope¬ 
ra  è  di  chi  v’ incile  quelle  lettere.  HIEKONTMVS  VVLPARIM  TLORENTJNVS 
^  %  '  TACIi- 


iL.L,infrin 
ctp.  ^gno» 
mel. 


ap.  Cani,  à 
S.Am.Pa. 
tav,ta  Art. 
Ep.  cap  f. 
nu.  188.  pagi 
Viiht  133. 


Mintt.Hor. 
S  ei. E f  ti. 


'Id.  tf.  90. 


Jhìd.  Madr. 
9- 


206  M  y  s  B  0  C  0  S  P  I  A  N  0 

FACIEBAT  A.  D.  E  fe  in  effo  paria  il  Sole  con  lingua  d' ombra, 

chiaramente  palefache 

Dedecet  occiduos  fingere  luce  dies . 

16  HOROLOGIO  verticale  da  Oriente,  a  Ponente,  fatto  dalmedefi- 
ino  Girolamo  Volpara,  ò  Volpaja  Fiorentino  del  1590.  alla  latitudine  di  gr.  4^. 
min.  30,  in  cui . 

Duf»  nobis  horas  horofeopa  fignat  amujjls , 

Lyfd  ptrfendictiltm  'vita  caduca  fugit , 

17  CASSETTA  di  legno,  in  cui  l’arte  impreziosì  la  materia  per  fe  vile, 
difegnandovi  noue  Horivoli  a  Sole ,  tutti  differenti ,  perche  in  altretance  manie* 
refi  verificatfe  delta  mede  lima,  quel  moral  fentimcnto  del  Minozzi. 

chiufo  il  Veglio  annofo 
Veggo  in  ombra  ferrataci- e  ferro  ombrofo ^ 
che  fprigionato  fttort 
Con  I'  ombre  a  noi  d'tferr/i  horride  1'  borei 
E  mofira  a  noi  con  quelle  ofeure ,  e  corte , 
che  '  l  Viver  vive  in  carcere  di  Morte . 

18  Altra  CASSETTA  di  legno , quadrata,  ma  lunga,  e,  fc  vile  per  la  ma* 
teria,fimilmcntepreziofaperrarte,  che  in  cinque  de’lati  efteriori  v’efprefTc 
altrctanti  horiuoli  Solari  differenti:  e  lavoratala  in  modo,  che  fi  può  aprire  in 
due  parti,  vene  dilegr.ò  dentro  altretanti  di  verfi  da  primi.  In  uno,  che  rnoftra 
leXlI. horedelgiorno,  ’ènotato  VT  CORPORIS  VMBRA  FVGIT  MORA.  E 
nella  circonferenza  d* un’ altro  horizotitale,  fottopoltovi,  fi  leggono  i  nomi, e 
fito.equalità  de’Venti.  La  quale  moltiplicità  d’horologiin  un  corpo  folo  pa- 
lela  qui  meglio  ,che  altrove,  la  varietà  dt'colori  Retorici  del  Tempo  oratore, 
che  in  tante  maniere  ci  predica  la  fugacità  della  V  ita .  Di  cui  perciò  faggiamen- 
te  cantò  la  moral  Mula  del  M  nozzi  nel  lopracitato  fuo  libro , 

Tempus  y  ut  Orator  y  volucres  hìc  pradicat  Horas , 

Linguam  Oratoris  cttfpis  acuta  refert , 
si  vis  Rhetoricos  Orantis  nojfe  colores  y 

Cerne  Vmbram;  Vi  fa  e  fi  labilis  umbra  color. 

>9  HOROLOGIO  SOLARE  in  un  Globo,  in  cui  oltre  la  mifura  delle  bore 
fi  moltra  il  moto  del  Sole  per  tutti  i  Segni  del  Zodiaco  ,e  la  ragione  del  crelcerc, 
c  calar  de’ giorni. 

20  SOLARIO  CILINDRICO,  òfia  HORIVOLO  SOLARE  fattoa  co¬ 
lonna,  con  linee  rode,  e  nere:  quelle,  per  moftrar  l’hore  avanti  mezzodì  ; 
quelle,  perle  pomeridiane.  Eie  ultime  a  ragione  fon  nere. 

pfque  etenim  ad  tenebras  Vita  caduca  migrat . 

Oltre  di  che  Hos  duci  ad  tenebras  funeris  umbra  notat. 

^3’  Nella  circonferenza  del  capitello  VI  fi  legge . 

In  fua  convolvit  'fe  Boi  vefiigia  femper . 

Sopra  il  picdfftallo  vi  fono  cfpreffii  Segni  del  Zodiaco,  e  nomi  loro,  c  de’ Meli 
corrifpondenti .  ‘ 

21  HOROLOGIO  VERTICALE,  che  ferve  all*  altezza  del  Polo  di  gr.  43. 
iftln.  30.  lo  fabricò  chi  fi  fottoferiffe,  intagliandovi  lANVS  FLOR.  F,  1582. 
Nell’angolo  fuperiore  vi  c  la  Rota  della  meza  notte  per  tutto  l’anno,  la  quale 
tanto  meglio  Ila  accoppiatacon  l’horologio  Solare,  quanto  più  s’avvcrachc 

«—  cadit  hìc  noFfis  viifima  quaque  dies  . 
come  cantò  il  Minozzij  fe  più  torto  non  voleflìmo  con  lo  fteffo  notar  fottocosì 
ihgegnpfa  manifattura. 

Vntbra 


Esigr.  18. 


L  t  B  B  a  T  E  n  Z  0,  CJP,  7M  ^207 


Vmbra  hlc  folti  iter  metitur  ^  &  aJìrtt  capefit. 

Stellai^  f UT  fura  confpicienda  Rota: 

SidereÀque  Horas  Mortalis  difcit  ab  umbra, 

Bifcat  ut  ornai  bora  ad  fiderà  mepte  trahi, 
ai  ZOCCOLO  SOLARE.  Cosi  chiamo  uno  fti'umenco  di  legno  di  figura 
irregolare, con  qualche  fimiglianza  di  Zoccolo,  in  cui  fònoefprelfi  (ette  horiuoli 
a  Sole ,  cioè  uno  horizontale  nella  parte  fuper iore  :  dal  lato  deftt-o ,  uno  Verti¬ 
cale  Orientale, alla  latitudine  di  gr.  43.  min,  30.  per  ufo  della  Tofcana,  emafli- 
me  delle  Città  Metropoli:  dal  finiRro  uno  Verticale  Occidentale:  in  faccia,  6 
profpetto,  uno  Verticale  Meridionale  :  e  (otto  queRo ,  uno  contro  TEquatore: 
da  due  lati  oppofli ,  uno  contro  il  Polo  j  e  fotto  queRo  ve  ne  hà  un’altro  Setten¬ 
trionale.  E  tutti  fervono  nella  fudetta  latitudine;  ed  in  tutti 

CufipSyéf  Vmbra  aquas  nobis  htc  indicat  horas,  Id.t^ìg,6iì 

Vtraque  Dadalea  gnava  Gemella  manits , 

Vmbra  coloratum  declarat  funere  tempus  ; 

Cufpis  mortiferos  pandit  acuta  dies. 

23  HOROLOGIO  Solare,  horizontale,  Arabico,  di  legno  di  cui  può 

dirfi  Vit  Cathedra  htc  nojlra  Moles  horaria  Vita. 

Mortales  Vmbras  Vmbra  magiBra  docet, 

24  Ma  da  gli  HonuoJi  palliamo  a  gli  Strumenti  Ortici ,  come  quelli ,  che  non 

meno  di  queRi  appartengono  alle  Scienze  Matematiche,  ed  a  queRe  tra  T  altre 
recano  lume  non  ordinario .  ^ 


Ji-epig,  tt2 

prpo. 


He  gli  Strumenti  Ottici,  d' tfcdajo,  di  criFiallo,e  di  vetrai 
■'i-  Capì  V. 

t  T  'Ottica  , che  con  la  varia  ,  ma  feraprcìngegnofadifpofizione,  e  ribellione 
i  ^  delle  linee  si  oprar  de’  miracoli ,  rendendo  all’  humana  veduta,  fuo  prin¬ 
cipale  Obbictto,lontanoilprefente,eprefenteillnnrajno-,  onde  potè  dirne  un 
Fotta.  optica  RiSiura  confort ,  •vifufque  perita 

Humani,  procul  abfcedèns ,  propiufque  regreffa, 

^tandem  fica  loci  punHo  miracula  patrat: 
come  fu  fcmpre  mirabile  nelle  invenzioni,  così  è  Rata  di  non  ordinario  giova¬ 
mento  a  molte  Scienze  ,&  Arti.  Ella  perciò 3  gran  ragione  vanta  effetti  de’fuoi 
ritrovamèrici ,  e  particolarmente  de  gli  Specchi ,  de  gli  Occhuli ,  e  Cannocchiali 
dipiùforti,ed’aItrifuoiRrumenti,perlopiùdivetro,  ò  dicriRallo.,  molti  de* 
piuimportànti  progrellì  da  ella  fatti  in  divcrfi  tempi,  e  maflìme  ne’  più  moderni. 
Conciofiecofache,  ne  gIi  Specch‘,che  fono  d’ invenzione  antica ,  moflrata  dalla 
Natura  nella  trafparenza  delle  acque  (che  furonolo  Specchio  di  Narcilo)  e  de 
gli  Ogij,  e  nella  cerfezza  de’  metalli ,  e  marmi  lifei  ,e  politi ,  che  rendono  le  ima¬ 
gini  de’  vifibili  oggetti ,  aperfe  ella  una  Libreria ,  &  una  Scuola  di  Filofpfia  Mo¬ 
rale,  in  cui  più  che  altro  s'infegna  la  tanto  neceffaria  cognizione  di  fe  medefi- 
mo  ,  mentre  — —  — —  lo  specchio  fuok 

Far  de  gli  oppòsìi  oggetti  ■  .  !  .  '  ' 

Viabili  i  difetti,  ■  .  .. 

Qgindi Seneca,  d’eìlf  parlando apprelToCelio  Rodigino,/»/^  tradit  inventa, 
ttthomoipfe  fé  mfeeret ,  Multi  ex.  hoc  cohfequuntur  primo fui  notitiam,  mox  &  ton~ 
ai ium  quoddam .  Formofus  ut  <vitet  infamiam::  deformis ,  ut feiat  virtutibusjedi- 
mendu  m  quicquid corpori  defuerit .  Amplius  ,  ut  luvenis  flore  atatis*admoheretur 
illud  tempus  efle  difendi ,  é" fortia  'akdendi  »  SeneXiUt[ndtcQrA  canis  deponeret ,  é* 

Sa  ■  de 


Io,  de  Buf 
Jìer.  in  Pa* 
neg.  Lttd. 
Jt/r.neg. 
GaS.v.z^z, 


L.8.leS.4tt. 
nq.  e,  33. 


M  S  E  0 


fce/:04,ti 

14. 


C  0  sp lA N  a 

de  morte  aliquid J:ogiUrett  /tdmo'veri Jìbi  lineas  fentiens .  E  perche  gli  Specchi 
•  ^  ^  allora  facevanli  di  metallo,  che  fà  la  prima  loro  materia,  e  particolarmente 

/.>.  d’argento, come  avila  Plinio,  che  ne  fù  Inventore  Prafitele,  ò,  come  alcuni 
leggono,  Palitele,  coetaneo  di  Pompeo  Magno:  e  perciò  non  tutti  havevano 
tommodita  di  provederfene  :  per  gli  poveri  allegò  quel  Filofofo  là  previdenza 
della  Natura,  Maeftra  di  quella  invenzione  ,  col  foggiungere  in  conferma¬ 
zione  di  ciò,  che  prima  le  ne  motiuò:  Sed ^  (Ir  Natura  facultatem  ^vet ìnopi efi 
imptrtitafe  ipfUm  videndi ,  Fons  ctfiqtte  per  lucidus ,  aut  lave  faxum  imaginetn  red» 

dit.  In  conlonanza de’ quali  detti  la  Morat  Mula  del  Cavalicr  Teodoro,  di  cui 
fonoi  vetlì  foprackati,  nella  bellifiìma  Canzone  intitolata  Lo  specchio  ^  àofo 
i’  baverne  lodato  gli  olì ,  e  detellato  gli  abulì ,  ae  cantò . 

No»  per  Mccrefcer  pompe 
A  loft  ivo  femhiante  t 
Non  perche  fguardo  amante 
Miri  quel  fior  ^  cui  gel  d*  età  corrompe^ 

Ma  perche  a  gli  occhs  /copra 
Difetti  naturali , 

eli  Artefici  morali  .  , 

De  lo  Specchio  inventar  fulgida  /’  oprax 
Mentre  chi  ben  l  adopta 
Se  Hejfo  emenda, 

3  Così  tra  CriHiani  avvenne  a  S.  Caterina  di  Cortona;  alla  quale,  ogni  quaK 
volta  miravalì  nello  Specchio,  come  nota  nella  di  lei  vita  il  Conte  Bombaci ,  pa¬ 
reva  fentirfi  dire:  Specchiati  in  unCrido  .,  6  non  in  un  criBallo  ^  e  vedrai  quanto 
dif dicono  ad  uHcapo  coronato  di  fpine  membri  cast  dilicati .  E  con  tal  fine  vuò  cre¬ 
dere  che  l’adopralTe  S.  Rofalia,  a  cui  lo  Specchio  fù  macftro  della  fua  converlio- 
he,  mentre  in  vece  della  propria  le  fece  vedere  1’ imagine  del  Crocefiffo  avve^ 
rande  letteralmente,  ciò  che  millicamente  lafciòfctitto  nella  Dedicatoriadel 
iao  Spetthio  spirituale  i\  P.  Gio.  Paolo  Zucco  della  Congregazione  di  Somafea^ 
noftro  Concittadino ,  cioè ,  che  specchio  fnìjftmo ,  e  natur alifiitno  de IC anima  Cfi* 
A  tana  e  tl  lucsdtffimo  Còrpo  delnoHro  Crifio  Croci  fi/o , 

S  Di  più  l’Ottica  ne  gli  Specchi  diede  alla  Filofofia  naturale  varie  lezzioni 
^t^cap‘i'  decifive  di  mólti  dùbbi  nalcenti dalle  prodigiole  imprelliooi  deirariajairAftro-, 
logia ,  fece  vedere  le  macchie  de’corpi  celcfti  i  alla  Medicina ,  dife^nò  il.  brutto, 
feortar  delle  faccie  nelle  convuifioni  Sardoniche  ;  alla  Militare  Campeftre,  fom- 
minillrò  il  modo  di  partecipare  i  lecrcti  d’ un'  Efercito  all*  altro ,  in  occafione  dì 
qualchealfedio; alla  Militare  Navale, luggeri  la  maniera  d’ incendiare i  Na vili 
Nemici ,  còme  Tece  Archimede  con  gli  Specchi  concavi  ralla  Pittura,  additò  il 
modo  più  facile  di  copiare  di  grande  in  piccolo ,  e  di  piccolo  in  grande  qualfi  vo¬ 
glia  figura,  e  lo  rirrarii  di  propria  mano  a  di  lei  ProfelTori:  nc’quali  inlicmc  ec¬ 
citò  non  poca  invidia  di  quella  momentanea  prellezza ,  cpn  cui  lo  Specchio,  che 

«—  . . .  ■■  I  con  r  arti  fue 

Sa  di  molti  far  più  t  d*  uno  far  due . 
fatto  ad  un  tempo, c  Quadro,  e  Pittore,  eDifcepolo,eMaeflro,dipingein  fe 
fteffo.s’ egli  è  perfettamente  piano,!’  imagine  naturalifiBma  di  chi  vis’ affaccia  • 
cui  rende  infìemé  Piìtore  di  le  medefmio,  di  tutta  perfezzione,  quantunque 
fertz’  arte .  Alche  riflettendo  il  Cavalicr  Tedoro,  nella  loprtcìtata  (ua  Canzone» 
proruppe  in  quefli  leggiadridìmi  verfi  da  non  tralafciarfi . 

Celebre  dipintore  ^ 

!  €h‘ ombreggiaitdo  un  bel  volta  ^  . 

■  '  ifhMO» 


Scarabell. 


Jd.  iUd, 


JL»e. eit.fi. 9 


L  r  3  no  T  SII  ZOi  CAP.  f'.  X09 

D’  htofo  è  che  fMdi  molto  ‘ 

A  dar  forma  al  difegno^  arU  al  colere 

Blrà  fen'f^  alcun  fallo ,  :  .  .  ^ 

eh'  opra  il  pennello  invano, 

E  che  pittrice  mano , 

Delineando  altrui,  cede  al  criBalla.  "  ' 

Foiche  fenza  intervallo 

De'  volubili  dì,  vetro  sì  vaga 

De  le  fembianze  altrui  forma  1'  imago  \ 

D' ftn  fen  I'  avorio  vivo 
D'  una  guancia  il  cinabro, 

D'  una  fronte,  e  d'  un  labro 
L*  animato  fplendor ,  I'  oBro  nativo 
Frende ,  e  fa  ,  mentre  pinge 
Di  fe  medefmo  un  ^adrt, 

E  con  or  din  leggiadro 

Replica  i  volti ,  e  le  fembianze  finget 

il  fuo  chiaror  non  tinge 

Colorata  compagine  i  e  fa  fpefio 

chi  fi  /pecchia  in  lui,  pinger  fe  Jle/Jh . 

D  '  errar  forfè  non  teme 
chi  'n  db  fuo  le  adoprarfi, 

che  vien  fenz  '  arte  a  farfi ,  " 

E  Dipintore,  e  Dipintura  infiemeì 

4  Che  fe  gli  Specchi  non  fono  piani ,  ma  d’ altra  figura  :  de’  quali  ne  affegna- 
no  fei  generi  gli  Scrittori,  che  ne  trattano,  come  il  Vitellione,  il  Cardano,  il 
Chirchero ,  &  altri  :  cioè  tré  Convelli , e  rtè  Cavi, che  fono  ConvelTo  Sferico , 
ConvelToCilindrico,òColonnarc,eConveflbConico,  ò  Piramidale:  Cavo 
Sierico ,  Cavo  Cilindrico ,  e  Cavo  Conico,  lucidi  da  quella  banda ,  ò  Concava, 
ò  Convella,  da  cui  traggono  la  denominazione  fpccifica  :  ò  fe  hanno  la  fuperfiz  e 
ineguale , che  irregolare  chiamano  i  Profedori,  come  i  Moltilateri,  ò  lavorati 
ad  angoli ,  e  facccte  :  ò  fe  fono  comporti  di  molti  Specchi ,  come  i  Polidittici ,  ò 
Teatri  Catoptrici ,  òque‘ Càlici  raccordati  da  Plinio,  ove  fcrilTc;  ^inetiam 
poculaita  figurantur  exculptis  intus  crebris  ceu  Speculis, ut  ve  luno  intuente,  populus 
totidem  imaginum  fiat  ;  fcherza  in  elfi  i’  Ottica  in  tante ,  e  così  ftravagant»  mamc- 
re, che  ben  può  dirli  che  in  ciafchedun  di  loro 

Natura  ludum  fnjlituit. 

mentre  ne  gli  ultimi ,  d’ un  Soldato ,  che  vi  s’ affaccia ,  fà  comparire  un’ Efercito  : 
e  ne  gli  altri , altera  di  tal  guifa  le  fpczie  dell’  oggetto  oppoftogli,  che  fovente  co¬ 
pia  da  un  Gigante  un  Pigmeo,  come  ne’ Convelli;  da  un  Pigmeo  un  Gigante, 
come  ne’  Concavi  femicircolari  :  ò da  belhllìma faccia  un  mollruofilfimo  volto , 
c  talvolta  un  Caos  di  confulilfime  linee,  tutt’ altro  rapprefenranti,  che  fattezze 
humane ,  come  in  alcune  de’  Concavi  Cilindrici  :  de’ quali  fe  le  imagini  confufe 
fono  co’dcbin  colon  efpieffe  in  un  piano , quelle  con  aggiurtarifsima  fimmetria 
raccoigonfi  aclla  (uperfizie  regolare  de  gl  i  Specchi  Convefsi  Cilindrici,  sù  quel 
piano  fituati  .comedi  quelli  della  famofa  Galena  Settaliana  notò  Io  Scarabelli. 

5  Nelle  Lenti  poi  degli  altri  fuoi  lirumenti  fopramentovati,  ò  fiano  di  vetro, 
ò  di  crirtallo ,  chi  non  dirà  ,  che  l’ Ottica  prefti  l’  ali  a  gli  fguardi  humani ,  acciò 
volino  ove  fenza  elle  giunger  non  potevano  ?  c ,  quali  difsi ,  a  veder  l’ in vifìbi- 
ic  ?  Perche  fe  con  quelle  de  gli  Occhiali,  che  fervono  ad  ogni  Profefsione ,  ajuta 

S  3  ia 


V:.' 


FittllA.i: 

opus. 

Card.  1. 14.' 
de  ftibtU. 
Chircher, 
l.  IO.  Artis 
Magna  Lu» 
tis,& 

F  Magia 
Cattptrica . 

Loc.fHp.tit» 


De  Bufsier, 
Stlv»  i,v. 
121. 


Mh/.  Set‘ 
tal.  e.  2. 


/ 


V 


I^iip  '  r  s  K  O-  €  ù  f  P  P  0 

laviftadebojeaportarfiove,  fcnza  ,l’ ufo ioro, .gì ungano  iepiù  acute  pupille 8 
fcftituendo  in  tal  modo  il^Mondo,ac^^u  poco  a  poco  lo  perdei  che  tanto  li.mbra» 
achi  provadifpcndiidi  quella  porenza,e  può  du.fi  che  fia 

ìitblieth.  \  Gente ,  a,  cui  fi  fa  natje  inanfd  fera,, 

Jpcof.  p.  I.  6  In  quelle  de’  Cannocchiali ,  che ,  n:\oito  più  delle  precedenti  dilatando  la 
sfera  della  potenza  vili  va,  con  innocènte  magia  rendono  prclentc  il  lontano# 


com’elprellc  il  Teodoro  cantando  in  lode  deiriogcgno .  ~ 


x_y{ltr'‘  anelando  dietro^  ■.<  s 
A  la  cogniz,iojt  d'  arbi  remoti , 
Con  ardimenti  ignoti  ,  •  < 

i^l  tubo  imprigiona  sferico  vetrai 
Fè  d’  oggetti  lontani 
Propinque  a  fe  le  fpezici  ó’c. 


P6tf.  Od  *4 


fece conofccreairAllronomia, che  le  pupille  più  lincee  de*  fuoi  ProfelTorì  cra« 
no  cicche  per  vedere  tanti,  e  tanti  luminolj  oggetti,  eh’ eda  feoprì  loro  colbc* 
nefizio  di  sì  maravigliofi  ftrumenti  :  fcorgendogli  con  l’ ufo  d’ elsi  a  difcerncre  le 
belle  deformità  del  Sole , e  della  Luna ,  in  cui ,  e  monti ,  e  valli ,  e  laghi ,  e  mari 
diftinfero;  &a  ravvifare  un’altra  Luna  nel  Globo  di  Venere,  calante, e cre- 
feente  a  periodi  appunto,  come  il  primo  Pianeta  i  onde  ne  cantò  un’  Ape ,  che  re» 


ì/liaf.  Bar.  gnò  nel  Vaticano . 

ridit  hac  xtas  Venerem  bicornem 
Mmi”ptnd,  Fulgere  Pheebes  amulam . 

At  s.  io.  e  portandone  molto  più  in  alto  gli  fguardi,col  mofirar  loro  nuove  Stelle  nelle 
Èapt.ftroph.  ultime  Sfere»  fece  che  la  feienza  delle  Cole  Cclefti  s*  accorgefle,  che  fin’ allora 
\  era  fiata  orba  d’ una  gran  parte  della  Luce  de’  Cieli ,  fe  non  ha  ve  va  veduto ,  chcj 

affai  più  di  fette  erano  i  Pianeti  ;  che  quattro  altri  ne  corteggiavano  Giove,  c  ouc 
■'  ;;  Saturno,  offervati  dal  Galileo,  a  cui  dobbiamo  sì  prodigiofe  oITcrvazioni  Cek- 
fti;  che  la  via  lattea  componevafid*  un’ efercito  di  Stelle,  minutifsime  in  appa¬ 
renza,  ma  in  realtà  vaftiflìme;  che  nelle  Coftellazioni  v’erano  altre  Stelle  non 
Benautat.  più  vedute  ;  anzi,  che  di  molte  altre  prima  ignote  Coftellazioni  era  ricco  il  Cie- 
Vm.piav.^  Io»  Così  l’Ottica  all’ Aftronomia 
Dt  Bu/sftr,  coelos  penetrare  dedit, 

he  E  quella  con  l’ ajuto  di  quella . 


Tranfcendit  ad  afra 


Vifciplina  atidaìc ,  inquirit  fedula  motus, 
VelHgatque  fìtus ,  oculis  no^a  (édera  luBfat, 
Et  gemino  fubnixa  vitro  miracula  pandit . 


7  Kè  folo  air  Aftronomia , ma  ad  altre  Profeifioni  ancora ,  e  particolarmente 
alla  Militare ,  ed  alla  Nautica  recò  non  ordinario  giovamento  con  tale  invenzio¬ 
ne  rOttica;  facendo  a  quelle  co’  Cannocchiali  vedere, e  diftingucre  in  un’atti¬ 
mo  »  ancprche  lontani ,  gli  oggetti  di  prò , e  di  danno;  onde  ponno ,  ò  incontrar¬ 
gli, ò  fcanfargli,  come  più  loro  fembra  fpcdientc .  Il  quareffetto  nel  Cannocchia¬ 
le,  clfendo iftantaneo ,  fùcagionecheunCigno,òpiùtofto  unaSirena  d’  An¬ 
cona»  trasformata  in  una  Sfinge,  cantandone  in  cnimma,  lo  facelfe  così  dire  dì 
femedefimo,  ^ 


Cyiligeris  citiìis  ventis ,  cititifque  fagittis 

cAd  longinqua  venit,  me  duce,  qui fque  loca , 
lehaveva  intonato  . 


“Dux  ego  »  equifqùe  utor ,  fed ,  qttem  deduco  pedejler 
Tendii  iter-,  tamen  hic,  tfon  ego,  complet  iter. 


8  M 


LIBRO  TB%ZÓ.  CAP.  T.  2M 

8  Ma  dì  sì  beila  invenzione  non  fe  ne  tacciai’ origine.  II  Liceco  ,&  altri ,  la 
riferifcono  fino  a  Tolomeo ,  di  cui  li  legge,  che  vedeffe  le  Navi ,  che  venivano  in 
porto ,  feicento  miglia  lontane ,  non  per  acutezza  della  fua  villa  naturale ,  ma  per 
virtù  d’ un  cnftallo ,  il  quale  dicono  che  non  poteva  effer’ altro  che  un  Amile  ftru- 
mento  ;  e  lo  confermano  con  l’ efcmpio  di  quell’  Aftrologo ,  che  figurato  fi  vede 
in  un  Manofcritro  antico  del  Monaflerio  Scheurenfe,  che  per  mezo  di  quello 
fteflo  organo  vfuale  il  Cielo  contempla, come,  teflimònio  di  veduta,  notò  il 
Cifato  nel  fuo  Libro  de*  Coraeti.  Con  tuttoj:iò,nè  l’uno,  nè  l’altro  di  quelli  ^4^,7. 
argomenti  ,fe  ben  s’efaminai  concbiude  l’antichità  del  Cannocchiale,  Perche 
quanto  al  primo,  &  è  rifleffione  di  Monfignor’Arefe  Vefcovo  di  Tortona,  in_. 
ogni  forte  di  letteratura  confumatiflìmo,  la  naturale  rotondità  del  Mare,  in  cui 
le  Navi  da  Tolomeo  vedute  veleggiavano,  nella diftanza  di  feicento  miglia  non 
poteva  non  impedire  la  rettitudine  de  gli  fguardi  ;  &  in  confeguenza  per  folpet- 
to di  falfità può  giurarfi tal  relazione.  Quanto  alfecondo,  col  medefimo  Pre¬ 
lato,  che  volontieri  cito,  perche  egli  colla  fua  dottrina  non  m&no,  che  con 
T  efemplarirà  della  vita  hà  honorato  la  mia  Patria , ove  nacque  di  Genitori  Mila-  ^ 
nefi  l’anno  1 5 74. non  sò capire, di  quell'  AjlrologodipintOjfi firn  ’ 

fotuti  difceraer  di  quejìo  iflr omento  i  vetri  ;  quefto  emendo  certo ,  che  non  fi  faranno 
veduti ,  Come  dunque  pofamo  efier  certi  (  foggi  unge  il  che  quello  fujfe 

un  Cannocchiale ,  e  non  piu  todo  una  femplice  canna ,  in  cui  per  haver  la  virtù  vifiva 
più  unita  t  0  per  meglio  prender  Umtra ,  fi  fujfe  quell'  Aftrologo  fervito  .  Oltre  di 
che,  le  gli  Antichi  havelTerohavuto  notizia  di  quello  flrumeato,  ci  havrebbo- 
no  iafciaro  qualche  memoria  d’ alcuna  delle  molte,  e  prodigiofe  offervazioni , 
che  con  effo  fi  fono  fatte.  Dal  che,  per  dirlo  con  l’eruditiflìmo  Scarabelli,  che 
delie  medefime  ragioni  fi  valle  nel  Mufeo  Settaliano ,  concludente  fi  deduce  lapro* 

Va,  efiere  del  Cannocchiale  noviffmo  l' artifi'^io .  E  tale  appunto  ce  lo  dimollra  Gi¬ 
rolamo  birturo  Milanefe ,  il  quale  con  accuratezza fingolare  offervò  i  fecreti  del 
Cannocchiale , e  delia  maniera  di  fabricarlo  ne  fcriffe  un  curiofiffimo  Trattato 
particolare ,  in  cui  nota  ch’egli  fù  inventato  in  Middelburgo  Città  delia  Zelanda 
jl  nono  anno  del  corrente  Secolo.  Prodiit,  dice  egli,  e  con  elio  il  Vormio,^^»^ 

MBCIX  feu  Genius ,  feu  alter  vìt  adhuc  incognitus ,  Hollandi  fpecie  qui  Middel» 
burgiin  Zelandiaconvenitloannem  Lipperfeinx  iseJlvir  filo  afpeltuinfigne  quid 
fr&ferens ,  & perfpicillorum  artifex .  Nemo  alter  efi  in  ea  urbe  ;  &  perjpicill& 
plura,  torneava,  quam  converta,  confici ,  Condillo  die  rediit,  abfi  lutum  opus  cu» 
piens  ;  atque  ut  Batim  habuit pra  manibus  ,bina  fufeipiens  cavum  fcilicet  &  con» 
vexum ,  unum ,  ^  alterum  oculo  admovebat ,  ér  finfim  dimovebat ,  Uve  ut  punllum 
concurfus ,  five  ut  artificis  opus  probaret  ipoftea  Joluto  artifice  abiit .  Artifex ,  inge¬ 
nii  minime  expers ,  ^  novitatis  curiofus  capit  idem  facere ,  0“  imitari ,  nec  tarde 
natura  fuggefiittubo  hac  perfpictllacondenda ,  Vbi  unum  abfolvit  advolavit  in  au¬ 
lam  Principis  Mauritii  ,  efi'  adinventum  obtulit .  Princeps ,  habuerit  ne  prius ,  nec» 
ne  1  fufpicandumerat  :  Rem  Mtlitia  utilem  ,  efi  necejfariam  inter  arcana  cufiodiri 
juffit  Zerumutcafu  fenferit  evulgatam  difimwlaverit ,  indudriam  ,  efi  benevolen¬ 
tiam  artificis  gratificans .  Inde  tanta  rei  novitas  per  totum  effunditur  orbem ,  0‘  pltt- 
ra  alia  confinguntur  perfipicilUi  fied  nullum  illi  contigit  melius  ,  aut  apttus  priore  % 
adeo  ut  dicas  non  Artes  folum  ,  fed  efi  Naturam  omnia  conferre ,  ut  magnis  Principi¬ 
bus  omnia  infierviant .  Quindi communicatafi aii  Itilia cosi beiu invenzione,  fi 
trovò,  ch;  I4  perfezzionò  al  mfggior  legno,  che  fù  il  famofo  Galileo;  i  di  cui 
Caiinocch  ali  ofeurorno  la  fama  de* primi  in  guifa,ch’eglipotè  elferc  creduto 
rii  'entored’0''gano  così  ge  file,  come  pare  che  l’allerifcano  MonfignorLo-  BiU.Afrof. 
reiizo  Azzolini  VefcovodeilaKipaTranfona,  e  Gio,  Leone  Sempronio;  que-  p./.mSs? 

gli 


ttt  M  S  E  0  COSPIJNO 

gli  mentre  dcreftando  la  gioventù,  che  /c  ne  abufa,  a  quella  così  favella  nella 
cekbratiffima  Satira  contro  la  Luffuria . 

or  vof  pr  civettar  fin  da  I'  Altane 
Ha  ritrovato  il  modo  il  Galileo.' 

Qucfti cantando  in  limile  argomento. 

Le  tue  Vele  y  o  Nocchier  y  tarpa  al  Naviglio  \ 

Auriga,  al  Carro  tuo  fcheggia  le  rote-y 
Ter  pochi  vetri,  e  Terra,  e  Mar  fi  potè 
Solcar  col  guardo  y  e  pujfieggiar  col  cigliai 
No,  non  è  più  da  /'  Huom  7 bile  in  efiglio\ 

Ne  r  Indie  a  noi  fon  region  remote; 

St  /piani  il  fiuol,  e  ce  le  sa  far  note 
Cavo  Cri  Hai,  eh'  a  Tofeo  Ingegno  è  figlio.  Óc, 

9  Alchepur  allufe  AlelTandro  Talloni  ne’laggi  fuoi  Penlìeri,  là  dovecon- 
fedando  la  novità  di  quella  iivenzione,l’antcpofe  a  tutte  le  altre,  quantunque  . 

L.\o.t.r6.  *^§^§‘^®^^>de’Greci,  e  de’ Latini  «dicendone:  liTekfcopio  fola,  trovato  ultima. 

mente  in  Fiandra  y  e  perfe'I^ionato  in  Italia ,  col  qttah  di  lontano  quindeci,  eventi 
miglia  fi  veggono  le  cofe  come  prefenti  y  e  fi  /coprono  le  Stelle  invifibtli  nel  Cielo, 
fupera  di  gran  lunga  quante  invenzioni  Latine ,  e  Greche furono  trovate  in  tutto  quel 
corfo  d' anni  cosi famofo  y  che  da  principio  fu fegnato  danai  .Qoacoxòz  con  quello, 
e  con  ilSirturo,  il  P.  blancano  .chiama  ido,  e  recerte  ,e  mirabile  quella  inven- 
J/f  Prafat.  zionc  ,0  ve  ne  feri  ve  .  Mirabile  illudTelefcopii ,  recens  Opticorum  inventum ,  plu- 
ofnoQir,  finta  mortalibus  anteaSlis feculis  ignota  caelitus  commonfiravit  ;  unde  e^ufdem  etiam 
Scientia  magnum  fafitim,  ^incrementum , 

10  Nè  meno  che  alie  fopramentovate  Profedioni  coi  Cannocchiale,  giovò 
l’Ottica  alla  Filofofia,  &  all’Anotomia,  &  in  quella  alla  Medicina,  col  Mi- 
crolcopio.  Perche  fc  con  quello  dilatò  la  sfera  della  potenza  vifiva  ad  abbrac¬ 
ciare  gli  oggetti  lontani:  con  quello  l’unì  fino  a  comprendere diftintamente 
rinvifibiie  in  quc’corpicciuoli  ,che  per  la  picciolezza  loro  sfuggivano  ta  vedu¬ 
ta  :  /coprendo  ad  un  tempo^in  quelle  per  altro  impercettibili  menomezze,  malfi- 
mi  della  Natura  i  miracoli .  Di  che  legganlì  il  Sirturo ,  il  T orticello ,  il  Fontano, 
il  Chirchero,  Scaltri,  che  ne  trattano  a  minuto  per  necelfità  d’argomento,  che 
io  mi  rilltingo  alla  femplice  deferizz  one ,  &  ufi  de  gli  S’rumenti  Ottici ,  &  altre 
cole  di  crillallOjò  di  vetro,  che  trovo  nel  Mufeo,  attinenti  alla  Filofofia  naturale . 

M  SPECCHIO  CONVESSO,  Scinfieme  CONCAVO,  &  VSTORIO, 
di  terfiflìmoacciajo  di  due  palmi  di  diametro;  che  nel  concavo  riceve  lefpczie 
d’ ogni  oggetto  oppollogli,c  le  rende  con  tale  di  vcrlìtà,chc  a  chi  vi  mira  fuori  del 
centro.appajonorovcrlciate,  ed  a  chi  vi  guarda  nel  centro ,  fi  ribattono  tanto 
ingrandite  ,che  fembra  vaflillìmo  Gigante  un  Pigmeo, che  vi  s’affacci  da  vicino; 
e  le  taluno  in  diftanza  maggiore  verfo  di  lui  flende  col  braccio  la  mano ,  fi  ribut¬ 
ta  con  tant’ impeto  1’ imagine,  che  pare  che  dallo  Specchio  medefimo  efea  una 
mano , ed  un  braccio;  e  l’ apparente  s’incontra  col  vero,  con  divano  tale,  chela 
delira  rafferabra,  &ècredura  lalìnilìra,con  tant’arte  l’Ottica  in  elio 
De  BuPsier.  —  procul  abfccdens,  propiufque  regrejfa. 

Tandem  fixa  loci  puncto  miracula  patrat, 

-  principale  però  di  quello  Specchio  fi  è  quello  di  raccogliere , e  riverbera* 

re  i  raggi  Solari  con  tanta  energia ,  che  ne  abbruggia  i’  oggetto  accendibile ,  po¬ 
rtovi  davanti  mdillanza  d’otto  braccia .  Invenzione  degna  dell’ ingegno  d’ Ar¬ 
chimede  ,  che  primiero  l’ introduiTe ,  e  la  p.aticò  in  Siracufa  a  gran  corto  de’  Na¬ 
vigli  Romani, che  l’affcdiavano  lotto  la  condottadi Marcello,e  ne  rimafero 

incc- 


Stiva  Potè. 
P.  IL  Sta. 
F  38j. 


LIBRO  tàt.  V.  »1} 

.  Ond’hebbi  ragione  di  notarne  in  un^Oda  Grccolatina  alSig-.toZ 
renzoCraflfo,  in  ringraziamento  d’havermiindrizaato  il  Sonetto  intitolato  ,0/ 

téntar'cofe  grandi  nuove ,  i  accfuifia  Gloria  f uh  lime . 
i.  jHitwKtt  7t(«x»xxsvr 

Vfbtuuitie  yftt  fìfXnt'Biiit.  , ,  • 

. . .  Jnermis  hofies  are  feptes  '  ,  ’  > 

*  Ifihmiacus  liquat  Archimedes', 

Stratagema,  che  pure  fi  legge  elTere  felicemente  riufeìro  in  Cofiantinopoli a 
Ttoclo  Filòfofo  Platonico ,  e  Matematico  eccellenre.  Dalie  quali  Ifiorie  deduf- 
fei(BracciotiniqtieiIadiGer(amo,Ingegnerode]Rè  Cofdra,  ch’egli  riferifce 
iiaverconfimile  artifizio  dato  fuoco  a*  ripari  del  Campo  d’ Eraclio  j  ove  dello 
‘Specchio  da  lui  fabricato  »  e  deir  incendio  che  ne  nacque  j  cantò . 

V  gran  concavo  vetro  à  il  magHìero, 

A  cui  di  fuor  tenace  piombo  aggiunto 
Nel  cavo  Specchio  il  Sol  battendo  intero 
Riman  per  entro  il  Jùo  fplender  congiunto, 

E  d'  ogni  parte  il  lucido  Emifpero  ■  ■  _ 

Suo  reflijfo  fulgor  giunge  in  un  punto,  ' 

E  ne  fulmina  fuor  /’  unito  lume 

'C  \^ual  da  mille  rufcelli  accolto  fiume .  ,  ■  -  7  ’ 

T)a  lo  Specchio  mortai  partono  uniti 

di  Sol  con  sf  fervente  vampa,  ----- 

~  che  infoca  /’  aria  affumicando  i  liti, 

E  i  bofehi  accende,  e  le  campagne  avvampa, &Ct  . 

£ -poco  dopo. 

folgora  il  fero  vetro,  e  la  corona 
De'  Romani  ripari  arde ,  e  per  cote',- 

Ne  più  veftigio  ov  *  alto  incendio  fuona  ’  '  '  , 

0'  l'.  Italico,  b  V  Greco  imprimer  puotel 
f  È. -.T'  ;  ,  fiamma  fparfa  a  nefun  huom  perdona  -li  ’  T 

.'v;:,..,  da  ne  fon  le  trincee -difgombre ,  e  vote. 

Già  percotele  il  foco,  e  le  confuma,  ,  , 

Parte''  il  vallo  fiammegma,  e  parte  fuma, 

Partòrifeono  io  (ledo  effetto  anco  le  lenti  cave  ,  con  attività  però  minoro  » 
eOme  proporzionata  alla  grandezza ,  e  perfezzioni  loro .  Il  che  non  fuccede  ne 
gii  Specchi  d’altra  figura:  molti  de’  quali  »  ragguardevoli  per  l’ampiezza ,  e 
bellezza  loro ,  e  per  la  ricchezza  de  gli  ornamenti#  pendono  dalle  pareti  dome-, 
Iliche  del  Fondatore  di  quello  Mufeo . 

-  12  SPECCHIO  CONVESSO  SFERICO,  di  vetro ,  di  due  palmi  di  dia. 
Inetto  :  pendente  dalla  volta  del  Mufeo  con  tale  proporzione ,  che  per  qualun¬ 
que  parte  lì  guardi,  unifee  in  un  punto  la  figura  di  chi  vimira,erapprefcncaii| 
compendio  tutto  il  Mufeo ,  e  col  far  pompa  di  tutte  ad  un  tempo  le  figure  dello 
cole  in  edo  raccolte ,  Proteo  bizzarrilTìm.o ,  merita  che  fe  ne  canti  col  Teodoro. 

Egli  pub  di  fplendor  vincere  il  Soie:  -  sa 
Se  con  fiàgide  norme  \  ' 

D*  Apolline  la  luce  ,  ’ 

di  enti  qui  giù  produce,  .  . 

Egli  di  tot 'moltiplica  le  formem  ; 

<jA[  l' efemplar  conforme  ,.  '■  V  a 

Cosi  Vario__  fiii,  P  imagini  titJene, 

E  per  tante,  che  n'  ha,  Proteo  divìewl  PRI% 


Patf.  p.g4Ì 
ed.  f'en, 

léf>S.  IS. 

Jh  04.  tnfe, 

•  «i 

•  TU  n$0 

ì/tf/r/tOf,  7 


Creo.  Xacfi 


^  ^  •K- 

*4  'i 


v5  '  : 


9. 


crui  !.. 
hi. 


1-Jymn.  de 
Dttv.^oi» 


Thetd.  Od. 
%!•  li. 


Bnfjitr. 
fAraphr.  in 
./tpBC.  c-  21. 
».  19,».  5. 


ti4  M  E  0:  C  0  S  P  ^  ^  ^'0- 

13  PRISMAjStrumcntodicriftallo,Trigono,Iungoun  paImo,&  inciafdic- 
dunode’fuoi  tré  lati  largo  quafi due oncie,  come  appunto  quello,  chcraccor- 
i  dafidal  Vormio nelluo Mufeo.  Equilibrato induftriolamente  nel  luo  Ricetta* 

.  colo,  con  non  mmor  pompa , che  maeftria fabricato^  c  collocato  in  faccia d*  una 
finellra ,  pende  da  due  groffi  cordoni  di  feta  verde,  che  s’ allungano  egualmente, 
c  s’ accorciano  a  beneplacito  di  chi  gufta  fperiraentarne  co’  propri  /guardi  la  na¬ 
tura  ,  veramente  ammirabile ,  accennata  dal  noltro  Vida  in  quel  (uo 
— Fftrv  lucente  ^-ubi  plurima' ludit  imago. 
Concìofiecofache,  egli  non  lolo  ferve  di  Specchio  curiofo ,  mentre  fecondo  che 
variamente  viene  applicato  all’  occhio,  riverbera  con  bizzarra  ftranezza  le  figu¬ 
re  moftruofe,  co’ piedi  all’ insù,  &i  capi  firavolti,  quando  con  un  folo,  quan¬ 
do  con  tré  ò  quattr’occhi  :  ma  di  vantaggio ,  mirato  pe’l  lungo,  e  contro  la  luce, 
in  proporzionata  diftanza ,  fenza  elTere egli  colorito ,  efibilce  tutti  i  colori ,  che 
nelle  più  belle  gemme  rifpIcndono,e  particolarmente  quelli  dciriridc , quali 
Gli  fhtalti  il  fen  d'  Olimpici  colori 
De  le  fue  glorie  ambiziojd  /’  Zr/, 
cui  imita  cosi  bene 

^Ibo  ticaruleo  y  rubro ,  viridante  colore 
Obleffans  oculos  j 

che  a  ragione,  mentre  loda  n’  è  la  materia,  col  dottiamo  Padre  de  Bullìercs 
■  —  ■  "  «'■  ■.  /blidatam  dixeris  Irin, 

^  .  EqucfticoIori,benchefantaftict,&appaientif'^«tfV««///^ro^r/0 

frèp  41!*^*  come  dottamente  difcorrel’ Aquiloni)  egli*  e  da  predo,  edalunginfletcecosì 
vaghi ,  e  vivaci ,  ed  in  tal  maniera  difpofti  ,che  fà  parer  dipinto  ad  Indi  tutto  ciò 
che  per  effo  fi  mira ,  ò  che  da’  raggi ,  eh’  egli  riverbera ,  fia  toccato .  Onde  può 
Vitt  Nav  Benamati ,  che  in  virtù  fua ,  a  chiunque  è  prefente ,  non  folo 

Curvafi  un*  Iri  a  diademar  la  tejìay 
91»  ma  eh’ egli  tutto  infieme 

Del  leggiadro  de  I'  Tri  il  manto  afperge . 
Efeperlomotoleprimelvanif.’ono,  già  che  in  elio,  come  Seneca  dille  de  gli 
Specchi ,  aque  cito  omnis  tmago  aboletur ,  ac  componitur ,  lemprc  fiì  loro  fuccedcr- 
ne  delle  altre,  mentre  di  nuovo  • 

Mille  trahens  varios  adverfo  Sole  colores, 
ne  crea,  e  ricrea  tante,  quante  ne  vogliali  capriccio  di  chi  lo  gira,  etienc.roc» 
chio  attonito  al  gran  lavoro.  Così  ogni,quantunque  nuda  parete,fà  fcmbrar  ve- 
ftìta  di  fuperbilTimi  cortinaggi  di  ricamo  Francefe:  c  femina  da  per  tutto  appa¬ 
renza  di  tefori  .mentre  in  virtù  fua,  cora’efprefic  il  P.Bartoli,  mettendo  uno  di 
quelli  criftalli  in  mano  all’Adulazione ,  ogni  flerpo  pare  un  rafano  j  ogni  cencio* 
ofh,  è  porpora,  e  fino  i  mondezzai ,  montagne  di gio\e .  Così  avvera,  ma  inno¬ 
centemente,  gl' incantefmid’ Armida:  e,  come  già  di  quella  cantò  il  Cavaiicr 
Teodoro,  foaviflìmo  Cigno  di  Partenope  ,  merita  che  di  fc  pure  fi  dica  ► 

~  Volge  in  agi  gli  horrori 

•  7  dirupi  in  colline, 

^  In  fonti  criftalLine  . 

.»  Gli  Stagni  Acherontei ,  gli  flerpi  in  fieri. 

14  Per  Io  che  nella  Cina  quelli  Strumenti  fono  filmati  degni  da  ferbarfi  folo 
nel  Gabinetto  Regio,  come  regali  da  farfi  al  Rè  folo .  Ed  a quefto  propofito  rac¬ 
conta  una  bella  Ifloria  il  P.  Nicolò  TrigautioGieiuita, nel  Lib.lll. de chrìHiank 
Expeditione apud Sinas .  Gap.  IV.  cioè,  che  il  P.  Matteo  Ricci  Maceratele  (  clic 
fu  il  primo  de’ Figliuoli  di  S.  Ignazio,  eh’ entrane  a  propagar  la  fede  di  Chrifto 

"•  /  V  ia 


Virg.^  tA., 
Btid.v.yoi. 


XicK  del 
Sav.t.  i. 
e.  li, 


LIBRO  TE7IZ0.  CAP,  V,  215 

in  quel  vaftiffìmo  Impero)  amalatofiamorce,  rifanatofi  per  le  diligenze  d’  un 
'Atti  co  C  nele:al  quale  egli,  per  legno  di  gratitudine,  donò  pofcia  di  verle  galan-  P.  2.  c.S. 
teriedeirEuropa,etra  quelle  un  Hrifma,  che fù così  gradito  dall’  Amico,  che 
fubito  Io  fece  legare  muua  cada  d’argento  con  le  catene  d’oro,  e  poi  vi  fcrìdc 
fopra  un  Trattato,  con  CUI  s’ingegnava  di  provare,  che  quella  Gemma  era  uil, 
frammento  di  quella  materia ,  di  cui  fono  farti  i  Cieli  :  e  la  vendè  più  di  cinque* 
cento  doppie .  Fabricanlì  quelli  Strumenti  nelle  Fornaci  da  vetro':  e  quanto  fo* 
no  maggiori ,  tanto  meglio  rapprefentanogli  oggetti . 

15  MICROSCOPIO,  ò,  come  altri  feri v’ono,  SMICROSCOPIO,  fpczie 
di  Cannocchiale,  ma  la  più  breve  di  tutte,  come  non  ordinata  a  vedere  oggetti 
lontani ,  ma  vicini ,  non  grandi ,  ma  piccioli ,  giuda  l’ etimologia  del  nome ,  che 
fi°t\itic3 parva equedt  non  fuori  di  fe,ma  in  fe  delTa ,  fatta  ricettacolo, 
edinlìeme  Teatro  delle  più  maravigliofe  Opere  della  Natura,  che  in  ella  lì  Ico- 
prono,  malfime  anco  ne’corpi  minimi  :  edendo  quello  llrumcnto  non  altro  che 
un  Tubo  di  vetro  lungo  un  dito,  e  poco  p'ù  grolTo ,  turato  nel  fondo , della  ftefla 
mater  a ,  e  di  fopra  con  una  lente  di  terlìdìmo  crillallo ,  aggiuftaca  in  modo ,  che 
ferve,  come  di  coperch  o ,  mobile,  a  fine  di  poterli  levare ,  per  introdurre  in  quel 
tubo  qualfivoglia minimo  corpicciuolo  da  contemplarli,  e  poi  rimettere;  poi¬ 
ché  quella  lente, eh’ è  il  principale  confliturivo  di  quefto  ftrumento,  acco¬ 
llato  poi  all’occhio,  ha  forza  d’ingrandire  in  tal  modo  le  fpezie  deU’oggetto 
colà  racchiufo,  che  quello,  quantunque  per  altro  fuffe  impercettibile  al  lenfo 
nudo, per  ladileiportentola,main  ocentemagìacrelce  afegno,  chelembra 
trenta,  epiù  volte maggiorediquellocheè;  ed  in  tal  manierale  gliponnoad 
una  ad  una  diftinguere  tutte  le  particelle .  Così  mirata  una  piccola  Pulce  appa- 
rilce  non  minore  d’una  Mofea  ben  grande , co’  piedi  forcuti ,  ceffo ,  occhi ,  &  al¬ 
tre  parti  per  altro  invifibili,dillinti!fime.  Di  che  fé  n’hanno  figurati  parecchi 
efempi  nel  fine  del  Vo'ume  deli’  Efperknz^e  intorno  alla  generazione  de  gl'  Infetti 
«fi  Francefeo  Redi ,  accuratifiimo  i  ivclligatote  de’  Miracoli  della  Natura .  Anzi 
così  mirato  i  1  langue  d’ un  febricitante .  s  è  Icoperto  pieno  di  vermiceil»  :  come 
pure  lello  ftelTo  modos’ è  olfervato  ferace  di  vermini  l’aceto  medefimo,  quan¬ 
tunque,  per  altro,  mortalilTimo  veleno  de’  Bachi .  Ma  in  quefto  propofito  1.  gga- 
fi  l’ Afte  Magna  del  P.  Chirchero ,  P.  t,MagÌAParaUatic&  ,pragmat.  2. che  v’hà 
palio  per  la  curiofità  d’ognuno . 

16  Altro  MICROSCOPIO,  ma  di  ftrurtura  in  tutto  diverfa,  come  fuori  del 
genere  de*  Cannocchiali .  Petche  la  di  lui  lente,  che  è  concava  da  u  :  lato  ,edal* 
l’altro  convella,  non  hi  tubo,  ma  è  incorniciata  d’ebano,  efoftenutada  un^ 
piedeftatlo  pur  d’ebano,  gentilmente  lavorato ,  da  cui  nella  parte  più  vicina  alla 
cornice,  elee  come  un  picciolo  braccio,  fimilmente  d’ebano,  fopra  il  quale 
s’ inalza  una  tenagiietta  d’ottone ,  che  termina  diritto  al  centro  della  lente  dalla 
parte  concava ,  e  ferve  perche  vi  s’ addarti  l’ oggetto  ;  che  fi  vuol  contemplare , 
chein  ral  modo, quantunque  minimo, di  parte  in  parte dilcernefi.  Così  veduto 
unòdrquegPirluci  Ragnatelli,  che  nons’ìnranano,  come  vili,  e  non  fifilano, 
come  gli  altri ,  le  vilcerc ,  per  teiTerne  lacci ,  e  reti  al  e  Molche  :  ma ,  Cacciatori 
animofi,  ne  fanno  preda  alla  feoperra ,  pigliandole  prontamente  di  falto  :  s’ è  of¬ 
fer  varo,  quanto  difpregie  ole  per  la  deformità  del  ceffo,  e  per  l’orridezza  di 
tutto  il  corpo ,  alcretanto  mirabile  per  Io  ftraordinario  numero  de  gli  occhi ,  de* 
quali  fù  dalla  Natura  provifto:  havendone  due,  che  fono  i  maggiori,  nella’ 
frontè,  e  quattro,  e  talvolta  fei  altri,  è  tutti  vivaci  (fimi,  più  addietro,  ripartiti 
in  maniera ,  che  fembrano  farli  una  cotona  :  la  quale  tanto  è  più  ragguardevole, 
quanto  più  di  quelle  de’  Principi  illuftre ,  mentre  non  d’ inlenlate  luci  di  mortet 

gemme 


ufi  M  y  s  E  o  Compiano 

gemme,  ma  di  vive,  é  brìi  latiti  pupille,  che  ne’ loro  cerebelli  molto  ben  fi  di- 
feernono, ècnrapofta.  OlTervazione,che,  fatta  più  volceanco dal  moraliflimo 
fi.i.  e.  11«  p.Bartoli, edalbl ponderata neilaif/Vre<z2;/o»f Opcradegnad’un  Sa¬ 
lomone,  lo  rraflfe  a  conchiuderne  fenlatamentc,  ch’ella  A  ciechi  nell' intelletto  e 
un  A  evidente  dimoUr  azione  della  eflrema  Previdenza  di  Dio  t  che  quella  sì  difpre- 
gie^'ole  beBiuola ,  tutta  orrida  come  un  Porco  fpino ,  ed'  un  ceffo  orribile ,  come  un 
Demonio  ^  perche  non  le  manchi  ^  onde  fuflentarfì.,  ha  proveduta  di  tanti  occhi ,  e  sì 
acconciamente  di fpodi  ì  chevoltandojìellaindifparte  ,  ò  di  fianco  -,  b  da  tergo  ^  iruj 
fembiante  di  non  veder  la  Mofea  ,ne  attenderla  per  ajfalirla ,  pur  la  vede ,  e  la  prende 
di  mira ,  e [opra  lei  fìcura  di  lui ,  il  cui  fpaventofo  ceffo  non  vede ,  gittandoji  impro» 
vifo  /’  afferra ,  e  addenta  con  due  lunghe ,  e  mobili  fanne ,  che  gli  efeono  dalla  bocca^ 
e  gode  fi  a  gran  diletto  quella  fna  cacciagione ,  frutto  d'  induHria  y  e  di  valore ,  e 
perdo  il  doppio  piu  faporit*. 

De  gli  Strumenti  fifico-Matematicly  ér  altre  coffe  di  Griffi  allo  ,  c  di  Vetro', 

Gap.  ri. 

I  O  EeoI  mezo  delle  invenzioni  dell’Ottica  fi  refero  prefenti  all’occhio  Iiu- 

O  mano  gli  oggetti  diftantilfimi ,  e  vifibili  i  corpi ,  che  per  eccclTo  di  picelo-' 
Jezzain  Terra,  e  di  lontananza  in  Ciclo,  sfuggivano  lavedura:  col  beneficio 
d*  altri  (Irumenti  la  Vetraria ,  indrizzata  dalle  Speculazioni  Fifico-Marematiche, 
feppe  far  vedere  all*  Ingegno ,  e  toccare  alla  mano  le  differenze  più  impercettibi¬ 
li  ne’  gradi  delle  Qualità  medefime  de  gli  Elementi ,  e  prime ,  e  feconde .  In  pro¬ 
va  di  che  fervono  i  due  fuffeguenti  Vetri . 

2  TERMOSCOPIO,  ò  più  torto  TERMOMETRO,  rtrumentonobiliffimo 
per  mifurare  i  gradi  del  caldo ,  e  del  freddo  dell’  aria ,  e  per  conofeere  (  moltipli¬ 
cato  ch’egli  fia  in  più  luoghi  nello  fteffo  tempo,  dove  però  fia  chi  offervi ,  e  poi 
confronti  le  offervazioni  )  e  diftingucre  i  lìti,  che  la  godono  migliore ,  Delle  al¬ 
terazioni  della  quale  è  molto  importante  i’cfatta  cognizione, a  chiunque  dilettali 
difilolofare  con  efperienzc  naturali.  Imperòche  per  più  accidenti  di  luce  ,  ò 
d’ombra  ;  di  caldo  ,ò  di  freddo;  di  nugoli  ,ò  di  nebbia  ;  di  quiete ,  ò  di  moto  ;  fi 
fà  più  rara ,  ò  più  denfa  ;  più  leggiera  ,ò  più  pelante ,  e  perciò  più  habile  a  fccon- 
dare, od  impedire leopcrazioni, che ponnofarlì dagl* Ingcgnofi.  Egli  è  com* 
poftod’una  palladicrirtallofiniffimo, ed’ un  cannellino  della  Itella  materiain 
quel  globo  inferito, e  nella  parte  fupcriorc  Ermeticamente chiufo , e  da  un  lato 
legnato  delle  note  fcparate  di  cento  gradi,  co’ quali  fi  conolcono  le  mutazioni 
dell’ aria, mediante l’aquarzente,òfpiritodi  vino, di  cui  èpiena  quella  palla, 
e  parte  del  rubo ,  a  fogno  però  tale ,  che  la  maggiore  attività  de’  raggi  Solari  nel 
cu  -r  dell’Ertarc  non  può  rarefar  quel  licore  fopra  gli  So.  gradi  del  cannello  ;& 
ij  lemplicc  freddo  della  neve  non  bafta  a  condenlarlo  fotto  i  20.  gradi.  Alche 
al'ufc  il  Sig.  Marchefe  Colpi,  tra  Gela  i  innalzando  quelto  rtrumcnto  per  corpo 
della  fua  Imprefa  Accademica,  col  motto  SERBA  LA  FEDE  AL  GELO: 
Confervafi  incartato  in  un  legno  quadrato  lungo  tré  piedi,  largo  tre  oncie,  at¬ 
torno  il  cannello,  più  nel  fondo  ,dov’è  la  palla;  appefo  al  muro .  Il  modo  di  fa¬ 
bricare  tale  rtrumcnto ,  e  comc,e  perche  s’empia  d’acquarzente,  c  non  d’ acqua 
naturale,  viene  infegnato  da’  Signori  Accademici  dei  Cimento,  i  quali,  e  di 
querto,  e  d’altre  quattro  forti  differenti  di  Termometri  adducono  bcllilTimc  fi¬ 
gure  ae:*\oto  Saggi  di  Naturali  Effpertenzeft2m\>dii\  in  Fiorenza  del  MDCLXVII 
in  foglio .  Ne  Lridero  parimente  il  Chirchero  lib.  III.  Magnetiti  de  catena  magne- 
VormioDcllib.IV.  dei  fuo  Mufeo,  cap.  Vii.  &  altri;  tra’  quali 

il 


LIBRO  TERZO,  CAB.  n  217 

il  P.  Ippolito  Gradetti  Giefurta  »  che  accennò  fabricarfene  a  Murano 3  ce  ne 
falciò  i  feguenti  ienarii . 

Trigm  ^  Calorqns  ne  metro  careunt  fm 
Optfex  Pyracmon,  plurima.  Fenetus  ubi 
fornace  livet  polus  y  ab  igneo  lactt 
Vitri  pitij?atas  chalybe  porre6ìo  opes 
Subducit,  anima  &  per  cavttm  chalybem  vaga 
Kylttenuat ,  exilemque  fingit  in  tubum  , 
lufium  in  rotundam  definere  cucurbitam , 

Tubo  fiubinde  coffilis  fe  fe  liquor 
Irrorat ,  occup atque  dimidium ,  v&ctt 
Vt  reliquus  aeri  hofpiti ,  ac  ludum  impleat. 

In  altra  )amque  fu  bri  git  tumidum  caput 
Tubus  y  r  evinsi  US  ferie  o  infra  flamine, 

Supraque ,  ad  aquos  abietis  feSia  finùs  , 
prudens  ubi  flyltts  àd  canalis  vitrei 
Latera  exaravit  indices  metri  notas. 

Super  Ii  at  aer  in  tubi  arSio  vifcere, 
finitimus  aeri  fubefl  humor,  fui 
TranfpeSium  aperiens  cLauTira  per  lucentia. 

Seque  )ugat  humori  fedenti  in  amphora,  ^ 

Cui  penfili  indit  fe  tubi  pes  inferus , 

Curtam  lacefiens  tempora  ad  decempedam,  t 

,  tiyems  ut  ergo  frigus  afperfit  lovi. 

Is  afper  intra  fisiulam  ,  in  fernet  fugit , 

Nexuque  fodat  arSiiore  fe  flbi. 

Contentus  exiguo  inquilinus  jam  loco. 

Sequax  at  unda,  ne  refes  dilter minet 
Cum  transfuga  elemento  vetus  connubium. 

Salit,  (fl  amafio  inharet ,  ac  retrograda 
fit ,  fi  retrorfum  amafius  figat  fedem , 

Cum  verna  refluum  reddit  indulgentia , 

•  Seque  explicare  de  fui  glomere  jubet 

Modo  fe  minorem,  feque  ma\orem  modo, 

T eporem  ut  algor  vincit ,  algorem  ut  tepor . 

Paredrus  interea  chara&er  edocet 

Quantum  afper  et  hyems ,  quantum  ét  aflas  mitiget. 

Errone  fcalam  per  natatilem  love , 

Suas  notante,  gnomonis  ritu,  vices. 

Syracufle  fenex,  coegifli  in  vitrum, 

.^ua  cum  vitro  periret,  at  heris  viam: 

Coegimus  nos  in  vitrum  metra  temporum. 

Metra  defitura,  quando  tempora  deflnant , 

5  IDROSCOPIO,  ftrumentodi  vetro,  da  moderni  in  ventato  perconofee- 
relamaggiorejò  minor  leggerezza,  ò  gravità,  iottigliezza ,  ò  groflfezza  dell* 
acqua ,  e  diicernere  i  gradi  della  bontà  di  quella .  Ha  figura  di  zucchetto ,  e  con* 
tiene  alquanti  pallini  di  piombo,  ì  quali  fervono  adeprimerlo  a  proporzione 
della  iottigliezza  dell’acqua,  in  cuifiapoilo ,  facendolo  nel  medefimo  tempo 
galeggiare  l’ aria ,  che  v’è  rinchiufa . 

4  Nèminorcdeirutilejcbeidue  fopradeicritti  ftruraentì  recano  alla  Filo-. 

T  iofia 


L,  Il  epigr. 


f,  l?.  «. 


Ili  M  V  S  B  a  C  O  S  P  l  A  H  0 

iofia  Naturale,/!  è  la curiofità ,  che  nafee  dal  fulTeguenre fcherzo della  Vetraria . 

5  GOCCIOLA»  ò  ZVCCHETTA  di  vetro  temperato  nell’ acqua, unico 

avanzo  d’ una  cadetta  d’elle  .fìndciranno  MDCLXVIII./otto  li  XXIV. d’ Ot¬ 
tobre  trafmellami  da  Genova  dalla  cortefia  del  Srg.  Giovambatnlta  Cafoni, 
gentilillimo  Pittore, &  Iftorico,  a  cui  dobbiamo  il  Supplemento  delie  Vitede 
fittori  Liguri  Poftumadi  Raffaele  Soprani,  tcftè  partorita  alla  luce  dal¬ 

la  diligenza  ,  e  liberalità  del  GenerofilfimoSig.Giovannicolò  Cavana,  Nobile 
Genovefe,  c  gran  Mecenate  delle  Lettere:  per  la  qualemi/ovviene  d’havcr 
fcritto.  IO  ANNES  BAPTISTA  CASONìS . 

K^nagratnmA 

EI  NON  ABSONAS  APTAS  ISTA. 

Ih  AnagramnìA. 

Vt  fur  fingendo  fuerus  ^  C afone  ^  SufrAnOy 
Scribendo  fAnter  te  ii^uet  effe  fAcetn, 

Num,  feft  SCRIPTORES  LIGVRES  y  monumentA  recenfens 
PICTORVM  y  immiti  f  nece  raptus  ohit  : 

Tarn  fimili  y  qUA  infeLìa  manent  y  tu  perficis  arte, 

Vt  fuA  credatur  y  linea  quaque  tua  efi , 

J^uis  tamen  admiretur ,  El  NON  ABSONVS  IST A 
SI  APTAS  ?  Alter  ei  nonne  Supranus  eras? 

6  Erano  quefte  al  Sig.  Cafoni  (late  portate  d’ Olanda;  e,  giunte  pof  eia  alle 

mìe  mani ,  tutte ,  fuorché  quefta  del  M  ufeo ,  fervirono  per  far  di  verfe  cfperien- 
ze  alla  prefenza  dell’  Eminentifs.  S  g.  Card.  Carlo  Carafa  ,  mentr’  era  Legato  di 
Bologna,  per  la  curiofità ,  che  reca  la  maravigliofa  proprietà,  c’hanno ,  di  ftri- 
tolarfi  in  minutiffime  parti  angolari ,  di  figure  diverfe ,  ma  irregolarilfime ,  feop- 
piando  non  lenza  rumore  nell’atto  di  romperfi  quel  fottiliffimo  filo,ò  beccuccio, 
da  cui  cominciano.  Il  che  hà  fvegliato  i  migliori  Ingegni  de’  noftri  giorni  a  rin¬ 
tracciarne  con  moltiplicate  offervazioni  la  cagione:  la  quale  parmi  fulficiente. 
mente  affegnata  dal  Sig  Geminiano  Montanari  ,Profcllor  Matematico  in  quello 
Studio  di  Bologna,  e  primo  Inventore  del  modo  di  fabncarle  in  Italia  ;  il  quale 
nelle  fue  speculazioni  intorno  a  quefti  vetri ,  efpofte  in  due  lettere ,  una  al 

Serenillìmo  Granduca  Ferdinando  IL  di  Tofeana,  l'altra  al  Sig.  Conte  Gii  cla¬ 
mo  Sa  vorgnano  del  Monte,  N.  V.  Rampate  in  Bologna  del  1^57 1.4,  notò  che, 
fe  fi  dar  a  ilcafo,  che  raffreddandofì fotto  acqua  una  gocciola  di'vetro ,  ella  rimanga 
intiera  y  fenla  feoppiare , per  bene  che  le  parti  fue  eììerne ,  freddatefì  d' un  fiibito, 
fieno  circa  la  fiuperfizie denfìfime  y  onde  nafee  ladurezl^aloro;  nulladimeno  le  parti 
interne  rare ,  e  tirate  fra  loro  agni  fa  delle  corde  del  Clavicimbalo ,  b  della  pelle  d‘  un 
T  amburo ,  in  una  violenta  efietftone fono  rimasi  e,  atte  pereto  ad  ogni  minima  rottura 
d'  una  loro  parte ,  a  difeioglierfi  conviolenza  tutte  d'infieme, 

7  Quella  forte  di  vetri  fù  introdotta  in  Italia  del  1 662.  cllendo  le  prime  Goc* 
cìole  Rate  mandate  al  Granduca  di  Tofeana  da  Bruxelles ,  come  av  vifa  il  Signor 
Francefeo  Redi  (il  quale  vi  fece  fopra  diverfe  efattilfìmc  olfervazioni,  come  nel- 
lefue  Efperienig  Naturali,  p.94.)  in unalettera al Sig. Montanari .  Eprima, 
cioè  del  1656.  erano  Rate  vedute  in  Francia,  &  cfpcrimcntate  in  Parigi  nell’ 
Accademia,  che  fi  radunava  in  cafadi  M.Moncraor,  Mecenate  del  dotrilfiiTio 
Gaflendo,  colà  portate  da  M.  Chanut,  Refidente  di  Svezia  in  quella  Corte. 
Onde  pare  che  alla  Svezia  fc  ne  polla  attribuire  l’ invenzione,  come  accenna  En¬ 
rico  Regio,  il  quale  nel  lib.  V.  della  fua Filofofia Rampata  in  AmRcrdam del 
i6d2.  parlando  di  queRi  vetri,  nefcrilfe:  adferuntttr  huc  ad  nos  è  Svecià  glo¬ 
buli  vitres,  ère.  Nè  trattano  il  fopramentovato  Signor  Redi  in  unalettera  al 


LIBRO  TERZO.  CAP.  219 

Sig.  Montanari,  inferita  nella  feconda  lettera  iopracitata  del  medelìtno,  p.  42. 
Antonio  Neri  nell’  Arte  Vetraria ,  Libro  che  poi  fù  tradotto  in  latino  da  Crdto- 
fbroMcrreti  Tomaio  Hobbes  ne’ Problemi  Filici  sGafparo  Montconys  ne*  fuoi 
yiaggi ,  Se  altri  dal  medelìmo  riferiti . 

8  Sono  vi  pure  altri  Parti  della  Vetraria ,  degni  d’ edere  mentovati,  fe  non  per 
le  ragioni  de’  precedenti ,  per  altre  non  tralcurabili ,  cioè,  ò  per  l’ ufo ,  e  per  T  an¬ 
tichità,  come  il 

9  CALICE  di  VETRO,  eie 

10  Due  VRNE  pure  di  vetro,  che  lì  defcrìveranno  tra’ Vali  di  quella  mate¬ 
ria  i  ò  per  la  pompa ,  che  reca  no  al  Mufeo ,  come  gli 

1 1  Otto  GLOBI  di  crillallo ,  dorati ,  deferitti  tra  gli  Strumenti  Matematici 
alnum.  28.0  per  la  Rravaganza  del  modo,  con  che  furon  la  vorate,  conre  la 

Il  MONETA,  ò  MEDAGLIA  di  vetro,  di  color  dibronzo,  matrafpa- 
"’rente ,  della  grandezza  d’ una  Medaglia  Imperiale  ordinaria ,  con  elprclsivt  al¬ 
cuni  caratteri  Turchefehi .  I  quali  per  elTere  di  rilievo ,  la  fanno  credere  impron¬ 
tata  come  le  Monete,  &  in  confeguenza,  che  quello  vetro  lìa  di  palla  duttile, 
come  i  metalli  :  quale  appunto  fù  quella  del  vetro  flefsibile  inventato  al  tempo 
di  Tiberio ,  e  di  lua  commifsione  abolito,  come  nota  Plinio .  E*  opera  moderna . 

13  Non  è  però  nuova  l’ invenzione  di  figurare  il  vetro  in  Medaglie ,  e  tinger¬ 
lo ,  come  quella ,  che  fù  nota  a  gli  antichi ,  giulla  gli  efempi ,  che  le  ne  feorgono 
in  alcuni  de’ vetri  trovati  ne’SepoIcri  antichi,  c  particolarmente  ne’  Cemeteri . 
Di  non  pochi  de’  quali  vetri  dipinti ,  e  rapprelentanti  Medaglie  fe  ne  ponno  ve- 
derle  imagini  nella  Roma  Sotterranea  del  P.  Aringhi.  Oltre  di  che  olfervanfi 
nelle  Fineftredi  molte  Fabriche  di  qualche  antichità,  delle  Vetriate  compolle  di 
vetri  cinti  d’ ogni  forte  di  colore  :  nella  llruttura  delle  quali  da  Leandro  Alberti 
nella  lua  Italia  raccordali  per  eccellentilsimo  quell’ Ambrogio  da  Soncino, 
Laico  Domenicano,  Difcepolo  del  B.  Iacopo  d’ Alemagna  (di  cui  pure  ne  Icrif- 
fela  Vita,  inferita  nelle  Vite  de’ Santi  Domenicani  di  Serafino  Razzi  )  il  quale 
fiorì  circa  il  principio  del  Secolo  palfato .  Anzi  in  molti  luoghi  lì  vedono  bellil- 
lime  opere  a  Molaico,  fatte  di  limili  vetri,  qual’ è  lafuperbtfsima  incrollatura 
interiore  del  famolilsimo  Tempio  di  S.Marco  di  Venezia,  rapprelentante  varie 
lllorie  Sacre  ;  Se  in  Bologna ,  le  Imagini  di  varij  Santi ,  alfa  i  maggiori  del  natura¬ 
le,  che  li  mirano.  Se  ammirano  in  molti  finellroni dell’ inligne  Collegiata  di 
S.  Petronio ,  Se  in  particolare  in  quelli  della  fontuofa  Cappella  di  S.  Antonio  di 
Padova  polleduta ,  e  con  lingolar  magnificenza  ornata  dal  Fondatore  di  quello 
Muleo  :  ne’  quali  furono  efprefTe  con  vetri  dipinti  le  figure  llanti  de’  Principi  de 
gli  Apoftoli  S.  Pietro ,  e  S.  Paolo ,  de’  quattro  Evangelici ,  e  de’  SS.  Ambrogio, 
e  Petronio ,  tutte  per  difegno  del  famolo  Michelagnolo  Bonaruoti .  Delle  qua¬ 
li  Figure, meglioche  delle  Armedella  CittàdiLione,  può  dirli  coll*  eruditifsi- 
mo  P.de  Bufsieres,  che  appicf£  cryfidlot  colorant  Solem  ^  quem  admtttum  y  & 
nova  luce  luciàiffmum  aflrum  incendunt. 

14  Mafia  di  quella  lorte  di  palla  di  vetro,  che  da’ Vetrai  chiamafi  PIETRA 
VENT  VRINA ,  perche  hà  durezza  di  pietra ,  Sre  è  ventura  che  rlefcabene  il  la¬ 
vorarla. 

1 5  Non  vi  mancano  altre  opre  della  Vetraria  ;  ma  come  che  quelle  confina¬ 
no  in  Vafi,fenetrafportaladefcrizzionenel  Cap. XXV.  di  quello  Libro  ,delli- 
natoa’ Validi  verro  j  ove,  e  della  materia  di  cui  li  compone,  ede’luoipregifi 
dirà  qualche  cofa. 

\6  Oltre  gli  Strumenti  Fifico- Matematici,  &  altri  fopra  mentovati ,  poteva¬ 
no  connumtrarli  tra  le  Cole  fpettanti  alle  Matematiche  molti  de  gli  Arnefi  della 
Nautica ,  e  paicicolarmente  le  BolTole ,  e  le  Carte  da  navigare ,  cqifìe  cofe  ,  che 

T  a  “  '  '  fcryo- 


Ming.'S.om. 
Suèterr  /.4, 
e-  37- 


L  L.  in 

Scrtpt,Crpì 

me». 


In  Atferipi, 
Bafil  J^ugdl^ 


V.inffUy 

cap.  t  •  ^  «  g 


Ile 


M  V  S  E  0  e  0  S  P  I  A  N  Ò 


fervono  a  queir  Arte  in  affari  concernenti  alle  Profeffioni  fudette,  coftumando 
ella  di  regolarli  con  direzioni  Filiche ,  Matematiche ,  Allronomiche  •  Geometri¬ 
che  ,  e  Geografiche  ;  ond’  è  che  lì  vale  non  loio  de  gli  ordigni  da  deferì  verfi ,  ma 
eziandio  di  molti  fopra  rapportati.  Ma  perche  non  oftantc  la  nobiltà  di  quelle 
«orme  ella,  per  decreto  deirantica  Filofofìa,  và  efclufa  dal  numero  dell’Arti  Li¬ 
berali  ,  e  collocata  fra  le  fervili  :  fe  ne  trafporta  la  deferizzione  in  luogo  più  con- 
facevole  dopo  gli  Strumenti  bellici  nel  Cap.  XVII.  di  quello  Libro.  Intanto 
non  è  fuori  di  propolìto  il  divertirci  con  gli  Strumenti  Mulìcali . 


He  gli  Strumenti  Muficali» 
Caf.  VII, 


'Muf.  Sttsi, 
tMf.  nlu 


tùli,  Céd, 

dt'  Ltninb, 
i.  lo.c  4. 

^e,  C*rl9 
Mélvdf. 
AtnorCoiU 
vinto  làtl, 
V.  26}, 

t4h 


I  Opo  gli  Strumenti  Fifico-Matematici  meritano  d’clTcr’  offervati  i  Muli* 
1,  J  cali , come  Arnelì  d’ un*  Arte,  che  compie  il  Coro  delle  Scienze,  ed  è 
fondata  sù  principii  dedotti  dalle  proporzioni  Filiche  ,e  dall’evidenze  Materna* 
ciche .  Nè  fe  non  prima  de  gli  Strumenti ,  quantunque  gentili ,  dell’  Arti  fattive» 
erano  da  deferiverlì,  ancorché  pochi  «quelli  d’ una  ProfelTione  Liber  ale,  elerci- 
tata  fin  dalle  Mule,  che  ad  elfa  diedero  il  nome:  effendo  tanto  più  nobili  de* 
fulTegùenti,  quanto  più  accetti  alle  Mule  llclTe,  che  godono  di  trattarli, facen¬ 
done  pieni  concerti ,  c  valendofene  per  limboli  proprii ,  e  che  non  meno  de’  no¬ 
mi  di  ciafehedunarifuonanti  melodia,  le  palelano  Intelligenze  principali  della 
Mulìca,  Di  che  pon  no  vederfene  gli  efempi  ne’ Bronzi,  che  ne  confer  va  il  Mu- 
feo ,  che  pure  dalle  medclime ,  non  altrimenre  che  la  Mulica ,  viene  denominato  : 
fcorgendoli  in  elTi  Eratocon  la  Lira ,  Melpomene  con  un  Libro  di  Mulica  aperto 
nelle  mani,  Terlicore  con  un’ Arpa,  eh’ è  la  Cetra  antica,  figurata  nelle  Meda¬ 
glie,  Euterpe  con  un  Flauto  alla  bocca,  Se  un’Organo  accanto,  e  Polinnia  con 
due  Cetere  non  molto  dilfìmili  dalle  moderne,  come  appare  dal  racconto,  che  fe 
ne  porta  nel  fine  di  queft*  Opera  tra’ Balli  Rilievi  profani.  Onde  pollo  dire  con 
rerudirillimo  Paolo  Maria  Terzago  in  limiglianteoccalione.  Ad  Mufas  nos  mo¬ 
do  convertamus ,  quorum  Chorus  ad  inHrumenta  Mttjica  blande  nos  invitat .  Iru^ 
his  Thalia  voluptatem  cantus  ,  Melpomene  dulce  melos ,  Terpfichore  fuaviffimos 
Cithara  fonos,  Euterpe  tibiarum  modulamina  ,  ac  demum  Polyhymnia  numeris 
omnibus  abfolutum  ^  plenumque  mujicalem  concentum  per/onant,  £d  ecco.ie  la-, 
ferie ,  la  quale  le  non  è  prolilfa ,  non  effendo  flato  particolare  intenzione  dei  Sig. 
Marchefe  di  raccogliere  limili  Arncli ,  non  è  però  così  breve ,  che  non  polla  no¬ 
tarli  a  parte. 

a  SALTERIO  antico  di  dicci  corde,  formante  un  Ventaglio  quadrato  di  le¬ 
gno  col  fuo manico  gentilmente  tornito.  Si  che  può  dilettare  non  meno  con 
l’eccitar  frclco  nelle  più  calde  Stagioni ,  che  col  fuono  in  ogni  tempo,  mentre  da 
perita  mano  toccato . 

Come  Cetra  dijlinta  in  varie  corde 
Torma  di  vario  fuon  concento  adorno. 

Non  è  però  mai  più  plaulibile  l’ ulo  di  tali  llrumenti ,  di  quando  al  fuono  v'è  ac¬ 
compagnato  il  canto,  di  chi  intona  Inni  di  gloria  a  Dio, ad  imitazione 
Tst  quel  Reai  Cantore  ^ 
che  fe  sì  fantamente 
Del  juo  Salterio  armonizzar  le  corde. 

Col  qual  Salterio  del  Salmografo  tiene  molta  limiglianza  quello ,  non  foìo  per 
lo  numero  denario  delle  corde ,  com'era  in  quello,  di  cui  cantò  il  Profeta,  che  lo 
In Pfalterio  decac bordo pfallam  Ubi ,  ma  eziandio  nella  figura  quadrata , 

che. 


Ll^KO  TE\ZO,  CAP,  va.  211 

che,  levatofieilmanico,eraIaraedcfimad!quello,  come  nota  S.  Girolamo  in 
un’  Epiftola,,  fepur  è  fua ,  citandovi  li  teft  è  addotto  vrerfetto  Davidico,  e  Speci¬ 
ficandovi  , eh’ egli  in  Ebraico  appcìlavafi  ,  la  qual  figura  quadrata  vedefi 

parimente  ne’  Salterii  difegnati  in  un  Codice  Vaticano ,  ofTervaro  da  Girolamo 
Defideri.ecirato  in  quello  pi:opo(ìco  nei  fuo  eruditifiìino  difeorfo  della  Mufica, 
tra  le  Profè^degli  Accademici  Gelaci , 

.  5  SIRINGA,  Strumento  Muficale  da  fiato  jeompoRo  di  XII.  Fiftu!c,ò  can¬ 
ne  di  mecalió  .  commeffe  in  fila  per  traverfo  ;  la  prima  delle  quali  ,elIendo  la  più 
lunga,  e  la  più  grolla,  luona il  ballo:  elealcrelHccelTivamente  minori ,  quanto 
di  mano  in  mano  s’accorciano,  e  s’alTottigliano,  tanto  più  acuto  rendono  il 
fuono.  TalnnichiamanoFiftulatuctolo  ftrutnento;  ma  pigliano  una  parte  per 
il  tutto.  Là  Fdtula propriamente  era  quello  ftrumento  Muficale  piccolo  d’una 
canna  loia, e  dirirc3,&;  eguale,  aliai  più  antico  della  Siringa ,  che  ,  dt  Jve- 
Indetto, dalle  Piante>che  a  formarlo  lomminillrorno  primieramenté  i  loro 
Iteli  vuoti.  Il  che  ftimo  invenzione  de’  primi  Pallori:  dalla  quale,  come  da 
modello,  è  credibile  fufie  di  poi  cavata  la  Tibia,.  E  per  Siringa,  che  dicefi  anco 
da  taluni  Sampogna ,  s’ incende  fpecificamente  uno  Scrumento*come  quello  del 
Muleo,  rilulcance  di  motti  tali  Fiftule ,  polle  infieme  nel  modoifopradetto,  pur¬ 
ché  non  fiano  meno  di  fette,  come  avvertì  reruditilsimo  Girolamo  Defiderii 
nel  fuo  vago  Difcoi  lo  della  Mulìca,che  vàtràle  Profe  dell’ Accademia  de’Ge- 
lati ,  infe  gnando ,  che  Di  fette  Fijlalefii  camfofia  la,  Siringa  ,  e  di  due  la  Cornamufor. 
Del  quale  accoppiamento  di  Fiftuk  fallì  da  certuni  it^vencore  Idi  Paftorc  Sicilia¬ 
no  ,  da  altri  Cibele  ,e  daaltri  Pane ,  il  favolofo  Dio  de’  Pallori  :  a  cui  l’ Vniver- 
Sìtà  de’  Poeti,  e  de*  Mitologi  attribuifee  l’ invenzione  della  Siringa  di  lette  canne 
.paluftri ,  con  cera  commefle ,  così  chiamata  dal  nome  della  Ninfa ,  che  fingono 
in  tal  Pianta  cangiata;  benché  d’ordinario  i  Poeti  Fappellino  T/7?»/ì!ì,  come 
Marziale,  o  ve  fà  che  u  itale  Strumento  di  le  favelli. 

^uid  me  comjiaSam  ceris y  df  arundine ^  rides? 

primum  extrucla  ejl  FiBuUy  talis  erat. 
intendendo  appunto  di  quel  a  di  Pane,  ch’era 

-  '  ■  difparibus  feptem  compaFra’.  cicutis . 

Dalla  qual  connefiione  di  molte  canne  di  varie  grandezze ,  e  tuoni  è  verifimile, 
che  polcia  ne  derivalTe  l’invenzione  deir  Organo,  Strumento  de  gli  Strumenti 
della  Mufica:  il  quale  a  poco  a  poco  migliorandoli  è  g  unto  in  quelli  tempi  a  tal 
perfezzione  ,che  lembra  inluperabile .  Del  qual  penfiero  ne  diede  qualche  mo¬ 
tivo  la  gentil  Mula  del  (onte  Carlo  Ma!  valla  neW  Jmor  Convinta,  Idillio ,  ove 
ravvilata  la  fimiglianza  dell’ Organo  nella  Sampogna,  chiama  quella  Orbano 
paltidofo,  introducendo  chi  dice . 

Ter  me  con  cera  uniti 
il  femicapro  Dio  calami  agredi 
L’  Organo  paludofo 
De  le  vittorie  mie  refe  fonoro. 

Che  le  a  tal  congettura  fi  toghe  il  fondamento  della  favola,  non  folo  ella,  non 
cade,  ma  fi  regge  aliai  meglio,  trovandoli  sù’l  lodo  dell’Illoria.  Avvegnaché 
pertellimoniodiSchilteHaggiburim  antico  Rabbino,  citato  dal  gran  Chirche- 
ro  nella  Mufurgia ,  tra  le  numerole  Ipezie  de  gli  Strumenti  Muficali  dell’  ammi- 
rabil  Tempio  di  Salomone  ,  ve  n*  erano  da  fiato;  etri  quelli  le  Fiftule,  dette 
Halil,  s’ erano  rette, tKeren,  s’eranocurve;  le  Siringhe ,  appellate 
Mafr abita ,  molto  limili  a  quella  di  Pan  ;  e  gli  Organi  detti  Matraphed  Aruchim, 
reile  canne,  e  ae’  talli  molto  corrilpoadenti  a’  noftri,  benché  non  gli  agguaglial- 

T  3  lero 


D  Hiertti. 
in  Ep.ad 
Darà. 


num.zi. 


num,  if. 


Z.l4,ep,6^i 


V,  <jS,’ 


Cap.  xa:x. 

«H.I2. 


mu  1^. 


L.ì.^rrthot. 
*ìt  Ad’Aht»'):, 


Embl.  Xr. 


Plut,  An  fen. 
gtr  fic  Refp, 
&  de  fort. 
jilex. 


211  lA  V  S  E  0  f^OSEìAnO 

fero  in  perfezzlone.  Come  dunque  comporti  di  molte  Fiftule,  ò  canne  tra  di 
loro  dileguali  di  grandezza ,  &  in  confeguenzadi  fuono  :  onde  compendiavano 
in  fe  fteflfi ,  e  dì  gran  lunga  fuperavano  le  perfezzioni  delle  Siringhe ,  le  quali  per 
erter  più  ftmplici  dovevanocrtere  d’ ii  venz  ione  più  antica:  era  facil  cola  che  il 
ritrcKvamentoloro  fulTe  originato  dalle  medefime . 

4  Due  FLAVTI  d’ Olite,  ò,  come  la  chiama  il  volgo.  Pietra  Serpentina: 
delia  quale  s’ è  motivato  qualche  cola  nel  precedente  Libro  li.  e  fe  ne  difeorre- 
rà  più  a  lungo  tra  Validi  Pietra.  Sono  anchequeftì  Strumenti  Mulìcali  da  fiato, 
crunod’eflì  è  lu  so  più  d’ un  braccio, e  l’altro  poco  minore.  Comprendonfi 
fotto  il  genere  delie  T  ibie ,  organi  d' invenzione  antica ,  ma  pofteriore  a  quella- 
della  Fiftuli  propriamente  detta,  e  da  erta,  comes’ è  accennato ,  per  avventura 
dedotta.  E  chiamavanfi  Tibie,  perche  appunto  tormavanfi  di  Tibie,  cioè  di 
Stinchi  d’animali ,  come  dell’ Aquile,  e  de  gli  Avoltoi,ederaufan2a  de’  Sciti  : 
ò de’ Cervi  ,òde’Cavrioli  ,efù cofturae de’ Tebani ;  òd’ortad’ Elefanti, c d’al¬ 
tri  g'  umenti ,  e  fù  ritrovamento  de’  Fenicii .  Divennero  poi  materia  delle  mede- 
lime  r  Edera  ,adoprata  in  ciò  da  Ofiride ,  inventor  del  Monaulo;  ilLoto,coftu- 
matcdagli  A  f  ftandpini:  le  Canne  del  Nilo,  ufate  da  gli  altri  Egizzii:  ilBolfo 
ufitato  nella  Frigia ,  il  Lauro  nell’  Africa ,  &  altrove  il  Sambuco ,  la  Pietra ,  come 
in  queftè  duedt  l  Mulco , il  cuojo  de  gli  animali ,  come  nella  furteguentc  ,l’ avo¬ 
rio  ,  il  ferro,  il  bronzo ,  e  fino  i  più  nobili  metalli ,  come  l’argento .  Onde  creb- 
bcro  di  modo,  e  con  tanta  varietà  le  Tibie ,  che  lene  trovano  mentovate  prcrto 
gli  Autorrantichi  p  ùdiXL.dellequalichi  vuol faperne,i  nomi,lediverfità,lc 
proprietà ,  e  gli  ufi  particolari  può  foddisfarfi  leggendo  il  fopracitato  Difeorfo 
della  Mufica  del  De  fiderii.  A  me  batta  d’avvertire,  che  oltre  quelle  trovo  rac¬ 
cordato  l’Odontifmo,  ch’era  una  Tibia  di  quattrofori ,  e  laT  biaMinervale, 
inventata  da  Nicofale ,  edaettodedicataa  Minerva,  cui  taluni artegnorno  Tin- 
venzione  del  Flauto,  benché  poi  lo  gettarte,  fpiacendole  troppo  che  il  Tuonarlo 
la faccrte  parer  men  bella.  Alcheallufe  Antipatro,  quandocantò  di  Glafira, 
bravilfìmo  luonarore  di  r^li  Strumenti . 

OSfo^LA..  Kojt  «•cfp.tt.roe ,  euKtr  A'òluf» 

E’pjS<4<»  AeiTouV  7o7a  , 

Nomen  tibt,  cf  artis j  ó"  corporis.  Neque  Mimrv/i 
K^^^eciffèt  Tibias,  fi  talia,  ccciniffit. 

Dal  cliededurte  unode’fuoi  Emblemi  Paolo  Maeci,  nel  qualeperòin  vece  di 
Flauto  elprellc  la  Sampogna , cantandone  infieme. 

Inflantem  buccas  temet  durn  bellica  Pallas  y 
Mutata  ^  •vitreo  con/ picis  ora  [acu: 

Tintila  ,  ais ,  pereas  ;  dehinc  ab]icis ,  tibi ,  virgo , 

Tarn  cito  quod  placuit  y  tam  cito  diflplicuit? 

Di  tutt’altra  fantafia  era  Canio,  quel  famofofuonatore  ditali  Strumenti, il  qua¬ 
le  foleva  dire  d’trtei  non  m.  n  pronto  a  pagare,  fefuflè  occorfo, chi  l’udiva ,  di 
quello  fi  furte  a  ncevernela  mercede .  Nè  mencelebri  nell’arte  medefinia  furo¬ 
no  Tclefane,&Enc  ;de,oitre  Glafira  fudetto  lodati,  ne  gli  Epigrammi  Greci; 
Awigenidejchecol  fuono  de  fuoi  Flauti  eccitò  all’ armi,  Alertandro  Magno,  e 
prima  di  qucfti  quell’  Antippo ,  che  nella  Tibia  trovò  l’armonia  Dorica, e  Lidia, 
&  altri ,  che  non  è  mio  penfiero  di  raccogliere . 

5  FLAVTO  MASSIMO  di  botto,  a  cui  da  periti  fùdatoii  nome  di 

6  Cinque  TRAVERSE,  ò  diciamo  Prffari  all’ Inglefe,  parimente  di  botto, 
ufati  molto  nella  Germania .  Si  fuonano  di  traverfo;  dal  che  tratterò  il  nome . 

7  Sci  FLAVI!  Tcdcfchi,  di  varie  forti,  fimilmente  di  botto. 


8  Sette 


'  LIBRO  TERZO,  C  A  F,  PlL  223 

I  .  8  Sette  FLAVTI  di  varie  forti,  e  parimente  di  bofTo,!  quali  tutti  furono  di 
I  Scapino, fimofoComico, ch’era maravigliofo  infuanarli. 
f  9  Vn  gran  SERPENTONE  Muficale .  Così  chiamo  con  Pierfrancefco  Sca- 

tabelli  ueilaGalecta  Scttaliana  uno  Strumento  armonico,  da  fiato,  formato  di 
cuojo  cotto  ivfeinbianza  di  tottuofo  Serpente,  lungo  più  di  due  braccia,  e  nell’ 
eftrem  tà  largoua palmo:  il  quale  forma  un  bailo  di  fpaventofo  rimbombo. 
CoftumòfiTi  già  nella  Francia  ,  doveera  affai  frequente  l’ ufo  ditali  arnefi ,  corno 
notaildoctiflìmo  P.Merfennio. 

10  CORNO  antico  di  cuojocotto,  con  r  Arme  gentilizie  de’Bentivogli,  c 
Ranuzzi Famiglie  principali  drBÒlogna.  Dandógli fiato  rimbomba  in  guifa, 
che  può  dirfene  col  Conte  Carlo  Malvafia  gentiliffimo  Poeta . 

Dì  JlrefitofrQotno 

\  Ripercuote  l'.itditò.  horriào  fmm, 

11  CORNO  d*  ottone ,iò più tofto 

TROMBA,  incuis’aggruppanointantiraodile volute, eie fpire, che fe 
1  ne  forma  un’intrtgatiflìmonOdp,,curiofoa  vederli ,  altrequanto  gentile  è  il  fuo- 
/  no,  cherende,  per  lalottigliezza,  che  acquifta  il  fiato  datogli  in  paffandoper 
:  que’tortuofi  Meandri.  Che  però.d=^queftampn  direbbe  Pietro  Crinito. 

Et  Cornu  ^  .v;  ^  ' 

I  Qualunque  però  lufi  il  fragore  di  quella  Tromba  c*  mvita  all’ Armi . 


g/ì  Strumenti  Bellici  in  getter  r.  Che  cofa  h  abbi  Ano  da  far  con  le  Mufcy 
quando  'y  e  dd  thh\  'è  percHer  ìnvehtAti  '^ 


■•■'ir'*' 


Vili 


I  X  T  On  fempre  s' avvera  que^detto  di  Gerardo  Diceo 

^  ■! ■'■■■■  iì^dosiUs.  odetunt  Arma  Camcenal 
I  Ancodeli’ Armi  fidiIettanoie^Mufe, tuttoché Geniiquieti,  e  godono  talvolta 
;  d’accordare  le  loro  Lite  pacifiche  al  fuono  delle  Trombe  guerriere  «  cantando 
;  imprele  Marziali  ;  anzi  fannotalorafervir  di  Trombeffe  Cetre,  incitando  con  ar- 
I  moniabellicola  alla  guerra.  EloprovòAleffandro  ,  il  quale  udendo  Antigcni- 
debravi(rimofuonatore,chefacevaalcunefuonateguerriere,le  quali  appella- 
vanfiHarmatie,  s*  infiammò  di  maniera,  che  levatoli  in  piedi  con  Tarmi  alla 
mano, fi  Icagliò  fopra i  circortanti  »affalendoli come  nemici.  E  fù  purcortume 
1  de’  Popoli  di  Candia  >  e  della  Laconia  d* entrare  in  battaglia  a  fuono  di  Cetre ,  e 
;  d’altri  Strumenti  Muficali.  Et  appreffo  quefti  ultimi,  come  riferifce  Plutarco, 
!  fole  va  cantarli. 

yo?j>  va  etHfa,  re  za.h.a<  l 

cioè.  Vergit  ad  lethale  ferrum  leptaè  ctthara  canere. 

Col  qual  verfoinferivanocheleconalcuneluonatediCetra  fedanfi  i  moti  del¬ 
l’animo,  con  apre  ancora  s’accende  quefto  alla  guerra.  Quindi  fù  dette  pro¬ 
verbialmente,  e  notato  dal  Manucci  tra  gli  Adagi,  C/V^er<«  incitat  adbellum,  E 
la  Poefia  ,  malfiine  T  Epica  ,fà  veder  che  le  Mule  fanno  trasformare  in  Trombe  le 
Cetre.  E  fuot  talor  de  V  Eliconia  Tromba 

il  Mujìco  fragor  correr  tra  T  armi, 
tnachediCG  in  Trombe?  in  armi  fulminanti. 

E  per  troncar  la  gener of a  Clio 
1  Papaveri  lenti  al  mejlo  oblio 
'  ,  .  ,.i  E  A  tra  metalli  fulminar  la  Cetra, 

2  Cosi  con  Minerva  lamio  le  Mule  maneg  giare  gli  al&ri  bellici  non  meno  1 

che 


L.  II  In^rl 

Harmon 

Preleft.XVJ 


Fior.  Co* 
roD  JdilU 
V,  284. 


Carm,  l.  z. 


Plut,  l.%.  de 
fort,  Alex: 


Eoe.  cif. 


•d^eff.Guid» 
Poef,  Ltr. 
Orf.y.y?,  j.j,' 


m  V  S  E  0  COSPIANO 

cheiLetterai  it.  Onde  amano  iLauri^  che  fimboleggiano  egualmente  la  Gloria 
Milicarc.e  l’ HonorXecterario .  Aozi  inferendoli  alle  Palme  propagano  lama, 
«cria  più  nobile  da  intrccciarfi  in  Corone  per  chi  con  effe  ,  come  Cefare ,  tempra 
colle  Spade  le  Penne  avverando  quel  (cntimcnto  che  mi  dettorno  in  una  Serie- 
fura  Poetica  al  Sig.  Lorenzo  Craflo  ;  eruditilfimo  Storico ,  Oratore ,  e  Poeta  Na¬ 
politano,  cioè. 

Ov*r«f  àfttuf  Taf  ft^<tfa(ii^7t>f 
■ ^  ’’  hììa'f  To>^a!Kii 

‘  itfniyiì’  àe  ,  xtu  ìcvpubiiprn 

■  ^  hievffytfO  fifitf  A<  K^èirm. 

« fia, come m’ occorfe  fp'cgare co’ metri  Latini. 

.  ;  T  Sic,  beUicofum,  qtiA  caput  ambiunt, 

-  •  Meret  frequenter  J>oÙus  adoreas. 

Hinc  Mgtde ,  ac  haBa  decoram 
Fnigenam  coluere  Athena . 

3  Onde  poteva  beniliimo  dirli  delle  Mule,  ciòchedi  Pallade  mi  venne  in  ac¬ 
concio  di  pronunziare ,  profeguendo . 

lé  7tìt  itfii  KATarricf 

Où  vpdTÌfi  S'pne ,  wadV  Si  xurardfm 

li  Ailìuif  «.bTS  XtLfuTpd,  TTctMaV 
Kaf^lypa^oe  areVe  (nif  . 

.  .  7*  ftùj  Krp*i^à.t  Cee^oi  ttfiuu7UQi!e , 

BplpL9i,t  y  A’x<WkB’,  B.\top»  ,  KA’vetCn 
Tttr  Atàfxf ,  tìfin  tlvitì 

E’vtToXi/LcofCF  «t’  A‘7pvTura,fi 
E’r  7tTf  cìeiftTf  S*ìor  «Su  fetf 

E’r^ovoiàfTU  , 

ToKtf  KhioV7tU  TUp  TÌ7ttir  Tt , 

a/4*  <’•»  uaì  iesKioif  irap  l*’rJ'e/f, 

ò  come  portali  nella  Traduzzione  Latina. 

Secus  foror is  Munta  promere 
'  Hon  efl  Gradivi-,  qui»  ^  in'  infmà 

Lethe  laterent  gè  fi  a  Martis , 

Subveniat  nif  fetta  Pallas. 

^uis  mine  Atridas  dicere  vindices  t 

Fortemve  Achillem ,  aut  Heclora ,  vel  pium 
‘  Matum  Diones ,  ni  fuijfent 

^.Auxilio  celebres  Minerva? 

Diam  canoris  Vatibus  indidit 

Mentem,  excolendam  faticini  Deo% 

Hinc  Nomen  ad  Mauros  ,  Getafque 
Grande  ferunt,  ér  ntrofque  ad  Indos. 

4  Che  però  non  dildicono  a  quello  Recello  dede  Mule  le  Armi  d’ogni  forte 
adunatevi  dal  Sig.  Marchcle  Coipi  -,  anzi  tanto  meglio  vi  Hanno,  quanto  più  nel- 

.  l’ accoppiamento  di  quelli  Arnefi  di  Guerra  a  gli  altri  di  Pace,  che  qui  fi  vedono, 
campeggia  P unione,  e  fratellanza  de’  Genii  di  Pallade  ,  e  delle  Mule;  poi¬ 
ché  ,  le  quella  nacque  dal  capo  di  Giove  :  quelle  pur  fono  figliuole  di  Giove,  é 
della  Memoria;  e  fe  quella  è  non  meno  amica  dell’ Armi ,  che  delle  Lettere: 
quelle  trattano  egualmente  argomenti  pacifici ,  e  beilicofi ,  come  lorelle  ,  e 
compagne  indivile  d’  Apolline ,  che  maneggia  con  egual  maeilria  la  Cetra ,  e  le 
Od.  7.  zi  Saette  (onde  cantò  il  Guidi 

Jiegge  il  fianco  Febeo  Plettro,  e  Feretra) 


e,  co- 


LIBRO  t  n%ZO,  CAP.  Vili  tzs 

e,  come  riferifce Macrobio  yC  ,con  ciTo ,  il  Cartari  yfù  da  taluni  creduto  lo  ftcffo 
con  Marte ,  il  Dio  dell*  Armi  *  c  della  Guerra  y  è  con  gli  Arneli  di  quello  rappre- 
(entaco .  E  Matte  medefimo ,  intefo  anco  feparato  da  Febo ,  tutto  che  fiero  y  pia. 
cidamente  le  accoglie  y  godendo  nel  commercio  loro  non  meno  la  temperanza 
de  fuoi  furori  y  che  la  coftanza  delle  fue  glorie . 

5  Quindi  fù  faggio  penlìeroTafiegnar  loro  Stanza  contigua  a  quella  diMar« 

te ,  come  appunto  fece  il  Sig.  Marchefe  Ferdinando  ;  il  quale  «  fe  con  l’ unire  tra 
gii  Strumenti  di  Pace,  qualche  Arnefe  di  Guerra,  mofirò  efier  bene  in  tempo  di 
quella ,  il  provedere  per  quella  :  difendo  Afori/mo  di  buona  Politica ,  appreso 
Luciano,  riferito  tra  gli  Adagi  del  Manucci,  «  «Vw  che  è 

a  dire ,  7* empore  Pacis  cogitandum  de  Bello  ;  ( dal  che  fù  dedotta  quella  Sentenza  > 
cheli  legge  neir  entrata  del  famofoArfcnale  di  Venezia  ,  cioè 

TEÙX  CIVITAS^  ^AE  TEMPORE  PAClS  DE  BELLO  COGITAT.) 
coli’accopptar  quello  Muleo, a  quello  dell’  Aldrovandi, confinante  con  l'Arme¬ 
ria  lupenore  della  Città ,  venne  a  temprare  con  la  manluetudine  delle  Mule  la 
fierezza  di  Marte ,  e  toccò  nel  legno ,  a  cui  collimò  la  Prudenza  dell*  IlluflrilTimo 
Senato,  quando  fece  fabbricarcontigui  quelli  due  Appartamenti  delle  Mule,  e 
di  Marce  :  Icorgendolene  l’ intenzione  nella  feguence  llcrizzione ,  che  lì  legge  in 
capo  alla  prima  delle  due  Scale ,  che  guidano  al  Muleo ,  &  all*  Armeria  fudecta  » 
cioè . 

MAC  ITER  AD  MVSAS,  ET  MARTIS  TECTA  ì  SENATFS 
EELSINEVS  IVNCT A  M  STRVXIT  VTRAM^E  DOMVM, 

^I  ARMISONVM  MITI  MODERAVIT  APOLLINE  MARTEM^ 

DIC  ^A  SIT  DIGNVS  LAVDE,  VIATOR^  k^BI. 

6  Nacque  1’  ulo  dell’  Armi ,  come  crede  Plutarco ,  dalla  necefllità  di  ripararli 
dalle  fiere ,  lìn  quando  il  viver  tra  bofchi  rendeva  gli  huomini  più  elpolli  alle  in- 
g  urie  di  quelle .  Crebbe  polcia,  ò  più  tollo  degenerò  in  abuloy  all’hora  che,  in¬ 
trodotto  il  viver  civile,  e  con  elio  l’ambizionediregnarefche  cominciò  in. 
Nembrotte ,  il  primo  Tiranno  del  Mondo)  lì  pafsò  dall’  odela  delle  fiere,a  quella 
de  gii  huomini  y  tentando!  più  potenti  d'opprimere  ipiùdeboli.  Quindi  forfè 
la  Guerra ,  leminatrice  di  llragi,  trovata  da  Belo ,  figliuolo  di  Nembrotte,  e  pri¬ 
mo  Rè  de  gli  Affirii  :  dal  cui  nome  pare  che  derivi  il  latino  Bellum.  Quindi  mol- 
tiplicorno  le  Armi,  che  Iparfero  mari  di  fangue  fiumano.  Per  lo  clic  Tibullo, 
il  quale  fotto  nome  di  Spade  intele  ogni  forre  d’ Armi  oftenfive ,  ne  fclamò . 

^uis  fuit  horrendos  primus  qui  protulit  Enfesì 
^jtàm  ferus y  é)‘  ferreus  ille  fuit\ 

Tunc  cades  hominum  generi j  tunc  pralia  nata. 

Tunc  breviter  dira  Mortis  aperta  via  eli, 

Benchepofeia  ne  Icula  I’  Inventore,  con  dire  in  confermazione  de*  fenli  addotti, 
cxf?  nihil  ille  mifer  meruit.  Nos  in  mala  noHra 

Vertimus  y  in  fevas  quod  dedit  ille  feras.  < 

Divitis  hoc  vitium  ejl  auri;  nec  Bella  fuerunt  y 
Faginus  ajlabat  cum  fcyphus  ante  dapes. 

Non  arces  y  non  vallus  erat^  fomnumque  petebat 
Securus  varias  dux  gregis  inter  oves, 

^uis  furor  eJl  atram  bellis  anefe-e  mortem^ 

Imminet  y  ^  tacito  clam  venit  illa  pede, 

7  II  primo,  che  alla  Milizia  le  addatrò,  per  attellato  di  Diodoro,  fù  Marte 
^  che  ferii  è  Io  Hello  con  Belo  )  da  cui  furono  armati ,  e  guidati  nrcampo  i  primi 
Soldati.  Onde  apprelToi  Gentili  acquiHò  fama  di  Nume  della  Guèrra,  e  deli] 

Armi* 


Tnrar»  iti 
D*i  f.  Ho. 
&%9f 


Adag.  fog: 

aoi6. 


Aut,  Guo. 
var  Ltb. 
Aur.eap. 

30. 

Antettiu. 
Dant.  Let- 
tioif,  CXI, 


Lìbi.EltV 

IO. 


1 


'Z>»9>dtPrfp, 
<E,v»ng.  1,2. 
L.  a.  dnt/i, 
I*à. 


Z.  7*  5^* 


Lib.  4. 


Dioi.  lib,  €. 


jPl.  lec.cit. 


L>  I.  de  re 
miiit. 


T  eeitr.Od, 


its  MVSno  co  STIANO 

♦’  / 

.  Armi.  AI  che  allufc  il  Poeta  ilei  principio  dell’ Eneide,  dicendo 
n  ■  — —  —  —  ;  4/  horrentia  Martis 

t^/iirmat  Virumque  cano, 

Artabano  però ,  Scrittore  di  molta  antichità ,  e  non  mi nor  fede ,  citato  da  Eu- 
febio.adegnaper  primo  Inventore  de  gli  Strumenti  da  Guerra  Mosè:  Alche 
parmi  che  fottoferiva  Giofeffo ,  notando  che  Mosè  nell*  Egitto  ancor  giovane, 
armò  il  primo  efercito,  che  fi  moffe  contro  i  Mori  ;  i  quali,  non  havendo  altre 
armi ,  fi  difefero  co’  Baftoni ,  come  ricavo  da  Plinio ,  che  penlo  d i  quelta  Guerra 
s’intenda ,  dove  feoive.  Pralium  Afri  contra  Mgyptios  primi  fecere  fuUihtts, 
quos  vocant  phalangas.  Altro  però  è  l’ eficre  Inventore  d’ Armi,  altro  di  guer-» 
reggiarc.  E  può  Belo  haver  introdotto  la  Guerracon  Armi  di  legno,  e  Mosè 
con  Armi  di  ferro .  Quali  però  in  ifpezie  fufiero  l’ armi  da  elio  in  ventate  non  hò 
per  anco  offervato .  Congetturo ,  che fulTero  TELMO,  c  lo  SCVDO  piccolo 
da  Soldato  a  cavallo  :  e  Taccenna  Erodoto  dicendo,che  quefte  Armi  furono  da 
gli  Egizzi  communicate  a’ Greci.  Comunquefiafi ,  delle  invenzioni  in  quello 
genere ,  non  è  tutta  de  gli  Egizzii  la  gloria ,  perche  gran  parte  ve  ne  hanno  mol« 
ti  altri  Popoli.  I  Cureti,  a’ quali  Diodoro  alTegna  l’invenzione  dell’  ELMO, 
inventorno  la  SPADA;  fe  non  più  tollo  furono  i  Lacedemoni,  come  nota 
Plinio ,  che  ad  elfi  attribuifee  anco  il  ritrovamento  dell’  ASTA .  E  per  detto  del 
medefimo,  la  LORICA  fù  trovata  da  Midia  MelTenio;  le  TARGHEf  chefo- 
no  gli  Scudi  maggiori,  proprii  de’ Soldati  a  piedi)  da  Preto,  &  Acrifio,  che 
guerreggiavano infiemejòda Calco, figliuolod’Atamante.  Le  GAMBIERE, 
eie  CRESTE  delle  Celate  da  Popoli  della  Caria;  le  LANCIE  da  gli  Etoli;  il 
DARDO  conTamento,  daE'oIofigIiuolodiMarte;le  ASTE  VELITARI, ò 
diciamo  da  Ca vaneggierò, &  il  PILO  da  T'rreno;  l’ ACCETTA  da  Pentefilea 
Regina  delle  Amazzoni;  gli  SPIEDI  daPifeo;  TARGO,  e  le  SAETTE  da  Apol¬ 
line  ,  benché  altri  le  afTegni  a  Scitc  figliuolo  di  Giove ,  altri  a  Perico  figliuolo  di 
Perico.  La  BALESTRA  dallo  Hello  Plinio  fallì  invenzione  de’ Fenici ,  come 
fimilmente  la  PIOMBA  (  feben  quella  da  Vegezios’ attribuifee  a’  Majorchini, 
eMinorchini)  lo  SCORPIONE  dc’Crctcnfi;  la  CATAPVLTA  de’  Siri; 
le  TESTVGINI  d’ Artemone  Clazomenio;  il  MONTONE,  che  prima  fù 
chiamato  CAVALLO,  daEpeo,  che  T  inventò  forco  Troja;  (Scaltre  fono  in¬ 
venzione  d’altri.  I  ritrovamenti  de’ quali  furono  di  gran  lunga  lafciati  addietro, 
da  quello  delle  ARMI  da  FVOCO,  e  particolarmente  del  CANNONE» 
pochi  fecoli  fà  inventato  nella  Germania . 

8  Ma  lafciamo  T  uni  verfalità  d  1  cpiefle  materie,  a  chi  fulTe  di  talento  (  c  fareb* 
be  imprefa  molto  ardua ,  ma  tanto  più  gloriola)  di  defcrivcre  a  parte  tutte  le  for¬ 
ti  dell’  Armi  inventate,  Stufate  da  gli  Alfirii,eda’Babilonii;  dagli  Egizzii,  o 
da  Perfiani  ;  da  Paleflini ,  e  da  Fenicii  ;  da  Greci ,  e  da  Romani  ;  e  da  gli  altri  Po¬ 
poli  de.gli  antichi,  e  de’  noflri  tempi:  e  portianciad  ollervar  da  predo  le  qui 
appefe;  le  quali  fe  non  fono  molte ,  perche  quello  è  Mufeo ,  c  non  Armeria  :  nè 
fù  penficro  del  S'g.  Marchefe  di  raccoglier*  Armi ,  ballandoli  folo,  che  in  una 
radunanza  di  cofe  ragguardevoli,  polle  infieme  per  fuo diporto,  ve  ne  fullero 
alcune  di  quello  genere  (  non  difdiccndo  tra  eli  Arnefi  dedicati  alle  Mule  le 
Spade  innocenti t  e  i  manfueti  Scudi.} 

non  fono  però  cosi  poche ,  che  non  portino  neeelfità  di  dcfcriyerlé  in  più  Capi  $ 
e’iprimofia. 


Delle 


LIBRO  TÈRZO.  CAP.  IX. 

Delle  Armi  d/e  difefie\ 

Cap.  IX. 


2-2-7 


.  VfatcdalSig.Marchefc; 


I  D  Oco  giova  r offender’  altri  in  guerra,  fe  prima  non  s‘  afficurano  le  proprie 
difele,  A  tal  fine  furono  inventate  le  Armi,  che  fi  vedono,  che  s’im¬ 
bracciano  ,  e  che  in  qualunque  maniera  riparano  le  membra  da’  colpi  de  gli 
A vverfarii ,  come  le  qui  notate . 

a  ARMATVRA  intiera,  da  Cavaliere,  formata  alla  Gotica.  Sue  partiro¬ 
no  ELMO,  colfuo  CIMIERO,  VSBERGO,  SPAL ACCI,  BRACCIALI. 
MANOPOLE,  COSCIALI,  GAMBIERE,  e  SCARPE,  ò  ripari  de’ piedi, 
e  ZANFRINO  per  lo  Cavallo  di  forbitjffimoacciajo.  Nella  cui  terfezza  rif- 
plende  un  tedimonio  ben  chiaro  della  bellezza  di  quell’  Ingegno  moderno .  che 
inventò  l’arte  di  polire  le  arme,  in  tutto  ignota  a  gli  antichi,  come  notò  Gio- 
•vanni  Stradano;  il  quale  Rampò  in  rame  XX.  Invenzioni  moderne,  e  tra  elTo 
quella ,  a  cui  perciò  furono  fottoferitti  queRi  fenarii . 

Eafes.  Bifennes .  Arma  Bellona  omnia.. 

Noiìrot  hand  vettijlo .  funi  f  olita  f acuto  , 

3  ARMATVRA  da  comparfa,  molto  nobile,  c-> 
tutta  intagliata . 

4  ARMATVRA  da gioRrare  all’Incontro  for-^ 
nitadi  lutco.punto. 

5  Due  ARMATVRE  antiche,  fatte  a  fquame,  j 
da  portar  fotte  panni.  11  Volgo  le  chiitan  Animine 

6  Due  CORSALETTI  antichi  di  ladra ,  e  maglia . 

7  Tré  ELMI  antichi. 

8  Sedici  ZVCCHETTI  di  ferro,  fatti  a  rete  ,  ufati  da  Francefi. 

9  Sei  MORIONI  antichi,  molto  più  grandi  de  gli  Elmi,  fatti  dicQojocot- 

to ,  e  di  ferro  ;  de’  quali  fi  ferviva  la  Plebe  in  far  certa  feda  popolare  in  piazza  :  e 
quelli  coprendo  il  capo  col  premer  le  fpalle ,  lafciavano  libero  il  moto  alla  teda, 
cui  difendevano  da  colpi  ,e  percolle  gravi  delle  Mazze ,  e  de’badoni ,  co’  quali 
loievano  batterli  in  limile  fpettacolo.  CosìCefare,  ma  con  fine  diverfo,  Afu~ 
Jienes  cum  cajfidibus  tquitum ,  ac  JimuUtiont  ^  collibus  circumvehi  ]ujfit.  Sem¬ 
brano  così  detri  dal  Greco  che  fignificaofeuro,  etenebrofo. 

re  Cinque  BARBVTE.  Quede  fono  una  forte  di  Morione  ufato  avanti  le 
Celate;  e  così  chiamavanfi,  perche  lafciavano  la  Barba  feoperta,  a  differenza 
delle  Celate,  le  quali  tuttala  faccia  celavano;  onde  ne  trafTero  il  nome.  Efù 
ne’ fecoli  addietro  tanto  frequente  l’ufo  di  quefia  forte  d’armi  del  capo,  che  da 
elle  ne  furono  chiamati  Barbute  i  Soldati,  che  le  ufavano:  il  qual  nome  fù  poi 
cangiato  in  quello  di  Lancia  al  tempo  del  gran  Cardinale  Albornpzzi  :  fcriven- 
do  il  Ghcrardacci ,  Storico  Bolognefe ,  che  gl  ’  Ingle/ì  della  Compagnia  bianca-) , 
che  fi  trovavano  a  Fiorenza,  arr alati  al  numero  di  fei  milla  dal  Cardinale  Al¬ 
ter  no^t.  furono  i  primi,  che  condujfirein  Italia  i  Soldati  a  nome  di  Lande,  a 
tre  per  Lancia  ,  perche  prima  fi  conducevano  fiotto  queFìo  nome  di  Barbute,  il 
qual*  ufo  fiempre  per  /’  inanzi  fu  ofiervato, 

ir  MASCHERA  di  ferro,  ufata  dopo  le  Barbute  ,  Pi  tali  Mafchere  fa 
menzione  Agefilao  Marefeotti  neH’eruditiflimo  fuo  Sintagma  de  Perfionis.  d* 
Larvis,  fcrivendo.  Vifiuntur.  hodieque  in  celebrioribus  potentiarum  Dynafiarum 
Armamentariis  pervetufia  C afide s  .  perfionarum  inSar  .  dr  eid  humani  vultus . 
0“  ud  brutorum  fimilitudinem  fabricata,  c,  modrandone  1’  antichità,  feguo 
Tales prorfus  à  €er manis  adhibitas,  auBor  eli  P lutare hus  in  Mario, 

la  AR- 


Lcj.ieBth 

Gali. 


Z.24. 
di  Bolegna 
p.  286. 


L.  ló.  7?> 


L*  2*  Cm  15* 
^  3  c.  4, 

&  l,  7.  e.  6. 


t£rt  Sa  87* 


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Zra  6a  fifa 

Gr<cfa  p. 
7»iht44i, 


tl8  MySEO  COSPlANÓ 

12  ARMATVRA  da  TESTA,  di  bombagio,  quanto  più  molle, tanto  più 
icfiftente  a’colpi  di  Spada .  V fanza ,  come  fembra ,  tolta  da  Perfiani;  i  quali  ula- 
vano  certi  capelli  di  pelo ,  eh’  effi  chiamavano  Tiare ,  &  erano  ad  ogni  colpo  im. 
penetrabili,  come  attelta  Erodoto  di  quelli,  che  portavano  i  Perfiani  nell’Efercj- 
to  di  Serie .  Altri  della  fteffa  materia  fi  fecero  fabricar  le  Corazze ,  come  colo¬ 
ro,  dc’quali  cantò  il  Bolognettinel  fuo  Collante. 

Molti  che  di  Corazza  erano  armati  f 

D*  alto  bomhagioi  e  di  si  fatti  arnefi , 
per  gli  quali  arnefi  fi  ponno  intendere  anco  di  quelli  Morioni  di  bombagio . 

13  CORAZZA  fabbricata  in  guila  di  giubbone  ,di  Icaglie  di  Dante,  taglia¬ 
te  nel  più  grolTo  della  pelle ,  e  commclle  di  modo ,  che  la  rendono  valevole  per 
refiltere  a  colpi  non  folo  di  tutta  Scimitarra,  ma  anco  di  Pillolla.  Bella  inven¬ 
zione  io  vero  per  fare, che  fpicchi  Tanimofità  d’un  Commandante, anco  in  un  fat¬ 
to  d’ armi,  lenza  che  il  fcrroalficuri  le  lue  difele .  E'  manifattura  d’ ingegno  Ale- 
mano:  il  quale  con  quello  ritrovamento  armò  aliai  meglio  il  (Guerriero,  cui  prc- 
tele  di  fervile,  di  quello  havrebbe  giammai  fatto  la  maravigliola  Corazza  di 
panno  di  lino  da  Amali  Rè  d’Egitto,  al  riferir  d’ Erodoto  ,  donata  al  Tempio  di 
Minerva  de’  Lindii.  Nè  così  forti,  per  mio  credere ,  furono  le  Corazze  teflute  di 
Iegno,perdettodelmedefimo,ulate  da  gl’indiani  neH’Elcrcitodi  Serie.  Fù 
donata  al  Sig.Marchcle  Colpi  dal  SerenilTimo  Principe  Cardinal  Leopoldo  de’ 
Medici .  Vna  limile  Corazza  è  fama,  che  s’ ulalle  dal  Duca  Bernardo  di  Vairaar 
Generale  della  Corona  di  Svecia . 

14  Cinque  SCVDI  rotondi»  i  quali  per  tale  figura  chiamanfi  anco  Rotel¬ 
le  .  Da  gli  antichi  Latini  furono  con  nome  particolare  chiamati  Clypei^  a  diffe¬ 
renza  degli  Scudi  lunghi,  che  noi  diciamo  Targhe,  &  eglino  appellavano 
Con  la  qual  riflelfione  gli  mentovò  la  gentil  Mula  del  Sig.  Pietro  Andrea  Trin- 
chieri,  nell’  Elegia  fopra  quello  Mufeo ,  in  quel  Dillico . 

Phabeos  CLTPEOS  ^  atque  ara  micantia  cerno y 
Gafaque ,  armifona  SCVT A  tremenda  Dea , 

Vfavafi  quelli  Scudi  tódi  dalla  Cavalleria;  &  i  IQghi  dalla  F5teria,come  i  fegucti 

15  Sci  SCVDI  di  Fico,  lunghi  tanto,  che  ponno  coprire  da  capo  a  piedi 
chiunque  gl’ imbraccia.  Sono  armi  proprie  de’ Pedoni:  i  quali  dall’ ufo  loro 

anticamente cognominaronfi  ,  perch’efle  Scuta  con  nome  particolare, 
come  habbiam  detto, eran chiamate.  Appellanfi da  Moderni La  qual 
voce  fù  ricevuta  nella  Poefia  dal  Bolognetti,  che  di  certi  Soldati  cantò  nel  luo 
Collante  E  con  la  Targa  ognun y  eh' e  groffa  y  e  duruy 

Dal  pie  tutto  fi  copre  in  fino  a  gli  occhi. 

Ed  appunto  perche  coprono  tutta  la  per  Iona,  meritorno  d’ clferc  antonoroallica* 
mente  chiamate  Armi.  Onde  lo  Scaligero  ,Armay  àice  y  proprie  funt  Scuta:  ut 
Tarpe\a  necata  armis  sabinorum  y  idejl  Scutis  ,  é"  Ancjlia  arma  y  funt  Scuta  Sa¬ 
liorum.  Servirono  quelli  del  Muleo  a  Perlonaggi  qualificati  di  quella  Città, 
come  dalle  Armi  gentilizie  di  Famiglie  nobili  in  eilì  dipinte  fi  congettura.  Sene 
valevano  i  Bolognefi , quando  s’ armavano  i  Quartieri  della  Città . 

*6  SCVDO  dicuojo,checon  PaoloSilenziariopolFochiamare 
ravfdhu 

Cioè  Scutum  taureum  munimentum  cutis , 

17  SCVDO  di  Canna  d’india,  nobile,  antico. 

Tra  1  Armi  da  ditela  meritano  luogo  anco  quelle . 

18  TESTIERA, e  PETTORALE  di  ferro,  lavorati  per  difefa  del  Cavallo, 

di  chi  velliva  la  lopramentovata  Armatura  Gotica .  19  PETTORALE  di  Fi¬ 
co,  antico ,  per  Icrvizio  parimente  d’ un  Cavallo .  Delle 


L  l  B  R  0  T  E  \  Z  0,  C  AF;.  X.  Sip 

I>g//e  Armi  da  offefa^ 

e  frima  delle  dUvCt  Magli  y  Picchi  y  Acccy  o  Scftriy  &  Afte'. 

Caf^.  X, 

I  l^ElIc  Armi  da  ofFefa,  altre  furono  inventate  per  ferir  da  preflb ,  altre  per 
colpir  df  lontano.  Per  ferir  da  preffo  furono  introdotte  le  Armi  da 
percoiTa  come  le  Clavi ,  c  Magli  i  da  percoda ,  e  da  taglio,  come  le  Scuri  j  da  pun¬ 
ta,  come  le  Afte;  e  dapunta  infieme,  e  da  raglio,  come  le  Spade,  Pugnali,  e 
Coltelli  diverfi.  Per  colpir  di  lontano  furono  fattele  Armi  da  lancio,  come  i 
Dardi;  e  da  tiro,  come  gli  Archi,  Baleftre,  &  Archibugi,  e  ciòchedaquefte 
machine  fi  fcaglia .  Di  tutte  le  quali  forti  d’ Armi  ne  hà  il  Mufeo  qualche  indivi¬ 
duo,  chea*  anderà  mentovando  fecondo  l’ ordine  qui  addotto.  E  prima,  delle 
Armi ,  che  chiamo  da  percolfa ,  perche  offendono  battendo ,  e  peftando ,  non  ta¬ 
gliando  ,ò  forando ,  vi  offer  vo 

a  Quindici  CLAVE,  ò,  come  oggidì  appeilanfi  ,  Mazzeferrate ,  varici 
parte  di  quefto,  parte  de’ Secoli  a  quefto  più  vicini,  ufare  in  diverte  Provincie 
deir  Oriente .  Alcune  delle  quali  figurate  fi  vedono  nella  Profpettiva  del  Mufeo. 
Sono  elleno  armate  d’acute  punte  di  ferro,  ò  diciamo  davi,  da’ quali  fembra.. 
dedotto  il  nome  loro .  Furono  però  un  tempo  le  Clave  Baftoni  femplici ,  ma  no- 
dofi ,  di  legno  duro ,  &  affai  ponderofo .  Stimanfi  la  più  antica  fpezie  delle  Ar¬ 
mi  da  offefa  ;  e  non  è  in  verifimile,  che  l’invenzione  loro  fia  una  propagine  della_ 
malizia  di  Caino,  il  quale  appunto  con  fimile  ftrumento  introduffela  morte  nel 
Mondo ,  commettendo  il  primo  homicidio  nella  perfona  dell’  innocente  Fratel¬ 
lo  .  Il  Gentilefmo  dichiaròlle  Armi  da  Eroe  col  porle  in  mano  a  gli  Alcidi  ;  Non 
le  vide  però  mai  fervir  tanto  alla  Virtù  Eroica ,  die  poteffero  gareggiare  di  gloria 
con  quella  Mafcella di  giumento,  che  fu  la  Clava  di  Sanfone,  Hercolenonfa- 
volofodell’Ebraifrao , 

3  MAGLIO  Turchefeo,  ò,  come  chiamafi  dal  vulgo  i  GIAVARINAJ 
Quefta  è  uno  Strumento  Militare  da  percoffa  non  meno  delle  Clave ,  e  forfi  dalle 
Clave  così  denominato ,  qnafi  Clavaria ^  Corrifponde  alla  Dolabra  Militare 
de  gli  Antichi .  E'  fimile  ad  un  Martello  col  fuo  manico ,  e  con  uno  de’  capi  qua¬ 
drato,  groffo,  ed  affai  pelante,  proveduto  di  molte  punte,  per  far  colpo  che 
fiacchi ,  e  fpezzi ,  e  l’armature ,  e  le  membra  :  e  l’ altro  un  poco  adunco ,  e  molto 
aguzzo  per  infinuarfi  ove ,  rompendo ,  non  penetra  il  primo . 

4  PICCO,  con  manico  fornito  d’argento.  Quefto  parimente  fi  è  uno  Stru¬ 
mento  Militare  in  fembianza  di  martello,  groffo,  &  affai  grave,  ma  con  amenduc 
r  eftremità  adunche ,  &  aguzze ,  acciò  penetri  fiaccando ,  e  fpezzando  con  l’ ar¬ 
mi  l’ offa ,  e  ferva  infieme  in  occorrenza  di  gyaftare ,  ò  cavar  mine .  L’ ulano  affai 
i  Turchi. 

5  PICCHETTO  ordinario.  Quefto ,  col  precedente  tra  diverfe  Spoglie 
Turchefche  fù  recato  di  Cliffa ,  e  donato  ai  Sig.  Marchefe  dal  Sig.  Tenente  Co¬ 
lonnello  Carlo  Cignani  Bolognefe:  il  quale  nella  prefa  di  quella  Piazza  guarda¬ 
ta  da  Muftaibec  BegovÌc,comandando  a  buon  numero  di  Soldatefca  Veneziana, 
opero  tanto  col  fenno,  e  con  la  mano,  che  ravvivò  in  fe  fteffo  le  memorie  di  que¬ 
gli  Eroi  Bolognefi,  che  furono  flagelli  de’  Turchi  nel  conquifto  di  Terra  Santa 
lotto  Goffredo .  Vedonfi  quefti  due  Picchi  figurati  nella  Tavola ,  che  fi  porterà , 
delle  Spoglie  fudette ,  al  num.  IV. 

6  PICCONE  nobile,  di  bella  figura ,  dorato,  e  miniato,  con  manicò 
d’ebano. 

V  7  Da 


Clava  à 
elavo . 


<7iV.  Frane, 
Negri ,  Fri- 
ma  Crociata 


xjo  M  y  S  E  O  C  0  S  P  ì  A  hi  0 

7  Da  percola ,  e  da  tagljp  fono  le  Scuri ,  ò  Acce ,  Armi  inventate  da  Pente- 
filca.  Regina  delle  Amazzoni  ;  le  quali  fervono  non  meno  a  fiaccare  con  l’cftre- 
mità  quadra ,  e  ponderofa ,  che  a  tagliare  col  filo  deil’  ala ,  Ed  anco  di  quelle  ne 
vediamo  d'onfervabili  nel  Mufeo>  e  fono 

S  Due  ACCE,  ò  SCVRI,  che  MANARINI  chiama  il  vulgo,  dorate, 
e  lavorate  a  fiorami  bellilTimi ,  con  manichi  d’ ebano . 

9  ACCETTA,  c’hà  per  manico  una  Cannarli  Piftolla  con  la  fua  Rota,  & 
altri  fornimenti ,  perche  ferva  infieme  d’arma  da  taglio ,  e  da  fuoco .  E’tutta  la¬ 
vorata  alla  zimina.  Fù  di  Cofmo  de' Medici . 

10  SeVRE,  ò  SECVRE  nobile,  col  manico  di  ferro,  quadrato,  c  com- 
nclToviin  maniera, che  fembra  un  tutto  naturale,  quello  eh’ è artifiziofo.  Le 
accrefeono  bellezza  diverfi  fcherzi  gentililfimi  dell’  arte . 

11  Due  ACCETTE  ordinarie,  di  non  ordinario  artifizio,  e  di  qualche 
antichità . 

la  MANARINO  col  manico  d’ argento, 

13  Altro  MANARINO,  con  il  manico  fatto  a  fagri,  c coperto  d’argento. 
Col  precedente  fù  dell’  Alibecco  Sangiacco  di  Zomonicco  ,  e  di  tutta  la  Bofna  : 
acuifù  tolto  nell*  alTedio  di  quella  Piazza,  e  con  altre  Spoglie  Turchefche  por. 
tato  in  Italia,  e  donato  al  Mufeo  dal  fopramento  varo  Stg.  Cignani.  E  l’uno,  e 
l’ altro  fi  vede  figurato  nella  Tavola ,  che  fi  porterà ,  delle  Spoglie  fudecte . 
yfgeff.  C0U  Delle  Armi  folamente  da  punta  vi  fono 
team.  R$m.  ^eUi  del  fiero  Marte 

par,f,^9.  Pungenti  fimi  acciari  , 

Jnfir umenti  dt  morte  eletti  ^  e  rari, 

cioè  SPIEDO ,  che  con  alcune  fufte  s’ allarga ,  e  divide  in  tré  orribili  punte . 

15  LANCIA  d’acciajo,  con  la  cufpide  quadrangolare,  ma  in  ogni  lato  in¬ 
cavata  .  Fù  del  fopramento  vato  Governatore  di  Zomonicco,  e  di  tutta  la  Bofna . 

\6  ZAGAGLIA,  chefùdelmedefimo  Alibecco:  e  con  l’alta  precedente  fi 
vede  figurata  nella  Tavola  fopracitata  delle  Spoglie  Turchefche , al  nu.  II.  e  III. 

17  ASTA  Turchefea,  detta  da  Maomettani  Valojfioy  recata  fimilmentc  di 

elida  dal  Sig.  Cignani,  manon  dileguata  nella  Tavola  Indetta.  Ed  a  quelle 
Armi  allufe  la  gentil  Mula  del  Sig.  P/etro  Andrea  Trinchieri,  quando  cantò  del 
Mufeo  — —  —  ■  ■  ara  micantia  cerno  y 

Gafaque . 

18  CVSPIDE  d’ ASTA,  aggiuftata  in  una  impugnatura  di  ferro, che  fini- 
fee  in  due  lupari ,  e  la  rende  atta  a  fervir  di  Pugnale .  E'  di  lama  quadrangola , 
lei  onde  larga,  lavorata  alla  zimina;  &  in  ella  fi  leggono  i  feguenti  caratteri 
cfprefll  alla  Greca,  A  BEI  XI. 

19  Alla  CVSPIDE  d*  ASTA,  limile  alla  precedente  nella  figura,  e  nella 
impugnatura ,  ma  un’  oncia  più  breve ,  e  lenza  lavori  alla  zimina . 

Delle  spade  y  e  Pugnali  diverfi. 

Gap.  XI. 

I  1^  A  punta  infieme ,  e  da  taglio  fono  le  armi  di  lama ,  e  particolarmente  le 

1-/  Spade,  alle  quali  edendo  noi  giunti,  potiam  dire  con  Livio:  ventum 
iParif.  Put,  ^d gladios:,  non  per rapprefentarc in  ducllociò,  ch’egli foggiunge ,  cioè 
neivoli.l.-j,  Mars  accerrime  furit:  ma  per  odervarlc  in  pace  Amefi  bellicofi,olFcnfivÌ  ,e  di- 
•  fenfiviy  i  più  nobili,  c’habbia  mai  havuto  la  Guerra,  c  maneggiato  la  Fortezza 

Militare.  Non  conofee  Arma  più  degna  il  valore  Cavalerefo.  Che  però  con- 
quella  fi  creano  i  Cavalieri .  for/is 


LIBRO  TERZO.  CAR.  KI.  23I 

Tortis  s^rdonychen  praferat  ut  m^ms . 
cóme  cantò  il  noftro  Lampridio,  chequi  per  Telfa  ingiojellata  tutta  la  Spada 
intefe .  E  perche  è  arma  non  folo  di  Fortezza ,  ma  di  Giuftizia ,  fu  con  le  bilan-*- 
eie  affegnata  ad  Aftreaj  la  quale,  fe  libra  con  quelle  i  meriti,  e  le  colpe,  con 
quelle  gafìigai  colpeuoli.  Onde  Girolamo  Moricuccìhehbe  a  dirne 

Lyd  U  finiBra  ma»  tra  mi  fofpende 
Doppia  Lance  dorai  a  ^ 

Ove  con  l  ’  altrui  colpe  i  merli  appende , 

Fulminea  Spada ^  eh'  empio  cor  fpauenta» 

Stringe  la  deUra  irata. 

Di  lei,  cht  r  Inmcen'^  opprimer  lenta.t 
Prona  il  colpo  d  fuoF  danni  t 
A  miir  alme  tradite. 

Con  lei  le  fila  ordite 

Tronca  di  fraudi,  e  di  nemici  inganni. 

E  per  Io  fine  medefimo ,  che  tanto  è  il  dire  co’  Giuriiconfulti ,  eh’  ella  è  fimbolo 
di  mero ,  e  di  mifto  Imperio ,  portali  avanti  a’  Monarchi ,  i  quali  rapprefentano 
la  Giuftizia  Regnante  ;  raccordando  loro  quello  Strumento , che  intereli  Reipu- 
bile  a,  ne  delizia  remaneant  impunita.  Quindi  il  Cavalier  Teodoro  nMa  fua 
belliiIimaCanzonefopralaScherraa,  Decantò  M 

De  la  Ragion  Minilira 

La  Spada  è  fol,  pero  dal  braccio  invitto 
De  la  Giudi^ia  in  efercix>io  e  pofia: 

Col  /angue  ella  regiflra 

De  I'  altrui  vita  il  termine  preferitta, 

Publici  falli  a  vendicar  difpofia: 

Di  ferro  ella  è  compoBa, 

Lt  ha  di  ferro  in  petto  almo,  rinchiufa 
chi  fuor  di  tempo  ingiuB amente  1'  ufa. 

3  Fù  quell*  Arma,  come  fopranotòlfi  per  detto  di  Plinio,  inventata  da’ La- 
coni  ,  i  quali  valendofene  in  guerra  con  coraggio,  e  fenno  veramente'  Spartano, 
che  tanto  è  il  dire  degno  d*  una  Nazione  guardinga  non  meno  nell’  operare ,  che 
nel  parlare,  infegnorno  a  gli  altri  Popoli,  ch’ella.deve  oprarli  con  giudizio,  c 
vigore, ò  diciamo  col  Poeta, 

col  fenno,  e  con  la  mano. 

Così  r  ufa  chi ,  daSpartano ,  l’ impugna  per  la  Patria ,  ò  come  Eraclio ,  e  Goffre¬ 
do,  perla  Religione:  elTendo  che  '• 

Per  la  Tè,  per  la  Patria  il  tutto  lice. 

E  così  pure  l’ adopra,  chi  a  difefa  propria,  eh’  è  permeffa  da  tutte  le  Leggi,  c  Co- 
llituzioni ,  sà  valerfene  con  moderatezza ,  rammentandoli ,  ch’ella  deve fervire 
ut fìt  parata  de f enfio ,  non  ultio  necefaria .  Così  adoprata  ,ella  è  veramente  Spa^ 
da  d'  Honore  come  con  fodifllme  ragioni ,  e  dottrine  dimoftra  il  Senator  Berlin- 
giero  Gelfi  nel  Libro  primo  delle  oJfiervaz,iom  Cavalerefiche ,  ch’  egli  appunto  inti- 
tolòLaSpadadiHonore.  Altrimente,  vibrata  dall’Ira,  ò  dal  Furore,  Paflìoni 
cieche ,  che  non  bilanciano ,  nè  milurano  i  colpi  ;e  maneggiata  per  vendetta ,  la 
quale  -  Semper  ér  infirmi  eft  animi,  exiguique  voluptas, 
diuenta  Strumento  di  vergogna , come  ne*  Duelli , 

Dove  egualmente  d*  atro  /angue  tinto 
vergegnefo  il  Vincitore,  e  'I  Vinto.  - 
Qgindi  la  gentil  Mula  del  Conte  Gafparo  Bombaci,  dichiarò  incapace  di  Gloria 

Va  la 


Od.  25.  an. 
tiftr.i. 


Poef.  Od.  S- 


Ma't^a.oni 
/•  3.  c.  36, 
fot.  562. 
BtrUng, 
Oeff.  Spada 
d' Hon.  P.u 
nu.  lé. 
Peef.Od.^ot 
11, 


L.^.c.  ys» 


T aff.  Ger  '. 
Cant.i.ft.i', 

Jd.  C.  2^^ 


iHVtn.fat,'^'. 

MonpSenim 
gnt  Canrone 
contro  il 
Duello , 


Guidi  Od, 
6  y. 


r  Z.J!  D. 


Z.4.C 
i-  7«  f.7. 


P 


MVSEO  CO  SPI  ANO 

la  Spada  sfoderata  dal  Furore  ;  e  dedicò  gli  Elogii  della  fua  Penna  a  quella ,  che 
foiodalla  Virtù  vien  molla,  cantandone ,  con  bella  rifleirionc  a  i  Morti  coni» 
battendo  nel  Conquido  di  Terra  Santa. 

I  Re^io  del  fianco  ,  e  par  ago»  del  core 
De  la  mano,  e  del  pie  regolatrice , 

Spada,  che  Scndo  in  un  chiamar  mi  lice 
De  la  Fe ,  de  la  Patria,  e  de  1  Honore, 

Se  Virtude  t'  adopra,  e  non  Furore 

Rendi  morendo  ancor,  l*  Httomo  felice. 

Non  ha  la  Gloria,  ed  ogni  lingua  ;/  dice. 

De  ’  chiari  Inflri  tuoi  più  bel  fplendore  , 

Altri  in  vibrar/ì  egregiamente  ilìrutto 
Del  famofo  Giordan  prefo  la  foce 
Porto  col  Pomo  tuo  de  l’  armi  il  frutto, 
lo  canto  applattfì  armoniofo  in  "voce 

A  chi  pianfe  cola,  ma  in  dolce  lutto, 

E  SU'  r  elfa  in  morir  bacio  la  Croce. 

3  Mafermiamo  l’atte.jzioncsù  quefte  del  Muleo,ferbatevi 


ma  p 


Sk 


Non  per  troncar  de  I'  altrui  vita  i  fli, 

:he  vi  durino  Trofei  altre  deH’antichità,  altre  di  Barbari  vinti.  Tra  effe 
le  più  offer  vabili ,  e  per  la  grandezza ,  e  forfi  anco  per  l’ antichità ,  fono 

4  Quattro  SPADE  MASSIME,  di  quelle  che  il  volgo  chiama  Spadonida 
due  mani,  per  effere  di  tale  grandezza,  e  pelo,  che  non  ponno  rotarli,  che  con 
ambe  le  mani.  Sono  molto  antiche,  e  ffimanlt  reliquie  Gotiche.  Di  quefte 
s’intefcil  Sig. Trinchieri,  quando  delle  Cofe  del  Mufeo  nell’Elegia,  che  ne 
(criffe,  raccordò. 

Fatiferos  enfes ,  formidatafe^ue  Màcharas , 

Arma  giganteà  vix  agttanda  maau . 

oltre  quefte 


Di  confumati  Eroi  Spade  vetujle , 
meritano  d’  effere  off ervate 

5  Tré  Scim  tarre,ò,come  il  volgo  le  chiama,  Sciable  antiche.  Quefte  fono 
Spade  Turchefche,non  diritte,  come  le  noftrane,  ma  alquanto  curve,  di  taglio 
cosi  fino, e  di  colpo  così  formidabile,che  maneggiate  da  buon  braccio  ponno  ta¬ 
gliare  un’  huomo  a  traverlo,per  non  dire  un  Cavallo, come  pretende  quel  l’Auto¬ 
re  del  Teatro  della  Vita  Humana,che  di  quella  forte  di  Spada,la  quale  da  Turchi 
chiamali  Kilitz,  lafciò  fcritto.  Hodie  apudT urcas potijfimum armorumgenusejl 
gladius  leviter  incurvus,  quem  Kditz  (Arabibus  Seife  dicitur )  vel  Copides  i 
cadende  vocant , ita  acutus , ut  medium  hominem,  imrno  &  equum  unico  nifu  fin¬ 
dat .  VIavanli  quefte  nella  Caria ,  e  nella  Scitiafino  al  tempo  di  Dario,  come  ri- 
ferifee  Erodoto  ]  &  appcliavanfi  Acinaci  ;  coi  qual  nome  pure ,  ài  dir  d’  Amano, 
furono  chiamate  ancora  certe  Afte  Perliane . 

6  Tré  altre  Scimitarre,  Ò  Spade  Turchefche  ordinarie,  tolte  a’  Turchi  nella 
prefa  di  Cliffa , che  fucceffe  nel  1 6qìi,  Le  quali  con  altre  Armi ,  c  Spoglie  diver- 
fc,  riportate  nelconquiftodi  quella  Piazzadal  Sig. Tenente  Colonnello  Carlo 
Cignani  Bolognefe ,  e  da  elio  donate  al  Mufeo ,  collituifcono  il  Trofeo  cfpreffo 
nella  Figura ,  che  fene  porta  nel  fine  di  quello  Catalogo  dell’  Armi. 

7  Scimitarraantica, dilama,  ed’ellapiana,  malavorata  alla  Zimina,con 
fiorami  ,&  vccellami,  fornita  d’impugnatura  nobile,  non  tanto  per  la  varietà 
de’minutilTimi  Arabelchi  d’avorio  gentilmente  incaftratevi ,  quanto  per  le  fot- 

iiliffì- 


L  i:)&  R  O  TÈRZO.  CAP.  XI 

rilifiìme  figure  d’ anìmaii  •  mafllme  di  Leoni ,  e  per  gli  arabefchi  di  getto  dorato, 
che  gli  fono  di  fuperbiflimo  ornamento .  Nella  cima  del  Pomo  hà  una  belliffima 
teda  di  Leone  con  tutta  inaeftr  a  formata,  e  quattro  altre  ne’ quattro  lati  oppó. 
di ,  e  tramezzati  d’altre  tante  ladre  con  getti  parimenti  dorati ,  Onde  può  can« 
tarfi  col  Benamati ,  che  di  queda  Spada 

SÙ  r  aurev^  Bómaì  c  cm  divin  lavar»  ' ^ 

Scutte  ha  varie  figure  Arte  ifigegmfa.  i  < 

Nè  fono  fenza  mifterioquelle  tede  di  Leone  fcolpite  nel  pomo, e  le  figure  intiète 
de’ medefimi,  intagliate  nella  impugnatura,  raccordando  quede  al  Guerriero, 
ch’eglideve con  generofità  da  Leone 

Parcere  /ìihjeciis ,  debellare  fuperbts , 

Ed  a  tal  fine  appunto ,  come  nota  i  1  de  la  Cerda ,  e  con  elfo  il  fopracitato  Senator 
Gcflì  i'anco  ne'tempi  più  antichi  folevano  intagliarli  nelle  Spade  de’ Nobili.  /VI 
che  allude  quel  prouerbio  antico  d’ Aridofanc ,  riferito  dallo  Svida 

Ov*  ^Iftuaté  Ktoutdi  *tÌ  jttpourtf riìie ,  ^ 

cioè  Noti  ego  le  atta  Statuar  in  lyrocnefiide. 

E'armaTurchefca.  Et  oh  le  fuffe  maneggiata  contro  i  Turchi 

— — •  . .  quantos  acies  hac  Sterneret  hofies\ 

FÙ  di  Cofmo  Medici  Avo  Materno  del  Sig.Marchele,  acquidara  nelle  Guerre 
d’ Vngheria  contro  i  Turchi  ,alle  quali  fù  mandato  dal  Sereni IfimoiGran  Duca 
Ferdinando  Primo,  in  compagnia  del  Sig.  D.  Giovanni  Medici,  con  bùonnu» 
mero  di  Soldati  in  ajuto  dell’ Imperadore  ,  ove  morì  l’  anno  n  590. 

8  Altra  SCIMITARRA,  di  qualche  antichità,  ma  di  lama  incavata,  e  lavor> 
ratain  guifa,  che  forma  vna  Canna  d'archibugio  corro,  fornita  con  la  fua  Piar 
dra  da  Rota  antica  ,di  lavorio  gentiliffimo  alla  zimina .  Onde  può  fervire  egual<- 
mcnce  d’arma  bianca,  e  da fuoco,  e  ferire  da  vicino ,  e  da  loDcano , 

9  SPADA  con  lama  cava,  e  fidulofa,  che  ferve  infieme  di  Canna  d’ Archi, 
bugio, come  la  precedente,  &  è  fimilmente  lavorata  alla  zimina. 

10  PVGNALE  di  lama  parimente  fiftuiofa,  alla  quale  nell’impugnatura  è 
addattata la fuaPiaftra  da  Rota,  acciò  ferva  non  meno  di  Piftolla,  che  d’arma 
dataglio,eda  punta.  Egli  fimiimente  è  tutto  lavorato  alla  zimina.  La  fimi- 
glianza  dell* artifizio  dichiara ,  e  queflo  ,  e  quella  manifattura  d*  un  folo  Artefi. 
eej  il  qualecon  invenzione  non  sòfe  più  curiofa,  ò  barbara,  trasformando  la 
Spadaio  Archibugio, e  l’Archibugio  in  Ifpada,  refe  quefta  tonante,  e  quello 
tagliente  ;  e  fpofando  all’  Arma  piu  diletta  della  Fortezza  Militare  l’ Arnefe  più 
aborrito  da  quella,  confufe  con  l’infegna  del  di  lei  valore,  quella  della  di  lei 
diftruzzione,  e  formònne  vn’  Armatura  degna  di  tutt’altro  braccio,  che  di  quel¬ 
lo  dell’ huomo  forte.  Edohquanto  invehirebbe  contro  l’Inventore  di  quefto 
Brando  Arciero Tibullo, che  di  quello  della  Spada  femplice,  come  pur  fopra 
notòilì,fclamò. 

^jtìs  fuit  horrendos  primus  y  qui  protulit  enfesi 
^jiam  ferus  y  rfi  vere  ferreus  tUe  fuit\ 

Oh  come  biafimerebbe,  quelli  moRri  nel  genere  dell’  Armi  la  gentil  Mufa  dell’ 
Abbate  Sarrini:  la  quale  quanto  apportò  l’ufo  della  Spada,  tanto  difapprovò 
quello  dell’ Archibugio,  provando,  che  da  quello  fia  fiata  ofeurata  la  gloria 
della  Milizia,  condire, 

pugnandi  laudem  gladio  y  non  igne  tuliSiis, 

Pulvere  nitrato  dum  caruifiisy  Avi, 

Bellica  tormenta  hac  atasy  exeivit  ab  Orc&y 
Vt  pereat  Mavors 3  Militiaque  decus, 

y  3  Vincere 


L.  2. 

Nav.  104. 


Virg.  1.6. 

Cerd.  in 
Ptrg.  /.  4.-«. 
261. 

Gefi.  Sfad* 
P.7.  n  j(J. 

'tyfifirata, 
P.  Mannec. 
Adag.  «4. . 
1057.  "  ■ 

De  Bufsier, 
Seandtrb, 
l.  z.c  19. 


Jjt  1.  Etto. 


Sarrin.  Or, 
'Pallad, 


ìiAfcim,  dt 
Cbrtfi»  t.  2. 
4IV 

.-  V 


iV<iv.  /•  a$. 

70# 


Gtron  Zof. 
fiàfctm,  di 
Chrtflo  l.  i, 
7%'*  -• 


it-J.  C.9. 


234  A4  5  0.  C  0  S  P  I  A^n  0 

,0'  '■>  •  Vìncere  ì'.  edidicit  sferrai  mn  glaTìdibus'^hoBcfft 

^AT  are  'explo/iStifu/pidendus  erti.  '  '  'i  ' 

Ohguantojucgliodi  c^ueUo,  che  dcU’ Archibugio  ordinario  fclamarebbc  Gi- 
rolàiboZoppio,  *  '  i».» 

fulmine  mortai  ferra  e  r  itele  le  \  lì  ...  o  ;> 

y«i  /  ’  '.di- te  novo  Scirone  t 

I  j  Impugnatura  diSpada  d’ artifizio  bizzaro ,  come  quello ,  che  fà  fcmbrar’ 
opera  di  getto  quella  ch'è  femplicc  fattura  di  lima  induftriofa  :  la  qua  le  lavorò 
quell’.Eifa  in  maniera,  che  pare  formata  d’ una  catena  d'annella  quadre*  Con 
la  quale  invenzione  più  eh’ altro,  gentilmente  lavorato  s’ammira  in  ella 
»  I  —  il  Pomo  ^  onde  la  Spada 

prutta  à  i  bravi  Gtterrier  rifa^  e  ripefg, 

I  a  Impug'^atura  per  Lama  di  Spada  corra,  fatta  di  corno  di  bue ,  fcolpito  con 
tal  maeftria ,  che  rapprefenta  un  Cane ,  che  ferabra  di  già  avventarfi ,  e  morderci 
e  potrebbe  dirne  quel  Poeta  * 

Btfcerner  non  fi  pubi  fe  da  man  dotta 
O'  da  Piatura  quel  lavor  deriva  > 

13  DAGA,  ò  PISTOLESE,  come  lo  chiama  il  volgo,  di  qualche  antichi- 
•fàjconfornimentiafiai  bellid’ottone.  Quella  è  una  forte  di  Spada  corta,  che 
Ricada  gliantichifù  detta;  lolita  a  portarli  coperta  da  gli  huommifacinoroli,  i 
quali  dall’  ufo ,  ò  più  tofio  dall’  abulo  di  quella ,  furono  chiamati  Sicarij , 

14  Sotto  il  gencredelle  Spade  cortecomprendonliancoi  Pugnali,  armi  lo¬ 

lite  adoprarli,  da  chi  combatte  alle  ftrette,  Valevanlene  particolarmente  i  Po¬ 
poli  delia  Celtiberia, quos^  racconta  Diodoro ,  pugiones  in  conferta  pugna 
■in  ttfu  erant .  E  di  quelli  nel  Muleo  li  vedono ,  oltre  il  lopramentovato  forman¬ 
te  una  Pillolla  »  i  lotto  notati ,  1 ... 


15  PVGNALE  da  parata,  di  lama  lunga  onde  dodici,  con  tale  artifizio  la¬ 
vorata  ,  che  a  prima  villa  lembra ,  &  è  creduta  una  loia  j  ma  le  fi  muove  una  pic- 
cola  luftà ,  che  vi  c  da  un  canto  lotto  riropugnatura,lubitos*apre  in  quattro 
parti.òfianolamei  la  più  lunga  delle  quali  riclce  quadrangola,*  le  due  laterali 
triangole  ;  la  quarta  hà  figura  di  coltello  da  tavola  j  e  per  lervire  a  quell'  ufo ,  fa¬ 
cilmente  fi  cava .  Sarebbe  di  gran  vantaggio  nelle  zutfe,  in  cui  lervirebbe,  non 
che  di  Pugnale ,  di  Scudo  tanto  piuutilc,  quanto  che  non  lolo  difenderebbe,  ma 
offenderebbe,  moltiplicando  ad  un  tempo  le  ferite.  Ediquefto  meglio  che  dei 

Pugna- 


/IL  /  5  R  0|  f  E  Z  a.  CAP.  XI.  235 

Pugnale  <^di  ^rio  potrebbe  jjhteil^dcdì  la  (oavilfima  Mufa  dei  Cavalier  Teodoro, 
ove  favellando  del  MarcellilgrariSchermidore,  ne  pronunziò.  CW.5o.«.ioi 

?  Ss  rapida  a  ^ 

i  :  ^gU  efercìfa  /’  armi  a  l*  hor,  che  wìrtt 
^  Lento  al  il  Combàttente  oppoifo  , 

£  ■;  Tr avido  ai  le  difefe 

*  La  man  àonùa'gnx  ttn'  altro  ferro  gira  ■,  ■' 

1  che  al  fto  brando  in  pugnar  flà  fovrapojio  ; 

'I  eh'  ad  ogni' colpo  efpofto 

Ha  triplicata  guardia  al  proprio  centro  ^ 

L'  ha  di  fuor i  l'  ha  di  fotta y  e  1’  ha  di  dentro, 

\é.  PVGNALE  da  parata, dliamafeangola, lunga oncic dodici, di (ottilif- 
iìmi  Arabelchi  intagliata  ,  e  fegnata  con  Tarma  d‘ un  Gallo  coronato:  e  lavo¬ 
rata  coni’ artifizio  della  precedente;  perche  al  moverfi  d’ una  piccola  lufta,fi- 
tuata  lotto!’ impugnatura  ,lubito  s’apre  in  ttc  punte  ,ò  lame;  delle  quali  quel¬ 
la  di  mezo ,  eh’  è  la  più  lunga , riman  quadrangola ,  le  laterali  triangole . 

17  PVGNALH,  chefùdibenteBentivogli. 

iB  PVGNALE  da  parata,  antico,  col  fodero  tutto  di  ferro,  di  figura  cilin¬ 
drica  ,  lavorato  allazimina  di  belliffimo  artifizio . 

19  PVGNALE  ARABO,  da’ Turchi,  &  Arabi,  Mori  chiamato  Cangiar  ^ 
da’  quali  portali  nelle  maniche  della  Vede,  per  poter  valerfene  prontameme  nel¬ 
le  occorrenze,  Hà  Titnpugnaturad’olTotrafparentilfimo  ,  in  cui  fono  incaftra- 
te  molte  pietre  preziofe,  Nellalama  vi  lonointagliate  alcune  righe  dicaratteri 
Arabici ,  Di  quefta  forte  d’ armi  fa  menzione  T  eruditiflìmo  P,  de  Bulfieres  nella 
Vita  di  Scanderbeg ,  ove  favellando  d’ Amuratte  Imperadore  de’  Turchi  adira¬ 
to  contro  il  MagoOrcanopeela  fioiftrariufeita  delle  di  luiidromantiche  predi¬ 
zioni  circa  l’ elico  della  guerra ,  nota  che  T  uccifecon  un  limile  Pugnale, dicendo 
.  «1.;.«.  ■!  Il—  tna ,  per f de ,  funt  hac 
Nuntia  ;  fìc  vinco  ;  fed  nec  fub  T artara  folus , 

Nec  tua  Scenderes  viélor  mendacia  pleSfet  ; 

Crimen  ero,  tor torque  fimul.  Sicam  inde  latentem 
Diripit,  Orcaniquè  aciam  per  vifeera  mergit. 

E  prima  d’ elTo ,  Francefeo  Bracciolini ,  ravvilandoia  per  arma  più  tolto  da  tradi¬ 
tore  ,  che  da  Soldato  gcnerofo ,  la  pole  in  mano  ad  Acemifto ,  rapprefentandolo 
accinto  ad  uccidere  T  Imperadore  Eraclio 

■  il—  con  un  Pugnai,  che  di  veleno  armato  ^^^*5 

Ne  la  manica  bigia  afeofo  tiene, 

Coi  quale  apparato  Guidubaldo  Benamati  tncrodulTe  Paimiro  traditore,difpoAo 
ad  avventarli  cqn  arma  limile  in  fecreco  al  Rè  di  Perfia ,  &  ucciderlo  :  dicendo  che 
a  tal  fine  I>i  ferro  avvelenato  in  fra  le  bende 

Del  fuo  braccio  fi  nifi  ro  ei  fa  conferva  .  •  io  49 

Et  avanti  quelli,  e  quelli,  il  Bolognetti  Senator  Bolognese,  conofciutala  per 
iftrumentoinfidiofo,  collocòlla  in  mano  alle  Inlidie,  &  altri  abominevoliMo- 
ilriCuRodidellePorteferratedelT  horrenda  Reggia  di  Marte:  mentre  di  Giu* 
none  colà  trasferitali,  così  favella  nel  fuo  Collante. 

L’ Ira  trovo,  lo  Sdegno,  e  la  Vendetta,  C.j. 37. 

L'Odio,  el'Infdie  haver  confacele  fmorte 
Sempre  il  Coltel  nafcojlo ,  e  la  Saetta . 

,  NelcheegliimitòStazio,  il  quale  deicrivendola  Reggia  di  Marte,  fà  che  Mer¬ 
curio  vi  trova  le  Inlidie  parimente  armate  di  cale  Coltello  «cantandone 

occul- 


Stanitrb. 
Ub.  V/lt. 
eajf.XXV, 


L»7.'Tt>th. 
V.  À9‘ 


Crott.  l.  2, 
fArrag.  74» 


Ijiv.l  r.  A, 
P'  c,  246. 
ftut.ftt  Po. 
file. 

P'aI.  Max. 
!.  f.  e.  j, 


MVSEO'lOSPlAKO 

■  ecctiltifi^uc  enfibtis  ariani 

Jnjìdia ,  geminumqu^  tenens  Difeer 
dia  ferrum. 

ao  PVGxNALE  antico,  largo  ,  da 
parata,  degno  d’eifere  qui  coniervato 
non  tanto  peri*  impugnatura  bizzarra^ 
d’ottone  fatta  a  getto , quanto  per  i  for- 
tiliilìmi  intagli  della  lama,  che  tutta  è 
figurata;  i  quali  ponno  gareggiar  co’ 
più  fini, che  li  fanno  in  rame.  Furono 
con  quelli  elprelfe ,  quinci  Venere,  con 
Amore, quindi  la  Fortuna,  che  tiene  il 
piè  diritto  lopra  un  globo,  in  fegno  del¬ 
la  fua  volubilità , In  altro  compartimen¬ 
to  effigiato  lì  vede  il  Rè  Porfena , 

»—  ■—  —.■M  lum  mures  vrbis  cir¬ 
cumdaret  y  di  cum 

Tybridis  ad  ripas  Haret  Hetrufea 
manus . 

Muzio  Sccvola  in  atto  di  calligare  col 
fuoco  la  delira  per  l’en  oiecommelToin 
uccidere  il  Cancelhero  del  Rè ,  in  vece 
del  Rè  medelìmo  ,  che  attonito  mira 
queir  atto  di  fegnalata  fortezza . 

21  PVGNALE  quadrangoloanti¬ 
co,  col  manico  di  legno,  lavorato  2  dia¬ 
manti  ,  come  i  bracciali  da  Palloni .  Hà 
la  guardia  d’  ottone,  che  figura  duo 
Maicheroni . 

22  Due  PVGNALI  quadrangoli, 
l’uno  con  impugnatura  di  legno  fatta  a 
diamanti ,  come  quella  del  precedente*, 
l’altro  con  ella  d’ottone  di  fuperbo  la¬ 
voro  ,  e  lama  intagliata  di  fiorami ,  che 
imitano ifinillìmi  cagli  in  rame. 

23  PVGNALE,  àmo  Pappavorgify 
che  fù  del  Gonnella,  Buffone  celebre, 
donatoli  da  Borio  Marchele  di  Ferrara 
nel  1460. 

24  PVGNALE  antico,  con  bella-, 
impugnatura  dorata. 

25  PVGNALE  MAGICO,  penfo 
di  poter  chiamare  il  qui  figurato ,  con¬ 
tenendo  un  milcuglio  di  figuielacre,  e 
caratteri ,  profane ,  e  magiche ,  unitevi 
a  fine ,  che  non  può  ellcre  le  non  fupcr- 
flizioio  ,e  detellabile .  I  caratteri  fono 
parte  Latini,  parte  Ebraici ,  e  parte  Gre¬ 
ci  .  I  Latini,  che  in  tré  luoghi  lì  vedono, 
dove  fono  intagliati  l’ uno  lotto  l’ altro 

pe’l 


» 


L  l  ’S  H  0  TERZO,  CAP,  XI 

pe’l  lungo  della  parte  figurata  in  primo  luogo  in  quefta  tavola ,  fituati  tra  fette 
piccole  Croci  ifomctre,&altrctante  Stelle  difpoftevi  in  due  file  pe’l  lungo,  c 
forfi  non  fenzamifierio  del  numero  loro,  danno  a  leggerli  RASACH,  parola 
di  tutt’  altro  fuono ,  che  Latino ,  ma  non  però  Greca ,  nè  Ebraica ,  ma  per  avven¬ 
tura  Caldea ,  ò  Siriaca  ;  ò  più  tofio  di  niuna  lingua ,  e  Magica }  nel  qual  calo ,  per 
interpretarne  il  lignificato,  non  mi  pcniodi  poter  dire  funti  non  oedipus .  . 

Dove  furonoefprellì  tra  verfalmerite  nel  mezod’  un  pentagono,  che  quanti  for- 
ma  rriangoli,tante  Stelle  in  elfi  rinchiude,compongono  AR  A,e  forfi  alludono  al-  me. 
rAllerilmo  di  quello  nome,fotto  cui  può  edere  Hata  fabricata,  ò  temprata  quell’ 
arma,  con  luperftiziofopenlierod’imprimerli  parte  della  virtù  di  quella.  Dove 
frappollo  a  due  Tiì  vede  l’^.onde  ne  rilulta  XRTit  non  fi  allude  barbaramente  ad 
un  Nome  del  Salvatore ,  già  che  quelle  note  furono  fcolpite  lotto  il  facro  nome 
divino ,  compollo  delle  quattro  famofe  lettere  Ebraiche,  non  ne  congetturo  che 
male .  I  caratteri  Ebraici  intagliati  lopra  le  medefime  note  da  quella  parte  ,luo. 
nano/£/fOr^,  ch’èli  Santiirimo,&  ineffabile  Nome  di  Dio;  e  dall’ altra  efpri- 
mono  che  è  fiato  interpretato  .  I  Greci,  compongono  diverli 

Nomi ,  &  Epiteti  divini ,  &  Angelici ,  d’ origine  Ebraica ,  ma  corrotta,  &  alcune 
parole  Magiche;  leggendoli  nella  primaparte.trà  le  Saette,  che  vi  fi  vedono, 
£ZO/i& a  delira,  e  finitlra  delle  medefime  GARE-TARETAt  eiotio  MIKAEL; 
e  ne’  lati  della  Piramide ,  ò  Triangolo  terminante  nella  Corona ,  Angar  a. ,  Ecai , 
felyCados  fSapaiot,  Nel  mezo  del  Triangolo  medefimo  AKAMIEA'" .  Dall’al¬ 
tra  banda  in  cinque  righe  Egeaagele ,  El.  Eloym.  Elon.  Ege,  Saddag  .  Zef, 
faoit ,  Kaphogel.  Zaohyel .  Samael ,  Agael.  Mikael.  Sapphyet,  Pfaskao .  A^mel. 
KaUmya.  Nefara.  Ragael.  Bkmiyl.  agla,  om .  taph .  Dalle  quali  parole  noru 
raccolgo  altro  fenfo,  che  di  confulìone ,  di  fuperfiizione,  e  di  magia.  Di  con- 
fufione,pcrche  non  hanno connelfione  ;  di  fupciftizione,  perche  fonorappre- 
fentati  con  caratteri  Greci ,  effendo  Ebraiche  ;  &  alcune  d’effe  fono  di  ninno ,  ò 
d’ignoto  lignificato;  onde  poffo  dirne,  come  già  il  Liceti  favellante  degli  An¬ 
nelli  fuperfiizioli  :  fuperfiitio  mihi  Jita  videtur  in  illis  charaEieribus  nullius  ^ 

Aut  ignota  fignificatioms'i  e  di  Magia,  perche  fono  accompagnate  dall’ Imagine, 
non  che  luperftiziofa ,  magica  dell’ Abraxa .  Così  pajonmiluperfiiziolì ,  ò  ma¬ 
gici!  caratteri  efprcifi  attorno  il  pentagono,  cioè  (quando  non  fiano  nu¬ 

meri,  perche  fignificherebbono  5  3  74.)  eque’ tré,  che  vi  fono  lotto;  due  de* 
quali  le  non  elprimono  la  decima,  e  lafettima  confonante majufcolade’Te- 
defehi ,  fono  incogniti  ;  &  il  terzo , eh’  è  quello  di  mezo,  fembra  il  legno ,  ò  ca¬ 
rattere  Allronomico  di  Saturno.  Ma  più  che  altro,  arguifee  fuperfiizione,  e 
magia  la  mentovata  Imagine  dell’  Abraxa ,  eh’  è  quel  Mollro  enorme  con  tella , 
e  collo  di  gallo,  e  bullo  humano,  armato  fino  alle  coke,  le  quali,  come  quelle 
dell’  Erittonio ,  e  di  Tifone ,  degenerano  in  due  gambe  fcagliofe ,  terminanti  in 
due  capi  di  Serpenti  ;  e  tiene  una  Spada  alzata  nella  delira ,  &  un  tefehio  huma¬ 
no  pendente  per  gli  capegli  dalla  finifira,figurata  lotto  la  piramide  fudetta,con  la 
nota  afironomica  di  Marte  dietro  il  capo .  Con  la  qual  figura ,  fe  ben  mi  fovvie- 
ne ,  non  effendo  al  prefente  in  luogo  da  poterne  riveder  l’ Ifioria ,  che  leflì  molt’ 
annifono,efprimcvano  un  Genio  loro  diabolico  i  legnaci  del  Mago  Bafilide, 
come  fi  vede  in  molte  delle  Gemme,  che  ad  elfi  fervirono,  figurate,  e  fpiegate 
da  due  Giovani  eruditilfimi,  Macario,  eChifietio,in  unLibro,  che  al  prefen¬ 
te  non  hò  alle  mani,  ma  quando  i’hebbi  notai,  che  portava  quella  Ikrizzione,  . 
Joannis  MacariiCanonici  Arienjìs  Ahraxas  ^/eu  Arijlopilius  ejl  Anti^uariade  k? 

Gemmis  BafiUdianis di fquifitio .  Accedit  A  hraxas  Proteus ,  feu  muliiformisXjeni  '~' 
ma  BaJiUdiana portentofu  varietas  exhibita, &  Commentario  illufirata  a  Io,  chijktio 

'  "  - .  '  can. 


9 


Flaminis 
item  erant 
Flaminum 
Vxorcs:Fla. 
niinr  Mini» 
firi ,  Flami» 
nis  Ancillg. 
utgell.  i.  IO. 

f.  15.  cr 
Detupfi.l}. 
jimtquit. 
^om.  c. 


i38  MVSEO  COSPtANO 

Can.  Tornacefìjì.  rh  Hippo  ÌV  Reg.  Catholico,  Sereniamo  Vr  incipi  loanni  Aulir  ia- 
toa  facris Oratorii ,  Antuerpta  ex  officina  Plantiniana  1657.  in  4,  Simile  mo- 
ftruofird  fu  /colpita  nella  Gemma  di  uno  degli  Annelli  antichi ,  figurati  nella 
Dattilioteca  del  Gorleo  alnum.  183.  &apprcffo  il  Liceti  hei  Xffiaxo  de  Annuii  s 
Jntic]HorumtCZ^.2i.  p.  1 1 5.  Nella  quale  però  1’  Abraxa  in  vece  della  Spada,  e 
del  telchio  humano  hà  nella  delira  un’Elmo , e  nella /ini/ira  una  Corona . 

L’ altra  figura ,  che  dietro  a  quella  dall’  altra  banda  del  Pugnale  fi  vede ,  quan¬ 
to  è  facile  a  ravvifarfi  per  imagine  di  Re  ledente  nel  T tono ,  con  le  principali  In- 
fegne  Reali ,  cioè  con  la  Corona  in  capo,  il  Manto  affibbiato  lui  petto,  e  lo  Scet¬ 
tro  nella  delira ,  tanto  è  difficile  a  conolcerfi  per  chi  fia  fatta .  Il  Globo ,  fimbolo 
del  Mondo ,  elprefToli  nella  delira ,  come  luol  farfi  alle  Imagini  de  gli  Imperado- 
ri  Chriltiani,  e  come  fi  vede  in  molte  delle  Medaglie  de’  medefimi,  pare  che  l’ac¬ 
cenni  figura  d’ un’  Auguflo  ;  ma  la  Corona  Regia ,  e  non  Imperatoria ,  mollra  aU 
trimentc .  Oltre  di  che  le  figure  nude  di  quattro  fanciulli ,  che  gli  Icherzano  da¬ 
vanti  ,  non  ha  vendo  che  fare  con  la  macllà  d’ un  Rè  affilo  nel  Trono ,  fono  indi- 
zioditutt’altro,chcd’ un  fatto  Iflorico.  Io  perciò  mi  dò  a  credere  che  tutto 
quelle  figure  fiano  fimboliche,e  lignifichino  qualche  cola  di  fuperiore  piu  tollo, 
che  d’ inferiore  alla  Natura  Elementare .  Ma  perche  il  millerio  mi  fembra  ma¬ 
gico*,  anzi  che  nò,  elTendo  fatto  il  quadro,  che  lo  contiene,  per  accompagna¬ 
mento  di  quello  dell’  Abraxa ,  Rimo  più  utile  l' ignorarlo ,  che  il  faperlo ,  Onde 
non  mi  curo  di  penetrarlo,  nè  di  fcriverne  di  vantaggio. 

De^  Coltelli  diverfi  da  Sacrifizio ^  da  Menfa  y  e  d'  altri  ufi, 

Cap.  Xll. 

1  *13  Ergliufi  della  Pace  piùtollo, che  dcllaGuerra, furono  fabbricatii  Col- 

JL  telli ,  richiedendone  altri  i  Sacrifizii ,  altri  le  Menfe,  &  altri  altre  funzio¬ 
ni  domeniche .  La  figura  loro  però ,  e  l’ attitudine ,  che  hanno  d’ offendere ,  e  di 
punta ,  e  di  taglio,  vuole  che  tra  l’ Armi  lì  contino ,  e  dopo  le  Spade ,  e  i  Pugnali , 
a’  quali  fi  riducono ,  fi  deferivano  quelli  del  Mufeo ,  Traeffi  da  Sacrifizio  vi  of- 
fervo  i  cinque  fuffeguenti . 

a  Due  SECESPIf  E  compagne,  in  una  fola  guaina.  Sono  quelle  due  Col¬ 
telli  antichi,  della  medelìma  grandezza  >  e  figura,  eh’ è  la  qui  efprelTa  in  primo 


luogo  ;  de’ quali  fervivanfi  ne’ Sacrilìzii  dell’ antica  Roma  i  Flamini,  le  Vergini 
Flaminie,  le  quali  erano  figliuole  de’ Flamini,  &  i  Pontefici:  mentre  con  elli 
tagliavafi  la  gola  alla  Vittima .  Hanno  quelli  le  lame  di  ferro ,  larghe  due  dita , 
e  mezo  là  dove  li  commettono  ne’  manichi  ;  e  che  nel  reflo  fi  dilatano ,  crefeen- 
do  a  poco  a  poco  in  larghezza  da  amendue  i  lati ,  fin  verfo  l’ellremità  :  dove  rac. 
cogliendoli  gentilmente ,  finilcono  in  una  punta  aguzza ,  alquanto  ripiegata  in¬ 
dietro;  e  da  quello  capo  fono  affilate  fin  dal  lato  della  colla  per  un  terzo  della 
loro  lunghezza ,  acciò  tagliando  non  che  in  punta  >  da  ambe  le  parti,  più  Ipedita 
s’ apfiflcro  la  ilrada  nella  gola  de  gli  animali  dellinati  alle  loro  ferite .  I  manichi 
delle  raeddìme,  fatti  di  dente  d’ippopotamo,  ò  fia  Ovai  Marino,  rotondi,  c 

lodi. 


L  l  B  R  Ò  -T  E  R  Z  0.  C AJP.,  XII, 

fodi ,  terminano  in  una  Statua  di  Leone  divorante  una  fiera  j  e  dove  s’inferifcc 
in  elfi  la  lama  >  fono  fafciati  con  una  grolTa  ladra  d’ argento ,  nella  quale  inca;^ 
Arate  brillano  diverfe  gemme ,  che  con  la  varietà  de’  colori  esprimono  varie, fi¬ 
gure  humane  intiere,  in  campo  di  pietra  Lazuli .  Onde  non  cedono  di  pompa 
alle  Sccefpitc  ufate  fino  al  tempo  di  Fefto  Pompejo ,  il  quale  deferi  vendo  quella 
forte  di  Coltelli  Sacrificali,  ci  lafciòmemoria-non  che  dell’ ufo,  della  figura»  e 
fornimenti  loro,  fimili  in  gran  partea  quelli  del  Mufeo,  collo  ferf  verne ^e^cef- 
ftta  culter  e  fi  ferreus  oblongus  ^  manubrio  eburneo  ,  rotundo  ,  f olido  ,  \uȣio 
come  legge  il  Dempftero ,  vinclo)  ad  capulum ,  auro ,  argentoqì  fixo  clavis  aneis^ 
are  cyprio  ,  quo  flamines  ,  flaminica  virgines ,  fontificefque  ad  Sacrificia  ute^ 
bantur . 

^  Altra  SECESPITA,  E’ diverga  dalle  precedenti  nella  figura,  eh*  è  la  qui 
figurata,  e  nel  manico  i  haven. 
do  la  lama  falcata,  da  unfoi 
lato  tagliente,  più  lunga  ,  dt 
aguzza,  e  più  rivolta  all 'in¬ 
dietro,  col  manico  tutto  di  fer¬ 
ro  dorato ,  di  figura  romboide 
dentro  vuota ,  ed  in  tutto  ùmile  al  manico  della  Secefpita  figurata  ne’  Commen? 
cari!  della  Religione  de  gli  antichi  Romani  di  Guglielmo  du  Choul ,  tradotti  da 
Gabriel  Simeone  :  nella  quale  però  la  lama  è  diritta ,  c  di  punta  acutilfima. 

4  COLTELLO  di  lama  diritta,  e  di  punta  acuti  (fima,  come  appunto  nella 
teftè  mentovata  Secefpita  del  Choul  ;  &  è  per  avventura  una  forre  di  Secefpita . 
Vedefi  figurato  in  fecondo  luogo  nella  Tavola  de  gli  Archi,  chcfiportanel  Ca- 
pitolo  feguente  al  num.  I  le 

5  COLTEL* 

LO  antico,  di  la¬ 
ma  fiaiifima,  lar¬ 
ga  quattr’oncie, 
e  lunga  dodici , 
fa  ambo  i  lati  af¬ 
flato  per  tutta  la 

ua  lunghezza ,  e  terminante  non  in  acuto ,  come  i  precedenti ,  ma  in  quadro  do- 
/e  pure  è  tagliente .  QueAa  lama  è  tutta  lavorata  a  fiorami  di  gentile  artifizio ,  e 
}er  la  maggior  parte  indorata .  Ha  il  manico  d’avorio ,  di  lavoro  antichifsimo , 
ìgurante  un’  huomo  armato ,  &  una  donna  meza  ignuda ,  i  quali  fembrano  Mar¬ 
te  ,  e  Venere ,  con  le  fpalle  oppofte ,  Giudicali  anco  quefio  adoprato  da  gli  an¬ 
tichi  ne’  Sacrifizii .  lo  però  mi  dò  a  credere ,  eh’ egli  habbia  fervito  più joAo  a 
gli  Ebrei ,  che  ad  altri  coAumando  coAoro  i  Coltelli  di  quefia  figura  a  fcannàre^ 
ò ,  com’  elfi  dicono ,  a  fagattare  gli  animali  :  come  che  fia  loro  prohibito  nel  TaL 
mudl’adoprare  in  tal  miniAero  Coltelli,  c’habbiano  punta^  ò  che  fiano  in  me» 
noma  parte  addentati  nel  filo:  dichiarandoli  da  Rabbini,  e  TalmudiAi  per  im¬ 
mondi  ,  &  in  con/eguenza  vietati  a  mangiarli  gli  animali ,  in  altro  modo ,  e  len¬ 
za  queAe  cerimonie  uccili. 

6  Di  tutt’altr’ ufo, che  da  Sacrifizio,  vi  fi  feorgonoquefii  altri 

Dieci  COLTELLI  diverlì,  antichi ,  alla  Genovefe. 

7  COLTELLO  di  Aruteura  moderna,  ma  che  dalla  puntai  fino  affondo  del 
manico  s’apre  in  due  parti,  e  forma  un  nobil  compalTo;  nelicui  centro  fi  vede 
intagliato  un  Sigillo  con  l’ Arma  della  Serenilfima  Cita  de^  Medici ,  per  indizio, 
che  que Ao  Strumento  viene  da  quella ,  come  pure  fi  difie  nel  Cap.  HI.  di  qiiytAo 

Libro 


Demp^.  /.3. 
jintiquit.  ' 
Rim.  ^.32.. 


‘  l.vji,' 


TI  I.J.C.sé, 
fìtrtd,  /.4. 


£.ib.  é.Fa/l, 
(«'•4T3* 


Guid.  Pcef, 
Od-  4.  2. 


140  MV^BO  C  O  SP  ì  A  N  0 

Libro,  ove  anco  quefto  fi  mentovò  rrà  gli  Strumenti  Matematici ,  e  Geometrici 
ainum.  27. 

8  Orto  COLTELLI  da  Menfa,  di  lame  finiflime,  con  manichi  d’avorio  fi¬ 
guranti  divcrfc  condizioni  di  perfone.  Furono  recati  di  Germania.  Serbanfi 
nella  loro  Coltelliera ,  eh’  è  la  delct  ictà  a  Gap.  XXVII.  di  quefto  Libro  num.  6. 

9  Due  COLTELLI  nobiliflìmi  di  lame  Damafchine  ,  e  manichi  d’EJiotro- 
pia,  l’uno  maggiore,  cl'altto  minore, amendue  in  qna  guaina,  dono  ^el  Sc- 
rcniflìmo  Principe  Cardinal  Leopoldo  di  Tofeana, 

*.  i  •  ^ 

>  ,  ' 

Oe  ^li  Archi  ^  Batelire  y  faretre  t  e  Saette  ^ 

Cap.  XIII. 

I  A  Lia  Caccia  più,  che  alla  Guerra,  è  da  riferirli  l’ invenzione  de  gli  Archi, 

XA  e  delle  Saete,  le  prime  delle  Armi  ufate  per  ferir  di  lontano,  come  lug- 
geritc  dall’Ingegno  più,  che  peraltro,  per  colpire  anco  indiftanza  le  fiere,  e 
giungerle  fin  nelcorfo  più  rapido.  Quindi  J’Vniverfità  de’  Poeti  ne  fà  Inven¬ 
tore  Apolline  ,  che  più  che  Guerriero,  fù  Cacciatore.  Alcuni  però  l’attri- 
buifeono  a  Scite,  figliuolo  di  Giove,  come  vuol  Plinio, òd’Hercole,comej 
piace  ad  Erodoto, che  diede  il  nome  alla  Scirhia  ;  altri  a  Perico  figliuolo  di  Per¬ 
ico, da  cui  fù  denominata  la  Perlia,  Contro!  quali  fifa  Diodoro,  rtobiie  Stori¬ 
co,  dettando  Arcus y  fagittandique  fuijse  repertorem  Apollinem. 

2  Ma  la  malizia  humana  prefe  a  valerfene  anco  contro  gli  huomini,  e  d’Ar- 
mi,  eh’ erano  innocenti,  le  fece  di  venire  homicide.  Marte  le  introdulTc  ne  gli 
Elerciti ,  e  volle ,  che  una  gran  parte  di  quelli  fulTe  formata  d’ Arcieri .  Rallen- 
tòflene  poi  l’ ufo,  ritrovato,  che  fù  l'Archibugio ,  Onde  per  armi  d’ufo  aitai  ra¬ 
ro  tengonfi  quelle  del  Mufeo. 

3  l3uc  Archi  nobili  di  Canna  del  Braille ,  di  lunghezza  più  che  ordinaria , 
come  eccedente  la  ftatura  humana ,  Vi  fono  anco  le  lue  Freccic ,  ò  Saette . 

4  Arco  Turchefeo  diaccialo  con  Freccie. 

5  Tré  Archi  di  Fico,  Turchefehi,  con  le  loro  Saette. 

6  Duealtri  Archi  Turchefehi , tra  d  verfe  Spoglie  Militari  recati  dalla  prefa 
di  Clilta  dal  Tenente  Colonnello  Carlo  Cignani  Bolognefe ,  di  cui  può  dirli  col 
noftroCaravaggi 

■  ■  ■■  —  -  Pairiamqtte  reverfus  ad  Vrhem 
Fiorici  retulit  barbara  Jìgna  rnanu , 

7  Quattro  Faretre  con  Frcccie  di  varie  forti;  alcune  delle  quali  ftimanfi  di 
Macaltar,  con  punte  avvelenate,  già  che  ivi  per  antica  ulanza,  come  puro 
altrove,- 

S'  avvelena»  gli  Strali, 

8  Altra  Faretra,  ò  Carcalto  Turchefeo,  con  Freccia,  recata  da  ClilTadal 
fudettoSig  Cignani. 

9  Cinque  Baleftre  antiche,  con  loro  Capre ,  ò  Argani  da  caricarle ,  Carcalfi, 
eFreccie. 

Jo  BALESTRA  antica  nobile,  fornitad’ ottone, polla  nel  Mufeo  nclfine 
dell’ annocaduto  1575, 

1 1  Tré  Balcftrini  antichi ,  d’ artifizio  affai  ragguardevole ,  ufati  avanti  l’ Ar¬ 
mi  da  fuoco .  Due  de’  quali  vedonfi  figurati  nella  Tavola  feguentc  al  nu.  1.  e  III. 

'  "  .  (effen- 


t  I  B  KO  r  fi  75  2  fi.  tAT.  Xlll  *4i: 


(effendo  al  nutn.  II.  figurato  un  Coltello  raccordato  nel  Capitolo  nrecedefirp  fi¬ 
le  Sece/pite  alnum.  4.)  Scaglia  vanii  con  effi  certi  Strali  foJilidi 
tc  acuriflìme ,  i  quali  lenza  ftrepito alcuno  potevano  trafi^^gere  uno 
pi^huomini  in  un  tiro .  Con  tale  invenzione  èfama ,  ch’lLllInT»  i 

celle  paffar  tra  morti  moiri  di  coloro,  ch’egli  odiava  E  mn  1 

gnor  Carrarele,  ftarido  a  tavola,  traffille  un  Cardinale  come 
cellottineir^.^/^;.  Se  ne  valle  anco  più  d’un 
innocente  nelle  lolle  di  Popolo,  lenza  che  fi  IcoprilTe  il  micidiale  a 
cava  agio  di  fuggire  Iconolciuro ,  non  lalciandon  ind^zi^l^ 

Strumenti .  Onde  furono  uni  verfalmente  proibiti ,  come  Arm^Ji  ? 

^  ~  di 


/ 


i4Ì  IH  f'  S  B  0  C  ^  i  P  I  H  N  0 

di  Monfignor  Giovanfrancefco  Bonomi  Crcmoncfc ,  Vcfco vo  di  Vercelli ,  nel¬ 
la  fua  Borromcidc ,  o ve  delcriflc  cjuefta  forte  d’ Archetti  d’ invenzione ,  die’  egli 
Infernale I  cantandone, 

BidijlA  his  etÌAf»  manihus  formatur  ad  oras^ 

L.i.  Borro*  iransUta  ,  heu  quot  proftravit  acerbi 

mitdv,^ìi.  Cade  viros  ^  tjuanejuam  breviore  armata  Sagittà\ 

V  Claudi  tur  hac  pugno  >  capuloque  attingit  ad  ulnam» 

liAxata  ab  palma  fugit  irreparabile  telum 

chalybe ,  é"  ferro  mtjlum  »  fic  tenve  ,  acutum 
Vt  quAVts  Lorica  latus  defendere  ab  i^u 
Tergaque  lethifero  nequeat»  dum  commint(s  hoBit 
Clàm  petitur  media  in  turba»  procumbit  humique 
Extiniius ,  fpargitque  madentem  fanguine  terram» 

Sic  nullo  audito  ferientis  murmure  teli» 

Sive  dato  fìgno»  ut  votis  potiatur  iniquis» 
ineolumifque  abeat  fcelerati  criminis  author 
K^nte  celer»  quam  corpus  humi  cernatur  ab  ullo 
Vrosiratum»  atque  ideo, quod  bel  lo  haud  utilis  unquam» 

Privati»  fed  tantum  odiis  eU  apta  reperta» 

Infandi  vetitus  teli  fuit  ufus  ab  omni 
Gente»  nec  id  licitum  nunc  affervarier  ufquam\ 

Tale  proibizione  però  s’  intende  folamente  de’  luoghi  privati ,  non  de*  publici , 
come  il  Mufeo ,  dove  quelli  Archetti  fi  ferbano  non  tanto  per  la  fingolaricà  del- 
l’artifizio, quanto  per  ìadeteftazionedeirufoloro;  a  cui  riflettendo  que’Vir- 
Sim.  Oitr,  ^uofi ,  che  quì  11  vedono ,  dannano  l’ empietà  di  chi  le  nc  valle  in  male  » 
l  a-Silv-A’  Mirantur que  Arcus»  barbaraque  Arma  virum» 

*^**°**  I*  Quattro  Calami  del  Reno  Bolognefe, impennati,  perche  fervano  di  Sact* 

te .  Ed  appunto  anticamente  fu  molto  frequente  l’ ufo  di  tali  Freccie ,  Anzi  que¬ 
lla  particolare  fpezie  di  canna  hebbe  famad’elTcre  la  migliore,  che  in  tutto  il 
iì,i6.e,%6.  Mondo  fi  trovalTe,  per  farne  Saette,  fcrivendone  Plinio.  Sed  in  hoc  quoqHe»ut 
in  cateris  rebus»  vicit  Italia:  quoniam  nullus  Sagittis  aptior  calamus  »  quam  in 
Rheno  Bononienfì  amne  »  cui  plurima  inefl  medulla  »  pondufque  volucre  »  contra 
fiatus  quoque  pervicax  libra. 

Delie  Armi  da  fuoco»  e  cofe  ad  ejft  fpettanti', 

Cap.  XIV» 


']».  frane, 
Stnhom, 
Borrometd, 
t.  i.v.  ]i6. 


I  \  yf  A’  più  di  tutte  formidabili,  tra  le  Armi  oflenfi  ve,  fono  quelle  da  fuoco  ; 

XvX  le  quali  tuonando infieme,  e  fulminando ,  tanto  più  horribilmente, 
quanto  fono  maggiori,  fanno  fembrare  non  pur  Salraoneitonanti ,  maGiovi 
fulminanti ,  coloro ,  che  le  adoprano  ;  e  colpendo  da  vicino ,  e  da  lontano  tanto 
i  forti,  quanto!  vili,  non  lafciano,  che  giovi  punto  ad  alcuno  la  generofirà  del 
cuore ,  il  vigor  della  mano ,  l’agilità  delle  membra ,  ò  la  finezza  delle  Armatu¬ 
re  per  ripararli  da’ colpi  loro 

•  neque  lethale  repellere  plumbum 
Aìre  gravis  thorax»  ferro  aut  lorica  rigenti 
Intexta»  aut  quicquid  queat  Ars  humana  parare» 

Peci  or  a  »  ut  in  bello  à  telis  tueatur  acutis. 

Onde  può  giullamcnte  dirli  d’eflc  ciò,  che  Archidamo  figliuolo  d’Agefilao,  mi¬ 
rando  laFreccia  della  Catapulta  pur  allora  porcata  dt  Sicilia ,  fclamò .  Oh  Dio  ! 

Ecco 


llfRO  tu  \.Z  0.  tAf.  xa^.  »4J 

Eccofpedltoil  valore  dell’ huomo  forte.  P*p<el  periit  viri  virWs.  E  fe  fono 
delle  Madìme,  che  Artiglierie  chiamiamo ,  non  folo  feminano  più  ftragi  del» 
r  altre  «  ma  diroccano  meglio  di  qualunque  Montone  de  gli  antichi  le  mura  più 
forti  delle  Città  *  c  fpezzano  ogni  più  faldo  riparo .  Che  però  ben  dilTe  dell’Àr-g 
tiglieria  il  Cavalier  Teodoro  nella  lua  bellidima  Canzone  {opra  f  Archibugio  t 
lapiùufuale  delle  Armida  fuoco. 

Hercule*  non  vedo 

K^gguAgliar  lei  :  fpetr*  ogni  alpefire  rupel 
Divide  ogni  planitie  y  apre  ogni  monte  i 
K>ilzi  al  del  pur  la  fronte 
Machina y  che  ribella  al  patrio  fuolo\ 

Fugge  a  gl"  impeti  fuoi  per  1'  aria  a  volo', 
EprImadilui,Monlignor Bonomi  nollro,  nella  Borromeide. 

Tormenta  afpiciaSy  &  tanti  ponderis  y  agre 
yt  trahere  illa  queant  kQi  ]uga  dena  juvenci  I 
Sujlentata  rotis  quamvis  y  inclufaque  duris 
Kj4^e  ibuSy  quibus  haud  triplici  circundata  muro 
Valla  diuy  aut  pojfunt  ebfìftere  moenia  magnis 
regger  ibus  /epta^  aut  frmijfima  propugnaci*  i 
^^icquid,  objeHum  fuerit  y  cum  maxima  ferri 
Exiliens  pila  ab  are  cavo  vi  pulveris  aila 
Sulfureiy  ér  fubita  flamma ,  fugit  omnia  dire 
Difeerpens  y  flernenfque  y  agitur  quacunque  fragore 
Terribili  y  ^c. 

Nel  che  »  fe  non  cedono  punto  a  i  Fulmini  del  Cielo  ( già  che  fc 
,^uei  fon  di  Giove  i  Fulmini  del  Cielo  y 
^efli  fon  de  le  Genti.) 

Li  fupcrano  poi  di  gran  lunga  nei/ uccilìone,  che  fanno.  Conciofiecofache  fe 
un  colpo  di  quelli  nuoce  a  poche  perlone ,  uno  di  quelli  [cagliato  in  un*  Eferci- 
to,  ne  manda  in  pezzi  felTanta,  ed  ottanta  alla  volta,  come  notò  il  Decio  nel 
fatto  d*  Armi  d’ Alberto  Celare  contro  i  Polacchi  nella  Boemia  .  Ond’  è  che 
Miratur  Boreas  •  cudat  qua  fulmina  Velia  y 
^uava  ala  telum  intulerint  y  viSlofque  fatetur 
Seque  y  lovemque  ;  globis  tantum  efl  pernicibus  ira , 

E  per  tanto  i  fatti d’ Armi  degli  antichi  in  paragone  d;  quelli  de’ moderni, dove 
fulmina  il  Cannone,  Strumento  de  gli  Strumenti  dela  Mil  zia  d’hoggidl. 

Machina  tartarea y  exitium  Tubus  aneus,  orbis, 
fembranocombaitimenti  da  giu  >co,riufcendo  pur  troppo  vero,  che 
Con  deffra  fulminante 
Homicidi  ojfervò  poi  Marte  in  guerra  y 
Più  che  i  tuoni  del  Ciely  quei  de  la  Terra', 

2  Invenzione  lì  è  quella  della  bellicola Germania,  nella  quale  fù  a  calo  tro¬ 
vata  l' anno  1 3^9.  da  un  Chimico ,  di  cui  Polidoro  V irgilio ,  il  Sabellico ,  &  al¬ 
tri  riferifeono  non  laperlì  il  nome .  Alcuni  io  chiamano  Bertoldo  Seuarc ,  ò  lìa., 
Negri  i  e  l’ aiTerilcono ,  non  che  Chimifta ,  Monaco .  Preparava  egli  certa  poi 
vere  di  Solfo ,  e  d’ altre  cole  facilmente  accenfibili ,  per  farne  un  medicamento , 
c  pollala  in  un  morrajo,  e  copertala  con  una  pietra,  occorleli  di  batter  fuoco: 
di  cui  cadutane  accidentalmente  una  feintilia  nel  mortajo ,  accefe  in  un  momen¬ 
to  tutta  quella  polverei  efeoppiandone  fuori  con  impeto  il  fuoco,  ne  portò  in 

X  2  -- 


Tlutireh.ilt 

ageghtè. 


Xìf>.a.v.3f7 


ffreg.  Die, 

Scaceheid, 

C.4.143. 

Cenr.  Dee', 
t.  6.  tufi, 
/iuftrta. 

De  Bujsierl 
ScanAerb, 
f. 


D*  Mufierl 
Exgof.  in 
jigee.  e,  6. 
»•»1. 

T  eodor.Od. 
3V->9. 

Ptl.Vìrg, 
Li. e.  Il, 
Lud.  Vtuet 
1. 1.  de  Coni 
eerd.  CT 
Dtfeord, 


».  f86 
C4t>.  Méf» 
fér.  j» 


Cr$n.  Ci» 

ftf  V.^ll. 
SsM» 


Sttmffiit. 
O  ).  Hdvt» 

Minti,  l. , . 

Vtitttrrtn, 
/>.  Anu 
Sftmmcnt. 
Hfi,  mtp. 


SLf  t*  ^it!» 
W. 

t/£/i,v-}90. 


144  ^  ^  y  S  B  0  €  0  S  T  !  A  N  0 

klro  il  coperchio.  Quindi  1*  ingegno  gli  fuggerì  di  mettere  di  quelli  forte  di 
polvere  in  un  Tubo,  e  dargli  fuoco.  E  così 

Dum  flamm/is  lovis  t  é*  fonitus  imitatur  Olympi. 
gliriufcì  di  formare  il  primo  Archibugio,  nei  quale  egli 

Die  I'  ali  al  piombo ^  e  fece  Augel  U  Morte. 

Indi  provando  r  invenzione  in  canne  maggiori,  giunfe  a  formar  rArtiglierii^ 
la  quale  come  cantò  il  noftro  Grotti , 

Mthertos  tonitrus  imitata»  é"  fulgura  cali. 
con  voce  più  che  Stentorea  intuonò  al  Mondo . 

Vis ,  fonitus ,  rabies ,  motus ,  furor ,  impetus  »  ardor 
Sunt  mecum.  Mars  hac  ferreus  arma  timet. 
Ediqueftoaccidenteneva  attorno  r  Epigramma  (eguente  d'incerto ^ 

Dnm  parat  humano  generi  Chymifia  medelam» 

Sulphura ,  Mulciberis  vi  »  fale  mifia  coquens» 

Mulciber  ofiendit  mortalibus  acre  venenum» 
nullum  letho  corpora  plura  dedit, 

^ua  latuere  alios»  hac  quidam  nomina  dicunt» 

Sertholdumque  vocant  nomine»  reque  Nigrum. 

Communicòllì  poi  quella  invenzione  all’  Italia ,  &  a  quali  tutte  le  altre  Provini 
eie  bellicole del  Mondo,  fuorché  alla  China,  dove  molto  prima,  che  in  Ger¬ 
mania  ella  era  (lata  trovata  >  come  notano  molti  de  gli  Storici  di  que  I  fioritiflìmo 
Imperio ,  fcrivendo ,  che  i  primi  Europei ,  che  dopo  l’ invenzione  Tedefca  dell* 
Archibugio  colà  penetrorno ,  vi  trovorno  gran  numero  d’ Artiglierie,  e  l’ u/o  lo¬ 
ro  introdottovi  da  molti  Secoli  innanzi.  Delle  Città  poi  d’Europa,  le  prime  à 
provederfene  furono  Ausburg  nella  Germania ,  e  Venezia  nell*  Italia  :  do  ve  lì 
videro  la  prima  volta  le  Artiglierie  nella  guerra  di  quella  Republica  contro  i 
GeoovelìaChioggia  l’anno  1380. 

3  Non  potevano  però  elTere  di  molta  perfezzionc  quelle  Armi  da  fuoco ,  che 
erano  latte  quando  l’Arte  ancor  bambina  fcherzava  fabricando  gii  Archibugi  di 
legno  ;  de’  quali  fà  menzione  il  Petrarca,  riferendone  però  l’ invenzione  ad  Aut- 
tore  molto  più  antico  del  Sevart  ,cioè  ad  Archimede  (  al  che  ripugna  ciò  che  fe 
n’ è  detto  fin’ bora)  condirne:  non  imitabile  fulmen  »ut  Maro  ait  .humana  ra, 
bies  imitata  eB  ;  quod  è  nubibus  mitti  folet»  ligneo  quidem  »  fed  tartareo  mitti, 
tur  inflr amento  »  quod  ab  Archimede  inventum  quidam  putant  et  tempore  »  quo 
Marcellus  Syracufas  obfidebat . 

4  Molto  più  perfette  fono  quelle  »  che  s*  ulano  a’  noRri  tempi  ;  le  quali  tanto 
fuperano  di  perfezzìone  le  prime,  che  può  dirli,  che  fiali  dei  tutto  riformato 
quello  Strumento.  £  l’accennò  Iacopo  Torelli  da  Fano  nell’ Enimma ,  che  ce 
nelafciò  iryquedivei  fi. 

Vulcanus  genuit,  fepertt  Natura,  Minerva 
Edocuit •,  Nutrix  Ars  fuit»  atque  Dies, 

Vis  mea  de  nihilo»  tria  dant  mihi  corpora  partum'» 

Sunt  Gnati  Strages ,  Ira»  Ruina  ,  Tragor, 

Dic»  hofpes»  quid  fimi  num  terra»  aut  bellua  ponti» 

K^ut  neutrum?  aut  quo  firn  fatta»  vel  orta  loco? 

5  Da  tutto  ciò  apparifce,chc  l’ invenzione  dell’ Archibugio  è  di  pochi  Secoli, 
e  perciò  lù  ignota  a  gli  Antichi.  Male  quelli  non  conobbero  1*  Archibugio,  c 
con  elfo  r  Artiglieria ,  hebbero  nulladimeno  equiualente  a  quella  una  Mac  bina 
fulminante, con  la  quale  (cagliavano  impetuoliflimamente  Salii  Imifurati  a  bea 

lunga  didanza.  Adoptòlfi  quella  da’ Romani  neiradediodi  Gierulalemmc  lucco 

Tito 


LÌMKQ  TERZO.  CAP.  }^lP.  245 

Tito,  come  fcrive  GiofcfFo,  e  n'heWxe  una  Caligola,  comerifenfcc  Dione. 
Ma  qucfta  è  fama,  che  fuffcd*aItro  artifizio,  che  quella  di Tito:  comeche'non 
folo  fulminaffe ,  ma  infieme  imitaffe  il  tuono .  E  forfi  fu  d i  quefta  forte  quella , 
che  il  Petratca  dice  effere.ftata  inventata  da  Archimede,  a  cui  per  certo  non  man¬ 
cava  ingegno  da  fuperare,  non  che  d’uguagliare  le  arti  di  Salmoneo. 

"■»  »1  «m  qui  nimbos  ,  &  non  imitubile  fulmen 
Mrct  é‘  cornipedum  curfus  fimulisrat  equorum. 

Anzi  apprclTo  i  Romani  rnedefimi  furono  in  ufo  di  verfe  Armi  da  fuoco  j  d’ al¬ 
cune  delle  quali  potrebbe  attribuirli  l' invenzione  ad  Archimede .  Erano  quelle 
ò  Faci  di  legni  refinofi  ;  ò  Maglioli  di  (parto  ,  invelliti  di  pece  ;  ò  Saette  di  Can¬ 
na  >piene  di  materia  *che,  ardendo,  non  poteva  ellinguerlì  con  altro,  che  con 
la  terra;  ò  Armi  in  alla,  con  fuochi  artifiziali  addattati  intorno  a’ioro  ferrile 
i^4/4r/V/^eappcllavanli,pcrche  getta vanfi dalle  Torri ,  che i?«/^diccvanl?;ò era¬ 
no  Triboli, &Vncini,  òHami  dì  ferro,  infocati,  i  quali  talvolta  lanciavanlì, 
acciò ,  dove  s’ allìgellero ,  v’  appiccalTero  il  fuoco , 

6  Ma  quelle  erano,  può  dirli.  Armi  da  fcherzo,  in  comparazione  delleAr- 
mi  da  fuoco  de*  nollri  tempi ,  e  madìme  delle  Artiglierie,  divifein  pìùdiXX. 
fpezie:  delle  quali  non  hà  la  milizia  Strumenti  più  violenti ,  e  dannofi.  Onde 
molti  hanno  creduto  più  toRo  diabolica,  che  humana ,  la  loro  invenzione .  Per 
lo  che  ne  cantò  TAriollo. 

oh  muledetto,  abominofo  ordigno  ^ 
che  fabricato  nel  Tartareo  fondo 
Tofii  per  man  di  Bel^bù  maligno  , 

£  Monlìgnor  Bonomi  noRro,  che  ne  porta  bellilfima  deferizzione  nella  fua 
Borromeide ,  le  chiama 

T ifphones  fava  inventum. 

Et  il  Cavalier  Teodoro 

Da  I'  Albi  io  già  non  credo 
Simil  contagio  ufei  ,  ma  da  le  cupe 
Foci  del  femfre  torbido  Acheronte. 

E  l’Abbate  Sarrini,come  altrove  citòlfi. 

Bellica  tormenta  h^c  atas  excivit  ab  Orco. 

£  prima  di  queRi  due  ne  (clamò  una  Mu(a  Imperiale . 

oh  di  horrore  mortai  ^  di  morte  horrenda 
Inventrice  fpietata.  Arte  guerriera  ^ 

Ben  temfrafli  in  Cocito  Arma  si  fiera  ^ 

Onde  fiera  non  pur  ^  ma  V  huom  s'  efiindua. 

Il  tuo  ferro  homicida  hebbe  già  loco. 

In  Plutonia  fucina^  e  or  dio  catene  y 
Per  vomiti  di  fiamme  oh.  come  avviene 
0/  Strumento  Infernal  Tartareoi  foco\ 

Nel  qual fenfo l’Eroica  Mufa del  P.  de  Buffiercs ,  nel  (uo  maggior  Poema,  ha* 
vendo  introdotto  il  forte  Scanderbeg  nel  famofo  Arfcnalc  di  Venezia,  dopo  ha- 
vcrglifatto  vedere,  che  ivi 

■  II—  Bombardarum  feries  lato  ore  minatuf  p. 

>  Terroremque  facit ^  file at  licet. 

£  perciò  inferitone . 

/  AfUa  ubi  tandem 

Fulmina  prerumpeuty  dirà  quàm  drage  loquitur  l 
nefoggiunge.  " 

X  $ 


Lib,  6.  de 
Bell,  lud, 
c>  7.  &  9. 


Firg.ltc,cit. 


lof.  Laur. 
Polymath. 

l.  IP *  p,  IO* 
GMceiardm. 
1. 1- 

Aloyf.Gret. 
in  erat.  fun. 
Io,  Th.  CoUt 
fiant»  .j 


Fur.C9.9ti 


D.  t.  Sor» 


Od.  35.22; 


'In  Ot.Pal. 
lad.Egtg».o 


Ciò.  Fine, 
imfcr.  Ca. 
falin,  p.  4, 

87*  88> 


Beaudtrk. 
t.  I.P.790! 


i 


14S 


M  y  s  E  0  C  0  S  P  !  A  N  0 


SM.t, 


gèli.  T$tf, 

MtUfh.p.h 


Nuper  id  inventum  Stygius  procuderat  hofiisy 
Tradiderateyue  homini;  genus  hinc  mortale  repertum 
Excolit  i  0"  f&vo  parat  inde  alimenta  furori. 

E  poco  dopo  in  vehendofì  contro  quefta  invenzione , e  chi  la  trovò  «  fà  che  fcla- 
mandoneilfuoEroe 

Fortium  i  ait,  pedis y  quis  te  furor  edidit  orbi>. 

Bujtrif^e  quis  invenit^  num  corpora  ferro 
Sternuntur  fat  multai  nifi  mors  excitet  ignes 
Tartareos,  tonitruque  •vocet,  fulntenque  Tonantis} 

Fatum  hominis  tantt  ejl ,  ut  coelo,  or  coque  petatur  i 

7  Non  mancano  però  difefe  a  quella  invenzione,  fe  fimilurala  dileibontà 
dall’ ufo, e  non  dall’ abufo  di  cali  Strumenti .  L’ufo  è  quello  della  giufla  guerra, 
ò  della  giuda difefa  ,ò  della  Caccia;  come  abufo  lì  è  il  valerfene  contro  il  prol> 
fimo  per  odio,  ò  per  vendetta  particolare.  Ne  furono  Paneginftì  Arrigo  Pu¬ 
teano,  e  1’ Abbate  D.  Secondo  Lancellotti:  quelli  fcrivendone  uno  sfogo  di 
mente  contro  quelli ,  che  foverchiamence  biaiimano  quella  iuvenzione:  quegli 
celebrandola  nell’Encomio,  che  ci  lafciò,  bellilTimo  dell’ Archibugio:  di  cui 
non  è  da  tacerli  quella  particella.  Attribuendum  ingeniof a,  ac  felici  noBri  tem¬ 
poris  induflria,  qubd  inventre  potuerit,  quo  facilius  viti  oriam  par  aremus  \  & 
hac  inventione  praUiturn ,  quod  pracedentia  facula  vicerimus ,  fubfecuturam 
pojleritatem  in  adnnrationem  rapturi  .  E  perche  fù  di  quelli,  a  notizia  de’ 
quali  non  pervenne  il  nome  dell’ Inventore  feguì  in  quelli  fcnlì.  ^ifquis 
es  ,  honores  tibi  decernendi  fuerunt ,  fatua  ponenda ,  qubd  in  orbem  primus 
induxeris  ufum  tonantis  infrumenti .  Auclor  es  ,  qubd  ingenio  pugnare  didice¬ 
rimus  .  AuFlor  es ,  qubd  ori  admoveamus  intrepido  ,  manu  traciemus  audaci , 
cu]us  fonum  fine  conflernatione  plerique  non  audiunt,  AuFior  es  ,  qubd  lovis 
officium  exercere  cepimus ,  Dolebunt  nepotes ,  qubd  inventum  ufurpabunt ,  in  Fa- 
Bis  inventorem  non  legent.  Nequaquam  fceleri  con\unFla  viFi oria,  qua  /do¬ 
po  parta,  ^c.  ScrilTero  parimente  di  quelli  Strumenti  bcllicoli  Eugenio  Gcn- 
ciiini,  Giovachino  Brechcel,  Nicolò  Tartaglia,  &  altri  in  profa,  e  Gio.  Ma¬ 
ria  Catanei  in  verli , i  quali  leggonli  apprello  Nicolò  Bcraldi  ne’ fuoi  Commen¬ 
tari]  ad  RuBicum  Politianii  e  delle  produzzioni  di  quella  invenzione  ferbail 
Mulco  le  feguenti. 

8  ARTIGLIERIA  antica,  la  cui  gran  Canna  di  bronzo  lì  disfa  in  vinti  pezzi 
per  maggior  facilità  di  condurla  ovunque  non  potelle  tirarli  intiera  :  e  fi  ricom¬ 
pone  dc’medelimi,  commcfliinlieme,  c  s’alficura  dalia  feparazione  violenta 
delie  parti  ne’ tiri,  con  tré  catene  di  ferro,  chel’armano,  fermate  con  robulle 
viti  delio  llelTo  metallo .  Fu  già  dc’Ouchi  di  Ferrara ,  e  pofcfa  della  nobilidima 
Famiglia  Bevilacqua  :  dalla  quale  la  riconofce  il  nollro  Sig.  Marchefe  Ferdinan¬ 
do  ,come  pregiatilfimo  dono  del  Sig.  Marchefe  Onofrio  Bevilacqua  . 

9  ARCHIBVGIO  Vogherò  *  con  la  canna  ottangolare,  rigata,  e  la  calla  in- 
tarliata divari! profili  d’avorio:  il  di  cui  pedale  fù  incavato  in  maniera,  che 
può  ferbarvili  dentro  la  munizione .  Dell’  energia  del  quale ,  oh  come  cade  in 
acconcio  il  dire  col  Melico  Battilla  I 

Vtfa  di  man  Germana  opra  guerriera. 

Se  di  ^Ifi  nitrofi  accende  il  fieno. 

Et  a  piombo  pennuto  allenta  il  freno. 

Fulmine  par  de  la  tonante  sfera. 

Svena  in  me^  al  fuggir  Partita  Fera, 

Benché  rapida  il  pie  /corni  il  baleno, 

E  dt 


1  UIIC  V.UI 

(^J 


247 


LIBRO  TERZO.  CJP.  AT/K 


E  di  fubita  morte  atro  veleno 
Porta  ne'  globi  a  ia  volante  fchiera , 

Erutta  il  tuono ,  e  partorifce  il  lampo  > 

Ea  d'  eBinti  Guerr.ier  ii  fml  fecondo  , 

E  di  vermiglio  humor  lajlrka  H  campo, 

Lofciat  0  Morte  f  la  Falce  y  inutil  pondo  ^ 

E  con  r  Ordigno ,  a  cui  non  giova  fcampo , 

Dal  Mondo  impara  a  fulminare  il  Mondo. 

Così  per  effere  da  Kota ,  può  d'effocancarfieol  Cavalier  Teodoro . 

FerociJJlmo  ordigno , 

che  a  bellico  pedon  premendo  il  dorfo , 

T r asformi  a  danno  altrui  /’  Huomo  in  deftriero . 

Hai  ne  /*  ufeio  ferrigno 

Maflin ,  eh'  orbo  di  zanne  aventa  il  merfo , 

J^anto  tacito  piìiy  tanto  piu  fiero  \ 
che  quel  nuniio  fèvero. 

Di  rabbia  eterna  j  fenza  mover  pafio  y 
Morde  mai  fempre ,  e  non  divora  un  f afilo. 

Di  Cerbero  piu  crudo. 

tn  cima  d'  una  Rota  egli  cadendo 

Par  t  eh'  al  fto  precipizio  h  abbia  fortuna  ; 

■Rota,  che  per  tfeudo 
D  ’  ignobil  petto .  a  la  viltà  fervendo , 

Divien  di  fuoco  rio  fiera  importuna: 

Rota  >  che  hor  chiara ,  hor  bruna 
Perche  nel  centro  fitto  I'  Inferno  afe  onde 
Tiene  a  I'  ufeio  un  Mafiin.  fiamme  a  le  fponde 
Orologio  di  Morte. 

che  I'  altrui  vita  fulmina  fonando  y 
Rende  il  concavo  ferro ,  in  cui  s  '  aggira; 
eh  '  emulo  de  la  Sorte , 

Va  con  rotante  drepito  fvegliando 
Di  Lachefì  il  furor ,  d'  Atropo  I'  irai 
JEerro ,  eh  '  ovunque  gira 

L'  aride  fauci  in  martiali  agoni.  ^ 

Vomita  lampi,  e  partorifce  tuoni. 

Di  Tartareo  Monarca. 

Scettro  guerrieri  vor  agino  fa  tomba, 
eh'  eBtnto  accoglie  in  fen  foco  tonante', 

Softegno  de  la  Parca. 

Di  Stigio  Araldo  incendiaria  tromba. 

Del  trifauce  MaBin  gola  fumante'. 

Organo  fulminante . 

In  cui  talor  su  pkciol'  orbe  affa 
Celbjfi  a  danno  altrui  Morte  improvifa. 
Manontralafciamociò,chc  nedeteò  la  gentil  Mula  del  Signor  Ciovambattifta 
BencdelliBoIognele,  uno  de’ Signori  Segretarii  di  queft’Illùftriffimo  Senato, 
Soggetto  di  talenti  ammirabili  ;  il  quale ,  vifitaco  il  Mufeo ,  offervatavi  quell* 
Arme,  la  dcfcriffecon  quefto  leggiadroSonetto . 


Od.js.tz. 


V 


Vrna 


248  M  y  S  E  0  COSPIAUO 


VRfta  quejla  è  di  ferro  in  cui  fovente 
Citta  le  palle  fue  barbara  forte. 

Ove  fpeffo  di  cenere  potente 
In  anguUo  covil  dorme  la  Morte, 

Ma  non  fcocca  sì  toflo  il  Cane  ardente 
Su  ' l  limitar  de  le  ferrate  porte, 
eh  '  a  un  tratto  fi  rifveglia ,  e  di  repente 
Fugge  il  Reo ,  trema  il  Vii,  paventa  il  Forte, 

Forfi y  che  l  ’  Huom  per  farfi  emulo  a  Dio  . 

^uefto  ordigno  trovo,  che  di  fotterra  ^ 

Da  I  ’  Armeria  di  Radamanto  ttfeto . 

Poiché  fie  Dio ,  eh'  e  Dio ,  lo  Ciel ,  la  T  erra 
Con  tre  dita  fofiien-,  I'  Huomo ,  eh' e  rio, 

Z)’  un  dito  al  cenno  un  picciel  Mondo  atterra, 

IO  ARCHIBVGIO,  confua  Piaftra  da  Rota  in  una  Scimitarra,  eh’ è  la  men» 
(ovata  nel  Gap.  XI.  al  num.  8.  Serbali  nel  (uo  fodero. 

1 1  Altro  ARCHIBVGIO,  con  fua  Piaftra  da  Rota  in  una  Spada,  ch’èia 
raccordata  nel  luogo  fudetro  al  num.p. 

12  ARCHIBVGIETTO,  ò,  come  dice  il  volgo,  PISTOLLA,  con  fua^ 
Piaftra  da  Rota  ,inun  Pugnale  da  parata,  compagno  della  Spada  fudetta,  e  pa¬ 
rimente  rammentato  nel  Capitolo  fudetto  al  num.  i  o.  Non  è  lenza  il  fuo  fode¬ 
ro.  Di  quefta  forte  d’ Armi  bianche ,  ma  inficme  da  fuoco ,  mi  fov viene  trovar- 
feneunaneir  Armeria  (egreta  di  Venezia,  e  ferbart/ifi  per  cofararifsima,  feri- 
vendone  l’Abbate  Lancellotti .  Nell'  Armeria  fegreta  di  Venezia  tra  le  Arme, 
'Hoggiài  P,  pTtffo  che  innumerabili ,  che  vi  fono  ,  confervafi  fra  le  altre  cofe  maravigliofe  un 
di.  p. 27Z.  Coltello  di grandeT^a  quafi  ordinaria:  nella  fchiena  ,  o  cofia  del  quale  vi  e  un 
Archibugietto ,  b  ,  come  dicono,  Pifiolla  ;  il  quale  fu  trovato  ad  una  Donna  Te* 
defea  ,  che  venne  in  Italia  per  ammazzare  un  fuo  nimico.  Oltre  di  che  egli 
foggiungc  quegli  edere  altr'  ingegno,  che  quello,  che  vedefi  in  quegli  archet¬ 
ti  piccoli  fimi ,  con  uno  de'  quali  un  Signor  Car  rarefo  ,  fi  andò  a  tavola  ,  trafiffe 
un  Cardinale . 


V.  Benatn, 
l,  6, 


1 3  PISTOLLA ,  lavorata  nel  manico  d’ un’  Accetta ,  la  quale  fù  di  Cofìmo 
Medici. 

14  PIASTRA  d’Archibugiocondue  Rote,  etuttiifuoi  fornimenti,  difìn- 
golare  artifizio , fatta  per  fervire  ad  una  Canna  di  tiro  doppio ,  fe  non  più  tofto 
ad  ufr  Archibugio  di  due  Canne . 

1 5  PIASTRA  d’ Archibugio ,  lavorata  in  forma  di  cada ,  con  una  Rota  fola, 
di  più ,  che  ordinaria  grandezza  :  la  quale  infieme  può  fervir  di  focile . 

16  ROTA  per  accendere  il  fuoco  in  vece  d'acciarino. 

17  CHIAVE  da  Rota  d' ottone  gentilifsimamente figurata. 

iS  CHIAVE  d’ Archibugio,  antica,  nel  cui  manico,  che  vis’ aggiufta  per 
mezo  di  lunga ,  e  groffa  vite  di  ferro,  v’  è  inferita  d’ avorio , capace  conferva  da 
munizione .  S’ apre  mediante  una  ingegnofa  fufta  di  ferro , 

1 9  C  ANE  da  Mofehetto,  che  figura  un  Drago;  &  è  de’  primi,  che  fi  ufaffero . 

20  RAZZIERÀ  di  legno ,  armata  .  Così  chiamo  col  volgo  uno  Strumento 
da  tirar  raggi ,  c  girandole  d  i  fuoco ,  che  qui  fi  ferba;  e  potrebbe  fervire  a  vibrar 
le  Saette  di  canna  gravide  di  fuochi  artifiziali ,  ufate  da  gli  antichi ,  come  altro¬ 
ve  fi  dille. 

21  FIASCA  antica  da  Munizione,  compagna  dell’Archibugio  Vngh^ro 
fopramentovata. 


92  Due 


i  in  n  o  f  ù.  tAK  jiììK  914» 

2 a  Due  FIASCHE  da  polvere, d’avorio,  antiche, 

33  BORSA,  e  FIASCA  da  polvere,  di  cuojo,  ahticbe; 

24  FIASCA  da  poi  vere,  cavata  d’ una  Noce  d’india,  mentovata  anco  tra* 

Vafi  di  legno. 

25  FIASCA  damunizione,  d’ottone,  di belliflimolavoro, antica, difigu^ 

ra meaa tonda, e meza  quadra.  : 

%6  Cinque  CARICATORI  di  canna,  delcritci  tra’  Vali  di  legno  al  GapJ 
XX  VI.  di  quefto  Libro ,  num.  24. 

27  Mà  molto  più  copiofo  farebbe  il  numero  delle  Armida  fuoco,  e  d’altra 
forte,delMu{eo,{eilSig.Marchefefìrifolvefre  d’ aggiungerci  quelle,  che  or^ 
nano  più  d*  una  parete  del  fuo  Palazzo  s  e  particolarmente  quelle 
Barbariche  Armatore,  e  Urani  Arnefi, 

Che  lerbanfi  nell’  andito  vicino  alia  Galeria  :  i  cui  muri ,  come  iniìmilc  occafiò^’ 
ne  cantò  il  noftro  Crott  i . 

Ojlentant  teretes  ^aieas^  Uveffae  pharetras  l 

Oltre  che  da  effì  5 

Pendent  informes  pelta  undique  y  d"  undique  curvi 
Vmbonts ,  ujlique  /udes ,  ftriclaque  fecures  , 

TinSiuSy  &  hoflili  de  vulnere  Martius  enfis , 

Se  bene  a  chi  vifìta  il  Mufeo  con  genio  bellicofo  non  manca  lungo  trattenimento 
nella  proflìma  Armeria  del  Senato,  copiofiflìmad’ Armi  d’ ogni  forte,  che  vi  fi  Bufsitrl 
lerbano,  dirò  col  de  Bullìeres,  ad  Civium  animos^  cum  id  popofeer it  publicae  Dtfcrtpt. 
Militas /uffinendos .  > 

Armorum  hic  genus  omne  nitet  yfpiffb  ordine  fulgent 
Parietibus  y  menfafq\  onerante  greffumq,  morantur 
Lethiferi  pendent  arcus,  celer efque  fagitta. 

Corytique  leves,  lucentia  /picula  ferro, 

HaHaque,  &  longa  corno  crifpante  fariffa, 

P.t  \acuta,  0"  telum,  libitina  quod  eminus  infert  ', 
i^ppenfa  rutilant  galea,  crik^que  comantes t 
Scuta  interfulgent ,  clypeique  umbofte  minaces, 

Thoracefque  graves  ferro ,  mucronibus  enfes 
Terrifici,  chalybifque  acies  falcata  recurvi, 

Come,  a  chi  hàgufto  di  vedere  Armi  maggiori  li  loddisfà col mollrarli  l’Arti¬ 
glieria  della  Città  nell’  Armeria  da  baffo  j  della  quale  può  dirficol  nofiro  Crocti 
K^t  Martem,  é"  duri  Martis  crudelia  tela 
Telìudo  ienet  inferior . 

E  con  Arrigo  Ranzo  vio  >  ò  con  chi  per  effo  fece  l’ ifcrizzione  dell*  Armeria  della  - 

Rocca  di  Brcdemberga ,  da  effo  fabbricata .  ypttypeftt 

Longa  domus  Beili  capit  ìnHrumknta  cruenti 
Bum  bona  tranquilla  tempora  Pacis  eunt. 

Grandia  Jiant  illic  uteris  tormenta  cavatis, 

Bt  nunc ,  ceu  placido  prejfa  fopore  ,  tacent , 

X,Alt  fubeant  hoftes  ,  mox  longa  flentia  rumpent , 

Bt  piceas  flammas  ore ,  pilafque  voment, 
sidera  pulfahit  domus  alta,  remugiet  ather , 

Et  gemitus  tellus,  mota  fragore,  dabit, 

Sutphureoque  globos  procul  e\aculata  cavernis 
T urbine ,  profiernent  obvia  quaque  folo . 


Lugi. 
Jdtm  SeaUm^ 
derb.t.  i, 
f- 


Urttum,&e. 

Hcnrtct 

H,anz.ovu,i 

Petro  Ltn- 

debergto 

etnfcrtfta 

gag.  IV, 


M  y  S  E  0  €  0  S  P  l  A  N  0 


tfo 


Di  varie  Speglie  Militari ^  é'  altre  Cofe  tolte  a'  Turchi  nella  prefa 
di  Clifa  t  e  neW  '  affkdio  di  Zomonicco  del  1 647. 

Cap.  XV. 

t 

V  Ltre  molte  delle  armi  fopra  mentovate ,  alcune  delle  quali  fono  figurate 

nella  Tavola  feguente ,  furono  dal  S  g.  Colonnello  Carlo  Cignani  tol¬ 
te  a’ Turchi  nella  prefa  di  ClilTa»  e  neirartedio  di  Zomonicco, che  fucccffe  nel 
1 647.  drverfe  altre  Spoglie  Militari,  &  altre  cofe,  dalla  generofità  del  medefimo 
donate  al  Mufeo  :  le  quali  per  effere  reliquie  di  guerra ,  e  di  guerra  facra ,  come 
contro  il  commun  Nemico  della  Catoiica  Religione,  confervanfì  in  una  Scaffa 
particolare  del  Mufeo,  e  meritano  che  fe  ne  porti  il  Catalogo  inqueflo  luogo, 
coronandone  con  effo  la  defcrizzione,  qualunque  fìafì ,  delle  Armi  fin  qui  ofier- 
yate  in  quefto  Rcceffo  delle  Mufe . 

t  D’ alcune  delle  Spoglie  fudetce  ne  fu  formato,  come  un  Trofeo,  chequi 
difegnato  fi  vede;  e  contiene 


LIBRO  t  B  R  Z  0.  ^AP, 

3  I,  La  CIMA  della  Cupola  della  Mofchea  di  Cliffa,  compofta  di  varie 
commiffure,e|lobi ,  matattadirarae  jcooefprcffoyidentrpa  earatteri  grandi 
Turchelchi  il  nome  Maometro , 

4  ARCO  d’acciajo,  appefoneltnuro,aItraverfodelladilei  fommicà. 

5  II,  ZAGAGLIA  delPAlibceco di Zomonicco, raccordata djlopratràlj? 

Armi  da  punta,  nel  Cap.  X.  alnum,  1 6,  , 

III,  Lancia  del  medeiimo,  mentovata  nello  iteijfoluPgoal  num,  tf. 

7  IV,  IV.  Due  Ficchi  j  uno  col  manico  d’argento,  r  altro  di  legno,  de’ <jua» 
li  s’ è  fatto  menzione  immediatamente  dopo  le  Cla ve^ 

Tre  Scimitarre . 

Due  Manarini ,  co*  manichi  forniti  d’  argentoi 

Vn  Paloffo, 

8  V,  V.  Due  Cappelletti  teflfuti  d’oro,  folitia  portarli in.tcfta dalle  $pofe 
Turche,  Corrilpondono  a  quelle  Turrite  Corone,  che  portavanfi  in  capo  dalle 
Spole  Romane  quando  fioriva  l’Imperio  ;  dellequali  fece  menzioncLucano, 
ove  d’ una  Spola  favellando ,  cantò 

Ttfrr itaque  frement  frontem  rnatron^  Corpm, 

Le  raccorda  anco  Stazio ,  che  le  chiama  Suggefla  comie,  ove  di  V iolantella  fà  dire 
a  Venere 

■■  eelfa  proeul  office  frontis  honores  ^ 

Suggefiumque  corno , 

9  VI,  VI.  QuattroPiattidifame,deIcrittitra’ Vali  di  metallo! 

10  Deir  altre  Spoglie,  ò  fia  delle  cole  nella  Tavola  Indetta  non  figurate! 
recò  il  medefimo  Sig,  Cignani 

n  Vna  Bandiera  acquiftata  nell' aflfedio  di  Zomonicco, 

1 2  VnaCiavarina, di  cui  tràle  Clave  fi  favellò , 

ij  Due  Archi  da  tirar  Freecie,,  Se  un 

14  Carcaffo con  Freccici  de’ quali  nel  Capitolo  proprio!  i 

15  Rota  da  Schioppo  bizzarra»  e 

16  Fiafca  da  Munizione  antica;  delle  quali  fifecemenztone  nei  Capitolo 
precedente. 

17  Quattro  Triboli  per  offenderei  piedi  accavalli, 

18  Turbante  da  Sacerdote  Turco  ,  ,  • 

19  CORONA  groffa  di  trenta  bottoni  uguali  di,,,,*;  VfanodiquefteCo^ 

ronei  Turchi  non  tanto  per  recitarvi  fopra  alcune  loro  orazion  i ,  e  particolar¬ 
mente  gli  Attributi  divini,  come  notò  il  P, Giu.fiinianoda  Movi  Cappuccino 
Francele,  Miffionario  in  Oriente ,  nel  fuo  Specchio  della  Turchia  ,teftc  puibbli»* 
cato  dal  Sig.  Gio.Cinelli,  Medico  di  Firenze;  quanto  per  oftenrazsone.di  laq- 
tità,  portandole  lempre  in  mano  per  le  pubbliche  ftrade,  Così  ripo.crjfia  loro 
cercad’imitare la  vera  Pietà  Criftiana, .  ,  . 

20  Due  Rotoli  di  Carta  Pergamena,  ove  fono  delcritte  in  Arabico  diy.^rlp 
orazioni  de’ Turchi, e  particolarmente  Salmi  ce  nomi  d* alcuni  Profeti, 

at  Tré  Decreti  firmati  dal  gran  Signore, 

22  Va  Decreto  firmato  dalprimo  Vifir  ,  ■ 

23  Vna  Carta  con  varie  Armi  ,  &c,  1  ^  ^  ^  ^  ^  m 

•  :  ■  .  .  ■  '  ‘  ■  1'  '  'i  , 

ìfalcu- 


Z».  I.  Siìv, 
a,  v*ui. 


Tart,ì,*yt* 

W,  e.  15, 


Zio/ 

f'I  $1  f'ormio 
f.syé. 

Ovvìm.  l.  tl 
*e.  17®. 


M  ys  E  0 


€  0  S  P  I 


N  0 


D*  alcuni  Strumenti  di  fèrro  di  figura  ^  ò  à*  ufo  fin  gelar  e\ 

Cap.  XVI, 

?  Il  Lcuni  altri  Strumenti  di  ferro  conferva  il  Mufeo  ;  ò  per  l’ antichità  loro  ; 

ò  per  la  ftravaganza  della  figura,©  deir  ufo,  mcrite  voli  d’ effere  offcr- 
vati.  A*  quali  ftà  bene  il  dare  un’occhiatadopo  le  Armi,  e  le  Spoglie  Militari, 
potendo  per  la  maggior  parte  fervire  anch’eflì  nellaguena.  Sono  quelli 
a  Due  MANI  diferro,  compagne,con  molle  da  tener  f aldo  ciò,  che  con 
effe  fi  prende. 

3  PALLE  di  ferro,  antiche,  credute  di  quelle  de’ Celli.  Erano  quelli  una 
forte  di  Clava ,  dalla  fommità  della  quale ,  mediante  alcune  lille  di  cuojo  bovi* 
no,  pendevano  alcune  Palle,  òdi  ferro,  come  quelle,  ò  di  piombo.  E  con  tal 
forte  d’ Armi  riferifee  il  Poeta,  che  combatteflcro  Darete ,  &  Entello . 

4  VITE  doppia  di  ferro ,  con  d ue  Roftri ,  per  isforzare ,  e  rompere  i  più  forti 
cancelli ,  &  altri  fimili  impedimenti  di  ferro . 

5  TAGLIA  di  ferro,  per  commodità  di  calarli  da  qualche  altezza,  a  per* 
pendicòlo . 

6  TASCHETTO  diferro,  mentovato  nellTndice  del  Mufeo, già  llampato, 
con  la  Mafchera  pur  di  ferro  ivi  chiamata  Mormolichio  sidereo . 

7  Qu_indici  SPRONI  antichi diverfij  alcuni  de’quali  hanno  la  llella così 
grande,  elproporzionata ,  e  di  coda  cosi  lunga,  che  non  poteva  effere  fenon 
d'impaccio  l’ ufarli .  E  tali  oujladimeno  adopravanfi  da  gli  antichi ,  come  fi  ve¬ 
de  nelle  Statue Equellri di  molti  Secoli.  Onde Olao Magno,  parlando  dt’fuoi 
Paefi Settentrionali ,  dice,  &  ilU  'vetulia  atas  inufitata  magnitudine 
in  calcaribus  oblongis  ^  atque  radiorum  amplitudine  latis,  E  per  avventura  di 
quella  lorte  erano  gli  Sproni  ufati  da  quelTrafonc,di  cui  fcherzando  cantò  il 
Marziale  Cambrobriranno  . 

Cur  immenfa  gerat  miles  calcaria  Thrafè 
^uarilur :  immenfum  Gloria  falcar  habet, 

8  Ventiquattro  STAFFE  antiche,  di  varie  figure,  e  grandezze,  c  per  lo 
più  larghilfime.  Antiche  dilli,  fol  quanto  però  può  affermarli  de’ primi  arnefi 
d’  una  invenzione  di  pochi  Secoli,  com’è  quella  delle  Staffe.  Poiché  que. 
ile  non  s’ufavano  anticamente .  Che  però  non  è  maraviglia , che  non  habbiano 
il  loro  nome  Latino .  E  che  non  s’ ufaffero ,  fi  tiene  per  certo ,  non  trovandofenc 
memoria  alcuna,  e  non  apparendone  velligio  nelle  Statue  Equellri  antiche  .Trà 
le  quali  ecccllentiffima  viene  llimata  quella  di  Marc’  Aurelio  nel  Campidoglio, 
tutto  che  fenza  Staffe.  Ad  imitazione  della  quale  furono  fatte  pur  lenza  Staffe 
le  Statue  di  bronzo  d’Aleffandro,  e  di  Ranuccio  Farnefi,  che  fi  vedono  in  Pia¬ 
cenza  .  Più  conformi  però  all’  ufanza  de’  tempi  de*  Principi  a  quali  furonofufe, 
giudicavanfi  quelle  Statue ,  fe  v’erano  efprelfi  quelli  Strumenti,  come  in  quelle 
de'  Granduchi  di  Tolcana  Colmo ,  e  Ferdinando ,  erette  loro  in  Fiorenza . 

p  STAFFA  di  larghezza  llraordinaria ,  memorabile  non  tanto  per  haver 
fervito  ad  Amurattelmperadorde’Turchi,  quanto  per  cffergli  fiata  ftrumento 
di  morte,  communicandogli  il  veleno,  dieui  era  infetta,  come  apparifee  dall’ 
ilcrizzione  di  carattere  antico ,  che  fi  vede  pender  da  effa,  e  dice  Staffa  con  la  qua^ 
le  fu  avvelenato  Amurat  li,  Imperador  de'  Turchi ,  1480.  Il  che  però  non  sò 
perluadermi  come  fia  accaduto,  potendo  in  quello  calo  dire  con  i’accuratilTìmo 
offervatore  delle  Cole  Naturali  Francefeo  Redi  nella  lettera  fopra  le  oppofizio- 
ni  fatte  ajle  fue  Ofiervazioni  intorno  alle  Vipere,  fcritta  alli  Signori  Alcffandro 

Moro , 


L  i  B  B,  0  TERZO.  CAP.  Xyi  253 

Moro,  &  Abbate BourdcIotjSig. di  Condè,ediS. Leger.  De' veleni ^che col fo~ 
lo  i  e  momentaneo  toccamento  ,  0  con  la  vicinanza  privino  di  vita  ,  io  non  ne  h» 
mai  veduti  i  quantunque  fi  racconti,  che  alle  volte  Jìeno  (late  avvelenate .  con  ef¬ 
fetti  mortiferi,  le  Staffe  .  le  selle  de'  Cavalli,  e  le  Seriole  da  federe,  1,0  lafcio 
credere  a  chi  lo  vuole  .  che  quanto  a  me  non  me  ne  fento . 

10  Serie  FRENI,  ò  MORSI  da  Cavallo,  antichi,  di  varie  forme ,  lenza  le 
altre  parti  integrali  della  Briglia,  le  quali  anticamente  non  li  ufavano,  come  fi 
deduce  dalla  fopramentovata  Statua  di  Marc’ Aurelio,  nel  di  cui  Cavallo  non 
furono efpreile.  DalcheargomentailLancellotci,  chegli  antichi  cavalcaffero  /j^sgidi P. 
alla  difdoffa  fenza  briglia .  Vfavano  però  i  Freni ,  quali  reggevano  con  uno  fpa-  Jt, 

go  lottile .  Per  lo  che  il  Bolognctti ,  leggiadro  Poeta ,  e  Senator  Bolognele ,  nel 
ino  maggior  Poema ,  cantò 

Fuorché  la  Sella,  ignudo  ogni  deflrìero  Collante 

Vedeafì .  e  regge  a  il  freno  un  fottìi  fpago .  68. 

11  FRENO  dellaLafcivia  lochiamo  un  CINTO  di  ferro ,  che  qui  fi  vede, 
fabbricato  per  afilìcurare  della  Cafticà  corporale  della  Moglie  un  Marito  gelofo . 

Egli  è  formato  di  tré  mezi  circoli  commeifi  in  maniera ,  che  due  fervono  per  cin¬ 
gere  a  traverfo ,  J’ altro  trà  le  cpfeie ,  fermato  a’  primi  con  due  propagini ,  che 
lotto  il  perineo  s’unifcono:  donde  fale  a  dilatai  fi  in  una  cataratta  romboide 
fopra  la  parte  fofpetta ,  e  quindi  fi  rifiringe,  e  giunge  ad  inferirfi  fopra  l’ ombili- 
co  alle  due  eftremità  anteriori  de  gli  altri  ,dove(  potendo  alzarli ,  &abbafrarfì, 
come  quegli  ftringerfi ,  &  allargarfi  a  proporzione  de’  corpi  da  cingere  )  fi  ferma 
col  fuo  Lucchetto,  e  Chiave  ftravagantilfima  .  Invenzione  ,  che  oliando  a 
gl’impeti  di  furtiva  libidine ,  fenza  impedire  l’ ufeita  de  gli  eferementi  naturali , 
rielce  affai  più  tolerabile  di  quella  delle  Mutande  a  quello  tnedefimo  fine  inven¬ 
tate  nella  Falftria,  e  deferitte  dal  Vormio:  le  quali  ferravanfi  a  chiave  fopra  un 
fiancoi&cranocosìfaftidiofe,chelamiferadonna,  che  dalMarito  inventore 
d’effe  fù  coftretta  a  cucirfele  jC  vcftirie ,  non  poteva  fcaricarfiil  ventre ,  fe  ogni 
volta  dal  Marito  non  otteneva  la  chiave:  nec  natura  fatisfacere  .  nec  urinam 
reddere,  nifi  impetrata  a  Marito  clave  .potuerit  :  dice  lo  Storico.  Ma  quelle  ^ro^e  fin. 
diligenze,  fecuftodifeono  la caflità  del  corpo,  nulla  giovano  adifefadi  quella 

della  mente ,  non  loggetta  a  tali  legami .  Sia  pur’  ella  cafta ,  e  fia  retta  la  volontà, 
che  ogni  diligenza  di  quella  forte  èloverchia.  S’ella  ama  le  corrutcle,  non 
ponno  prcfervarnela  vincoli  materiali .  Che  però  di^uefto  Cinto  fù  chi  cantò  , 

Vt  fit  mancipium  geminatis  foemina  nodis 
Invidus  hac  veneris  cingula  fecit  honor. 

Blandula  fmplicitas  hominis  quid  gaudia  differs  ^  H 
Hac  mihi  difficilis  plus  fapit  arte  locus . 

Stare  loco  nefeit ,  laqueos  refoluta  pudoris. 

lAc  ruit  in  vetitum  foemina  prava  nefas, 

^uod  cum  myfterio  finuofis  flexibus  haret.  * 

Aurea  tempeftas  diflociabit  opus , 

^uid  non  libertas  muliebri  mente  revolvit^ 

Ridet  i»  has  artes  ingeniofus  Amor , 

Non  dabitis  murum  federi-,  lafciva  voluntas 
Mentis  inaecejfa  Ubera  frena  domat, 

12  Nonhebbel’ Antichità  notizia  di  quetta  forte  di  Cinto  da  Donna.  Co¬ 
nobbe  bensi,cvidde  praticarli  da  qualche  huomo  nel  proprio  corpo  altri  ftru- 
ftìenti  di  ferro,  ò  d’altro  metallo  co!  fine  medefimo.  Erano  quelli,  Fibbiéalfe 

parE  v?fgognofe;  e,  come  nota  Cello,  ufavanfi  da  Comic-i,  da  Cantori,  eda  z.  7.  e.  25. 

Y  altri 


X54  Mf^SB9  C0SPÌJ  NO 

altri,  per  vìvere  continenti,  e confetvarfi con  la  voce  la  fanità ,  AI  che  allude 

Marziale  in  queirEpigramma. 

MenophiU  fenem  tan%  grandis  fìbula  ’veftit» 
ìà>T.tt.%ù  Comoedis  omnibus  una  fatts. 

'  ,  jiunc  ego  credideram  (nam  fape  lavamus  in  uno) 

Solicitum  'voci  f  arcere  t  Flacce,  fua  . 

Dum  ludit  media  >  f  opulo  f peci  ante ,  palafirà , 

Delapfa  eU  mifero  Fibula,  Verpus  erat. 

Nel  qual  luogo  il  Farnabio  nota  eruditamente,  che  duo  harum  fibularum  erant 
genera  ;  vel  indumentum  ,  quo  comprimebantur  fimul ,  ^  tegebantur  inguina  : 
vel  filum  aneum,  argenteumve ,  praputio  trd]eFlum.  Et  it  meUefimo  nelle  note 
all’Epigramma42.del  Lib.  7.  dello  ftelTo  Poeta  (dove  però  egli  non  parla  di 
quefte  fibbie ,  ma  di  quelle  d’ oro ,  ch’erano  fegnale  di  Nobiltà  ne’ Cavalieri ,  c 
'MarUl.Ca  tribuni, aggiuftate  nelle  Trabce , e  nelle  Clamidi)  le  chiama  aììrigmenta, 
^at.var,  ^  tujlodias  pudoris ,  Poco  però  penfo,  che  allìcuraffero  la  continenza,  s’era- 
ohftrv.  l.  2.  no  amovibili  a  piacere  della  volontà  depravata ,  Onde  Marziale 

Die  mihi  fimpUciter,  Comoedis,  ac  Citharoedis 
Fibula  quid  pr aliati  carius  ut  ■  1  m  ww 

cGiuvenalc, 

Solvitur  bis  magno  Comoedi  fibula,  &c, 

Vfano  poco  dilfimih  Strumenti,  anco  a  noftri  tempi  iDervigi  Romiti  de’ Tur¬ 
chi;  i  quali  vivono  vita  più  da  befiia,  che  da  huomo,  e  come  notò  d’ellìGio. 
Battifta  Montalbani  nel  Commentario, che  ci  lafciòdc’coftumi  de’Turchi,^e« 
De  Merib.  tantummodo  tegunt ,  catera  ,  &  ipf amet  etiam  pudenda  nudi-,  penis  pram 
T  re.  putium  annulo  ferreo  in  fignurn  c aditatis  perforatum  geìiant. 
li  LVCHETTO  Turchelco. 

14  TRAPPOLA  di  ferro  antica  per  prender  fiere.  Ella  tiene  figura  diBa- 
lefira ,  ma  ha  lolo  mezo  l’ Arco  :  alla  di  cui  corda  è  commciro  un  lungo  bidente 
di  ferro  con  le  punte  adunche  ,il  quale  ripiegandoli  su  l’ alle,  ò  cada  dell’arco , 
^  fi  rende;  Polla  Telca  in  una  punta  acutiifima,  eh’ è  a  piè  dell’Arco,  appena  lì 
tocca ,  che  il  bidente  fcoeca ,  e  cadendo  fopra  la  punta,  in  cui  è  fitta  Telca,  vi  fà 
rimaner  prcla ,  c  trafitta  la  fiera . 

De  gli  Strumenti  Nautici, 

Cap.  XVII. 

I  Hi  non  è  affatto  digiuno  delle  Sacre  Iftorie  non  ignora  quanto  alta  fia 
l’origine  della  Nautica:  Icorgendovifi ,  eh’ ella  fù  moilrata  da  Dio 
nell’  uio  della  grand’  Arcafabbricata  da  Noè  d’ ordine,  c  col  dileguo  prclcntto- 
gli  da  Sua  D  vioa  Maeftà,  per  conlervazione  della  Ipezic  humana,  c  de  gli  altri 
animali  nell*  uuiverlale  Diluvio.  Ma  iGentili,  che  non  aprirono  1  lumia  luce 
sì  bella ,  ne  lognarono  Inventori  diverfi ,  che  ne  furono  lolamente  Propagatori . 
Filoftcfano  la  dille  inventata  da  Gulone,  Egefia  da  Partalo,  Ctefia  da  Samira, 
Stefano  da  Semiramide,  Archimaco  da  Egcone,e  taluno  da  Tini,  come  Tibullo, 
che  Icrillc  Prima  ratem  ventis  credere  docla  Tyros. 

Nè  mancarono  di  quelli,  che  ne  diedero  la  gloria  a  Dedalo,  Inventore  folamcn- 
tc  delle  Vele,  interpretando  di  ciò  quell’ hemiltichio  del  Poeta, 

•  »■■■■■  ■  ■  gelidas  enavit  ad  ArUos , 

A  quali  fottoferivendo  Gilberto  Ducherio  Poeta  Ftanccle ,  ci  lalciò  quelli  veri» 
fopra  i'invcnzion  della  Nave ,  indtizzaci  ad  un  tal  P.  Mano . 


Autor 


l  l  ^  R  0  TERZO.  CAP.  XVIU  15$ 

Autor  pf'^fetihuì  mi  hi  non  eB  Dadalus  alisi 
Nam  pennas  homini  fingere,  ridiculum  eB , 

,  Navigii  potius  rationem  invenit,  ér  artem: 

..  e^«<?  .Labyrintheis  fugerit  e  finibus. 

Hoc  tta  Vergilius,  Gelidas  enavit  ad  ArHos, 

Ingenii  mira  dexteritate  docet. 

Grande,  Mari,  inventum •.  nifi  patre  audacior  itife 
Vilius  Icariis  obrutus  efiet  aquis. 

%  A  noi  bafta  d’ammetter  coltoro  per  Inventori,  non  della  prima  Nave ,  & 
in  con/eguenza  della  Nautica ,  ma  lolo d’alcuna  delle  molte,  e  diverfiffime  lpe« 
zie  de’ Legni  Maritimi ,  e  Fluviatili ,  anticamente  ufate,  e  forfi  non  in  minor  nu¬ 
mero  di  quelle,  che  hoggidì  fono  in  ufo:  delle  quali  fe  ne  leggono  lunghi  Ca- 
caloghi  apprcffogli  Scrittoridìqucft’ Arte, come  LazaroBaifia,  Gregorio  Gi- 
raldijBartolomeoCrefcenzio, (Scaltri, che  ponno vederli.  Delle  cole  ad  tifa 
fpcttanti  lerba  quelle  il  Mufeo  . 

3  CARTA  DA  NAVIGARE,  tra  le  moderne  antica, elfendo fatta  CXX. 
annifà.  Sono  in  elfaminutamcnte  deferirti  i  Mari,  e  Lìdi  loro,  co' Porti,  e  le 
principali  Città  del  Mondo ,  e  dilegnate  le  imagini  di  molti  Principi ,  e  Monar¬ 
chi.  Il  tutto  è  gentilmente  miniato  in  carta  Pergamena,  con  le  partitioni  de* 
Climi ,  e  de’ Venti.  Di  chi  ella  fulfe,  oda  chi  fatta,  lo  manifella  l’ifcrizz+one 
barbara  di  Uh  Ma  jorchino,  che  dice, (le  non  deve  leggerli  Sancì)  Pana 
des  Mallorqui  in  Pa/lermo  anny  1555.  La  qual  forte  di  Strumento  non  lu  igno¬ 
ta  d  gli  antichi ,  facendo  menzione  Tolomeo  delle  Carte  Geografiche ,  e  Mariti¬ 
me  divife  in  venti,  ufate  affai  prima  di  lui.  Perche  in  tempo  d’ Eolo  Rè  di  Sici¬ 
lia  ulavafi  l’Orizonte  delle  Provincie, e  le  Tavole  divife  in  quattro  Venti;  ne* 
giorni  di  T/elle  ,  in  otto  ;  quando  fiorivano  le  Scuole  d’ Atene,  in  dodici . 

4  Altra  CARTA  NAVTICA  ,  d’alcunianni,menoanticadella  preceden¬ 
te, elimilmente  miniata, macon  minor  garbo.  Sonovi  parimente  deferirti  co’ 
Man ,  e  Lidi , e  Porti  loro,  1  liti  delle  principali  Citta  del  Mondo  ;  &  effigiati  al¬ 
cuni  P.  ucipi ,  e  Monarchi .  Operadichi  vi  Icrifle:  Hoc  opus  fecit  lulius  C afa- 
ris  PetrucH  Civit  Senar,  in  Civitate  Pifar.  anno  Domtni  MDLXXI. 

5  BOSSOLAda  NAVlGARE,0,comelachiamanogliOccidentaIi,  Ago- 
glia,  Strumento  nobiliflìmo ,  &  il  più  neceffario  a’ Piloti  dopo  la  Carta  :  conte¬ 
nendo  in  compendio  l’ Orizonte  con  le  fue  divifioni,  e  la  Rota  de*  Venti,  e  quel¬ 
lo  Stile  mirabile  d’acciajo ,  che  in  virtù  della  Calamita,  con  cui  fù  rocco ,  moflra 
la  Tramontana,  &  indirizza  ne’  fuoi  viaggi  la  Nautica  in  ogni  tempo,  c  ftagione, 
&  in  ogni  Mele,  olia  calma,  òtempefta.  Onde  il  Cavalier  Teodoro  nella  Tua 
belliffima  Canzone  lopra  la  Nautica ,  favellando  della  Boffola  ,e  detto ,  che  chi 
trovòlia  Jìifprez,z,ando  le  leggi 

De  la  Natura,  ad  ofiervar  fi  ^ofe 
L'  occulta  fimpatìa  d'  Indica  Pietra. 
foggiunfc  ^inci  s  ’  avvien  pafifeggi 

Legno  guerrier  per  le  contrade  ond  fe. 

Dal  Polo  al  fuo  bel  corfio  ordine  impetra:  ' 

Per  timor  non  /’  arretra  -("t 

Al  fuo  dubbio  camin  l  ’  errante  paffo , 

Vattofi  guida  a  fua  carriera  un  Sajfo  , 

6  Credefi  da  taluni  invenzione  antica,e  precilamente  quello  Strumento, che 
da  Plauto  chiamali  P'erytfr/4  in  que’ verfi . 

—  ■  w...—  murnn»  fi  huc  ijtem 

y  a  '  Pre- 


Ltb.ueti:. 


Crefeeut, 
Nautie.  MS- 
dner  l.ì, 

e.  II. 


Od.  )7.f. 


Crefcen.lee. 

ett. 

In  Mtt.aPt. 


/>f  T  riftum. 

X» 


Kulcell.  tH 
yinnot  ad 
Geoir  Ptoi, 
Cerr.  Cent. 
X  Sat  54. 
panetti. 
HogzidtP. 
j!  d  [c  17. 

Sara, 
/.  2.  dt  Jnv, 
f.722. 

M  fcard, 
i.  2.  M\*f, 

€m 


TtóJtr.Od. 
3*.  14. 


♦5«  M  V  S  E  0  (;  0  S  P  l  A  N  0 

Properes  t  ftt  tfi»c  properes,  facias  re£lius , 

Hic  •ventus  fecundus  efi .  cape  modo  ver  foriam'. 

Hic  Favonius  ferenus  eB ,  hic  Aufter  imbricus. 

Hic  facit  tranquillitatem ,  ijle  omneis  fluHus  conciet, 

&  altrove  — —  — —  quin  tu,  quod  perit. 

Per  fife  ducis  ?  cape  ver  foriam ,  recipe  te  ad  herum  . 

Ma  favellandoli  qui  della  natura  de’  Venti ,  fenza  accennarli  »n  alcun  mòdo  1’  ef. 
fetto  principale  delia  BolTola ,  che  il  molèrare  con  quel  capo  dello  Stilo ,  che  fu 
tocco  dalla  Calamita,  il  Settentrione  >  e  con  l’altro  il  punto  Meridiano.*  ne  fe- 
gue  che  la  Verforia  di  Plauto  fude  più  tolfo  una  femplice  Rota  da  Venti .  che  la 
Bodola  hoggi  ufata .  Diche  non  è  fievole  indizio  il  non  trovarli  menzione  al¬ 
cuna  della  BolTola  in  altre  Scritture  antiche .  Anzi  che  quella  anticamente  non 
s’ ufalTe,  e  che  i  Piloti  fi  governaflero  a  occhio,  mirando  la  Tramontana  (il  che 
fu  invenzione  dc’f  enicii  )  ce  ne  fà  fede  apprelfo  Lucano  quel  bravo  Nocchiero. 
&Aftronomo.  ■  '  -  •  docfus  taciti  fervator  Olympi: 

il  quale  interrogato  da  Pompejo  Magno 

Vnde  notet  terras,  qua  fit  menfura  fecandi 
Mquoris  in  caelo  ?  Syriam  quo  fidere  fervet  ? 

Aut  quotus,  in  plauBre  Libyam  bene  dirigat  ignis'i 
Così  tUpond^  .Signifero  quacunque  fluunt  labentia  coelo 

Sidera  non  /equimur  i  fed  qui  non  mergitur  undit 
Axis  inocciduus  gemina  clartjfmus  Artio,  -  v. 

Ille  regit  puppes. 

C ,  fenza  nè  pure  accennar  la  Boilola ,  ò  la  Calam  ta ,  profegue . 

I—  "  ■■■  — —  h/c  eunt  mihi  femper  in  altum 
Surget ,  initabit  fummis  minor  Vrfa  Cherufeif, 

B  fphoron,  ^  Scythia  curvantem  litor  a  pontum 
Speliamus ,  quicquid  dejcendit  ab  arbore  fummo, 

Arilophylax ,  propior  que  mari  Cyno  fur  a  feretur: 

In  Syria  portus  tendat  ratis  \  inde  Canopos 
Excipit  Attflrali  coelo  contenta  vagari 
Stella  timens  Borean ,  (/c, 

IIchepureolTervòil  Rufeelii,  che  moftiò  il  mododifarc  quefle  BulToIe,  c  ne 
ditele  l’ invenzione  per  nova .  Del  qual  parere  furono  anco  Antonio  Ccrrio  da 
Rimini,  che  ne  difeorfea  lungo  nelle  fue  Satire  ;  1’  Abbate  Lanccllotti,  St  altri, 
che  danno  la  gloria  di  quella  invenzione  a  Flavio  d’ Amalfi,  detto  Campano  dal 
Sardi  ;  il  quale  fiorì  da  poco  più  di  due  Secoli  addietro ,  c  con  sì  nobile  ritro¬ 
vamento  facilitò  al  Colombo  lo  feoprimento  del  Mondo  Nuovo ,  &  alla  Polle- 
rità  il  commercio  utiliflimo  con  elio  .  Di  che  parimente  fi  dille  qualche  cola  nel 
precedente  Lib.  II.  Cap.  XXXI. nu.  2. 

7  Altra  ROSSOLA  NAVTiCA,  ma  di  forma  affai  piccola  ,s’ è  mentova¬ 
ta  nel  Cap.  III.  di  quello  Libro  IH.  tra  gli  Strumenti  Matematici ,  Aflronomici , 
c  Geometrici  al  num.  aò.per  effere  fabbricata  in  unod’efTì:  come  parimente  ivi 
fi  mentovano  al  Indetto  num.  2  6.c  fuffrgucnti  27.  e  28. 

8  Alcune  ROTE  da  VENTI,  figurate  nc’mcdetìmi. 

Oltre  le  fin  quìdtfcritte 

Carte  quadripartite 

Z>4  gli  Angoli  del  del,  Bcfole  ornate. 

Di  s/tre  eHenuate, 

Di  Geografiche  idee  linee  erudite. 


fono 


LIBRO  TERZO'.  CAP.  557 


fono  degne  d*  edere  mirate ,  &  ammirate  per  T  artifizio .  e  bellezza  loro  le  tré  fe^ 
guenci  Machine  compendiarie  della  Nautica  cioè 

9  VASCELLO  di  forma  piccola,  ma  con  tutte  le  fuc  attinenze,  e  partiper 
minuto ,  &  a  proporzione  de’  navigabili  :  gentiliflìmo  dono  di  Colmo  IL  Gran¬ 
duca,  fatto  al  Sig.Marchefe  fin  l’anno  MDCX.  quando  egli  fervi  va  S.A.S.  di 
Paggio  d’  honore .  Pende  dal  Cielo  della  feconda  Stanza  del  Mufeo,  quafi  firn- 
bolo  della  Stellata  Nave  de  gli  Argonauti ,  e  prima  veleggiava  in  un  Mare  finto 
fopra  una  Tavola ,  della  quale  appunto  ,come  della  parte  inferiore  del  Trono  di 
^ofdra , poteva  dirli  col  Bracciolini . 

Lo  Sgabel  fottomeffo  e  finto  il  Mare, 

10  TARTANA  nonmaggiorcdelfudetto  Valccllo,  macontuttelefuepar- 
ci»  &  arnefì  in  numero,  e  figura  corrifpondente  alle  grandi.  Fù  del  Montaigne , 
celebre  Pittor  Francefe ,  e ,  nel  dipingere  Fortune  di  Mare ,  inarrivabile  ;  il  qua¬ 
le  fe  ne  fervi  per  efemplare  di  molti  di  que’  Legni  Maritimi ,  ch‘  egli  drpinfe . 

11  GALEA  alquanto  maggiore  de’ precedenti  legni,  ma  con  non  minore 
ìnduftria,e  garbo  lavorata  in  tutte  le  fue  parti,  &  arredi:  corrifpondendo  in 
tutto  ciò  per  minuto  aile  Galee  di  giufia  grandezza .  Ma  da  Vafcelli  palliamo  a* 
yafi  del  Mufeo. 


Cree.  Haeqi 
l,  4«  9* 


'Ideila  materia  de*  Vafi  in  genere ,  e  loro  utilità  \  e  de*  Vafi fatti  dallA  Naturai 

Xym 

T^TElIa  copia  quali  innumerabile  de’ beneficii,  che  coftituifcono  nofira 
jL\l  commune  Madre  la  Terra,  come  appunto  vien  chiamata,  e  dalla  Sibilla 
ìnquelverfo  tm*  J's  irAyyttiruftk  r*K%\/otrcu 
C  dal  gran  Nazianzeno  in  quell’  altro 

O*?/»»  ftìr  eoo  (xtlreìp*  ^poiSr  ì?r«J'éi/iT»  yiua.i 

non  è  da  contarli  ti  a  gii  ultimi ,  parche  capo  di  molti ,  quello  di  variar  fe  mede- 
fima  a  prò  noflro  in  tante  guife ,  in  quante ,  di  quarto  elemento  in  fe  ftclTo ,  quali 
baie  de  gli  altri ,  librato ,  degenera  in  mafie  dementate ,  e  loftanze  minerali ,  co- 
me Metalli,  Pietre,  e  Fofiili ad  efia congeneri.  Conciofiacofache  in  tante  mu¬ 
tazioni  laTerra  ci  moltiplica  a  maraviglia  le  utilità:  e,  quali  fufic  poco  il  pa¬ 
rerci  ,e  mantenerci  abbondantemente  colle  produzzioni  della  fua  fuperfizie , 
come  fe  non  altro  fuffero ,  che  legni  efteriori  del  fuo  affetto ,  con  quc  He ,  che  fo¬ 
no  Parti  del  fuo  leno ,  ci  moftra  il  cuore .  Così ,  perche  nuila^i  manchi ,  Proteo 
aficttuofifiimo,in  tutto  fi  cangia  per  noi.  Qui  Oro,  e  là  diviene  Argento,  per 
arricchirci  ;  altrove  altro  Metallo ,  fe  men  nobile ,  più  arto  a  fervirci  in  una  in¬ 
finità  d’ occorrenze .  Onde  i  Chinefi ,  che  cinque  elementi  ammettono ,  per  ul-  se^ 

timo  d’ elfi  afiegnano  il  Metallo.  Ivitramutafi  in  Pietre,  ò,  per  la  copia,  vili;  med.mhi/f. 
ò,per  la  rarità,  preziofe,  ma  tutte  utili:  quelle  per  gii  ufi  neceffarii,  quelle  per  ehm.  Pii. 
lideiiziofi.  In  altri  luoghi  pafia  in  glebe, che  dalla fimiglianza  di  lei  ritengono  ^'*^  **• 
il  nome  di  Terre ,  ma  efienzialmente  ne  dilFerifcono  tutte  in  più  modi  a  noi  gio¬ 
vevoli,  fervendo  altre  alla  Plallica ,  altre  alla  Tintura,  altre  alla  Pittura,  altre  al¬ 
la  Medicina,  altre  ad  altre  Profefiìoni.  Infommatutta,ed  in  ogni  lua  parte  be¬ 
nigna  laTerra,daperruttoanoftrifervigis’addartai  e  merita,  che  celcbran- 
dolanc  intuoni  Omero  nell’ Inno ,  che  ci  lafciò  d’ efia 

2  Mafia  pure  uniueriaie  ne’iuot  benefizii  laTerra:  eperciò  falutandola Or; 
feo  nc  gl’ Inni  la  ch’ami 

y  5  Qiid 


fi.  1. 16. 

t,  26. 

C<ef4lf.  l.  3. 

t.  23. 

Muf. 
Mtu  t-  3. 

^9 


M4rt.  Cra- 
mtr.  $4  htfl, 
Foltn. 


tSB  MVSEO  CO  SPI  Alio 

Quel  fole  di  fomtniniftrarci  nelle  fopramentovate  loftanze  la  materia  più  com“ 
mune  de’ Vali,  abbraccia  tutti  gli  altri:  contenendoli  in  quello  il  commodo 
d’accogliere  tutto  il  capevole,  e  di  conlcrvarci  tuttoilconfervabiledi  quelli. 
Che  pelò  in  quello  lolo  per  ora  mi  fermo ,  per  quanto  egli  tocca  il  particolare 
de’ Vali»  che  trovo  nel  Muleo:  elTcndofi  peraltro  favellato  de’Folfili,  che  vi  fo¬ 
no»  nel  libro  precedente»  a  cui»  per  quanto  occorra,  rimetto  il  Lettore,  lafcian- 
do  che  chi  brama  notizia  generale  della  natura  »  e  de  gii  altri  uli  loro»  le  ne  (od- 
disfaccia  pienamente  apprelTo  quelli ,  che  ne  trattano  di  proprio  illituto ,  come 
r  Agricola  »  1*  Aldrovandi  »  il  Celalpino  »  il  Faclìo  »  il  Libauio ,  il  Celio  »  &  altri» 
che  ne  fcrilTero  particolari  Volumi . 

j  De’ Metalli  dunque,  delle  Pietre»  e  delie  Terre»  che  fiano  però  tenaci»  fi 
formano  Vali  d’ ogni  forte ,  e  figura ,  ma  non  per  opera  d’ un’  Arte  fola .  Perche 
in  quelli  di  Metallos’efercitaò  laFuforia»òiaDuttoriai  in  quelli  di  Pietra»  la 
Scoltura  >  in  quelli  di  Terra»  la  Plallica.  E  la  Fuforia  non  foiosa  formarne  di 
Metallo ,  ma  eziandio  de  gli  altri  due  generi  mentovati  de’  FolTili,  mifchiandoli 
in  quante  maniere  sa  unirli»  per  cavarne  il  Vetro»  materia  bellilfima,  &  altret¬ 
tanto  confueta  de’ vali.  Perche  de’ Metalli  anticamente  a  quella  compolìzione 
ci  concorferoi  Recrementi , da  Latini  Scorie,  c  dal  volgo  chiamati  de* 
quali  fe  ne  fondava  quel  vetro  nerilfìmo ,  che  fù  cognominato  Obfidiano»  per  la 
fimiglianza»  che  teneva  col  Marmo  di  quel  nome»  così  detto  dall’ inventore 
Obfidio .  Delle  Pietre  vi  s’ adoprò  la  Calamita  vera  :  in  vece  della  quale  a  tem¬ 
pi  nollri  v’entra  la  Calamita  falla»  detta  dal  Grande  Alberto»  Magnefia»  e  dal 
volgo»  Manganefe.  Della  quale  una  determinata  porzione  rende  il  vetro  più 
chiaro  «e  maggior  quantità  lo  fa  rodo.  Talora  vi  fi  mette  il  Criflallo ,  che  fai 
Vali  più  limpidi»!  quali  dalla  materia»  di  Criflallo  s’appellano.  £  di  quello  fi 
facevano  1  vetri  lllmatiffimi  dell’  India  .  Talvolta  vi  fi  pongono  de'  calcoli 
fplendenti»ò  delle  piccole  felci  fminuzzate.  Delle  Terre  poi  v’hà  il  fuo  luogo 
l’Arena  bianca»  &afpra;  e  di  que’  FolTili»  che  Sughi  concreti  furono  detti, 
v’entrò  il  Nitro:  in  vece  di  cui  oggidì  s’adopra  la  cenere  di  quell’ erba  lalfa» 
che  gli  Arabi  chiamano  Kalì ,  &  il  volgo  Soda . 

4  Nèfolamentcne’Folfilihà  la  Terra»  e,  diciamo  pure,  la  Natura»  prove¬ 
duto  di  materia  per  i  Vafi,  ma  eziandio  in  molte  altre  cofe  d’ordine  fupcriore- 
e  l’ ìnduflria  di  formarli  hà  faputo  tiovaria ,  ed  ampia  »  ed  opportuna  ne  gli  Ani¬ 
mali  ,  e  Vegetabili ,  e  Senfiti  vi  :  Lavorandone  »  e  di  legno  d’ ogni  forte»  e  d’ offa, 
c  di  pelli  d’animali. 

5  Chepiù?  La  Natura  medcfima»bramofa  di  feemar  le  fatiche  agli  huomi- 
ni ,  in  alcune  delle  materie  fudette  hà  voluto  di  fua  mano  introdurre  la  foi  ma  de’ 
Vafi.  Vedanfitrà  gli  Ammali  le  Conchiglie:  c  diradi  che  delle  Guide  loro  la 
Natura  hà  formato  tanti  Vafi.  Onde  alcune  fervirono  per  beverci»  delle  quali 
nehà  la  fua  parte  ilMufeo»  nel  precedente  Libro  deferitte;  altre  per  mifurar 
l’ olio, emoltefervonoa’Pittori  per  contenerci  icolori  macinati.  Facciali  ri- 
flelfione  tra’  Foflili  a  quelle  Olle  »  ò  Boccie .  &  altri  Vafi  di  terra ,  di  varie  figure , 
altri  perfetti ,  altri  imperfetti  »  che ,  al  riferire  di  Martino  Cromero  (  il  quale  alfe- 
rifeed’ averne  veduto  alcuni  trovati  di  frefeo,  non  pt  ranco  ben  formati)  fi  ca¬ 
vano  nella  Polonia  maggiore  »  vicino  a  Stremo  Caltello:  i  quali  fotttrra  lono 
teneri ,  &  efpolli  all’aria ,  a  guifa  de’  coralli ,  s’ indurifeono  ;  e  non  fembrerà  in- 
vcrifimilc  che  quelli ,  come  ivi  communemente  fi  crede ,  fiano faciturc  della  Na¬ 
tura  »  c  fi  generino  pelle  vifeere  della  Terra,  non  altrimcnte  che  tanti,  e  tanti  fal¬ 
lì  »  c  pietre  vi  fi  formano  con  figure  perfettilfime  di  varii  animali ,  ò  parti  loro  »  c 
d’altre  cole,  come  de’  Tcftacci  Foffili  nel  precedente  Libros’ è dimoflratq. 


LIBRO  T  B  R  Z  0.  CàP,  XPlll  %$9 

Ca vanii  ancora  de’  Vafi  di  terra  in  gran  copia  nella  Saffonia  «  nella  Turingia,  c 
nella  Lufazia  :  i  quali  da  Paefani  crcdonfi  generati  nella  Terra .  L’  Agricola  fti- 
mò  che  fudero  di  quelle  Vrne  Sepolcrali,  nelle  quali  gli  antichi  Germani  rac¬ 
chiudevano  le  ceneri  de’corpi  abbrugiati.  Il  che  potrebbe  concederli  a  quel 
Letterato,  le  il  trovarli  molti  di  que’ vali  piccolilfitni ,  c  lenza  coperchio,  come 
argomenta l’Aldrovandi, non provaffe a baftanza,  che  non  erano  Sepolcrali. 
Che  però  l’ Aldrovandi  medefi  tno ,  il  quale  ne  figurò  una  della  Lufazia ,  con  un 
manico  folo ,  fimigliantillimo  alle  Olle  nollrane,ove  cuoconli  i  cibi,  non  osò  di 
negare  che  anco  quelli  liano  lavori  della  Natura  imitante  l’ arte  de’  V  afai  ;  anzi  t 
favore  della  parte  affermativa  ne  aduffe  gli  elempi  d  i  quelli  di  Stremo,  col  dirne . 
invero  a  Natura  figlinam  artem  imitante  hac  vafia  fub  terra  formata  finti 
vero  arte  aliquando  ita  elaborata ,  ambigui  h aremus  ,  nec  quicquam  certi  fro^ 
Munciare  audemus ,  ^jtandoqutdeminmayori  etiam  Polonia ,  froge  Stremum  Op- 
fidum  olla  ,  amphora ,  cacabi ,  ^  aliarum  figurarum  vafia  fSiilia  intr a  terram 
gene  rari  feruntur  ^qua  ^  quando  efibdiuntur ,  fiunt  mollia  ^fed  in  aerem  produci a^ 
more  Coralli  ^  durefeunt. 

6  Di  tutti  quelli  generi  di  Vali  (fc  i  Fodili  della  Germania ,  e  della  Polonia 
ie  n*  eccettuano  )  ve  ne  hà  nel  Muleo .  E  perche  di  ciafeheduno  ve  n’  è  tal  copia, 
che  renderebbe  confufione ,  fe  di  ruttili  fa vellaffe  unitamente ,  fe  ne  diftribuilce 
in  più  capii!  difcorfo .  £  prima 


De*rafi  di  Metallo»  Cap.  XIX. 

I  Ella  fchiera  de’  Vali  meritano  il  primo  luogo  quelli  di  Metallo  ,  perche 

1,^  di  materia  più  difficile  a  romperli,  e  di  maggior  perfezzione  in  genere 
di  mifto .  Che  per  altro,  fe  li  confideralfero  i  gradi  dell’  antichità  nelle  Arti,  che 
gli  formano ,  precederebbero  quelli  di  Terra,  effendo  la  Plallica  Madre  delle  alr 
tre.  OlTerviamodunqueprima  quelli  di  Metallo,  che  fono  quelli. 


a  MESCOLA  di  bronzo,  anti- 
chilfima,  ufata,  com’  è  tradizione, 
ne’Sacrilizii, 

3  V  ASO  grande ,  di  qualche  an* 
tichità,di  miflura  di  varii  metalli,  la . 
vorato  gentilmente  ad  opra  zemina, 
e  fcolpito  di  div.erfe  Immagini  di 
Cacciatori  a  piedi ,  Se  a  Cavallo  con 
gliSpar3vicri,e Cani.  Nè  vi  man- 
canb’figure  di  Spettatori  fedenti .  Il 
tutto  è  così  ben’  efprelTo ,  che  può 
dirli  uno  sforzo  dell’  Artefice  ,  per 
dimofirare  l’ ecce  llenz^a  dell'  ingegno  ,  e  la  finezza  dell'  Arte  ^  come  in  propo* 
fico  di  limili  Vali  fcrilTe  Giuliano  Golelini  a  Bernardino  Baldini ,  in  una  delle  lue 
lettere ,  in  cui  notò  parimente ,  che  la  Zemina ^  e  la  Tavfia^  lavori  si  fiottili 1 1 


V»  Mttf» 
Mtt,  e, }. 
p.a;3. 


I 


i 


Lettere  i 
f.  146  edit»  ' 
fienet.  ap. 
Me]tt  1592. 

8? 


Ciffient.  de 
Mortb.T  «r. 
car.g,  mthi 

i7* 


M  V  S  E  0  C  0  S  P  l  A  K  0 

st  Bimafit/ono  com^ofte  non  foto  d'  oro ,  e  d'  argento,  ma  di  ferro  |  e  di  varié 
legno .  Affai  ampio  nel  ventre ,  (opra  quefto  fi  riftnnge,  c  forma  il  collo  di  molti 
circoli ,  e  commidure ,  e  poi  fi  dilata ,  e  finifce  in  una  bocca  rotonda ,  non  poco 
larga ,  a  cui  non  manca  il  fuo  coperchio  :  per  la  quale  s’ infonde  il  licor ,  che  li 
vuole ,  che  non  può  difcendere ,  fe  non  a  ftillc  :  effendovi  nelle  fauci  addatcata 
una  laftra  di  ferro  con  frequenti  pertugi,  che  non  ammettono  fc  non  corpo  liqui, 
do ,  &  impcdifcono ,  che  quindi  non  cfca ,  fe  non  a  goccie ,  il  licor  contenuto  :  il 
quale  affai  meglio  può  verfarfi  per  due  lunghi  canali  laterali ,  ne’  quali ,  come  in 
due  braccia,  fi  dirama  il  Vafo,  piegati  alquanto  in  fuori.  Raccogliendoli  poi 
fotto  il  ventre ,  termina  in  un  piede  largo ,  e  rotondo ,  che  ferve  di  bafe  a  tutta  la 
machina,  che  non  è  piccola.  Fù  per  avventura  fatto  perche  fervide  d’Innaffia- 
tojo ,  fc  non  più  torto  di  Vafo  Menfale , 

4^  Due  FIASCHE,  ò  BOCCIETTE  di  limile  materia,  e  lavoro  alla  zemf<^ 
na,  di  ventre  baffo,  e  di  collo  affai  lungo,  e  lottile,  ufate  da  Turchi  per  conte; 
nervi  acque  odorifere . 

5  CANDELIERE  antico  di  bronzo.  Umilmente  figurato  alla  zemina,  che 
puòhaver  luogo  tra’ Vali,  s’egli  pur  è  Strumento  di  capacità.  Onde  notò  il 
Demprtero  lib.  III.  Antiqu.  Roman. cap.  XXXII.  Candelabra  Vafa  erant  in  quu 
bus  candela  figebantur , 

6  Due  FIASCHE  di  Stagno,  di  figura  ftravagantiflima  ,  come  rapprefen- 
tanti  un  pajo  di  Scarpe  di  Tartaria. 

7  VASO  grande,  Turchefeo,  di  rame,  di  figura  quadrata,  lungo,  &  alto 
il  doppio  della  fua  larghezza .  S’ apre  pe’l  lungo  in  tré  parti ,  l’ una  nell’  altra  in¬ 
cartate  a  guifa  delle  Scatole  da  fpalla ,  ufate  da  Merciari,  che  in  effe  portano  in 
volta  il  me glio  del  lor  capitale ,  in  tele  rtraniere  fottiliffime ,  &  altre  merci  genti-' 
li.  Vfanoquefti  Vafii  Turchi  perconfervarvi  dentro  le  vivande  per  viaggio, 
un  fimile  Strumento ,  ma  Chinefe  ,  raccordali  dal  Vormio ,  lib.  IV.  Muf.  cap.  IX. 
in  quo ,  die’  egli ,  fere  gre  profeBuri  cibum ,  ac  potum  ajfervare  folent , 

S  Quattro  PIATTI  grandi  ,diramcftagnato,ufatidaTarchi.  Diffcrifco- 
no  da  hortrali  non  poco,  effendo  concavi,  come  Catini,  &  havendoun  pedale 
cilindrico ,  che  loro  ferve  di  bafe ,  alto  quafi  mezo  braccio ,  per  tenerli  altrettan- 
tofollevatidalpiano:  eciò, perche  non  coftumano  i  Turchi  le  Menfcalteda 
terra  ,  come  noi,  ma  in  vece  loro  fi  fervono  del  pavimento,  fopra  il  quale  pur 
fìedono,  con  fotto  rtefo  un  tapeto,  ò  al  più  qualche  cufeino,  all’ufanzadegli 
antichi  Romani,  Mangiano  in  Amili  Piatti  per  lo  più  il  tifo,  che  è  la  vivanda 
colà  più  ufirata  :  ne  fi  fdegnerà  un  Bafsà ,  che  feco  mangi  un  fuo  garzone  di  Stal¬ 
la.  Quindi  il  Marchefe  Gio.  Battirta  Montalbani,  In  vi£lu,  diffe,  gens  pafei, 
uno  ferculo  y  e  eque  fimpUci  plerumque  fatur  antur .  Pafia,  ac  Magnate^  ,  antiquo¬ 
rum  more  Romanorum ,  ftiper  thoros  pulvinaribus  innixi  proprios ,  fecum  come¬ 
dentes  Jlabularios  non  dedignantur .  Ne  fece  regalo  al  Sig.  Marchefe  Cofpi  il 
Sig. Colonnello  CarloCignani  Bolognefe, che condiverfe  altre  Spoglie  Tur- 
chefche ,  da  erto  pure  donate  al  Mufeo ,  li  recò  di  Cliffa ,  prefi  del  1 648.  nel  con- 
quirto  di  quella  Piazza,  mentre  commandava  per  la  Sereniflhna  Republica  di 
Venezia . 

9  SALIERA  FRANCESE,  di  rame  fm'altato,  riguardevole  non  tanto  pec 
i’  antichità ,  che  tocca  del  terzo  Secolo ,  quanto  per  1’  opera ,  che  gareggia  colle 
più  nobili .  Hà  figura  di  colonna  efagona ,  &  in  amendue  i  capi  è  fcavata  in  ma¬ 
niera  ,  che  può  in  ciafehed  ano  d’erti  contenere  il  fale,  &in  entrambi  egualmenr 
te  fervile  all’  ufo ,  per  cui  fù  formata .  La  fottraffe  però  a  tal  minirtero  la  delica¬ 
tezza  della  Pittura ,  eh’  è  il  fuo  principale  ornamento ,  c  facilmente  periva ,  fe  in 


LIBRO  TERZO.  CÀP.  XIX.  i 

etfa  operava  la,  mordacità  del  fafe.  Perche,  effendo  tutta  gentilmente  figurata:, 
nè  meno  le  cavità  deftinate  a  capire  il  (ale  rimafero  vuote  deirmduftria  del  Pit¬ 
tore  ,  il  quale  nella  fupcriore  di  quelle  >  conofeiuta  tale  per  la  difpofìzione  delle 
figure  laterali,  in  campo  azzurro  intcnfo,efprelfe,  la  maefiofa  tefta  d'Èrcole  ^ 
coronata  d'alloro,  e  circondata  da  lettere  d'oro,  che  in  linguaggio  Francefe 
iuonano  HERCFLES,  SFIS  ARD...  D'  AMOFR.  e  nella  cavità  inferiore  di- 
pinfe  la  Teda,  còn  tutto  il  petto  di  Dejanira  fua  Moglie,, e  quelli  caratteri, 
1>BIANIRA  SFIS.  ARDIE  D'  AIUOFR.  E  forllcoi  fìgurar’in  tal  luogo  quefte 
Immagini» pretefe il Pictored’ inferire, chcaqueftiConforti ,  iquali  troppofi 
Jafeiorno  dominar  dalle  paliìoni ,  d’amori  adulterini  l’ vno  ,e  dì  gelolìa  l’altra’, 
che  con  tragico  fuccelTo  gli  feparorno,per  quel  tempomancò  il  fenno  fìmboleg- 
giato  nel  lale .  Il  che  pure  cfemplificò  nelle  lei  facciate  di  quello  Vaio ,  difpo- 
nendovi  altrettante  Iftorie,  parte  facre,  e  parte  profane,  ma  tutte  raprefentantì 
errori  di  grandi  Huomini,  caduti  in elTi  per  illecito  compiacimento  de‘fcDlì,e 
per  colpa  di  fedutcrice  Belle  zza .  Perche  nella  prima ,  e  principale  effigiò  Irno- 
ftri  primi  Genitori  (otto  l’ Albero  circondato  nel  Tronco  dal  Serpe  Diabolico  : 
afuggedlonedet  quale  Eua ,  preio  unode’  Pomi  vietati, 

— —  in  cui  chiuf(^  havea.  Tartareo  Nume 
D*  Aletto  il  fieli  <li  Cerbero  le  fpumei 
e  gufatolo ,  ne  porge  un’altro  al  Conforte ,  &  in  elio  il  veleno  dell’Innocenza» 
eia  morte, e  la  rok^inadi  lui, edi  tutto  il  genere  humano  in  elio  compendiato. 
Nella lulTeguente  figurò  Salomone ,  del  più  faggio,  eh’  egli  era,  di  cucci  gli  huo- 
mini , di  venuto  come  uno  de*  più  ignoranti ,  mentre  a  perfuafìone  d’aicune  del- 
le'fue  molte  Femmine  adora  un’  ldolo,ò  lia  Aftarte ,  Dea  de’  Sidonii,  ò  Camos, 
Diode’ Moabiti  ,ò  Moloc,  Idolo  de  gli  Ammoniti,  a  quali  egli,  a  compiaci¬ 
mento  di  donne  infedeli,  s’indulTe  a  porgere  onori  di  vini.  Nella  terza  cfpref- 
fe  Sifara ,  il  Generale  di  labino  Kè  de*  Cananei ,  che  dopo  la  fconlìtca  havuta  da 
gli  Ebrei  lotto  la  condotta  di  Baracco,Capitanodi  Debbora  la  Profetelfa.e  Giu¬ 
dice  di  quel  Popolo,  ricoveratoli  nell’ alloggiamento  di  lale,  la  Moglie  d’Abner 
Cineo,e  quivi  addormentatoli:  da  quella  con  un  gran  chiodo,  a  colpidi  pe¬ 
lante  martello  vicn  trafitto  nelle  tempia .  Nella  quarta  dipinfe  Sanlone ,  fopico 
in  grembo  a  Dalida  infida ,  che  tagliandoli  ì  capcgli,  opera  più  fola  con  la  forbi¬ 
ce,  che  tutti  iFiliftei  con  learmi  loro, mentre  in  quel  taglio  tronca  all*  Amante 
mal  cauto  quel  filo,  da  cui  dipendeva  la  di  lui  forza  fatale.  Nella  quinta  propo- 
fe  un  Fuggialcopercagioneamorofa,il  quale  da  una  Donna  è  calato  gmd’  uoa 
F  ncftra  in  una  Sporta .  E  queftoforlì  è  Firgilio  fipenz^olato  dalla  fineHra  nel  ce¬ 
lione  ,  come  notò  il  Vafari  d’un  Quadrodi  quello  latto ,  Uloriato  da  Luca  d’O- 
]anda,tamolo  Intagliatore.  Nell  ultima  diede  a  vedere  il  vergQgnofo  Spetta¬ 
colo  di  quel  Filolofo  (c  v’hàchi  lo  ravvila  per  Ariflotele)chc  giunfea  lafciarlì 
cavatcardairAmica,cheloftalfila,emollraine(To  pur  troppo  avverato,  che 
chi  loggetra  la  ragione  al  fenfo,diviencome  gl  umento,  c  fi  diporta  ficut  equus, 

mulus  i  quibus  non  eli  intelleiius, 

IO  Oltre  la  Francia,  fomminidrò  al  Muleo  una  Saliera  nobile  anco  l’India 
O  ientale,c  fpecifìcamentelaCittàdi  Goatma  peredere  quella  non  di  metallo, 
midi  legno,  tra  gli  Artefatti  di  legno  fe  ne  porrarà  la  deferìzzione.  Intanto  non 
fi  taccia ,  che  i  Vali  di  quello  genere ,  &  ufo  fono  llaci  tenuti  in  venerazione,  co¬ 
me  cole  religiole,  mentre  itimavali  profana  quella  menfa,  in  cui  non  ci  fude  Sa-' 
lieta .  Onde  Arnobio ,  fcr /vendo  contro  i  Gentili ,  Sacras  ,difsc ,  facttis  menfas 
Salinorum appofitu  ,&  fimttlacris .  Nel  qual  concetto  pur  tengonli  anco  da  qual¬ 
che  lupe  r  di  ziolo  de’  iiodri  tempi.  Anzi  furono  connumerati  tra  Vali  lacri^ 

come 


Ovili.  Efi^ 

9. 

/ 


Je.  Rape. 
Theoa.  Oi. 
MeraL  iS. 
19. 

Gene/,  j. 
Reg.ii, 


Indie.  4. 


Indie.  i6. 


Fitt.  Pitt. 
P.  3.  xet.  I. 
p.joi. 


Paul.  Ahi. 
Apre/,  de 
fept.  Pece. 
mort.l  5  e.t 
P/al.  21. 


ut  MrSEO  C  OS  PIANO 

come  appare  da  ciò, che  notò  ne  un  Vecchio  Scoliafte  d’Orazio  fopra  quel  vcrfo 
splendet  in  mensa  tenui  Saltnum. 

dicendo ,  Salinum  proprie  eji  patella ,  in  qua  Dtis  primitive  eum  fale  offereban¬ 
tur  t  e  r  autentica  Stazio  in  quei  vciio 

—Il  —  ^  extguo  placuerunt  farra  Salino, 
Dalchel’eruditifsinnoLiphoarg  imentò  Icgitimi  la  vulgata  Lezzlone  di  Livio 
Wa(i  Liff.  In  quelle  parole;  Vt  Salinum  patellamque  Deorum  caufsà  habeant .  E  prima  del 
i^iTe.x.  ’  Lipfio  la  confcrmorno  Valerio  Malfimu ,  e  Plinio  :  favellando  quegli  della  po- 
verta  di  Fabrizio , e  d’EmiliOyCon  dirne  vtique  patellam  Deorum  ,  dr  Salinum 
habuitt  e  quelli  d’ una  Pragmatica  del  medclimo  Fabnzio  ,  il  quale  belltcofos 
Imperatores  pluf  quam  pateram ,  é"  Saltnum  ex  argento  habere  vetabat . 

li  Due  LVCERNE  antichedi  bronzo, rapprdentaati  figure  d’huomini 
in  ifcorci  ftranilfimi i  le  quali, perche  fi  congettura  haver  fervito  nc’  Sepolcri 
degli  Antichi,  fi  deferì  vono  tra  le  anticaglie  Sepolcrali,  dove  parimente  iene 
portano  le  imagini, 

De'  Vajì  di  Pietra,  Cap,  XX. 

La  feconda  forte  de’ Vali  di  foftanza  Foifilc  del  Mufeo  contiene  quelli  di 
Petra;  i  quali  a  ragione  s’ofservano  dopoi  vali  di  metallo,  e  prima  di 
quelli  di  terra,  perche  fono  come  di  natura  mezana  tra  gli  uni , e  gli  altri  ,parti- 
cipandodellaconfirtenzadi  quelli, edellafragilitàdi  quelli.  Eccone  laferic 
I  Vafod’OFITE,  ò  Pietra  Serpentina, come  la  chiama  il  volgo,  per  imi¬ 
tare  nelle  macchie , e  nel  colore ,  la  pelle  de* Serpenti .  Hà  quelli  le  macchie  ne¬ 
re  in  campo  bigio Icuro:  e  nella  figura  tiene  qualche  fembianza  di  piramide 
tonda,  a  cui  manchi  la  cima.  L’ Artefice , che  vi  fece  il  coperchio ,  &  il  manico 
di  llagno ,  indullriofamentc  figurato ,  lo  cinle  d’ alcune  falce  del  lo  flefso  metal- 
'  lo,  non  tanto  per  ornamento ,  che  per  difela .  Fu  lavorato  nell’  Alcmagna ,  do- 
Z.jtFcfsil.  ve  abbonda  quella  fpezie  di  marmo,  la  quale,  al  riferir  dell’Agricola,  cavali 
nella  Mifnia,  non  lungi  dalla  Rocca  Lautellerna,  ch’è  vicina  ad  una  piccola 
Terra,  chiamata  Z,viblicio  .dalla  quale  pur  trafse  il  nome ,  che  ritiene  apprciso 
f'virm  l  d’alcuni , di  Marmo  Zcibliciano.  Ma  quello  talvolta  è  così  porofo ,  che  i  Vali 
3.^*  d’ elso  fabbricati  non  contengono  i  licori ,  le  prima  non  fono  unti  d’ olio  di  No- 
cjjMofcAta-.. 

a  Fà  menzione  di  limili  Vali  Tcdcfchi  d’Ofice,  con  li  coperchi  di  llagno, 
Cleandro  Arnobio  nel  luo  Teforo  delle  Gioje ,  &  altri  da  elso  ertati  ;  lodandoli 
come  giovevoli  a  di  verfe  indifpofizioni ,  purché  fiano  applicati  caldi,  come  al 
ventricolo, al  bellicolo,  &  a’  fianchi ,  ne’ dolori  Itomachici,  colici ,  e  renali  da 
eagion  fredda .  A!  che  però  mofo  più  commode  fono  le  laltre  proporzionate 
dello  ftcfso  marmo ,  delle  quali  ne  predicano  maraviglie  coloro ,  che  vendono 
tal  forte  di  Pietra  ne’  Paefi  Tedefchi,afscrendo  che ,  oltre  le  fopraccennatc  in¬ 
difpofizioni, giovino  ancoraalla  chiragra,  podagra,  &  altri  dolori  articolari 
freddi,  applicate  calde  alle  parti  dolenti.  Ne’  quali  cali  le  giovano,  Itimotal 
giovamento  effetto  non  tanto  della  Pietra ,  per  t  Iseredi  tale  fpezie,  quanto  del 
calore  introdottovi .  Soggiungono  ancora  , che  lìuno  lalurari  a  1  Tabidi,  &ai 
L.  x.Xtuf.  Tifici  medefimi  polle  fopra  il  petto .  Ne 'quali  mali  dicono  che  giova  panmen- 
f'34'  te  la  poi  vere  della  flefsa  Pietra ,  prefa  per  bocca ,  come  nota  il  Mofcarcio:  c  che 
it.9  de fimf.  modo  bevuta ,  vale  anco  a  far  difsolvcre  1  calcoli  arenofi ,  e ,  come  inlegna 
mtd.  fac.  anco  Galeno,  le  pietre  della  vefìca;  &  ad  altre  infermità,  che  tralalcio,  haven» 
L.  i-  Muf,  jo  molto  che  dubitarne, come  non  poco  dubito  col  Vormio  anco  fopra  le  fa- 
^.43.  co|umctuoyate,  3  BIG- 


LIBRO  T  0.  CAP,  XX,  tSy 

3  BICCHIERO  di  PietraSerpeotina^lavoratoparimenteneirAlemagna,' 
dove  ulanfiquefti,  non  tanto  per  Io  fine  della  femplicc  figura,  ch’è  di  biCverci 
dentro,  quanto  per  le  virtù  della  Pietra,  che  ftimafi  giovare  non  folo  ne’ mali 
{opra  raccordati ,  ma,  parimente  ne’  pericoli  di  veleno,  per  haver  kritto  Diofeo- 
ridc ,  che  l’ Ofite  vale  contro  i  rnorfi  de’  Serpenti  velenofi ,  e ,  come  Ipecificorno 
Galeno, e  Paolo Egincta, particolarmente  delie  Vipere.  1  quali  Autori  però 
vogliono  che  fia  portata  al  collo ,  come  propok  anco  Plinio ,  che  dide ,  che  co¬ 
si  portata,  giova  eziandio  al  dolore  della  tetta. 

4  Quantunque  però  quelli  Vafifiano  moderni,  come  opere  d’ un  Secolo,  ò 
di  poco  maggior  età ,  non  e  perciò  nuovo ,  mà  molto  antico  l’ ufo  del  l’Ofite  ne’ 
Vafijkrivcndo  Plinio  efi genus  Ophitist  ex  qm  vafa^ ,  ó‘  etiam  cados  facium . 
E  l’accennò  il  noftro  Lami, che  tra  molti  vali  antichi  mentovò  anco 

,^uel  di  macchiata  Offte , 

5  Due  CVCCHIARI  parimente  di  Pietra  Serpentina, 

6  CALAMAIO  nobiliflimo,  in  forma  di  Depolito,  ò  Monumento  Sepol¬ 
crale  ,  quadrato ,  latto  di  quella  fpezie  d’ Olite ,  che  il  volgo  chiama  Pietra  Rof* 
pa ,  paragonando  le  di  lei  macchie  a  quelle  della  pelle  de’  Rofpi ,  Le  di  lui  mac¬ 
chie  lono  bianche ,  cinericcic  ,e  nere ,  è  tra  quefte  ve  ne  hà  tré  mirabili ,  che  pa- 
lelano  la  Natura  Pittrice,  come  da  ella  difpofte  in  modo,  che  due  formano  Tette 
humane ,  l’ altra  un’  Vccello  volante  nella  cornice  del  coperchio ,  dalla  parte  an¬ 
teriore.  11  che  ricke  a  queftoCalamajo  di  fregio  tanto  piùpregicvole,  quanto 
meno  affettato ,  perche  tutto  naturale.  Nè  perciò  la  naturalezza  di  tale  orna¬ 
mento  fa  kmbrarmen  bello  il  magittero  dell  opera; anzi  l’uno  (piccando  me¬ 
glio  per  l’ altra,  e  per  lo  contrario,  pare  c’  habbiano  gareggiato,  e  la  Natura  del¬ 
l’Arte,  e  l’Arte  della  Natura,  per  fegnalarqueftoVafo,  c  renderlo  degno  de’ 
Moki ,  e  delle  Muk ,  &  acciò  poffa  dirkne  col  Tatto  nell’  ultimo  de’  tré  Sonet¬ 
ti  fopra  il  luoCalamjo. 

0  Nobil  Cafa  di  purgati  inchiojlri. 

7  CALAMAIO  non  raen  nobile  del  precedente,  c  parimente  di  figura  qua¬ 
drata  lunga,  e  poco  minore  del  medefimo,  fatto  non  d’ una,  ma  di  più  forti  di 
marmi  commelfi  infieme  in  guiia  che  la  varietà  de’  colon  fà  eh’  egli  kmbra  in- 
tarfiatodl  gioj% 

8  Della  medefima  forte  di  Pietra  vi  fono  pure  nel  Mufeo  alcuni  FLA  VTI,de* 
quali  a  luo  luogo  tra  gli  Strumenti  Muficali . 

9  VRNA  SEPOLCRALE  di  MACIGNO;  la  cui  figura,  con  la  deferiz- 
zione,  littoria  fi  porta  in  miglior  luogo  trà  le  anticaglie  Sepolcrali,  cioè  nel 
cap.  XXX.  di  quefto  Libi  o  al  nu,  2 , 

De*  Faji  di  Terr*i  de*  Pregi  loro,  t  della  Ptaflicu, 

Cap.  XXI, . 

Il  T^Iù  numcrofa  d’individui  è  ia  terza  forte  de’Vafide!  Mufeo,  che  fona 

Jr  quelli  di  Terra.  Nè  quefta  origmereca  loro  punto  d’ignobiltà ,  Svè  la 
medefima  con  quella  del  corpo  humano ,  che  pure  fù  di  terra  impattato ,  Onde 
più  d’unafiau  nelle  facrc  Scritture  lotto  nomedi  vali  di  terra  fono  comprefi 
ì  aiiftri  corpi .  Della  qual  metafora  fi  valle  pur  Cicerone ,  allhor  ch^  kriffe  nel- 
leTukuIanc;  corpus  quafi  vas  ei?,  aliquid  animi  receptaculun^K  E  Plutar-ti 
co,  che  di  Cleante  favellando, ditte,  eh’ egli  era  oris  angujlifmi  vas  »  difficilli.m 
me  admittens i  fed femper  retinens  quod  admifit.  E  prima  d’etti,  come  nota  il 
Padre  Botti,  nollro  CoocittadinO}  b  vas  mni  fapkntia,  refeSìumt  ixx  da  Alef- 

'  (andrò 


L.  5.  r.119; 
Qal,  toc,  cit, 
Paul.  l.  7. 
I^‘,  7* 


Id.tod,  lièf 

C.iZ, 


Sogno  yCàt, 
7  45* 


Rim.  P.  IX. 

p.  ìS-fd. 
f'tn,  i6iO. 

U> 


1.  ir^;.  21; 

2.  Cor,  4. 


a.  r.  Tofte 


Jtrtm.  j8.'^ 


Jidorteue, 

L-S  H.N. 
(.^6.0- I-IS- 

f.  12. 
Ctn.i, 


Poef.p.  197, 
ed.  f''en. 
166S.  li. 

Efa.  c  45. 
'Jtrtm.  toc. 
Ctt.Sap  f.ij 
jicl.  9. 
Cav.  Ttod. 
Od.  20.  17. 

Rem.  9, 


7“ iraq.  lìb, 
ctt  c.  19. 

7tU.^.&  21. 

Strm,  de 
Je\uni 


Tì.l.  i.c.  f. 


Ìd.t.i5.e. li. 


»«f4  M  y  s  E  0  C  d  S  P  1  A  N  0 

fandro  noinaro  quel  gran  diiprczzatorc  del  fafto  humano  Diogene,  Nè  qui 
v’ha  copia  di  fimih  Vali  per  la  maggiore  abbondanza  della  materia  loro,  come 
fe  fuflfcro  de’  molti  d’ ufo  vo!garc;ma  vi  fi  ferbano  come  nobili  manifatture  della 
Plaftica,ch*è quell’ Arre, chediTerraformaciòche  gli  è  in  piacere,  mentre 
fi^ulusy  ijuod  vtdiy  fa(it\  e.feperla  materia  è  vile  (onde  tra  l’Arti  ignobili 
meritamente  connumeròlla  P  cruditillìmo  Tiraquello  ne- tuoi  famofi  Commen» 
cari  della  Nobiltà )  per  gli  principi]  no n  è  fe  non  gloriofa,come  quella,  che  hi  in¬ 
ventata,  non  dirò  colla  bugiarda  Poefia  da  Prometeo  ,  il  quale 
w— -,  m  I  *■  di  fewlfiafjte  huvìano 
Già  majja  informe  di  vii  fango  imprefe . 
ò  con  r  Iftoria  profana  da  Corebo  Ateniefe ,  come  in  un  luogo  pretende  Plinio; 
òdal  SicionioDibutade, come  lo  fteffo altrove  notò  jò da  Reco,  e  Teodoro  di 
Samo,  come  altri  appretto  il  raedefimo  giudicorno;  ma  bensì, come  additò 
r  Antefignano  de’ Sacri  Scrittori,  Mosè.dal  Fabbro  eterno,  vero,  &  unico  Pro- 
toplafto  dell’  huomo ,  e  da  effo  infegnata ,  dirò  col  foavilfimo  Lorenzo  CrafTo , 
,^a»do  dal  Nulla,  il  Tutto  fu  creato^ 

E  intento  a  maggior’  Opra y  Opra  compita^ 

Simile  a  fe  formo  Fango  animato. 

E l’ accennorno  parimente  Ifaja ,  Geremia ,  e  Salomone ,  ò  chi  che  fia  lo  Scritto- 
tote  del  Libro  della^Sapienza, e  con  elTì ,  il  Dottor  delle  Genti  : 

Paolo  d'  elezzion  Vafo  eloquente'. 

i  quali  perciò  non  iftimorno  fordido  il  paragone , che  nc  fecero ,  ad  un  Vafajo, 
che  delle  opere  fue ,  fecondo ,  che  più  gli  aggrada ,  ne  deftina  altre  ad  ufi  hono- 
revoli ,  altre  a  difprcgievoli ,  fenza  che  qudtehabbiano  a  lamenta  fi  dell’  Arte¬ 
fice,  che  così  volle.  Figmentum  non  conqueritur  adverfum  fgulunt.  Dal  che 
rifulta  cotanto  di  pregio  alla  Plaftica.che  bafta  per  renderla  in  quella  parte,  non 
che  eguale,  fuperiore  alle  Arti  più  illuftri.  Oltrediche,  fe  l’Antichità ,  come 
vogliono  i Giureconfulti,  può  recar  qualche  nobiltà,  fupponcadofi  quella  in 
quella,  mentre  Nobilitas  attribuitur  antiquitati',  anzi  le  la  maggiore  antichità 
rende  le  cofe  più  nobili,  come  inferì  S.  Balilio  il  Grande,  che  addulTe  per  antico 
proverbio  omne  feti  per  antiquitatem  nobilius.  Arte  per  quello  ,  fe  non  per 
altro  motivo ,  nobile ,  e  più  dell’  altre ,  potrà  dirli  la  Plaftica ,  s’ è  più  dell’  altre 
antica,  come  nata  prima  dell’ huomo,  anzicomc  Arte  ufata  da  Dioinlormar 
l’huomo,  da  cui  pofeja  furono  le  altre  inventate. 

2  Nè folo ne’ principii ,  comes’cdetto,mane’progrefli<incora  pregievole 
apparifee  la  Plaftica ,  che  giunfe  a  tal  fegnodiflima  ,che  potè  nobilitare  i  luo¬ 
ghi,  ne*  quali  fiorì ,  come  Samo ,  Ifole  del  Mare  Ionio ,  Pergamo,  c  Traili,  che 
fù  poi  detto  Antiochia,  Città  dell’  Afta ,  Sagunto  nella  Spagna,  e  nell’Itaha , 
che  doveva  raccordar  prima ,  Surrento,  Arezzo,  Afta,  Policnza,  e  Modona,  e 
Reggio  d’ Abruzzo ,  e  Cuma .  Che  però  Plinio ,  parlando  de’  Vali  di  terra ,  do¬ 
po  haver  detto  ma^or  quoque  pars  hominum  terrenis  utitur  Vafs  ,  foggi  unfe.* 
Samia  eiiamnum  in  efeulentis  laudantur .  Retinent  hanc  nobilitatem,  Ó"  Arètium 
in  Italia',  ó'  calicum  tantum  Surrentum,  Afta,  Follentia',  in  Hifpanià,  ó"  S  am 
guntumx  in  Afta  Pergamum .  Habent,  &  T ralleis  opera  fua,  &  Mutina  in  //4- 
Ità  ,  quoniam,  é"  fic  gentes  nobilitantur .  Et  hac  per  marta  ,  terrafque  nitro , 
citrbque  portantur .  E  non  molto  dopo ,  parlando  lìmilmentc  de’ Vali  :  nabilim 
tantur  tis  oppida  quoque,  ut  Rhegtum,  Cuma.  Alle  quali  Città,  s’egli  viveva 
in  quelli  Secoli  ,'pote  va  aggiungere  anco  Faenza ,  ove  fiorifee  quell'  Arte  a  fe- 
guo,  che  molto  lungi  fe  ne  portano  l’ opere  fuet  ccol  nome  di  quella  Città 
generalmente  fono  appellati  nella  Francia  i  Vali  di  quella  palla ,  ciie  chiamiamo 

commune- 


Martin. 
u9tl.  ChtHj 
fol  yj. 
Ltb,  14, 


Eptced» 
Ereic.  13. 


LIBRO  T  E  \  Z  0.  CAP.  XXL  26$ 

communemente  Majolica,  per  effere  prima  che  altrove  ,comc  nocòrnoiJ  tìaifìo, 
e  lo  Scaligero,  ftata  pofta  in  ufo  nell*  Ifola  di  Majorica .  Del  qual  vocabolo  Fran-  Seat,  de 
cefefe  ne  fervi  il  P.  Martino  Martini  nell’ Atlante  Chinefe,  ove  favellando  de’ 

Vali  di  Porcellana,  che  pur  fono  ,  come  più  a  baffo  moftreràffi,  di  terra  ,  a 
rtfjikisy  dice  ,  radibufque  hominibut  figlink  arte  elaborantur  eodem  medoy  qao  Martin. 
Tàcnks  in  Italia . 

5  Ma  dove  lafciatno  la  Sicilia?  Se  la  Plaftica  in  effa  non  fuffe  ftatafaraofa 
per  altro ,  fù  famoùllìma  per  haver  dato  a  quell’  Ifoia  un  Rè ,  che  fu  Agatoclc,  di 
cui  lì  vedono  alcune  Medaglie  nel  Mufeo  :  il  quale  per  effere  ftato  figliuolo  0’  un 
Vafajo, come fcrive  Ammiano  Marcellino,  volle fempre  nella  fua  Menfa  Vali 
di  terra ,  che  (  come  ai  gran  Tamracrlano  le  lue  Scarpe  )  raccordallero  la  quali» 
tà  della  fua  origine.  Onde  il  gentiliflìmo  Battifta  hebhc  a  cantarne 
La  Menfa  e  d'  Agatoc le ,  ove  le  Crete 
Per  modejìia  d'  un  Re  fugano  gli  Ori. 

La  memoria  piu  vii  de'  fuoi  Maggiori 
Egli  non  vuol  precipitare  in  Lete. 

4  Non  farebbe  però  forlì  lungi  dal  vero,  che  quello  Principe  ufafle  nelle 
'Menfe  i  Validi  terra  non  più  per  lo  fine  già  efpreffo  ,che  per  guftar  meglio  le  vi- 
vande ,  effendo  più  guftofo ,  e  falubre  ("e  poteva  conolcerlo  ,  bench’egli  non 
fuffe  Agatocle,  il  Medico  citato, e  da  Plinio, e  da  Galeno)  il  mangiare  ineffi,  P/ /,32.c.3a 
che  in  quelli  d’argento,  ò  de’ metalli  più  baffi  :  fi  come  più  grati  al  fapore  riefeo  ^  ^ 
no  que’cibi,  che  fono  preparati  nelle  Olle  di  terra,  che  ne’  V  ali  d’altra  materia  :  i  ' 

quali  atterrano  il  fapor  naturale  delle  vivande,  col  participar  loro  qualche  odo¬ 
re ,  ò  fapore ,  ò  tintura  di  fe  medefimi  ;  il  che  non  fanno  quelli  dì  terra .  Che  pe-  * 

rò  molti  altri  Principi ,  e  de’  noftri ,  e  de’  tempi  andati  hanno  antepofto  le  vivan¬ 
de  preparate  nella  rerra,  a  quelle , che  (i  cuocono  ne’  Vafi  di  metallo ,  Anzi  d’ elfi 
non  pochi,  benché  a  larga  mano  provdtidi  Vafellami  d’argento,  ed’oro  ,  co- 
llumorno ,  e  rifpetti  vamente  coftumano  di  mangiar  nella  terra,  facendoli  d  i  lon¬ 
tani  Paeli  recare  i  Vali  delle  più  famofe  fpezic  di  quella .  Quindi  l’ Aldrovandi, 
òlial’Ambrofini,  che  per  effo compì  il  Muleo  Metallico,  Olim  ,  ^  multi 

Principes ,  cum  ingentem  argenteorum  Vaforum  apparatum  in  Menfis  habuerint , 
tamen  ob  faporis  integritatem  u.i  cenfueverunt  dóf ilibus  ;  quibus  nofira  aetatis 
plures  Principes  affentiuntur  -,  dum,  poli  habitis  ad  comeffationes  argenteis ,  fCli- 
lia  ex  regionibus  remotis  oh  ferculorum  munditiam  fbi  comparant .  Gratiores 
enim  funt palato  illa  dapes,  qua  in  ollis  ficiilib.us  ,  quam  qua  in  Vajis  alterius 
materiei  coquuntur . 


5  Nè  iolo  in  quelli  ufi  profani ,  ma  ,  eh’  è  affai  di  vantaggio,  ne’  facri  ancora 
furono  i  Vafi  di  terra  antepofti  a  gli  a  Uri  di  materiapiù  nobile ,  e  preziofa .  Per¬ 
che  ,  fe  gli  antichi  Romani ,  facrificando  a’  loro  Dei ,  ufavano  il  Simpulo,  ò ,  co¬ 
me  altri  fcrivono ,  ilSimpullo,  &  il  Catino  di  terra,  dicendone  Apulejo:  in 
hodiernum  Populus  Romanus  Diis  immortalibus  fimpulo,  dr  Catino  figlili  facrifi- 
eat;  Quelli  tra  le  ricchezze,  e  di  quei  Popolo,  e  di  que’  Tempii,  pìcfe.ivanfi 
a’piùili'uftri;  onde  Plinio;  In  facris  quidem,  etiam  inter  has  opes  ,  no»  myr- 
rhinis  cryBallinifque ,  fed fiUilibus prolibatur  fmpulis ,  E  prima  di  lui  Marco 
Varrone, appreffo  Nonio  Marcello, notò  Deos  ipfos  vili fimpulo  invitari.  Era 
quello ,  come  infegna  Fello ,  un  V alo  piccolo,  non  dilfimigliante  ad  un  Bacchie¬ 
rò:  dal  quale  vcnnel’epit>-todi  J/^^/’^/^^w/alleSacerdoteffe,  che  l’ufavano. 

dice  egli,  ci?  vas  pafvunt ,  non  dijfimile  cyatho  :  trnde  mulieres  ,  re- 
bus  divinis  dedita  ,fimpnlatrices  vocantur .  Bevevalì  in  effo  il  vino  come  a  filo 
a  filo  ;  dal  che  traile  il  nome ,  feri  vendpne  Varrone  ^od  vinum  dabant ,  ut  mi-  De  Lìrz, 

Z  nutatim 


S4t.  gc 


''^dag.  p4g 
mtht  730. 


^4  y  $  E  Q  C  0  S  P  ì  A  N  0 

nutatit»  funderent  y  à  guttis  Guttum  appellarunt ,  ^lod  fumebant  minutatim  i 
4  fumendo  ,  Sympullttm  nominavere .  In  httytfce  locum  in  convivits  è  Grecia 
fuccejftt  EpichyfiSi  &  Cyathus  :  in  facrificiis  remanjìt  Guttus  ,  Sympullum , 
Alcuni  però  lo  chiamano da  ch’è  lofteffo^checpw/cr/^- 

rr,  Altri  Sympuvium:  ecosì  leggonoapt>4^uo  Giovenale  ,  pverafFermaado- 
prato ne’Sacrifizii da Nupaa .fenzache  il  Popolo ardiffe di farfene  beffe. 

Et  qui  s  tunc  hominum  contemptor  numinis ,  aut  quis 
Sympuvium  ridere  Numay  nigrumque  Catinum  ^ 
o/c  Vaticano  fragiles  de  monte  patellas  j 
K^ufus  erat? 

|n  propofitodi  che  Marco  Tullio  ne’ ParadolTìIafciòfcritto.  ^id  autem  Numa 
Pompilius  ?  Minus  ne  gratas  Diis  immortalibus  capedines  ,  ac  ficliles  Vrnulas 
fuife,  quam  filicatas  aliorum  pateras  arbitramur  ?  Fà  del  Simpulo,  menzione 
lo  Itefio  Autore  nel  terzo  delle  Leggi ,  trattando  della  Legge  Tabellaria  j  ove  di 
Gratidio  parlando  ,  excitabat ,  é\(\c  j  fiuclus  in  Simpulo  ^  ut  dicitur  ,  quos  poli 
filius  e)us  Marius  in/Egao  excitavit  mari.  Onde  lo  cita , e  ne  Ipicga , come  pro¬ 
verbio  j  quel  detto  »/>1  Simpulo^  i’eruditiflìmo  Paolo  Manucci, 

De*  Vaji  delle  Terre  Medicinali . 

Cap,  XXII. 


Ghelfuee. 
R»far.  P.ii 
C.  2.  7f. 


La  Plaftica ,  eh’  è  quell’  Arte ,  che  sà ,  e  non  di  rado 
Suol  di  Creta  formar  Vafi  d'  onore , 


in  Vali  per  appunto  d’onore  lavorò  quelli  del  Muleo ,  havendo  fatto  ogni  sfor¬ 
zo,  acciò  riufcilsero  sforzi  della  fuaindullria^  e  Parti  perfr trillimi  di  le  medefi- 
ma  ,che  pur’  è  Madre  della  Statuaria ,  della  Scoltura ,  c  dell  'Intaglio ,  come ,  al- 
D.jj.r.  12.  Io  Iciiveredi  Varrone, riferito  da  Plinio,  chiamòlla  Palitele(non  Prafirelc,  il 
Padre  di  Cefifodoro)  quegli, che,  famofillimo  in  tutte  quelle  Arti,  nulla  mai 
fece  nelle  tre  ulriine ,  che  prima  con  la  Pla¬ 
ftica  non  fi  configlialse ,  facendone  di  terra 
i  modelli .  E  quali  la  Iquifitczza  del  luo  ar¬ 
tifizio  non  fulse  per  ballar  loia  afarcon- 
lervare  in  quelli  Vali  l’ onorcvolezza  dell’ 
ulo,  per  meglio  afiìcurarfene  non  volle  am¬ 
mettere  nella  fabbrica  loro  Terre  «che  dal¬ 
la  Medicina  non  fulsero  dichiarate  per  in. 
trinleche  facoltà  preziofe .  E  le  pure  in  al¬ 
cuni  fi  valle  di  terra  men  nobile,  pc r  luppl  v 
re  all’ignobiltà  di  quella,  gareggiò  col  di 
lei magillero quello  della  Pittura:  da  cui 
di  più  che  buon  grado  lalciò  ella  vincerli , 
acciò  meglio  vincelscro  il  Tempo  quelle 
lue  produzzioni  :  alcune  delle  quali  ,  a 
dilpetto  della  propria  fragilità,  contano  i 
Secoli ,  &  in  grazia  della  Pittura ,  che  v’  el- 
prcfse 

Profpettive  y  color  y  sforzi ,  e  vaghezze  y 
durano  illele.  Di  Terre  Medicinali  lonot 
fatti  tutti  li  lulseguenti.  i 

a  Due  VASI  di  TERRA  SAMIA, 

di 


G  reg.Duceh. 
Stacch.C.i- 
4'  ■■ 


LIBRO  TERZO.  CAP.  XXlU  2^7 

0 

di  patta  candida ,  e  per  avventura  di  quella  fpczie ,  che  Collirio  fù  detta  Tperche 
.entrava  nc’ Collirii,  medicamenti  per  gli  occhi,  &  era  di  maggior  finezza  di 
qualfivoglia  altra  Terra  Samia .  L’ uno ,  e  l’ altro  è  della  figura  qui  efprefsa  :  ma 
deir  altezza  di  quattro  palmi ,  invetriati ,  e  dipinti  a  vaghilsimi  Arabefchi  dora¬ 
ti  in  campo  bianco ,  ò  di  color  d’ avorio,  e  trafparcnti  poco  men  che  fe  fufsero  di 
vetro.  Iloro  Manichi, che fonodue  per ciafcheduno,contrapofti,  piani, e  nel¬ 
la  cima  larghi  fei  deta ,  furono  dipinti  nello  ftefso  modo ,  e  di  vantaggio  fegna- 
laticonunalungafiladi  pertugi  grandi,!  quali  pa/sanodauna  banda  all’ altra, 
e  nella  fommità  vi  formano  come  una  Rola.  La  qual  forte  di  lavoro,  cfsendo 
Greca,  cofpifa  colla  materia,  ad  autenticar  quelli  per  Vafi  Samii,  Tanto  infie- 
me  prova  l’ efsere  quelli  ttati  portati  dalla  Grecia  ;  e  tanto  conferma  il  confron¬ 
to  di  quella  alla  Terra  Samia  delle  Officine  ;  la  quale,  come  fi  legge  ne  gl*//»- 
dri^i  dell'  Arte  dello  Speciale  Medicinaliìia.  che  vanno  annelsi  airAntidota- 
rio  di  Bologna ,  publicati  dal  Dottor  Montalbani ,  Decano  del  Venerando  Col¬ 
legio  de’ Medici  di  quella  Città,  e  nn'  Argilla  fina  affai,  e  candida  ,  av^ta  per 
l' ottima  delle  Terre  da  far  Vafi.  Onde  a  ragione  per  Vafi  di  terra  Samiafmono 
raccordati  nel  Catalogo  delle  Cole  del  Muleo,  ftampato  del  1 66y.  in  8,  Nè  1’  ef¬ 
fere  eglino  moderni ,  come  che  fembrino  faciture  di  quello  Secolo,fcema  punto 
inefsì  l’antico  pregio  de’  Vafi  di  Samo:  mentre  la  gentilezza  deU’artifizio  di 
ciafeheduno  corriloonde  benilsimo  a  quel  grido,  che  dichiarò  Principi  dell’Ar¬ 
te  i  Vafai  di  queirilola,ch’è  una  dell’Arcipelago  ,aggiacente alla  lonfa , Pro¬ 
vincia  dell’ Alia,  e,  di  tré  Ifole  così  anticamente  chiamate,  loia  ferba  l’antico 
nome  :  la  quale ,  dopo  la  memoria  della  Sibilla ,  quindi  chiamata  Samia,  c  di  Pi¬ 
tagora  (potrebbe  dirli  anco  di  Policrate,  contemporaneo  di  Pitagora, fe  fuffe 
flato  altro  che  un  Tiranno,  degno  da  finir,  come  i^ece,  la  vira  in  un  Patibolo) 
che  l’onororno  co’ loro  natali ,  non  vantò  cola  più  celebre  de’rinomati  luoi 
Vafi  ;  de’  quali  forniva  non  folo  la  Grecia ,  ma  tutta  l’ Europa ,  e  l’ Alia  ancora , 
&  in  tanta  copia,  che  ne  nacque  il  Proverbio,  anco  in  quelli  tempi  famofo ,  Va 
fa  Samum  ferre,  tralafciato,  non  sò  come,  da  Paolo  Manucci  ne  gli  Adagii,  è 
lolito  dirli  di  chi  porta  una  Merce  in  un  luogo,  ove  ne  fia  maggiore  abbondanza, 
che  altrove,  comedi  chi  rccalfe acqua  al  Mare  ,  Icgne  al  Bofeo,  verfi  ad  un 
Poeta,  òraccontaffe  cola  meglio  da  gli  afcoltanti,  che  dafe  medefimo  faputa. 
Nel  qual  lenlo  l’ addulfe  1’ Arjollo,con  altri  dello  ftelfo  lignificato  in  quelli  verfi. 

M  raccontarlo  a  voi,  mi  paria  quafi. 

Magnanimo  Fgliuol  d'  Ercole  invitto , 

Fonar,  come  fi  dice ,  a  Samo  Vafi, 

Nottole  à  Atene,  e  Caco  drilli  à  Egitto. 

3  Non  fi  fmalcivano  quelli  Vali  in  tanta,  copia  lolamcnte  per  la  bellezza  lo¬ 
ro,  ma  eziandio  per  le  virtù  intrinfeche  della  materia , di  cui  erano  compoili, 
e  Ipezialmente  per  l’ Alcffifarmaca  ,  la  quale  nè  dalle  prime,  nè  dalle  fe¬ 
conde  qualità  dipende  .  Delle  quali  virtù  ne  didero  gran  J(;ofe  gli  antichi 
Medici,  che  della  Terra  Samia  utile  nella  Medicina  ne coftituirono  due Ipe- 
2ie,  runachiamòrno  col  nome  d’ Attere,  forfi  per  clTere  flato  cottumedi  le¬ 
gnarla  colla  nota  d’ una  ftella .  L’ altra  appellòrno  Collirio ,  perche ,  come  s’ è 
detto  di  lopra ,  entrava  nc’  Collirii ,  medicamenti  per  gli  occhi .  Quella ,  come 
avvila Diolcoride,  è  candida,  rara,  molle,*  quella  bianca,  arenofaì  e  dura: 
amendue  dolci  al  fapore,  ma  di  facoltà  aftringcnte,  e  refrigerante.  Che  però 
be  vute  con  fiori  di  Melagrano  lelvaggio  ,come  propone  il  medefimo  ,  tratten¬ 
gono  i  fudori ,  e  frenano ,  anzi  fermano  gli  fputi ,  &  i  fluffi  di  fangue  :  &  i.mpia- 
flrate  con  Oiioiofato  »  fédano  le  infiammazioni ,  e  le  fluffioni  podagriche ,.  &  in 

Za  «ua 


Pag.  f. 


Abr.  Ortel. 
Nomencl. 
Gttgr,  &  in 
T  htatro. 
Percaech. 

IfoLf.'yC). 

ExSteJimb, 
Stafio . 


t\ofm.  funt 
Crocum  in 
Ciliciam;  in 
^gypturn.. 
fct'ges;  iQ 
Norvegiam 
afferes  ;  Al- 
ciano  Pema 
fetre.Scc. 
Furiof.  Càt. 
40. 1, 


L.  J.C.119. 


L.^’de 

mtà.fac. 


lu3T.  r.  li. 


L.  3y*  II» 

L.j.dbf^C, 
PI,  Ut,  cit. 


x6%  M  r  s  E  0  C  0  S  P  I  A  N  0 

una  parola,  come  infegnò  Galeno  (il  quale  però  fi  valfe  parrTcolarmentc  dcl- 
r  Altere)  giovano  a  tutte  quelle  pafifioni,  che  richiedono  moderato  refrigerio  , 
E  perche  con  ciò  và  congiunta  la  virtù  Ale(fifarmaca,che  principalmente  fi  pre¬ 
gia  nc’  Vali:  nc’  folpecti  di  veleno  prcfo  per  bocca  lodafi  il  vino ,  ò  l’ acqua  fia¬ 
ta  ne’medcfimi  Vali  infula:  overo  fi  beve  la  polvere  della  Terra  fielfa  con  acqua, 
la  quale  giova  parimente  contro  il  morfode’Serpenti.  Per  le  quali  virtù  ben 
può  chiamarli  T erra  fcacciatrice  de'  mali  con  Nonno  in  quel  vetfo 

A^Mo/  V  ttii  •niiK^ , 

Ahi  quidem  ohflabant  alexicaca  quadam  argilla . 

4  La  figura  loro  li  dichiara  per  VASI  MENSALI,  anzi  da  vino,chenò. 

Al  qual’  ulo  de’  Vali  di  quella  forte  allufe  il  Poeta  Panfilo,cantando  ad  un’Ami¬ 
co  .  Nec  pudeat  Samio  te  majftca  fundere  Vafe , 

5  NoBeranoperòmcToinufoper  le  vivande;  onde  Plinio,  come  fi  notò  di 
fopra ,  parlando  de’  Vali ,  Samia  ,  difle ,  etiamnum  in  efculentis  laudantur ,  E 
prima  Tibullo. 

Et  tibi  lata  trahant  Samia  convivia  tefia. 

6  Anzi  cofiumòlfid*  adoperarne  anco  ne’ facrifizii .  Di  che  Plauto 

■  ■■  — ««•  genio  fuo  uhi  quando  facrifìcatt 

Ad  rem  divinam,  quibus  opus  eli,  Samiis  utitur  Vafìs, 

7  Altro  VASO  di  TERRA  SAMIA,  men  bianca, e  men fina  della  palla 
de’  precedenti  ,c  torli  di  quella  Ipezie ,  che  fù  chiamata  Afiere,  per  elTere  fiata , 
come  fù  congetturato,  imprelTa  col  fegno  d’ una  ficlla .  E*fimile  a’  lopra  deferir¬ 
ti,  e  nella  figura,  c  nella  Pittura  ;  ma  è  alquanto  minore:  E  gli  Arabelchi,  che 
Tornano ,  parimente  di  color  d’ oro  in  campo  bianco,  fono  Ima  Itati  di  macchie 
grandi  azzurre.  Hà  i  Manichi  larghi  un  palmo,  co  i  dicci  trafori ,  ch’elprimo- 
nocome  due  Rote.  Anco  quello  giudicali,  come  i  due  Indetti ,  Valoda  vino. 
E  tutti  inficme ,  fe  per  la  fimiglianza  loro  fembrano ,  c  forfi  lo  tono ,  opere  d’ un 
fnlo  Artefice ,  per  la  bellezza  non  farebbono  indegni  delle  Menfe  d’ un  Grande; 
crecchercbbonoanzi  pompa, che  nò  ,a  quelle  d’ un  modeftilfimo  Agarocle,  il 
quale ,  quantunque  Rè  d’ una  delie  maggiori  Itole  del  Mondo,  com’  è  la  Sicilia, 
le  volle  pur  tempre  imbandite  di  Vali  di  terra ,  e  per  appunto  di  Samo ,  confi  cl- 
prelle  Antonio,  che  di  luici  lafciòquel  bellilfimo  Epigramma. 

Tatua  e  fi  ffiiltbus  ccenaffè  Agathoclea  \Regem , 

Inique  abacum  Samio  fape  onerafè  Luto, 

Tercula  gemmatis  cum  poneret  aurea  Vafis, 

Et  mifeeret  opesy  pauperiemque  fimul: 

^^arenti  catifat»,  rtfpendif.  Rex  ego  qui  fum 
Sicania  y  figulo  fium  genitore  fiatus, 

8  Quanto  poi  lia  antico  fiulo  de’ Vali  di  Samo,  può  dedurli  dall’ antichità 
dell’  Arte  in  quell’  Ifola  :  nella  quale  è  parere  d’ alcuni  che  nalccfie  la  Plaftica , 
inventatavi ,  come  di  lopra  fi  moti vò  ,da  Reco ,  c  da  Teodoro ,  molto  prima  che 
da  Corinto  fuffe  cacciata  la  Famiglia  de’  Battiadi,lcrivcndone  Pimio:  Suntqui 
in  Same  primot  omnium  Plajlicen  invenijfè  Rhoecum  ,  ^  T hcodorum  tradant , 
multi)  ante  Battiadas  Corintho  pulfios .  Anzi  coftoro  credettero, che  T  Arte  me- 
defima  tulle  quindi  portata  in  Italia  da  Euchiro,  &  Eugramrao ,  che  vennero  in 
Tolcana  con  Demarato  fuorulcito  di  Corinto,  ilqualc,  allolcrivere  di  Livio, 
fermatoli  nellaCittà  de’  Tarquinii ,  vi  generò  Tarquinio  Prilco  ,chc  fù  ii  quin¬ 
to  Rè  de’ Romani .  Che  però  Plinio  alle  tefiè  citate  parole  loggiunle:  De»4- 
ratum  vero  ex  eàdem  urbe  profugum  ,  qui  in  Hetrurià  T arquinium  frificum^ 
Regem  Populi  Romani  genuit ,  comitatos  fi&ores  Euchira  ,  &  Eugrammum  ,  ab 


L  I  B  n  ó  terzo:  cap.  xm  169 

iis  ItAlU  traditam  Plajtice»,  lopcròftimochecoftoroportaffcro  in  Italia  più 
torto  la  finezza  dell’ Arte,  che  l'Arte  medefima,  mentre  offervo che quefta , 
non  poco  prima  d’eflì  vi  fioriva ,  e  mallìmc  in  Roma ,  e  con  tanta  copia  d’ Artcfi* 
ci ,  che  Numa  Pompilio ,  il  quale  f  ù  il  fecondo  Rè  de’  Romani ,  e ,  come  (opra  fi 
dille,  con  l’autorità  di  Cicerone,  e  di  Giovenale,  coftumò  di  facrificarc  a’ Dei 
col  Simpulo,  e  ’l  Catino  di  terra ,  potè  formarne  un  Collegio ,  che  fù  il  fettimo, 
raccordato  anco  da  Pltnio,  che  fcrilTe;  Numa  Rex  feptimum  Collegium  Tigulo- 
rum  iujlituit.  Le  Officine  de*  quali  erano  parte  nc’ Campi  Vaticani  (ove  ne  fo¬ 
no  parimente  a  noftri  tempi  )  come  accenna  Giovenale ,  mentovando 

—  Vaticano  fragiles  de  monte  patellas  , 

£  Marziale ,  facendo  menzione  de’ Cadi  Vaticani ,  ove  Icrive 
^uid  te  Tucca  juvat  vetulo  mifeere  falerno 
In  Vaticanis  condita  multa  Cadis , 

Et  altrove  Imputet  ipfe  Deus,  neStar  mihi  fiat  acetum: 

Et  Vaticani  perfida  Vappa  Cadi. 

E  parte  su  la  finìrtra  ripa  del  Tevere:  da  frantumi  delle  quali,  foliti  a  gettarli 
tutti  in  un  luogo,  ne  rilultò  poi  il  Monte  Tertaceo,  non  piccolo  indizio  della_ 
moltitudine  loro.  D’ uno  de  gli  Operai  delle  quali  parla  quel  Marmo,  che  al 
prefente  fi  vede  incartrato  nel  muro  d’una  Porca  della  Villa  di  Timoteo  Xime- 
nesnelia  Via  Tiburtina ,  non  lungi  da  Roma ,  leggendo  vili 
CN.  MANLIVS  SOTERICVS  FORGIA 
ATHENIS  FECIT  SCHOLAM  OLLARVM 
XX.  SIBI  ET  SVIS . 

9  Quattro  VASI  di  TERRA  INDIANA,  BIANCA,  limile  alla  Samia, 
cforfi  congenere  a  quella,  e  probabilmente  analoga  nelle  facoltà.  Due  fono 
di  color  paonazzo,  e  due  bianchi,  e  tutti  fraaltati  d‘ oro,  e  non  men  belli  nell* 
artifizio  de’  tré  precedenti . 

jo  Due  TABACCHIERE  da  pigliar  Tabacco  in  fumo,  fatte  di  TERRA 
INDIANA,  CANDIDA,  leggierilfima  ,  e  per  avventura  di  quella,  che  li 
cava  dal  Lago  del  Melfico,  che  lubito  ertratta  hà  formadifango,  e  pofeiaal 
fuoco  ridotta  in  globi ,  e  partelii  ,acquirta  il  color  della  neve,  con  cui  s’ imbian¬ 
cano  le  mani  gli  h  ibitantidi  que’  contorni  :  dà’quali  perciò  chiamali  Hicatlalli, 
cioè  Terra  candida,  come  fcrive  Giovanni  di  Laét  nella  delcrizzione deli’ In¬ 
dia  Occidentale.  Il  Vormio  gli  alTegna  le  virtù  delia  Cerufia  ,  affermandola 
fredda ,  e  lecca ,  con  facoltà  d’  artringere ,  fenza  mordacità  :  e  foggiunge  cho 
con  ella  gli  Artefici  ripulilcono  l’argento;  e  quindi  argomenta  doverli  riferire 
alleerete.  Crederei,  che  poteffelervire  per  la  Terra  Eretria,  ò  Cimolia  can¬ 
dida  de  gli  Antichi  ,havendone  tutte  le  note.  Sono  rtate  portate  dai  Braille,  8c 
ambedue  figurano  una  Terta  di  Cane ,  ma  l’ una  è  maggiore  deU’  altra . 

1 1  T  ABACCHIERA  da  pigliar  Tabacco  in  fumo  «fatta  di  TERRA  GHIA; 
così  detta  daU’lfola,  d’onde  fù  portata,  ch’è  una  di  quelle  dell’Arcipelago, 
non  molto  dirtante  da  Samo.  Quefta  è  una  forte  d’ Argilla  bianca ,  e  crortofa, 
molto  lodata  da  Medici  antichi,e  da  moderni  per  le  virtù  Medicinaii.che  fono  le 
medefime  della  Terra  Samia .  Oltre  le  quali  Galeno  v’  olfervò  la  facoltà  Cofme- 
tica,arterendo,che  le  donne  fe  ne  valevano  a  lifciarfi,Ievàdo  le  rughe  della  pelle. 
Altri  la  propongono  per  ottima  nelle  feottature .  Viali  particolarmente  ne’Paefi 
del  Turco .  Nell’  Italia ,  &  altre  Regioni  Occidentali ,  poco ,  ò  nulla  le  ne  porta 
per  u(o  Medico,e(rendovi  il  Bolo  bianco  deirElba,Ifola  del  Gràduca  di  Tolca- 
na,c’  hà  le  medefime  virtù  di  quella,&  è  di  vantaggio  potentilfimo  corro  veleno. 

la  FIASCHETTO  di  BOLO  BIANCO  ORIENTALE,  eh’  è  una  fpe- 

Z  ^  zie 


Id. ìbid. 


Jat.  6. 


L.i. 


L.iz.  61.^9'. 

Riariatil 
Rnin.  Remi 


jiring.Pofnl 

ìStibterr.l.a» 

f.  1  J.  K«.  1. 


Lib.^.eaf.6, 
L,  I.  Mttf. 
e.  3«  4* 


Diefe.  l,  jj 
c,  IJI. 

Gal,  1.9,  do 
Jtmfl.  medi 
fac. 

V»rm,  L 
^Hp. 

Cgfalf.  de 
met.t.i-e,u. 


Extrcit.il» 
fefl.  z* 


Btllott.  1. 1. 
•bf.  t.zi.iu 
>3*  »4» 


iL>  I.  Muf. 

€%  4*F* 


ayo  m  V  S  E  0  C  0  S  V  ì  A  H  O 

2Ìcdi  terra  LENNIA  non  offcrvata  da  gli  antichi,  i  quali  conobbero  io- 
iamente  la  roda ,  che  non  tinge  (  di  cui  facevanfi  li  tanto  rinomati  Sigilli  di  Dia¬ 
na  )  la  Rubrica  fabrile ,  che  tinge ,  e  la  Creta  Fullonica .  Quefta  Terra  di  cogni¬ 
zione  moderna  è  un’  Argilla  di  color  bianco ,  inclinante  al  cinericcio ,  tenace , 
&  aftringcnte ,  e  che  perciò ,  toccata  colla  lingua ,  lubito  vi  s*  attacca ,  ma  fenza 
mordacità .  Per  lo  che  s*  ufa  con  gran  giovamento  ne’  fluffi  di  (angue,  in  qualun¬ 
que  parte  fi  facciano^  e  nelle  di/enterie:  nè  men  utile  riefee  nelle  febbri  mali¬ 
gne,  e  peftilenti,  e  ne*  pericoli  di  veleni  prefi  per  bocca ,  ò  impreffi  col  raorfo ,  ò 
punture  de  gli  animali  velenofi  fermandone  a  maraviglia  la  malignità  »  fc  ne  fia 
bevuta  la  polvere.  Lo  Scaligero,che  nel  complciTo  delle  feconde  qualità  fonda 
r  efficacia  di  quella  Terra,  (piega  il  modo  della  di  lei  operazione  alelfifarmaca, 
dicendo  che  in  virtù  di  tal  complclTo,  come  ftrumento  dalla  fualdea,  fifrappo- 
ne  trà’l  cuore,  e ’I  veleno,  e  colla  fuaaftringenza  trattiene  i  progredì  di  quello, 
c  corrobora  la  virtù  di  quello .  Con  che  egli  v’  ammette  due  facoltà  \  l’ una ,  con 
cui  fi  porta  al  cuore;  l’altra ,  con  cui  lo  difende ,  con  ajuto  certo ,  non  cafuale . 

1$  Il  differir  quella  Terra  di  colore  dalla  Lennia  Medicinale  deferitea  dagli 
Antichi,  hà  fatto  credere  a  taluni,  ch’ella  non  fia  fpczie  di  Terra  Lennia,  ne¬ 
gando  quelli  ritrovarfene  ne’ nollri  Secoli,  per  edere  rifola  diLenno,  donde 
portavafi,di(abitata.  Ecosì  giudicorno  Medici  di  prima  clade, come  il  Mattio¬ 
li  ,  il  Brafavolo ,  il  Falloppio ,  e  l’ Aldrovandi ,  ò  chi  per  edo  perfezionò ,  e  pu¬ 
blico  il  Mufeo  Metallico.  Non  ollante  però  l’ autorità  di  Letterati  di  tanto  gri¬ 
do,  l’efpericnzad’ alcuni  tellimonii  di  veduta,e  particolarmente  di  StefanoAI- 
bucario, edi Carlo  Bellonio,  iqualinavigorno  in  queir Kola,  che  oggi  StAli~ 
mene  s’ appella,  infegna  non  eder’ ella  difabitata:  e  trovarli  in  ella  quella  lotte 
diBolobianco,  &  altre  ancora  d’altri  colon,  non  didercnti  nelle  virtù  dalla 
Terra  Lennia  de’  Medici  antichi.  E  le  odervazioni  loro,  come  notò  anco  il  Vor- 
mio, convengono,  che  quella  Terra  fi  civi  in  un  luogo  lolo ,  cioè  in  un  colle 
fertile,  vicino  ad  un  Caftello,  chiamato  Repondo  nella  parte  Orientale  dcii’llo- 
Ja  :  e  non  eder  vi  tra  quegl’  Ifolani  memoria ,  che  ne  fia  mai  Hata  cavata  altrove  ; 
che  quivi  fianvi  tré  cave ,  due  rovinate ,  e  la  terza  (omminiftrante  il  Bolo  d’ og¬ 
gidìi  che  in  quella  non  fi  cavi,  fe  non  un  giorno  folo  dell’ anno,cioè  a  lei  d’Ago- 
(lo,  e  non  più  di  (ei  bore  di  quel  giorno,  che  principiano  alla  levata  del  Sole; 
penfando  luperlliziofamente  i  Turchi  non  edere  d’ alcuna  virtù  la  Terra ,  che  in 
ogni  altro  tempo  fi  cavade  ;  che  la  Terra ,  che  ivi  fi  cava  ,  per  la  maggior  parte  è 
bianca,  l’altra  è  talvolta  roda ,  talvolta  gialla  à  guifadcl  Bolo  Armeno.  E  quin¬ 
di  argomentano, che  ò  quefta  habbia  mutato  la  natura  primiera,  generandoli  ò 
bianca ,  ò  gialla ,  dove  l’ antica  era  rofsa  :  ò  che  la  Terra  Lennia  di  Galeno  fi  ca- 
vafse  in  qualche  altro  colle  già  rovinato.  E(screGreci,cnon  molti,  glijOpe- 
rai ,  e  per  quel  breve  tempo  che  cavano,  bcnilfimo  guardati  da  Minillri  de’  i  ur- 
chi  Refidenti  al  Governo  deirifola,  acciò  non  ne  portino  via.  Che,  mentre 
ca  vano,  (pira  la  caverna  un’ odor  (oave.  Nè  tutta  la  Terra,  che  cavano,  fi  giu¬ 
dica  buona ,  ma  (olo  quella  che  trovano  trà  certe  pietre  fragili ,  più  pingue  del» 
i’ altre,  tenace,  c  (enza  miftura  di  (abbia.  E  finito  dicavare  per  quel  poto 
tempo,  fi  chiude  lo  (peco,  nè  più  s’apre,  fino  all’ altr*  anno  nel  giorno  mcuc- 
firao.  Onde  non  è  maraviglia,  che  fia  molto  rara  quella  Terra,  edendo  troppo 
breve  il  tempo  ,c  pochi  dì  mi  gli  Operai  ,che  vi  s’adoprano  a  cavarla .  E  quella 
lavali  pofeia  da  un  folo, e  quindi  fofpefa  ne’ (acchi,  fi  lafcia  che  ne  (coli  tutta_ 
l’acqua;  e  dipoi  lo  (ledo  ne  forma  diverfe  Made  grandi,  epiccole,  ch’egli  im¬ 
pronta  con  un  Siglilo  publico ,  in  cui  fono  intagliate  lettere  Turchefche ,  the  di¬ 
cono  Thinimachiòftt  e  fignificano  Terra.  Sigillata  :  e  (eccate  fi  mandano  in 

Coftan- 


LIBRO  f  0.  CAP.  XXll  271 

CoitantinopoIiinfìemecolSigilloadopratonelfigillarte;.  onde  fono  pofdain 
diverfe  parti  trapporratc  (otto  nome  di  Terre  Sigillate  ufo  Medico  jhaven- 
do  tutte  le  viccùda  gli  Antichi  aiTcgnate  alla  TerraLennia  da  eftì  defcritta .  Ma 
non  cede  a  quefta  in  virtù  la  Terra  Sigillata  del  Granduca  di  Tofcana,  che  di- 
ce(IìiuocavarfìneirElba,IfoladiS.A.S.ebolobianco»  e  da  taluni  candido» 
vien  detta  :  e  ferve  in  tutto ,  e  per  tutto  per  la  Terra  Lennia  bianca ,  per  la  Ghia , 
e  peri’ Eretria.  Simile  a  cui  fi  cava  del  Bolo  bianco  in  diverfi  altri  luoghi  d’Eu¬ 
ropa  r  cioè  nella  Norvegia ,  nella  Fionia  »  nella  Selandia ,  in  Boringoltno  ffoia  di 
Danimarca,  e  nel  Territorio  di  Goltberga.  Le  quali  fpezie  tutte  defcrivonfi 
partitamentedal  Vormionelfuo  Mufeo.  E  di  ciafcheduna  d’ciTc,  non  meno 
chedella  Terra  Lennia ,  formanfi  Vafi ,  per  la  virtù  alefiifarmaca  molto  {limati  a 
beverci  dentro ,  &  ufati  particolarmente  a  contener  le  bevande  de  gl’infermi  di 
febbri  maligne ,  e  peftilenti . 

14  Quattro  VASI  di  BOLO  BIANCO  CINEREO,  forff  dell’ Elba. 

15  DueTAZZE  di  BOLO  parimente  BIANCO,  e  per  avventura  dell’ Ifola 
medefima  :  l’orlo  delle  quali  in  due  lati  oppoRi  fi  piega  in  dentro  in  maniera,che 
r  una  parte  accoflandofi  all’  altra ,  quali  la  tocca,  e  forma  come  due  labbra, che, fc 
non  (i  toccano  infieme,sébrano  di  voler  baciar  quella  bocca, che  a  loro  s’accoRa. 

16  Due  TAZZE  di  TERRA  ODORATA ,  così  chiamata ,  perche  fpira  un* 
odor  foavc,ch’è  nó  lieve  indizio  delle  fue  virtù  contro  la  pcfte,le  febbri  maligne, 
&  i  veleni .  Toccata  con  la  lingua  vi  s’ attacca  non  altrimeote ,  che  gli  altri  Boli . 

17  BOCCIETTA  di  BOLO  ROSSO  ORIENTALE,  ò,  diciamo,,  di 

TERRA  LENNIA  ROSSA,  portandoli  anco  quefta  di  Stalimene,  e  per  lo 
più  Sigillata,  come  la  bianca.  Toccatacolla  lingua  vi  s’attacca  non  alcrimente 
che  la  bianca  j  e  perche  non  lafcia  tintura  a  differenza  della  Rubrica  Fabrile  (ch’è 
la  feconda  fpezie  della  Terra  Lennia  di  Galeno,  come  la  Creta  Fullonica  è  la 
terza  )  fi  fà  conofeere  per  la  Terra  Lennia  roda  de’  Medici  antichi,  tanto  rinoma¬ 
ta  per  la  fui  virtù  alcflifarmaca .  In  che  luogo ,  e  maniera  oggidì  li  cavi ,  s’ è  rife- 
ritodifopra.  Anticamente,aldirediOiofcoride,  cavavafi  in  unafpeloncadi 
(ito  paludofo  :  &  al  tempo  di  Galeno ,  in  un  monte  per  altro  lìerilifTimo ,  vicino 
ad  EfeRia ,  Città  Orientale  di  quell’  Ifola ,  il  cui  nome  per  l’ analogia  che  tiene 
con  quello  di  Vulcano,  che  da  Greci  BfeBo  lì  chiama,  diede  origine 

alla  favola  della  di  lui  caduca  dal  Cielo,  in  Lenno ,  che  per  gran  ventura  non  gii 
coflò  più  che  una  (travolta  di  piede .  Credettero  alcuni ,  e  tra  quefìi  Dioicoride 
medefimo ,  che  quella  Terra  s’impaftafle  con  (angue  di  Capra .  Ma  che  quello 
non  ci  entrade  ,  ne  (à  ampia  fede  Galeno  ,  il  quale  per  accertarli  di  ciò ,  e  lapere 
la  vera  preparazione  di  quella  Terra,  &  ha  verne  della  migliore,  ben  due  volte 
navigò  in  Lenno  :  e  nelPultima  notò  che  adaltri  non  era  lecito  il  toccarla,  fuor» 
che  alla  Sacerdotefla  di  Diana:  la  quale,  lavatala,  ò  purgatala,  la  riduceva  in 
padelli,  eh’ ella  impronta  va  col  (acro  Sigillo  di  Diana:  d’ond’ erano  poi  chia¬ 
mati  sigilli  di  Diana,  I quali  pofcia, come  pur’ oggi  s’ufa,  erano  portati  in-. 
varie  parti  del  Mondo  per  ufo  medico,  edendo  potentìdìmi  controveleni,  & 
altrettanto  utili  in  tutte  le  indifpolìzioni,  nellequali  lìa  medieti  d’adringere. 
L’Italia  però  non  hà  bifogno  dì  quedo  Bolo  Rodo d’ Oriente,  havendonedi 
proprio ,  che  fi  cava  nell’  Elba ,  e  nel  Giglio ,  Ifole  aggiacenti  alia  Tofcana ,  non 
meno  edì':acedi  quello  contro  i  veleni ,  e  le  febbri  pellilenti. 

18  Due  VASI  di  BOLO  ROSSO  dell’  ELBA,  col  piede  fatto  a  campa¬ 
na,  e ’l  corpo  ventricolo,  intagliati  di  vani  fiorami,  òcarabelchi  che  padano  di 
dentro ,  e  fanno  ornamento  a  tré  Tede  d’ Angioli ,  che  vi  fono  (colpiti .  Hanno 
il  collo  alto,  e  largò,  in  cui  fi  fingono  tré  Medaglie  con  Tede  tutte  d’una  politura, 

&  edì- 


Loe,  tit. 


Mofearà, 
l,  2.  Mvf. 
c.  105. 


Z.5.  f.72 


Lpe,eit. 


L.9<  de 
fmfl. 


Cafalf.l, 

f.13. 


Met, e,  3. 
p.  328. 


tee.  eh, 

p.  230. 


enti. 


Verm.  L  1. 
Mul.e.^  p.ll 
Mtfcard, 
l,  2.  Aiuf, 
c,iy.&e. 


tyt  M  V  $  B  0  C  0  S  P  I  A  N  0 

&  effigie ,  le  quali  pajono  coronate  d’ alloro  ;  e  l’ una  Medaglia  è  diftinta  dall’  al. 
tra  con  varii  fiorami.  Il  coperchio  d’ amendue  è  fimile  al  piede. 

,9  Due  BOCCIETTE,  ò  FIASCHETTE  di  BOLO  ROSSO,  credo  del¬ 
l’Elba  .  Vna  d’effe  è  piramidale,  l’ altra  più  ventneofa . 

io  Due  TAZZE  parimentedi  BOLO  ROSSO,  e  forfideirifolamedefiraa. 
21  VRNA  MENSALE  di  BOLO  ROSSO,  di  quelle»  che  il  volgo  chia¬ 
ma  Boccali , 

32  Due  SCODELLE  del  BOLO  medefimo. 

33  Due  VASI  di  BVCCARO  ODOROSO.  Quella  è  una  Terra  conge¬ 
nere  a’ Boli  rolli,  la  quale  fi  cava  nel  Regno  di  Portogai  lo,  (Sfèdi  lollanza  così 
tenace,  che  toccata  colla  lingua  vi  s’attacca  in  guila,  che  vi  rimane  pendente. 
£  così  fanno  i  Vali  d’ ella  formati  i  i  quali  fono  in  concetto  di  così  pofseme  virtù 
aleffifarmaca ,  che  flimanfi  rendere  innocenti  i  veleni  in  effi  bevuti ,  Icrivendone 
T  Aldrovandi ,  ò  fia  l’ Ambrofini ,  che  terminò  la  di  lui  Iftoria  delle  cole  Metalli¬ 
che,  Stiod  vettenat*  potio  in  hu\ufmodi  njafis  fumpta^  nequaquam  ladere  potefi, 
quoniam  vis  veneni  occulta  argilla  qualitate  obtunditur ,  Oltre  ciò  fi  fanno  to- 
nofeere  di  facoltà  molto  refrigerante ,  mentre  maravigliolamentc  rinfrefcano  i 
potabili ,  che  in  elfi ,  in  tempo  di  gran  caldo ,  s’ infondono ,  e  riefeono  di  refrige¬ 
rio  notabile  non  che  a’ corpi  fani,  a  gl’infermi,  e  particolarmente  nelle  febbri 
maligne, e peflilenti .  Nè  fono  lenza  virtù  i  frantumi  di  quelli  Vali,  adopran- 
dofi  la  polve  fatta  d’ effi  per  nettare  i  denti,  come  aderii  va  lenza  mordacità .  An¬ 
zi!  pezzi  medefimi  da  taluni  fi  mangiano.  Il  che  parmi  un’appetito  da  donna 
gravida ,  già  che  appunto  delle  donne  gravide  l’ affermò  l’ Aldrovandi .  E  non  è 
molto , che  un  Perlonaggio  da  me  ben  conofeiuto ,  capitato  in  Napoli,  v’  ofltr'  ò 
una  Principeffj ,  che  fc  li  mangiava ,  come  altri  farebbe  le  Palle  di  Genova .  An¬ 
zi  quella,  facendone  parte  al  medefimo  ,  l’invitò  a  gallarne  feco:  e  modratili 
alcuni  Armarii  pieni  di  limili  Vali,  dille,  che  tra  pochi  mefifaceva  conto  d’ha- 
verfeli  mangiati  tutti.  Così  avviene  alla  Terra  del  Campo  Damalceno  (in  cui 
credonogli  Orientali  effere  dato  creato  il  primo  de  gli  huomini  Adamo)  ia  qua¬ 
le  portata  nell’  Egitto ,  c  vendutavi  molto  cara  da  Mercanti  Turchi ,  ivi  da  prin* 
cipali  è  mangiata,  come  cofa  molto  faporita.  Di  limili  Vali  lene  vedono  due 
figurati  qel  Mufeo  dell’  Aldrovandi ,  p.  2  2  9. 

24  TAZZA  di  BOLO  ARMENO,  così  tra’ Boli  Orientali  chiamato , per¬ 
che  vien  portato  d’Armenia,  fpezialmente  da  quella  parte,  che  riguarda  la  Cap¬ 
padocia.  Il  Mattioli  giudicòllofpezie  di  Rubrica  Sinopica .  Altri  furono  di  pa¬ 
rere,  che  fuffe  la  vera  Terra  Lennia.  Ma  che  non  fia  Terra  Lcnnia,  lo  mollra  il 
tingere ,  ch’egli  fà  le  mani;  il  che  non  fuccede  del  Bolo  rollo  di  Sralimcne.  E' 
di  facoltà , come  infegna  Galeno ,  molto  diffeccante .  Onde  giova  aliai  nelle  di- 
fenterie.  Scaltri  fluffi  di  corpo  .negli  fputi  di  fangue,  ne’catarri,  nelle  ulccie 
putride  della  bocca ,  &  è  ottimo  rimedio  a  coloro ,  che  patifcono  di  fluffione  di 
capo,  calcante  nel  petto.*  &  aquelli,chepertal  cagione  difficilmente  rclpira- 
no.  Conferifce  parimente  a’ Tifici ,  difeccando,  c  confolidando  le  ulcere  de’ 
polmoni.  Nè  reca  minor  giovamento  contro  la  pelle,  perche  giufta  Tollerva- 
zionc  dello  fteffo  Galeno,  con  quello  rimedio  folamente  coloro  non  fi  rilanano, 
che  fono  del  tutto  incurabili . 

3$  VASO  tondo,  flriato,  di  BOLO  ARMENO. 

25  Conlemcdefimenote.e  virtù  del  Bolo  Armeno  fi  trovano  delle  Tene 
Medicinali  anco  neH’Europa,  c  particolarmente  nella  Tranfilvania  ,  prelso 
Toccajo,Caftello  di  quella  Provincia,  nella  Livonia,  &inalcuni  luoghi  della 
Germania,  CosìèfamofoilBolodiStrigonia,  d’Erlachia,  &c. 

De' 


L  l  B  K  0'  T  B  K  Z  0.  CAP.  XKIU.  zji 

J>e' Vafi  di  PorcelUaa. 

Cap.  XXlIh 

I  Vafi  delle  Terre,  che  tengono  antipatia  co’ veleni,  meritano  luogo 

X  anco  quelli  di  PORCELLANA,  predicandoli  d’elTi  qualche  facoltà, 
fe  non  di  fuperarli ,  prevalendo  loro,  come  alellìfarmaci ,  ò  diciamo  fcacciato:  i 
di  quelli  (  che  tanto  propriamente  importala  virtù  alelììfarmaca)  almeno  «di  !>£>«)*■ 
prirJi,  come  nimici,  dandone  fegni  evidenti,  col  mutarli  di  colore,  &  intorbi-  cxpaitticé 
dare  la  propria  diafaneità  alla  prefenza  loro,  &  al  femplice  tocco  andarne  in  &veiuti 
pezzi,  come  notò  Io  Scaligero.  Per  lo  che  in  molti  luoghi  s’ufano  nelle  menfe 
ftretta  mence  legati  neH’argento, acciò,  toccati  dal  veleno,  pedano  cangiarcelo-  ab 
re,  fenza  fpezzarli.  Nè  d’ altra  forte  è  fama, che  liano  i  Vali  delle  menfe  del  l’Ira-  quod  cH  ac- 
pcradore  de’  Turchi.  E  d’ordinario  nc’di  lui  Paeli,  come  attefta Simeone  Si- 
monio.  Medico  Boemo,  e  con  effo  Guido  Panz  foli,  ficoftumano  per  beverci  fifloJ|*pi*opel- 
dentroloSciarbetto,ilCadè,elaCiuccolata,  pozioni  famofe,  ed  altri  pota-  lo. 
bili,  acciochefe  vifuffe  framifehiato  veleno,  colla  /ubica alterazione  del  co- 
lore  lo  palelino .  Quindi  giunti  nell’Europa  v’hanno  incontrato  gradimento 
non  ordinario,  ricevuti  non  che  nelle  Menfe,  ne’  Gabinetti  de’ Principi,  e  ne’ 

Mufei  de’  Letterati ,  e  fofpcli  dalle  pareri  per  ornamento  (ingoiare .  Stimafi  vile 
a  loro  paragone  l’argento ,  trovandoli  chi  ne  paga  a  prezzi  pcù  rigoroli .  Co5Ì 
•un  metallo  nobile ,  perche  in  più  luoghi  li  trova ,  la  perde  con  un’ opera  di  terra 
fragile,  perche  in  un  folo,  come  la  fama  più  colante  racconta,  li  lavora:  eia 
creta ,  che  altrove  ferve  a  pulirlo ,  in  quelli  Vafellamt  l’ olcura.  Non  alrrimen- 
te  nella  China,  d’onde  quelli  li  recano  ,lubitoche  vifù  veduto  uno  de’ Criftalli 
Trigoni  dell’ Europa,  vi  fù  preferito  al  c  cole  più  prezzolate:  poiché  non  li 
Rima  ciò  che  in  fe  ftelTo  èragguardevoIe,quand’ è  commune,  mentre  la  rarità 
loia  è  quella,  che  dona  il  pregio  alle  cole. 

2  Circa  la  materia  di  quelli  Vali,  che  accennai  effere  di  terra,  non  s’accorda¬ 
no  gli  Storici  ;  perche  di  molti ,  che  ne  fcriffero ,  pochi  fono  capitati  a  chiarirle- 
ne  là,  dove  li  fabbricano  .  In  una  Tavola  dell’  Alia  li  legge,  che  fi  formano  d’ una 
tal  palla,  che  Uà  fepolta  cent’ anni,  &  è  compolla  di  gulci  di  Chiocciole  mari¬ 
ne ,  e  Icorze  d’ ova,  che  fi  riducono  in  polvere,  e  s’ impattano  con  un  fugo  a  noi 
incognito  :  la  quale  da  chi  la  prepara  viene  fepelita  in  luogo,  il  più  che  polla  ef¬ 
fere , appartato, che  da  Padrifirivelaa’ figliuoli,  enipoti,  aquali  vienlalciata 
in  vece  d’opulente  eredità:  e  quelli,  fpirato  il  fudetto  tempo,  lacavano,  e  ne 
formano  quelli  preziofi  Vafellami .  Quali  io  Hello  ci  lafciò  /entro  Odoardo  Bar- 
bofa,il  quale  notò  quella  tal  malfa  lafciarfi  talora  fepolta  folamente  ottani’ an¬ 
ni:  e,  cavata  che  fia,  per  antica  ufanza,  riempirli  fubito  quel  luogo  di  nuova 
patta,  che  vi  lilafciaperteforode’difcendcnti.  Ilfopracitato  Panz/roliafferì, 
che  tal  matta  li  compone  di  geffo,  d’ovo  trito,  e  feorza  di  Locutta marina. 

Certuni  la  credono  compolla  delle  gufeie  di  quelle  Conchiglie  di  mare,  che 
Porcellette  nella  Francia,  e  Porcellane  in  altri  luoghi  s’appellano,  e  fono  le 
Conche  Veneree,  dette  dal  Vormio  Conche  Porcellaniche:  delle  quali  non 
poche  fpezie  llravaganti  li  vedono  nel  Mufeo,  e  furono  deferitte  nel  precedente 
Lioro.  Elarebbeacoftoro  favorevole  la  ragione  dell’etimologia,  fe,  come 
c  jngetturòl’ Aldrovandifquelti  Vafi  non  fi  chiamaffero  di  Porcellana  più  rotto  /.zjo'. 
perche  trafpajono  come  l’Agata,  gemma,  che  pure  da  taluni  Porcellana  vien 
detta .  Se  bene  co  i  tal  nome  altre  cole  ancora  fi  chiamano  in  tutto  da  quella  ma  • 
teriadilparate,  come  l’erba  Portulaca,  detta  Porcellana  dal  volgo;  e  quella- 

forte 


( 


iLec.  eu. 


ì/bid. 


^tid. 


P74  M  f'  s  B  0  C  0  S  P  l  J  N  0 

forte  di  diafpro  verde, che  Garziadajl’ Orto  diflfe  trouariì  apprciTo  gl’ Indiani ,  e 
fabbncarfene  Vafi ,  che  pajono  di  Smeraldo ,  e  parimente  di  Porcellana  s’ appel¬ 
lano. 

3  Cere’  altri  fi  perfuadono,  che  la  materia  de’  Vafi  di  Porcellana  fia  non  altro, 
che  un  fugo  foteerra  condenfaro ,  e  recato  d’ Oriente .  La  quale  opinione  parmi 
dedotta  da  ciò, che  Plinio  feriffe  di  que’ Vafi  antichi,  che  Murrini,  ò  Mirtini 
chiamanfi(fotro  il  qual  nome  Fefto  intende  quella  force  di  bevanda, che  da  Greci 
Hupfhn  appclIòìTi ,  e  ftimafi  eifere  fiata  il  Nettare  de  gli  antichi  )  notandone ,  hu- 

fi.lij  e.i.  n*orem  putant  fub  terra  calore  denfari.  Perche  appunto  coftoro,  e  con  elfi  il 
txtre.  91.  i  Cardano ,  e  lo  Scaligero ,  credono  che  i  Vafi  di  Porcellana  moderni  fiano  quel¬ 
li  ,chc  anticamente  Murrini  s’appellavano .  E  ferve  lorodi  rifeontro ,  che  que- 
fti  fono  nel  medefimo ,  ò  in  poco  diifimile  pregio  da  quelli,  che  ci  vengono  d’O- 
riente,  come  pure  gli  fieflì,  de’  quali  Plinio,  Oriens,  dille,  Mnrrhina  mittit -, 
che  non  ve  ne  hà  copia  maggiore  altrove  che  nell’  Afia ,  in  una  delle  cui  regioni 
più  Orientali  fi  fabbricano,  come  parimente  di  quelli  avvertì  Plinio,  foggiun- 
gendone:  inveniuntur  enim  ibi  in  pluribus  locis  ^  nec  infignibus ,  maxime  Par. 
thici  Regni,  pracipuè  tamen  in  Carmania .  Che  lodali  in  quelli  la  fottigliezza. 
la  trafparenza ,  la  bellezza  delle  macchie ,  e  de’  colori .  Il  che  pure  di  quelli  pare 
che  s’ affermi  dall’Autore  medefimo  ne’fcgucnti  periodi .  Amplitudine  nufquam 
parvos  excedunt  abacos .  Crajfitudine  rara  quanto  diclum  ejl  Vafi  potorio .  Splen- 
dor  his  fine  viribus,  nitorque  verius  ,  quam  fplendor ,  sed  in  pretio  varietas 
colorum ,  fubinde  circumagentibus  fe  maculis  in  purpuram  ,  candoremque ,  é" 
tertium  ex  utroque  ignefeentem ,  velnt  per  tranfitum  coloris  purpura  rubefeente  , 
laSie  candefeente .  Sunt  qui  maxime  in  its  laudent  extremitates ,  0"  quofdam 
coloris  repercuffus ,  quales  in  caele  Hi  arcu  /pellantur . 

4  Ma  con  tutto  ciò  non  convincono  .  Imperoche  i  Vafi  di  Porcellana, 
quantunque  fiimatiffìmi,  fono  di  gran  lunga  inferiori  nel  prezzo  a’  Murri¬ 
ni:  notando  Plinio  per  cofadigrandilfimolulfo,cheunodi  quelli  Vafi  fù  pa¬ 
gato  ottan  a  Sellcrtii,  che  al  conto  del  Budeo  fanno  mille,  e  cento  de’-  nofiri  Scu¬ 
di  d’oro.  E  di  Nerone  racconta  il  medefimo,  ch’egli  bavelle  pagato  due  Vali 
Murrini  (  uno  de’ quali  fù  poi  in  fuo  difpregio  rotto  da  T.  Petronio  Confolare , 
mentre  ftava  per  morire) trecento  Sefiercii  l’uno,  che  alconro  (udettofanno 
quindici  milla  Scudi  d’ oro  tra  tutti  due  :  col  qual  prezzo  fi  potrebbe  comprare 
un  gran  numero  di  Vafi  di  Porcellana .  E  quanto  alle  altre  particolarità  ,  fe  ben 
s’oiTervano , non  s’avverano  in  elfi  le  principali.  Conciofiacofache  in  quefti 
nè  tanti  colori,  e  macchie  campeggiano,  ne  v’hà  veftigio  alcuno  di  porpora, 
malTime  in  quelli,  che  fi  portano  nclTEuropa,  elTendo  femplicemente  colorici 
d’azzurro  ftavato,  edipintidi fogliami, ed’imaginid’arbufcelh,  e  d’animali 
ftravaganti.  Oltre  di  che  fono  diafani,  al  contrario  de' Vafi  Murrini,  i  quali  lu¬ 
cevano  bensì  nella  fuperfizie,  ma  non  erano  trafparentij  ansila  trafparenza  in 
efsi  giuiicavafi  vizio,  per  quanto  ne  accennò  Plinio,  che  di  certuni,  in  qucfto 

^propofiro  favellando, ///'/jdilfe,  macula  pingues  placent',  translucere  quicquam, 
aut  pallere  vitium  e/.  Oltre  ciò  quelli  erano  odorati,  notandone  lo  Hello  Au¬ 
tore:  aliqua,  ó  in  odore  commendatio  efi\  equcH’odorejComedairctiraolp- 
gia  dedullero  il  Cefalpino ,  e  l’ Aidrovandi,  era  come  di  Mirra,  quale  appunto 
elala  dalla  Pietra  quinci  chiamata  Mirrite,  raccordata  dal  Cefalpino;  Onde 
Mjrrhas  graves ,  chiamòlli  Stazio ,  ove  parlando  d’ Eari no  Coppicro  d i  Domi*! 
ziano,dice  -■■■■  n.  i  >  hic  pocula  magno 

Prima  Duci,  Myrrafqne  graves,  Cryjlallaque  portat 
Candidiore  manu. 

E quefti 


JSsid.dè  ajjt. 


Pi.  loe.  eit. 
Ibtd. 

Cafalp,  de 
Mtt.  l.  3. 
c  2?. 

Aldr.  t  2.5 
Aduf  c.  3, 
t  230. 

Caf.  toc.  eit. 
L-l  Sflv./^, 
P.  5P. 


LIBRO  T  E  T{Z  0.  CAP.  XXlll  17$ 


E  quefti  non  rendono  Qdore^lcuno.  Di  più,  come  parve  ai  Ce/a]p/no>  quelli 
eranofatri  di  fcorie,ò  recrementi  di  metalli:  ò  più  rollo,  come  avverti  Anfel- 
mo  Boezio,  componevanfid’Onica,ò  Sardonica;  fe  anzi,  come  accenna  l’eti¬ 
mologia,  non  erano  fabbricati  della /opramentovata  pietra  Mirrice;  e  quelli, 
fuor  d’ ogni  dubbio ,  fono  di  terra .  Dal  che  di  vantaggio  apparilce ,  che  i  Vali  di 
Porcellana  fono  tutt’ aitrochei  Murrini  de  gli  antichi. 

Bernardino  Celio  nell’ moria  de’ Minerali,  c  Giovanni 
Lezzioni  del  Panziroli , 

5  Che  la  materia  poi  de’  Vali  di  Porcellana  lìa  una  fpe 
fcgueBza,c’habbianodeIfavoJolo  le  opinioni  fin  qui  addotte,  ce  ne  afsicura 
più  d’ un  teflimonio  di  veduta .  E  prima  Gio.  Coniai  vo  Mendozza,  che  di  com- 
milsione  del  Rè  Catolico  fcorfe  la  Monarchia  della  China ,  e  con  tal’  occafionc  j.  hifl, 
offervòla  preparazione  della  Porcellana,  notò  che  quelli  Vali  fi  fabbricano  di  Ghtnit.c.ult 
dura ,  e  crctofa  terra ,  che  lotti jmente  Ipolverizzata  fi  mette  a  rammollire  in  uno 
ftagno  d'acqua  chiufo  intorno  da  un  muro  di  pietra  viva:  dove  macerata, e 
quali  liquefatta ,  ne  trafmette  alla  fommità  la  parte  più  fina ,  galleggiantevi  fo- 
pra,  come  fottililsima  tela,  dejja  quale  fe  ne  formano  1? Tazze  pifillimate; 
fervendo  la  relidenza  per  la  coftruzzione  de  gli  altri  Vali ,  tanto  inferiori ,  quan¬ 
to  più  fecciofa  ,e  crafia  n'  è  la  loftanza ,  Con  quelli  s’accorda  Giovanni  Vgone  j^avig.  (?- 
Linfcottano ,  che  pure  navigò  nell’  India  Orientale,  alferendo  fabbricarli  le  Por-  ncnt.  c.  23, 
celiane  d’ una  certa  fpezie  di  terra ,  eh’  è  d urilsima ,  e  perciò  s’ infrange ,  e  fi  ma- 
cina,e  pofeia  fi  mette  a  macerare  nelle  cillerne ,  finche  ne  fia  luperata  in  tutto  la 
durezza  ;  8c  allora  li  rimena  ben  bene  ;  perche  così  agitata ,  non  altrimcnte  che 
facciaillatte,quando{enecavaiIButiro,tramand3allacima  un  certo,  come 
fiore  di  le  medefimo  abile  aformarfene  Vali  .quanto  fi  voglia ,  lottili .  Nè  l’ uno 
però ,  nè  Paltro  ne  Ipecificò  il  luogo .  Nel  che  non  manco  di  loddisfarci  l’ accu¬ 
ratezza  del  P.  Alvaro  Semeda  Gieluita ,  che  lungo  tempo  fi  trattenne  nella  Chi¬ 
na;  havendo  egli  nelle  Relazioni  di  colà  fcritte  notato,  che  quelli  Vali  fi  fab-  ReUt.Chin. 
bricano  nella  Provincia  di  Kinmjly  in  una  loia  Villa,  dacuielcono(  loggiunge 
egli,  fupplendo  infieme  ad  altre  particolarità  da ludetti  Scrittori  tralalciate) 
tutte  le  Porcellane,  che  fervono  per  quel  vaftilsimo  Imperio,  e  che  per  tutto  il 
Mondo  fi  trafportano  :  benché  ivi  non  vi  fia  la  miniera  di  quella  Terra ,  che  al¬ 
tronde  è  portata  ;  elTervi  bensì  l’ acqua ,  con  cui  l’ impallano,  di  tal  condizione, 
chefcnzaeffarielcono,e  men  terfi,  &  ignobili i  Vali.  Che  nel  formarlinon  vi 
concorre  milterio  alcuno ,  q  fegreto  particolare ,  come  molti  fi  diedero  a  crede¬ 
re  :  ma  che  ricfc.onQ  così  terfi ,  e  puri  per  la  finezza  fingolare  di  quella  determi¬ 
nata  fpezie  di  terra ,  di  cui  fi  compongono .  Che  d’ogni  tempo ,  e  Ragione  le  ne 
fabbricano, e  nellamanieramedefima, che  ulano  communemente  i  Vaiai del- 


Ma  in  ciò  vedali  anco 
Saimuto  {oprale  varie  Salmuth  in 

*  PatTitrU.l.j 

fart.  I  de 

Zie  di  terra  ,  &  in  con?  var.ua. 


T  Europa:  benché  iChinefi  lavorino  con  accuratezza  maggiore.  Dipingonlì 
polcia  di  co'or  ceruleo  con  l’ Amito,  di  cui  vcn’hà  copia  in  quel  Paefe,  ove 
chiamali  .4W/7.  Altri  fi  tingono  di  violaceo,  &  alcuni  di  giallo,  1  quali  s’ofie^ 
rilcono  al  Sovrano  di  quella  Monarchia , 

6  Qyella  Villa, comenotòil P.MartinoMartini,purGiefuitanelfuoAtIan?  Ati.  Sinìpi 
te  Chinefe ,  ove  a  lungo  favella  de*  Vali  di  Porcellana ,  è  nel  Territorio  della  J7- 
Città  di  Teulcang:  e  la  terra ,  che  ivi  s’ adopra , recali  dalla  Città  d’ Hoeicheu  del* 
la  Provinciadi  Kianguam  (òdiciam  Kiamfij  come  la  chiama  il  Semeda,  econ  Semedalcc. 
elio  il  Chirchero,  che  nella  lua  China  appella  laocheu  quella  Città  fampfa  per  KÌrchChin. 
le  Porcellane ,  e  la  coftituilce  sù  la  ripa  Boreale  del  fiume  Po)  nella  quale  quan-  tUuft.  p.  ir. 
tunque  vi  fia  tanta  copia  di  quella  terra,  non  vi  rielce  il  lavorìo  delle  Porcella- 
Ue*  il  che  s’alcrjye  alla  temperatura  dell’acque.  E  quella  terra,  loggiunge  egli, 

non 


jltl.  Sin, 
foi-  T7- 

^htn.  Ili, 
j>.  ni.  (.  I. 
P-I55* 


Cn.  Settdl, 
c.zj.p.  133. 


T.i.Ndvig. 

Orsini. 


Lec<  cit. 


Mu/.  Met. 
f.231. 


L.  I.  Muf. 
t.  3-P'3* 


fxere.  91. 


^7$  ^  y  s  B  g  c  0  s  p  i  A  'N  0 

non  èpingue, come lacreta, malucente,  come i*arcna :  quale  macerano ,  &, 
afpeifavi  l’acqua,  l’impaftaao, e  ne  formano  i  Validi  qualunque  forma,e  figu¬ 
ra,  per  bizzarra  che  fi  voglia  ;  de’ quali  altri  fi  dipingono  a  color  d’oro ,  òdi  zaf¬ 
ferano,  e  fi  desinano  al  Palazzo  Reale:  altri  fi  tingono  di  rodo,  ò  ceruleo, c 
fervono  per  il  volgo .  De*  Va  fi  rotti,  col  peltarne  i  minuzzoli ,  e  rimpaftarli ,  nc 
riformano  de’ nuovi,  i  quali  però  non  riefeono  mai  della  bellezza,  e  chiarezza 
de'  primi  :  pvero  i  frammenti  s’ appuntano  con  lottilidìmì  fili  di  rame ,  e  tratten¬ 
gono  il  licore  non  meno  di  prima  :  Per  lo  che  fare  vanno  in  volta  per  tutta  la-. 
China  Artefici  peritiflimi,  i  quali  nel  farvi  i  pertugi  adoprano  uno  Strumento, 
che  chiamano  flr/7  ,che  è  un  trapano  colla  punta  di  diamante ,  come  quelli,  che 
ulano  in  Milano  coloro ,  che  traforano  il  cnftallo  di  monte .  Nc  di  quella  terra 
nella  China  fi  formano  folamente  Vali ,  ma  fe  ne  incroftano  anco  i  muri  più  no¬ 
bili  .  Così  riferifee  il  medefimo  P.  Martini  edere  tutto  incroftato  dì  Porcellana 
il  muro  della  fupcrbilfima  T orre  Novizonia  di  Foquien,  la  di  cui  bizzarra  figura 
fi  vede  nella  China  illuftrata  del  P.  Chitchero . 

7  Che  poi  folo  nella  China  fi  fabbrichino  le  Porcellane,  lo  conferma  l'opi¬ 
nione  di  certuni ,  che,  al  riferire  delio  Scarabelli  nella  deferizzione  Italiana  del¬ 
la  famofa  Galeria  Settaliana ,  giudicorno  particolar  privilegio  de’  Chinefi  il  fab¬ 
bricarle:  e  perciò  edere  in  quella  Monarchia  proibito  con  feveridìme  leggi  il 
mandarle  in  altri  Paefi,  fe  prima  non  fia  nfeodo  l’annuale  tributo  di  novanta 
mila  lire  Imperiali ,  col  nome  di  Taet  efprcde  ,da  riporli  nella  Regia  Teforeria . 
Ma  che  che  (ìa  di  tale  tributo ,  di  cui  non  ne  fanno  menzione  gli  Autori  fopraci- 
tati,  il  Ramufio  nel  primo  Tomo  delle  Navigazioni  infegna,che  delle  Porcel¬ 
lane  fe  ne  fabbricano  anco  fuori  della  China,  anzi  fuori  dcH’Afia,  cioè  nel¬ 
l’Africa:  riferendo  che  in  Mazdaga  Città  di  Caroz,  Provincia  del  Regno  di 
Fez,  vi  fono  molti  V’afai,  che  lavorano  Vali  di  Porcellana,  la  cui  materia  è  una 
certa  Terra  fodìle,  tenuta  per  molti  anni  a  feccarfial  Sole,  &  al  vento:  e  che 
pofeia ,  formatine  i  Vali ,  dipingono  a  loro  piacere .  Della  qual  Terra ,  loggiun'» 
ge  l’ Aldiovandi ,  che,  per  edere  dura,  fi  macina ,  e  poi  fi  macera  :  e  d' indi  le  ne 
raccoglie  la  parte  più  lottile,  di  cui  lene  formano  Vali,  che  nella  trafpnrenza 
vincono  il  criftallo ,  i  quali  non  pon  io  porrarfi  fuori  del  Regno ,  edendo  vi  pena 
capitale:  dovendo  quelli  fervire  folamente  a  Principi,  e  Nobili  del  Regno , 
Della  pane  più  grolla  le  ne  fanno  i  Vali  meno  preziofi ,  che  fi  portano  altrove, 
dipinti  d’arbofcelli,eiogliami,  come  quello, che  lo  Redo  Aldrovandi  ivi  pro¬ 
pone  in  figura . 

8  Ne’nollri  Paefi ,  non  trovandovifi  tal  forte  di  terra,  e  d’acqua  ,non  ponno 
fabbricar  vili  quelli  Vali .  Nullaiimeno,al  riferire  delP  Aldrovandi.Francefco 
Graniucadi  Tofeana  ne  fece  fabbricare  alcuni,  che  riufeirno  limili  in  tutto  a 
quelli  di  Porcellana,  e  nulla  inferiori  a’Chmelì .  Oggi  fono  molto  bene  imitati 
colle  Majoliche  di  Genova,  Savo  la, e  di  Faenza,  e  a’ alcuni  luoghi  fuoridel- 
l’ Italia,  c  particolarmente  della  Fiandra ,  come  notò  il  Vormio,  che  tenne pet 
artifiz  ale,  non  per  naturale  la  materia  de’  Vali  di  Porcellana.  Ma  dalle  vere 
Porcellane  facilmente  fi  diftinguono  le  falfe;  perche  quelle  non  tralpajono, 
nè  fono  così  lottili ,  e  facilmente  calca  Tincrollacura ,  in  cui  coniìlle  il  principa¬ 
le  dell’  imitazione.  Anco  i  Vetrai  hanno  tentato  di  fingere  la  Porcellana,  mane’ 
Vali  loro  facilmente  fi  manifella  il  vetro,  madìme  là  dove  fù  toccato  dalla  can¬ 
nuccia  nel  formarlo . 

9  A  veri  Vali  di  Porcellana  lo  Scaligero  adegna  quelle  doti;  cioè  che  le  im¬ 
magini  in  elfi  elprede,  guardate  contro  il  lume,  apparifeano  meglio;  che  pollo 
qualche  licor  caldo  medi,  lì  nlcaldilolo  tanta  porzione  del  Vaio,  quanto  n’è 

toccata 


L  l  3  KO  r  U  K  Z  0,  €4P.  xxm.  ^^7 

toccata  da  quel  licore  j  che  toccati  dal  veleno  fi  rompano;  c  che  rotti,  da  quc’ 
pezzi  fe  ne  cavi  coir  acciajofcintille  di  fuoco.  Le  prime  due  note  s*  avverano 
ne’ fuffcguentiVafi  di  Porcellana  del  Mufeo:  e  vi  fi  fuppongono  le  altre,  per 
non  arrifchiarne  l’ integrità  loro  eoi  provarle ,  già  che  in  altri  fi  fono  oilervate . 

10  TAZZA  di  PORCHLLANAfiniflìma,ditaIefottigIiezza,etralparcn- 
za,  che  non  la  cede  punto  al  vetro.  Nè  credo  che  più  fottili  fuffero  quelle  due 
Anfore ,  che  per  la  maravigliofa  fottigliczza  loro  furono  confecrate  in  un  Tem- 

piodi  Roma,e  fimoftravanofin’altempodi  Plinio, fatte, difs’ egli,  difci^uliy  Zr.35.  f.12; 
tnagijlriqne  certamine  ^uter  tenuviorem  humum  circumduceret ,  Ella  è  dipinta  di 
fogliami ,  e  fiorami  azzurri ,  di  lira  vaganti  figure  j  nè  quefti  pregiudicano  pun¬ 
to  alla  di  lei  perfpicuità . 

11  Due  VASI  di  PORCELLANA  cerulea,  con  fiorami  d’oro,  lavorati 
nella  China ,  cred’  io  per  mano  d’ Artefice  Tartaro ,  dopo  che  Xunchì  gran  Can 
fe  ne  impadronì . 

12  Altri  VASI  di  PORCELLANA  dì  varie  figure  ferba  il  Sig.Marchefe 
tra  le  lue  cofe  più  care  di  caia,  eh’ egli  un  giorno  potrebbe  rifolverfi  di  lafciare 
al  Mulco,  ò  di  notarli  fra  le  cofe  preziofe  della  fua  Galeria , 

De*  Vdfi  delle  terre  'vulgari^  di  non  vulgare  artifizio , 

Cap.  XXIV. 


Z.  2,  epiji. 
Zi-  2.  Muf, 


a  Hiudono  la  ferie  de’  Vafi  di  Terra  del  Mufeo,queIli  che  fono  impaftati  di 
Terre  ordinarie ,  proprie ,  e  particolari  de’  Vafai ,  come  d’ Argilla  com¬ 
mune,  di  cui  Orazio 

— ■■  argilla  quidvis  imitabitur  udàl 

òdi  Creta  del  volgo,  ch’èia  terra  figlina  de  ’  Latini;  ò  della  Creta  de  gli  eru¬ 
diti  ,  differente  dalla  precedente  (onde  in  due  capi  diverfi  ne  trattò  l’ Aldrovan- 
di  )  la  quale  da  Galeno  ,&Aéziochiamafi  itp»TiK»yS  da  Creta  Ifola  abondantif- 
fìma di quefta terra ,  e  forfi  diìcandore  della medefima oggi  appellata. 

Ma  fe  la  materia  di  quefti  Vafi  è  vulgare ,  non  è  vulgare  l’ artifizio  loro ,  haven- 
do  e  la  Plaftica, e  la  Pittura  fatto  ogni  diligenza  per  impreziofirli,  e  fegregarli 
dalla  plebe  de’ Vafi,  come  appunto  è  riufeito.  Benché  per  quanto  fiano  ripu¬ 
tate  vili  le  terre ,  che  gli  compongono ,  & ,  al  contrario  di  quelle  de’  precedenti , 
non  ne  facciano  conto  i  Medici:  non  perciò  fono  così  abbiette ,  e  traicurabih , 
che  debbano  in  tutto  effer’ eiclufe  dalla  Medicina.  Perche  della  Greta  notò  Ga¬ 
leno  qualche  facoltà  d’aftergere  lenza  mordacità  ,  Jafeiandone  quefti  lenii. 

T erra  Cretica  admodum  imbecilla  eli ,  multum  habens  fubjiantia  aerea  .  Ineli  fimpt. 
tamen  ei  quadam  citra  morfum  vis  extergendi.  E  deli*  Argilla  commendò  l’Ai-  Medfac.ex 
drovandi  qualche  virtù  attrattiva,  per  cui  toglie  le  lividure  della  pelle .  Denique 
.Argilla  i  così  egli  conchiufe  il  Trattato  di  quefta  Terra,  ab  ufu  medico  non  efi  Ztb.at.e.h 
Jegreganda  ,  quoniam  in  tollendis  vibicibus  commendatur  ,  propter  facultatem  mf. 
attrahendi ,  qua  potitur . 

2  Delie  molte  fpezie ,  che  v’hà ,  di  quefte  Terre ,  tra  di  loro  differenti ,  ò  nel 
colore,  ò  nella  foftanza  più,  òmendenfa,  le  migliori  fono  le  più  tenaci,  come 
quelle ehe più fottilmente  ponno  condurli,  e  lavorarli  con  maggior  finezza. 

£  fe  vi  concorre  il  candore ,  qualità  più  amica  della  politezza ,  non  fi  defidera  di 
vantaggio  per  formarne  ì  più  gentili  di  que’ Vafellamì  di  pafta  bianca,  che  di¬ 
pinti  di  zafferà  imitanojla  Porcellana,  e  di  ilZrj(?//V4gli  chiama  il  volgo,  dedu» 
cendoncilBomeda^4jV/V-«,  la  maggiore  delle  Ifole  Balearidi,  nella  quale, 
come  fi  motivò  di  fopra ,  nacque  l’ invenzione  di  fimil  pafta ,  havendone  Icritto 

A  a  il 


pe  Re  V*fc. 


O-  AfòtAlbi 
''jiftheno- 
graph.f,  22- 


Ztb.  eit, 
f-tté.  ' 


Pcfyd.  P'tygt 
‘i,  z.  de  rer. 

Seeapron, 
Selva  Poet. 
Soft,  145« 
f.  17». 

L.  Leg.  in 
]Sleàiàifi.\Z 

&  ap.Alàr, 
l.  I.  Bendr. 
C.6  p.  309. 


Jd  i»  Chry, 
fomel.  dtlK 
289  &  ap. 

Aldr.  I.  2. 
Dendrol.c.'i 
i  359. 


Bracciol. 

Sdegno 

V.96, 


af  ?  M  ^  ^  ^  P  Compiano 

ilBaifio.  T»  Infuld  Ma-prica  celeberrimi  (  Vafa  )  fiebant  ,  unde  Himen  enatum 
efi  Ma)pric£  ^feu  Ma]olicd ,  dum  fili  ilii  nobilior  i  defignantur .  Tale  c  1  ’  Argilla 
lattea  di  Faenza  ;  1  Vali  della  quale  per  lo  candore,  e  ri  lezza  loro  fono  in  iftima 
ta  e,  che  per  proverbio  ri  mentova  U  Ma^olia  di  Faenza:  e  dal  nome  di  quel¬ 
la  Città ,  come  altrove  fi  dille,  coll’  addurne  l’ clempio  di  Scrittore  Latino,  lono 
pofeia  nella  Francia  ftati  generalmente  chiamati  Faens  i  Vafi  di  parta  limile .  Al¬ 
la  qual  terra  s' accorta  molto  di  perfezzipne  1*  Argilla  candida  di  Bologna ,  tro¬ 
vata  Tanni  MDCLVI.  e  feliciffimamente  porta  in ulo,  e  dal  Montalbani par 
ragonata ,  anzi  anrepofta  alla  Terra  Samia ,  ove  riebbe  a  dire 

En  Samiam  /liberare  valens  jam  Feljìna  famam 
Regia  promittit  Vafcula  perpetuo. 

Hpn  è  però  fernpre  bianca  la  terra,  di  cui  fi  forma  quella  parta:  effendovene 
d’altrocOlore, laquale nelcuocerfidiyien bianca.  E  di  tal  natura  è  l’Argilla 
cinericcia  di  Bologna,  raccordata  dall’  Àldrovandi .  Delle  altre  Terre  men  fine 
fi  fabbricano  tutte  le  altre  forti  di  Vali,  Statue,  &  Vtenligli  di  verri,  che  urtiti 
dalla  Fornace,  col  nome  del  genere  chiarnanricommuneraente  di  terracotta  ,  e 
riefconoperlopiùdicolor  rolfigno.  Ne’ quali  due  generi  fé  fi  diltribuilcono 
quelli  ul  imi  Vafi  di  terra  del  Mufeo,  del  primo  vi  lonoi  fulTeguenti. 

3  FIASCO  grande  di  Majolica:  il  quale  fe  per  la  materia,  e  per  la  figura 
non  viene  elclulo  dal  volgo  de’ Vafi,  per  T  eccellenza  della  Pittura,  che  lono- 
bilitòal  maggior  legno, e  lo  refe  degno  non  che  del  Mufeo ,  de’Gabinetti ,  e 
deTeMenfe  Reali,  menta  luogo  traspiri  prcziofi,  efianod’oro:  perche  appun¬ 
to  al  pari  dell’  oro  T  impreziosì  il  prodigiofo  Pennello  di  yalentillìmo  Pittore , 
cheCfeil  vero  ci  rapporta  la  Fama)  fù  quel  Raffaele  Santi  da  Vtbino,che  feppe 
avverare  i  favolofi  portenti  di  Mida,  cangiando  in  tefori  tutto  ciò  che  glipaf- 
favaperle  mani  trarreggiandolocol  pennello,  dicui  puote  dirli 
Pittar  non  fiiy  che  d'  agguagliar  /  vante 
Il  divino  Pennel  di  Raffaelle. 

Quefti  v’efprcHe  da  un  canto  vaga  Pi ofpectiva  di  bellilfimi  Edificii ,  con  una  dcr 
liziofa  pianura,  in  cui  figurò  due  Cacciatori  d’ afpetto  leggiadro:  Tuiio  de’ 
quali  lancia  un  dardo  ad  un  Cervo ,  tutto  intento  alla  fuga  :  £ ,  come  che  quelli 
■■  '  ——  — petens  in  vulnera  Cervum 

Infinxit  mifera  /picula  certa  fera\ 

dall’altro  canto  il  Pittpie  rapprclcntò  l’ elìco  di  tal  caccia,  figurandovi  quel 
Cervo  trafitto,  e  già  morto,  e  giacente  a  piedi  de’  medefimi  Cacciatori  ;  i  quali 
da  quella  parte  repi  icari  ,&  affiniti  da  un  Cane,  tenendo  gli  archi,  &  i  dardi  nel¬ 
le  mani,llanno  lotto  un’albero  fiifi,  ed  attoniti  di  vedere  che  in  elio  valfi  trasfor¬ 
mando  una  Ninfa  ,a  cui  di  forma  humana  non  altro  più  rimane, che  la  faccia,  le 
poppe ,  e  le  braccia ,  effendq  tutto  il  rertante  divenuto  Pianta,  come  della  Cre- 
tenfe  Crifocome ,  cangiata  in  Cotogno ,  notò  chi  ne  Icrille . 

Extabant  tantum  diliura  novijfma  verba 
Ora,  virens  reliquo  corpore  quejla  nemus. 

Quindi  non  lungi  fi  vedono  molti  alberi,  con  uccelli, che  per  elfi  fvolazzano,& 
in  lontananza iriaggioregliedifiziidall’altrp cantofigurati,  ma  in  profpettiva 
diverfa  .  11  collo  pure,  col  coperchio  della  fleffa  materia,  che  gentilmente  fi- 
gilla  la  bocca  di  quello  Fiafeo  ,  non  fù  lafciato  lenza  il  fuo  ornamento  dal  Pit¬ 
tore  ,che  volle,  eh’ egli  fingeffe  aria  popolata  da  duolo  pennuto.  Che  però  a 
gran  ragione  quello ,  per  altro  fragililfimo  Vaio , 

^ut  fi  conferva  intatto ,  an'^i  s  ’  ammira 
t^afi  mojlro,  b  miracolo  de  /’  ArtC'^ 


che 


l  t  IS  R  Ó  T  É  R  Z  Ò.  tàP,  XXIK  179 

che  i  fenfit  e  i  moti  a  meraviglia  e/frime 
Ne  le  morte  t  e  infenjibili  figure  ^ 
che  ffiran^  fe  le  miri^ 

Loquaci  fimi  affetti^  e  mute  voci. 

4  TAZZA  di  grandezza  notabile,  e  della  materia  fterfa,  che  *I  Fiafco  i  pari¬ 
mente  dipinta  delht  maniera ,  e  facilmente  anco  di  mano  del  Pittore  medehmo , 
che  nel  di  lei  concavo  finfe  il  mare  in  tranquililfima  calma ,  e  quali  ridente,  per¬ 
che  premuto  da  V enerc ,  che  qui  ricevuta 

Da  terreni  color  forma  celefie . 

và  per  elio  a  diporto  in  una  Conca  tirata  da  due  Delfìni,  emulando  in  ella  Nettu> 
no,  a  cui  pure 

Vna  Conca  e  la  Nave,, 

la  corteggia  numerofo  duolo  di  volanti  Amori ,  e  di  guizzanti  Tritoni ,  e  Ninfe 
Marine. .  Le  bellezze  delle  quali ,  quantunque  lìngolari,  cedono  di  tanto  a  quel¬ 
la  di  Venere, che  ben  la  dinotano  la  Dea  della  Bellezza.  Lforlì  non  fù  così  bella 
quella  Venerei  che  già  pinfe  il  Coo  Apelk 

Vfcir  dal  nicchio. 

Nel  convello  v’  efpreffe  una  Città  incendiata ,  con  alcuni  Soldati ,  che  fuori  del¬ 
le  mura  d  i  quella  oftinatamente  combattono ,  rimanendone  il  piano  orridamen¬ 
te  feminato  di  cadaveri  d’huomini,  e  di  Cavalli.  E  forfì  in  quel  miferabile 
Ipettacolorapprefentò  l’eccidio  di  Troja  ,&inconfegucnza  un  faggio  de’ dan¬ 
ni  cagionati  dalla  Libidine,  lignificata  per  Venere,  figurata  dall’altra  parte  di 
quella  Tazza:  avverando  in  elsa  colla  connefsione  dell' cfleriore  all’interiore 
Pittura ,  che  extrema  gaudii  luSlus  occupat , 

5  Nè  qutfte  fole, ma  divelle  altre  opere  della  flcfsamaniera,  e  forfidello 
ftcfso  Pittore  in  quello  genere  procurò  il  Fondatore  di  quello  Mufeodi  racco¬ 
gliere  ,  e  confcrvare ,  all’  ammirazione  de’  polleri .  Che  però  molte  altre  Tazze 
di  più  forti,  e  ligure,  e  Vali  di  Majolica  dipinti  nella  forma  de' ptecedenti  trà 
numeroli  sforzi  de’  più  valenti  Maellri  dell’Arte ,  oggetti  della  maraviglia  de  gli 
occhi  ptu  eruditi, pendono  dalle  pareti  della  ricchilsima  Galeria  di  Cala  del 
Sig.  Marchefe  :  il  quale  d’ efsi  può  non  ingiullamenre  dire  con  S.  Paolo ,  come 
de  famoli.  Vali  della  Spezieria  della  Santilsima  Cala  di  Loreto,  dipinti  pure, 
come  corre  vc)ce,daKafEaele,arichielladel  Ducad’  Vrbno,  luo  Principe  na¬ 
turale,  già  ddse,  in  palsando  di  là,  la  Serenilsima  Regina  Cnllina  di  Svezia, 
Habemus  thef aurum  in  Vafis  ^ÉltUbus , 

6  Ma  già  che  lì  fono  mentovati  i  Vali  della  Spezicria  di  Loreto^  egli  non  è  da 
tacerli ,  che  dalla  copia  di  quelli ,  e  de  gli  altri  della  llelsa  maniera ,  che  in  divedi 
luoghi  li  trovano,  certuni  argomentano  non  poter  tutti  elscte  Rati  dipinti  per 
manod’uo’huomofolo, ancorché  di  vitalunga,  enon  inaltro  occupata;  &in 
conleguenza  che  nè  mcnlìanofàciture  del  Pennello  di  Raffaele,  che  molto  di- 
piole  Hi  grande  (come  appare  dal  proliilo  racconto,  che  fà  delle  di  lui  Opere 
GiorgioVafari,nclIaVita,checopiQlanefcrilfe)epocovilIc,  perche  mori  di 
XXX  Vlh  anni  compiti ,  cioè  nel  giorno  appunto  in  cui  nacque ,  come  al  fuo  Se¬ 
polcro  in  S.  Maria  Rotonda  di  Roma ,  &  apprelTo  il  Vafari ,  li  legge ,  e  notòilo  il 
P.  Carlo  da  S  Antonio  di  Padova,  delle  Scuole  Pie,  in  quei  graziole  Epigratn'^ 
raaadAldoGiunilio, 

pingendi  Raphael  mirabilis  arte^  per  Orbem 
Attonitum ,  cuyis  maxima  fama  volati 
Septem  decurfis  lulirisy  annifque  dnobus  ^ 
ìlfOi  quo  natus i  mortuus ^  Alde^  die, 

Aa  2  -  i/ififs 


P  eodOd.i. 
25. 

Beld.  Cad. 
4e  Longob. 

C*  12* 


Lami  Segno 
Cam-  6, 16. 


Prev.  14; 


2.  Cor.  4« 


Z.  ?•  E{igrl 

l-jZ.f,  mthf 
276, 


|8d  H  S  È  0  QoSPlAKO 

iUius  txaétis  HÌl  frorfus  defuit  annis, 

Vt  ail  Pidura  defuit,  Aide,  fu àe, 

EIoftelTo  pare,  che  provi  ancotaccndo  il  Valan  ;  come  quegli,  che  diligcntifli- 
mo  nell’annoverare  le  opere  di  Raffaele,  non  tocca  nè  pure  con  u  ia  parola  que- 
fìf  Vali ,  che  non  potevano  effergli  incogniti ,  s’ egli  era  Pittore ,  e  quali  contem¬ 
poraneo  di  Raffaele.  Onde coftpro  gli  Rimano  d’altra  mano:  e  congetturano 
d’ alcuni  Pitrori  Faentini,  anco  più  antichi  di  Raffaele;  conchiudendo  che  tutti, 
ò  almeno  la  maggior  parte  de’  Vafì  in  queftp  modo  dipinti  fiano  ufeiti  di  Faen¬ 
za, Città, comcs’edettp, celebre  per  le  Majolichepiùgentili.  Siano  però  fa- 
piture  di  chi  lì  fìa;  non  ponno  non  cfTere  di  valentilTimo  Pittore  j  di  cui  non  è 
poca  gloria,  che  fìano  Rimate  di^Raflaeie .  E  certo  la  leggiadria  delle  figure,  la 
vaghezza  delle  IRorie,  la  bellezza  de’paefaggi ,  la  varietà  delle  Profpettive ,  e 
la  macRria  del/c  fabriche ,  che  fi  vedpnp  in  eflì,  e  fono  tanto  frequenti  pelle  ope¬ 
re  grandi  di  Raffaele ,  non  potevano  far  credere  altrimente . 

7  ANFORA  di  Maiolica,  della  figura  ordinaria  de’  più  confueti  Boccali 
(  penfo  di  potermi  icrvire  di  queRa  voce ,  già  che  fe  ne  valle  il  Cavalier  Marini 
nella  Galeria ,  dicendo  in  perfpna di  Camillo  Querno  Arcipoeta . 

Compof  verf,  ed  afeiugai  Boccali .) 

alquanto  però  più  zotica, d’altezza  eccedente  un  cubito, ed  a  proporzione  ven- 
trieofa  ,ecapacedi  circa  XXX.  libre  di  licore.  Serbafi  qui  più  che  per  altro, 
per  l’antichità,  e  per  la  Pittura,  che  fono  riguardevoli .  L’antichità  ,  come 
imoRrano  le  iferizzioni  fattevi  dal  Pittore,  è  di  CLXXVII.  affai  notabile  in  un 
Vafo  di  terra  fragile,  c’hà  fervito  quali  del  continuo  d’ Yrna  Menlale ,  per  mol¬ 
te  generazioni,  unaFamiglia,  di  prima  sfera  in  queRa  Città,  da  cui  loricovrò 
per  la  bontà  dejla  Pittura ,  la  Signora  Maddalena  Trenta,  Pittrice  Lucchefe ,  che 
me  ne  favorì.  La  Pittura ,  quainunquedi  quel  tempo,  è  affai  vaga;  edàa  ve¬ 
dete  in  campo  azzurro  intenlo  di  zafferà,  ritratta  in  profilo  con  tutto  il  petto 
una  Donna  di  fattezze  gentili,  quali  al  naturale  ,  in  habito,  e  con  acconciatura 
di  capo ,  che  moRra  l'ulo  di  quel  Sccolp,  e  confronta  colle  Medaglie  delle  Don¬ 
ne  di  que’ tempi  ;  non  ifeorgendovifi  pompa  alcuna  ,  come  che  habbia  i  capcgli 
non  torti  in  ricci ,  e  /parli  in  ciocche  q  uà,  c  là  vagabonde ,  ma  raccolti  in  un  pic- 
col  velo  di  color  giallo  dorato,  che  lalciando  Icoperta  la  fronte  con  tutta  la  fac¬ 
cia,  appena  giunge  a  toccargli  il  collo;  &  è  fermato  con  un  lotti!  nallro,  come 
di  feca  nera ,  che  gli  circonda  il  capo,  traverlando  per  metà  la  fronte.  Finlcla  tl 
Pittore  ferita  di  piaga  amorola ,  elpnmendogli  una  Saetta  nel  petto,  &  il /an¬ 
gue  ,  che  /piccia  dalla  ferita ,  con  un  Cartello  bianco  incontro  alla  bocca  ,  in  cui 
li  legge  ciò  ch’ella  /embi  a  di  pronunziar  lofpirando,  cioè  AMORE.  Dopo  le 
1  pali  e  nel  campo  mede  lìmo  azzurro  vi  figurò  un’  altro  Cartello  bianco ,  dipin¬ 
gendovi  con  tinta  pure  di  zafferà  le  lopracccnnate  note  numeriche  del  tempo,  in 
CU'  coloiì  quello  Va(o,cicè  1499.  11  che  parimente  egli  replicò  lottoil  mani¬ 
co  delio  flclfo  Vaio.  Coiiconiano  queflo  campo  azzurro  quattro  Delfini 
efpreffi  in  modo  che  formano  come  un  rombo ,  e  moRrano  di  fcrvir  di  cornice . 
Mà  non  più  di  que  fi  I .  Palfiamo  a  gli  altri  Vali  di  Majolica,  più  per  l’antichità , 
che  per  la  Pittura ,  commendabili . 

8  Due  VASI  antichi  di  Majolica  azzurra ,  coMoro  coperchi ,  di  doga  così 

lottile,  terla, e  trafparcnte, che  lembrano  di  Porcellana .  Hanno  la  /iipcrfizic 
lavoratadi  belliffimi  fioramid’oro. 

9  VASO  antico  di  Majolica  azzurra  ,in  forma  di  Giarctto ,  col  coperchio  di 
Ragno ,  tutto  lavorato  con  beile  figure.  Egli  è  tanto  /ottilc  ,chc  /embra  ò  Por¬ 
cellana  ,  o  vetro  tinto  di  zafferà . 


»0  VA- 


LIBRO  T  0.  CAP.  XXIV.  281 

I  p  VASO  di  Majolica  antico ,  dipinto  d’ azzurro  a  labcrinti  di  fiepi  (Iellate  » 
d?  artifizio  fingolare,  in  forma  d’ Vrna  Menfale ,  alta  »  c  ftretta . 

II  DeHecondo  genere,  (otto  di  cui  fi  difife  comprcnderfi  le  terre  inferiori, 
le  opere  delle  quali  impaftate ,  eftratte  dalle  Fornaci,  col  nome  commune  di  ter¬ 
ra  cotta  s’ appellano ,  vi  fi  fcorgono  quefti . 

1 2  VASO  di  terra  antico, di  color  ceruleo, e  bigio,  lavorato  con  varie  figure. 

13  tazza  antichifllma  di  terra  cotta,  dipinta  dinero,  con  due  manichi, 
r  uno  de’quali ,  in  parte  rotto ,  autentica  con  quella  piaga  l’ antichità  del  Vaio , 
che  da  Greci  fù  chiamato  e!>9«t/»eMo(r . 

14  VASO  di  terra,  antico,  d’ A  emagna,  figurato  di  varie  Tede  a  rilievo, 
che  fingono  Medaglioni ,  e  di  varii  Makheroni ,  e  fiorami .  Vi  fi  leggono  in  due 
lati  alcuni  caratteri  Tedekhi  dirìlievo,  FVPANIQ  SI  LOTIN,.  FVEO,.., 
Hà  il  coperchio  di  (lagno . 

15  VASO  di  terra  cotta,  in  forma  di  Giaretto,  col  giro  del  ventre,  e  del 
piede  tutto  traforato  a  triangoli,  e  quadrangoli , e  punti:  edipinto,  e  diftinto 
a  rombi  d’ oro, e  d’ argento .  Sembra  di  Bolo  rodo  slavato ,  ma  non  vi  s’ attacca 
la  lingua, 

1 6  V  ASO  di  terra  cotta  in  forma  parimente  di  Giarettò ,  col  fuo  coperchio, 
e  cinte,  ò  falce  di  (lagno;  è  lavorato  di  belle  figure  d’ Angioli,  e  fcherzi  d’ ara- 
befehi  in  campo  fulvo,  ò  leonato,  che  altri  chiamerebbe  color  di  terra  d’ ombra. 

17  Due  FIASCHI,  lavorati  nell’Inghilterra , 

18  Due  SEPOLCRI  antichi  y 

ig  Diverfe  VRNE  SEPOLCRALI  >  di  terra  cotta  .  Le 

20  Sedici  LVCERNE,  parimente  SEPOLCRALI  j  quali  cole  qui  non 
fi  deferivono,  per  favellarne  a  lungo  tra  le  anticaglie  Sepolcrali ,  ne’  quattro  ul» 
timi  Capi  di  quello  Libro ,  dove  molte  (e  nc  rappre Tentano  in  figura , 

De’  Vafi  di  Vetro ^  è  di  Crijlallot  e  loro  materia  lodata. 

Cap.  KXF, 

I  I^Opo  i  Vali  formati  òdi  Metallo,  ò  di  Pietra,  ò  di  Terra,  è  di  ragione, 

JL^  che  fi  (oggiungano  quelli  di  Vetro;  perche  il  Vetro  ammette  nella  (ua 
compofizione,  e  Terre,  e  Pietre ,  e  Metalli.  De’ Metalli ,  come  (opra  notòlfi, 
ove  della  Materia  de'  Vafi  in  genere  fi  favellò ,  anticamente  vi  concorfero  i  re- 
crementi ,  che  Loppe  chiama  il  volgo  ;  delle  quali  (e  m  faceva  il  Vetro  Offidia- 
no.  Delle  Pietie  v’entrarono,  e  Calcoli  (plendenti,  e  piccole  (elei  (minuzza¬ 
te ,  e  la  Calamita  medefima  :  in  vece  della  quale  a’  nollri  tempi  s’  u(a  una  Pietra 
a  lei  limile ,  e  che  perciò  da  taluni  calamita  (alla  vien  detta ,  e  da  altri  Magnefia , 
e  dal  volgo ,  con  nome  quindi  corrotto ,  Manganefe  i  la  quale  fà  il  vetro  chiaro , 
fe  vi  fi  mette  a  proporzione ,  e ,  fe  di  vantaggio ,  lo  tinge  di  rolTo .  Sovente  vi  fi 
fonde  aaco  il  Criitallo,  che  pur’  è  (pezie  di  pietra ,  e  rende  limpidiflìmo  ciò  che 
fe  ne  forma .  Delle  Terre  v’  hà  luogo  l’ arena  bianca ,  &  afpra ,  come  quella  del 
Fiume  Tv  fi  iojla  quale  fupplifce  per  gli  (opramentoi/ati  Calcoli  (plcndenti,e  fel¬ 
ci  (minuzzate ,  altre  volte  polli  in  u(o ,  De’  Sughi  Concreti ,  che  pure  tra’  Follili 
5’  annoverano ,  vi  s’ ammile  il  Nitro  naturale ,  che  per  relazione  di  Plinio  il  vec¬ 
chio,  fòla  prima  cagione  dell’ invenzione  di  fare  il  Vetro.  Conciofiacofachd 
clTendo  capitata  nella  Fenicia  una  Nave  di  Mercatanti  di  Nitro,  e  quelli  (mon¬ 
tati  al  la  foce  dei  Fiume  Belo,  che  (corre  preffo  Tolemaide:  mentre  (parli  pe’I 
lido  fi  preparavano  il  pranlo,  non  trovando  (affi  per  addattarvi  (opra  i  Valida 
cuocervi  dentro  i  cibi ,  fi  vaKcro  delle  glebe  di  Nitro  tratte  di  Nave  ;  nelle  quali 

Aa  3  s’ap- 


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Job,  i9. 


it,  ^^,0,  i6. 


Z.v  P*dàg, 
r.l. 


Z-  id-trig. 
f>tÙ 


%it  M  y  S  E  0  C  0  S  P  1  A  N  0 

s*  appiccò  il  fuocO)  c  le  fufc }  e  quella  materia  mifchiarafi  con  l’ arena  fottopofta, 
chcfeco  filiqucfece,nefcorferoi  rivi  tralucenti  del  primo  vetro,  E  di  quell’ 
arena  poi  fi  fcrvirono  lungo  tempo  gli  antichi  per  farne  il  vetro ,  In  cambio  del 
Nitro  oggi  s’adopra  il  Sale  per  combuftione  cftratto  dall’erba  Soda,  eh’ è  il 
de  gli  Arabi ,  c  Sale  Alcali  communemente  vicn  detto .  Al  che  gentilmen¬ 
te  allufeii  Cavalier  Teodoro,  ove  così  ne  defcrillc  qucfto  compofto . 

Splendor  y  non  fumo  acquila. 

Jiel  foco  il  detrai  egli  e  cofpicuo  oggetti  y 
Denfti  chiara  y  opacità  lucente  z 
Sojlegno  de  la  viftay  ' 

T>  ’  affuìpicAta  man  fulgido  effetto , 

Di  fervida  Fornace  opera  algente. 

Velame  trafparente  y 

Corpo  fottil  y  che  la  materia  involve 

D'  erba  (ombuiìa^  e  d'  arenof a  polve y 

2  Cosili  compone  la  più  Iplendida,  ma  inficme  la  più  fragile  materia  de’ 
Vali, ed’ una  infinità d’ altri  utenfigli;  ed  è  fpettocolo  degno  de  gli  occhi cu- 
riofiil  vederea  lavorarla  nelle  Fornaci,  come  a  Murano,  &  in  Bologna,  dove 
chi  vuole, perdirlo co’ verfi del  P.  deBuffieres, 

—  —  Vifum  implet ,  fpeSl atque  liquentes 
Fornaces  ,  Vitrumque  fluens ,  flammifque  fubaeJam 
Cry H alium  y  gj*  mundum  fragilem  y  &  miracula  fiFia. 

3  Quantunque  però  fragile,  non  è  Iprezzabile  il  vetro  .  L’agevolezza ,  che, 
fulo,  hà  di  vcftir  quante  forine  può  idearli  un’Artefice,  tutto  invenzioni,  e 
prendere  tutti  i  colori  imaginabili ,  palcfandolo  il  Proreo  delle  Fornaci ,  addita 
che  non  è  minore  il  numero  delle  lodi,  ch’ei  merita,  di  quello  delle  figure, 
tutto  che  innumerabili ,  eh’  egli  può  elprimere ,  addattandofi  a  tutte  le  forme ,  a 
guifa  della  materia  prima^  eiatrarparenzamaravigliofa,che  in  tutte  conlerva, 
lo  rende  degno  del  paragone  delle  più  lucide  gemme.  Dicalo  per  tutti  quel 
Giobbe ,  che  dal  Padre  delle  Bugie  maltrattato  in  più  modi ,  in  vece  d’ una  paf- 
fibilità  di  vetro ,  mollrò  unacoftanza  di  diamante,  che  gl’  ingiojellò  la  Corona 
di  Rè  de’  Sofferenti  :  c  meritò  che  per  fuabocca  parlafle  i’  Eterna  Verità .  Ecco, 
che  lo  paragona  all’  oro ,  alle  gemme ,  &  a’  più  fini  colori  dell’  India,  mentre  del¬ 
la  Sapienza  favellando.  Non  dabitur  y  dice  egli ,  aurum  pbryzum  prò  eà  ,  nec 
appendetur  argentum  in  commutatione  eyts'y  non  conferetur  ttn^iis  India  colo-» 
ribus  y  nec  Lapidi  Sardonycho  pretioflfpimoy  vel  Sapphiro:  non  adaquabftut  ei 
aurum  y  vel  VITRVM , 

4  Non  fia  perciò  maraviglia,  che  in  alcuni  luoghi  egli  habbia  incontrato 
tanta  fiima,  che  a  prezzi  ecceifi  vi  fia  fiato  comprato:  raccontando  Plinio,  che 
al  tempo  di  Nerone  due  piccoli  Bicchieri  di  vetro  furono  venduti  fei  mila  Se- 
ftcrzii ,  Nè  molto  differente  pare  che  fuffe  il  di  lui  valore  ne’  tempi  di  Clemente 
Alcffandrino, che  ne  indica  la  ricchezza  deir  ufo,  col  dilTuaderneii  lufio.  Se  il 
fafio.  Così  tra  gl’ Indiani  d’ Occidente,  fubito che  vi  fu  eonolciuto,  fù  prefe¬ 
rito  alle  altre  cole  più  care^  c  comprati  de’  Bicchieri  con  prezzi  inefiimabili , 

5  Ma  fe,  fragile,  fù  prezzato  tanto,  che  farebbe  fiato,  s’cgli  era  infrangibi¬ 
le,  ò  duttile,  cornei  metalli?  Incontrava  per  avventura  nella  fiima  univcrfale 
deir  oro,  come  giudicò  S.  Ifidoro ,  fe  non  l’ olcrcpaflava,  come  ne  gli  efempi  ad¬ 
dotti  .  E  fe  l’ imaginò  fin  Tiberio ,  quel ,  più  che  Principe ,  Servo ,  fe  non  de  gli 
huomini ,  delle  fue  palfioni,  anzi  Bruto  j  il  quale  intendendo,  che  un  Vetrajo  ha- 

covato  l’Arte  dei  Vetro  pieghe  volere  martellabile ,  lo  fece  uccidere,  c 

dilli- 


l  l  S  K  0  TERZO.  CAR.  283 

difnparne  lé  fqe  operc^  acciò  non  fì  pregiudicaffe  a’  prezzi  de’  metalli  più  nobi. 
li ,  come  notò  Plinio  :  ò  3  come  fcriffe  il  P.  Bernardo  Celio  >  auruf»  prò  Imo 
kahretuvt  ^  omnium  metallorum  pretia  detraherentur  ^ 

ò  Ciò  però  non  ofiante  >  notili  pure  per  unica  imperfezzione  del  vetro  la  fra¬ 
gilità,  come  appretto  Mefomedone  gli  Epigrammi  Greci ,  Quella  (  oltre  che  ci 
ferve  di  Specchio,  in  cui  ravvilìamo  la  condizione  delU  nollrg  vita  «  già  che^ 
come  cantò  il  Donnoli , 

Tragii  vetro  e  la  vit^^ 

£  foco  il  Cavalier  Teodoro, 

Sembra  la  vita  bumana 
Agitata  dal  Mar  3  N^ue  di  vetro. 

&  il  F.  de  BuBìeres , 

rnmmm  Mm*  vf’trum  efi  corpus  3  v-olat  ocpr^ur» 

Vita  hominis.) 

più  che  abbondevolmente  viene  fupplita  dalla  facilità  di  fabbricarlo,  c,fcli 
rompe,  rifonderlo ,  mentre ,  com’  efprefle  la  gentil  Mula  del  Tepdoro , 

Egli,  quantunque  fralo. 

Di  riuntrfi  entro  a  U  fiamme  ardifce  3 
S*  avvien  pur  che  V  divida  urto  improyifo, 

7  Anzi  tal  nota  non  balla,  non  che  a  far  degno  contrapollo  alla  di  lui  limpie 
dezza ,  a  fcemar  punto  la  pluralità  de’  (uoi  meriti ,  per  la  moltiplicità ,  e  nobiltà 
de  gli  ulì ,  a  quali  ferve ,  pretto  che  innumerabili ,  Contili  per  tanto  chi  può-,  che 
quando  havrà  mentovato  una  lunga  ferie  di  Vali  d’ ogni  forte ,  e  figura ,  d’ anti¬ 
ca  ,  e  di  moderna  invenzione  :  c  foggiuntiy i  i  bizzarriffimi  apparati  di  vetro ,  da 

:  poco  in  qua  introdotti  nelle  Mente ,  c  nelle  Credenze  (  e  perciò  non  comprcfi 
nel  Trattato  de  generibus  foculorum  d’ Ateneo,  e  del  nollro  Stefano  Negri) 
quanto  più  fragile,  tanto  più  belli,  im&3  come  direbbe  un'Antico  ,  qutbus 
pretium  fotoiat  ipfa  fragilitas  :  quando  havrà  raccordato,  ch’egli  ,  ridotto  in 
Jaflre ,  ò  tonde  *  ò  quadre ,  nubilmente  fchermite  dalle  ingiurie  dell'  aria ,  fenza 
impedire  il  trar  fico  della  luce ,  e  de  gli  fguardi ,  nelle  fincflrej  dirò  che  s’ è  taciu¬ 
to  il  meglio;  che  molto  maggiori  utilità  ne  palefa  l’Ottica,  la  quale  lene  gli 
Specchi  piani  aprì  tanti  di  Filofofia  morale,  infcgnanti  la  cognizione  di  fé  mc- 
defimo,  come  lopra  moflròin  ,enegIialirifpalancònnaScenadi  ftravaganze; 
da  queflo,  lavorato  in  Occhiali,  vanta  rifarcita  la  potenza  vifiva  in  chi  l'hà  de¬ 
bole  :  e  predica  effetti  delle  lenti  de’  Cannocchiali, e  de*  Microfeopii ,  tutti  i  più 
maravigliofi  progreflì  delle  Scienze,  e  particolarmente  dell’ Aftronomia»  della 
Filofofìa  naturale,  della  Medicina,  e  di  molte  Arti  ancora,  fatti  nel  corrente 
Secolo, fcrtiliffìmo  d'invenzioni,  De’ quali  Strumenti  dell’Ottica»  ellendofi 
faveUacQ  non  poco ,  ove  fi  dcfcrilfero  quelli  ,che  ne  conferva  il  Mufeo ,  non  al¬ 
tro  qui  ne  foggiungo ,  c  mi  fermo  nella  dcfcrizzionc  de*  Vali  di  Vetro^  c  di  Cri- 
flallo ,  che  vi  trovo,  olfer vandoyi  quelli , 

8  CALICE  di  vetro  tòfia  NAPPO  antico,  configutadi  Calice,  molto 
grande,  come  alto  circa  mezo  braccio,  comprefovi  il  piede,  c  capace  di  tré 
libre  di  licore.  Hà  la  coppa  fatta  a  molti  angoli,  come  parimente  è  il  piede| 
il  quale  è  leggiermente  tocco ,  non  so  fc  dall’  anuchità,  ò  da  chi  fcavòllo  di  fot- 
terra,  Alcuni  letterati,  che  Phanno  veduto  nel  Mufeo ,  fono  fiati  di  parere, 
che  fia  Monumento  di  molti  Secoli,  ufato  già  ne'Sacrifizii ,  Al  che  nèripu<« 
gnQ,nè  fòttoferivo,  non  havendonc  per  fiora  prove fulficienti .  Intanto  non 
dubito  che  in  alcuni  ^crifizii  de  eli  Etnici  non  fiano  fiati  adoprati  Vali  di 
vetro, 

$  Anzi 


fi.  loe.citi 
Caf.  i.y  c.g. 
de  Mtntr. 
Ita  4. 
L./^.jknth9l. 


QA.^.%. 


OA- 17.  fs: 


In  Atferift. 
fajil.  Lfig4‘ 


04.  r4.' 


Mig.  Crem. 
Itb.dt  oìmio 
vìrae  luxu , 
p.  »57.05 

fm» 


'^4 

Cenftff.p.^i. 

Greg. 

DtaU.i.e.’p 
'^ant.  Crcm 
»»««.  P.  I. 
P»g»  ZIO. 

Consti.  l^oU 
J.p.  z6y. 


23  Panttr. 
})4ref.  34. 


4* 


feeder, 

fotf.Od.il. 

a8> 


fjeptacttlà, 
Cal*m.  Au- 
{ette. {.9-, 


t84  E  O  COS  PIANO 

9  Anzi olfervo.che  ne  adoprorno  anco  i  Sacerdoti  Chriftiani  della  primitiva 
Chiefa  ;  i  quali  non  potendo  per  la  povertà  provederfi  di  Calici  d’oro,e  nème!- 
no  d’ argento ,  celebravano  con  i  Calici  di  vetro ,  c  di  legno .  Di  che  ne  dà  quaU 
che  indizio  S.  Damalo  Papa, il  quale  nel  fuo  Libro  Pontificale,  fcrivendo  in-, 
compendiola  vita  di  S,Zefirino,fimilmcntc  Pontefice,  notò  ch’egli  fedf  co»f 
fli tutum  de  Ecclefià,^  ut  patenas  vitreas  mtnijlri  ante  Sacerdotes  portarent  ^dum 
Epifeopus  Mijfam  celebraret^  E  l’avvertì  nella  vita  di  quefto  Pontefice  anco  il 
Platina ,  noftro  Scrittore  Cremonefe ,  il  quale  di  qui  argomentò  l’ ufo  de’  Cali¬ 
ci  di  vetro  t  benché  Emanuele  Sà ,  &  altri  Cafifti  ne  deducano  folo  quello  delle 
Patene  .  Ma  più  chiara  contezza  ne  dà  S.  Gregorio  Papa  ne’  fuoi  Dialoghi ,  do¬ 
ve  fa  menzione  di  S.  Donato  Vefeovo  d’ Arezzo  inTofeana  (  come  infegna  il 
noftro  Merula  nel  Santuario  di  Cremona)  e  Martire  dacuifù  colf  orazione.» 
reintegrato  miracolofaraentc  un  Calice  di  vetro;  il  quale  (come  fi  legge  nelle 
Note  alla  vitadi  S.Zefirino , addotte  nel  primode'XXXVlI.famofi  Volumi  de’ 
Concilii ,  della  Regia  edizione  di  Parigi  del  1^44.  inf.)  era  flato  rotto  da  gli 
Eretici.  ES. Girolamo, fcrivendoaRuftico,  nibil, dide,  ilio  ditiustqui  Cor^r 
pus  Domini  canijlro  vimineo  ^  fanguinem  portat  in  vitr».  Simile  teftimonianza 
ne  r  ndcanco  Cipriano  Francefe ,  nella  vita  di  Cefario  Vefeovo  Arclatcnfe,  di,' 
cendo ,  a»  non  in  vitro  habetur  Sanguis  chrijli?  Fà  pur  menzione  de’  Calici 
di  vetro  S.  Epifanio,  riferendo  che  tale  era  quello,  in  cui  celebrava  Marco , 
queir  infame  Ercfiarca ,  che  vide  poco  dopo  i  tempi  de  gii  Apoftoli .  Ed  a  Cali¬ 
ci  di  tal  materia  ,  non  men  capaci  di  quefto  del  Mufeo,  perche  alluda  il  noftro 
Caravaggi  ne’ Sacri  Fafti,  ove  favellando  di  S, Giorgio  Martire,  dopo  bave? 
detto  di  lui. 

T u  vexilla  regis  fufo  fìgnata  cruore , 

In  (juibtis  (jr  Palma  cernitur  ejfe  jubar . 
foggiunge  immediatamente. 

Pocula  cernuntur  nullis  aquanda  priorum , 
laque  Dei  cultu  cernitur  ejje  nitor, 

10  Ma  perche  la  fragilità  della  materia  di  limili  Calici  era  di  pericolo , che  fi 
verfalTe  il  vino  confecrato ,  a  tal  coftume  derogò  pofeia  il  Concilio  Remcnfe , 
circa  i  tempi  di  Carlo  Magno ,  nel  quale  fù  determinato  ut  Calix  Domini  cuin-a 
Patena,  fi  non  ex  auro,  omnino  ex  argento  fi.st ,  E  Leone  PapaiV.  in  unaHo- 
milia  della  Cura  Paftorale ,  che  fi  legge  nel  XXL  Volume  de’ Concilii,  pag.75  o. 
fcrifte .  Nullus  in  ligneo  ,  plumbeo ,  aut  vitreo  calice  audeat  Mififam  (tgere . 

11  NAPPO  di  vetro,  portato  d’ Amburgo,  di  figura  cilindrica:  in  cui  con 

particolar  diligenza  dipinte  fi  feorgono  moke  Arme  inquartate  di  Nobiltà  Te- 
defea.  Vi  fono  cl  prede  da  un  lato  con  linee  candidiflìroe,  quefte  lettere  S.  I. 
C.  V.  B.  C.  e  fotte  a  loro ,  ,  G,  G.  Dalf  altro  lato ,  l.G.  D.A.  H.Z.  e 

fotte  a  quefte, F.G.  Quantunque  però  delicata  quella  Pittura, 
non  giunge  ad  uguagliare  la  delicatezza  d’alcuna  di  quelle  molte  Pitture  sù’i 
vetro ,  che  nella  ricchilfima  Galeria  dei  Palazzo  del  Sig,  Macchcle  noftro  fi  con¬ 
fervano 

Irà  /’  opre  memorande 
De  /’  Arte, 

che  fono  tante ,  che  fottraggono  alla  veduta  tutte  le  pareti .  Congetturali  opera 
del  Secolo  padato,  E  perche  quelli  Nappi  chiamanfi  dal  volgo  Bicchieri .  Non 
è  da  tacerfi  eder’ eglino  così  detti  dal  Nome  di  colui ,  cheintrodude  l’ ulanzadi 
bere  in  ghiaccio  ;  contro  di  cu  i  inforfe  la  moral  Mula  di  Francefeo  Camerano , 
Canonico  di  Ravenna ,  con  quelli  verfi . 

7  ^  » 


285 


LIBRO  TERZO,  CAP,  XKP, 

Tu,  Becher,  à  nequam.  Italica  frop aginis  gmnis 
Hau/ìHi  rpbur  f anguinis  ,  atque  meri  i 
"Barbara  quique  vitro  pofuijìi  nomina ,  (jr  idem 
Cacuba  )unxifii  cum  nive  ^  quam  tuleras  t 
0'  utinam ,  quando  fas  eli ,  'uel  ab  hofie  doceri , 

Potat  ^  tn  Scythico  quifque  falerna  gela  : 

O  utinam  f altem  Cytherea  tepefceret  intus, 

Orgiaque  in  fedis  plus  verecunda  forent  ? 

Crefcit  at  ufque  fitis ,  glactefque  regurgitat  ignem  , 

Nuptaque  )am  capra  eli,  nuptus  &  ipfe  Becher . 

la  Due  VRNE  di  verrp,  con  figura  di  que’Vafivoigitri,  che  Boccali  s’ap<p 
pellano ,  fegregace  perp  dalla  plebe  de’  Vali  per  Fantichjtà  loro ,  e  per  l’ ind^- 
ftr  ja  dell’  Arte ,  che  le  dipinle  a  fiori  d’ oro  in  campo  di  colore  posi  bizzarro,  che 
milato  nel  di  fuori,  appare  nero ,  e  nel  di  dentro  de^  Vali  fembra ,  &  è  rodo ,  in¬ 
clinante  a  quello  de’ fiori  delle  fave ,  lenza  pregiudizio  della  naturale  diafaneità 
del  vetro ,  A^ifizio ,  che  fimilnjentc  fi  feorge  ne’  loro  coperchi ,  che  fono  della 
ItelTa  materia, 

ij|  VASETTO  di  Criftallo  di  Monte  di  figura  quadrata  oblonga,  alto  quat¬ 
tro  dita  ,  e  due  largo  per  ogni  vfrfo ,  con  orifizio  angufto ,  ferrato  da  un  piccolo 
cilindrp  pure  della  ftell^  materia  :  che  reca  non  pòca  curipfità ,  racchiudendo  \ 
nella  fua  cavità  un  pezzo  di  miniera  pelante ,  affai  maggiore  della  bocca  del  Ya-  \ 
fo .  Della  quale  miniera  fi  fece  menzione  di  (opra  nel  jLib.  II. 

14  Colle  precedenti  larebbono  da  delcriverfi  altre  manifatturedi  vetro^chc 
accrelcono  il  numero  delle  Cole  del  Mufeo,  le,  così  fuffero  principali,  come  ac- 
cefforie.  Tali  lonp  le  CAMPANE,  le  CASSETTE,  &  i  VASI  di  varie 
forti, c  figure,  che  fervono  alla  cool^ervazipne  delle  più  gelole  galanterie  del 
Muleo ,  Che  però  tralalciatc  quelle  fi  palla  a  favellar  de’  Vali ,  &  altri  Artefatti 
di  Vegetabili,  e  diparti  d’Anifnali:  npn  elcludendofi  inunto  dal  genere  de’ 
Vali  dì  materia  Foflile  la 

15  SCQDELLA  d- AMBRA,  che  qui  fi  vede  gentilmente  lavorata.  Ol¬ 
tre  ja  quale  vi  lonp  della ItelTa  materia diverlc Glebe,  divenute  Sepolcri  d’ani¬ 
mali  ,  mentovati  di  lopra  nel  Libro  I.  cap.  XIII.  num.  2.  3. 4.  e  nel  Libro  IL  cap, 
XXX.  num.  4.  &  alcune  manifatture,  cioè  DATI,  e  SCOLTVHE»  che  altro^ 
ve  a  iuoi  luoghi  fi  mentoveranno . 

Pe’  Vaft  altre  cofe  artifz>iofe  di  legno,  e  altre  parti  di  Vegetabili , 

Cap.  IIXVL 

I  A’  Vafi  di  Vetrp  a  quelli  di  Legno  ci  moftra  dicevole  il  palTaggio  la 

1  3  Soda ,  che  loia  de’  V egetabili  concorrendo  alla  compofizione  di  quel¬ 
lo  fé  dir  ne  a  quel  Posta  a  quello  prpppfiip. opra  citato,  chetai  compollo 

— —  — — '  — la  materia  involve 
p  '  herba  pombusia,  e  d'  arenof a  polve  . 

2  Sembrava  angulla  all’  induftria  di  formar  Vali,  la  sfera  de’  Folfili  ^  onde  le 
piacque  di  tralcendere  a  quella  de’  Vegetanti ,  che ,  quantunque  meno  ftimata , 
pur’  è  d’ ordine  fuperiore .  Nè  in  quella  inateria  Icorle  minor  dilppftezza ,  che 
in  quella ,  per  pigliare  tutte  le  forme ,  le  non  per  fufione ,  come  le  cofe  metalli¬ 
che  ,  per  intaglio.  Anzi  le  quella  le  riulciva,  ò  troppop|teziola,òtroppo|ra- 
gile,  fperimentò  quella  da  tali  ecceffilontanilfima,  È  le  di  quella  non  poteva 
far  Vafi,  che  di  raininìa,ò  al  più  di  mediocre  capacità:  di  quella,  che  da  Chi- 

nefi' 


Alv.Semei. 
da  Hiji. 
Ctitntt,  />,j, 

faf-ii. 

Strab.  /.3, 
Qtogr, 


^rSBO  CO  SVIAI^O 

nefi  per  quinto  elemento ,  come  pure  del  metallo  fi  difle,  viene  ammelTa  %  nc  fab¬ 
brica  di  così  grandi,  che  Strabone  potè  paragonarli  alle  Stanze  delle  Cale ,  c 
moftrarnc  il  vantaggio,  notando  d’ alcuni  d’effidcftinati  al  vino;  quanta  fit 
•vini  uhertas ,  va/a  ipfa  pronuntiant  ;  e  lignis  nanque  fabricata  ,  domiciliorum 
magnitudinem  excedunt ,  Anzi  fé  per  Vafo  vogliamo  intendere  qualunque  ftru- 
mento  di  capacità ,  effcndo  tali  le  Navi ,  potrà  dirli,  che  l’Arte  fabbrichi  de’  Vali 
di  legno  grandi  non  folo  come  le  Stanze ,  ma  come  le  Cale  medcfime ,  e  cóme  i 
Palazzi,  per  non  dire co’Poeti  facilmente  iperbolizanti,  comeCaftelli,e  Cit- 
tadi ,  ò  come  Ifole .  Ma  lafciamo  quello  alla  Nautica ,  di  cui  s’ è  favellato ,  ove 
le  cole ,  che  tiene  il  Mufeo  a  quella  fpettanti  fi  fono  delcritte  :  e  quelli  rinunzia- 
moli  alla  Reggia  fotterr anca  di  Z/>tf,comclachiafnaPacePafiniinquclIaCan- 
zone  intercalare ,  che  incomincia 

Hoggi  il  Sol  da  I'  Orizonie 

Sorge  lieto  a'  fuoi  viaggi ^  cfr, 

cfcrmianci  in  quelli  del  Gabinetto  delle  Mufe:  che  così  col  gentilillìmoD.  Ani* 
tonio  Mulcettola  in  un  libro  di  quello  titolo ,  in  cui  fi  fà  duce  il  noflro  cordiali!- 
fimo  P.Aprolìo,  potiamo  chiamare  il  Mufeo:  elfendo  quelli  fegregati dalla 
plebe  de?  Vali ,  come  ragguardevoli ,  ò  per  l’ artifizio ,  ò  per  l’ antichità ,  ò  per  la 
materia  efotica  :  e  perciò  degni,  che  fe  ne  imbandifca  una  Tavola  alla  cunofità 
de’virtuofi.  Ed  eccoli. 

3  PIATTO  di  legno,  diduc  palmi  di  diametro,  di  fingolar  fottigliezza, 
comechefembridi  carta,  vagamente  dipinto, 

4  FIASCO  fatto  d’ una  Noce  d'india. 

5  Due  VASI,  ò  PISSIDI  tondcjco’loro coperchi,  formate  di  due  Noci 
d’india. 

6  BICCHIERE  purefabbricatod’unaNoced’India. 

7  NAPPO  in  forma  di  Navicella,  fimiimente  cavato  d’ una  Noce  d’ìndia, 
col  coperchio  della  llelfa  materia ,  intagliato  con  una  Croce  di  bel  lavoro  ;  ope¬ 
ra  fatta  nell’  India  per  mano  d’ artefice  Chrilliano ,  d’ indullria  confidcrabile . 

8  NAPPO  di  legno  Indiano,  in  forma  fimilmente  di  Navicella,  ma  di  lun¬ 
go  rollro,  con  le  due  fponde  eguali,  e  quattro  gran  colle  pe’l  lungo  nella  cari¬ 
na  .  Egli  è  lungo  cinque  oncic ,  largo  tré ,  &  alto  altrettanto .  Il  legno  è  limile 
a  quello  della  Noce  nollrana. 

9  TAZZA  di  legno,  fabbricata  nella  Mofeovia,  con  figura  di  lucerna  pen* 
file, lenza  coperchio,  proveduta  però  di  piede  nel  di  lotto,  e  di  manico  daun_. 
lato.  E'così leggiera, e fotciie,comeicfuire di  fottiiiifima  feorza  di  cocozza 
lecca. 

10  SCODELLA  di  legno  fimi'mentc  di  Mofeovia. 

11  CVCCHIARO,  c  FORCINA  di  legno,  fatti  d’ un  folo  pezzo,  con¬ 
giunti  nell’  cllremità  de’  manichi  con  un’  annello  cavato  fuori  del  mcdelìmo  le¬ 
gno,  ma  così  dillinti,che  l’ uno  potrebbe  adopraifi  lenza, che  1’  altioimpedif- 
fe.I  manichi  figurano  due  meze  Statue  di  donne  abbigliate  alla  Tedefca.pcr 
indizioche  il  lavorìo  èd’  Alcmagna. 

12  Quattro  CV’CCHIARI  Turchefehi  di  legno,  dipinti  di  rollo,  con  mac¬ 
chie  folche ,  e  manichi  lunghi ,  quali  il  doppio  de’  nollrali . 

13  CVCCHIARO  di  bocca  llrettilfima ,  con  cui  li  Segretarii  de’  Principi 
^Turchi  mettono l’inchioftro nc'loro Calamai, 

14  Altri  CVCCHIARI,  ma  d’altramateria, comedi  PietraSerpentina, fi 
fono  mentovati  tra*  Vali  di  Pietrai  c  d’ un’ altro,  eh’ è  d’avorio,  fi  favella  nel 
Capoleguentc, 


15  GVAI- 


LIBRO  T  È  \  Z  0.  CAB.  XXin.  187 

15  GVAINA  antica  di  Bollo,  capace  d’ una  fama  di  col  elio  lunga  un  palmo, 
più  che  per  altro,  ragguardevole  perrartifizio,  concui  /ùlftori^ira  di  varie  fi¬ 
gure  facre,  intagliate  in  elTa  con  marayigliofa, delicatezza.  Tra  quelle,  in  una 
nicchia  figurante  un’Ancona ,  v’  è  Chi  ilio  CrocefilTo .  In  un’altra  fi  fcprge ,  mi- 
ftcriola  figura  del  rnedefimo,  il  Serpente  di  bronzo,  collocato  /opra  illegno,  ,/?«».  ?r. 
eretto  da  Mosè  nel  deferto ,  colie  imagini  de  gli  Ebrei  languenti ,  che  i’  adorano, 
e  de’ loro  padiglioni  in  lontananza.  Del  qual’ Emblema  laReligipfa  Penna  del 
P.p.Gio.  lacòpo  Rodi  Bològnefe,  de’ Canonici  Regolari  di  S.  Salvatore, ci 
lafciò quella fpiegazione,  che  fi  legge  jn  un  libro  manufcrittode’fuoi  Epigram¬ 
mi , che  cpnfervo ,  per  publicargli  forfè  una  volta .  r  b 

Dum  fa.cer  in  fucris  Serpens  fupereminet  aris ^  ,  t  .j.ep.14 

Mitis  y  (jr  immani  conditur  angue  Deus  : 

Accurrit  gelidis  agrum  moribunda  venenis 
Gens  i  cujus  pellit  toxica  quaque  Deus. 

Sic  Chrifium  quifquis  Crucijixum  refpicit  ,  hujus 
T ttm  valet  afpeSlu  ,  tu?n  fceltts  omne  fugat . 

Sotto qucflalftoria fu efprelTo  il  profpctto  di  Ninive, e^come  cantoil  noflro  v 
Celare  Porta  ,  .  *  Vttady^. 

Giona  tngiottitOy  e  al  fin  dal  Pefee  efipofig.  Hemob.(t.9z 

Sotto  ilGrocefìflo  in  un’altro compart.mentov’è  figurato  S.  Paolo  rifufeitante 
alla  prefenzadimpltagente  il  morto  Eutiep,  caduto  dal  balcone,  in  cui  s’era 
addormentato,  mentre  il  Santo  dìfputa  va  in  Troade,  coinè  fi  legge  ne  gli  Atti  jq, 
Apoftoiici;  Sptroilquadrp  di  Giona  vene  hà  un’altro  col  Saprifiziod’Abra-  Gen.zu 
mo  deferitto  nella  Genefi  .  Sotto  la  Rifurrejsipned’Eutico  v’è  la  moglie  di  pu- 


tifar,  che  indarno  tenta  il  callo  Gfufeppe;  e  la  materia,  in  cui  quelli  è  figurato , 
cITendo  pallida,  rapprefenta  benilIimpcip,chen’efpreffeamicaMufa,lodando 
la  Conaèdia  latina  di  Cornelio  Croco  (opra  quefto  argomento,  cioè 

Palluit  ifacida  Proles  caffiffìma  cacti  L.  Ltg.  in 

Diffugiens  tnanibus  folicitqntis  Mgra.  Adien.Pett, 

Da  un*  altro  canto  in  pù  riparti  figurata  fi  vede  Tllloria  del  Figliuol  Prodigo, 
che  nel primo  fi  mira  chfdenre  la  fua  porzione  a!  Padre,  e  ne’ due  fulTeguenti  fefm.if. 
confumantela  in  conviti, danze,  &  amoreggiamenti  :  nel  quarto  comparti¬ 
mento  fi  vede  ridotto  al  verde  «pallore  mefchinilììmo  di  Majali  :  nel  quinto  pen¬ 
tito,  e  genufleffo  inanzi  il  Padre,  chiede  a  lui  il  perdono,  e  T  ottiene»  e  n’ è  ac¬ 
carezzato.  In  un’altro  fono  rapprefenuti  li  due  Giovani  Ebrei,  che  portano 
pendente  da  un  groffo  baflone  lo  finifuratp  grappolo  d’ uva  recato  dalla  Terra  di 
Fromillìone.  Altrove  Balaamo,  inviatoli  a  Baracco  Rè  di  Mpabbe,  cavalcala 
fua  Giumenta,  la  quale  «quantunque  da  elTo  due , e  tré  volte  percolTa  col  baflo¬ 
ne  ,  mpflra  di  non  voler  voltarli  doy’cgli  vuole, come  fpa ventata  dalla  prefen- 
za  deir  Angelo ,  che  fe  li  fi  incontro  colla  Spada  sfoderata  nella  delira ,  ìn  atto , 
c  con  difppfizioned^ uccidere  il  Profeta,  per  la  difubbidjenzaufata  a  Dio,  co-  ^„^,.22: 
me  fi  legge  ne’ Numeri.  Del  qual  fatto  ia  gentil  Mula  del  Cavalier  Teodoro 
nella  fua  bcllilfimaCanzpne  (opra  il  Tamburro  ,  riflettendo  a  quello  Quadru¬ 
pedo ,  ne  cantò , 

Dehnqut  forfè  quando  6.7. 

Kjì  danno  altrui  ^  contro  il  voler  divino 
Per  vietato  fentier  prefe  il  camino. 

Cosi  pens'  iOf  ne  par  mi 
Prodigìofo  evento', 
che  non  reBaJfe  /pentii 


i?8  M  y  s  E  0  C  0  S  P  I  A  N  0 

Stupifco  ben  del  Cherubino  a  V  Armi ^ 

Del  Profeta  homicida 
\  Treno  /’  impeto  infano^ 

Quando  diflefo  al  piano  - 

,  DiBinfe  gli  urlii  articolo  le  flrida  : 

Fatto  a  la  propria  guida 
Hibello  t  attribuì  Popolo  immenfo 
Al  fuo  (orfo  rejlìo  fallo  pretenfo, 

Xn  altra  parte  finalmente  v’ è  figurato S.  Paolo  predicante  a  Popolo  nuroerofo' 
Così  r artefice,  moltiplicando  i  fegni  di  religione  in  uno  ftrumento  anzi  da 
guerra ,  che  da  pace ,  parve  additar  che  la  guerra  deve  effere  diretta  folo  alla  di- 
fefa della  Religione  ;  eriftringendouno,anzi  più  Popoli  di  figure  diftintilfime 
nell’ anguftafuperfizie  di  poco  Boffo,  portò  lo  Scalpello  a  gareggiar  di  gloria 
con  quella  Penna , che  in  una  piccola  Noce  feppc farcite  eapiffe  la  grand’Iliade 
d’ Omero  j  anzi s’ altri  finfe  gli  huomini  trasformati  in  piante,  deludendo  le  fa* 
vole,moftrò  lenza  finzione, eh' era  infua  mano  il  cangiare  con  più  firana  me- 
tamorfofi  le  piante  in  huomini .  Che  però  a  gran  ragione  Artificis  manum  adeo 
peritam,  come  d’altra  Guaina  pure  di  bollo, ed’ artifizio  fintile,  c  forfiancodi 
mano  dello  fteffo  artefice,  Iftoriata  d’altri  Fatti  del  Vecchio,  e  Nuovo  Tefta- 
mento  ,  notò  il  Vormio  ,  mirantur  omnes  ,  quotquot  opus  •viderunt,  artis 
fi  IO.  p-374*  fculptoria  periti, 

t6  SALIERA  nobile  di Goa>  in  fembianza  di  leggiadriflìma  Torre, fab- 
bricatadi  legno  ,  non  men  leggiero  del  Severo,  ma  così  gentile,  e  polito,  che 
non  lacede all’ Ebano,  cui  imita  beniffìmo ne’ cavi,  che  ci  fono.  Si  divide  in 
quattro  parti .  La  prima ,  che  ferve  di  baie  quadrata  a  foftenere  le  altre ,  (cavata 
nel  piano  di  fopra ,  per  ricettarvi  il  Sale, non  è  punto  difflmile  di  figura  dalle  più 
tifate  Saliere  d’Europa ,  Sopra  quefta  bafefi  pofa  la  feconda  parte, eh’ è  un  gran 
Cilindro  , nella  fomm’tà  (cavato inguifa,  ch’egli  folo  potrebbe  fcrvirc  diSa- 
liera.  Sopra  quefto  s’ircaffano  le  altre  due  parti,  confiltenti  in  una  Cupola, 
deftinata  a  ricettare  il  pepe,  col  fuo  coperchio.  Sembra  tutta  quefta  fabbrsca 
comporta  di  gioje ,  mt  ntre  nel  di  fuori  rutta  è  incroftata  di  minuzzoli  di  Madre- 
^  ^  perla,  e  Gajanda,ò  diciamo  Conca  del  Nautilo  della  feconda  fptzie  affegnata 

Ariftotele,  cemmeflì  con  certa  parta  neriflìma,  nell’  ofeurità  della  quale 
meglio  campeggia  la  lucidezza  di  que’  brillanti  frammenti .  Altrettanto  nera  è 
la  vernice  data  alle  di  lei  cavità ,  che  non  folo  fà  fembrar ,  come  fi  difle ,  ebano 
politiflimo  quel  legno ,  ma  di  vantaggio  rende  la  di  lui  fuperfizie  così  lucida, 
che  vi  fi  può  fpecchiar  dentro,  rendendo  beniffìmo  1’ imagine  di  chi  vi  mira, 
non  altrimente  che  facciano  gli  Specchi  ufati  nell’India  Orientale:  uno  de* 
quali  ampio,  e  maeftofo  fi  vede  nella  Galeria domcftica  delSig.Marchcfe:  a 
cui  fei  ve  di  terfo  criftallo  la  fola  vernice  finiffìma ,  e  nera ,  come  quefta ,  diftefa 
fui  legno.  La  quale  per  avventura  è  fatta  con  quella  forre  di  gomma  arborea, 
OlVorm.h-4,  che  iChinefi chiamano C/è,  «Sci  PortoghefiO^iA-ii^sdal  Trigautio  detta  impro- 
?.  priamente  Bitume,  nafeente  come  natail  P.Chirchero, nella  ProvinciadiC^e- 

Xtrchchtn.  e  che  non  folo  per  tutto  il  vaftffimo  Imperio  della  China,  ma  eziandio 

^  lìo  P^**^^*  circonvicini  fi  fmaltifce  in  gran  copia  a  quefto  effetto.  Altri  chia- 
X.  4.  Pbar.  mano  quefta  vernice  ,  {t'pni'cìàVCiedeiLwaZìCharannotòCarannai  e  loSchro- 
macop.  Afe-  kordero  la  defcri  ve  fatta  d’una  forte  di  refina  confimilc  alla  Tacamahaca;  di 
cui  vedono  vernicati  alcuni  Vafi  della  famofa  Galena  del  Sig.  Manfredo  Setta- 
fap  la.  Ha  poi  per  queftaTorre  tutti!  contorni  meffì  a  oro,  con  bellilfimifiegi.  Il 

ir  12*  più  valente  Ebanifta  d’  Europa  ,  forfi  non  np  lavorerebbe  una  più  bella»., 

E'pre- 


LIBRO  TERZO,  CAP,  XXP^l.  289 

E'pregiatiflimo  dóno  del  Serenifs.  Card.  Leopoldo  de’  Medici ,  dalla  cui  iibera- 
Iitàin  quello  genere  di  cole  Indiane,  riconokc  il  Sig.  Marchele  anco  lo  Spec¬ 
chio  fopramenrovato ,  e  con  elio  ancora  una  fuperbifiìma 

1 7  COLTHl  LIBRA  della  materia,  &  artifizio  medefimo,  contenente  quat- 
tordici  Coltelli  di  finiflìme  lame,  con  manichi  per  eccellenza  intagliati:  quale 
pure  conlervafi  nella  di  lui  Galeria  tra  le  altre  cole  fingolari,e  potrebbe  una  vol¬ 
ta  trasferirli  nel  Mufeo . 

18  Altra  SALIERA,  nondi  legno  ,madirame, d’antichità,  e  d’ artifizio 
{ingoiare ,  fi  defcrilTe  più  addietro  tra’  Vali  di  metallo . 

19  TABACCHIERA  cavata d* una Callagna d’india. 

20  FIASCA  antica  da  munizione,  fabbricata  d’una  Noce  d’ìndia.  A 
quell’ordine  di  Vali  di  legno  ponno  ridurli  ancora  gli 

21  Due  VASCELLI  piccoli,  con  tutte  le  loro  attinenze,  come  fi  vedono 
nelle  Navi  maggiori ,  deferirti  ove  delle  Cole  della  Nautica  fi  favellò  ;  e  le 

2  2  CASSETTE ,  con  entro  , e  fuori  dilegnatevi  diverle  maniere  d’horiuoli 
a  Sole,  deferitte  nel  proprio  Capo  de  gliHoriuoli,  Ma  più  in  acconcio  per 
quello  luogo  fono 

23  Due  SCARPE  di  legno,  compagne,  d’artifizioTurchefeo,  che  qui  lì 
vedono,  fatte  non  per  ufo  del  piede,  ma  della  bocca,  per  lervire  a’ Barbari  di 
quella  Nazione  di  condegno  Nappo  da  bere. 

24  Cinque  CARICATORI  d’ Archibugio  antichi,  fatti  di  Canna, armata 
di  piombo:  la  bellezza  de’ quali  confifte  nell’ edere  quelle  canne  intagliate  a 
bollino  di  varie  figure  non  men  belle  ,  che  fc  fuffero  in  rame .  In  uno  fi  vede  una 
Porta  di  Città ,  da  cui  efconoalcuni  Soldati  a  Cavallo ,  con  prolpetto  di  monti , 
c  d’ alberi  :  In  un’  altro  fi  Icorge  un  Palazzo ,  con  varie  Cale ,  e  Paelaggi ,  e  cac- 
cie ,  con  diverle  figure  d’ huomini  a  piedi ,  &  a  cavallo .  In  un’  altro  fù  elpi  ella 
la  veduta  d’una  Città, con  laRocca, per  lacui  Porta  entrano  Soldati  aCaval- 
lo .  Che  quelle  galanterie  vengano  dalla  Cala  de’  Medici,  da  cui  per  Madre  di- 
feende  il  Sig.  Marchele,  n’ è  indizio  uno  ,  &  è  il  quarto,  incuiv’hà  l’Arma  in 
piccolo  della  Cala ,  con  lettere  , che  dicono  FR/INCISCFS  MEDICLS .  Sotto 
le  quali  fi  vede  una  Cala  con  varie  figure ,  dinanzi  a  cui  mirali  il  comba'timento 
d’ un  Gigante  con  un  Cavaliere.  Nell’ ultimo  v’ hà  l’Arma  di  Cala  Medici  in 
grande ,  col  profpetto  della  Città  di  Firenze.  Legati  in  un  cinto,  fe  fi  muovono, 
dellano  quel  mormorio  olfervato  dalla  Mufa  guerriera  del  Benamati, ove  deferi- 
vendo  i  Molchcttieri  Spagnuoli  cantò  a  quello  propofito , 

Cm  rara  maejlrtay  con  moto  audace 
Su  le  fpalLe  i  Mofebettt  alzan  cojloro , 

E  le  Eiafchey  in  cui  dorme  infernal  facCy 
DeHan  sii  ' l  fianco  un  mormorio  /onoro. 

25  Nè  fuori  de’ Vafi  mancano  altre  CUI  iole  MANIE  ATTVRE  di  LEGNO, 
meritevoli  d’ elTere  qui  ollervate ,  come  le  leguenti , 

26  BILANCIA  di  legno,  ulata  ne’ Paefi’del  Turco,  per  pelare  li  Medini,  che 

fono  Monete  di .  Ella  è  compolla  di  due  pezzetti  di  legno  quadrati,  com- 

mefiì  infieme  in  maniera, che  formano  come  una  Croce,  la  di  cui  parte  trafverlale 
affida  all’altra,  mediante  un  perno  è  mobile  :  e  fopra  un  capo  di  quella ,  alquanto 
Icavato ,  e  formante  quali  una  lingua,  fi  pone  il  Medino,  che  viene  contrapefato 
dall’  altro  capo  di  quel  traverfo,ci.e  tanto  è  più  groffo,  e  più  ponderofo  deli’op- 
pollo ,  quanto  balla  a  tenere  in  equilibrio  quella  Moneta .  Fù  portata  dal  Cairo . 
Nella  Città  di  Gicrufalemme  ve  ne  hà  in  tutte  le  botteghe .  Vn  limile  Strumento 
fù  defer  itto  dal  V ormio  nel  luo  Mufeo,  lenza  che  del  di  lui  ulo  pronunziane  cola 
alcuna  di  certo .  Bb  27  CAS- 


VitU  Nav. 
iib.  2.  jS. 


Z.  4  Mul. 


Ì9Ó  Mf^SEO  COSPÌANO 

27  CASSETTINA  di  legno  Indiano,  figurante  due  Cerere  commeffe  nel¬ 
la  fommità  de’  manichi ,  dipinta  di  vernice  di  color  giuggiolino .  Contiene  que- 
fta,  meritevole  d’ cfTere  qui  defcritta ,  fe  non  per  la  materia,  che  appartiene  ad 
alfro  luogo ,  per  l’ ufo , fimile  a  quello  della  precedente ,  una 

2S  STATERA  CHINESE,  colla  fua  lance  rotonda  d’ottone  ,  fimilc  a 
quelle  delle  bilancie  noftranc  deftinate  a’  pefi  minuti ,  foftenuta  da  quattro  cor¬ 
doncini  di  feta ,  uniti  infieme ,  &  attaccati  al  manico ,  che  per  la  lunghezza  di  tré 
oncie  è  armato  d’ una  cannellina  d’ ottone ,  grolla  non  più  del  nodo  d’ una  pen¬ 
na  d’ Oca ,  da  cui  efee  il  reflante  del  manico ,  tutto  d’ avorio ,  che  di  poco  eccede 
la  mentovata  groflczza ,  d’ una  penna  da  fcrivere ,  e  s’ allunga  di  vantaggio  fette 
pneie  in  circa ,  c  fìnifee  in  una  cftrcmità  molto  acuta ,  Egli  è  legnato  di  tre  oidi. 
nidipunti;ilprimode’qualiordini,ch’èpiù  lungo  de  gli  altri,  come  quello, 
che  principia  più  vicino  alla  cannellina  d’ottone,  contiene  ottantadue  legni, 
diflinti  a  cinque  a  cinque  con  due  punti  traverfali ,  c  con  quattro  a  dieci  a  dieci , 
molto  frequenti  fino  a’ cinquanta ,  c  da  indi  in  poi ,  più  radi .  Il  fecondo  ordine, 
parallelo  al  primo ,  8c  al  terzo ,  &  in  diflanza  loro  eguale ,  cominciando  cinque 
legni  più  lontano  del  primo  dalla  cannelli  na  d’ ottone ,  contiene  dugento  dieci 
note  diftinte  con  due  punti  traverfali  a  cinque  a  cinque  ;  con  cinque  ad  ogni 
venticinque,  e  con  undici  ad  ogni  cinquanta:  E  fono  quelle  mojto  più  vicine 
runa  all’altra,chcquelle  del  primo  ordine.  Il  terzo,  direttamente  oppofloal 
prim’ ordine,  comincia  quarantadue  note  più  addietro  del  fecondo,  e  contiene 
centotrenta  legni  eguali  a  quelli  del  fecond’ ordine  fino  al  numero  di  cento,  c 
nel  reflante  più  radi ,  diflinti  parimente  con  due  punti  traverfali  a  cinque  a  cin¬ 
que,  con  tré  a  dicci  a  dieci,  conici  a  cinquanta,  e  con  più  a  cento.  Hà  illuo 
Marco,  ò contrapefo  tutto d’ ottone,  quadratp bislungo.  Il  P.  Mencftticr  della 
Compagnia  di  Giesù ,  letteratodi  dottrina,  e  di  memoria  prodigiofa ,  ritornan¬ 
do  dal  Collegio  Romano,  nel  pafTaggio  che  fece  per  Bologna ,  vifitò  le  Cole  de! 
Mufeo ,  e  veduta  quefla  Statera ,  mi  Ipecificò  tré  forti  de’  luoi  pefi , dicendo  che 
il  maggiore  fi  chiama  Cani,  e  contiene  vinti  oncie  delle  noltre-,  il  mezzano, 
Mazì ,  e  leva  due  oncie  nortrane,  come  che  un  Catti  faccia  dieci  Mazi  i  il  mini¬ 
mo  ,  Conduri  y  che  pela  una  dramma ,  emeza,  c  grani  lei  de’noftii,  e  dieci  di 
quelli  pefi  fanno  un  Mazi .  Vfanoquefla  fortedi  Statere  i  Mercanti  Chinefi, por¬ 
tandole  nella  fua  Calla  appefe  alla  cintura,  per  pelar  l’ oro,  che  tirano, come  no¬ 
ta  il  Vormio , che  ne  deferive  una  con  quelle  parole.  Bacillus  eburneus  feptem 
unciarum  longitudine  y  crajfitie  penna  columbina  ,  ptinSfis  ,  ó"  lineolis  accura^ 
tiffìme,  ò'  minutilpimè  dcpinSfus  ex  altero  extremorum  lancem  t arvam  aneam 
dependentem  obtinet  ,  cui  ponderandum  aurum  tndittir ,  quod  expendit  pondus 
anetim  quadratum  yfeu  potius  teffellatum  ,  quod  filo  fufpenfum  tranfiurrit  li~ 
neas ,  éf  punii  a  in  baculo  fignata .  Huic  autem  ponderi  in  duobus  amplioribus 
laterthus  infculpta  fiunt  punii  a  quinque  ,  in  angufiioribus  tria  .  T  otum  vero 
pondus  drachmam  unam ,  cum  ficrupolts  duobus  pendet  .  Vniverfia  hac  fabrica 
theca  lignea  clauditur  ,  figura  cochleare  ferme  referenti  ,  in  cu\us  manubrii 
extremo  clavus  ejl ,  circa  quem  volvitur  operculum ,  ubi  aperitur ,  aut  clauditur . 
Terunt  Sinenfes  Mercatores  has  libellas  ad  cingulum  portare ,  ut  oblata  numif- 
mata  iis  ponderent ,  de  pretio  fiatuant . 

29  GLOBO  di  legno,  diligentemente  lavorato  al  forno,  con  molti  occhi,  ò 
pertugi  ródi,  per  gli  quali  fi  vede,che  coticne  un’altro  Globo  fimi!e,poco  minore 
del  fuo  continente  :  ed  efio  parimente  pertugiato  fi  fà  conofeere  gravido  d’un’al- 
tro  Globo,  non  rotondo ,  ma  moltilatero .  E  tutti  c  tré  cavati  d’ un  folo  pezzo  di 
legno  ,nel  numero ,  e  flrutcura  loro  palefano  la  perfezzione  dell’  Arte ,  che  feppe 
concepire  i  due  ultimi  nel  primo, per  partorirli  alla  maraviglia.  30RO- 


L  I  ^  K  0  T  E  \  Z  0,  CA?.  XXFL  291  ’ 

30  ROTA  di  legno,  di  diametro  quafid’ un  palmo,  con  artifizio  tale  fabbrii 
cata ,  che  ftà  ferma  in  un  punto ,  ancorché  ineguale;  anzi  fituata  »  che  fia  in  un_, 
tal  modo  particolare,  mediante  un’  ordigno  pefante  inferitogli  io  una  parte  del¬ 
la  circonferenza ,  che  la  fi  muovere  verfo  dove  il  pefo  inclina  da  fe  fola  afcendé 
in  un  piano  inclinato ,  ai  contrario  delle  communi,  le  quali  per  la  facilità  di  cor¬ 
rere  al  ballo  diedero  luogo  al  proverbio  efpreflb  da  Bernardino  Ruugta  in  quel 
Lubrico,  ut  Rota  currit  aSta  clivo. 

Onde  qui  tienfi  in  iftima  dovuta  , 

a  gran  Ruota,  a  cui  Bupendo  il  moto 
Porga  d  '  arte  fublime  ordigno  ignoto  , 

La  bizzarria  del  qual  moto ,  fe  pare  eh’  efprima  quel  fentimento  d’ Orazio  I 
Nitimur  in  vetitum  femper,  cupimufque  negata, 
non  lafcia  d’ accennar,  che  ad  alto  devono  vergere  i  moti  della  Natura  Humana  ~y 
che  pure  fù  parsgonata  ad  una  Rota  da  quel  Poeta,  dicui nella  Prefazione  del 
Giudice  Criminaiifta  d’ Antonio  Maria  Cofpi  da  Santiano  fi  leggono  i  feguenti 
ver  fi  Natura  Hominis  e  fi  Rota:  vix  tenere  pojjìs. 

Sic  in  fe  ruit,  irruit,  involvitur ,  urget. 

Comunque  fiali,  ella  è  manifattura  ingegnofa  del  Sig.  D.  Teodoro  Bondoni, 
Fiorentino,  Secretario  del  Sig.  Marchefe,eCuftode  di  quello  Mufeo:  il  quale 
in  quella  Rota  fallente  ftabilì  un  teftimonio  della  fua  lodevole  induftria , 

gl  PETTINE  antico  di  legno,  di  grandezza  non  ordinaria,  come  lungo 
fette  oncie,e  largo  cinque,  ragguardevole  non  tanto  per  l’ antichità,  che  per 
r arte ,  che  lo  fegnalò  di  bellilfimi  intagli ,  i  quali  paffano  da  una  banda  all’  altra  * 
Vi  fono  intagliati  anco  alcuni  caratteri ,  che  fembrano  Tedefchi  antichi ,  perche 
ficongetturi  lavoratone!!’ Alemagna, quantunqueportato  di  Candia. 

32  Altri  PETTINI,  perche  non  di  legno,  ma  d’ olio  di  Pefee,  fi  deferivo^ 
no  nel  Capo  feguente  trà  le  cofe  artifiziate  di  parti  d’ Animali . 

33  GRATTATOIO.  Così  chiamo  uno  Strumento  di  legno  ufato  da  Tur-, 
chi  per  grattarli  le  fpalle.  Egli  è  qualche  poco  più  lungo  d’un  braccio;  lar.go 
un’oncia,  alquanto  incurvato,  con  nei  fondo  da  quella  parte  alcuni  tagli  perii 
lungo ,  &  altri  pe’l  traverfo ,  i  quali  fanno  emergere  alcune  punte  mediocremen¬ 
te  acuminate,  che  guidate  fopra  la  cute  fervono  a  cacciarne  il  prurito .  Qual 
forte  di  Strumento  ufavafi  anco  apprelfo  gli  antichi  Romani  ,  e  chiamavafi 

di  cui  s’intende  Marziale  in  quello  dillico. 

"Defendet  manus  hac  fcapulas  mordente  moleUo 
Pulice,  vel  fi  quid  pulice  fordidius, 

fopra  il  qual  luogo  notò  il  Farnab  o  ,  ch’egli  era  InJlrumentum ,  quod ,  qito  mdi^ 
nus  non  pertingebat ,  manus  vicem  fupplebat  ad  pruritum  /capularum  fricant 
dum ,  atque /alpe ndum ,  Vn’ altro  Sti  umento  di  limile  ufo  fi  vede  nel  prollìmo 
Mule  dell’  Aldrovaudi ,  ma  quegli  è  più  largo,  e  traverfalmente  incavato  nella 
parte  concava  dal  fommoall’imo . 

34  Due  CATENE  di  legno,  lunghe  un  braccio,  dì  quindici  annella  per  cìaf- 
cheduna,  cavate  tu  te  d’un  p.zzo  per  manod'  Artefice  Turco  molto  ingegnofoJ 

35  LAVORIO  fottililTimoTedefcOjCherapprelentaun Tempio, fatto  per 
mano  d’ un  Mirmecide  Tedefeo . 

36  Altre  Manifatture  minutilfime,  non  indegne  de  gli  Scalpelli  d’unCalli- 
crate ,  perche  non  di  legno ,  ma  fono  d’ avorio ,  trà  le  cole  d’ avorio  in  apprelfo 
deferì  vera  nfi. 

37  MOLINELLO  di  legno  in  un’ ampolla  di  vetrod’orifiziocosìangullo^ 
eh’  è  impollibi  le, che  per  elfo  fia  entrato  intiero  quejlo  lavorìo ,  ma  è  nccelfario , 

B  b  2  che 


L.Epigr.fi 
miht  46. 
Bcnam.  Pie. 
Nav. 

inAtPì 


Martial. 
l,  14*  op,  ^3. 


%9t  M  y  S  E  0  C  0  S  P  1  A  N  0 

«he  vi  fia  (lato  introdotto  a  parte  a  parte,  c  quelle  pofeia  colà  dentro  meflic  in» 
Geme  nella  maniera ,  che  al  prefente  fi  vede , 

38  Tra  le  Manifatture  nobili  di  legno  mcriterebbono  parimente  luogo  il 
ZOCCOLO  SOLARE;  il  SOLARIO  CILINDRICO,  &  altre  cofedi  legno  . 
deferitte  tra  gli  Horiuoli ,  e  gli  Strumenti  Matematici ,  Aflronomici,  e  Geome¬ 
trici,  e  tra  le  Armi:  comefìmilmente  potrebbono  connumerarvifi  gl’ IDOLI, 
eie  STATVE,  i  CALCOLI  del  Giuoco  di  Pitagora le  MEDAGLIE  di 
legno  coniato .  Ma  perche  di  quelle  fe  ne  tratta  altrove ,  non  fe  ne  dice  di  van¬ 
taggio  iu  quello  luogo , 

39  MANTILE,  come  lo  chiamarebbe  il  noftroP.  Botti,  che  fi  ferve  di  quei 
.  (lo  vocabolo,  ò  TOVAGLIOLO  di  Fernambuco;  ordito ,  e  teffuto  di  fibie 

(corza  di  Palma ,  fe  più  tofto  non  fono  della  corteccia  efleriore  della  Noce  In¬ 
diana,  che  altrove  diceffimo  ridurli  in  tele:  e  non  per  tanto  di  fattura  Zotica , 
ma  molto  gentile ,  come  quella ,  che  da  un  lato  emula  il  velluto  a  pelo ,  e  dall’  al¬ 
tro  i  damalchi ,  Se  altri  drappi,  che  chiamiamo  fatti  ad  opera .  Co’  Fagiuoli  Co¬ 
rallini  altrove  mentovati  lo  portò  dall’  Indie  Orientali  un  Padre  de’  Minori  Of- 
fervanti,chemorìinCaflelS.  Pietro;  e  me  ne  fece  un  dono  una  fua  Nipote, 
mentre  io ferviva  di  Medico  quella  Communita. 

40  Diverfe  altre  Cofe  fatte  di  Scorze  d’ Alberi ,  e  d’ altri  vegetabili  fi  deferif- 
fero  tra  Volumi ,  Carte ,  e  Scritture  Efotiche ,  nel  Cap.  IL  di  quello  Libro . 

De*  y^Jtf  altre  cofe  artificiate  di  farti  d*  Animali, 

Cap.  XXVII. 

I  13  quanto  ampia  fi  feorga  la  materia  de’  Vafi  ne* Follili,  e  ne’  Vegetabili, 

Ml  non  perciò  s’è fermata  in  effa  l’induftria  di  fabbricarne,ma  paflando  a  più 
alto  genere  di  Midi  s’ è  compiaciuta  di  trovarne  fin  ne’ corpi  de  gli  Animali  per¬ 
fetti.  Troppo  limitata  parevale  la  fua  giuridizzione,  riflretra  nelle  produzzio- 
ni  della  Terra  in(enfata,fe  non  la  Rendeva  a  quelle  delle  minere  della  vita .  Sem- 
bròlle  forfi  più  facile  a  vivere  per  benefizio  dell’ Arte  quella  materia,  che  un 
tempo  vide  per  opera  della  Natura;  fenonpiùtoRopretefe  d’introdurre  ella 
coH’artifizio  la  vita  là,  d’onde  n’ era  Rata  (cacciata  dallaMorte.  Comunque 
fiali ,  non  prefe  ad  incrudelir  ne’  Cadaveri ,  ma  a  rianimarli  ;  e  gli  effetti  paleior- 
no ,  non  che  innocente ,  vitale ,  quella  invenzione ,  che  per  altro  poteva  Rimarli 
crudele .  Così  tralfe  lode ,  donde  pareva ,  che  dovelTc  rifultarlene  biafimo  ;  e  fe 
ne  pregiò  con  ragione ,  s’ella  in  ciò  imitava  la  Natura  medefima ,  che  gli  fù  Mae- 
RradiqueR’ Arte,  fuggerendogli  tante  bizzarrilfime  idee  di  Vafi  ne’ Corpi  de 
gli  Animali ,  e  particolarmente  nelle  Conche  de’  Tefiacei  ;  anzi  coRruendo  ella 
Relfa  tanti  Vafi,  quanti  fonojgl’individuidi  quelle  .  Onde  per  Vafifaiti  diparti 
d’ Animali  potrebbono  palTare  tutte. 

2  Le  CONCHE  de’  TESTACEI  del  Mufeo  nel  precedente  Libro  in  XII. 

V  rup  i  deferitte,  &  intanto  connumerate  fra  le  Cofe  Naturali,  in  quanto  vi  fi  con¬ 
cai  2.  *4  fiderorno  come  Opere  della  Natura.  Che  fe  più  al  lavorìo  dcH’Arte ,  che  a  quel- 

tneiuf.  Jq  Natura  fi  folle  badato ,  giuRtimente  potevano  tra  le  Cofe  Artifiziali  ha- 

ver  luogo ,  e  qui  deferì verfi . 

3  Le  TAZZE,  e  NAPPI  divcrfi,fabbrlcatidalle  CONCHE  de’  NAVTI- 
/.2 LI,  della  CHIOCCIOLA  RVGOSA  MAGGIORE,  della  CHIOCCIOLA 

NAVTILITE  PERLATA, c delle  CONCHE  MARGARITIFERE,  contan- 

tnaeRrìa  lavorati,  che  potrebbono  accrefeere  fuperbia ,  non  che  recar  pompa, 
n.it,  alle  Menfede’Principi  anco  più  grandi.  Ma  come  che  di  queRi  Vali  s’è  detto  a 

baRan* 


tIBKQ  T  E  K  Z  0.  CAP,  XXHU  2~9S 

baftanza  ove  fi  dcfcrilTero  le  Conche  »  di  cui  furono  formati ,  non  altro  qui  fe  ne 
foggiunge.  E  la  medeiimariflellìone  faceva  appartenere  a  quedoCapoia 

4  TAZZA  d’ ofito  di  Balena ,  di  due  palmi  di  diametro ,  di  cui  favellòlTi  di  fo- 
pra  nel  Lib.  II.  Cap.  il.  nu.  8.  &  il 

5  BICCHIERE  principiato,  ma  non  finito  dicavarfid’unCornodiRino» 
cerere  .  De’ quali  Vali  qui  non  altro  fi  nota,  perche  miglior*  occafione  portò  il 
dirne  quanc’  occorreva , ove  fi  favellò  de  gli  Animali ,  di  cui  furono  parti  ;  e  per 
non  replicarne  ilgiàdetto,  efoddisfareinfieme  alfefigenza  di  queftoluogo, 
badava  il  femplicemente  raccordargli ,  Ma  offerviamo  le  opere  della  Induftria 
humana  in  quedo  genere,  confervate  nel  Mufeo,  e  non  altrove  raccordate. 
Qyede  fono 

<5  V  ASO  d’ avorio  con  tanta  bizzarria  di  figure  Geometriche ,  e  di  rofe  tor<- 
nito,  che  può  meglio  ammirarlenc  ,che  deferi  ver  Iene  l’artifizio .  E’  capace  di 
circa  tre  libre  dilicore,  havendo  il  di  lui  ventre  cinque  onde  di  diametro,  e 
dodici  di  circonferenza  ;  comprefo  il  piede,  &  il  coperchio,  alto  nove  oncie. 
Il  pezzo ,  di  cui  fù  cavato ,  non  poteva  pelar  meno  di  quìndici  libre . 

7  VASO  d’avorio,  configura  di  Calice,  ma  col  coperchio,  ch’è  fimilea 
quello  delle  Pilfidii  il  tutto  d’ altezza  d’hn  palmo,  emezo,  lavorato  al  torno* 
ma  con  tal  finezza d’ artifizio,  ch’è  ridotto  allafottigliezza  della  carta:  onde 
trafpare  in  guifa  ,che  poftavi  dentro  qualche  Seri:  tura,  fi  legge  nel  di  fuori  fenz* 
alcuna  difficoltà.  Pela  mez’ oncia,  e  pure  il  pezzo,  di  cui  fu  cavato,  non  era 
meno  di  quattro  libre .  Egli  è  manifattura  di  Filippo  Sengher  Tedefeo,  artefice 
così  diligente  ne’ lavori  lottili  «che  ogni  fua  opera  riefee  maravigliofa .  Coa^ 
tutto  però  che  quefta  fia 

Df  leggiadro t  e  finiffinto  lavoro, 
che  rende  ogni  occhio  human  pago ,  e  contento . 
v’  aggiunge  affai  di  pregio  l’elfere  dono  della  mano  liberaliffima  del  Sereniffimo 
Granduca  di  Tofeana  Cofmo  III. 

8  SCATOLA  parimented’avorIo,aItaquattrodita,  e  larga  dieci,  di  figura 
efagona  così  perfetta ,  che  per  qualunque  facciata  vi  s’ adatti  il  coperchio ,  eh’  è 
delia  fteffa  materia,  c  configurazione,  tutti  gli  angoli  s’incontrano  a  capello. 
Ella  è  opera  dei  fudetto  artefice ,  il  quale  lavoròlla  per  il  fopramentovaro  Gran» 
duca  di  Tofeana  Cofmo  III.  Onde  in  ciafeheduna  fua  facciata  /colpì ,  e  fece  ap¬ 
parire  di  rilie  vo  la  Cifra  coronata ,  eh’  cfprime  compendiato  il  riverito  Nome  di 
S.  A.  S.  e  nel  coperchio  efpreffe  parimente  di  baffo  rilievo  l’Arma  del  mcdeli- 
ino  con  le  lei  Palle ,  e  la  Corona  Granducale ,  vuote .  Per  piedi  v’  adattò  alcuni 
globecti ,  pur  d’ avorio ,  e  fimilmente  vuoti .  Effendo  ufeita  tutta  la  materia  con¬ 
tenutavi  per  alcuni  angufliffimi  fori  della  fuperfizie,  la  quale  rapprefenra  un 
contefto  di  tante  fottiliilìme,  òpoco  men  cheinvifibili  annella  componenti  in 
quel  tutto  una  rete  non  meno  ammirabile  di  quella  di  Vulcano,  Che  però  i  Pe¬ 
riti  deli’  Arte  Rimano  tal’  opera  un’  aggregato  di  miracoli .  Onde  tanto  più  fti- 
mabile  è  il  dono ,  che  ne  fece  al  Sig.  Marchefe.il  Sereniffimo  Granduca  fudetto  : 
nella  cui  ineflimabile  Galeria  v’hd  pur  dell* opere  in  quello  genere ,  c’hanno 
fatto  ftupire  anco  l’artefice  di  quelle  due:  e  fono  quelle  un  Triangolo  perfetto 
d’ avorio , con  varii  lavori  tondi  in  ogni  piano  :  &  un  Vafo  pur  d’avorio  coi  fuo 
coperchio  legatovi  con  una  catena  di  molte  annella  torlite ,  e  cavate  tutte  dallo 
Hello  pezzo  del  Vafo,  e  del  coperchio.  Pofa  la  fudetta  Scatola  /opra  ricco  pie- 

,  deilallo  d’ ebano ,  di  figura  quadrata,  con  ornamenti  d’ argento ,  e  di  pietre  pte. 
ziofe .  Sopra  la  medelìma  $’  alzano  quattro  archi  d’argento  (oRenuti  da  quattro 
colonne,  fatte  a  vite,  dello  Redo  metallo,  i  quali  s’unifcono  afoRentareij. 

Bb  3  ”  fopra- 


L,  I.  e.  f. 
UH.  j. 


TaU. Florii' 
C.ì  ì6. 


CAdJe'Lò- 

leb.C.ll 


Tratte,  Be^ 
Ugttet.  Cefi, 
U  25. 


Leg.  in 
Zirlamele 

p..3»y- 


F.iV.  /.1.38. 


294-  M  y  S  E  0  C  0  S  P  t  0 

fopradeferitto  fottilifsimo  Vafo  devono, &  una  Corona  Granducale  delFa  ftefla 
materia, che  locirconda.  Nella  facciata  anteriore  del  piedeftallo  in  unquadro 
di  pietra  lazuli  a  caratteri  d’argento  fentto  li  legge.  COSMI  III.  M.  DfCIS 
ETRVRIM  MVNVS, 

9  COLTELLIERA  antica  d’avorio,  cavata  d'un  dente  d’ Elefante  di  fe- 
gnalatagroflczza,&illorjata col  bollino  di  figure  così  gentili,  chelembrano 
intagliate  in  rame  da  un  Sadelero .  Da  un  canto  vi  fù  efprcllo  Nettuno  lopra  il 
fuo  Carro,  tirato  da’ Cavalli  Marini,  de*  quali  egli  regge  il  freno  in  atto  di  far¬ 
gli  correre.  Onde  col  Boldoni  può  dirli,  che  in  ella 

—li»  ■  ■  ■  III  il  Dio  del  Mare 

Lenta  il  freno  a  i  Dejlrier  per  1'  onde  amare. 

Lo  corteggiano  diverfe  Deità  Marine  portate  da  varii  acquatili ,  e  Moftri  di  Ma-? 
re.  Delle  quali  potrebbe  cantarli  con  quel  Poeta  Bolognele. 

Reco  Nereo ,  che  /opra  un  ■  Orca  •viene , 

E  fopra  una  Tejlugine  vten  Nife, 
chi  Foche,  chi  Vitelli,  e  chi  Balene 
Calca,  e  chi  fa  fopra  un  Delfino  affo, 

In  profpettiva  vi  fi  feorgono  Montagne  con  alberi ,  e  cale  fumanti  con  partico- 
lar  diligenza  graffiate.  Di  lotto  vi  fù  fcolpita  un’Arma  Prelatizia ,  come  dal 
Capello  s’argomenta, contenente  cinque  Caltelli ,  e  due  animali  quadrupedi, 
con  fopra  elsi  due  Cicogne  1  c  fù  per  avventura  del  primo  poflctìore  di  quella 
galanteria.  Dall’altra  banda  vi  furono  figuiate  due  imagini ,  che  Icmbranq 
d’ Aci,  e  di  Galatea  fedenti  sù  la  Spiaggia  del  Mare, con  profpetto  di  montagne, 
&  alberi ,  e  cafe .  E  lotto  quelle ,  nel  la  parte  corrifpondcnte  di  fito  ali’  Arma  fu- 
detta,  vi  fù  effigiata  la  Metamorfpfi  di  Dafne,  feguita  da  Apollinei  della  quale 
già  fi  vede  che 

In  ramos  abeunt  trepidantia  brachia,  crines 
In  frondes  ;  rigida  Jltrpe  Fletere  pedes , 

Contiene  quella  otto  Coltelli  di  lame  hoilsime, con  manichi  d’avorio efprimen- 
ti  meze  figuie  d’ huomini  di  varii  fiati, e  dignità  ;e  di  donne  con  ciiiffialnlsimi, 
come  s’ ulavano  nel  Secolo  tralcorlo .  Giudicali  opera  d’ Artefice  Tedclco. 

10  CVCCHIARO  Turchefeo  d’avorio,  in  cui  figurati  fi  vedono  diligente¬ 
mente  alcuni  Iquarci  di  catena,  tutti  cavati  d’un  pezzo,  lenza  guafiar  l’ ordine 
dell’ inannellaiura . 

11  Due  TABACCHIERE  d’ avorio,  fatte,  come  fembra,  tutte  d’ una  ma¬ 
no ,  con  mezaftatua  ,come  pare,  di  branceico  Valeho  Rè  di  Francia  da  un  lato , 
e  dall’ altro  della  Regina  fua  Moglie,  con  quella  clifTerenza,  che  in  pua,  le  figure 
furono  ciprerte  più  giovani ,  e  ncU’altra  più  attempate . 

12  FIASCA  da  polve,  come  la  chiamarebbe  il  Benamati ,  di  cui  citalsimo 
que’verlì,  E  le  Fiafche,  in  cui  dorme  infornai  face, 

Deftan  sù  '  l  fianco  un  mormorio  fonar 0 , 
ella  è  cavata  d’un  dentea’ Elefante,  c  tripartita  nel  fondo,  colla  fuperfizie  iflo- 
riata  dal  bollino  di  varie  figure  elprimenti  un  tratto  di  bofeaglia  colla  Caccia 
del  Cervo,  della  Lepre ,  &  uy  Cacciatore  vefiito  allaTedefca,  &  armato,  da 
una  parte,  e  dall’altra  divcrfi  VcceJlatori  con  Falconi ,  e  Spara  vieti. 

*5  Due  FIASCHE,  pure  da  munizione  .fatte  didue  Coma  commelTein- 
fieme,  e  coperte  d’avorio,  in  cui  furono  efprefl'e  varie  figure  cosi  gentili,  che 
non  la  cedono  a’  p  ù  fini  intagli  di  rame .  In  una  v’  è  rapprelentato  Chrilto ,  che 
convertifee  la  Samaritana ,  attignente  l’ acqua  da  un  pozzo  ombreggiato  da  uu* 
Albero  ameno ,  che  fembra  uu  Platano .  Nell’altra  in  cinque  compartimenti  vi 

fù 


LIBRO  T  E  \  Z  0.  CAP.  XXP^ll  295 


fuefprefifariftpria  della  Palfione  del  medefimo,  vedendoli  egli  nel  primo  con- 
fegnato  alle  T urbe  Giudaiche  da  Filato ,  che  lì  lava  le  mani;  nel  fecondo ,  dagel- 
laco  alla  Colonna;  nel  terzo.  Coronato  di  Spine;  nei  quarto,  Crocefillo;  nel 
quinto.claltato  in  Croce, prelenti  in  atto  d’eftremo  cordoglio  le  Marie,  con 
uno  de’  Difcepoli ,  eh’  è  Giovanni .  Ma  quanto  meglio  flarebbono  quelle  figure 
così  diyote,  e  così  belle  in  uno  Strumento  di  pace,  che  in  quello  da  guerra,  e 
più  tollo  in  un  facro ,  che  in  un  profano  ?  JL’  Artefice ,  che  ve  l’ efpreffe ,  quanto 
hebbe  di  perizia  nel  farle  belle, e  gentili , tanto  manco  di  giudizio  nel  collocarle 
in  una  Fialca  da  poi  vere ,  e  merita  d  elferne  riprefo  al  pari  di  colui ,  che  in  uno 
Scudo  Militare  dipinfe  r  imagine  del  Crocefillo , 

14  Altra  FIASCHETTA  da  polvere,  pur  d’avorio,  e  bipartita,  lavorata 
come  le  ludettc ,  e  figurata ,  come  fembra ,  di  mano  dell’  Artefice ,  che  intagliò  la 
precedente  ;  il  quale  nella  bellezza  delle  figure ,  che  v’  efpreffe ,  fece  campeggia-; 
re  la  bruttezza  del  fuo  giudizio ,  effigiando  da  una  parte  di  quello  Strumento  di 
Morte  l’Autore  della  Vita  «che  benedifee  le  Creature  da  fc  create,  e  dall’ altra 
un’Orfo.  Ma  correffe  in  gran  parte  l’errore  di  quello  Artefice  il  giudizio  del 
Sig.M«»rchcfc,ilqualein  grazia  di  sì  belle,  c  venerande  figure  fottraffe  quelli 
Strumenti  a  gli  ufi  della  guerra , e  dellinòlli  in  perpetuo  a  quelli  della  pace ,  de¬ 
dicandoli  alle  Mufe  in  quella  Galeria.  Colle  quali  cole,  fe  non  come  Vali 
d’avorio,  come  gentili  manifatture  della  lleffa mater ja ,  ferba  ilMuleoletrò 
fufleguenti, 

1 5  GABBIA  d’avorio  in  un  criftallo ,  fabbricata  in  forma  di  Torre ,  con  bàfe 
cuba,  ò  fia  perfettamente  quadrata.  Contiene  un’altra  Gabbia  patimento 
d’ avorio ,  ma  rotonda ,  (opra  la  quale  llà  un  piccolo  Pappagallo ,  finto  così  be- 
pe,  che  fembra  vivo,  TI  tutto  è  lavorato  d’ un  folo  pezzq  d’avoiio,  con  artifi- 
zioincredibileper lafottigliezza,emoltiplicità  de’fregi,  &  arabelchi  d’avo¬ 
rio, che  l’ adornano:  tra  quali  fono  affai  ragguardevoli  diverfe  annclla  incate¬ 
nate  infieme  fenjza  interrompimcnto  dèi  continuo ,  di  cui  furono  cavate ,  L’ope¬ 
ra  è  d’ un  Callicrate  Tedefeo .  Nè  così  gentile  poffo  pcrluadermi  che  fuffe  l’ ar¬ 
tifizio  di  quella  Gabbia  d’ avorio,  come  nota  il  Farnabio ,  della  quale  Marziale 
fcriffe ad  un’amico. 


L.z.  Silvi 
4.  V,  11, 


Si  tibi  talis  erit,  qualem  dile&a  Catullo 
Lesbia  plorabat,  hìc  habitare  poteB , 

Dal  che  lì  vede  (  e  l’ avvertì  anco  l’Aldrovandi  ^che  fin  ne’ tempi  antichi  usòllì  il  /j,  StUdì^* 
fabbricar  Gabb.e  d’avorio  Ichietto,  òalmeno  fregiarle  del  medefimo ,  come  /.  i.c  io. 
quella  del  Pappagallo  dì  M'ghore,  fatradi  verghe  d’argento  inferite  nelTavo^  p.48ì. 
rio,edefcritra  daSrazioin  quefti  verlì.  ''  ' 

tibi  quanta  d  mus  rutila  teBudine  fulgens 
C enne xuf que  ebori  virgarum  argenteus  ordo, 

16  MOLINELLO  parimente  d’avorio,  tornito  con  tanta  diligenza  ,  che 
non  più  farebbe  un  Mitmecide ,  Baila  il  dire  che  la  loctigiiezza  dell’  artifizio  hà 
dell’ incredibile,  Nè  tanto  reca  di  flupore  la  Rota ,  che  pure  è  leggiadriflìma, 
quanto  la  moltiplicità,  e  diverlìtà  de  gli  ornamenti  minutiffìmi,  cavati  tutti 
d’ un  pezzo  folo ,  con  maraviglia  dell’  Arte  medefima ,  che  vede ,  &  appena  cre¬ 
de  quefti  fuoi  miracoli .  La  manifattura  è  Tedefca  ,e  ferbafi  in  un  criflallo,  co¬ 
me  la  precedente,*  e  1* Autore  d’amendue,  che  fece  fpiccar  così  bene  la  fua 
maeftrìa  in  opere  così  piccole ,  merita  quell’ Elogio  di  Seneca ,  Magni  artificis  Egifl.  54, 
eB  claufjfe  totum  in  exiguo , 

17  LVMIEffA,  pur  d’avorio, dilavoro  fottiliffimo, che  accompagnaidue 
precedenti.  Serbali  parimente  in  un  criflallo. 

-  18  GLO- 


S19«  ^  S  E  0  C  0  S  P  I  A  N  0 

18  GLOBO  d’ avorio  con  dodici  grandi  fifieftre  rotonde,  per  le  quali  fi  ve¬ 
de  , ch’egli  contiene  dieci  altri  Globi ,  l’ uno  nell’  altro,  con  altrettante  fineAre 
rotonde  per  ciakheduno ,  tanto  fempre  minori  delle  prime ,  quanto  i  globi  me- 
defimi  vanno  perdendo  di  grandezza  dopo  il  maggiore,  lì  centro  figura  un* 
Echino  con  dodici  lunghi  aculei ,  ciafeheduno  de’quali  ufeendo  per  una  lene  di 
quelle  fineAre  ferve  ad  impedir ,  che  non  fi  confondano  i  lìti  di  ciafehedun  glo¬ 
bo,  II tutto  fù  cavato  d’ un  folo  pezzo  d’avorio  di  tre  oncie  di  diametro,  e  fi 
(oAicnc  fopra  gentiliffimo  piedeAallo  della  Ae Aa  materia , 

19  GLOBO  d'avorio,  il  quale  fenon  neconticncaltri, come  il  precedente, 
di  cui  è  alquanto  minore,  non  è  però  men  mirabile  per  la  fottigliezza  della  fua 
doga ,  c  per  contenere  un’  Echino ,  che  per  ciafeheduna  delle  lue  fineAre,  che  fo¬ 
no  dieci ,  e  fimilmente  rotonde ,  manda  fuori  un’aculeo .  Viene  foAcnuto  da  no¬ 
bile  piedeAallo  parimente  d*  avorio ,  alto  fette  oncie , 

ao  ANNELLO  d’ avorio,  che  ne  forma  tre  attorcigliati  inficme,  come  ca¬ 
vati  tutti  d’un  folo  pezzo  da  un’Artefice  Tedefeo,  il  quale  fù  per  avventura 
l’ Autore  delle  due  precedenti  galanterie .  Serbali  anch’  egli  in  un  cri Aallo ,  co¬ 
me  co  fa  non  men  gclofa  delie  due  fopradeferitte.  EdiqueAecofe  del  Mufeo, 
fatte  al  torno,  fà  menzione  il  Sig.  Avvocato  Trinchicri  nell’ Elegia,  che  ne 
fcriAeal  Sig.  Marchefe ,  dicendo  che  quivi 

f  retiofa  ioreumaiat  multa, 
pici  a  vetuBatiSi  fculptaque  Jìgna  nitent. 

%\  Altri  ANNELLI,  ma  d’altre  materie ,  altrove  fi  mentovano, 

22  CVPIDO  d’avorio. 

a 3  TESTA  d’  avorio,  figurante  la  MORTE  ,  di  fquifitilfimo  artifizio, 
foAenutada  lugubre  piedeAallo  d’ebano.  Ma  torniamo  a’Vafi  fatti  di  parti 
d’ Animali .  Mo'to  notabilitrà  queAi  fono 

24  Due  FIASCHE,  òpiùtoAo  BORSE  Turchefche di cuojo cotto, fatte 
ad  ufo  di  TAZZE,  percontenervi  licore  da  beie.  Quantunque  ulcite  da  bar¬ 
bara  mano ,  è  gentili /fimo  l’ artifizio ,  con  cu  fu'  ono  cucite,  e  trappunte  di  leta  : 
nè  con  maggiore  delicatezza  lavorerebbe  uno  de’noAri  Ricamatori  fopra  un^ 
fottiliflìmo  Zendado.  Chiufe,  pigliano  da  loro  Aeffe  una  tal  piega,  che  lefà 
fembrar  molto  limili  ad  una  Mitra  Epifcopale .  Aperte ,  riefeono  di  figura  qua¬ 
drata  oblonga ,  più  anguAa  nella  bocca ,  e  più  ampia ,  e  qualche  poco  rotondeg¬ 
giante  nel  fondo, con  capacità  di  circa  lei  libre  di  licore.  Sono  di  gran  com- 
modità  a  Viaggianti ,  non  tanto  perche  fi  portano  piegate,  e  perciò  non  occupa¬ 
no  gran  luogo, quanto  perchefonoleggierilfime,  e  non  loggiacciono  al  peri¬ 
colo  di  fpezzarfi,  come  tante  altre  maniere  di  Tazze ,  e  Vali  lopradelcritti ,  fe 
caggiono  in  terra .  Le  ufano  particolarmente  i  Pellegrini  Turchi ,  che  vanno  al¬ 
la  Mecca,  a  vilitare  il  Sepolcro  di  Maometto,  valendofene  per  attingere  l’acqua, 
giunti  che  fijno  litibondi  a  qualche  fontana . 

aj  FIASCA,  ò  BORSA  Turchclca ,  fimilmente  di  cuojo  cotto,  lavorata 
con  non  minor  diligenza ,  che  le  precedenti ,  ma  di  figura  molto  di  verfa  :  come 
quella , che  larghiAiraa.,  e  tutta  piana  nel  fondo ,  li  ri Aringe  nel  ventre ,  e  di  nuo» 
vos’allarganellabocca,che s’apre  in  due  parti:  e,  per  l’inclinazione  intro¬ 
dottavi  dall’  artefice ,  piegandoli  in  quarto ,  forma  un  triangolo  di  due  linee  ret¬ 
te  uguali ,  e  della  terza  curva  di  maggior  lunghezza  dell’  altre .  A  differenza  del¬ 
le  antecedenti  Aà  in  piedi  da  fcAefla,cchiula,  ed  aperta,  e  vuota,  e  piena:  e 
credo  fuffe  fatta  col  fine  medelimo  di  fervire  per  Tazza  ne’ viaggi, 

26  Ponno  ancora  paffare  per  Vali  fatti  di  parti  d’Animali ,  mentre  fono  Stru¬ 
menti  di  capacità ,  le  fulfeguenti  eofe  parimente  di  cuojo ,  cioè 


27  BOR- 


LIBRO  T  E  7{Z  0.  CAP,  XKVll,  Z97 

27  BORSA  di  cuojo  aero  y  configura  di  Zucca  facta  per  tenervi  dentro  pol¬ 
ve  d’archibugio, 

2  8  TASCA  antica  di  cuojo  nero ,  lavorato  a  fagrino ,  con  cfprcfrcvi  diverfe 
figure,  fatta  per  tenervi  dentro  munizione  d’archibugio.  Onde  il  Benamatila 
chiamerebbe  Tnfca  fatta,  dt  cuo\o,  ove  la  Morte 
Ciottoli  gravi  a  coafervar  fi  frende  * 

39  TASCA  pure  da  munizione,  di  cuojo  nero,  di  figura  piramidale,  lunga 
un  braccio,  co!  coperchio  cilindrico,  inferitovi  non  che  mediante  la  debita 
commifTura ,  con  un  groflfo  cordone,  che  infieme  ferve  per  appenderla  a  fianchi . 
E’capace  d’un  pefo  di  munizione.  Le  ulano  di  quella  figura,  e  grandezza! 
Mofehettieri  Turchi . 

30  Con  quefte,  le  non  come  Vali,  come  altre  cofeartifiziate  di  parti  d*  Ann 
mali ,  degne  d’ offervazione ,  confervanfi  nel  Mufeo  le  fottodeferitte . 

31  VESTE  GRONLANDICA  di  vellofo  cuojo 
di  Vitello  Marino,©,  come  lo  chiama  il  volgo.  Vec¬ 
chio  Marino,  eh’ è  queir  Acquatile  del  genere  de* 

Cetacei ,  che  da  gl  i  eruditi  appellafi  Foca ,  come  dal 
noflro  V ida ,  ove  canta 

Monfiraqì  deformes  Phocs ,  atque  immania  Cete . 
e  dal  Bonomi,  Vefeovo  di  Vercelli  ,pur  noflro ,  nel¬ 
la  Borromeide, 

Et  thoca  immanes ,  ^c. 

Onde  non  ben  diflinfe  le  Foche  da’  Vitelli  quel  Poe¬ 
ta  Bolognefe  fopracitato ,  che  cantò , 

Chi^Foche i  chi  Vitelli y  e  chi  Balene 
Calca  ^  é‘c, 

£  da  taluni ,  tra*  quali  Alberto  Magno , Cane ,  e  Lu¬ 
po  Marino  vien  detto  :  perche ,  quantunque  tutt’  al¬ 
tro  fìa ,  che  razza  de*  Pefei  Lupi ,  raccordati  da  Pli¬ 
nio  (  de* quali  quello ,  che  riportò  il  cognome  di  La¬ 
nato,  è  il  Varolo  de’  Moderni,  Pefee  non  molto 
grande,  famigliare  alia  Brenta,  di  cui  il  noflro  Ca¬ 
ra  vaggi  ne’ Sacri  Falli 

■■  ■  ■  Lufus  Euganei  gloria  prima  foli.) 
e  non  habbia  che  fare  co’ Cani  acquatici,  non  che 
co’  cerreflri  ialla  fpezie  però  di  quelli  Quadrupedi , 
come  pure  a  quella  de’ Lupi  (de*  quali  ne  deferive, 
c  figura  una  razza  il  Gionfloni,ch’  egli  chiama  Lupo 
Marino,  perche  habita  vicino  al  Mare  )  fi  ralTomiglia 
ne*dentì,enellamafcellafuperiore,  &  è  rapace,  de 
infieme  vorace .  Per  tutte  le  quali  ragioni ,  come 
perche  quelli  acquatili  fpaventorno  i  Cavalli  d’ Ippolito,  e  furono  cagione  del¬ 
la  di  lui  morte ,  fe  ne  legge  apprclTo  il  noflro  Cretti 

—  terribiles  terrebunt  gurgite  Phoca, 

32  Ha  quella  Velle  figura  di  Scapolare  col  fuo  Capuccio ,  come  fi  vede  nella 
Tavola ,  che  fe  ne  porta .  E  la  pelle ,  di  cui  è  fatta ,  fù  con  tal  diligenza  prepara¬ 
ta  ,  che ,  quantunque  ne  gli  Animali  vivi  fia  grolla ,  e  dura  a  fegno,  che  Oppia¬ 
no  ,  come  lofà  parlare  uno  de’  fuoi  Inter  preti ,  potè  dirne 

Non  hami  penetrant  Phocas  ^  favique  tridentes^ 

Nam  dure  claudunt  pellis  fub  tegmine  membra, 

nnlla- 


Viu,Nafti 
it  2^t  42* 


Hymn.  de 
Deoy  V.  242, 


Zit  4*  V,  Si, 


Solognet. 
Cefi.  1,^,2^, 


iL.  9,  fi.  N. 

e.  23. 

Aldr.  de 
P*fc.  1 4.f  .2. 

L.I.V.Ì09, 


Htrmton, 
t,  i.  el,  14, 


?.  J8.».347* 


Eeleg.  2. 


7*. 

c.  1 1.  p«37é. 
377* 


G/.  Mai», 
l.  i,e.  14. 


£.  I.  r.  II. 


D  Au^.l.z, 
dtGtn  con, 
M Ante. c, Il 

D.i/tdl.iy. 

Etymol.c.zi 


ipg  u  y  S  E  0 

nuIUdimeno  è  refa  tutta  morbida,  e  maneggievole  non  altrimente  che  fefufle 
pelledi  Vitello terreftre,  preparata.  Conlervafi quella  nel  Mufeoin  una  Caf- 
fettadi  legno,  gentilmente  dipinta:  nella  di  cui  parte  anteriore  di  fuori  fi  legge 
quefta  Ifcrizione  ;  VESTE  DA  SACERDOTE  INDIANO,  DI  PELLE  DI 
LVPO  MARINO,  Ed  appunto  per  tale  fù  raccordata  nell’Indice  del  Mufeo 
ftampatodel  1667.  mercè  che  fù  lignificato  al  Sig.  Michel’  Angelo  Colonna, 
celebre  Pittore  (il  quale,  mentre  fi  trovava  nella  Spagna  al  lervigio  di  Filippo 
Quarto  mandòlla  in  dono  al  Sig.  Marchelc  )  effer’  ella  lotto  quel  nome  Hata  re¬ 
cata  dall’  Indie,  dove  pure  hà  copia  di  quelli  acq  uatili,e  particolarmente  di  quel¬ 
la  fpczied’ elfi,  che  chiamano  e  perche  mugghia,  avvera,  che  in  que* 

Mari ,  come  cantò  il  nollro  Piccinardi , 

Vfida  tegit  fcopulofa,  Phocas , 

E  la  figura  di  Tonaca ,  col  capuccio ,  limile  in  gran  parte  a  quelle ,  che  ufanfi  da 
alcuni  Ordini  di  Religiofi  Regolari  del  Chriftianefimo,  rendendo  vcrifimile  la 
congettura ,  che  fufle  cola  da  Religiofo,  e  da  Sacerdote ,  fervi  a  dar  credito  a  tal 
relazione.  Ch’ellapcrònonlia  Velie  da  Sacerdote,  nè  Indiana,  ma  più  tollo 
fia  un’ habito  particolare  della  Gronlandia,  lolita  a  portarli  in  quelle  parti  da* 
Pefeatori ,  &  altri  che  Icorrono  il  Mare  nelle  barchette  capaci  d’ un’  huomo  folo, 
fatte  del  cuojo  di  quelle  bellie ,  fopra  baffoni  di  legno  inarcati  diftelo ,  e  cucito 
in  modo,  che  può  dirlenc  col  nollro  Vida , 

Et  curvam  Phoca  informes  cinxere  carinam. 
e  ne  chiudono  l’apertuia  collo  llralcico  di  quella  forte  di  Velie,  acciò  non  vi 
penetri  l’acqua:  ce  ne  fà  ampia  fede  il  Vormio,  il  quale  favellando  d’alcune 
Velli  del  luo  Mufeo,  limili  a  quelle,  così  ce  ledelcriffe.  VeBes  Gronlandicet 
quadam ,  confeCIa  ex  pilofo  phocarum  corio ,  diligenter  preparato .  T horax  latus 
annexum  habet  caputium  ,  quod  capiti  induSIum  tantum  relinquit  inteclutn^  , 
quantum  faciei  fpeSlanda  fufficif,  loco  etiam  circa  faciem  cbnflringi  poteB  ,  ut 
unda  marina  penetrare  nequeat  ;  tam  parte  anteriore ,  qtùm  pofleriore  fyrma. 
dependet  longum,  ac  latum,  quod  femoralia  pene  tegit,  dr  ,  dum  in  navicula  , 
feti  cymba  fua  coriacea  funi ,  foramen  ,  per  quod  fe  immittunt  ,  claudit ,  ne 
aqua  quid  intret ,  Anzi  nonché  nella  Gronlandia  ,  troviamo  ulate  limili  Vedi 
anco  nella  Finlandia  ,  Icrivendo  de’luoi  Popoli  Olao  Magno.  Vtuntur  Finni 
Septentrionales  pro  corporum  munitione  ,  partita  thoracibus  e  corio  Phocarum , 
calce  macerato,  partim  corio  alcium  \ubato ,  Nè  folo  a’noftri  tempi ,  mà  ne’ più 
antichi  ancora  troviamo  ulate  le  Velli  di  pelle  di  Vitello  Marino .  Perche  come 
al  prelente  i  Gronlandi ,  &  i  Finni,  più  di  venti  Secoli  addietro  le  collumòrno  i 
Maffaggeti  habitatori  delle  paludi  latte  da’  rami  del  fiume  Araffe,  notandone 
Erodoto,  come  lo  fà  parlare  il  Bojardo  fuo  interprete,  che  fi  pafeono  di  pefei 
crudi,  e  le  Vefli  loro  fono  di  pelle  d'  uno  pefee  fatte,  a  guif a  di  Foca,  b  Vecchio 
Marino . 

3  3  Da  chi  fuffe  inventata  quella  forte  di  Velli,  non  v’hà  memoria,  che  lo  in- 
legni.  Non  s’ignora  però  ellct’ellaorigina.a  dall’ ufo  anticamente  frequentif- 
firao  di  veftire  di  pelli  di  quadrupedi  :  il  di  cui  primo  Inventore  fù  Iddio,  che 
così  vefli  i  primi  noffri Progenitori,  Ipogliato  c’hebbcro  1’ habito  nobililfimo 
dell’ Innocenza  originaria,  volendo  in  tal  modo  raccordar  loro,  come  vuolt, 
S,  Agoftino,  la  mortalità,  in  cui  s’incontrorno,  pretendendo  pazzamente  la 
divinità.  Quindi  S.  Ifidoro,  àict,  fiere  pellicea  tunica  ,  quibus  ,  pojf 

ojfenfam,  Adam,  d"  Èva  induti  funt .  E  da  elfi  apprefero  i  pofteri  quefta  ulan- 
za  di  veftire:  la  quale  ne’  Secoli  trappaffati,  a  {corno  di  quello  nollro,  durò 

lunga- 


LIBRO  TERZO.  CAB.  XX^lh  199 

lungamente,  come  feri  ve  Platone,  Nè  per  altro  gli  Sciti  furono  lungamei  te 
chiamati  Pe//iu  ,h  non  perche ,  al  riferire  di  S.  Girolamo,  vcftivano  di  pelli  fca 
brofe.  Ed  appreso  gl’ indiani,  per  rapporto  di  Strabone,  iFiloiofi  nonufava- 
noaltre  Vefti>chcdi  pelli  di  Cervi ,  òdi  Dame ,  fuffero  contrafe^uo yCovc\z 
nota  il  P.  Naccaria  nel  Sogno  di  Nabucco ,  non  poter  trionfare  d  '  una  più,  alta 
Fil  foiìa ,  chi  lafciavafi  trionfare  dalla  vanita  delle  vejli , 

34  Due  PETTINI  d  ’  odo  di  Pefee,  fregiaci  divarii  circoli  d’argento. 
Hanno  anaendue  una  dentatura  fola;  mai  denti  nell’ uno  fonofilTi,  e  nell’altro 
rari:  e  tutti  dua  fono  commcfsiinficme  in  maniera,  che  compongono  un’ova¬ 
to  compreffo,  e  fem.brano  un  pettine  folo,  come  appunto  fervono  per  un  pettine 
folo ,  mentre  ladentatura  ,chc  in  efsi  è  divifa ,  opera  nulla  più ,  che  quella ,  che 
ne*  noftrali  è  raddopiata .  Furono  lavorati  nella  Mofeo  via  ,  e  d’ indi  portati  dal 
Sig.  Ercole  Zani ,  virtuofifsimo  Gcntilhuomo  Bolognefe ,  e  valente  Cofmogra- 
fo,che  ne  regalò  ilSig,Marchefe3acuiparimentedonò  altre  cole  di  là  recate, 
e  tràede  lafeguente 

35  SFERZA  MOSCOVITICA,  compofta di feiftrifeie di  Scarto,  larghe 
due  deta,e  mezo,  commede  ad  un  manico  di  legno  ottangolare ,  lungo  quattor¬ 
dici  oncie  ,  e  tutte  quefteftniciefonodivifein  fei  parti ,  ma  intrecciate  ,  e  telfu- 
te  inlìemedi  maniera,  che  coftituifeonoun  corpo  cilindrico  lodo ,  limile  ad  un 
baffone ,  ma  più  lungo  del  fuo  manico ,  e  non  men  grodo .  Il  Indetto  Sjg,  Erco- 
JeZani,chelarecòdiMofcovia,edonòIlaal  Muleo,  riferì  che  in  quel  paefe 
tutti  li  capi  di  famiglia  hgnno  uno  di  quelli  Staffili ,  ò  flagelli ,  con  cui  alle  pcca- 
fioni  battono  le  mogli ,  i  fanciulli ,  &  i  fervi ,  non  ignorando  forfi  il  fentimentp 
di  quel  Proverbio  riferito  tra  gli  Adagi 

Duro  Flagello  mens  docetur  reSiìus . 

II  qual  verfo  è  tpUo  da  quell’  altro  del  Naz'anzeno , 

lì  vatS'ityoyn  xapj'/ecr^ 

cioè  Durum  Flagellum  fi  padagogus  ingeni , 

E  quella  Sferza  per  la  fimiglianza  dell’ufo,  mi  fa  raccordare  la 

36  DISCIPLINA,  ò  FLAGELLO  d  ’  Asbeflo,  che  qui  fi  conferva,  fui 
perbidimo  lavoro  di  pietra  incombuftibile  filata  nelle  Indie,  ovefe  ne  fanno 
pregiati  veflimenti  di  barbarici  lavori  inteduti , 

37  BACCHETTA  da  cavalcare,  fabbricata  d’ una  Pinna  dorfale  di  Bale¬ 
na  ,  con  fornimenti  d’ argento .  Defcritta  altrove  in  grazia  della  materia ,  di  cui 
è  fatta  ,  e  qui  raccordata  peri’ artifizio,  e  per  l’ufo:  del  quale  fe  ivi  IcMufe 
Greche, e  L-atine ci  fuggerirono qualche  lode,  qui  le  Tofeane  ci  propongono 
ciò  che  in  propofito  d’ edo  cantò  il  Cavalier  Gio.  Battifla  Teodoro  nella  fua  btl- 
lifsimaCanzonf  fopra  il  Deflriero, dicendo  di quefto 

Con  alterigia  humile 

Mordere  il  fren  fi  fente  y 

S'  avvien  che  lievemente 

il  fiagelli  talor  verga  fiottile  y 

Verga  y  che  con  gentile 

Metamorfofi  il  rende  in  un  momento 

Lieve  y  qual  piuma  y  (fi  agile  y  qual  vento, 

38  Vnpajodi  SCARPE  Tartare  di  Marocchino  doppio,  gialle  di  fuori,  e 
rode  di  dentro,  di  grandezza  baftevole  à  calzarne  perfona  d’età  confidente, 
Qjede  non  s’affibbiano  con  fettuccie,  e  fui  collo  del  piede,  come  le  noltrane, 
ma  da  un  Iato ,  e  con  bottoni ,  havendo  il  collo  molto  alto  a  guifa  de'  borzacchi¬ 
ni  ,Q  coturni ,  il  quale  da  un  iato  s*  apre  pe’l  lungo  in  due  parti ,  che  poi  calzato 

che 


Fiat»  in 
Prctae 
D.  H-tr  in 
ept(i.ad  iVtf- 
pot/an. 
Strab.  l.  ì  f. 
Gecgr. 
Farad.’], 
p  miht  220» 


Manucc. 
\Adag.  col. 
Jp2b. 


Feep.  Od, 
3,20, 


300  ^  y  S  E  0  COSPIAÌ^Ó 


/ 


%.  V  Muf. 
C.  Ili' 


’Mtif  Citi, 
icoli  fe^.  6. 


che  ne  (ìa  il  piede,  fi  commettono,  mediante  due  bottoni  d’argento  io  una,  à 
altrettante  fineftrellc nell’altra  parte.  Hanno  unalemplice  luojj  ,di  cui  non  ap- 
parifcelacucitura.  Il  tallone  è  non  molto  alto,  ma  affai  lai  go,  compofto  d’un 
pezzo  di  fovero  da  ogni  parte  coperto  di  cuojoi  e  d:  vamaggio  per  di  lotto  è 
munito  con  una  ladra  femiluiiare  di  ferro  .Terminano  in  punta  corta,&  aguzza. 

39  Vnpajodi  SCARPE,  ò  più  torto  PIANELLE  1  urthtfche  di  cuojo 
roffo  doppio, con  punta  aguzza, ma  corra,  come  nelle  precedenti ,  fabbricate 
in  tal  maniera ,  che  per  di  fuori  non  fi  vede  punto  la  cucitura  ,  Nel  tallone  fono 
anch’effe  munite  con  un  ferro  femilunare. 

40  Due  SCARPE,  ò  PIANELLE  Indiane  di  cuojo  nero,  di  figura  non 
molto  diverfe  dalle  precedenti, cucite  parimente  in  modo,  che  non  fi  vedono 
nèi  punti,  nè  le  cuciture,  e  corrifpondono  in  tutto  alle  due  figurate  nel  Multo 
de!  Mofeardo  :  col  quale  può  dirfi  di  querte,  che  fono  fatte  ca»  tanto  artificio , 
che  fupera  tjueffo  dì  qualfvoglia  diligente  Artefice  Italiano ,  ejjendo  cosi  jotilmen* 
te  cucite t  che  non  fi  ficuoprono  ne  punti ^  ne  comntiffiura  alcuna',  e  nella  formai 
poco  dififierifeono  dalle  T urcht .  Al  qual  legno  di  maefirìa  fono  giunti  gli  Artefi-. 
ci  Indiani ,  dopo  che  prefero  ad  emulare  gli  Europei ,  introdotta  che  fu  cola  dal 
Colombo  la  cognizione  del  nortro  Mondo,  e  la  gentilezza  del  vivere  d’Euro¬ 
pa.  Perche  prima  que*  Popoli,  ò  non  ufavano  Scarpe  di  forte  alcuna,  come 
quelli ,  che  andavano  feoperti  in  tutte  le  parti:  ò  le  ufavano  di  Icorze  d’ alberi , 
corae.quelli ,  che  pure  di  Icorze  d’ alberi  fi  vefti vano ,  al  riferir  d’ Aleffandro  de 
gli  Aleffandri  iòle  cortumavano  fatte  della  pel 'e  del  Pefee  Tonno,  preparata 
col  proprio  graffo ,  come  alcuni  raccordati  da  Giovanni  Boemo . 

41  Vnpajodi  ZOCCOLI,  parimente  Indiani,  fatti  con  art'fizio  non  infe¬ 
riore  a  quello,  che  offervò  in  alcuni  del  MufeoCalceoIariano  il  Chiocco,  ò  fia 
il  Ceruti ,  lafciandone  fcricto  .  Calcei  etiam  Indici  'viriles y  &  muliebres  ex  coilo 
corio  ad  unguem  concinnati  ^  Ó"  admirabili  artifìcto  afiabrefaili  ,  qui  ve  luti  hu- 
mano  ingenio  piili ,  d?  penicilla  delineati ,  ^  expreffi  haud  attentius  intuentibus 
•videantur . 

42  SCARPA,  ò  più  torto  MODELLO  d’una  SCARPA  ETIOPICA, 
bizzarriffìma ,  che  finifee  in  una  punta  fottilifiìma ,  lunga  più  d’ un  palmo ,  &  aU 
trettanto  aguzza,  inarcata  fopra  il  collo  del  piede  in  guifa  che  g  unge  a  toccare 
la  bocca  della  medefima  Scalpa;  la  quale  è  affai  capace,  ma  lotto  1  maglioli  fi 
riftringe  tanto, eh’ egliè  impoffibile,  che  per  quella  parte  pofla  paflare  intiero 
ciò ,  che  deve  riempire  il  vano ,  che  ci  rimane.  Onde  nè  meno  potrebbe  calzare 
il  piede  d’una  Tacha,  rtimata  la  Venere  della  China  più ,  che  peraltro,  per 
Peftrema  picciolezza  de’ piedi , affettata  pofcia,ad  imitazione  di  lei  (che  fù  mo¬ 
glie  dell’ ImprradoreC^e/,  il  quale  dicono  regnaffe  nella  China  vent’otto  Se¬ 
coli  fà)  dalle  Donne  Chintfi;  ognuna  delle  quali  fi  compiace  di  niartifizzarfi 
tra  l’anguftiedi  ftrettiffìmi  calzari  i  piedi,  vivendo,  come.dircbbe  il  nortro 
Grotti , 


x^rgutum  in  parva  nix  a  pedem  fioleài 

16.  avvegnaché,  come  fcrive  il  Chirchero  ,  pulchritudinem  earum  Stna  maxime 

ajìimant  i  adeoque  quoà  nobis 
id  ii  inter  puUhritudtms  ar» 
otto ,  con  una  fuola  fc  mplice , 
cucita  conierà  rolla, con  varii  fcherzi  dell’ago,  che  palefano  la  maertria  della 
mano,  che  lavoróni.  Se  l’anguftia  però  delle  di  lei  fauci  la  rende  inabile  a  po¬ 
ter  fervire  per  quello,  che  rapprefenta  la  fua  figura:  l’acutezza,  e  la  curvità 
della  di  lei  punta  non  è  d’invenzione  iiiufit{ita  :  mcntie  con  fimile  punta  aguzza, 

e  rivol* 


China  tllu/l.  tum  ex  pujìlla  JtaturAy  tum  ex  pedum  parvitate 
circa  fin  rur/w»:» ,  indecorum ,  moflruofiumque  videri  pojftt  i 
gumenta  reponant.  Ella  è  fatta  di  cuojo  nero,  < 


LIBRO 


T  ISi  0.  CAP.  xxm,  301 

crivoltaairinsù  ufano  IcIoroScàrpe  i  Lapponi,  &  alcri  Popoli  Serrenrrionali,’ 
come  narra  Qlao  Magno  :  anzi-fion  folo  nella Lappia  a  noftri^iorni ,  ma  a  tempi 
piei  antichi  furono  in  ufo  anco  ncll’Iialra,e  particolarmente  in  i^anuvio .  Di  cbc 
me  iprong  indizio  le  Statue  di  Giunone ,  calzate  di  fimiii  Scarpe  j  le  qual  1  adora- 
vanii  da  Lanuvini,  al  riferire  di  Cicerone,  che  appellò  qu  ‘.Calzari  De«r. 

43  Vd  pajo  di  PIANELLE  da  Donna,  olJervahili ,  non  per  la  mater  ia ,  cn’è 
lifìcatiljìma ,  effen.do  di  cuojo  bianco  di  Montone ,  con  l’ anima  di  legno  (  la  qua- 
le ,  le.non  fi  vede,  per  edere  coperta,  dalla  Icggierezza  s’argomenta  di  Soveroj 
TAlbero  appunto  delle  Pantoftole ,  come  lo  chiamano  1  Tcdefchi ,  appellando¬ 
lo  ma  per  r  altezza, la  quale  eccedendo  un  bràccio,  è  lover- 

chia  per  gli  cacari  di  donna ,  non  che  d’ ordinaria,  di  gigantefca  flatura  ;  e  forfi 
non  era  tale  quella  de’ Sandalii  di  Perfeo.,  tutto  che  fudero  lunghi  due  cubiti,  £***^*^» 
come  acceda  Erodjóto,  mentovandone  uno  confervato  da  Chemitani,  Popoli 
Dell’Egitto, che  lo  modravano, ed  aderivano,  che  Perfeo  medefimo /pedo  I0- 
roappariya,  Vlaconfi  quarantUnni  fà  in  alcuni  luoghi  d’Italia,  e  particolar¬ 
mente  in  Venezia,  d’onde  furono  portate  quelle  del  1 635.  come  moflra  l’ifcriz- 
zione  loro,  fcolpita in  una  ladra  d’ ottone  ,  Eforfi  con  queda  invenzione  pre- 
tefero  le  donne  d’ ingrandirli  fopra  gli  huoraini,  mendicando  dalParte  quella 
maggioranza, che  lafaggia  Natura  haveva  loro  negato.  Ma  come  che  fabbri- 
caflero  fui  falfo,  viziando  a  troppo  grand’ onta  della  Natura  medcfima  la  pro¬ 
pria  datura,  coir  aggiungervi  non  oncie,  ma  cubiti  d’altezza,  nonriufci  loro 
che  ruinofo  l’edilìzio;  mentre  non  potevano  con  que'  precipitofi  calzari  dare  un 
pado ,  che  non  correderò  pericoloni  cadere  ;  e  fovente  non  badava  a  tenerle  in 
piedil’ajutodidueServitori  jòServejChe  porgevano  loro,  nondirò  il  brac¬ 
cio  ,  perch’  era  troppo  bado ,  ma  le  fpalle ,  ò  la  teda ,  acciò  vi  s’ attenedero  colle 
mani.  Così  ovepenfavano  d’ederfi  provedute  di  Trampoli,  per  fare  con  pochi 
padì  molto  viaggio ,  vagando  per  le  llrade  publiche ,  fi  trovòrno  condannate  a* 

Ceppi,  che  loro  mal  grado  le  fermavano  in  eafa.  E  forfi  con  tal  fine  fù  dalla 
prudenza  de’ faggi  permedol’ ufo  dj  quella  forte  di  Pianelle,  come  de’ calzari 
angudifiimi  delle  Donne  Chinefi  avvertì  il  Chirchero,  notando  hanc 
cOATclatianem  ex  lt;ge  fa-pientum  iffHittisam  fttijje -,  ut  foemittA,  non  per  publica  f, 
loca  vagari  ^  fed  demi  Jedere  difcant^fi  non  voluntarie  y  f altem  pedum  beneficio 
impedita ,  Onde  quelle  Donne ,  che  con  l’ ufo  di  tali  Pianelle  parevano  preten¬ 
dere  dell’ Altezza,  non  potendo  foderirne  1’ incommodo,  furono  ncceditare 
ad  abbadarfi ,  &  accommodarfi  all’humiltà  de’  primieri  calzari,  quanto  più  baf  Parad.7. 
fi,  tanto  più  fimiii  a  quelli  della  calla  Giuditta,  i  quali  nondimeno  prefero  glj  P- 31^. 
occhi,  e  con  elfi  il  cuore  d' Oloferne.  Così  s’accorfcro  che  facendo  un  com-  * 
pollo  mezo  di  carne , e  mezo  di  legno  ,n’ era  rifultato  un  Tutto  vano;  e  quella 
van-ta,  fe  v’applicavano, predicauaapienabocca,  che  con  tali  aggiunte  fal¬ 
lax  gratta  y  c-r  vana  efi  pulchritudo  .  Et  oh,  come  lo  fcmbravano  in  figura, 
così  fuflero  fiate  in  eff^etto  le  Colonne  del  NON  PIV*  OLTRE  della  Vanità 
Femminile!  che  per  accrefcere  il  Mondo  Donnefco  non  fi  depredcrebbono 
Nuovi  Mondi  con  tanto  fcialacquo  delie  facoltà  famighari , 

De  gli  Strumenti  da  Giuoco, 

Gap,  XXVin. 

I  O ‘Egli  è  vero, che  omnia  humana  ludicra  funty  come  fcHtì  quel  Morale , 

^  alludendo  forfi  al  detto  ErM.  m«- 

l.udit  ift  humanis  divina  potentia  rebus,  ral.^o, 

Cc 


non 


30%  MFSEO.^OSPIANO 

non  fi  chiuderà  male  con  gli  Strumenti  da  Giuoco  la  ferie  di  quelle  Cofedcl 
Muffo,  che  s’ufanofolamcnte  in  vita, adifTcrenza  di  quelle,  che  non  Icivono 
le  non  dopo  morte, come  le  Sepolcrali, che  a  quelle  fuccedcranno  .  Anzi  tan¬ 
to  meglio  qui  cade  il  far  ad  elfi  paffaggio,  quanto  più  neccflariodopo  una  lunga 
applicazione  è  il  divertimento ,  Ed  appunto  per  diveitimento  dalle  più  lunghe 
applicazioni  fù  da’  Saggi  inventata  la  maggior  parte  di  quefti  arnefi ,  che  ft  rba  il 
Mufeo  :  i  quali  allo  fcherzcvole  del  giuoco  accoppiando  il  ferio  dell’  erudizio¬ 
ne  ,  che  inlcgnano ,  feufano  di  libri ,  che  in  varie  difcipline  comptndiofamente 
ammacflrano  chi  gli  maneggia  .  £  quelli  fono 

2  RITMOMACHIA,  che  vai  quanto  Combattimento  di  numeri.  Giucco 

no  bilifiimoj&antichifllìmo,  fondato  sù  le  armonie,  e  proporzioni  numeriche 
d’invenzione  Pitagorica,  notate  co’loro  numeri  in  quatantotto  Calcoli  di  le¬ 
gno  ,  qui  (erbati  in  una  Cadetta,  per  un  terzo  rotondi  ,per  l’altro  quadri,  e  per 
1’  ultimo  trigoni  :  de’ quali  tutti  la  metà ,  che  contiene  i  numeri  pari  è  diftinta  di 
colore  dall’  altra  de’  numeri  djfpari ,  ellendo  quefta  nera ,  e  quella  bianca .  Ac¬ 
compagna  la  bianca  una  Piramide  di  fei  quadrati  podi  l’uno  (opra  l’altro,  e 
fuccelfivamentc  minori ,  con  legnativi  i  numeri  pari  ;  e  l’altra  una  Piramide  di 
cinque  quadrati  con  numeri  difpari ,  Giuocafi  con  quelli  (opra  uno  Scacchiere 
di  fcifantaquattro  quadri,  per  lo  meno,  e  talvolta  d’ottanta,  e  qualche  fiata  di 
centoventotto ,  che  riefee  aliai  meglio,  coloriti  alternatamente ,  come  le  tavole , 
òcalcoli;  e  vince  chi  fà  colpi  di  maggior  perfezione,  &  armonia  numerica , 
Lo  propofero  i  Filofofi  Pitagorici ,  e  fu  in  ufo  frequente  appredo  altri  faggi  del- 
rantichità,i  quali  ad  eflo  giuncavano,  ut  é"  ipjìs  moUHU  duUefeerent  ^  come 
nota  Claudio  Buxerio  Delfinate  in  una  lettera  di  quello  argomento,  fcritta  ad 
Antonio  Scalino  ingenia  diuturnitate /ludiorum  fatigata  ludi  hu^us 

honeUtite  recrearentur .  A’  noftri  tempi  egli  è  poco  men  che  perduto ,  attenden¬ 
doli  più  volontieri  a  giuochi  vani,  &  inutili,  anzi  fovente  perniciofi  del  volgo, 
che  a’  vif tuofi ,  c  proprii  dell’  huomo  faggio ,  come  qucflo ,  eh’  è  Giuoco  vera¬ 
mente  pilofofico ,  Alcuni  però  fi  fono  ingegnati  di  ritornarlo  in  ufo,  enede- 
fcrifiero ,  e  pubi icoruo  le  Regole ,  come  Giovanni  Fabri  Stapulefc,  che  ne  com- 
pole  un  cunofo  Dialogo  i  &  il  tellè  citato  Buxerio ,  che  ne  fcrille  un  dotto  Vo¬ 
lume ,  in  fronte  a  cui  fi  legge  Noù/lijfimus ,  é*  antiejui{fi>»us  Ludus  Pythagoreus 
(qui  Rhjthmomachia  nominatur  )  in  utilitatem  ,  ^  relaxationem  Htidioforum 
(omparatus  t  ad  veram ^  dr  facilem  proprietatem  ^  df  rationem  numerorum  afe- 
quondam,  nunc  tandem  per  Claudium  Buxerium  Delphinatem  illu/lratus .  Lu¬ 
tetia  apud  Gulietmum  Cavellat  ,fub  pingui  Gallina,  ex  adverfo  Collegii  Came¬ 
rae  enfis.  Abacus,  dr  calcult  vaneunt  in  Palatio,  apud  Ioannern  Gentil.  1556  8, 
e  per  avventura  di  quelli  calcoli  di  Parigi  venduti  già  da  Giovanni  Gcnttie  fono 
quelli  del  Mufeo  :  i  quali  col  libro  fudetto  furono  donati  dal  Sig.  Dottore  Ovi¬ 
dio  Montalbani. 

3  A  qucflo  giuoco  c  molto  limile  quello  de  gli  Scacchi,  Giuoco  anch’egli 
antichiihmo  ,e  tutto  d’ ingegno ,  ed  cfprimente  guerre ,  e  combattimenti  milita¬ 
ri  ,  e  parimente  inventato  da  un  Filofofo  ,che  fù  Serie , chiaro  ne*  tempi  di  £vil- 
meradac ,  per  cui  divertire  dalla  Tirannia  egli  le  l’inventò,  come  dimoflra  ilri- 
verfo  d’un  Medaglione  di  Guido  Pepoli,  Perfonaggio  di  Famiglia  Bologncfe, 
c’  ha  per  Imprefa  lo  Scacchiere ,  (piegato  a  fuo  luogo  tra  le  Medaglie  moderne . 
Delle  cofe  che  (erba  il  Mufeo  appartiene  a  tal  Giuoco  lo 

4  SCACCHIERE  di  DANTE  ALIGIERI,  famofillìmo  Poeta ,  il  quale 
foleva  giuocaando  in  elio  rcfpirarc  da’  fuoi  lunghi  ftudii.  Nel  di  fuori  v’c 
dipinta  i’  Arma  gentilizia  dello  flcffo  Poeta,  la  quale  contiene  due  Zampe,  come 

di 


LIBRO  TERZO.  CAP.  503 


41  Grifo  incrocicchiate ,  con  una  porzione  4*  per  ciafchedunn  >  &  un  Giglio 
(opra  di  qqefte .  La  foftcngono  due  L?ooi  giacenti ,  uno  per  parte ,  Sopra  il  Ci^ 
miero ,  eh’  è  ornato  di  piume ,  v*  è  figurato ,  come  fi  vede  nella  Tavola ,  che  fe  ne 
porta ,  decrepito ,  &  in  atto  di  caminare  cpn  le  crocQiole ,  ma  con  infieme  quat¬ 
tro  grand’  ali  al  tergo ,  il  Tempo , 

£Ìuel  Vecchio t  che  col  Sol  nacque  ad  fatto,, 

E  che  del  Cielo  mi  furando  i  moti 

Par  che  a  pen,a  f  mova,  e  pur  qual  dardo 

Rapido  fttgge. 

Alla  defira ,  &  alla  finiftra  della  medefima  vi  fi  feorgono  due  Imagini  di  Donne 
fedenti  le  quali ,  a  mio  credere ,  rapprefentano  Mufe ,  effendovene  una  efprefia 
con  la  Viuolainmanoin  attodifuonarla,eraltraconun  libtro«che  fimboleg- 
gia  per  avventura  la  tamofa  Comedia  dello  fteffo  Poeta ,  Onde  non  è  poco  rag^ 
guardcvole  quell*  Anticaglia,  confiderata  come  cofa  di  quel  Poeta,  ilquale 
morì  in  Ravenna  l’anno  diN.S.  MCCCXXI.  cdifuaetdLVl.  Tràttaronods 
quello  Giuoco  diverfi  Scrittori  ,c  particolarmente  il  noftro  Vida ,  che  fù  il  pri¬ 
mo  a  fcriverne  tra*  Poeti ,  e  ne  lafcio  il  Poema  intitolato  brachia  ludus:  di  cui 
riftrinfiP argomento  in  quelli  verfi. 

lunclus  Opf  Oceanus,  Superis,  po/l'  pran^Ut  mitant 
In  tabula  effigiet»  belli  proponit,  &  edit: 
lura,  mjovent  acies  pheebUs,  JMa]aque  creatus  % 

Gloria  cui  cedit,  fu  per  atte  &  pramia  pugna. 

II  qual  Poema  fd  poi  trapportato  in  noftra  lingua  da  Nicolò  Mutoni, che  intitolò 
la  lua  Traduzione .  Guerra  del  Giuoco  de  gli  Scacchi ,  voltata  d  Herohi,snver(l 
ftiolti  da  M.  Nkofo  Mutoni.  Alla  Gemiliffima,  e  vi-r-tuo/ìffima.  Madonna  ATA~ 
LAUTA  Donati  ,  Mobijiffi'tna  Semfe,  Rome  MDXLtlII.  in2,  E  dopo  quelli  nC 
trattò  il  nollro  Lami  >  favcflandoh’e  nel  Canto  IX.  dei  fuo.  Poema»  dalla  ft.  ^ 
fino  all’  83.  con  notarne  fullc  prime . 

Cc  3  -Che 


C*f  Poriàì 
Delf.  A.  3$ 


jlvvtrt. 
Mi¬ 
rai.  P.  Ut. 
«»• 


304  M  y  S  B  O  C  0  s  P  I  A  N  0 

che  à  tal  certame  la  ^erverfa^  e  ria 
Fortm4  oprar  no»  può  gli  afpri  fuoi  flrali , 

Ma  più  diffufamente  di  ciuci  trattò  qucftp  argomento  Gregorio  Ducchi  Brefcia- 
no,  componendone  un  Poema  in  ottava  rima  diftinto  in  fei  Canti ,  i  quali  ufei- 
rono  in  luce  forco  qucfto  titolo .  Il  Giuoco  de  gli  Scacchi  ridotto  in  Poema  Heroico 
fotte  Profopope\a  di  due  potenti  Re  ,  e  de  gli  Eferciti  loro  ,  diletevolifmo  ,  & 
erudito  .  In  licenza  MDCEII.  in  4.  In  quefto  Giuoco  però  v’  è  chi  biafima  1*  at¬ 
to  di  rubar  le  Pedone  >  come  adombrante  il  ratto  della  Donnad’  altri  fcrivendo- 
nc  un  tale  appreso  Moniìg.  Vannozzi.  Tota  Tabula  raptu  muUeris  efi  cóhfpi- 
eua;  qualis  lufus  »  talis  animus.  Valeant  ^  far  de fcantque  nuga  ;  Plus  habet  in¬ 
genii  ,  plus  liberalioris:  e.-eercitii  Rhythmomachia  Pythagorica  per  Stapulenfem  , 
(eterojque  redituta, 

5  P ASCIO,  ò,  come  dice  il  volgo  ,  MAZZO  di  CARTE  antiche  di 
Giuoco  Morale ,  chiamato  il  Giuoco  delle  PalTioni,  le  quali  fono  Amore ,  Spe. 
ranza,  Gelofia,  c  Timore.  Egli  è  diftinto  in  XL.  Carte  femplici ,  e  XXI. di 
Trionfi.  Le  Carte  d’ Amore  fono  conrrafegnatc  colla  Freccia:  quelle  della 
Speranza,  colVafo;  della  Gelofia,  coni’ Occhio:  del  Timore,  collo  Staffi¬ 
le  .  Et  ognuno  di  quelli  Simboli  nella  decina  delle  Carte ,  ch’egli  fpeciiica ,  è 
moltiplicato  dall’ Affo  »  finoaldieci,  come  le  Spade,  e  Coppe,  S:c.  nelle  Car¬ 
te  ,  delle  eguali  fono  affai  piu  grandi ,  e  più  groffe .  Ed  in  tal  guifa  il  numero  de’ 
Simboli  moftra  il  yalor  della  Carta ,  Ciafeheduna  decina  hà  di  vantaggio  le  fue 
quattro  Carte  di  Figure  rapprefentanti  Rè ,  e  Regina ,  Cavaliere ,  e  Fante ,  tolta 
dall’Iftoria ,  Le  altre  Figure  de’Trionfi  fono  Imagini  di  Perfonaggi  nelle  Ifto- 
rie  famofì  per  qualche  vizio ,  ò  per  qualche  virtù  ;  e  le  Carte  de’  Viziofì  perdo¬ 
no  con  quelle  de’  Virtuofì .  A  ciafeheduna  in  un  quadro,  che  fìnge  cartello ,  v’  è 
(oprafentto  qn  terzetto ,  che  la  fpiega  con  qualche  fentenza  \  ed  i  terzetti ,  dal 
primo  all*  ultimo^  fono  collegati  infiemccon  le  rime  di  modo ,  che  compongo¬ 
no  un  lolo  Poemetto,©  Capitolo  in  terza  rima.  Ed  eccone  per  faggio  i  primi 
tré ,  notati  fopra  le  imagini  di  Sardanapalo ,  d’ Ippolita , e  d’ Atteone ,  le  quali , 
^ome  tutte  l’ altre  de’  Trionfi ,  ff  confeguono  coll'  ordine  de’  Numeri  Imperiali . 

I. Ocio  Sardanapah  9Ùofo  in  piume 

tenne:  e  in  lafciuit  eoncubine :  e  gela 
tanto  che  del  regnar  ferfe  el  cofiume  ^ 

II.  Faticha  fece  Hippolyta  (he  fola 

meritoe  de  le  4matone  (orona 
e  t  feithia;  e  in  greci  a;  ancor  fuo  nome  velai 

III.  Defe  accefe  Ath^ait  4t  *^tia  perfona 

felejleì  fi  che  in  f(rusi  fu  conuerfo 
perho  troppo  alta,  èhomo  el  dtfio.  non  pena'. 

Dalla  Dialetto  de'  quali  può  argomcntarfl  l' antichità  di  quelle  Carte  non  mino- 
re  di  CLXX.  anni ,  Ed  appunto  il  carattere ,  con  cui  fono  Rampati ,  corrifpon- 
de  a’già  ufati  ne’ principii  della  Stampa .  AI  che  parimente  confronta  la  manie¬ 
ra  dell’  intaglio  delle  Imagini ,  eh’  è  in  legno ,  fimigliantiffima  a  quella  delle  Fi¬ 
gure  ftaropate  circa  il  principio  del  Secolo  paflaco.  Chi  fù  l’Inventore  di  tal 
Giuoco ,  fpiegòllo  con  quello  Sonetto ,  che  fi  legge  nella  prima  Carta ,  la  qua¬ 
le  ferve  difronrifpizio  al  Libro  di  quelle  pagine  giocofe,  ed  infiememoiali. 
fame  Paffion  dell' Anima  Signora 
Hanno  quaranta  €art(  in  quefo  Gioco  •, 

0/  la  più  degna  la  minor  da  loco, 

E  il  lor  fignifeato  le  colora, 

^at. 


ironiiipi 

CY" 


L  l  ’B  It  O  T  B  \  Z  o:  eAB.  XXrili  305 

Quattro  Figure  hà  ogni  colere  ancora  y 
che  a  i  debiti  fuo’  officii  tutte  invoco., 

Con  Vinti  é"  un  Trionfo  -,  e  H  più  da  poc  0 
E'  un  Folle,  e  pur  quel  Folle  il  Mondo  adora, 
x^mor  ,  Speranza  ,  Zelofia  ,  e  Timore 

Son  le  P af sioni ,  e  un  ternario  han  le  Carte 
Per  non  lafciar  chi  giocar  a  in  errore, 

El  numero  ne'  ver  fi  fi  comparte 

Vno ,  duo ,  e  tre ,  fin’  al  grado  maggiore , 

Re  Ha  ma  a  te  trovar  del  gioco  T  arte. 

E  perche  vi  conobbe  qualche  cofa  di  vano  milto  al  morale ,  fe  ne  fcusò  nell’  ul¬ 
timo  *  e  palesò  la  fua  intenzione  con  quelli  altri  verfi , 

'  Eggio  el  mio  errore,  e  pur  commun  I'  inganno 
Seguo ,  e  fi  imo  el  mio  fallo  affai  minore 
Quando  errar  con  li  più  meno  e  T  errore , 
che  fol  falvarfi  in  un  publico  danno. 

Veggio  che  gli  homini  ingannando  vanno 
Lor  Hefisi  in  far  fi  parer  curte  T  bore 
Onde  per  far  I'  inganno  anebor  maggiore 
.^jtefio  giocho  ha  compoHo,  e  io  ftejfo  il  dannai 
Perche  egli  altro  non  è,  che  fproni,  anzi  ale 
che  il  Tempo  tanto  preziofo ,  e  caro 
Scaccia,  e  dibatte  qual'  arco  uno  Hrale, 

Ma  poi  che  a  tener  quel  non  e  riparo 

E  il  fuggir  tedio  e  inHinto  naturale, 

Scufa  ancor  me  fe  da  natura  imparo. 

Qui  però  più  che  per  altro  fi  conlervano  per  l’ antichità.  Donòlle  al  Vfufeo  U 
lopramentovato  Dottor  Montalbani  ;  il  quale  ne’ precedenti  Sonetti  fuppli  col¬ 
la  penna  molte  parole  >  che  mancavano,  rofe  non  tanto  dal  tempo ,  quanto  dal¬ 
l’ufo  di  tali  Carte. 


V 


6  MAZZO  di  CARTE  MORALI,  d’ invenzione Francefe  di  CXXXIIL 
anni,  qu  into  mcn’  antica  della  precedente ,  tanto  più  gentile , e  nelle  carte ,  e  ne 
gLintagli,e  nella  Rampa,  ma  per  avventura  trovata  ad  emulazione,  fe  non  ad 
imitazione  di  quella.  Potrebbe  chiamarli  il  GIVOCO  delle  MVSE  ,  come 
s’ elprede  nell’ Indice  del  Muleo  ,  Rampatone!  1657.12.  al  num.  325.  fe  non 
fulfepiùtofto  DE  QVATTRO  POETI  PIV'  SENTENZIOSI  tra  glianti- 
chi  Latini ,  cioè  Orazio,  Seneca,  Plauto,  &  Ovidio;  con  le  Sentenze  de’ quali 
pretefe  l’ Inventore  di  queRe  Carte  d’ infinuare  in  chi  fulfe  per  divertirli  con  elle 
i  più  ferii  documenti  delia  Morale .  '  Che  però  in  cialcheduna  carta  ne  propofe 
alcune  ,contrafegnando  la  carta  medefimi  col  fimbolo  della  Poefia  praticata  da 
quei  Poeta,  da  cui  le  cava,  citandone  infiemei  luoghi.  Divifo  per  tanto  il  nu¬ 
mero  delle  carte,  ch’è  di  LIl.  in  quattro  parti  uguali,  Se  alfegnatane  la  fua  a 
ciafchedunode’ludetti  Poeti ,  clprelfenelle  tredici d’ Orazio  una  Lira,*  in  quel¬ 
le  di  Seneca,  ui’Irco;  in  quelle  di  Plauto,  una  Pietra  Molare;  c  nell’ ultime 
d’ Ovidio  un’ Anorearciero:  e  quello,  e  quella  ,fimboli  non  della  Poefia,  ma 
di  qucRi  due  Poeti.  Non  però  moltiplicò  le  Figure,  come  nelle  Carte  prece¬ 
denti,  mi  diftinfe  quelle  Carte  foto  co’ Numeri  Imperiali,  e  dell’abaco,  da 
quello  dell’ unirà,  finoal  denario;  &ad  ogni  decina  di  Carte  femplici.  Ne  ag- 
giunfe  tré  di  figure,  le  quali  fono  quella  della  Mula  propria  del  Poeta,  di  cui 
elle  fono,  e  quella  del  Poeta  medefimo,  e  i’ ultima d’ un  fuo  difcepolo.  La 

Cc  3  Mula 


30«  '  MF  SE  0  e  0  S  P  !  A  N  0 

Mufa  d' Orazio ,  è  Terficorc;  di  Scnec«  Melpomene  ;  di  Plauto  TaBa  ;  d’Ovidio 
Braco.  principio  di  ciafeheduna  fczzione,  oltre  la  (cncenZa  del  Poeta,  vi 
nota  qualche  cola  fpeteante  al  particolare  di  quelle  Carte.  Onde  nell’ Affo  di 
Lira .  dopo  il  verfo  fentenziofo 

Ep.  I.  Omner»  crede  diem  tibi  diluxi/J^  fu^remum  . 

frappoffavi  la  Lira,  fegue,  Flaccum,  ut  pote  Lyrtcnm,  fambuca  mtat  ;  Tragi¬ 
cum  hircus  Senecam  •  Plautum  Pifirino  pre/ptm  Molaris  :  Nafónem  ,  quod  amo¬ 
res  luferit,  Cupido,  Charta  dein  quid  valeat  quaque ,  verfus  indicant,  ac 
rnsri ,  In  quello  dell’Irco ,  al  detto 
Stn.Htre,  ^  altra  mollis  e  terris  via, 

dopo  r effìgie  dell* Irco,  luccede.  Cum  privilegio  Regis  ad  quadriennium  ,  ne 
quis  vel  latine,  vel  in  vernaculum  traduci as  ferrnonem  chartas  hafee  impri¬ 
mat ,  aut  alibi  imprejfas  vendat.  Regia  mandata  dati  privilegii  exaravit  de^ 
Launay  ,  Nella  prima  delle  legnate  colla  Pietra  Molare,  notatovi 
Plaut.in  Ed  prefeólo  deus,  qui  quod  gerimuf,  auditque ,  é'  videt , 

Capt,  feri  ve,  LECTORI,  Non  abs  re  vifum  efi  Leiìor  ea  dicare  tibi,  qua  cum  ludi* 
era  Jint ,  animum  tamen  fententtis  ornant  :  atque  hoc  eli  illud ,  quod  in  rebuf 
omnibus  cenfetur  pracipuum,  utile  dulsi  commifeere ,  Vale,  E  nell*  Affo  di  Cu*! 
pido,  oltre  il  verlo 

Ovid,  Bajl,  Confeia  méns  reSli,  fama  mendacia  ridet. 

fi  legge .  Prodant  nova  hac  chartarum  ludicra  in  praclarà  Parìjiorum  Lutetia 
apui  Chrijlianum  VVechelum  fub  fiuto  B  filienfi ,  tn  vico  Jacob ao  ;  &  fib  Pe- 
Bellovacenfi ,  Anno  redempta  falutis  1 344,  Non  regiffro  le  len- 
tenze  dell’ altre  Carte ,  perche  n’  empirei  più  d’ un  foglio  ;  c  per  faggio  di  quelle 
ballano  le  qiiat  tro  addotte .  E  quindi  lembra  tolto  il  modello  de’  fuffeguenti . 

7  GIVOCQ  di  CARTE  de’  RE  di  FRANCIA,  inventato  da  Giovan¬ 
ni  des  Marefts,  per  far  guftar’  in  compendio  nel  trattenimento  del  giuoco  l’ Ilio- 
ria  de’luoi  Predeceffori  a  Luigi  XIV,  Contiene  quello  Giuoco  XXXIX,  Carte, 
con  Figure  in  rame  di  mano  di  Stefano  della  Bella  famolo  Intagliatore  ,  (tampa^ 
te  A  Paris  chez.  Henry  le  Gras  au  3.  pilter  de  la  grande  Salle  du  Palajs  à  Z, 
(ouronnee,  Avec  privilege  du  Roy ,  Le  Leggi  di  tal  Giuoco  vanno  attorno  pu¬ 
blicate  dal  medclimo  des  Marefts  in  un  libretto  in  lingua  Franccfe ,  a  cui  rimet¬ 
to  il  Lettore,  non  foggiungendo  io  di  vantaggio,  per  effere  quelle  cole  affai 
divolgate, 

8  GIVOCO  di  CARTE  delle  REGINE  FAMOSE»  inventato  dal  me- 
defimo  intagliato , e  ftampato  come  lopra  ,col  fine  principale  di  lervirne  il  luo 
Rè,  inlìnuandogii con  tal  mezola  cognizione  delle  Jftoric,  che  trattano  in  be¬ 
ne  ,  ò  in  male  delle  Regine  figuratevi .  E’compofto  di  LII.  Carte,  come  i  Giuo¬ 
chi  ordinariij  e  le  lue  Regole  vanno  attorno  con  le  Carte  medefime  in  un  Foglio 
volante . 

9  GIVOCO  di  CARTE  della  GEOGRAFIA,  inventate ,  intagliate,  e 
ftampate  come  lopra , e  col  fine  ludetto,  &  in  numero  parimente  di  LII.  V'ifi 
rapprclentano  i  Regni ,  e  le  Provincie  con  figure  humane:  notativi  a’ piedi  i 
loro  confini .  Del  valore  di  quelle  Carte ,  e  del  modo  di  giuncarci  ne  tratta  un 
Foglio  ftampato  in  Parigi ,  il  quale  và  con  effe, 

ro  GIVOCO  delle  FAVOLE,  dell’ Autormedefimo,  e  parimente  inta- 
X  gliato  dal  della  Bella ,  e  ftampato  come  fopra,  e  collo  Hello  fine  d’ erudirne  il  luo 

Hè.  Và  loco fimilmente  il  Foglio  delle  lue  Regole, 

n  Inventò  parimente  l’ Autor  ludetto  i  Giuochi  d’altre  Iftorie  ,  comede 
gl’ Imperii,  c  d’altri  Reamii  degliHuomini  illuftrij  de’  Dei  de  gli  Antichi , 

dii- 


L  ì  B  R  0  T  E  R  Z  0.  CAP,  XXm.  307 

tdi&rénceda  quello  delle  Favole,  Óltre  di  che  mafcherando  le  Scienze ,  ridulTe 
in  Giuoco  la  Logicai  la  Morale >  la  Politica»  e  la  Filìca;,  Ipiegandolc  tutte  con 
brevità  »  c  chiarezza  Angolare .  Onde  bà  refe  famofo  il  fuo  nome , 

ta  Tutti  quelli  Giuochi  di  Carte  furono  dedotti  da  quello  de’ Tarocchi,  in¬ 
ventato,  com’ è  fania,  in  Bologna,  e,  più  che  altrove,  praticatovi  quando  i 
Bentivogli  v’eiercitavano autorità  di  Principe.  Tellimonio  di  che  fono  lei^uì 
ferbate . 

13  CARTE  di  tarocchi,  ufatc  in  Bologna  CLXX,  e  piu  anni  fà , co¬ 
me  dimoftra  il  ri verfo  di  ciafeheduna ,  in  cui  è  llarapata  l’ Arma  de’  Bentivogli , 
Comel’ufavanoairhora,chev’efercitavano autorità  di  Principe,  cioè  con  la 
Sega  rolla ,  e  non  altro  nello  Scudo ,  &  una  Pantera  fopra  il  Cimiero ,  col  motto 
FIDES t  ET  4M0R.  SonoqueftemoltopiùgrandfdelIeordinarie,efimilmcn-‘ 
te  dipinte  di  varii  colori,  Il  Giuoco  loro  è  più  d’ingegno, che  di  fortuna  ,  ma 
non  vi  fanno  buona  confonanza  le  Figure  Sapre,  come  quella  del  Papa,  la  quale 
non  parmi  da  porre  tra  le  cofeda  giuoco,  fcandalizzandofi  di  tale  abufo  fino 
gliEterodoin, 

14  GIVOCO  di  CARTE  di  TAROCCHI  di  nuova  ,  e  capriciofilfima 
invenzÌQne,&  Intaglio  in  rame  di  Giufeppc  Maria  Mitelli,  Pittar  Bolognefe, 
c  Figliuolo  del  famofoAgoftino,  c  non  meno  del  Padre  ingegnofo,  elfimato 
nelle  invenzioni,  e  difegrii,  come  dimoflrano  trà  Falere  lue  Opere  le  Artidi 
Bologna  da  elio  difegnate ,  &  intagliate  in  rame  ;  elTendo  quelle  Hate  riftampa- 
lein  Roma  per  Cole  d’ Annibaie  Cartacei.  Di  fua  maqo  è  la  Profpettiva  del 
Mufeo,  propolla  nel  principio  di  quello  Volume.  Donò  quelle  Caricai  Mu- 
feo  il  P,  Giovanni  Mitelli  de’  Chierici  Regolari  Miniftri  de  gl’  Infermi ,  fratello 
deirAucQre,othcionflìmo  Religiofo,da  cui  ne rellai  favorito  ancor’ ÌQ  d’un* 
Efemplarè  legato  in  libro ,  che  conferyo,  come  cola  Angolare  in  quefto  genere . 
Alcune  d’clTe  con  vengono  colle  precedenti  nell’ effere  Icgnalate  cpU’ Armade* 
Bentivogli , non  però  nel  riverfo,  ma  ,ch’è  affai  più  riguardevole,  nel  diritto  : 
effendo  il  Giuoco  dedicato  al  Sig.  Co,  Filippo  del  già  Co.  Profpero  Bentivogli , 

15  Due  DATI  d’ambra,  ufati nella  Mofeovia,  e  d’indi  portati  dal  Sig. 

Ercole  Zani ,  con  altre  cofe  da  effo  donate  al  Mufeo ,  64  a  fuói  luoghi  mentova-? 
te.  Ma  dallo  fcherzevole  de’ Giuochi  pafliamo’al  ferio  de’ Sepolcri ,  riflettcn-r 
do,  che  le  un  Giuoco  è  la  Vita ,  non  è  uno  fcherZQ  la  Cosi  ex  ludis 

etiam  feria  fas  efi  fraomirtari , 

T>€'  Sepolcri  antichi, 

Cap.  XXIX. 

I  ¥  L Sepolcro, eh’ è  il  Porro  dell’humaua  Mortalità,  fe  a’ Fedeli  ferve  di 
1.  Scuola  della  più  feria  FilofoAa,  a’  Gentili  diede  materia  de’più  ridicoli 
vaneggiamenti.  Non  vi  fù , può  dirli.  Nazione,  che  con  qualche  particolare 
(uperllizione  circa  di  quello  non  deliraffe.  Giunfero  taluni  Ano  a  fdegnare 
d’haverlo  nel  grembo  della  Madre  commune,  come  gl’ Iperborei,  i  quali,  fazj 
di  vivere ,  e  ben  pafeiuti ,  da  un’  alta  rupe  gittandoA  nel  Mare ,  Rimavano  bca- 
tilTima  quella  forte  di  Sepolcro .  Altri  lo  (celierò  nell'aria,  come  i  PerAani ,  al 
dire  di  Sello  Empirico ,  &  i  Tibareni ,  ai  riferire  di  S,  Girolamo  :  i  quali  vole¬ 
vano  effere  fofpcA  da  gli  alberi ,  recandoAa  gloria  quella  pendula  eminenza, 
cheperaltroèlupplizio.  Nè mancorno  Popoli,  che  giudicaffero  miglior  Se¬ 
polcro  di  tutti  il  ventre  delle  Fiere ,  anzi  de  gli  Huomini  medeAmi ,  che  pure  In 
Ctò  erano  Fiere,  come  fefuffepoAìbile  il  godere  qualche  avanzo  di  vita  in  una 

Tom- 


VannoX^. 
Avvtnmtn. 
Poltt.  e  Alt» 
rat.  P.  HI.  ' 
Vft.  7057, 


Catx»  4f, 
Benom. 
Embl,  Mer. 
50* 


PA/.4.C.IZ- 

D‘Hitr.  in 
hvtntan. 
lib.  2. 
Porcaechi 
nt'  Ffititr, 
ant. 


Htrci.  t,  :ì. 
5»  9. 


V.  ii6. 


S08  M  y  S  B  0  QOSPlAl^O 

Tomba  animata.  Dique’poi,  che  non  hcbbero  a  fdegnod’haverlo  in  terrai 
tuttoché  in  ciò  (aggi,  che  vanità  non  fi  leggono  in  qucito  piopofito?  Si  fecero 
alcuni  ergere  le  Sepolture  così  eminenti,  che fcmbravano  fronteggiar  colle 
Stelle  ,  come  qué’ Rè  dell’Egitto,  che  nella  fabbrica  delle  Piramidi ,  Edifici! 
così  vafti ,  ed  eccelli ,  che  fuperavano  tutto  il  mirabi  le  in  quel  genere ,  prctelero 
di  manifeftare  a’  Pofteri  i  prodigi  della  loro  Potenza,  e  col  far  vili  Icpelirc  in  ci¬ 
ma  avvicinarfi,  quanto  fulTe  poìfibile,  più  d’ogn’altro  col  corpo  a  quelle  Stelle, 
fopra  le  quali  non  erano  mai  per  falire  gli  fpiriti  loro ,  benché  v’  haveflero  bavu» 
co  commercio  colle  fpeculazioni  Afirologichc .  Li  fecero  forgete  con  luiio 
eguale .  Artemifia  al  Conforte  Maufolo ,  c  Porfena  a  fe  medetìmo,  accrefeendo 
il  Senario  de’  Miracoli  del  Mondo ,  quella  col  Maufoleo  (  che  vedefi  effigiato  in 
una  delle  Medaglie  antiche  del  Mufeo)  e  queftì  col  Laberinto  di  Chiulì ,  Opere, 
che  impoverirono  i  loro  Regni,  lenza  alcun  prò  de’ Popoli.  Nè  perciò  quette 
furono  le  maggiori  delle  vanità  Sepolcrali  dell’Antichità ,  Molto  più  folle  fù 
l’erezione,  non  che  di  Sepolcri,  di  Templi  atanti  Augufti,  che  benché  dall’ 
adulazione  de’  Sudditi  aggregati  fra’  Dei ,  tanto  più  lontani  furono  a  participat 
del  divino,  quanto  più  brutali,  che  ragionevoli  s*erano  palcfatine’coftumi. 
Ma  troppo  lungo  farebbe  il  raccordar  tutte  le  follìe  del  Gentilefmo  circa  i  Se¬ 
polcri  .  Che  però  lafciando  la  generalità  di  quello  argomento  a  chi  ne  tratta  di 
profeffionc,  come  Gregorio  Giraldi  nel  Libro  De  Sepulcris  ^  ér  vario  fepeliendi 
ritut  ftampato  in  Bafilea  coni’ altre  di  Ini  Opere  del  15S©.  inf.  Tomaio  For- 
cacchi  ne’  funerali  de  gli  Antichi  ^  di  diverd  Popoli , e  Na'^oni ,  forma  dt  SepoU 
ture,  di  Efeefuie  i  &c.  publicati  in  Vcneziadcl  1 591. f.  Giovanni  Meurfio  nd- 
l’Opufcolo  de  Funere  Romanorum,  ufeito  dalle  Srampe  dell’  Haja  del  i5o4. 
Giovanni  Kirchmano  nel  Trattato  de  funerihus  Romanorum ,  dai’O  alla  luccio 
Amburgo  del  1605.8.  Pietro  Moreftelli  nel  Volume  de  Pompa  Ferali,  (lampa 
di  Parigi  del  1621.  in  8,  Francefeo  Perucci  nelle  Pompe  Funebri  di  tutte  le  Na¬ 
zioni  del  Mondo,  llampate  in  Venezia  del  i639.inf.  e  Gio.  Andrea  Qucftcldr, 
A.  D.  che  fcrifie  de  antiquis  ritibus  Sepulcralibus  Romanorum ,  Gr acorum  ,  /*- 
deorum,  érCbriHianorum  difputationes.  VViterberga.  \  &  altri ,  de’ quali 

per  horanonmifovvienc:  m’appiglio  al  particolare  deh’ Anticaglie  Sepolcrali 
del  Mufeo  j  le  quali ,  fe  per  efler  reliquie  della  Gentilità  Latina,  e  Tolcana  , 
riflettono  nella  memoria  di  chi  le  mira ,  qualche  ombra  di  luperftizionc  ;  per  la 
modellia ,  che  in  effe  riluce ,  fanno  contrapoflo  a  gli  ccceffi ,  e  di  barbarie ,  e  di 
Judo  de’ fopra  motivati  Sepolcri .  E  tra  quelle  feparatamente ,  ed  in  primo  luo¬ 
go  ollervo 

2  Due  SEPOLCRI,  ò  MONVMENTI  QVADRATI,  di  terra  cotta  ri¬ 
trovati  in  un  lotterraneodi  Chiufi.antichiffima  Città  della  Tofcana,ove  accen¬ 
nammo  fcpolto  Porfena  ,e  trapportati  in  quello  Mufeo  per  fuo  particolare  or¬ 
namento.  L’invenzione  de’ quali  può  attribuirli  a  quella  moderatezza  lode¬ 
vole,  che,  nel  rendere  il  fuo  alla  Terra,  infegnò  a  sbandirne  il  luflo,&  appa¬ 
garli  di  (ito  conface  vole  al  corpo.  Poca  terra  badava  a  racchiudere  poche  ce¬ 
neri  ;  già  che  in  poche  ceneri  appunto  riducevanfi  i  cadaveri ,  dopo  che  fi  lafciò 
di  fotterrargli  intieri .  Coflumanza  ufata  molto  avanti  la  fondazione  dì  Roma, 
come  inferifce  Virgilio,  deferivendo  i  Funerali  di  Mifeno:  ma  non  però  intro¬ 
dotta  in  Roma ,  fe  non  dopo  la  morte  di  Siila ,  il  quale ,  primiero ,  volle  che  il 
fuo  corpo  fulTe  abbrugiato,  temendo  non  luffe  ingiuriolamcnte  diClepellito , 
coni’  egli  ha  veva  fatto  di  quello  di  Mario ,  &  era  fucceffo  d’altri,  morti  in  guer¬ 
ra  lotto  Cielo  ftraniero.  Durò  tale  ufanza  fino  al  tempo  degli  Antonini}  in 
cui  tornò  in  vigore  il  primo  iflituto  di  confegnare  alla  Terra  1  cadaveri  non  arfi . 

Prima 


I 


LIBRO  T  E  X  Z  <2.  CAP,  XXIX.  30^ 

Prima  del  qual  tempo  congctturanfi  ftbbricati  quelli  Monumenti,  de’ quali  il 
maggiore,  che  qui  fi¬ 
gurato  fi  vede ,  è  lun¬ 
go  oncic  14.  e  meza, 
largo  otto,  «Smalto no¬ 
ve  .  Nella  parte  lupe^ 
riore  ,  ò  fiali  coper¬ 
chio  ,  v*  è  fcolpita  una 
Imagine  humana'gia- 
cente ,  come  fopra  un 
letto,  con  due  origlie¬ 
ri  /otto  il  capo ,  e  tut¬ 
to  il  redo  del  corpo 
coperto  d*  un  lungo 
manto  lugubre  ;  e  per 
avventura  rapprelen- 
ca  il  corpo  deircdinto 
racchiuiovi.  Sembra^ 
e  potrebbe  crederli  di 
Fanciullo, qui  fepol- 
tocol  cadavero  intiero,  prima  che  fi  collumalTe  d’ incenerirlo:  fe  Tangufiia 
del  piano,  ove  giace,  non  haveffe  configliato  ad  efpriinervi  in  piccolo  l’ effigie 
d’ uno  adulto  Defonto  :  fi  come  il  leno  di  quella  Tomba  era  capevolc  delle  ce*? 
neri ,  non  che  d’ un  Bambino ,  d’ un  Qigante ,  le  vi  fufieiro  Hate  depofte,  mentre 
s’ usò  d’ abbruggiare  i  cadaveri ,  Nella  parte  anteriore  vi  fi  Icprgono  di  rilievo 
alcune  Figure  Humane ,  che  rapprefentano  due  Soldati  tra  di  loro  combattenti 
a  lume  di  due  fiaccole  lollcnutc  da  due  donne  armate:  Tuno  de’ quali  par  che 
ferilcad’ un  pugnale  nella  gola  l’altro,  che  già  cade,  lenza  làfciar  però  di  di¬ 
fenderli.  Il  che  potrebbe  ombreggiare  il  calo  della  morte  di  colui,  chequi 
giacque  incenerito ,  fe  le  medelìme  Imagini  fullero  particolari  di  quello  Sepol¬ 
cro,  e  non  communi  allalTeguente,  Avvegnaché 

3  L’ altro  SEPOLCRO  I  d  qual’  è  dellaìlelTa  figura  del  precedente  ,  alqùani» 
to  però  minore ,  fu  fegnalato  nella  parte  luperiore  coireffigie  del  morto  giacen¬ 
te  ,  e  nell’  anteriore  con  quelle  de’duc  Gladiatori ,  e  delle  donne  armate ,  fofte- 
nenti  le  Tede  accefe  nella  politura ,  che  mollra  la  Tavola  addétta  del  primo .  li 
che  è  indizio,  che  je  ludette  Figure  limboleggiano  più  rollo  la  morte  in  genera-^ 
le,  che  il  calo  particolare  del  Defonto:  quando  le  ceneri  d’uno  Hello  Defonto 
non  fodero  fiate  di  vile ,  e  fepolte  per  metà  in  amendue  quelli  Monuménti .  Di 
che  però  non  pedo  rendermi  perfualo,  edendo  nel  medefimo  luogo,  eh’ era  un 
Cimitero  publico ,  fiati  trovati  altri  Monumenti  della  fieda  materia ,  e  gràndez-? 
2a,  figurati,  come  quelli .  Onde  piu  verifinvilc  fembra  che  fiano  Sepolcri  di 
Perfonaggi  di  verfi ,  fabbricati  tutti  dal  medefimo  Artefice ,  e  sù,  la  ftelfa  Matrice, 
che  improntava  le  medelìme  Figure  in  tutti.  Furono  donati  al  Sig,  Marchefe 
Cofpi  dalla cqrtefia del Sig.Cavalier  Ferrante  Capponi,  Senator  di  Firenze 
Prefidente  deir  lllullridìma,  e  Sacra  Religione  di  S.  Stefano,  Se  Auditore  de( 
Serenilfimo  Granduca  di  Tolcana ,  Èqui  ,  come  Monunieriti  di  veneranda  an¬ 
tichità  furono  collocaci  sùfiguardevolipicdeftallij  ed  entrambi  Fortano  que¬ 
lla  ilcriziionc ,  eh?  roorua  ranno  »  in  cui  furono /coperti  ^ 

PRISCA  eiNERFH 


MONV^ 


Miif.Settal, 

f.  2?. 
AIo/(ard. 
l.  I.  Ai»J<, 
e>  28. 


^to 


H  y  s  E  Q  C  Q  S  p  I  A  N  0 


D 


MONVMENTA 

CLVSIl 

'tVSCORVM  VREIS  ANTI^VISSIMM 
LATEBRfS  TFMVLaTA 

recens  in  lvcem  casvs  EXT  flit 

ANNO  BOM.  M.  DC.  LXII. 

OITcrvaripoidalSig.Gitolamo  Dcfiderii  (  Afcadcmico  Gelato,  altrove  cita- 
to  )  (uggerirono  alfa  /i;a  Mufa  la  nobiltà  di  quefti  fentimenti  morali . 

PER  GLI  SEPOLCRI  ANTICHI  VLNVTl  DI  CHIVSI. 

A  le  Tùfehe  Pendici  ecco  'vaganti 
A  i  Eeljìnei  Mufei  giunger  gli  Avelli  ; 

Onde  per  meta  offerti  a(  F  afte  avanti 
Impongati  freno  a  i  moti  fuoi  rubelli. 

Per  funejiar  le  Luci  altrui  cp*  pianti 

Godati  di  chiara  luce  i  tai  novelli  ; 

Efccn  dal  Suolo  ^  e  al  Suol  con  le  tonanti 
Voci  il  Beilin  fetnbra  che  ornai  ne  appelli  ^ 

Z'  anguBo  fen  ,  che  de  le  falme  fr^li 

di  avanzi  accoglie  ^  a  confeffkr  c^  invita 
Per  quajì  un  nulla  f  tniftri  Mortali, 

Così  fpiran  gli  Avelli  orrpr  ,  che  addita 
Vn  vero  lume  ^  e  fanff  altrui  vitali , 

Perche  da  Te,  FERNANDO  ,  han  lume  ,  e  vita. 

4  D’altre  Anticaglie  Sepolcrali  del  Mufeo  fi  favella  ne’  Capitoli  fuffeguenti 
delle  Vrne ,  delle  Lucerne ,  e  dp’  lylarmi  Sepolcrali . 

Delle  Vrne  Sepolcrali ,  p  d”  un  Coperchio  d'  Vrna  di  bronl^  t 
con  Figure»  e  Caratferi  dell'  antica  Etruria, 

Gdp,  XXX, 


I  \Ji  Olto  più  frequente  fù  Tufo  delle  Vrne,  che  de’ già  propofii  Moniu 
menci  quadrati,  per  riporvi  le  ceneri  de’ Defonti:  Onde  non  è  me¬ 
raviglia, che  (e  ne  trovino  di  molte  in  diverfì  Mufei,  e  fe  ne  veggano  parecchie 
effiggiate  appreso  gli  Antiquarij ,  c  di  quando  in  quando  fe  ne  Icavino  in  di  vcr- 
fe  parti  del  Mondo ,  di  varie  figure ,  e  materie ,  Ne  conferva  la  fua  porzione  il 
Mufeo Cofpiano  j  e  tra  quefte  v’hà 

2  Vn  VRNA  SEPOLCRALEdi  macigno.  Hi  il  fuo  coperchio  della  flcRa 
materia,  di  figura  globofa,  8^  emisferica  (fe  più  toRo  noneccedefle  lamerà 
d’ una  sfera,  cciii  partecipar  dell’ovato  )  con  una  lega  di  ferro,  impiombata  , 
commelTo  all’  orifizio  dell’  Vrna ,  la  quale  hà  del  cilindrico  ,  in  maniera  tale  pe¬ 
rocché  ,difcendeudo ,  qualche  poco  s’adotiglia  ,  e  termina  col  fondo  piano, 
come  mofira la  qui  addotta  figura.  Ffi  trovata  in  Bologna  del  i6d2.&  in  mia 
prefenja  diffottcrrata  nella  piccola  Pia?za  ,che  fi  Teatro  da  Ponente  alla  Chic- 
fa  di  S,  Maria  de’ Servi,  coll’occafione  che  fi  [cavavano  le  fondamenta  della 
Cala  privata  ,  che  con  quella  Piazza,  da  quella  parte,  confina.  Anzi  con  ella 
furono  trovate  altre  anticaglie  Scpolerali.  e  particolarmente  uri’  Vrna  di  trafpa- 
rentiflimo  A  labafiro ,  che  toccò  ad  altri .  Congetrurafi  che  quello  luogo  fuiTe  un 
Cimitero  dell’  antica  Bologna ,  tanto  più  che  in  que’  tempi  era  fuori  del  ricmto 
della  Città:  c  non  era  lecito  (cqmc  pure  avyertfice  Flavio  Gualtieri  nelle  fuc 
Annettazioni fopra  il  PancitoJOnè  fcpelirc,  nè  abbrugiarc  alcuuo  entro  le  mura: 

legge 


LIBRO  T  E  T(  Z  0.  CAP,  XXIX, 

« 

/eggendoficiò  pcrmeffo  folo  in  Roma,cd  a  pochi,  cioè 
agn!Tiperatori,alleVergini  Vertali, c,  (e  v’interve-  ^ 
nivalpeziale  Senatuscoiìfulto ^  a  qualche  infignc  Capi-  1“ 
lano,  ò  Perfonaggio,  c’haveffe  trionfato.  Collocata  | 
perciò  queft’  Vrna (opra onorevole piedeftallo,  fù or-  | 
nata  con  cale  licrizione  dal  Dottor  Montalbani .  ^ 

MARMOREA  FERALIS  VRMA 
NVPER  BONONIM 
IN  SVBTERRANEIS  DOMFS 
.  S.  MARIM  SERVORVM 
coemeterio  FlNlTIMMt 
OLIM  VRBB  ERTRAMVRALI 

pomoerio 

VETECTA  ANNO  MDCLXIT. 

RII.  KAL.  NOFEME, 


3  VRNA  di  terra  cotta,  di  figura  romboide,  fe 
mente  patente,  fimlTe  in  acuto;  avvegnaché  fotto 
l’orlo  rilevato  di  quefta  riltnngi  ndofi  nel  collo,  e 
quindi  a  poco  a  poco  allargandoli  nel  ventre ,  c  po- 
kia  gentilmente  decrelcendo.fin  che  termina  in  una 
punta  aguzza,  colla  quale  flava  piantata  interra, 
forma  quali  un  lombo,  come  appare  dalla  Imagine , 
che /e  ne  adduce .  E'alra  dalla  cima  al  fondo  piedi 

. e  la  di  lei  circonferenza  nella  mag* 

giore  ampiezza  è  di . Può  facil¬ 

mente  maneggiarfi  mediante  due  manichi,  uno  per 
parte ,  fitti  con  un  capo  nella  bocca ,  e  coll’altro  nel 
ventre  dell’  Vrna  ;  la  quale, s* è  antica  rifcrizione, 
che  vi  fi  legge ,  come  erta  è  antica ,  racchiulc  le  cene* 
vi  di  Marco  Acelio  Bologncfehuomo  fegnalatoper 
lunghezza  di  vira ,  elTcndo  campato  cent’ anni ,  giu- 
ftal'  elprcflìone  di  quelli  caratteri,  che  vili  fcorgo- 
no  incili  in  maniera  artai  rozza . 

M.  ACCELIVS  M.  F, 

VIX.  ANN,  C, 


Raccordali  pure  quella  età  per  offervabile  da  Flcgonte  Tralliano  nel  Libro  dea 
Mirahilihui  y  longxvis ,  dove  pure  1*  alTerifce  fiologUefe  .  Viveva  circa  l’an¬ 
no  LXXXVIlI.  dopo  lanalcicadi  Chrirto,  come  notò  Paolo  d’Antonio  Mafini 
nellalua  Bologna  Perluflratadeirultima  edizione  in  4. 

4  VRNA  dimiteria,efigurafimileallapreccdcntc,  maconunmanicofo- 
lo,  figurata  nella  Profpetri  va  del  Muieo  proporta  nel  principiodi  querto  Libro . 

5  VRNA,  parimentediterracorta, trovata, nonèmolto, in  Bologna,  in¬ 
contro  a  S.  Vitale. 

6  VRNA  pure  di  terra  cotta ,  di  quali  trent’oncie  di  lunghezza,  c  di  trenri- 
feidi  circonferenza  ,  dov’èpiù  grolla,  di  figura  in  parte  limile  alleantecedenti, 
ma  con  due  manich  1  lar gh  1 ,  c  di  manco  giro ,  che  in  elle .  Fù  trovata  non  è  mol¬ 
to,  in  Bologna,  in  un  fottcrraneoda)  Ponte  di  Ferro  di  S.  Damiano.  E  perche 
in  quei  fito  è  fama  che  fulleco  fabbricate  le  prime  Cale  dell’antica  Felfina,  e 

taluni 


V 

M  y  S  E  0  £  D  S  E  ì  A  N  O 


Coftm 

^inta  liiU 

V,  i6i<. 


Nafcfméto 
eii  Minerva. 


taluni  penfano  che  vifuiTe  il  Sepolcro  di  Fclfina,  la  creduta  fo^idatrice,  e  Dcrc- 
minatricedi  quella:  non  v’  è  mancato  chi  habbia  giudicato  quefla  pcr  l’ VKN  A 
SEPOLCRALE  di  FELSINA.  ISon  eflendovi  però  altro  confronto^  non  tai 
dà  l’animo  d’ affentire  a  quella  opinione:  maflìme  haytndo  motivi ,  e  congec»- 
ture  in  contrario .  Avvegnaché  da  molti  gravi  Storici  giudi.cafi  favola  ciò  ,  che 
di  quella  Donna  fi  legge  :  e  particolarmente  da  quelli ,  che  ammettono  Ce Jfino, 
òFcllìno ,  per  Fondatore, e  Denominatore  deH’antica  Città  di  Bologna.  Oltre 
di  che  ,quand’ anco  fglTc  vero  tutto  ciò,  che  Uà  fcritto  di  Felfina:  non  appari- 
fee  per  qual  cagione  quella  debba  crederfi  l’ Vrna  Sepolcrale  più  tolto  di  Felfi¬ 
na  ,  che  d’ altro  Perlonaggio  antico  ivi  Icpolto  .  Ma  creda,  chi  vuole,  a  luo  mo¬ 
do;  a  me  balla  di  poter’ afi'ermare ,  che  quella  fia  un’anticaglia  molto  tagguar- 
devole, 

7  MANICO  d’un’  VRNA  anticadi  t^rra  cotta,  con  elprelTevi  in  rilievo 
quelle  lettere  RE  NFS .  Lo  trovai  in  certi  Frantumi  cavati  in  un  colle  del  Com. 
mune  di  Calaglia ,  non  lungi  dal  Fiume  Reno  :  e  lo  congetturai  Ifgnalato  con 
que’  caratteri,  per  denotare  il  luogo,  do  v’ era  fiata  fabbricata  quell’ Vrna,  ciop, 
per  dirlo  col  Co.  Carlo  Celare  Malvalla , 

La ,  dove  il  picciol  Reno 
Fa  de'  piu  bei  Crijlallit 
che  roàcffèro  mai  fponda  areno  fa 
Limpido  fpecchio  a  La  Felfìnea  Atene . 
avvegnaché  lungo  il  Reno  le  ne  lavora¬ 
vano  anticamente  in  copia  grande.  Emi 
fovviene  d’  haverne  veduto  con  quelle 
note  appreflb  il  Dottor  Montalbani ,  infi- 
gne  Antiquario ,  le  quali  erano  di  quella 
figura. 

8  COPERCHIO  d’un’ VRNA  ann- 
chilfima  di  bronzp,  nobililfima  reliquia 
delie  Tolcane  Antichità ,  come  moftrano 
i  caratteri  intagliati  allato  delle  Imagini, 
delle  quali  è  iftoriato,  proprii  di  quella 
Provincia,  prima  chevenifie  in  poter  de’ 

Romani.  Egli  pure  è  di  bronzo,  della  fi¬ 
gura,  e  grandezza  per  appunto  elprefla., 
nella  Tavola ,  che  le  ne  porta  qui  appref- 
fo:  elTcndo  rotondo  piano  in  maniera,  che rapprelentarebbe un  Difeo  perfet¬ 
to,  le  il  di  lui  giro  lotto  i  piedi  delle  Imagini  che  lo  legnalano ,  non  degenera fle 
in  un’appendice ,  che  termina  quali  in  quadro ,  facendo  due  angoli  acuti ,  c  for¬ 
ma  un  poco  di  manico  piano  :  dal  cui  fondo  alia  cima  del  Bronzo  v’  è  difianza 
di  cinque  onde,  e  meza»  mentre  il  diametro  lolo  è  d’oncic  quattro,  &  otto 
momenti  del  nollro  Braccio  Cremonele ,  figurato  nella  Geometria  famigliare 
d’ Ale(landroCapra,P.II. cap.I.  p.  loi.  Per  effere  la  più  pregiata  Giojadeir 
Antichità  ,che  vanti  il  Mufeo,conleruafi  nel  più  cofpicuo  luogo  d’clTo  (come 
cfprelTe  il  Pittore  nella  Prolpettiva  di  quello  ,  propofta  nel  principio  di  quello 
Libro  )  incafirata  in  un’  ampia ,  e  maefiola  C ornice  di  legno  d’intaglio  ragguar¬ 
devole,  tutta  me  fia  a  oro,  e  loftentara  da  un’Aquila  volante  co’Fu;roini  tra’ pie¬ 
di  ,  Inlegna  propria  della  principale  Deità  ,  che  v’è  figurata . 

9  Concio’fiecolache  in  quello  Bronzo ,  che  tutto  l’ orlo  hà  lavorato  di capri- 
ciofi  fogliami, e  fiorami ,  che  noi  chiamcrefiìmoarabelchi,  [puntanti  da  un  gran 

Fiore 


i/'zao  TERZO.  iAP.  XXX. 


Fiore  commentizip;  che  occhpà  mito  il  manico  .tapptefen^dqfi  ilmifteciofó 
Nafcimcnto di  Minerva,  per  GIÒVE,  II  quale  s 

ri  rnmmm  ami  ,  ■—  ventfxndftm  mn.Uudtbt 

.  untinretbi 

Nume»  faytunt.,  f  fi  *» 


Od 


Minetra . 


lt[Ì3Tum  * 


f»tf.  Lìrh, 
Od.ii./t.Zi. 


Minervtj  » 
perche  nata 
dal  Capo  di 
Giove  I  par. 
recipe  de' 
(noi  coligli. 

fi'.  I}I. 


|I4  S  EO  COSPIANO  . 

lì  raffigura  quella  delle  cinque  Imagini  intagliatevi , che ,  per  gravità  d’ afpecto» 
c  per  proliffità  di  chioma ,  e  di  barba  ondeggiante,  venerabile  ,  nel  mezo  di  tut¬ 
te  fola  affila  fi  vede  come  in  un  Trono,  òdi  nubi,  ò  frà  le  nubi  locato  :  coperta 
d’ un  manto ,  che  gli  fecnde  dalla  fpalla  finiftra ,  c  ,col  lalciargli  tutto  il  petto  col 
braccio  defilo  ignudo,  cade  a  veftirla  dal  mezo  in  giù;  mentre  colla  delira 
proftefa  regge  un  Fulmine  efprcfio  con  qualche  lembianza  di  lancia ,  colla  cuf- 
pide  vergente  al  baffo:  e  colia  finiftra  tiene  un’Afta  diritta,  quafi  su  quella  ap* 
poggiandoli ,  in  ifcorcio ,  che  ben  palela  lo  sforzo ,  che  fi  richiedeva  anco  in  un 
Giove ,  per  escludere  dal  capo ,  e  perciò  con  modo  al  tutto  inlolito ,  un  Feto ,  fin 
nel  nafcere>  bellicofo . 

10  £  quella  fi  è  appunto  MINERVA,  quella  che  da  Greci  chiamali,  c  Pai* 
ladc,  ed  Atena,  cfprclTa  dalla  feconda  delle  Figure  di  quello  Bronzo,  più  di 
tutte  fublime;  la  quale  fi  vede  fpuntare  dal  Capo  fedo  di  Giove,  colla- Celata 
in  tefta.d’ alto,  c  pennacchiuto  Cimiero  guernitu;  e  nel  rimanente  tutta  arma* 
ta  >ed  in  atto  di  crollar  i’  Afta  arreftata  nella  delira,  follevando  rotondo  Scudo 
colla  finiftra  ,  quafi  vibrandolo  (  e  perciò  da  Quinto  Calabro  fù  chiamata- 

,  cioè  Scutum  vibrans)  non  altrimente  che  fe  contro  d’alcunofufle 
adirata ,  come  la  rapprefentò  Luciano  nel  Dialogo  che  fcrifie  di  quello  aweni» 
mento,  e,  conefTo,  il  noftro  Benedetto  Lampridio  nell’ Antiftiofe  IL  della 
XXVII,  delle  fuc  Ode  Metropindariche ,  ove  la  deferive  nalcente , 
ili  a  flavum  cinSla  caput  galea  ^ 

Haftamque  movens ,  clypeumque 
Profiluit  gravido  de  vulnere  ^ 

Terrflcum  ore  fremens. 

Tremuit  tellus  parens  t 
Et  Iseum  illuflris  domus'. 

Il  che  fù  un* additarla  per  la  più  Ipiritoladi  tutta  la  Proledei  Tonante,  già  che, 
come  cantò  la  gentil  Mufa  di  Francefeo  Alfonfo  Donnoli ,  amico  Poeta . 

Figlie,  e  Figli  ebbe  Giove, 

Ma  di  tutti  piu  illudre,  e  più  vivace 
Minerva  fù ,  che  fol  dal  Capo  ei  fece, 

1 1  Ed  appunto  perche  nata  folo  dal  Capo,  e  non,  come  Bacco,  d’altra  parte 
di  Giove,  la  credettero!  Gentili  fola  trà  gli  altri  Dei  partecipe  dc’più  fegrcti 
Gonfigli  del  Padre,  &  operante  colla  di  lui  virtù,  e  facilità  medefima,  fcriven* 
done  Callimaco  il  vecchio  nell’  Inno  in  palladis  lavacra . 

aV  Kctriftvfft,  rlS'’  ìrTtAÈf  dg,'  irntitoif 

tlafS.de.  irei  fuì/ra  ^tv'e  rlyt  Zuya.7Ìpt»r 
A«Efr  tl^areJa,  rarpetta  rdfra  flptr^cu, 

AarpiX^oi,  (jiHTtip  t’ovTte  jt/et*  òéar . 

A’fxd  Alle  aopypd.  Atif  ad  Wiinóei 
£.''HTtlov  àea\ljae  oi  à  ^uydrvp, 

ò ,  come  traduCfe  Agnolo  Poliziano . 

e^dnuit  his  Pallas  diclis ,  quodque  adnuit  ilU 
Perficitur,  foli  lupptter  hoc  tribuit 
ÌTatarum  è  turba,  qua  fini  Patris  omnia  ferre, 

Lotrices ,  Mater  nulla  Deat»  peperit , 
f  r.c'i  imo  lavis  vertex,  vertex  lovis  omnia  nutu  ^ 

Perficit,  nata  prorfus  idem  licitum  eli,  . 

'AI  che  gentilmente  allule  Francefeo  Bolognetci  nel  fuo  Collante,  lib.  ii.  71, 
dicendo, eh’ elTa è  :  ^  > 

'  quella 


LIBRO  TERZO.  CAK  XXX,  31^ 

qùeiU  Dca  y  che  fttor  det  cape  Kfettai 
Ì.fJendo  gii  del  femmo  Padre  eterno  ^ 

Seco  partecipo  de  1'  infinita 

Sua  Previdenza y  e  fuo  Configlio  interno, 

12  Anzi  per  la  mcdellma  cagione  gli  Antichi  la  coftituirono  Dea  della  Sa¬ 
pienza,  delle  Scienze,  c  delle  Arti  :  inferendo  che  ogni  cognizione  dilcende 
dalla  Me  nteSuprcn:a,  e  che  la  vera  Sapienza  viene  folamcntt  da  Dio  :  e  forfi 
r  havevano  imparato  da  gli  Oracoli  del  vecchio  Teftainento ,  nc^quali  T  Eterna 
Sapienza  di  le  ftelTa  parlando,  atreftò  d*eflcr  ulcita  dalla  bocca  deli’ Altiffimc . 
Che  però  ebbi  a  dirne , 

E  queda  fu  la  vera  Pallai  l  Vero 

Giove  fu  quegli-,  ond’ c  che ,  fucr  che  loro. 

Non  altra  Deità  cape  il  penfiero  y 
Altra  Palla,  altro  Giove  io  non  adoro, 
edellatnedefima  potrebbe  intenderli  il  noftro  Caravaegilà  ,  dove  Invoca  Pal¬ 
lade  prelala  per  guida  nel  terzo  libro  dc’luoi  (agri  Falli ,  dicendo 

Tu  mihi  y  tUy  Pallas  y  virefque,  animumque  ministra y 
fola  e$  fummo  vertice  nata  lovis , 

1 3  Rapprelentandola  poi  di  tutto  punto  armata  ,chc  pur’ era  Portentum ,  ce* 
rebro  dtgnum  etiam  lovis,  fimboleggiorno  la  dilpoftezza  della  Sapienza,  lem» 
pre  pronta  per  difendere  non  che  le  fteffa ,  tutte  le  Scienze ,  e  l’ Arti ,  come  ac¬ 
cennò  il  noftro  Mulconio  Padre  ne  gl’  Inni  in  que’  veri! . 

T uque  fupremi  capite  erta  Panis , 

Divay  qua  teloy  &  clypeo  corufeans , 

Pr aliis  gaudes y  &  amica  Vatum 

Protegis  Artes. 

E  così  Tintefeil  dottilTmo  Co. Emanuel  Telauro, che  nella  fua  Filofofìa  Mora^ 
le  notò  a  quello  propofito ,  Simbolicamente ,  ma  faviamente  fu  dette  y  che  Mi¬ 
nerva  Dea  della  Sapienza  nacque  armata  ,  dal  cerebro  di  Giove  ,  Dal  cerebro  y 
perche  chi  hi  quella  parte  pm  pura,  e  più  ingegnofox  onde  Cameade ,  h  avendo  a. 
difputar  contro  gli  Stoici  y  purgava  il  cerebro  con  T  elleboro ,  Armata  y  perche 
r  altre  Scienze  fono  protette  y  e_  di  fife  dalla  Sapienza  ,  ma  la  Sapienza  e  fola, 
propugnatrice  di  fe  medefimat  e  finche  non  e  armata  d'  invincibili  dimofirazio- 
ni,  non  e  Sapienza.  Nè  molto  lì  Icoftò  da  quello  ler timento  il  virtuoiìffìmo 
P.  Angelico  Aprofio ,  il  quale  nella  Grilla)a  ,  Curiofitl  erudite  di  Scipio  Gla- 
reano ,  cercando  ^ual  fia  la  cagione  che  da  gli  antichi  Mitologi  Pallade  venga 
finta  armata ,  dopo  haverne  addotto  l’ opinione  di  Cornuto  ,  che  IcrilTe  ;  Fin¬ 
gunt  eam  armis  inJlruFlam ,  cf  armatam  defcendijfe  in  hane  lucem .  Indicat  au- 
ttm  hoc  figmentum,  quod  Prudentia  praparetur  ,  (fi  accingatur  etiam  ad  maxi., 
ma,  dr  difficiliima  negotia-,  e  quella  di  Natal  Confi,  che  lafc'iò  Icntto:  Nata 
efi  armata ,  quod  nunquam  inermis  eli  animus  Sapientis  ad  eventus  fortuna 
vel  confilo  ,  vel patientil  fuperandos ,  loggiunle.  A  me  parrebbe  di  aggiugne- 
re ,  che  fujfe  nata  armata  ,  per  darci  ad  intendere ,  che  fi  come  le  armi  fervono 
per  noHra  f carezza:  così  la  Sapienza  ,  in  quelle  figurata  ,  frva  per  affi  curai 
mento  del  Mondo  tutto .  E  che  fi  come  le  Cittì, prive  delle  armi  fono  efpefle  alle 
inv afoni  de  Nemici:  così  mancando  il  fapere ,  affiliti  dalle  fquadre  deS'  igno¬ 
ranza,  una  total  rovina  ne  fovraQafie,  E  ne  conferma  il  luo  parerei'  nv<  ’ità 
di  quello  Scoi  iafte  di  Pindaro,che  OiOXÒ.Hinc  ed  .quod  Poeta  Minervam  A<*V«»r 
appellent ,  hoc  ed  ,  populorum  fervatricem ,  quod  pr  ac  laris  Mufis ,  d"  Refipublica, 
humanarum  rerum  jUtus  conferventur .  Exime  Minervam  ex  hoc  Mundo  , 

D  d  2  '  tolle 


Dea^  della 
Sapiéza, del¬ 
ie  Sc>enze,e 
celi'  Atei . 
Cattar. 

Jmag.deSi 
Lt*  f.  mihi 
35S. 

Pareg.  dell* 
Equità  nel.^ 
la  Calta, 
fteolog  del 
Mamaili, 


£•  3*  9* 


Perche  ar« 
mat^  ? 
ìae.  Alt, 
Chibbtf  t.z', 
LyrK,  Od, 

14* 

lo.Thom'. 

Jl4ufc:,n. 

Hymn.y.x 


L.  17«  <'•^1 


Crilla  iSo 


Hemer. 
Iliaà.  s* 


Csrthar, 
tee.  ett. 


Giunone . 


3*^ 


M  V  $  B  Q  C  0  S  P  1  À  N  0 


■folle  litcras  i  &  liter atos  ex  hoc  terrarum  ambitu  ,  adime  huic  tiniver/i  centro 
liberalia  studia^  nonne  cunila  intercident  ^  ac  in  informe  quoddam  chaos  ruenti 
fecumque  omnis  boni  y  totius  honefli  ,  cunilarum  'virtutnrn  materiem  ,  ac  aecus 
trahent  i  Non  così  volle  intenderla  Gerardo  Dicco ,  che  dal  lerio  di  qut  Ilo  ai- 
gomento  cavò  una  ridicola,  ma  ingcgnofaconchiulìone,  fcriyendonc  a  Pietro 
Cicmeo  il  (cguente  Epigramma ,  regilìrato  pure  dal  Glareano .  ^ 

y^tis  furori  imbelles  oderunt  arma  C amoena: 

Grammatici  femper  ,  quis  furor  ?  Arma  colunt , 

Mercurius  mitis  y  cum  Phoebo  Bacchus  inermis 


Dicitur:  éP  Pallas  pro  loie  tela  gerit. 
Grammaticis  igitur  cur  ft  pax  nulla  requiris? 

Dicam  y  nec  falfus  forjltan  Augur  ero  . 

Hi  quoties  dolii  volunt  Monumenta  Maronis  y 
Fronte  libri  toties  Arma,  Virumquc  legunt 
Bella  per  ^Emathios  alibi:  nunc  Ordior  Arma; 

Fraternafquc  acies^  Magnanimumque  Ducem. 
^uod  (t  Graea  petant  y  occurrunt  Arma  ,  Necefque 
mUw»  init  pagina  prima  docet. 


Kyfrma  canunt  omnes  bellaci  carmine  Vates, 

Hifioricos  taceo  y  ,^uid  magis  arma  movet? 

Hinc  (  neque  decipior )  do^ijjlme  Petre ,  furentes 
Grammaticos  metuens  y  Aegida  Pallas  habet, 

14  E  quelle pajonmi  interpretazioni  migliori  di  quella,  che  ne  porta  Mar¬ 
ciano  in  dilpregio  delle  Donne ,  forìì  per  non  edere  troppo  loro  amico ,  dicen¬ 
do,  ederfi  finto ,  che  Minerva  nalccde  dal  Capo  di  Giove,  lenza  Madre ,  pti  in¬ 
dicare , che  le  donne  non  hanno  configlio,  nè  prudenza  alcuna  :  non  sòie  per 
inerire  al  detto  d’ Arinotele  nelle  Morali ,  cioè  chele  donne  non  hanno  buon 
eonfiglio .  Il  che ,  come  non  può  negarli  d’alcoue ,  così  non  deve  concederli  di 
tutte  :  e  ne  habbiamo  in  contrario  parecchi  elempi  del  nolli  p ,  e  de’Secoli  tral- 
corfi ,  apprelTo  diverfi  Scrittori  ,e  nel  noflro  Tratratodelle  Donne  Letterate  ;  e 
pel  Muleo  delle  PoctelTe;  e  quando  non  ci  fulTe  altra  autorità ,  non  larebbe  poco 
quella  deU'Ariollo,  che  non  (oIq  ^ttribuilce  loro  la  bontà  del  conligho,  tua 
eziandio  la  prellezza  cllemporanea  nel  proporlo  ,  cantandone . 

Spefo  i  configli  delle  Donne  fonq 

Meglio  improvifo  y  che  à  penfarvi  y  ufcitix 
che  quello  e  fpez.iale ,  e  proprio  dono 
T ra  tanti ,  e  tanti  lor  dal  Ciel  largiti , 

Anzi  quella  favola  mcclcfima  fà  mentir  Marziano,  lomininillrando  motivi  favo, 
revoli  per  Icdonnc, già  che  Minerva  pure,  che  Dea  della  Sapienza  vicn  detta, 
fu  Donna:  c  quella,  come  avvertì  il  P.  D.  Paolo  Botti  Teatino,  nollro  Cremo- 
nele,  nel'a  Donna  di  poche  parole,  cap.  VI.  riconofee  per  padre  il  cerebro ,  e  per 
madre  la  teli  a  di  Giove ,  accio  f appiano  le  Donne  ,  che  quanto  meno  faranno 
Doane  di  lingua,  faranno  iìimate  Donne  di  maggior  fenno ,  Ma  oflerviamu  le 
altre  figure  del  nollro  Bronzo. 

15  Perche  ad  un  Parto  così  prodigiofo  pareva  necelfario  l’ajuto  di  provide 
Olletrici,  eccovi  per  tal  rninillero  efpreffo  rinteryento  di  GlVNONE,  e  di 
VENERE.  Avvegnaché  dalla  terza  di  quelle  Imagini,  llantc  alla finiltra di 
Giove,  avvinta  le  chiome  di  largo  diadema,  Scornata  gli  orecchi  di  Gipjc  pen¬ 
denti  ,  &  ignuda  le  non  quanto  le  feende  dalla  Ipalla  delira  un  lungo  manto  fino 
a' piedi  I  che  fon  coturnati,  coprendoli  una  parte  dell’ omero  finillro,  lapprelen- 

tali 


L  l  R  0  T  E  R  Z  0,  CAP,  XXX,  517 


ìafijcomciqmidòacredere,  GfVNOVE,  iaforella  ,  e  Moglie  di  Giove,  la 
quale  forco  nome  di  Lucina ,  nofi  àltritncnte  che  Oianà,,con  cui  fù  talvolta  con- 
fufa  (  come  in  quella. vcrfò 

Nafcenti  Lucintt  fnxeji  eademque-  lìiAnA  td) 
venne  riputata  la  Dea'^utelare  de’  E^erperii ,  e  per  tale  invocata  da  Glicetia 
spprelTo  Terenzio >  condire  -  >  '  jn} 

Imo  Lue  in  A  fer  opem',s  .  ■ 

Stende  le  mani  ad  allevare  l’armata  Bambina,  quali  invitandola  a  difeendere 
nelle  fue  braccia ,  efprene  con  parcicolar  leggiadria ,  come  quelle,  che  da  Ome¬ 
ro,  il  qualeacialcuno  Diodà  un  membro  più  bello  de  gli  altri,  belle  t  sbianche 
lìngplarmenté  fon  dette ,  ove  da  lui  appellali 

ita  AtvcWXfMP  ìfpnl 
De  A  candidos  lacertos  habens  luno. 


Carthér. 
mihf  log. 
174.  17}- 
L  aroi.a  S, 
Ant.  Pae„ 
l,  4*  op»  41^*' 

Ttr.im 

Andr, 


Jiidd-  ài 


16  Per  VENERE  poi  s’inccnde  la  quarta  di  quelle  Figure,  che  da  tergore 

dalla  delira  aflifte  al  Nume  partoriente,  fimilmentccoronatadi  diadema, più  an>  Venete, 
gullo  però  di  quello  di  Giunone  ,  fo'rfì  per  clfere  di  Deità  a  quella  inferiore, 
quantunque  più  antica ,  come  quella  che  diceli  edere  nata  dalla  ipuma  del  Ma¬ 
re,  in  cui  Saturno  gettò  Peparti  vergognole  da  elfo  tagliate  a  Celo  fuo  Padre, 

Le  cinge  il  collo  vago  monile  di  grolle  perle,  in  legno  per  avventura,  che 
nacque  dal  Mare.  Quella  parimente,  come  il  Nipote,  veftita  d‘  ùn  drappo 
fcendentegli  dallà  (palla  liniftra  giù  per  ildorfo,  che  mezo  ignudo  fi  mira,e 
piovente  a  coprirla  dal  mezo  ingiù  ,Hende  colle  braccia  ignude  le  mani  aperte , 
ecircondail  pettodi  Giove,  quali  con  quell’ olficiolo  abbracciamento  lolle- 
nendolo nella  fatica  di  sì  maravigliofa produzione.  E,  come  ciò  non  ballalle 
per  additarla  la  Deade  gli  Amori ,  per  maggior  contralegno  le  le  vede  Icher- 
zar  dopo  le  fpalle  la  Colomba  alfegnatagli  dalle  favole  antiche , allo  krivcrc  di 
Furio  Publio  Fulgenzio  nel  Libro  li.  delle  lue  Mitologie:  la  quale  tenendo 
l’ali  follevate,  quali  dibattendole,  pola  co’piedi  (opra  il  più  alto ramulccllo 
d*  un  Frutice ,  che  replicato  pure  fi  vede  a’  piedi  di  Giunone ,  e  lembra  Mirto ,  fe 
più  tollo  non  è  Granato,  corno  gtudicòllo Ovidio  Montalbani  nella  Dendrolo¬ 
giadeli’ Aldrovaffdi,lib.  11.  cap.  VI.  citando  vi,  e  figurandovi  quello  Bronzo, 
c  [piegandolo  con  belle  applicazioni  Morali.  ’ 

17  Vedefi  in  quincoluogo effigiato  un  giovane  dibelloafpctto ,  nudo  ,  fc 

non  quanto  lo  circonda  sù  Tanche  un  drappo  modello ,  e  lo  calzano  gentili  co  Vulcano^ 
turni .  Sta  col  piè  deliro  sù’i  pianocalcatodaGiunone,e  da  Venere  ;  e  colfi- 
nillro  foUevato ,  quali  montalle  un  grado .  Pofa  col  cubito  manco  sù  la  colera 
alzata ,  reggendo  colla  mano  di  quel  braccio  una  bipenne ,  ò  fiali  accetta  da  due 
taglijcon  lungo  manico,  appoggiata  all’ omero  di  quel  laro,  dal  Montalbani 
creduto  uno  Strumento  Ginnaltico .  Alza ,  ed  incurva  l’ alto  braccio  in  maniera 
che  coir  ellremità  delle  ultime  tré  dita  fi  tocca  la  cima  del  capo ,  quali  forman¬ 
do  un’arco  alla  maraviglia,  che  loia  llar  come  attonito  del  prodigio,  di  cui  è 
fpettatore  :  le  forfi ,  come  intendente  del  lignificato  di  quel  Parto ,  non  atteg¬ 
gia  T  elprelTionc  di  quell’  apoftrofe  di  Prop  zio  a  Giove , 

Semina  curarum  de  capite  erta  tuo, 

18  II  Montalbani  la  giudicò  effigie  di  Mercurio,  ma  io,con  pace  ditant’ buo¬ 
no,  la  credo  più  toftodt  VVLCANO:  già  che  Vulcano,  e  non  Mercurio, 
come  leggeli  appreùo  i  Mitologi ,  fù  prefente  a  quel  Parto  si  flupendo;  anzi  vi 
cooperò  ftranaraentc,lpalancando a  Pallade T  ulcita dal  Capo  di  Giove,  col 
fenderglielo  con  un  gran  colpo  della  tagliente  lua  Scure  di  diamante,  cosi  da 
lui  medefimo  comtpandato,  come  fende  Luciano  nel  fppracicato  Dialogo» 

pd  3  etu 


#.  mihi  3f8i 
3^9- 

L  Lf^.  tn 
04  tnfcr. 

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tufirfkUi 
tiHm,  Ut 


Cérthar.  p. 

52.  388.389. 

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jffòrdt.  it» 
jt  P  %n 
prtne. 


Seeth.l.  j. 
mttr.6, 

Vulcano  a 
lutti  fuoco.. 
E, 

feed.  troie. 
3  ft  II- 
fhornut  Itb, 
de  nMt.deor, 


jfS  Si  y  s  e  0  C  0  s  p  I  A  N  0 

c  fu  efprsffo  da  Giovanni  Sanibuco  in  quefto  Epigramma.  , 

Pttlcams, findit  \uJfHS  caput  Altitonantis , 

^^0  latuit  menfes  Pallas  amica  decem, 
x^rits  proveniunt  alti  de  -fede  parentis  ^ 

Nafcitur  è  cerebro  quippe  Minerva  Dei. 

^el'acccnnò  il  noftio  Lampridio  nel  luogo  citato  diiopra»  notandovi . 

Nata  magno  e  vertice 
Pallas  t  dternoque  love. 

Partturo  Mulciber 

Vulcanius  ferro,  ac  chalyhum  ebditit  arte. 

Illa  ^avum  cincla  caput  galeat  0‘c,  comelopra, 

Ed  appunto  in  un  Simulacro  di  queito  Parto  ,  che,  allo  fcrivere  di  Paufania, 
conlervavafiin  Atene,  Vulcano, enon  Mercurio  y’cra  clprcHo,  cofpe  notò  il 
^  Cartari, che  hmilmentc  rapprelentóllo  in  Figura.  £  d'elio  ponno  intenderli 
quediverlì d'amica  Mula. 

ptpiuyil’  de ,  Keu  feufU^ifOtl 
IA»¥f uyrn  eé0tr  »!  dàirati 
Vt  agtde,  ai  hafia  decorano 
Vnigenam  coluere  Athena, 

19  Nèparmi  contrariaa  tale  opinione  la  giovinezza,  &  avvenenza  dell’af- 
petco  di  quella  Imagine,  ftimata  impropria  di  Vulcano,  come  quegli ,  eh’ è  lo- 
lito  ad  cflferc  elprello  nelle  Fucine  dell’  Etna ,  d’ età  molto  av  vanzata  (  c  perciò 
lovente  rapprelcntante  l’ in  verno)  tutto  Iquallido ,  ed  irto ,  affumicato ,  e  zop¬ 
po  .  Perche ,  le  quelle  orride  fattezze ,  che  pure  lignificano  belle  proprietà  del 
Fuoco  lottolunare  , convengono  al  luogo,  ed  all’eflercjzio,  in  cui  fingefi  im¬ 
piegato  :  c  quelle  leggiadre  s’ addattano  al  Ciclo ,  in  cui ,  chiamato  dal  Padre , 
collocòllo  il  Pittore  :  ed  al  miniltcrio  quivi  ingiuntogli  ;  non  potendoli  meglio 
indicare  il  vigore  d’ un  Nume  eletto  PercufTore  di  Giove,  che  col  proporlo  gio¬ 
vane,  e  ben  dilpofto  .  Al  che,  più  che  ad  altro,  forfihebbe  la  miia  l’ Artefice , 
che  figuròllo,  valendoli,  fino  in  quell’  Antichità , del  Privilegio dcH’Arte, che, 
come  la  Poetica,  permette  le  licenze,  quando  fiano  giudiziole.  Onde  correi! 
Frovcibio 

rnmmmm  mmmmm  _  PiPfortbus ,  atque  Poctis 
^^^idlibet  audendi  fempcr  fuit  aqua  potcHas  . 

Oltre  di  che  là  miglior  conlonanza  al  Icnlo  miltico  di  quella  Favola  la  difpo- 
llczzadi  Vulcano,  che  le  fattezze  da  altri  attribuitegli .  Perche,  come  Giove, 
col  partorir  Minerva  dal  capo ,  lapprelcnta  rhuomo  faggio,  che  coll’Intellet¬ 
to  el pone  alla  luce  Parti  d’eterna  gloria  ;  e  fe  Minerva  nàlcence  dal  cerebro  del 
Padre ,  che  veramente 

Edit  no.hile  germen, 

lignifica  l*  Induflria  ,  Figliuola  deirapplicazionc  mentale ,  che  inventò  tutte  le 
Arti  utili all’huomo:  così  Vulcano,  che  pure  èFigliuolodi  Giove,  efpreffo 
giovane,  e  dilpofto  ,fimbolcgoia  il  Fuoco  ,ch’è  il  più  agile  di  tutti  gli  Elemen¬ 
ti  , c  cagione  della  perfezzione  di  molte  Arti.  EpcrciòFornutoncfcnffc.  Ar* 
tes  Minerva,  atque  Vulcano  tributa:  Minerva  ,  propter  prudentiam ,  &  indu, 
ftriamx  Vulcano  ,  quia  prasiet  ignem,  quo  plurima  artes  perpetuntur  .  Ed  ap¬ 
punto  il  cooperar  di  Vulcano  alnalcimcnto  di  Miner  va,  elpi  ime  in  figura  l’aju. 
to,chele  Artitradilorofidanno.el’eflerne  nate  molte  per  opera  deli’ altre: 
ed  in  particolare  dinota  il  benefìcio,  che  dalle  Mecanichenfultà  alle  Liberali, 
c ,  non  che  a  quelle,  alle  Scienze  medefime  .  Cosi  Vulcano  là  conofccre  ch’egli 
è,  come  dille  il  Poeta,  qui 


319 


LIBRO  TERZO,  CAP.  XXX, 


«■"—  ■■  —  — i*  qui  fufcitet  Artes 

Ignotas  folers , 

Che  però  fù  finto  che  all’opera  di  lui  rìcorrelfcro  i  Numi  nelle  occorrenze  di 
qualchecofa  Mecanica,  Giove  pe’ Fulmini,  cquani*  altri,  òperfe,  ò  per  altri 
hebbero  genio  bellicpfo,  per  l’ armi  :  e  che  tra  l’ altre  cole ,  a  tutti  fabbricalTe  ì 
calzari  di  diamante,  cotne  racconta  Igino;  i  quali  /orli  vengono  lignificati  da  fAi, 
quclii.chcluronodal  Pittore efprelfi  nc’ piedi  delle  quattro  maggiori  Deità, 
figurare  in  quello  Difeo.  Eleperleludetteragioni,  &  autorità,  quell’ ultima 
Fi  gura  dinota  Vulcano,  fi  feorge  quanto  diflèntilTe  dalle  tradizioni  de’  Mitolo¬ 
gi  la  Mula  di  Gio.  Giovacchino  BockenhofFer  d' Argentina  in  quel  Poemetto 
Elegiaco ,  eh’  egli  fcrilTc  in  lode  di  Carlo  Patini ,  gran  Rilloratore  dell’  Antichi¬ 
tà  ,  premefio  al  Volume  delle  Medaglie  Imperiali  mediocri ,  e  minime  di  bron¬ 
zo  del  medefirao:  rapprelentandovi  quello  rpodo  di  partorire  trovato  dado* 
ve  per  fuppjire  alIaRerilìcà  della  Moglie  :  e  perciò  eìcludendone  Vulcano  (che 
pur  fu  figliuolo  di  Giunone)  comenon  anconato:  e  facendo  che  Giove  mede- 
fimo  da  le  fteifo  fi  percotefie  il  capo ,  per  mandare  in  luce  Minerva .  Conciofia- 
colache  così  feri  de. 

Ok  fteriletn  thalamum ,  vacuamque  propagine  fiirpen» 

/Ethereum  fingunt  ìngemuijje  lovem, 

Vxer  erat  Regina  Deùm  ì  non  illa  Marito 
Principio  peperit  pignora  chara  thori , 

Ne  tamen  exiguo  Superum  genus  omne  periret 
Tempore,  confulutt  luppiter  ipfe  Jihi, 

Percuffitque  caput  \  duro  hoc  difrumpitur  iila, 

E  cerebro  Pallas  protinus  orta  fuit. 

Et  galea  fulgebat  apex ,  clypeoque  corufeo 
Virgineum  Ii atim  muniit  illa  latus , 

Egregium  facinus,  non  indignumque  Tonante, 

^Hod  Bupuere  homines ,  quod  Jlupuere  Dii,  (jrcl 
2  0,  Storgonfi  a  lato  di  cialcheduna  delle  mentovate  quattro  Figure  maggio¬ 
ri  di  quello  Bronzo  alcuni  caratteri ,  i  quali ,  a  mio  credere ,  fono  il  più  ragguar¬ 
devole  de’ Monumenti  quivi  efprefiiu  e  foli  autenticano  quellqOifco per  anti¬ 
caglia  Tofeana  .  Perche  fono  particolari  dell’  antica  Etruria ,  e  ci  rapprefenta- 
no  alcuni  vocaboli  del  linguaggio  proprio  di  quella  Provincia  al  tempo  de’Lu- 
curaoni ,  perdutoli  affatto  dopò  che  Turrenio  ,l’ ultimo  fuo  Rè ,  confegnòlla  a* 
Romani  CCCCLX.  anni  dopò  l’edificazione  di  Roma.  Non  dubito  però  che 
non  lignifichino  i  Nomi  delle  Deità ,  preffo  le  cui  figure  furono  intagliati.  Ma 
quanto  è  facile  l’interprecarnc  il  lignificato,  palelandolo  i Ritratti  medefimi, 
altrettanto  è  difficile  l’ cfprimernc  il  vero  fuono ,  &  il  pefo .  Conciofiacofache 
quella  lingua  da  Romani ,  e  daGalli,che  per  più  Secoli  dominorno  quel  Paefe, 
fù  fuppreffa  in  maniera ,  che  nè  meno  tra  poRerì  Nazionali  ne  rimafe  vclligio; 
attcllando  Dionigi,  r  Alicarnalleo,  che  a’ fuoi  giorni  tra  gli  Arufpici  Tolcani 
nè  pur’unotrovòlli,  che  ne  hayefie  cognizione,  E  pure  quegli  erano  huomini 
di  molta  letteratura,  e  di  Angolare  dottrina;  e  da  elfi,  come  da  tanti  Oracoli , 
configlia  vali  Roma,  la  Reina  del  Mondo,  ne’  più  pericolofi  frangenti.  Onde 
con  gran  ragione  lene  vanta  la  Tofeana  medefima  in  quel  Panegirico cjel  P.  Si- 
gifmondo  Regolo  da  S.  Siivcrio ,  delle  Scuole  Pie,  foavilfimo  Cigno  dell’  Ar¬ 
no,  e  degno  rampollo  della  nobiliifima  Famiglia  de*  Coccapani,  ch'egli  inti¬ 
tolò  Regius ,  f  ve.  Ser^enifs.  ac  Reverendìfs.  Princeps  Leopoldus  ab  Etruria^ 

s.R.E.  Card.  Sacerdotio  initiatus ,  tnttoducendola  a  cantar  di  le  flella , 


Vft 


TU  16.C.4.J. 
Jt.  Legt  in 

//«/.  Ptttr. 

t' 


t,4,‘A,V.C, 
t2J).  p.ui. 


Ali.  Dend. 
^  2»  p*  Ó0<^. 


S  E  0  C  0  S  P  I  A  N  0 


Vifa  dia  felix  cum  fecula,  frifca  viderent 
j  stare  meas  olitn  Tufcis  Lucutnonibtis  arast 

ridere  venturis  neftro  fub  Arufpce  Roman*  » 

Illam  ì  Ó"  fatidicis  moderari  Legibus  orbem  t 
Vates  per  que  meos  cacas  inquirere  caufas^ 

Vel  cum  fulmineis  tremerent  Capitoli  a  flammis , 

Vel  formidarent  fubitam  delubra  ruinam. 

Cum  trifidi  caderent  atris  e  nubibus  ignes. 

Multaque  thuricremas  caderent  flmulacra  per  arasi 
Seu  baccharetur  dominam  fera  Pe/lis  in  Vrbem  > 

^jiidve  fibi  dirus  telluris  hiatibus  Orcus 
Pofceret,  infolitis  aut  fiderà  lucida  flammis. 

Cum  premerent  animos  atrts  minitantia  monHris. 
ai  Ma  fe  nè  meno  in  uno  Iftituto  d’huomini  di  tanto fapcre,  e  credito, 
com’  erano  gli  Arufpici,  potè  confervarfi  l’ Idioma  de’  loro  magg  ori,  egli  è  ben 
necedarioche  alta  ne  fullela  cagione  .  E  forfi  ciò  avvenne  per  non  enervi  Libri 
di  quella  lingua ,  ne’  quali  ella  poteiTc  cternarfì ,  come  quella  de  gli  Ebrei ,  de* 
Greci,  de’ Latini,  e  d’altre  Nazioni  erudite;  ò  perche  gli  antichi  Tofcani, 
quantunque  dediti  alle  Lettere,  &  in  particolare  a  gli  ftudii  della  Filofofia,  e 
della  Teologia,  come  notò  Diodoro  Siculo,  non  haveffero  coftumato  diicri- 
verne  V dumi ,  intenti  a  communicare  le  loro  dottrine  in  voce ,  e  non  in  iicritt >>; 
ò  pure  fe  lafciorno  qualche  memoria  letteraria  (  già  che  citanfene  alcune  da  Pli¬ 
nio  )  quelle ,  ò  non  ferbaronfi  ;  le  non  portate  in  latino ,  come  qualche  reliquia 
delle  loro  Leggi  tra  le  Decemvirali,  che  da’Giuridi  Latini  s’appellano  delle 
XII.  Tavole  ,  c  tra  effe  quella:  HETRVRIM  PRINCIPES  DISCIPLINAM  DO¬ 
CENTO;  ò  furono  in  tutto  didrutte da  gli  ftranieri,  cheli  lìgnoreggiorno,  lo:  li 
per  tema  che  la  gloria  de’  Tofeani  non  olcuraffe  la  loro .  Quindi  non  è  maravi¬ 
glia  chea  nollri  tempi  lìano  molto  rare  le  anticaglie  Tofeane,  e  tra  quelle  ra- 
rilTima  la  prelente. 

2  2  Contuttociò  non  fono  mancati  huomini  di  molte  lettere ,  c’  hanno  prete- 
fo  d’ intendere  i  caratteri  in  effa  Tavola  incili.  Felice  Ciatti  Minorità ,  che  men¬ 
tova  quello  Bronzo  nelle  lue  morie  di  Perugia  ,  afferendo  d’haver  trovaro  il 
modo  di  combinare  le  Lettere  Etrulche,  dice  d’haver  combinato  per  Dias  il 
nome elpreffo  dal  capo  di  Giove.  Non  proponendo  però  egli  quel  Icomorio 
di  leggere  tali  caratteri,  e  non  motivandone  ragione  alcuna,  dubito  che  non 
legga  anzi  a  capriccio, che  nò, e  con  principii  più  tollo  Greci ,  che  Tolchi ,  già 
che  i  Greci  Giove  appellano  isul.  Delle  altre  dizioni  poi  non  aie  fà  parola  .  Il 
Montalbani  nel  luogo  fopracitato,  in  \cczàiDias ,  legge  ANIL-,  e  dalla  fac¬ 
cia  diGiunone  DNAOi  apprcllo  Venere  ANLAO-,  e  lotto  il  braccio  deliro  di 
Mercuiio, com’egli  intende,  ò,  come  a  me  ferabra,  di  Vulcano,  MNALOES , 
La  qual  Iczzione,  quantunque  congetturale ,  parrai  affai  più  ragionevole,  che 
quella  del  Ciatti:  avvegnaché  fondata  sù  la  fimiglianza  che  quelli  caratteri 
tengono  con  gli  antichi  Latini,  e  Greci  majufcoli:  effendovene  alcuni,  che 
nulla  varianoda  Latini,  e  da  Greci,  come  A,  I,  M  ;  Scaltri, chenon  differilco» 
noie  non  nell’ cllcre  {travolti,  rapprefentando  volte  a  liniltra  quelle  lettere  E, 
D,L,N.  Cosila  ©  raflomiglia  un’O,  nonhavendodi più  che  ilpuntocen- 
tralc.  Dal  che  lì  può  far  congettura,  che  la  formadi  molti  de’ caratteri  Latini 
non  fia  che  una  riforma  de’ Tolcani:  c  che  i’ulo  di  quelli,  portato  pertuttoil 
Mondo,  habbia  nella  Tolcana  cagionato  il  difulo  di  quelli.  Anzi  è  verilìmilc 
che  molte  delle  ricchezze  della  Lingua  Latina  lìano  Ipoglie  illuftri  della  T olca 

diftruc- 


L  l  'B  K  0  T  E  \  Z  0,  CAP.  XXX,  jn 

di  brutta  ;  eiTendo  certo  che  i  Romani  convertirono  in  ufo  loro  le  migliori  delle 
cofe  virtuofede’Tolcani  ;  de’ quali  perciò  favellando  Diodoro  Sied  ano,  beh* 
be  a  dirne ,  imitati  poflmodum  Romani y  in  melius  cunifa  ad  fuam  Remtu^ 
blicam  tranftulere.  Alla  9  però ,  che  dai  Montalbani  jeggefiper  O,  io  non  ar» 
direi  di  levare  il  Tuono ,  &  il  pefo  della  lettera  Greca ,  che  rappre lenta  ;  potendo 
i  Tofeani  ha  verta  prela  da  Greci ,  che  vennero  in  Italia  dopo  la  Guerra  di  Troja, 
edendo  Hata  inventata  da  Palamede  in  quel  lungo  afsedio.  Onde  potrebbe  pro¬ 
nunziarli  DN4THy  ANLATH^  MNALTHES ,  Di  che  però  mi  rimetto  a  mi«« 
gliore  Indovino  :  già  che  (  come  notò  Bernardino  Baldi ,  Abbate  di  Guallalla , 
fin  nel  Titolo  di  quel  fuo  Trattato,  ch’egli  infcrilse  InTabulam  aneam  Eugubit 
in  Vmbrià  repertamy  lingua  veteri  Hetrufcà  perferiptamy  "Divinatio  y  cfùltam* 
pato  in  AuguHadel  1613,  in  4.)  non  è  altro,  che  giuocare  a  indovinare,  il  vo¬ 
ler  leggere,  dt  interpretare  pochi  caratteri  d’una  lingua  in  tutto  perdutali  da 
circa  venti  Secoli  addietro  :  Per  ravvivar  la  quale ,  nulla  può  fervir  1*  Alfabeto , 
per  Etrufeopropofto  dal  P, Iacopo  Bonaventura  Elpbruno  Scozzefe  dell’Or*? 
dine  de’ Minimi,  e  da  efso  publicato  in  una  gran  Tavola  d’  Alfabe  i>  pretelì 
delle  fettantadue  lingue;  avvegnaché  non  contenendo  alcuno  carattere  limile  s| 
quelli  di  quello  Difeo,  non  può  non  efserefuppQllQ,&  inventato  a  capriccio. 
Non  dubito  però  che ,  ove  non  giunfe  la  baldanza  di  quelli ,  non  lìa  per  arriva* 
re  l’intelligenza  di  miglior  Interprete,  che  farà  per  avventura  il  dottidimo  Pa¬ 
dre  Atanaho  Chirchero  dell’  lUuHrilTima ,  e  Religiolìlfìma  Compagnia  di  GIE« 
SV:  il  quale ,  lì  come  hà  faputo  cavar  dall’  oblìo  l’antichillìma  Lingua  Copri* 
ca  col  Libro  intitolato:  Prodromus  Coptus ,  in  quo  tum  Lingua  Copta  ,  fìve^ 
JEgjptiaca  y  quondam  Pharaonica^  origo  y  atas  yvicijfitudo  y  inclinatio ,  tum,  hiero» 
glyphica  Liter atura  indauratio y  nova  methodo  exhibetur ,  Roma  anno  1643.4, 
C  rellitoirla  in  quell’ altro, che  porta  il  titolo:  Lingua  Mgyptica  reFiituta  ,  qua 
Idiomatis  primavi  Mgyptiorum  pharaonici ,  vetuFiate  temporum  pene  collapfiy 
est  abiìrujts  Arabum  Monumentis  injlauratio  continetur .  Roma  anno  1643.  4, 
&  illultrarla  con  tanti  altri  eruditidìmi  Volumi ,  che  delle  più  allrufe  antichità 
Egizziache  hd  publicato  ;  onde,  paragonatolo  ad  Orapoliine ,  potè  dirne  ami¬ 
ca  Mula, 

■  ■■  ■  Memphiticas  adeo  >  Kirchere  y  Figuras 

Calles  y  ut  Fludits  cedat  Apollo  y  tuis , 

Così  mi  perfuado  lìa  per  ravvivare  la  morta  lingua  Tofeana  in  quell’opera,, 
che,  tra  le  molte  ch’egli  tiene  alPordine per  leS/ampe ,  porta l’ilcrizzionc : 
Iter  Hetrufeum  ,  quo  Hetruria  tum  prip:a  ,  tum  tempore  Reipublica  Romana  y 
tum  pofteray  origo  y /itus ,  natura  y  politica  y  catadropha  ,  monumenta  facre  prò» 
fana^  nec  non  natura  admiranda  y  triplici  ratiocinio  y  politico^phvficowgeographU 
co  deferibuntur  y  &  explanantur .  Nella  quale  egli  adduce  la  Figura  di  quello 
Difeo ,  e  la  fpiega ,  li  coni’  egli  m’avvila  con  fua  data  di  Roma  li  ap.  Marzo  dcl- 
r  annocortente  1675,  mollrando  la  dima  che  fidi  quella  bella  anricaglia  co* 
feguenti  periodi,  ^uod  vero  me  de  nefeio  qua  tabula  antiqutfsima  anet  difeiy 
(jr  Deorum  eclypisy  ér  charaFieribus  prifea  Hetruria  Itngu a  inarata  certiorem 
reddis  ;  equidem ,  ut  ingenue  fateor ,  non  memini  e\ufmodi  tabulam  aut  me  vi^ 
di/fe  y  aut  literis  clari/simi  Montalbani  quicquam  de  ea  indigitatum  mthi  fuif 
fe .  Vtique  magno  me  benjeficio  petitum  arbitratus  fuiffemy  f  taliy  fr  tam:  pretio» 
fo  antiquitatis  cimelio  potitus ,  in  ea  prò  tenuitate  ingenii  mei  exponenda ,  aut 
illuFlranda ,  operam  meam  conferre  valuifem  :  prafertim  cum  in  Opere  (cui  tU 
tulus  Iter  Hetrufeum  yVel  Vniverfalis  Hetruria  tripartita  Deferiptio)  valde  dif» 
fufus  firn  y  &  in  veterum  Hetrufeorum  liter atur*  eruderanda  curiofus ,  Magnum^ 


'M>.  Ltt  indi 
Chry forne  l. 
di(t.  122,0’ 
af.  Aldr.  iH 
Dendr.  l.  i, 
e.  f.f.fés. 


«13* 


'M  S  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 

J'af2e  dilio  Operi ^  ^  augtnentnm  ,  ornamentum  accidtfftt  ]am  adeò  dnJJdcra- 
tnm  dieta  T abula  veteris  fapientia  Jymbolum .  ^toniam  vero  in  j  Vir  an!tisf~- 
fimo  i  iHiits  modi  in  Dendrologico  eruditifsimi  Montalbani  Opere  l,  2.  c.  6.  con¬ 
ti  neri  mihi  innuijli^  Hatim^relicìis  omnibus , illud  defiderio  contuendi  ^  tandem 
repertum  ,  examinavi  ,  dr  egregie  ab  amico  illtiUratum  inveni  ;  haud  incon- 
grttum  effe  cenfui  idem  operi  meo  infertum  ,  pro  opella  mei  nonnullis  fcholiis , 
cum  utriufque  &  Tui,  dr  c  lar  if simi  Montalbani  honorifica  mentione  fadla  ili»- 
tirare ,  &c, 

23  L’ ufo  di  quefto  Difeo,  dal  Montalbani  fu  creduto  il  fervire  di  Patera  ne' 
Sacrifizii  de  gli  antichi  Tofcani .  11  che  può  concederli ,  quando  s’ intei-da  de’ 
Sacrifizii mortuali.  Ioperòoflervo,chcfervifle  di  Coperchio  d’ Vrna Sepol¬ 
crale,  come  da  principio  accennòflfi.  Perche,  come  ricavo  da  una  lettera  del 
Sig.  Francefeo  Maria  de  gli  Azzi ,  che  ne  fù  pofleflore ,  c  per  tale  viene  con  lode 
mentovato  dal  Ciacti  :  colla  quale  accompagnò  il  dono ,  ch’egli  ne  fece ,  al  Sig. 
Cavalier  Caltiglioni  (  da  cui ,  con  ella  lettera  fù  polcia  mandato  al  Sig.  Marchc- 
fe  Colpi  )  lotto  la  data  d’ Arezzo  1 6.  Gennajo  1 644.  fù  trovato  in  Arezzo ,  Cit¬ 
tà  dellaTolcana  ,eBaliaggiodelSig.Marchele,  nel  fondamento  dicertamu- 
raglia,  circa  l’anno  di  noftra  falute  1630.  lopra  un  Vaio  di  bronzo  ripienodi 
ceneri:  dentrodcl quale  v’ era  un’annellod’orofiniflìmo,  che  valle  circa  lire 
vinticinque  di  quella  moneta,  &  in  vece  di  gemma  racchiudeva  una  poizione 
di  cenere  da  gli  eruditi  creduta  quella  del  cuore  del  Defonto .  E  perche  quindi 
argomentòlTi,  che  quegli  luffe  un  gran  Perfonaggio,  e  per  avventura  uno  de’  Re¬ 
gi  della  Tolcana  ,fùvi  chi,  lenza  riflettcread  altro  giudicò  egli  effere  ftatoPor- 
lena  Rè  di  quella  Provincia,  lalciandone  quefto  dittico , 

K^d  Illudrif simum  Dominum  Marchionem  Cofpium 
de  Vrna  Porfenna  Operculo» 

Porfenna  ei neres  Vrna  pars  ifla  tigebat, 
t^Jferit  hac  mortem,  vivere  teque  facit» 

2  4  Che  quivi  però  non  luffe  l’ Avello  di  Porfena ,  lo  convince  l’ Iftoria ,  che 
Io  palela  lepolto  altrove ,  cioè  pretto  a  Chiulì,  Città  pure  della  Tolcana,  in  quel 
fuo  magnifico  Monumento  col  laberinto:  havendone  lafciato  Icntto  Varrone , 
in  un  frammento  che  leggiamo  appretto  Plinio.  Sepultus  eft  fub  vrbe  eludo,  in 
quo  loco  Monumentum  reliquit  lapide  quadrato.  E  perche  quefta  Fabbrica  fu 
latta  a  competenza  delle  più  inlìgni  di  tutto  il  Mondo, anzi ,  come  dice  Plinio  , 
ut  externorum  Regum  vanitas  quoque  ab  Italis  fuper aretur ,  non  fono  datrala- 
Iciarfi  le  altre  parole  di  Varrone  .  Singula  Utera,  foggiunge  egli  ,  pedum  lata, 
tricenum,  alta  quinquagenum-,  inque  baf  quadrata  intus  Labyrinthum  inextri. 
tabilem:  quo  fquis  improperet  f  ne  glomere  lini ,  exitum  invenire  nequeat .  Su¬ 
pra  id  quadratum  pyramides  dant  quinque ,  qtiatuor  in  angulis,  in  medio  una, 
in  imo  lata  pedum  feptuagenum  quinum,  alta  centumquinqiiagenum  :  ita  fall  i- 
giata ,  ut  in  fummo  orbis  anetis ,  dr  petafus  unus  omnibus  fit  impofttis  ,  ex  quo 
pendeant  excepta  catenis  tintinnabula ,  qua  vento  agitata  longe  fonitus  referant, 
ut  Dodona  olim  fadtum .  Supra  quem  orbem  quatuor  pyramides  infuptr  fngttlx 
txtant  alta  pedum  centenum»  Supra  quas  uno  folo  quinque  pyramides  ,  quarum 
altitudinem  pudet  adiicere.  Ma  queft’altczza  fù  elprella  da  Plinio  ,  eguale  a 
quelladitutia  l’Opera,  le  tale  pur  effer  poteva,  loggiungendo :  Tabula  (io 
leggerei  più  volontieri  Tabula  )  Hetrufea  tradunt ,  eandem  ftiijfe  quam  totius 
pperis . 

2  5  Ma  tornando  al  noftro  Difeo,  s’ egli ,  come  s’ è  provato,  non  fervi  di  Co¬ 
perchio  all’  Vrna  di  Porfena,  poc  è  ben  fcr  vire  a  coprire  le  ceneri  di  Perfonaggio 

/  non 


Hotn,  hymì 
fs  Afeli» 


Lee.  tifi 


LIBRO  TÈRZO.  CAP,  XXX. 

non  meno  illuftrc,  e  forfi  più  antico  di  quel  Rè>  s’egli  è  vero  che  limili  Co¬ 
perchi  di  bronzo  per  le  Vrne  Sepolcrali  lì  ufalTero  fin  quando  Enea  venne  in  Ita  JliytkelA.j, 
iia  ,come  notò  Natal  Conti ,  e  ne  habbiamo  il  rilcontro  appreflo  Virgilio,  nell’ 

Elequiedi  Mileno,dovclalciò  Icritto. 

Peftquam  colUpfi  cineres ,  0“  fiamma  quievit, 

Relliqtiias  vino,  ^  bibulam  lavere  favillam, 

Ojfaque  leSla  cado  iexit  Chor incus  aheno. 

Nel  qualJuogo  lotto  nome  di  Cado  di  bronzo  vien  lignificato  un  Coperchio 
d’ Vrna  Sepolcrale  limile  a  quello .  Ad  cmolazionc  del  quale  pare  che  fia  flato 
fatto  quel  Coperchio ,  parimente  di  bronzo ,  d’ Vrna  Sepolcrale ,  di  quello  pe¬ 
rò  minore,  che  figurato  fi  vede  ne  gli  Annali  di  Perugia  del  Ciatei.  Perche,  fe  Lee.eitl 
in  quello  v’  è  intagliato  il  Parto  di  Giove ,  che  lenza  Donna  concepì  Minerva  ; 
in  quello  effigiato  fi  mira  un  Parto^  che  Giunone  la  Moglie  di  Gio ve, fenz’ ope¬ 
ra  d’huomo,  emolando  il  Conforte  ( com’elTa  pure  altra  volta  lena’  opera 
d’huomo  partorì  Marte)  fé  nalcere dalla  Terra:  e  quelli  fu  Tifone,  quegli,  Carthar.  f, 
che  da  Platone  nel  Fedro  vien  chiamato  beftia  di  due  nature,  poiché  dal  mezo  *»*^*418» 
in  su  fembravahuomo ,  dal  mezo  in  giù  Serpente.  In  quello  però  del  Ciatti 
non  ci  fono  caratteri,  come  nel  nollro  :  i  quali  in  quello  fono  contrafegno  di 
maggiore  antichità .  Imperoche ,  come  offervò  anco  il  Conti ,  i  primi  Artefici , 
c  Pittori ,  non  rapprefentando  troppo  al  vivo  la  natura  delle  cofe ,  ch’elprimere 
volevano ,  per  lupplire  alla  r ozezza  dell’  Arte  nafeente ,  &  al  difetto  della  cola 
daellìnonaballanzaefprelfa,  apprelTo  le  Imagini  intagliavano  il  nome  della 
c«fa,  che  delinea  vano.  Et  appunto  le  Figure  del  noftro  bronzo  fono  propria¬ 
mente  delineate,  cioè  fatte  con  linee .  Della  qual  forte  di  Pittura  gli  Egizi!  fan¬ 
no  inventore  un  certo  loro  Filocle;  ed  i  Greci  un  Cleante  da  Corinto  j  quelli 
però  delincavano  con  i  colori .  I  primi  poi  che  praticallero  il  delineare  lenza  co¬ 
lori,  come  nel  nollro  bronzo,  per  relazione  di  Plinio,  furono  Ardice  da  Co¬ 
rinto,  e  Te  lefane  da  Sicione:  dalle  Patrie  de’  quali  tal  lavoro  fu  denominato 
Corintio ,  e  Sicionio  ;  ed  in  elfo  la  mancanza  de’  colori  introdulTe  la  neceflìtà  di 
notarci  nomi  apprelTo  le  cofe  dipinte,  fcrivendone  Plinio,  là  dove  della  Pittu- 
ra  favella  :  Inventam  linearem  dicunt  a  Philocle  Mgyptio  ,  vel  Cleanthe  Corin^ 
thio  .  Primi  exercuere  Ar dices  Corinthius  ,  ér  Telephanes  Sicyonius  fine  ullo 
etiamnum  colore  ,  jam  tamen  fp argenteo  lineas  intus.  Ideo  (jr  quos  pingerent, 
adferibere  inBitutum, 

26  Oltre  il  Ciatti,  il  Montalbani,  cd  il  Chirchero,  fcrilfe  di  quello  Difeo 
Sepolcrale  Tomaio  Bartolini  Danefc,  Medico,  &  Anatomico  famolilfimo:  il 
quale  coi  mezo  dei  Serenilfimo  Principe  ,  hora  Cardinale  Leopoldo  de’ Medi¬ 
ci  ne  ottenne  un’  efatiflimo  difegno  dal  Sig.  Marchefe  Colpi  (come  raccolgo  da 
una  lettera  di  S.  A.  S.  delli  1 3.  Novembre  x  660.  )  per  adornarne  il  fuo  Trattato 
de  Puerperio,  ha vendogli  indicato  la  fingolarità  di  quell’ Anticaglia  il  Sig. Gu¬ 
glielmo  Langio  fuo  Nazionale,  che  molto  tempo  prima  l’haveva  veduta  nella 
Galeria  del  Sig.  Marchefe.  Nel  qual  Trattato,  che  per  anco  non  hò  potutove- 
dere,  mi  figuro  quella  Tavola  notabilmente  illullrata,  efsendo  quel  Letterato 
d' Ingegno  veramente  Linceo ,  mentre  penetra  egualmente  nel  più  bujo  dell’an- 
tichicà ,  che  ne’  più  ofeuri  fecreti  della  Natura ,  come  dimoflrano  le  di  lui  Opere 
in  amendue  quelli  generi  di  dottrina  publicate ,  e  trà  le  Filologiche  parricolar- 
mente  il  di  lui  curiolilfimo  Trattato  veterum,  prafertim  Zfanoyum, 

(lampatoinHafaiadel  1647. 8.  e  le  .^efitoni  Nuzziali  date  in  luce  del  1670.  , 

etràleFilolofiche,  e  Mediche,  le  Anatomiche  :  per  le  quali  meritò  d’elscre 
dall’  Angelica  Penna  del  P,  Aprofio  canonizato  per  il  maggiore  Anatomico,  che  y 

fio, 


C/£/Ì4IIJ.I0 
var.  hifl. 

C.  IQ. 


3^4  MVSEOCOSVIANO 

JÌa  (lato  fift  qui  prodotto  dalla,  Natura  y  che  con  tanti  ritrovamenti  bavera  pian^ 
tate  le  Colonne  del  NON  VLVS  VLT RA  alla  Profefsione ,  In  propolito  diche 
nell’  Ateneo  Poetico  ,  ove  le  ne  favella  non  lolocome  di  Medico ,  ma  come  di 
Poeta  inligne  ,e  grand’  Encomiaftede’  Poeti  Medici , come  vedefi  dal  di  lui  Li¬ 
bro  de  Poeti f  Medtcisy  fovviemmi  d’haver  notato. 

T bontà  y  in  Re  Medica  plus  Coo  Lynceus  airgo. 

Et  magis  in  Numeris  y  quam  Plato  y  mellifluus: 

Nt  quoque  fcripfljfesy  te  confpicientihus  ipfe 
De  MEDICIS  poteras  EATIBVS  effe  LIBER. 

»7  Ma  le  non  hò  potuto  vedere  ciò  che  quel  grand  huomo  fcrifse  di  cosi 
bella  Anticaglia,  ne  meno  fia  già  mai  polìibilc,  che  io,  od  altri  in  avvenire  lo 
vegga.  Perche,  come  ricavo  dalle  Lettere  dellopramentovato  P.  Aprolìo,  in 
anatemi  dopo  Icritte  le  precedenti  cole,  quello  cruditiflìmo  Trattato  perì  nell’ 
incendio  della  Libreria  dell’ Autore ,  nei  quale  parimente  reftò  incenerito  il 
Cornelio  Cello  di  Giovanni  Rodio  ,&  altri  Manulcritti  degni  di  tutt’ altra  luce , 
che  di  quella  del  fuoco.  Nè  fù  poco  che  vi  rimanelsero,  il  Riftrettodi  tutta_ 
r  Opera ,  e  la  ferie  ,  e  titoli  de’capi ,  quello ,  perche  prima  che  s’ abbruggiafse  la 
Libreria  era  flato  publicato  in  Hafniadcl  1646.  con  tale  ifcrizzionc  Thom&Bar- 
ihalini  Cafp.  f.  Antiquitatum  veteris  Puerperii  Synopfls ,  operi  magno  pramifflay 
ccoftituilce  un  Libricciuolodi  non  più  che  34.  catte.  Quella,  e  quelli,  perche 
ferbatilì  trà  fogli  volanti  della  Biblioteca  dei  medefimo  P.Angclico:  il  quale, 
dopo  havermi  di  tutto  ciò  ragguagliato  in  data  del  primo  di  Maggio  dell’  anno 
corrente  1 675.  fupponendomi  di  tutt’  altro  talento ,  che  non  fono ,  m’ elortò  ad 
impiegarmi  nel  rifacimento  d’Opera  sì  nobile,  Icrivendomi.  J^uefla  farebbe 
una  fatica  degna  della  erudita  penna  di  V,  S.  e  lo  potrebbe  fare  Jenz^a  tema 
4'  incorrer  nota  di  plagiario  y  fpiegandofi  nell*  oc  cafone  di  fcr  ivere  ,  venutagli 
propoli  a  da  gli  amici ,  che  non  (affano  di  deplorare  i  ’  incendio  della  Libreria ,  e 
con  effa  di  qtiefto  Trattato.  E  mandandomene  a  tal  h'ne  gli  argomenti ,  chequi 
trafcrivo,acciò  s’ altri  di  miglior  nerbo  per  queita  imprcfa  volefle  applicarci, 
polla  più  facilmente  abbracciarla ,  loggiangc .  Onde  ter  maggiormente  muoverla 
non  po^o  afienermi  di  mandargli  gli  Argomenti  ài  tutto  il  Libro ,  che  mi  ritro¬ 
vo  tra  le  c  art  ac  eie  ;  e  quando  bifognajje  non  mi  fai  ebbe  di  feommodo  di  fcrive^ 
re  la  Sinopfl, 

Index  Capitum  de  Nativitate  Veternm . 

Cap.  I.  de  Puerperii  def derio  .  IL  de  Puerperarum  diata.  III.  de  Puerperarum 
privilegiis.  W  .de  Puerperarum  acitonihus.  V  .de  Puerperarum  habitu .  VI  de 
loco  Puerperii .  W\.  de  Cenet  a  Mana  ,  V\\\.  de  Poflversà  y  &  Prosa .  IX.  de  Eu¬ 
genia  y  0“  Fluonia.  \,de  Nixis  Diis.  XL  de  limone  Lucina.  XII.  de  Puerperio 
ipfo  y  &  Natali  Die.  XIII.  de  Infantum  lotione.  XIV.  de  Infantis  in  Terram 
depofltiane .  XV.  ^jiomodo  e  Terra  Infans  tolleretur?  XVI.  de  Infantum  expo- 
fitione.  XVII.  de  Infantum  Involucris.  XIIX.  de  Infantum  Cunis  .  XIX.  de 
Virgis  Natali  iis .  XX.  de  ObUetrice .  XXL  de  Nutrice .  XXII.  de  Genio  Nata- 
litio.  XXIII.  de  Diis  Natalitiis  reliquis  .  XXIV.  de  Ploratu  in  die  Natali, 
XXV.  de  Gratulatione  Natalitia  .  XXNL  de  Infantum  oblatione  .  XXVII.  dc_j 
Muneribus  Natalitiis .  XXVIII.  de  Lccìo  Puerpera.  XXlX.  de  Manuum  a  par¬ 
tu  ablutione,  XXX.  de  Ludr aliane  Natalitia,  XXXI-  de  Circumcifione  Infan» 
tum  .  XXXÌl.  de  Nominum  impofltione .  XXX\l\  de  AElis  Natalitiis .  XXXIV. 
de  Primogenitura .  XXXV.  de  Procuratione  Monjlrorum .  XXXVI.  Purifil 
catione  Puerpera ,  XXXWÌl.  de  Corona  Natalitia  .  XXX\  III  de  F afeino  In¬ 
fantum,  XXXÌX.  de  Infantum  Symptomatis ,  Xh.de  Infantum  Funeribus ,  XLI. 
df  Natali  tiis  Diebus  folemnibus .  Epi logus  .  Del- 


L  l  n  KO  TÈRZO.  CAP.  XXXt,  3 1 5 

DeUe  Lucerne  antiche  di  terra  cotta  ^  e  di  met allei 
Cap.  XXXU 

I  r  Vrne  delle  ceneri  coftumorno  gli  antichi  di  collocar  ne  gliAvelIi 

ancora  delle  Lucerne:  acciò  >  ardendo  ivi  lungo  tempo  «collo  fcac- 
darne  incelTantcmente  le  tenebre ,  duralTeroluminofl  indizi!  dell*  immortalità 
dell’anima ,  c  della  chiarezza  del  (angue,  ò  dell*  opere  di  chi  vi  giaceva  incene-  ’*** 

ritojcome  avverti  Fortunio  Liceto,  celebre  Filofcfo,  ed  Antiquario  del  noftro  L%ctt.  de  ^ 
Secolo,  che  ferine  un’ eruditiflimo  Volume  di  quello  argomento,  che  porta  il 
titolo  de  Lucernis  antiquorum  reconditis ^  libri  IF,  e  fù  (lampato  in  Venezia,  cìrrùt.  '&  t 
peni  Deuchino  MDCXXI.  10  4.  Ilqualepoiaccrefciuto  di  più  della  metà  fù 
riftampatoin  Vdine  MDCLII.inf.  IntrodufferoqueftaufanzagliEgizii,  eda  ce»1{'jeR.6. 
eflfil’apprefero  gli  Ebrei,  da’ quali  fi  trasfufe  a’ Gentili  Greci,  c  Latini  :  eda 
quelli  pafsò  ad  alcuni  Chrilliani  della  primitiva  Chiefa,  tra  quali  giunfead  Uumifmi 
acqu  ftar  vigore  di  rito  religiofot  collumandole  i  medefimi  non  tantum  ad  lui  Jmfer.p.i6t 
fnen  inducendum y  tenebrafque  pellendas y  come  notò  l’eruditilfimo  Patini,  fed  1 

Ó"  latitia  causa  y  qua  podmodum  in  religionem  verfa  ejl .  Vna  delle  quali  pen-  p.  234.*'^’^* 

10  che fuffe  quella  Lucerna  da  due  lucignoli,  chefùpolleduta  da  Bartolomeo  -^rtng.Romi 
Ambrofini,edaefforammemorata ,  e  propofta  in  figura  nel  Mufeo  Metallico 

dell*  Aldrovandi ,  coll’ Imagine  d’' un’  Angelo  (colpitovi  nel  coperchio,  per  *  *  * 
cootrafegno  della  Religione  del  Defunto . 

2  Erano  quelle  Lucerne,  ò  di  terra  cotta,  ò  di  metallo:  &in  effe  ardeva 
una  materia  (limata  di  si  lunga  durata ,  che  il  fuoco  appiccatole ,  per  quanto  di- 
moraffechiufo nelle  Tombe,  credevafi  non  mai  venir  meno.  In  prova  di  che 

molti  adducono  il  tellimonio  di  veduta  di  certuni ,  che ,  (cavando  la  terra ,  fi  (o-  Sartcl.Ritr. 
no  avvenuti  in  qualche  antico  Sepolcro  :  e ,  nell  'aprirlo ,  riferifeono d’ havervi 
(corto  il  lume ,  che  poi  mancò  fubito ,  fuffocato  dall’  aria  impro vifamente  colà 
entrata:  rimanendovi  il  fungo  del  lucignolo  ancor  fumante.  Di  che  adduce  (e 
medefimo  per  tellimonio  oculato  l’ Aldrovandi,  ollervatone  fin  da  fanciullo  il  ‘  ’  * 

calo  in  Bolog  >a  nell’  aprirli  un  Sepolcro  vicino  alla  Chiefa  di  S.  Giobbe .  Cosi 
al  dire  d’ uno  Storico,  (uccefie  nell’  invenzione  del  Sepolcro  di  Pallante,  Gigan¬ 
te  (coperto  in  Roma  al  tempo  d’Arrigo  II.  Imperatore  con  quello  Epitaiìo. 

HIC  lACET  PALLAS  FILIFS  EFANDRl,  ^EM  LANCEA  TFRNl  MI¬ 
LITIS  INTERFECIT ,  Così  afferma  il  Porta  edere  accaduto  nello  (coprirli  a*  Pcrtalte» 
funi  giorni  nell’ llola  di  Milita  il  Sepolcro  d’uno  antico  Romano;  c  cosìattella 

11  Panzirolieircreoccorfo  nellolcoprimentodella  Sepoltura  di  Tulliola  figlia  tir'et.derek 
di  Cicerone,  trovata  nel  Pontificato  di  Paolo  111.  Ecosi  narrai!  Mo(cardoo(> 
fervatoli  in  altri  Sepolcri  difforterrati  in  Elle,  &  altrove .  E  che  lo  llelfo  fiaavve- 

nuto  in  altricafi  limili  ne  fà  pur  fede  il  Licetò,  fé  ben  mi  ricordò,  nonhavendo  ^'3*2. 
bora  alle  mani  quel  Libro,  nè  elfendo  in  luogo  da  poterlo  vedere.  Dal  cho 
quelle  Lucerne  trafiero  il  nome  di  Lumi  Eterni  :  il  quale  però ,  quando  tutto 
ciò  fu  (e  vero,  più  che  alle  altre,  converrebbe  a  quelle,  che  non  perancofeo* 
perte,col  venire  alla  luce,  non  hanno  perduto^  propria  luce. 

3  Ma  quanto  più  al  chiaro  credefi  la  maravigfiofa  durevolezzadi  que*  Lumi 
fepolti ,  tanto  più  ali’ofcuro  giace  la  compoliziòne  dell’alimento  loro  inconfu- 
mabiie:  mentre,  per  quanta  1  uce  diffondefiero  ne  gli  Avetti.no  n’è  mai  penetrato 
un  piccolo  barlume  a  (coprirla  nelle  tenebre  dell’  antichità,  dalle  quali  fù  affor¬ 
za  quando  ne  cefsò  l’ ufo  :  nè,  per  quante  Lucerne  fianfi  fin’ bora  diffcpelite  ,hà 
mai  potuto  rinvenirfi.  Che  però  alle  congetture  fù  nccefiario  che  ricorrefiero 

Ec 


Ittrei.  l,  t, 
f.4. 


Xm,  cit. 


Wàrté  lec, 

€ft. 


jildr,  Mu/» 
f. 


liS  M  y  S  B  O  c  0  S  P  l  AH  0 

%egl’lngegni,  c’  hebbcro  curiofità  di  metterfene  in  traccia .  Credettero  alcu- 
**i,chequcfto  licore  fuffe  olio commuoc  miftocon  falercforfìnctraffcro  il  mo» 
*ivo,  da  gli  Egizii,  i  quali  non  folamente  furono  i  primi  ad  introdurre  le  Lucer¬ 
ne  ne’ Sepolcri  .macoftumorno  ancora  la  compofiatione  dcH’olio,  c  del  fale 
nelle  Lucerne,  c  particolarmente  nella  Feda  di  Minerva  Samitana:  che  con 
gran  concorfo  di  popolo,  ócaccenfione  di  Lucerne  piene  di  (ìmilcmateriafo- 
leva  celebrarli  non  foio  in  Sami  Città  dell’Egitto,  dov’era  il  famofo  Tempio 
di  quella  Deità ,  ma  eziandio  in  tutta  quella  vada  Provincia:  (crivendone  il 
Padre  delia  Greca  Idoria  Erodoto,  come  lo  fà  parlare  il  Padre  dell’Epopeja 
Tofeana  Matteo  Maria Bojardo, Conte  di  Scandiano  (da cui,  nonaltrimentc, 
che  da  Omero  .Virgilio  prefe  l’argomento,  &  il  meglio  delle  Idorie  dclfuo 
Poema  l’ Ariodo  )  che  quando  mila  Città  di  Sami  s' adunano  (  parla  della  copia 
de’foradierico  ocorrenriallafopramentovatafeda)  lanette  tutti  Hanno  fuori 
delle  mura  al  difeoperto ,  accendono  tante  Lucerne ,  eh'  c  tino  fiupert .  ^Jtejìe 
empiono  d  ’  olio ,  e  di  fale ,  con  molta  fi  oppa ,  e  fanno  le  ardere  tutta  la  notiti , 
Chiamafi  quefta  feBa  1'  accenfione  delle  Lucerne.  Coloro  ■,  che  a  quejlo  Sacrificio 
non  vanno ,  accendono  pero  tutti  quanti  le  Lucerne  nelle  fue  Città  a  cafa  fua ,  e 
faft  quefio  univer falmente  per  tutto  1'  Egitto ,  Dal  che  però  non  può  feguirne , 
che  l’olio  filato  fu(le  l’ alimento  delle  Lucerne  Sepolcrali:  perche  febeno 
queft’  olio  conferva  il  lume  il  doppio  tempo  di  quello  faccia  il  femplice ,  come 
pureattedailMofcardo;  nulladimeno  tal  durata  può  dirli  momentanea  in  ri¬ 
guardo  a  quella,  che  viene  predicata  de*  Lumi  Eterni.  Altri  fe  lo  perfuadono 
olio  di  fale  ;  ma  egli  è  da  riderfene  col  Porta ,  e  colla  Scuola  de’  Chimici  :  eden- 
do  certo.che  qued’olio  non  arde .  Taluni  Io  giudicòrno  olio  cavato  da  metalli; 
ma  queda  congettura  non  è  men  fallace  della  precedente,  effendo  del  tutto 
inetto  anco  qued*  olio  a  nutrire  il  fuoco ,  mentre  non  patiffe  accenfione .  Volle¬ 
ro  altri ,  che  fude  olio  cavato  dal  legno  del  Ginebro  :  affermandolo  non  facile  a 
confumarfi  dal  fuoco  :  già  che  i  carboni  fatti  dello  (leffo  legno,  accefi ,  e  fepolti 
nelle  ceneri caIdeèfama,checonfervinoil  fuoco  un’anno.  Ma  neanche  que¬ 
da  opinionefu(lìde,e(fendofalfoilfuppodo, giuda  le  prove  fatte  dell’olio,  c 
de’ carboni;  perche  quello  arde,  come  gli  altri  olii  di  legno;  e  quedi  coperti 
di  calde  ceneri  non  confervano  il  fuoco  ne  meno  un  giorno .  Non  pochi  de’ 
Chimici  dicono  tal  licore  edere  dato  una  certa  da  effi  appellata  Acqua  celejle  y 
fubìimata  con  gli  organi  Chimici ,  la  quale  da  Democrito ,  e  da  Mercurio  Trif- 
megido  fù  chiamata  Latice  Scitico.  Ma  non  perciò  ixifegnorno  edere  egli  altro 
che  un’edratto  Chimico.  Il  che  non  è  più  di  quanto  fe  ne  impara  dalla  memo¬ 
ria  ,  che  ce  ne  lafcip  Madìmo  Olibio  ,in  ccrt*  Vrna  da  edo  dedicata  a  Plutone ,  la 
quale  fù  trovata  neldidrettodi  Padova,  con  queda  Ifcrizzione. 
plutoni  facrtim  munus  ne  attingite  fures  5 
Ignotum  eli  vobis  hocy  quod  in  Vrna  latet. 

Namque  alimenta  gravi  claufit  digefla  labore 
Vafe  fiib  hoc  modico  Maximus  Olibius . 

K^dfit  facundo  cuflos  tibi  copia  cornu  y 
Ne  pretium  tanti  depereat  laticis. 

Conche  s’accennau  'altra  Vrna  minore, che fótroa  queda nafeondevafi, con 
lettere,  che  dicevano  M A XIMVS  MAXIMO  PLVTONI  Hoc  SACRVM  FECIT. 
Nella  quale  racchiufaodervòdì  una  Lucerna  piena  di  puridìmo  licore,  chefù 
creduto  haverla  confervata  accefa  molti  anni .  E  taluni  furono  di  penfiero ,  che 
quel  licore  fude  una  quintedenza  della  pietra  Amianto ,  e  che  d’eda  pietra  filata 
fudero  gli  doppini  di  quelle  Lucerne»  facendone  congettura  dall* infiammarli 

.  '  queda 


I 


LIBRO  TÈRZO.  CAP.  XXXI.  327 

quella  fenzaconfumarfi.  Onde  in  queiranrichità  la  cela  fatta  d’efla  piecrafer- 
viva ad  involgervi! Cadaveri, che s’abbruggiavano,  rimanendo  in  elfalc  ce¬ 
neri  del  Defonto  feparate  in  tutto  da  quelle  del  rogo .  La  qual  Sentenza ,  come 
più  delle  precedenti  plaufibile, così  potrebbe  feguir/ì,  quando  pure  fi  potelfe 
cavar’ olio  da  tal  pietra  ;  e  quello ,  come  la  pietra  medcfima ,  potefiìe  ardere  len¬ 
za  confumarfi  ;  ma  perche  il  filo ,  e  tela  dell’  Amianto  non  concepifle  il  fuoco  le 
non  v’  è  altra  materia  combullibile ,  che  ve  l’ introduca ,  e  l’ alimento ,  così  non 
apparifce  come  fenz’ altro  ajuto  bavelle  potuto  ardere  il  licore  dell’Amianto: 
e  quando  pure  havelTe  potuto  ardere  folitario ,  non  colla  come  per  tanti  Secoli 
ardendo  nulla  havelTe  perduto  della  fualoltanza.  Oltre  diche  non  s’ è  per  an¬ 
co,  ch’io  fappia,  trovato  chi  habbia cavato  olio  da  tal  pietra,  abile  ad  ardete 
nelle  Lucerne  ;  e  qnand’  anco  le  ne  fuffe  trovato  il  modo ,  la  difficoltà  d’ ellraer- 
lo  rhavrebberefocariffimo,  &  in  confeguénza  molto  più  raro  il  di  lui  ulodi 
quello  indica  la  moltiplicicà  delle  Lucerne  Sepolcrali ,  che  fi  trovano .  Altri  fi. 
naimentepù  pelati  nel  credere,  fi  sbrigano  da  tutte  quelle,  &  altre  limili  diffi¬ 
coltà  circa  la  materia  deli*  alimento  de’  Lumi  Sepolcrali ,  col  negarlo  eterno.  E 
veramente  hà  dell’ incredibile, che  diali, oliali  dato  naturalmente  un’olio,  di 
cui  poca  quantità ,  cape vole  in  una  Lucerna , fuffe  ballevole  a  nutrire  perpetua¬ 
mente  un  fuoco  :  parendo  ciò  non  più  vero ,  che  i  racconti  della  Vera  Illoria  di 
Luciano  ;  il  quale  pur  finle  la  Città  delle  Lucerne  ,  ma  la  collocò  nel  globo  del 
Sole ,  forfi  per  additarci ,  benché  Ateo ,  che  lolo  colalsù  devonfi  cercare  i  lumi 
inellinguibili. 

3  Io  per  tanto  con  quelli  mi  dò  a  credere ,  che  que’  Lumi  non  ardeffero  con¬ 
tinuamente,  ma  folo  per  qualche  tempo,  sì  perche  era  finito,  e  determinato 
l’ alimento  loro ,  come  perche  il  fuoco  s’ ellingue ,  fe  non  è  ventilato  dall’ aria . 

Noa  ferha.  il  fuo  fplendor  lume  rinchiufo . 

E  mi  conferma  in  quefto  parere  il  trovare  illituito  il  mantenimento  meftruo  de’ 
lumi  a  qualche  antico  Sepolcro.  Ed  è  celebre  in  quello  propolito  appreffoi 
Leggifti  queir  articolo  del  Teftamento  di  Mevia.  Saccus  fervus  meus ^  &  ■£’«- 
iychia  ,  ^  Irene  ancilldi  me  a  ,  omnes  fub  hac  conditione  liberi  funto  ,  ut  monu^ 
mento  meo  alternis  menjibus  Lucernam  accendant ,  éi‘  folemnia  mortis  peragant. 
Sopra  il  quale  articolo  fondòlfi  il  P.  Paolo  Aringhi ,  quando  nella  Roma  fotter¬ 
ranea  fcriffe .  In  Sepulcris  quoque  defunctorum  Lucerna  liatutis  quibufdarn_j 
temporibus  accendi  confueuerant,  E  quanto  a’ fuochi  veduti  nello  Icoprimcnio 
de  gli  antichi  Sepolcri,  che  fono  il  fondamento  principale  di  chi  (lima  eterni 
que’ lumi,  mi  perluado,  che  quelli  fuffero  efalazioni  pingui,  quali  appunto 
quelle ,  che  fi  vedono  alcuna  volta  ne’ cemeteri  de’  noftri  tempi  :  ò  che  fiano  re¬ 
liquie  dell’ alimento  di  que’ lumi,  rimallevi  dopo  effere  flati  eftinti  per  mancan¬ 
za  d’ aria ,  che  gii  ventilaffe  :  le  quali ,  per  effere  di  raillura  limile  a  quella  dell’ 
efalazioni  fulfuree,  e  perciò  facilmente  accendibili,  dopo  effere  Hate  per  molti 
Secoli  racchiufe ,  al  primo  fentir  dell’  aria  s’ accendano  in  maniera ,  che  fembra 
polcia ,  &  è  creduta  una  ellenfione  della  fiamma  fin’  allora  durata  quella ,  che 
potè  effere  non  altro ,  che  una  repentina  accenfione .  Di  che  fe  ne  fono  offervati 
efempi  notabili  nella  Chimica;  ed  il  Porta  ne  racconta  uoofingolareoccorfo 
ad  un  fuo  amico  :  ed  è  che ,  havendo  quelli  fatto  bollire  in  aceto  fortiffimo  del¬ 
la  Calcina ,  del  Tartaro ,  del  Litargiro ,  e  del  Cinabro ,  e  polcia  in  vaio  ben  co¬ 
perto  ,  è  lutato  confegnata  quella  materia  al  fuoco  veemente  d’ un’  ardentiffìma 
Fornace ,  dopo  ha  ver  vela  I  afeiato  a  fuo  piacere ,  cavatone  il  Vafo ,  e  lafciatolo 
poi  da  parte  alcuni  meli ,  volle  finalmente  vedere  ciò  che  ne  luffe  riufcito:  c,  nel- 
i’aprir  quel  vafo ,  vide ,  quali  per  non  più  vedere ,  ufcirne  una  fiamma ,  che  gli 

-  Ee  a  arie 


Lucian.  pai', 
versi. 


Càv.Teed. 
Od.  7.  y. 


Z.  Mavia 
44.  Dtg.  de 

Ttfl. 

Gnatber,  de 
luT.  man, 
l.z.  c.  ir. 
Rem.  fitbter. 
If.  r.  c.  18. 


L.  deSe 
Jmprtft, 
tmpr.  I4J, 
Scarabei, 
Caler.  Sfft 
tal.  c.  25. 
p.l2p. 


in  Aprofta» 
ttifrn  CT 
Tom  11.  Ut. 
bltoth.  Apri 
tfiFerd. 
Co/p. 


)z8  m  S  E  0  C  OS  PI  ANO 

arfe  le  ciglia  ,c  mancò  poco  che  non  racciecaffe.  Efc  la  maceria  in  quello  vafo 
per  ranci  meli  racchiufa,  nell’ introdurvifi  l’arias’accefe,  e  (vaporò  in  tanta 
fiamma,  perche  non  potrà  fare  il  (ìmilc  anco!’ alimento  delle  Lucerne  Scpol. 
crali ,  quantunque  per  maggior  tempo  (lato  racchiulo  ? 

4  Ma  quando  pure  fuffencceffario  il  concedere,  che  per  tanti  Secoli  (ì  fuffe 
confervaca  accefa  in  un  Sepolcro  una  Lucerna ,  crederei  con  Monfìgnor  Arefe , 
Vefeovo  di  Tortona ,  mio  Concittadino  (  come  nel  Libro  de  gli  Scrittori  Cre- 

r  monefi  dimoftro  )  (eguito  in  quello  anco  da  gli  eruditirtìmi  deferittori  del  Mu- 
feo  Setcaliano  età  non  j)ojpi  ej?ere  avvenuto  altronde ^che  da  gli  occulti  fpi.- 
ragli  della  Terra  ^  col  me^  de'  quali  fi  derivafie  la  materia  atta  a  mantenere  il 
fuoco  j  e  che  nell'  ili  e  fa  Lucerna  e  forz^a  che  fi  trovajfe  la  virtù  attraente  fro* 
perdonata ,  in  quella  maniera  che  molte  Montagne  dt  continuo  ardono  ,  e  man¬ 
dano  fiamme  in  alto  ,  non  mancando  mai  loro  il  pafcolo  ,  avvegnaché  fempre  fe 
ne  confumi, 

5  Di  (imili  Lucerne  molte  fe  ne  vedono  nel  noftroMufeo,editerra  cotta  ,c 
di  bronzo:  etra  le  prime,  che  furono  più  communi,  (ono  più  ragguardevoli 
quelle ,  accennate  dalla  gentil  Mula  di  Pietro  Andrea  Trincliieri  nobile  Poeta , 
&  Avvocato  di  Nizza  al  Varo,  nel  nonodillico  deirElcgiafcritta  al  Sig. Mar- 
chele  Colpi  lopra  quella  Galeria . 

^ternos  Lychnos.,  cana  myficria  Vefia , 

Omnigenum  rerum  prodigiale  decus. 

6  LVCERNA  SEPOLCRALE,  penllle,  di  terra  cotta,  lunga  oncie  5,  al¬ 
ta,  e  larga  tiè,  non  piana,  come  tutte  le  luffcguenti,  nel  coperchio,  ò  fiali  parte 
loprana ,  ma  rotondeggiante ,  col  ventrefimilmente  tumido  j  e  quello, e  quella, 
tutto  fcacchcggiato  di  Rombi  rilevati,  coll’ imprellione  d’un  circolo  cavo,  e 
d’un’ altro  eminente, aguifad’un’occhiocolla  pupilla.  Scherzo  gentililTimo 
dell’ Artefice,  che  in  ciò  la  dilTerenziò  da  quant’altre  me  ne  lono  capitate  alle 
mani.  Hà di  lopra  un’appendice  traforata,  che  lervì  per  appenderla,  come 
dimoili  a  la  Figura ,  che  qui  le  ne  porta . 


7  LVCERNA  sepolcrale,  fimiimentc  di  terra  cotta,  di  figura  roton- 
da  comprelTa ,  di  lette  deta  di  diametro  ;  nella  di  cui  parte  luperiore ,  che  mode¬ 
ratamente  è  (cavata ,  fono  (colpite  tré  figure  ledenti  :  delle  quali  quella  eh’  è  in 
mezo , coronata,  e  barbata,  colla  finiltra  appoggiata  ad  un’  afta,  rapprclenta  per 

avventu- 


L  in  no  T  E  \  TjO.  CAP.  XXXI. 

Avventura  Giove;  quella  da  man  fìnilìra»  cifigiata 

Con  gran  Corona  in  te^a^  onde  f ornigli* 

Di  tutti  i  Dei  l  '  incoronata  Madre . 
inentre  ferabra  coronata  di  Torri,  può  coagcttu.arfi  fatta  per  Berecintia;  e 
Taltra,  ch’è  legnalata  d’  una  cotona  più  baila,  elTendo  di  donna,  può  cre¬ 
derli  elprella  per  Giunone.  Tengono  nelle  mani  alcune  cole,  che  non  li 
dìAinguono,  elfendo  roHlìcchiate  dal  tempo  ,  che  le  conlu.na  i  marmi ,  e  i 
bronzi ,  molto  meno  perdona  alle  cole  più  fragili  «  come  quella  LucerniL.. 
Onde  merita  compatimento  il  Pittore,  le  non  hà  ben'elprctlo  coronate  tut« 
fc  0)eptovacc  lin»giai  nella  Tavola  qui  addotta. 


JSern  Tafs* 
Fterfd.C,io 
aS. 


8  LVCERNA  SEPOLCRALE, 
rotonda,  di  terra  cotta,  dipinta  rut¬ 
ta  di  nero,  con  fopra  il  coperchio 
elpreffavi  dijilievo  la  meza  figura 
anteriore  del  Pegafo  volante  fra  le 
nubi.  E  forfi  quello  vi  fù  figurato 
per  indizio  che  ’l  Defonto  ,  il  cui 
Sepolcro  lù  iliullrato  da  quella  Lu* 
cerna, era  Poeta,  c  tra’  Poeti  emi¬ 
nente:  fimboleggiando  il  volo  del 
Cavallo  Pegafeo  i  trafporti  de’  mi¬ 
gliori  Ingegni  Poetici.  Così  fpie- 
gò  il  Liceti  una  Lucerna  col  Pega- 
(o,  differente  da  quella  ;  feorgen- 


I’eet.{.6.de 

lue  ant, 
f.  52. 


£e  3 


dovili 


jjo  MVSBO  Compiano 

'“^■dovili  oltre  il  Pegafo  le  lettere  ael  fondo  TAELCii.  E  di  quelle  tueerne 
iimboliche  ne  figura  diverfe  il  Mofcardo, 

9  LVCERNA  sepolcrale,  grande  ,  di  terra  cotta  ^  nel  cui  coper¬ 
chio  fono  [colpiti  due  Cigni,  uno  per  parte,  ma  in  modo  che  il  deliro  hi 
il  capo  volto  verfo  il  lucignolo,  l’altro  v’hà  i  piedi.  Mi  dò  a  credere  che 
anco  quella  fulTe  così  [colpita ,  per  denotare  che  chi  giaceva  nel  Sepolcro, 
dove  trovòiTi,  era  Poeta,  efiendo  parimente  [imbolo  de’  Poeti  il  Cigno  ,  c 
per  tale  s’  adduce  dall’ Alciati  nell’Inlegna  gentilizia  ,  ò  fiali  più  tolto  Im- 
prc[a  de’  Poeti,  che  coftituitee  1’  Earblema  CLXXXIV,  a  cui  [otiolcjiffe , 

1  . 

Gentiles  (lypees  funi  qui  in  lovis  alite  geUent  t 

Sunt  quibus  aut  Serpens t  auf  Lee  ftgna  ferunto  ' 

Dira  fed  hac  fatum  fugiant  animalia  ceras ,  ( 

Do^aque  fuHimat  Stemmata  pulcher  Olor  .  j 

Hic  Phoebo  facer  y  ^  nostra  Regionis  alumnus  t 
Rex  olim  y  veteres  fervat  adhuc  titulos. 

Ma  eccone  qui  la  Figura  diligentemente  efprelTa  in  quella  Tavolai  ! 


IO  LVCERNA  SE. 
POLCRALE  mediocre, 
nel  cui  fondo  in  un  gi¬ 
ro  rotondo  della  gran¬ 
dezza  d’una  delle  più 
piccole  Medaglie  Impe¬ 
riali ,  fono  improntati  tré 
caratteri  majufcoli,  qua¬ 
li  giudico  gl’iniziali  del 
Prenome,  Nome, e  Co* 
gnome  del  Defonto,per 
cui  fù  fabbricata  quella 
Lucerna,  cioè  ^G.  C, 
come  nella  qui  effigiata-» 
fi  vede , 


3Si 


i  I  B  US  0  r  E  , HI  2  a.  cab,  xxxl 

II  LVCERNA  fimile,  ma- 
più  grande,  nel  cui  fondo  pari¬ 
mente  v’  è  notato  il  Nome  del 
Defonto  ,  con  quelle  lettere,  C. 

DESSI,  come  pure  nella  qui  ad« 
dotta  Tavola  figurata  fi  vede, 

iz  LVCERNA  SEPOLCRA¬ 
LE,  lunga,  nel  cui  fondo  fi  feor- 
gono  elprelfi  in  rilievo  altri  carat- 
teri  latini  antichi ,  che  dicono 
TORTIS.  I  quali  fe  non  fignifica* 
no  il  Nome  del  Defonto  ,  ò  non 
ne  accennano  la  Virtù  ,  come  di 
huomo  per  fortezza  fegnalato  ; 
certamente  denotano  quello  del- 
r Artefice,  come  indicano  altro 
Lucerne  con  tale  iferizzione,  of- 
fcrvate  anco  dal  Liceti  ,  che  no 
mentova  una, in  cui  vedevafi  elprelfa  nella  parte  fuperiore  una  teda  d’huo-  Df  recerd.^ 
mo  in  atto  di  piangere.  Della  cui  nota,  FORTIS  ,  non  addotta  però  la  fi- 
gura  di  tai  Lucerna,  ci  lafciò  fcritto;  ejfe  ■prof rium  nomen  Fabri  confiat  ex  ea  c.LXXXF'i 
cer/iffimà  con  ')eóIierà ,  qmniam  id  nofnen  pajftm  habetur  in  plurimis  Lucernis  , 
qua  ab  uno  Fabro  Lucernario  fa6l a  fuerunt  neceflarib. 

13  LVCERNA  SEPOLCRALE  ,  nel  cui  fondo  fi  legge  VERI.  Nome 

del  defonto,  nel  cui  Sepolcro  fù  ritrovata,  come  avvila  l'Aldrovandi  nel  j  ^  . 
Mufeo  Metallico,  dove  ne  figura  alcune.  hiii- 

14  LVCERNA  SEPOLCRALE,  di  terra  bigia  ,  che  s’ attacca  alla- 
lingua,  come  fuiTe  di  Bolo  ,  Fù  difiepellita  con  alcune  Navicelle  di  bron¬ 
zo . 

15  LVCERNA  SEPOLCRALE,  pure  di  terra  cotta,  della  grandezza 
della  precedente,  ma  fchietta  fenza  figure,  e  lenza  lettere. 

x6  Sei  altre  LVCERNE  SEPOLCRALI,  di  terra  cotta  ,  diverfe  ,  alcu¬ 
ne  rotonde,  altre  lunghe,  di  varie  grandezze,  e  figure, 

17  E  perche  ve  ne  hà  ,  come  fi  motivò  di  fopra  ,  anco  di  bronzo;  tra 
quefte  olìcrvo,  quanto  durevoli  per  la  materia  ,  ragguardevoli  per  la  figu¬ 
ra,  eh’  è  uno  sforzo  ftravagantilTimo  dell’  Arte,  le  due  luficguenti, 

18  LVCERNA  di  bronzo  con  tal  bizzarria  fabbricata  ,  che  rapprefenta 

una  Statua  humana  così  aggruppata  ,  che  ftando  colla  Ichiena  piantata  fo¬ 
pra  un  piededallo  di  bronzo,  figurante  al  naturale  un  piede  d’  Aquila,  c- 
prele  con  ambe  le  mani  le  cofee,  drizza  le  gambe  in  alto,  e  trà  quefte  con 
getto  ridicolo  caccia  la  tetta,  che  hà  faccia  di  giovane  sbarbato,  con  cape- 
gli  corti',  e  ricci,  e  la  bocca  fconciamente  aperta  in  atto  elprcflìvo  di  fo- 
verchia  fatica  nello  fcaricarfi,  che  moftra  di  fare,  il  ventre:  nella  cui  cavi¬ 
tà  infondevafi  1’  olio,  ufccndone  Io  ftuppino  per  la  bocca:  benché  poten¬ 
do  quefto  bronzo  fervire  ancora  di  Calamajo  ,  nel  cavo  del  ventre  poteva 
ferbarfi  l’ inchioftro,  in  quello  della  bocca  la  penna  ,  piantatavi  colla- 
fommità  dopo  fcritto  .  Siali  però,  ò  Calamajo,  ò  ,  come  più  tolto  a  me 
fembra  Lucerna  ;  la  bizzarria  della  fua  figura  efprime  forfi  qualche  cola  di 
più  del  fempiice  fcherzo  dell’  arte  .  Avvegnaché  può  rapprefentare  quella 
forte  di  fpafmo,ò  copvulfionefierilfima,  che  da  Greci  chiamali  f 


jj»  Uf'SBO.COSPtANO 

la  quale  sforza  a  piegar  nella  forma  di  quella  Statua  il  corpo  humano. 
Potrebbe  anco  elprimere  alcuno  de*  moti  ridicoli  di  certi  barbari  nelle  lo¬ 
ro  danze,  come  de’  popoli  della  Scithia  avvertì  Celio  Olcagni^i  ca^ 
tando. 

Intfleìcos  videas:  caput  urget  cruribus  ille. 

Hic  femur,  hic  turpes  occupat  ore  nates • 


Se  più  tollo,  come  può  congetturarli  dalla  capigliatura  corta  ,  e  crefpa  \  è 
dalla  groflezza  delle  labbra  di  tal  figura,  non  alludeffe  quel  bronzo  allo 
Ipettacolo,  che  di  le  fanno  nell’  Egitto  alcuni  Mori,  i  quali,  per  relazione 
del  Veslingio,  ellcndo  di  ligamenti  a  maraviglia  rilalTati,  piegano  le  mem¬ 
bra  per  ogni  verlo,  e  col  corpo  figurano,  quando  una  Nave,  c  quand’  al¬ 
tro,  che  loro  aggrada.  Il  che  fimilmente  ,  per  offervazione  del  medefimo, 
fanno  anco  certe  donne  venali  della  ftella  nazione  ,  le  quali  cinte  a  mezo 

■  "  di 


LIBRO  TERZO,  CAP,  XXXl.  333 

di  fottìi  velo,  c  nel  reftante  nude,  fogliono  per  1*  Ofterie  danzare  a  fuono 
di  Strumenti  Muficali,  aggruppando,  e  divincolando  in  varie  guife  ftrava- 
jantiifime  il  corpo.  Cbd  ie  dall’  Iftoria  antica  vogliamo  dedurre  qualche 
urne  per  quefta  Lucerna,  1’  habbiamo  in  quella  Legge  de  gli  Atenicfi,  che 
)un>va  gli  Adulteri  colla  pena  del  Rafanifmo,  potendoli  dire  di  queRa  Sta» 
ua  CIÒ  ,  che  fp  egando  1’  Epigramma  XV.  di  Catullo  ,  feriffe  il  Murerò, 
:ioè:  Alludit  ad  Sap flictum  ,  quo  plim.  Athenienfes  ajficiebam  f auferes  it^ 
\dulterio  defrehenfos\  eis  enim  de  filabant  nates  cinere  calido  ^  deinde  etiam  Ra^ 
'hanos  fragrandes  in  fodicem  immittebant.  Se  qui  però  fpecifica  ij  Murerò 
he  con  tal  pena  fi  caltigalfero  folamente  i  poveri  convinti  di  quel  delitto, 
0  noto,  eh’  ella  fulTe  commune  a  tutti  i  anzi  che  le  ceneri  calde  non  fi 
dopraffero  per  pelar  le  natiche  de  ’  Rei ,  ma  bensì  per  riftagnar  loro  il  fan. 
:uc  dopo  la  pena  foiferta  :  e  me  1’  infegna  lo  Scoliate  d  ’  Ariftpfanc  nelle 
Nebbie ,  citato  a  quello  propofito  anco  dal  Glareano  ,  dicendo  ,  conforme 
Ila  verfione  dell  ’  Hartungo:  Defrehenfis  Adulteris  mos  fuit  contumeliose  Ra~ 
hanos  in  annm  imf ingere  y  ^  ewulfs  filis  caltdum  cinerem  inffergere  ea  far. 
r  invulnera.  Nè  lolo  co’  Rafani  efeguivafi  la  Sentenza,  ma  talvolta  anco- 
*  co’  Mugili,  come  accenna  Catullo  nel  fopramentova?o  Epigramma  XV, 
on  que’  verfi , 


Afidoph', 
Neh.  aEl.f, 
Se  3«  Seip, 
Gtar  Grtll, 
19.  §.  3?- 

Hartitfig.  do 

eur.  i.e.i, 
^•2. 


Giuvenale . 


J^tòd  fi  te  mala  mensy  furor  que  vecors 
In  tantam  imfulerit  y  fceleUe  y  culfam^ 

Vt  noflrum  in/tdiis  cafut  lacejfas  y 
tum  te  mi  ferum ,  mah  que  fatiy 
^uem  attraófts  fedibus ,  fetente  forta^ 
Percurrent  Rafhanique  ,  Mugilefque , 

— —  —  neeat  hte  ferro  y  fecat  ille  cruentis 

Verberibus  y  quofdam  Machos  ,  éf  Mugilis  intrat. 


ISat.  19.' 
V.317. 


nzì  non  IoIq  gli  Adulteri  ,  ma  parimente  i  Rei  di  nefanda  libidine  fog« 
acevano  a  tal  pena,  come  fi  deduce  dal  lenlo  di  tutto  1’  Epigramma  fo- 
acitato  di  Catullo.  Quindi  è  che  quella  Lucerna  può  efptimere  un’ Adul¬ 
to,  o  un  Pederalla  già  condannato,  e  punito  ,  e  nello  fcorcio  medefimo 
verlar  langue  dalle  parti  offele  immediatamente  dopo  il  fupplizio,  mo- 
ando  infieme  nel  volto  i  legni  del  fiero  dolore  conleguente  a  tal  pena , 

)co  diverfamente  giudicò  in  fimil  cafo  anco  1’  Enciclopedico  L'yeti  :  il 
lale  nel  luo  Volume  delle  Lucerne  reeondite  de  gli  antiehi ,  figuratovi  un 
onzo  di  quella  invenzione  ,  e  per  avventura  del  medefimo  artefice  ,  già 
»ireduto  da  Giacomo  Pighetti  Patrizio  di  Bergamo  ,  lo  defcrilTe  in  guifa, 
e  non  mi  rincrelfe  di  regillrarne  qui  le  parole,  potendo  accrefeer  luce  al 
(Uro,  ed  autenticarne  le  congetture  addotte,  facendone  infieme  feorgere 
differenza,  che  anderò  accennando  a’  fuoi  luoghi,  dice  dunque.  Lucerna 
ex  are ,  nudum  corfus  humanum  refert ,  cafut  cafillis,  criffis  fr aditum  in-  ^  ^ 
duo  crura  furfum  elata  constringens  y  fedihus  ambobus  in  altum,  fufra  calva-  Lucern. 
tm  fublatis  :  incurvatur ,  (-r  fummo  nixu  faces  alvi  de f  onere  videtur  in  vaf-  74» 
ium  frominens.  (  quello  non  fi  vede  nella  nollra  )  ellychnii  flammulam^ 
bere  folitum  in  Lucerna,  quafi  non  excrementorum  amurcam  'y  fed  olenm  ho- 
'  fodice  de f  oneret  in  Lucerna  caveam  ,  magnum  egerendi  conatum  exfrimens 
vca ,  velut  in  damnor  e ,  nimis  h  tante .  In  utriufque  fedis  flant  a  fufina  media 

fora. 


3jl4  MVSEO  COSTI  A  Ì4Ò 

foramen  apertum  vifttur  (  nè  men  quefto  vi  fi  fcorgc  )  in  tòhiam  fendensi 
jtoH  quidem  per  quod  «leum  tn  Lucerna  cavitatem  infunderetur  ,  quia  nulluirta  ; 
eorum  foraminum  ,  ultra  mediant  tibiam  protenditur  ^  fed  arbitror  in  quod  i 
ntrunque  ferrei  y  vel  arei  emunctorii  crus  infigeretur  .  M  oleum  infundebatur  \ 
in  Lucernam  per  oris  hiantis  valde  patentem  meatum  .  Incertum  an  smago  vi-  i 
rum  Mthiopem  referat  y  an  mulierem ,  non  enim  oflentat  ulla  fexus  alicu]us  ini 
ditia  y  non  apparentibus  vinlibus  organis  (  i  quali  lono  parentiflimi  nella  no-; 
Ura  )  neque  muliebris  pudendi  myrto .  Capillorum  crifporum  brevitas  non  ar-  - 
guit  necejfarib  mafculumy  quia  foemina  Maura  capillitio  fìmiliùr  crifpo  ,  bre¬ 
vique  funty  ut  viri  regionis  torrida.  Pudenda  virilia  pofiunt  abtfe  ,  propter  ea 
quod  cadrati  fic  apud  barbaros  deformari  fapiffime  foleant ,  virilibus  totis  am¬ 
putatis  ab  radice  \  cum  cos  eunuchos  ad  cufiodiam  Vxorum  ftiarum  ponere  con- 
fleverint ,  nolunt  quid  in  eis  relinquere ,  quod  eas  ad  Hstprum  pellicere  .  folU- 
citareque  valeat  .  Sexus  autem  muliebris  delitefcere  facile  potefl ,  verfus  ,  ac 
imminens  iuferne , prominenti  vafttlo  e  clunibus  ,  Hu)ufcemodi  figuram  quum 
adfpexijfet  nuperrime  CL.  Veslingius  nofler  Anatomicus  ,  ipfi  valde  placuit 
ridiculum  ,  ac  elegans  Lucerna  fchema  ;  memoriamque  fub^ecit  hominis  ex 
fpafmo  emprofihotono  Grace  nuncupato  ,  prompte  figuram  illam  antrorfum  i 
incurvato  corpore  citra  lufum  violente  reprafent antis  .  Ad  ecit  infuper  ob- 
fervajfe  fe  pridem  apud  Mgyptios  Alexandria  Mthiopes  homines  ,  ob  miram 
ligamentorum  laxitatem  ,  re^eclo  in  cervicem  utroque  crure  ,  eodem  penitus 
modo  carinam  e  dorfo ,  atque  c  reliquo  corpore  cymbam  efifbrmafe ,  ^uin,  dr 
mulierculas  ex  eadem  natione  y  ut  libidinem  virorum  incenderent ,  tenui ffimo 
velo  ieclis  pudendis ,  ad  mufica  fonumy  atque  concentum  corpus  ita  ^gura- 
tum  per  orbem  in  tricliniis  permovere  confuevifife  .  Vt  )am  iììà  figura  de^ 
pravata  natura  leges  in  convulfioney  vel  artis  etiam  mimica  y  meretriciaque 
luftts  non  tranfeendat  ,  indic  et  que  penitus  artificis  ludibundam  imaginatio¬ 
nem .  Sed  quid  ni  dixero  Lucerna  fadiore  reprefentari  poenam  Mac  boriimi 
antiquam  ,  dr  pueros  turpiter  inclinantium  ,  quam  referunt  Arifiophanes  » 
Catullus  y  Itivenalis .  &  alii  veteres  Poeta  Satyrici  ?  drc.  Nofira  vero  Lucer¬ 
na  typus  reprefentat  adulterum ,  feu  Machum ,  vel  ante  primam  panam  fibi 
metuentem  ‘btilfuras  pilorum  y  adeeque  manibus  constringentem  clunes  y  atque 
quoquomodo  fubter fugientem  exponere  partes  obfcanas  ad  fupplicium  :  vel 
etiam  Hatim  poli  omnes  panas  dolentia  membra  conHringentem  ad  atroci¬ 
tatem  doloris  y  utcunque  temperandam  y  drc.  11  che  può  lervire  inlieme  di 
fpiegazione  della  fulleguente. 

19  LVCERNA  di  bronzo,  che  finge  Ia  Statua  d’un  Vecchio  ,  genu- 
fleffo  (opra  il  piedeftallo  ,  colla  tefta  china  sù  le  ginocchia  ,  c  le  biaccia., 
fiele  al  lungo  dei  dorfo  ,  &  i  piedi  congiuntamente  alzati  verfo  il  fondo  t 
della  fchiena,  &  uniti  in  maniera  ,  che  formano  una  cavità  grande  ,  per  la 
quale  fi  getta  1’  olio  in  quella  Lucerna  ,  e  n’  emerge  il  lucignolo.  Crede-  ; 
rei, che  amendue  havclìero  fervito  ne’  Sepolcri,  come  le  precedenti  di  ter-  1 
ra  cotta;  non  eflendovi  tra  gli  Eruditi  chi  non  fappia  elTere  parimente  fiate  I 
ufate  in  fimile  miniftero  quelle  di  bronzo.  Vna  delle  quali  con  figura  di  | 
Sirena,  c  perciò  parte  humana,  vedefi  effigiata  apprelTo  il  Patini  trà  le  Me-  i 
daghe  Imperiali,  coll’ agg  unta  di  quefie  parole.  Lucernas  tum  fiéìtlesy 
tum  aneas  fuis  monumentis  Mgyptios  recondidijje  y  nemo  non  novit,  b  pri-  . 
ma  di  quefti  propofero  i  difegni  d’  alcune  Lucerne  pur  di  bronzo  con  fi-  ; 
gure  humane  il  Liccti  nelle  Lucerne  antiche,  e  1’  Aringhi  nella  Koma_. 
focterranca  *  Altre,  ma  di  figura  ord.naria,  coll’appendice  però  d’  una 

Luna, 


L  ito  TERZO.  CAP.  XXXI.  33  f 

Luna^  0fnbolo  di  nobiltà ,  poaao  vedccfi  figurate  apprelTq»  U  MofcardQ  nd 
luo  Mufeo. 


so  Bella  fte/fa ,  ò  per  altro  fìmile  maceria  trovane  nel  Mufeo  àftre  Lu¬ 
cerne,  e  parti  loro,  per  antichità,  e  nobiltà  d’  artifizio  ragguardevoli,  le 
quali  non  devono  e0erc  lafciate  forco  fìlenzio  in  quefto  luogo  «  meritando 
d’  elTere  foggiunte  alle  precedenti,  fe  non  come  Sepolcrali,  come  antiche 
&  in  fuo  genere  non  meno  artifìziofe  di  quelle;  e  fono 

21  LVCERNA  di  bronzo,  il  cui  corpo  figura  una  mezaluna  ornata  di 
foglie  d’  Acanto,  fopra  la  quale  pofa  un’  Aquila  fimdtncntc  di  bronzo.' 
Softenta  il  tutto  un’  alto  piedediallo  pure  di  bronzo  ,  che  finifcc  in  crè  pie¬ 
di  moftruolì.  E  tutta  la  machina  è  aita  due  palmi .  Non  ardifco  d*  affer¬ 
marla  d*  antichità  Romana^  benché  la  figura  Reffa  di  Luna,  eh’  era  Embolo 
di  nob'lta  appreffo  gli  antichi  Romani,  poteffe  far  la  congettura  tale.  Non 
è  però  cofa  moderna;  e  la  fua  manifattura  tiene  affai  dell* antico,  V’  ag¬ 
giunge  poi  molto  di  pregio  i’  effer  dono  delia  riverita  mano  del  Screniffi- 
mo  Cardinal  Leopoldo  Medici. 

22  Due  LVCERNE  di  bronzo  in  figura  dì  Scarpe  Turchefche  ,  collaJ 

punta  lunghifEma  ,  curvata  fopra  il  colio  del  piede  ,  dalla  quale  pende  un 
fonaglio  •  Sopra  il  pertugio  del  lucignolo  v’  ha  una  Statua  di  Paggio  per 
ciafeheduna .  Tutta  la  fuperfizie  loro  è  intagliata  di  varii  Arabefchi .  La.- 
firuttura  delle  quali  non  è  invenzione  de’  Secoli  poRcrìori,  mentre  calzata 
di  fimill  Scarpe  flrane,  aguzze,  e  rivolte  all*  insù  adoravafi  in  Lanuvio  la 
Statua  dì  Giunone,  come  riferifee  Ciccane,  i.  de^Natura  Vcorum  ,  ove 
h  chiimn  nefande ,  '  “  '  '  . 

?3  Jfè 


J.  t-  f- 


Theed.Pttf. 
Od.  32.  29. 


MeruU , 
Santudr.  di 
Cremoftdt 
P.  II.  Ùtfe. 
1 1.  p.  197* 
Oldrad.còf. 
192> 

Cant.  I}. 
fi.  18. 19> 


M  y  s  B  0  [  0  s"p  ì  A  n  0 

33  Tré  LVCERNE  d’ottone,  tra  molti  circoli  equilibrate  nel  centro 
d’  altrettante  Sfere  ,  ò  Globi  dello  fteffo  metallo  ,  tutti  traforati  :  i  quali, 
oltre  che  per  ogni  foro  lafciano  libera  1’  ufeita  al  lume  ,  quando  v’  è  rac- 
chiiifo  ,  ponno  clTere  girati  per  ogni  verfo  ,  sù  per  quallìvoglia  piano  ,  o 
portarli  in  faccoccia  pieni,  &  accefì,  lenza  che  quel  lume  s’  cftingua,  ò  fe 
ne  fpanda  1’  olio,  che  l’ alimenta.  Sono  quelli  Globi  di  varie  grandezze, 
chi  lavorato  alla  Zimina ,  e  chi  khietto ,  come  pur  notòlfì  tra  gl’  Idrumenti 
Matematici  al  num.  27.  Di  limili  Lucerne  fà  menzione  Bartolomeo  Cre* 
feenzio  Romano  nella  Nautica  Mediterranea,  lib.II.  cap.  XI.  p.360. 

24  Coperchio  d*  una  Lucerna  antica  di  bronzo  ,  illoriato  gentilmente 
di  Figure  del  Vecchio  Teftamento ,  rapprefentanti  il  famofo  Giudizio  di 
Salomone ,  il  SapientilTimo  Rè  ,  che  giovanetto  ancora  li  vede  alTifo  nel 
Trono,  alTillito  dalle  guardie, con  quel  Soldato  avanti,  c*  hebbe  comman> 
damento  di  divider  vivo  il  Fanciullo  litigato:  la  di  cui  Madre  li  fà  avanti, 
&  impedifee  1*  elecuzione  di  quella  Sentenza,  rinunziando  il  Bambino  in¬ 
tiero  a  queir  altra,  che  ne  pretendeva  la  metà, già  che, come  cantò  il  Ca- 
valier  Teodoro. 

vfra  Genitrice 

Cenvien,  mentre  del  ver  trionfa  il  finto , 

Perdere  il  Piglio  pria ,  c  '  h  aver  lo  ejlinto . 

Del  qual  fatto  nel  Giudizio  eRremo  di  Toldo  Collantini  lì  leggono  i  fe- 
guenti  verli,  ove  di  Salomone  lì  favella. 

Quelli  ,  immaturo  ancor ,  ponji  a  l*  udita 
T>i  due  Donne  garrenti  in  dubbio  fatto  ^ 

Perche  tanto  la  Rea.,  quanto  r  Attrice 
Efier  vuol  4'  un  Bambin  Madre,  e  Nutrice l 
Ma  per  trar'  a  fuo  prò  si  occulta  gara 
Non  'e  di  lor  chi  teftimonio ,  ò  Tegno, 

O'  fcritt a  rechi,  ond'  ei  ricihieae,  in  chiara 
Voce  un  Coltel ,  quajì  commofo  4  /degno: 

E  datolo  a  Sadoc ,  con  quello  /para, 

Diffe,  r  ignoto,  e  litigato  pegno: 

Ma  viva  (  una  grido)  viva,  e  fa  fuo, 
cui  rifpofe  il  Re;  Pigliai,  eh' e  tuo, 

E  folto  quelle  Figure  v*  hà  un  fregio  d*  Armi  diverfe. 

aj  Coperchio  d'altra  Lucerna  antica  di  bronzo,  con  cfpreflovi  unJ 
Telchio  di  Medufa  alato,  altrettanto  terribile  per  1  ’  orridezza  del  fembian- 
te,  che  ammirabile  per  1’  clquilìtezza  dell’  artifizio  ,  con  cui  furono  rap- 
prefentati  gli  attorcigliamenti,  c  le  fpire  di  quegli  angui, che  le  Iculano  di 
capegli.  Non  li  può  efpriraere  a  ballanza  la  bellezza  di  quello  bronzo, 
di  cui  lì  fà  menzione  anco  tra  Balli  Rilievi  profani  del  Mulco,  nel  Lib.  IV, 
Cap.  XXVII.  num.  42. 

26  Dilegno  d’ una  Lucerna  antichillìma  di  bizzarrillìma  invenziono, 
eh*  è  in  mano  del  Sig.  Dottore  Santa  Sofìa  ,  Celebre  Medico  Padoano  ,  e 
Primario  a  Parma  in  quello  Studio. 

De' 


LIBRO  TE%ZO.  CAP.  XXXll  537 


De'  Marmi  Sepolcrali ,  con  IfcrìT^ìonì  ^ 
Cap,  XXXII. 


t  poi  eh’ erano  gli  Avelli,  con  emrovi  e  le  Vrne  delle  ceneri,  eie 

Lucerne  (delle qualis’ è  favellato  a  baftanza  ne’ due  precedenn Capi) 
t  talvolta  altri  Strumenti  ancora , come  Vali  Lagrimatorii  (  de’  quali  prima  che 
s’entri  in  quefto  Mufeo ,  fc  ne  vedono  alcuniin  quello  dell’Aldrovandi ,  per  cui 
fi  paffa,  venendo  a  quefto  )  e  cofe  limili:  coftumòflìda  taluni  il  fare  incidere 
inuno,  ò  più  lati  d’ elfi,  s’ erano  di  materia  loda,  cfopra  terra;  overo  in  qual¬ 
che  Laftradi  Marmo,  ò  d’ altra  pietra  dura,  che  vi  piantavano  appreffo  ,ò  lopra 
s’erano  (otterrà  :  qualche  Ifcrizzione  durevole,  che  palcfava  chi  eia  il  Defon- 
to,eirendovi  efpreiTo  il  di  lui  Nome,  e  fovente  quello  del  Padre,  e  d’altri  atti¬ 
nenti,  ò  amici,  l’Officio  efercitato,  e  l’età  eh’ era  viffuto:  come  moftrano  tan¬ 
te  Lapide  Sepolcrali ,  che  pafeono  la  curiolìtà  de  gli  eruditi  non  folo  ne’  Mulei , 
Kija  in  diverfi  altri  luoghi,  e  publici ,  e  privaci  ;  e  vedonfi  non  folo  nell’  Italia,  ma 
per  tutta  l’Europa,  trovate,  può  dirfi,  per  quanto  fi  ftefe  l’Imperio  de’ Roma¬ 
ni  .  Delle  quali  fe  ne  legge  un  grandiflimo  numero  appreffo  i  Raccoglitori  del¬ 
le  Memorie  antiche,  e  particolarmente  Iacopo  Mazochio,  che  ci  lafciò  Epi~ 
grammata  i  Jìve  Infcriptiones  antiquA  ,ch*egli  medefimo  ftampò  in  Roma 
del  1 5  2 1 .  in  f.  Pietro  Apiano ,  e  Bartolomeo  Amanzio ,  de’  quali  unitamente  cs 
fono  Infcriptiones  Sacrofan^ia  Vetabatis  ,  non  Romana  tantum  ,  fed  ér  iotius 
fere  Orbis,  Rampate  in  Ingolftadio del  1534.  inf.  Martino  Smezio,  di  cui  fi 
vedono  Infcriptiones  antiqua,  qua  paffim  per  Europam  reperiuntur ,  publicate 
in  Leiden  del  15  88.  inf.  &  altri ,  che  tutti,  co’  precedenti ,  furono  lafciati  ad¬ 
dietro  da  Giano  Grutero  in  quella  fempre  memorabile  Opera,  che  porta  il  ti¬ 
tolo  Infcriptiones  antiqua  totius  Orbis  Romani  ,  data  in  luce  in  Franefort  del 
idoj.  in  f. 

2  Non  fù  per  tanto  inutile  per  gli  Pofteri,  nè  vana  in  tutto  per  gli  Antichi  tal 
coftumanza.  Poiché  quellafù  un’Arte  di  fare, che  ,adifpetto  delia  Parca  ho¬ 
micida,  (opravi  veffero  a’ proprii  Funerali  gli  Eftinti .  E’  perciò  degna  d’ap- 
piaufo  quella  induftria ,  che  fù  cagione ,  che  tanti ,  e  tanti  de  gli  Antichi ,  i  quali 
per  altro  farebbono  affatto  incogniti,  vivano  oggi  nella  memoria  de’Pofteri, 
quanti  le  ne  trovano  mentovati  nelle  Lapide  Sepolcrali  fin’ bora  feoperte.  An¬ 
zi!’  onore,  che  in  quelle  fù  fatto  a’Mortijfù  un  Bene  veramente  diffufivo  dife 
flfcllo,  mentre  riufeì  di  non  minor  gloria  a’ Vivi,  che  Io  procurorno  a  qucllis 
effendofi  in  tal  modo  aflicuratidall’oblìaanco  i  nomi  di  coloro,  che  fecero  di¬ 
rizzare  alia  rimembranza  de’  loro  Defonti  que’  Monumenti .  Così  è  riufeito  a’ 
Soggetti  mentovati  ne’  due  fuffeguenti  Marmi  del  Mufeo ,  citati  da  Giovan  Ni¬ 
colò  Pafquaii  Aiidofi  Bolognefe  nel  fuo  Diario.  àpag.  dS.eyo. 

3  MARMO  SEPOLCRALE  quadro  oblongo,  ellendo  alto  tré  piedi,  e 
largo  quafi  la  metà  :  colla  cornice  della  fteffa  Pietra ,  efpreffa  nel  Profpetto  del 
Mufeo, che  s’hà  nel  principio  di  quefto  Volume.  Fù  dedicato  alla  Memoria 
dìLucio  Ajato  Frocuiejanoda  Domizia  Feliciffìma  fua  Moghc?  con  quefto 
lettere  intagliatevi. 

D.  M. 

L.  A  I  A  T  I 

PROCFLE 

lANI 

DOMITU 

F  F  f 


Jjg  M  y  S  E  0  C  0  s  P  l  A  N  0 

felicissima 

CONIVGI  bene 
MERENTI,  CEM 
^0  VIXIT 
ANNIS  IV, 

4  MARMO  SEPOLCRALE,  minoredcl  precedente,  fimilmente quadro, 
ma  largo  un  piede ,  e  mezo ,  &  alto  uno ,  Fù  pollo  al  Sepolcro  di  Cajo  Quinzio 
Gmniano  da’luoi  Genitori  con  quella  Ifcrizzione . 

D.  M. 

C,  ^INTIO  IV NI  A  NO 
C.  ^INTIVS  SALVIVS, 

ET  ^INTIA  GLTCONIS 
FIL,  DVLCISSIMO  FECER, 

5  E  COSÌ  riufcivaa  più  d’ un’ altro,  le  giungeva  a  noi  intiero  il  Marmo  Se¬ 
polcrale  d' un  Fanciullo  :  del  quale  v’hà  nei  Muleo  folo  quello  frammento ,  in 
cui  li  legge  da  un  lato 

J^VI  Vlx.  ANN,  V.  M.  II. . 

ET  SIBIf  POSTERIS,^ 

e  dair  altro 

-DVLCISSIMO  ^V.  A.  . 

D.  xxnx,  FECERVNT  FI  ..  . 

•  t  •  •  •  9  ^  • 

elTendofi  nel  refto  avvcrrato  di  lui  ciò,  che  d’un’  altro  Monumento  cantò  il 
Boldoni,  nella  caduta  de’ Longobardi,  C.  19, 8.  ciocche 
Sopra  quello  Sepolcro  in  Marmo  efpreJ?o 
Già  il  Nome  fh  ;  ma  da  I'  etade  ojfefa 
Perde  U  Pietra  ogni  fuo  fegno  imprej^o . 


1 


DEL 


339 


MVSEO  CÒSPIANO 

LIBRO  QVARTO 

In  cui  fi  deferì vono  le  Medaglie  antiche i  e  moderne,  Sc 
i  bafsi  rilievi  iacri,  e  profani  di  bronzo  ,  che  in 
efifo  Mufeo  fi  confcrvano. 

De^  *  utilità, ,  che  reca  lo  iiudio  loro  ^ 

Cap.  /. 

Sfendo  non  meno  Utile,  che  dilettevole  Io  Studio  deiriftoria, 
che  alla  veduta  de’ pofteri  mette  i  Secoli  trafeorfi,  e  con  gli 
efempli  di  quelli  gli  ammaeftra:  nonmengiovevolc,chc  va¬ 
ga  dovrà  confeflarfì  la  cognizione  delle  Medaglie,  che  fono 
:  ficuriflìmi  confronti  dell’Iftoria,  anzi  una  Iftoria  figurata»,, 
molto  più efatta della fcritta, mentre fupplifce  a  varii  difetti  di  quella, favel¬ 
lando  fovente ,  dov’ella  tace ,  e  proponendo  alla  Pofterità  non  folo  i  fatti  de  gli 
huominì  illuftri ,  mainfieme  le  loro  Imagini,  che  in  elle,  come  in  Ifpccchi  tan¬ 
to  più  ragguardevoli,  quanto  men  fragili,  poco  men  che  vive  fi  feorgono,  e 
più  dilettano  gli  occhi  figurate, chelamente  ,defcritte .  Per  lo  che  fù  dovuto 
rapplaufouniverfale,  con  cui  fù  ricevuta  dal  Mondo  l’ invenzione  di  coniar 
Medag! ie  :  riufeendo  molto  meglio  l’ eternarli  in  quello  modo  ne*  Metalli ,  che 
nelle  Tele,  ò  ne’ Marmi:  elTcndo  quella  maniera  affai  più  commoda,  per  la  fa¬ 
cilità  di  moltiplicare  lenza  alterazione  le  copie  d  un’originale:  e  non  men  fi- 
cura  per  la  durevolezza  della  materia;  la  quale,  benché  fepolta,  in  molti  luo¬ 
ghi  hà  delulo  la  voracità  del  tempo,  confervando  a  fuo  difpetto  i  Ritratti  natu¬ 
rali  de’ Perfonaggi  effigiati  in  effa;  dimodoché  riportandoli  da’ Sepolcri  alla 
luce ,  gli  efponc  ad  una  feconda  vita ,  che  godono  ne’  Mufei ,  dove  reca  non 
ordinario  diletto  il  vedere  clcrciti  intieri  di  Confoli  Romani ,  d’ Augufti ,  e  Ce¬ 
lati  ,  d i  Regi ,  e  Principi ,  e  Letterati  di verfi  Latini ,  e  Greci ,  e  d’altre  Nazioni , 
in  poco  lìto  neretti  a  gran  gloria  di  chi  gli  accolfe . 

Ff  2 


2  Nè 


( 


34® 


M  y  S  E  0  C  0  S  P  ì  A  N  0 


2  Nè  al  diletto  di  vagheggiarle  Imagini  de’ Grandi  nelle  Medaglie,  cedeJ 
punto  1’ utile,  che  da’ Kiverfi  loro  fi  cava  :  mentre  in  tutta  l’ erudizione  dcl- 
r  Antichità  nulla  v’hà  di  curiofo,  che  in  elfi  effigiato  non  veggafi:  nè  v’hà  pro- 
felfione  alcuna,  che  da’ medefimi  qualche  giovamento  non  tragga,  come  chi 
punto  ne  gufla, chiaramente  conofee.  Che  però  molto  plaufibilc  è  la  diligen¬ 
za  di  varii  Principi , e  Signori  per  raccogliere  quante  Medaglie  loro  è  polfibile  : 
come  ha  fatto  il  Signor  Marchefe  Ferdinando  ,  che  ne  hà  melloinfieme  tante 
d’ ogni  forte ,  che  oltre  il  riempirne  un  ben  grande  Scrittorio ,  fono  baftevoli  ad 
ornarne  copiofamente  le  pareti,  &  i  numerofi  Scaffali  del  Mufeo,  in  cui ,  feiba- 
torordinede’tcmpi,fonocosìdifpotte,cheinun  girar  d’occhio  ponno  ve- 
derfi  ,  e  facilmente  diftinguerfi .  Così  appefe  tengono  fofpefa  la  maraviglia  di 
chi  le  ofierva ,  per  efiere  Trofei  del  Tempo  vinto  da  Perfonaggi  in  elle  tfpreffi , 
foldifendendofi  con  quefti Scudi  :  tuttoché  paja  fentirne  altrimentc  la  Moral 
Mula  del  Sig.C.  A.  R.  che  riflettendo  fopra  quello  argomento,  cantò 

Schiera  d'  AuguHt ,  e  con  quai  bronzi  audace 
Scendi  in  Arena ,  a  guerreggiar  con  gli  anni? 

Cure  d'  eternità  fon  vani  affanni \ 

E  ogni  fortuna  al  fin  cadcy  e  fi  sface. 

^ttai  metalli  rapiti  al  fiero  Trace 

Predano  i  voftri  avan:!f  i  dì  Tir  anni  y 
E  fero  i  Itevi  y  e  rugginofi  vanni 
Ombre  a  la  Gloriay  e  ne  ofeurar  la  face. 

Così  fere  T  onor  di  tanti  fregi  ì 

E  il  tempo  rode  a  le  memorie  infefie 
Fulgidi  nomi  y  e  fìmulacri  egregi  i 
Ey  qual  barbaro  Atreo  y  menfe  funefte 

Ne  f piega  altrui  yfe  de  gl/  efiinti  Regi 
Così  ferba  a  terror  tronche  le  tede. 

E  perche  la  bellezza ,  e  confcrvazione  di  quelle  Medaglie  le  fà  comparir  degne 
di  particolarmemoria,e  la  liberalità  di  chi  ne  ornò  quello  Mufeo,  merita  che 
fi  fappia  quali  per  appunto  fiano  :  prendo  a  farne  individuai  menzione  in  que- 
fte  carte,  lenza  però  intraprenderne  la  fpiegazione  a  minuto,  sì  per  non  dif¬ 
fondermi  più  di  quello  permetta  una  luccinta  Deferizione,  come  perche  ne 
hanno  abbondantemente  trattato  trenta ,  c  più  dottiffimi  Scrittori ,  che  ne  com- 
pofero  groffi  Volumi ,  c  poi  la  maggior  parte  ne  portano  belliffime  figure  :  ba¬ 
llandomi  lolo  il  notare  fedelmente  la  diverfità  delle  Ilcrizzioni,  a  la  politura 
delle  Figure  ne’ Riverii ,  accioche  meglio  apparifea  la  varietà  de’  conii ,  e  la  dif¬ 
ferenza,  che  palla  trà  alcune  di  quelle,  &  altre  Medaglie, che,  Ipecificato  il 
lolo  Ri  verfo ,  potrebbero  crederli  tutte  d’ uno  impronto . 

Ma  furie  a  taluno  potrebbono  Icmbrar  poche ,  in  comparazione  d’ altre ,  che 
in  molto  maggior  numero  fi  trovano  in  diverfi  Mufei.  Che  però  non  vuò  Ja- 
feiar  d’  avvertire,  che  non  li  delcrivono  per  uno  Studio  intiero  di  quella  mate¬ 
ria  ,  ma  per  parte  di  Mufeo  :  raccolte ,  non  da  un  Principe ,  ò  da  più  Perfonag¬ 
gi  d’  una  Famiglia ,  &in  molti  anni, come  ne’ più  copioli  Mufei  è  accaduto;  ma 
da  un  folo  Cavaliere,  &  in  poco  tempo ,  non  per  tenerle ,  ma  per  donarle ,  len¬ 
za  alcuna  intenzione  ,che  s’havelTero  a  deferì  vere .  Ned’  è  così  facile  il  metter¬ 
ne  infie me  quantità  maggiore  ,fe  non  s’hà  l’ incontro  d’acquillarle  radunate  in 
altri  Mufei.  Quantunque  non  così  poche  fono  quelle,  che  non  fervano  di 
grand’efempiodellaliberalitàdelSig. Marchefe, degna  d’eflere,  quanto  am¬ 
mirata,  imitata .  Nè  parve  Icario  il  numero  loro  al  facondo  Trinchicri ,  il  quale 
nell’  Elegia, che  fenile  lopra  quello  Muleo,nc  cantò .  Piu- 


LIBRO  A  \  T  0,  CAP,  /.  341 

plurima  Cafareo  fignata  Numifmata  vultu  . 

Irradiant  variis  viva  fnetalla  modis . 

Singula  profequerer  i  mihi  Ji  fr  acor  dia  phabus 
Fortius  urgeret ,  f ostaque  verba  daret , 

Sarebbero  tuttavoJca  aitai  più  numerofe ,  e  forle  non  ne  mancherebbe  alcuna  al 
corapimenro  di  tutta  la  [erre  de  gì’  Imperatori  fino  ad  Eraclio ,  fe  quel  genio  ri¬ 
verente  ,  che  il  Sig.  Marchefe  profefla  a  diverfi  Signori  Grandi ,  che  fi  dilettano 
di  quella  materia ,  e  maffime  al  Serenifs.  Sig.  Principe  Card.  Leopoldo  de’  Me¬ 
dici  iuo  Padrone,  non  l'havefle  portato  a  contribuirne  loro  non  poche  delle 
più  rare,  tralcelte  per  fingolari  dagli  Antiquari  più  eruditi. 

Medaglie  Imperiali,  Cap,  II, 

I.  C sfare . 

>  CAESAR  DICTATOR.  TeftadiCefare  Laureata,  col  Lituodopo 
le  Ipalle,  infogna  propria  dell’ Augurato.  Hà  per  riverfo  le  tré  me¬ 
morabili  parole ,  colle  quali  Celare  fignificò  a  gli  amici  la  fua  preltillrma  vitto¬ 
ria  di  Farnace,  figliuolo  di  Mitridate, cioè 

in  una  Corona  di  Lauro.  3.  V’allufe  Gregorio  Ducchi ,  c.  3.  Scacch,' 
VIDI  I  ^7. cantando , 

VICI  /  \_Allor  che  Cefar  vinfe ,  e  venne  poi , 

E  vide  vinti  gl'  inimici  fuoi^ 

2  C.  CAESAR  DICT.  PERPETVO.  La fteffa Imagine. 

L.  BVCA.  Il  Caduceo  interfecato  da’ Falci,  la  Scure  ,  due  delire  congiunte  i 
&  un  globo  figurato pe ’l  Mondò.  3.  Adduce  quello  riverfo  Giacomo  B.eo, 
p.  E.  Halli  pure  in  argento, figuratodal  Vico  tra  le  Medaglie  diCefare,e  dal 
Goltzio,p.  1 83. 

3  DIVOS  IVLIVS.  Telia,  come  lopra,  mafenzaLituo. 

S.  C.  Figura  della  Salute  fedente  avanti  un’  Altare ,  fopra  cui  guizza  il  Serpente 

d’Efeuiapio. 

4  CAESAR  DIVI  F.  Telia  d’ Ottavio  addottato  da  Giulio  Celare  ;  ò  più 
tofto,  com’alcri  giudica, di  Cefarefigliuolo di  Giulio,  e  di  Cleopatra.  Figu-* 
rano  quella  Medaglia  Sebaftiano  Erizzo  p.  9^.  Fulvio  Orfini  p.122.  Monfig, 
Antonio  Agollini,  Dial.d.p.  195.0.2.  ilBieo  fopracitato,  p.  i  i.eFranccIco 
Angeloni ,  p  7.e  24. 

5  DIVI  IVLI.  Giulio  Laureato  ,  col  Lituo  a  tergo .  Ha  dall’altra  parte 
MAR.  VìC,  lettere  foctoferitte  ad  un  piedellallojò  altare,  fopra  cui  drizzato 
fi  vede  un  Simulacro  di  Marte  Vincitore,  come  fuonano  le  Indette  parole  abbre¬ 
viate:  davanti  al  quale  fi  mira  una  Figura  di  donna  fedente  con  un  Corno  di 
dovizia  nella  delira, &  una  Statucttaalata della  Vittoria  nella  finillra .  E* Me¬ 
daglia  d’argento;  il  di  cui  Riverfo  trovali  molto  diligentemente  figurato  ap^ 
preffo  il  Vico  tra  le  Medaglie  di  Cefare  al  num.  1^.  dove  però  egli  tralakia 
rilcrizzione  MAR.  VIC. 

11.  t^Hgufo". 

I  FMP.  DIVI  F.  PP.  Due  Telle,!’ una  d’ Augnilo  Laureata,  l’altra  d’ A- 
J.  grippa ,  rollrata ,  in  memoria  della  famofa  V ittoria  Navale  d’ Azzio ,  nel¬ 
la  quale  fù  Capitano  Generale  Agrippa .  in  onore  di  cui  furono  perciò  battute 
le  Medaglie,  che  fi  delcrivono  a  ballo  tra  quelle  de  gli  huomini  iliullri  Latini', 
antichi . 

COL.  NEM.  Vna  Palma ,  alla  quale  è  incatenato  uu  Crocodilo ,  pendendo  da 

Ff  3  un 


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ai  S  E  0  C  0  S  P  l  A  'N  0 


un  rannodi  quella  una  Corona,  come  d'alloro.  Medaglia  battuta  dalla  Colo¬ 
nia  Ncmaufienie,  una  delie  XIV.  Colonie  Romane  della  Gallia  Naibonenfe,  in 
memoria  dell’  Egitto  da  Ottavio  foggiogato .  La  figurano ,  e  /piegano  diligen¬ 
temente  l’Erizzo ,  p.  ic<5.  L’ Agoftini,DiaI.  3.P.99.  nu.6.&  altrove,  1’  An- 
geJoni  p.  24.  e’I  Vico  nelle  Medaglie  d’Augufto,al  num.42.  ma  quello  vi 
iralafcia  la  Corona appefa alla  Palma.  Il  Goitzio  ,  pag.  203.  e’I  Bico  p.  16. 
y’efprclTcro  non  una,  ma  due  Corone  da  quell’ Albero  pendenti . 

2  CAESAR . PONT.  MAX.  TcRad’Augufto  Laureato. 

ROM.  ET  AVG.  Vno  Edilìzio,  ò  Portico,  ò  più  tolto  Tempio  dedicato  a 
Roma,  &  ad  Augnilo, condue  colonnelaterali, (opra  cadauna  delle  quali  Ili 
r  Jinagine  alata  della  Vittoria  con  una  Corona  d’Alloro  nelle  mani,  cioè  ad  una 
nelladeftra,  all’altra  nella  lìnillra.  Con  quello  riverfo  fono  improntate  molte 
Medaglie  d’ Augnilo.  Con  tutto  ciò  quella,  che  figurali  dal  Goitzio  p.  213. 
hi  del  raro,  differendo  nell’llcrizzione  da  quella  che  figurali,  e  Ipiegafidall’ 
Erizzo ,  p.  1 76.  c  da  Carlo  Patini  tra  le  Medaglie  Imperiali  di  bronzo  ai  medio, 
ere,  e  minima  grandezza ,  p.  31.  enei  Teloro  delle  Medaglie  più  rat  e  d’oro,  e 
d’argento,  n.  i.  p,i  3.  c  dalle  altre  mentovate  da  Adolfo  Occone  p.30.  36.0  40. 
Col  medelimo  riverfo  fi  vedono  anco  delle  Medaglie  di  Tiberio,  due  delle 
quali  figuranfi  dall*  A  gollini  ,dial.9.  p.  25  3.  dall’  Angeloni  p.  25.  c  dal  Vico . 

3  IMP.  CAESAR  DIVI  F.  AVGVSTVS  IMF.  XX. 

PONTIF.  MAXIM.  TRIBVN.  FOT.  XXXIIII.  S.  C.  6.  Figurato  dal  Vico. 

4  FORTVNAE  AVGVSTI  S.C.  Imagine  della  Fortuna,  che  Uà  in  piedi, 
con  un  Cornucopia  nella  lìnillra,  una  verga  nella  delira,  con  cui  tocca  un 
Timone  da  Nave. 


5  . i  .  Telia  Laureata  d’Augullo. 

C.  CAESAR.  AVG.  . .  S.  C.  (forfiF.)  CCS.  Telia  di  Cajo  Celare  figliuo¬ 
lo  d’Augullo. 

6  DIVVS  AVGVSTVS  S.  C.  Augnilo  colla  Corona  radiata  .  3. 
CONSENSV  SENAT.  ET  EQ^  ORDIN.  P.  Q^R.  Statua  d' Augnilo  to- 
gata;ledente  [opra  un  Seggio,  col  globo,  limbolo  del  Mondo  ,  nella  lìnillra, 
&  un  ramo  d’ oliva  nella  delira ,  come  a  Pacificatore  del  Mondo .  Riverfo  figu¬ 
rato  dal  Vico, apprelToI’ Angeloni  p.  34.  e ’l Patini  tra  le  Imperiali  mediocri , e 
minime  f.  52.00. 3. 

7  DIVVS  AVGVSTVS  PATER.  Augullo Laureato. 

s.  /ci^s\  c-  Corona  di  Quercia  ,  lotto  cui  duplicato  fi  vede  il 

\  SER.  /  legno  del  Capricorno ,  Afcendente  di  Celare . 

8  Colia  Indetta  Ilcrizzione.  Augullo  Radiato. 

PROVIDENT.  Il  Tempio  di  Giano  tra  le  due  lettere  S.C.  18.  di  variiconii. 
Trovali  quello  riverfo  figurato  ne’  Dialoghi  dell’  Agollini ,  p.  57.  nu.  4.  &  ap- 
prelTo  Guglielmo  du  Choul ,  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani , 
tradotto  da  Gabriel  Simeoni  ,p.  67.nu.  3.  ilBieo,p.  i5.  ilVicone  gli  Augn¬ 
ili  ,rAngeloni ,  p.  24.  c  ’l  Patini ,  tra  le  Imperiali  mediocri  ,c  minime  ,£.52. 

9  IMP.  T.  VESP.  AVG.  REST.  S.  C.  Aquila  con  le  ali  dillcfe,  riguar¬ 
dando  il  Cielo,  c  tenendo  un  Fulmine  tra’ piedi.  Vico,  e  Patini,  loco  citato 
num.  5. 


IO  11  12  S.C. I 


Aquila  fopra  un  Globo ,  in  atto  di  levarli  a  volo  .Vico, 
e  Patini,  ivi,nu. 6. 


Fulmine  di  Giove.  Vico  Angeloni,  p.  24. 

C  Velia  fedente,  con  un’ alla  nella  delira,  Òc  una  patera 
nella finiftra.  Vico, dove lopra,  Angeloni,  p.  39.  Trium» 


LIBRO  ^  V  A  RT  0.  CAP.  II.  J4} 

Triumviri  Monetali  (otto  Augusto, 

15  CAESAR.  AVGVST.  PONT.  MAX.  TRIBVNIC.  FOT. 

P.  LVRIVS  AGRIPPA  IIIVIR  A.  A.  A.  F.F.  cioè  >  come  interpretano  Va¬ 
lerio  Probo,  Scaltri,  Trevir.  Auro,  Argento  Aere  T landa  Feriundo,  Figura¬ 
ta  daif  AngeJoni,p.  24. 

14  SEX  NONIVS  QVINCTILIANVS  IIIVIR  A.  A.  A.  F.F.  2.  E 
quefta ,  e  la  Scure  feguente  fono  differenti  da  quel  la ,  che  figura  I*  Orfini  p.  1 75. 

15  CAESAR  AVGVST.  PONT.  MAX.  TRIBVNIC.  POTEST. 

SEX.  NONIVS  OyiNCTIUAN.  1 

16  P.  LVRIVS  AGRIPPA  I 

17  C.  CASSIVS  CELER  ^IIIVIR  A.A. A.  F.F. S.C, 

18  M.  MAECILIVS  TVLLVS.  2.orf.p.i48.  \ 

19  M.  PACVIVS  OTHO.  2.  J 

20  CAESAR  AVGVSTVS  TRIBVNIC.  POTEST. 

L.  SVRDINVS  IIIVIR  A,  A.  A.  F.F.  S,C.  4.  differenti  da  una  fimile,  che 
figurai’ Orfini  tra  le  Famiglie  Romane ,  p.  172. 

Corone  Civiche  y  decretate  ad  AuguHo, 
ai  AVGVSTVS.  TRIBVNIC.  POTEST,  in  una  Corona  di  Quercia:  la 
quale  in  alcune  Medaglie  di  quella  Ifcrizzione  è  d*  Alloro ,  come  in  quella  di 
V.  Stolone  Trium  viro  Monetale,  figurato  dal  Patini  trà  le  Imperiali  mediocre, 
c  minime, f.  30. 

L.  SVRDINVS  IIIVIR  A. A. A.  F.F.  S.C. 

22  C.  CASSIVS  CELER  IIIVIR  A.  A.  A.  F.  F.  S.  C.  due  di  conio 
differente ,  Rivcrfo  figurato  appreflo  Guglielmo  Choul  nel  Libro  della  Religio¬ 
ne  de  gli  antichi  Romani ,  p.  1 1 9. 

23  OB  CIVIS  SERVATOS,  in  una  Corona  di  Quercia,  cui  circondano 
due  rami  di  Lauro. 

C.  PLOTIVS  RVFVS  IIIVIR  A. A. A.  F.F.  S.C.  Vcdefi figurato appref^ 
io  r  Orfini ,  p,  2 02 .  &  il  du  Choul  nel  luogo  citato ,  p.  1 2  o. 

24  DIVO  AVGVSTO  S.P.Q.R.  &  in  una  Corona  di  Quercia,  follenuta 
dal  legno  geminato  del  Capricorno,  OB  CIVES  SERVATOS. 

TI.  CAESAR  DIVI  AVG.  F.  AVGVST.  P.  M.  TR.  FOT.  XXXVIL 
S.  C.  AgoRini,  p.  I  i.num.  2.  Angeloni ,p.  39. 

III.  Tiberio  Figliuolo  addottivo  d'  Auguflo. 

I  Tni.  CAESAR.  AVG . Tetta  di  Tiberio  Laureata. 

1  PONTIFEX  TRIBVN.  POTESTATE  III.  S.  C. 

2  TI.  CAESAR  AVGVST.  F.  IMPERAT.  Corae  fopra. 

PONTIFEX  TRIBVN.  POTESTATE  XII.  S.  C. 

3  TI.  CAESAR  DIVI  AVG.  F.  AVGVST.  IMP. 

PONTIFEX  MAX.  TRIBVN.  POTEST.  XVII.  S.  C.  Vetta  fedente  coiu 
un’  atta  nella  finittra ,  &  una  patera  nella  delira . 

_4  1  1.  CAESAR  AVGVSTI  F.  IMPERATOR  V.  ROM.  ET  AVG. 
TempiOCondueVittorieftantifoprale  colonne  angolari:  &  alcune  palme,  c 
Corone  {colpite  nella  facciata  del  medefimo . 

5  TI.  CAESAR  DIVI  AVG.  F.  AVGVST.  IMP.  VII. 

PONTIF.  MAXIM.  TRIBVN.  POTEST.  XVII.  S.C.  Vetta  fedente,  co¬ 
me  nella  precedente .  Riverfo  figurato  dal  Vico . 

6  TI.  CAESAR  DIVI  AVG.  F.  AVG.  P.  M.  TR.  FOT.  XXIIII. 
IVSTITIA.  Tetta  da  taluni  giudicata  di  Livia,  fotto  fembianza  della  Giufti- 
2ia.  Trovafifigurataapprettof  Agoftinidial.  2.p.45.n.  i.  il  Vico  nelle  Don- 


344  m  V  S  B  O  C  O  S  P  I  A  n  0 

ne  Augufte  p.  36.  ildu  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani, 
p.  r  lé.  il  Bico,  p.  17.  r  xAngelonip.  sp.e  ’l  Patini  tra  le  Imperiali,  f.  65.00.  i. 
dove  però  nulla  motiva ,  che  quefta  lìa  1’  Imagine  di  Livia . 

7  SALVS  PVBLICA.  Imagine,  come  pur  giudicali  da  molti,  di  Livia» 
ma  per  vera  effìgie  della  falute  publica  propofta  dall’Agoftini  dial.  2.  p.  74. 
nu.  4.  e  dal  Patini  loc.  cir.  e  da  altri . 

8  TI.  CAESAR  DIVI  AVG.  AVGVST.  IMP.  Vili. 

PONTIF.  MAXIM.  TRIBVN.  POTEST.  X'XIllI.  S.  C.  3.  Vico. 

9  CIVITATIBVS  ASIAE  RESTITVTIS.  Verta  fedente  con  la  patera 
nella  delira ,  e  T  alta  nella  finiftra , come  fopra .  Medaglia  battuta  per  la  riftora- 
zionc  delle  fette  Città  dell’  Alia ,  rovinare  dal  terremoto ,  come  nota  il  Patini , 
che  figura ,  e  fpiega  quello  riverfo  nel  fuo  Teforo  delle  Medaglie ,  p.  1 40.  i’  ad¬ 
duce  pur  l’ Angeloni ,  p.  39. 

10  TI.  CAESAR  DIVI  AVG.  F.  AVG.  P.  M.  TR.  POI.  XXXVI.  S.  C. 
DIVO  AVG.VSTO  S.  P.  Q^R.  Carro  trionfale  tirato  da  quattro  Elefanti. 

1 1  TI.  CAESAR  DIVI  AVG.  F.  AVGVST.  P.  M.TR.  POT.  XXXVIl.  S.C. 

DIVO  AVGVSTO  S.  P.  Q.  R.  &  in  una  Corona  di  Quercia,  fortenuta  dal  le¬ 
gno  geminato  del  Capricorno,  OB  CIVES  SERVATOS.  2.  Agoftini  p.ii. 
n.  2.  Angeloni  p.  39.  .  ; 

12  Tl.  CAESAR  DIVI  AVG.  F.  AVGVST.  IMP. 

PONTIF.  MAX.  TR.  POT.  XXXIIX.  S.  C.  Globo  con  un  Timone.  Vico. 

13  TI.  CAESAR  DIVI  AVG.  F.  AVGVST.  IMP.  Vili. 

PONTIF.  MAX.  TR.  POT.  XXXIIX.  S.  C.  Vn  Fulmine. 

14  Lamcdefimallcrizzicnedaogniparte.conun  Caduceo  nel  riverfo,  tra 
le  due  lettere  S.C.  3.  Figurato  dal  Mofeardi  1.  i.Muf.  c.  14.  p.  26.  c  dall’ An¬ 
geloni  p.  39. 

15  Tl.  CAESAR.  DIVI  AVG.  F.  AVGVSTVS. 

PONTIF.  MAXIM.  Donna  fedente,  con  un’ afta  nella  dertra,&  un’ erba  nel¬ 
la  finiftra.  Medaglia  piccola  d’argento. 

ir.  Brvfo  t  Figlinolo  di  Tiberio^  e  d*  Agrippina  . 

RVSVS  CAESAR  Tl.  AVG.  F.  DIVI  AVG.  N.  Tcfta  di  Drufo 
Giovanetto . 

PONTIF.  TRIBVxN.  POTEST.  ITER.  S.  C.  5.  Ne  portano  beila  figura^ 
Monfig.  Agoftini nc’fuoi  Dialoghi , p. 4. nu.  1. e  l’ Angeloni, p.  39. 

2  DRVSVS  CAESAR  TI.  AVGVbTI  F.  TR.  POT.  ITER.  S.C. 
PIETAS,  Bcllillìma  Tefta  velata  della  Pietà.  Stimali  da  taluni  i’ Imagine  di 
Livia  Augufta  cfprefl'a  lotto  1’  habito  di  quella  Deità .  Figurano  quello  riverfo 
l’ Agoftini ,  dial.  2. f.  3  i.nu.  1.  ilBieo,p.  17.  l’ Angeloni. p. 39.  &  il  Patini, 
f.  79.  delle  Imperiali  mediocri,  e  minime. 

K  Nerone  Claudio  Drufo  . 

I  ERO  CLAVDIVS  DRVSVS  GERMANICVS  IMP. 

TI.  CLAVDIVS  CAESAR  AVG.  P.  M.  TR.  IMP.  P.  P.  Figu- 
ra  della  Pace  affila  fopra  un  Seggio  ,  fotto  cui  giacciono  proltrate  alcune  arme 
da  guerra ,  nella  delira  tiene  un  ramo ,  come  fembra ,  d’ Oliva .  2. 

2  NERO  CLAVDIVS  DRVSVS  GERMAN.  IMP.  Vn’ Arco  Trionfale, 
fopra  di  cui  fi  vede  la  Statua  Equeftre  di  Nerone  Drufo,  con  un  trofeo  d’arme 
per  ogni  Iato ,  in  memoria  delle  Vittorie,  eh’  egli  ottenne  de’ Germani,  per  le 
quali  il  Senato  ordinò  le  luffe  drizzato  un’  Arco  trionfale  nella  via  Appia ,  rap- 
prefentatoin  quefta  Medaglia,  battuta  d’ordine  di  Tiberio  Claudio  fuo  figliuo¬ 
lo,  il  di  cui  nome  vi  fi  legge  dall’altra  parte  intorno  alia  propria  Imagitìc ,  ef- 
preffo  come  neiia  precedente  .  TI. 


D 


L  I  3  R  0  ^  P  A%r  0.  CAP,  Il  345 

Tr.  CLAVDIVS  CAESAR  AVG.  P.  M.  TR.  P.  IMP.  P.  P.  Figurafi 
da]rAgoftini,diaI.4.p.  isy.nu.a. 

FI.  Ger manico . 

*  ERMANICVS  CAESAR.  Carro  trionfale  tirato  da  quattro  Cavalli, 
V,_T  conentrovi  Germanico  trionfante,  dopo  vendicata  la  (conficca  da  lo¬ 
ro  data  a  Varo ,  e  ricuperate  l’ Aquile  ,  Infegne  Militari  a  quello  tolte . 

SIGNIS  RECEPTIS  DEVICTIS  GERM.  S.  C.  Figura  intiera  di  Germai 
nico  paludato,  che  nella finiftra  tiene  un’ Aquila,  Infegna  Militare,  che  ligni¬ 
fica  quella  medefima ,  che  fù  della  Legione  di  Varo ,  da  lui  perduta  nella  Icon- 
ficta  riceuuca  l’ anno  di  Roma  7 6g.  e  da  Germanico  pofcia  ricuperata, come  (cri* 
ve  Tacito ,  e  dopo  efio  il  Patini ,  che  figura ,  e  (piega  quella  Medaglia  tra  le  Im» 
periali  mediocri ,  e  minime,f.  83.  publicata  prima  dall’ Angeloni,  f.  39. 

2  GERMANICVS  CAESAR  TI.  AVG.  F.  DIVI  AVG.  N. 

Tl.  CLAVDIVS  CAESAR  AVG.  GERM.  P.  M.  TR.  P.  IMP.  P.  P. 
S.  C.  Patini  loc.  cit.  Havvenetrèdiqucftoimpronto,runadel!equali  mifù 
donata  dal  Co.  Antonio  Michele  Bombaci , del  Co.Gafparo,  Ifiorico  celebre 
di  quella  Patria. 

VII,  Caligola . 

I  CAESAR  AVG.  GERMANICVS  FON.  M.  TR.  FOT. 

V>*  VESTA  S.  C.  2.  LaDea  Verta,  affila  (opra  un  Seggio,  colla  pate¬ 
ra  nella  delira ,  e  l’ alla  nella  finiltra .  Figurano  quello  riverlo  il  Vico  , e  l’Eriz- 
20,  che  lo  (piega  p.  197. 

AGRIPPINA,  DRVSILLA,  IVLIA.  S.  C.  Le  tré  Sorelle  di  Caligola  figu^ 
rate  in  habito  di  Deità .  La  prima  legnata  col  nome  d*  Agrippina ,  dando  colla 
delira  appoggiata  ad  una  colonna, rapprelenta  la  Collanza,  e  tiene  la  finirtra 
alzata  lopra  la  (palla  di  quella  di  mezo ,  eh’  è  Drulìlla ,  la  quale  tiene  una  patera 
nella  delira ,  e  lignificala  Concordia .  L’ ultima ,  legnata  per  Giulia ,  reggendo 
colla  delira  un  Timone  da  Nave ,  fi  maniferta  elprefla  per  la  Fortuna .  4.  di  conii 
diverfi.  Sene  hà  bella  figura appreffo  il  Bieo,p.  18.  il  Vico , ne’ Celari,!’ An¬ 
geloni  ,  p.  42.  e’I  Patini  tra  le  Imperiali  f.  9 1 .  ma  quelli  lo  porta  come  riverlo 
cavato  da  Medaglia  d’Ilcrizzione  limile  alla  lulleguente . 

2  C.  CAESAR  AVG.  GERMANICVS.  P.  M.  TR.  POT.  PIETAS.' 
La  Pietà  ledente  eon  una  patera  nella  delira . 

DIVO  AVG.  S.  C.  TrèfigureinattodilacrificareadAuguftounBuc,  4.Ve- 
defi  leggiadramente  figurata  ne’ dialoghi  dell’ Agortinif.  3 1.  n.  4. 

3  C.  CAESAR  DIVI  AVG.  PRON.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  III.  P.  P. 
PIETAS.  La  Pietà  ledente, come  nella  precedente.  Vico. 

DIVO  AVG.  S.  C,  Il  Tempio  >col  lacrifizio  del  Bue,  come  (opra,  figurato 
dalBieo,p.  iS.  dalChoulnel  Librodella  Religione  de  gli  antichi  Romani,  tra¬ 
dotto  dal  Siraeoni ,  p.  65 .  e  2  3  9.  e  dall’  Angeloni ,  p.  49. 

4  C.  CAESAR  DIVI  AVG.  PRON.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  UH.  P.  P. 
Caligola  Laureato. 

AGRIPPINA,  DRVSILLA,  IVLIA.  S.  C.  come  lopra  : 

5  ADLOCVT.  COH.  Caligola  in  piedi  (opra  un  palco,  dov’ è  una  ledia. 
A  ballo  vi  li  vedono  cinque  figure  di  Soldati  armati , colle  Inlegne  Militari .  Ri- 
verfo  figurato  dall’  Erizzo ,  p.  i9<5  ma  come  cavato  da  Medaglia  d’ ilcrizzionc 
diverla ,  dal  Bieo,  p  18.  dall’ Angeloni,  p.42.  e  dal  Vico, 

6  C.  CAESAR  DIVI  AVG.  PRON.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  IIII.  P.  P. 
PIETAS.  La  Pietà  ledente,  come  lopra. 

DIVO  AVG.  S.  C.  Tempio  magnifico,  nel  di  cui  limitare  fi  vedono  letrèfi- 

gurc 


54«f 


y  S  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 


gure  faciiikanti , come  nella  feconda ,  e  nella  terza .  La  figura  il  Vico  p.2  2.  n.6. 

VII!.  Tiberio  Claudio,  Fratello  di  Germanico . 

1  ^"ipL  CLAVDIVS  CAESAR.  AVG.  Mano , che  libra  le  bilancie , tra  le 
J|_  qualifile^ge  P.N.R.  figuratadalT  Angeloni,  p.  49.  Hà  nel  riverfo 
PON.  M.  TR.  IMP.  COS.  DES.  IT.  S.  C.  Medaglia  piccola  ,diverfa  ncl- 
i’ifcrizzione  da  un’altra  fimile ,  mentovata  dall’  Occone ,  p.  72. 

2  PON.  M.  TR.  P.  IMP.  P.  P.  COS.  III.  S.  C.  Hà  dall’ altra  parte  un 
Vafodarrumcnto. 

3  TI.  CLAVDIVS  CAESAR  AVG.  P.  M.  TR.  P.  IMP. 
CONSTANTIAE  AVGVSTI.  S.  C.  Imagine  della  Coftanza ,  coll’Elmo 
in  tefia ,  e  l’alta  nel  la  (ìnifira ,  c  la  delira  levata  in  alto , col  fecondo  dito  alzato . 
l'igurafi  quefto  riverfo  dall’ Ago{tir.i,diaI.  2.  p. 47.00. 4.  dal  Vico  ,tav.  1.  dal 
Bico,p.  19.  e  dall’ Angcloni,  p. 49.  e  vedefi  parimente  iti  una  d’oro  tra  le 
Medaglie  della  Galcria  di  Cafa  del  Sig.  Marchefe  Ferdinando ,  coll’  ifcrizzione 
TI.  CLAVD.  CAESAR  AVG.  P.  M.  TR.  P. 

4  LIBERTAS  AVGVSTA.  S.  C.  Figura  flolata  della  Libertà  in  piedi, 
col  Pileo  nella  delira,  &  una  verga  nella  finifira.  4.  di  tré  conii  differenti  non 
folo  trà  di  loro, ma  anco  da  quel  riverfo,  che  figurali  appreflol’ Agollini ,  dial. 
3.  p.  8 3.  n.  2.  in  cui  una  Statua  d’huomo  ignuda  efprime  la  Libertà . 

5  S.  C.  Minerva  dante,  collo  Scudo  nella  finilira, e  nella  delira  queU’arma 
in  afta  ,  che  da  Romani  chiamavafi  Pilo .  2.  figurata  dal  Vico  ne  gl'  Impp.  c  dal 
Mofeardo  fottola  Statua  di  PalJadc,  l.i.Muf.c.xviii.  p.34.  edall’Angeloni,p.49. 

6  TI.  CLAVDIVS  CAESAR  AVG.  P.  M.  TR.  P.  IMP.  P.  P. 
LIBERTAS  AVGVSTA.  S.  C.  Come  nella  quarta.  3. Vico,  Angcloni, loc.cir. 

7  NERO  CLAVDIVS  DRVSVS  GERMAN.  IMP.  L’  Arco  trionfale 
fopramentovato  nelle  Medaglie  di  Nerone  Drufo ,  lenza  la  bolla  notatavi  dall’ 
Erizzo  colle  lettere  N.  C.  A  P,  R.  p.  202.  Riverfo  figurato  dal  Vico ,  tav. 
I.  Bieo,  p.  19.  Angeloni,  p.  49. 

8  SPES  AVGVSTA.  S.  C.  Tré  figure  Militari,  &  una  togata  .  Vico, 
Bieo ,  ne’ luoghi  citati . 

9  I  o  Altre  due  di  conio  trà  di  loro  diverfe ,  ma  colla  fudetta  ifcrizzione ,  e 
r  imagine  della  Speranza  in  piedi ,  con  una  mano  levata  in  alto ,  molirando  un’ 
erba  di  tré  foglie .  Figurata  dall’  Agoftini ,  dial.  2.  p.  44.  n.  3.  c  dall’ Angeloni, 
pag.  49. 

I  r  Altra  fimile,  conunabolladallafiniftra  della  Speranza,  con  quefte  let¬ 
tere  N.  C.  A  P.  R.  che  vengono  interpretate  Nobis  Conce^nm  A  Populo 
Romano . 

1 2  In  altre, oltre  l’ addotta  ifcrizzione, fi  leggono  quelli  caratteri  in  una  bol¬ 
la  lotto  la  facciadi  Tiberio,  P.  R.  OB.  cioè,  a  mio  cx&àctc  ^  Populo  Romano 
oblatum . 

IX.  Nerone . 


I  T^T  ERO  CLAVD. CAESAR  AVG.  GER.  Nerone  giovanetto, Laureato. 

PON.  MAX.  TR.  P.  IMP.  P.  P.  S.  C.  Figura  Militare,  galeata, 
fedente  fopra  una  mafia  di  fpoglie  guerriere,  come  talvolta  fuoleclprimerli  Ro¬ 
ma  colla  delira  diftefa.  Medaglia  minuta,  ma  bcllifiìma. 

3  NERO  CAESAR  AVG.  GERM.  IMP.  3  p 
S.  C.  la  Vittoria  alata,  con  uno  Scudo,  in  cui  fi  legge  q  Di  quefte  ve  ne  hà 
undici  di  fei  conii  differenti .  Ne  figura  uno  il  Vico  t.i. 

I  PACE  P.  R.  VBIQ.  PARTA  lANVM  CLVSIT.  S.  C.  Ifcrizzione 
trà  le  antiche  la  più  fuperba.  Cinque  di  grandezza  mediocre,  col  Tempio  di 

Già- 


LIBRO  ^  y  A  R  T  0.  CAP,  II,  347 

Giano  chiufo,  varie  di  conio.  Riverfo  figurato  appreffo  Guglielmo  du  Choul 
ne!  Libro  della  Religione  de  gii  antichi  Romani,  p.  18,  della  traduzzionedel 
Siraeoni ,  n,  i .  e  tra  le  Imagini  del  Bieo ,  p.  a  1 ,  e  tra  le  Medaglie  Imperiali  me¬ 
diocri  ,  e  minime  di  bronzo  (piegate  dal  Patini ,  p.  1 1 3.  &  apprefio  l’ AgoRini , 
dial.  5.p.  140.0. 2.  ma  <^uivi,come  cavato  da  Medaglia  d’oro,  d’ ilcrizzione 
differente  da  queRa ,  e  da  tutte  le  fuffeguenti , 

4  NERO  CLAVD,  CAESAR  AVG.  GER.  P.  M.  TR,  IMP.  P.  P. 
PACE  P,  R,  TERRA,  MARICL  PARTA  lANVM  CLVSIT.  S.  C.  Il 
Tempio  di  Giano  chiufo ,  come  nella  precedente .  3.  Medaglione  figurato  dal- 
T  Angeloni ,  p.  di.  e  dal  Patini ,  nel  Teforo ,  p.  143.  Oltre  i  quali  figurano  que¬ 
llo  riverfo  il  Choul  nel  luogo /opracitato,  il  Vicojtav.  2.  il  Bieo p. 21.  el’A- 
goRini  ,dial,  5.  p.  148.0. 1.  portandolo  però  queRo,  come  cavato  da  Medaglia 
d’ ifcrizz  ione  differente  da  queRa ,  e  dalle  fottouotate . 

5  S.  C,  la  Victoria  collo  Scudo,  e  lettere  , come  nella  feconda, 

6  VICTORIA  AVGVSTI,  S.  C.  la  Vittoria,  che  nella  deRra  tiene  unaJ 
Corona  d’alloro,  efquifitamenteefpreRa,  nella  finiRraunramo  di  palma.  4. 
di  conio  diverfo.  Vna  figurali  dal  Vico,  tav.  i. 

7  ROMA  S.  C.  Roma,  rapprefentata  in  habito  di  donna  armata,  fedente 
(opra  un  mucchio  di  fpoglie  militari ,  colla  Celata  in  capo ,  &  una  piccola  Ima¬ 
gine  delia  Vittoria  nella  deRra,  nella  liniRra  un  baRon  da  comando,  fe  più  to¬ 
lto  non  è  il  Parazonio ,  eh'  era  una  forte  di  Spada ,  la  quale  non  haveva  punta , 
per  lignificare,  che  il  Capitano  non  deve  incrudelire  ne'fuoi;  figurata  nella  lì>? 
niRra  di  Roma ,  per  infogna  di  fortezza ,  e  dignità  guerriera ,  di  cui  Marziale . 

Militia,  decus  hoc  ^  grati  mmen  honorts 
K^rma  trihuniciumt  cingere  digna  latus. 

Figurali  queRa  Medaglia  dal  Vico  trà  quelle  di  Nerone ,  tav,  i.  dall’  AgoRini, 
dial.  3.p.9S«nu.4,  dal  Bieo, p,  20,  e  dall’ Angeloni,  p.^i, 

8  La  medelima  iferizzione ,  e  riverfo ,  in  cui  1'  imagine  di  Roma  tiene  la  fini« 
Rra  appoggiata  al  petto ,  come  nella  figurata  dal  Vico  nel  luogo  fopracitato, 

9  Altra  limile ,  in  cui  Roma  hà  nella  deRra  una  Corona  d’ alloro  : 

I  o  Diverfe  altre  Medaglie  colla  ReRa  iferizzione ,  e  riverfo  moRrano  Roma 
colla  deRra  armata  d’ un’ aRa,  oltre  che  porta  la  Vittoria  nella  finiflra,  3,  Ve¬ 
dali  il  Vico  nella  Indetta  tav,  i.diNerone, 

II  GENIO  AVGVSTI.  S.  C.  Il  Dio  Genio  in  piedi,  che  nella  deRra  tic-^ 
ne  una  patera  (opra  un’  altare ,  nella  liniRra  il  corno  di  dovizia.  Riverfo  figura¬ 
to  apprelTo  il  Choul,  p.  150.  il  Bieo,  p.  20.  il  Vico,  tav,  2.  delle  Medaglie  di 
Nerone,  el' Angeloni, p.Oi. 

12  DECVRSIO  S,  C.  Due  Soldati  a  Cavallo,  in  atto  di  correre  colle  Lan- 
ciearreRate,  Medaglione  figurato  dal  Vico,  tav.  i,  differente  nel  difegnodcl 
riverfo  da  quello, che  adducono  l’ Angeloni, p.òi,  n.  17.  &  il  Patini  nelTe- 
foro,p.  143.  in  cui  vièunfoloCavalieretràduepedonì. 

13  AVGVSTI.  POR.  OST.  S,  C.  Il  Porto  d'ORia  fatto  fabbricar  da 
Claudio,  che  morì  prima  di  riceverne  l’onore  della  Medaglia;  la  quale  fù  pofeia 
battuta  a  gloria  di  Nerone,  com*  erede  non  folo  del  dominio,  ma  anco  degli 
onori  deRinati  a  quello.  Vi  fono  efprelfc  fette  Navi  di  diverfe  figure ,  c  gran¬ 
dezze,  di  minutilììmodifegno»  ma  con  particolar  diligenza  fcolpìte.  Scorgelì 
nella  bocca  del  Porto  il  Faro,  e  più  dentro  1’ imagine  fedente  di  Portuno  Dio 
de’  Porti,  come  interpretali  daH’ÀgoflinijChe figurò  queRo  riverfo  diahs.p.l  *  *  • 
n.i.  òdi  Nettuno,  colla  deRra  appoggiata  ad  un  Timone,  c  la  finiRra  Refa 
(opra  un  Delfino  in  legno  del  commovimento  del  Mare  acquetato ,  come  fpiega 

l’Eriz-  " 


34»  H  y  S  E  0  C  0  S  P  I  ^  N  0 

l’Erizzo,  che  parimente  lo  figurò,  pag.  21 6.  il  che  pur  fece  il  Vico,  tav.  i.  il 
Bieo,p.  20.  i’ Angeloni ,  p.6i.  il  Patini  tra  le  Imperiali,  p.  1 13.  enelTcforo, 
p.  *4?*  e  pritnadi  qucfti  Gioleflo  Caftaglione,  che  in  dichiarazione  di  quello 
Kiverfo,  e  d’un’  altro  d’ una  Medaglia  di  Trajano,  ne  fcrille  un  Trattato  a  parte 
ftampato  in  Roma, in 4. 

14  NERO  CLAVDIVS  CAESAR  AVG.  GER.  P.  M.TR.  P.  IMP.  P.  P. 
PACE  P.  R.  TERRA,  MARIQ.  PARTA  lANVM  CLVSIT.  S.  C.  Il 
Tempio  di  Giano  chiufo ,  come  nelle  due  fopramentovate  ,n.  3.  e  4.  Quefta  fi¬ 
gurali  dal  Mofeardo lotto  la  Statua diNerone,!.  i.Mul.  c.  6i.p,  no. 

15  ROMA.  S.  C.  Roma  fedente  lopra  le  Ipoglie  militari,  colla  delira  ap» 
poggiata  ad  uno  Scudo,  &  un'afta  diritta  nella  finiftra.  Figurata  dal  Vico  nel¬ 
le  Medaglie  di  Nerone ,  e  dall’  Angeloni ,  p.  6 1 .  nu.  2  2. 

16  DECVRSIO  S.  C.  Due  Soldati  acavallo,  checorrono,l’unocoila- 
Lanciaarreftata,raltrocon  una  bandiera.  Angeloni,  p.6i.nu.i8. 

17  NERO  CLAVDIVS  CAESAR  AVG. GER.  P. M.TR.  P.  IM.  III. P.P. 
Ifcrizzione ,  e  Ri  verlo  della  Medaglia  precedente ,  ma  d’ altro  conio . 

18  IMP.  NERO  CAESAR  AVG.  GERM. 

S.  C.  la  Vittoria  in  piedi,  colla  delira  dirtela  lopra  uno  Scudo.  Vico. 

19  PACE  P.  R.  VBIQ.  PARTA  lANVM  CLVSIT  S.  C.  Tempio  di 
Giano  chiufo,  come  nella  3. 4.  e  14.  Due  di  (lampa  differente . 

20  IMP.  NERO  CAESAR  P.  MAX.  TR.  P.  P.  P. 

Il  Indetto  Ri  verlo ,  e  lettere  d’altro  conio  ,edifegnomolto  più  vago. 

21  IMP.  NERO  CAESAR  AVG.  P.  MAX.  TR.  P.  P.  P. 

GENIO  AVGV^STI.  S.  C.  Imagine  in  piedi  del  Dio  Geniocolla  patera  nella 
delira,  e  ’i  cornucopia  nella  finiftra . 

22  S.  C.  La  Vittoria  in  piedi,  in  atro  di  caminare  con  uno  Scudo  dalla  de¬ 
lira  pendente ,  in  cui  S.  P.  Q.  R.  Riverfo  figurato  dall’  Agollini ,  dial.  2 .  p.  5  3. 
n.  2.  e  dall’ Angeloni  ,p.6r. 

23  IMP.  NERO  CAESAR  AVG.  FONT.  MAX.  TR.  FOT.  I. 

DECVRSIO.  S.  C.  __ 

24  IMP. NERO CL A VD. C AESAR  AVG. GERM.  P. M.TR. P. XIII.  P.P. 
ROMA.  S.  C.  Roma  ledente  foprauna  malia  di  fpoglie  guerriere,  colla  Vit¬ 
toria  nella  delira,  e  Talta  nella  finiftra .  Vico , tav.  r. 

25  PACE  P.  R.  TERRA,  MARIQ.  PARTA  lANVM  CLVSIT.  S.C. 
Tempio  di  Giano .  Medaglia  piccola,  ildicui  gentililfimo  riverfo  figurali  dal 
Patini  tra  lelmperialiminute,  e  minime,  p.  113. 

X.  Calha . 

1  n  ER.  GALBA  IMP.  CAESAR  AVG.  P.  M.  TR.  P.  Galba,  Laureato. 

O  libertas  PVBLICA.  S.  C,  Figura  della  Libertà,  in  piedi ,  col  Pi¬ 
leo  ,  fua  infegna  nella  delira.  2.  Riverfo  figurato  dal  Choul  nel  Libie  delia  Re¬ 
ligione  degli  antichi  Romani,  p.  1 1 3.  dal  Vico,  tav.  i.  delle  Medaglie  di  Gal¬ 
ba,  dall’ Angeloni,  p. 67.  n.  1 1.  c  dal  Bieo, p.  22.  il  quale  però  cavòllo  da_ 
Medaglie  d’ifcrizzione  differente  da  quefta ,  e  dalla  fufleguente . 

2  IMP.  SER.  GALBA  CAES.  AVG.  P.  M.  TR.  P. 

Col  Riverfo  precedente. 

3  IMP.  SER.  SVLP.  GALBA  CAES.  AVG.  TR.  P. 

Col  fudetto  Riverfo . 

4  IMP-  SER.  SVLP.  GALBA  CAES.  AVG.  TR.  POT. 

ADLOCVT.  S.  C.  Effigie  di  Galba  fopra  un  palco,  in  atto  di  parlare  ad  una 
Squadradi  Soldati,  Tré  di  beliiffimo conio.  Riverfo  figurato  dai  Vico,  nella 

tavor 


LIBRO  A  \  T  0,  CAP,  IL  349 

tavola fopracicacai  differente  da  quello,  chefigurafi  da  Carlo  PatininelTcfo*- 
ro,  p.  146. 

5  PAX  AVGVST.  S.  C.  Imagine  della  Pace,  che  (là  in  piedi»  con  un  ra« 
mo  d’ ulivo  nella  delira,  &  un  corno  di  dovizia  nella  (ìniftra.  Vedefi  figurata 
apprclfo  il  Vico,  ta v.  i.  1’  Agoftini ,  dial.  2.  p. 4.J. n.  7.  c  l’ AngeJoni  p.  67.  n. r. 

ó  IMP.  SER.  SVLP.  GALBA  CAESAR  AVGVSTVS.  Mcdaglioncdi 
prima  grandezza»con  Galba  Laureato ,  fenza  rivcrfo . 

XI.  ottave . 

I  ¥  MP.  OTHO  CAESAR  AVG.  TRI.  FOT.  Ottone  di  vago  afpetto,  e 
J,  di  capigliatura  corta ,  ma  riccia . 

SECVRITAS  P.  R.  S.  C.  LaDeaSecuritàinpiedi,  che  nella  delira  tiene 
Una  Corona»  come  d’alloro,  e  nella  finidra  un’ alla .  E*  Medaglia  di  bronzo 
con  molti  legni  d’antichità,  fatta  per  mano  d’ eccellente  maellro.  Figurali  dal 
Vico  ,  aluoluogoydall’ Agollini,dial.2.p.49.nu.6.  dalBieo»p.  23.0.1.  e 
dall’ Angeloni ,  p.  ép.  nu.  3. 

2  'Simile,  più  recente ,  ma  per  la  bellezza,  efinezza  del  difegno ,  e  dèi  conio» 
maravigliola.  Trovali  pure  in  argento  quello  riverfo,  legitimo,  figurato  dal 
Patini  nel  Teforo ,  p.  67.  &  in  oro,  figurato  dal  Vico,  trà  le  Medaglie  d’ Ottone, 
f  av.  3.  Incontrali  la  medefima  ilcrizzione  anco  intorno  a  riverii  d  altro  dilegno, 
come  nell’Ottone  d’  Ovidio  Montalbani»da  lui  publicato  in  un  foglietto  volan* 
te ,  che  da  qualche  antiquario  fù  approvato ,  benché  lo  talli  uno  Antagonida  di 
quello  nel  Commentario  de  Othone  Mreo  fua.. 

XII.  Vitellio, 

j  A  VITELLIVSGERMAN.IMP.  AVG.  P.M.TR.P.  Vitellio  laureato. 

Xm,*  S.  C.  Marte  Gradivo,  che  nella  delira  tiene  un’afta,  nella fìniltra 
porta  un  trofeo  d’armi,  appoggiato  alla  Ipalla.  2.  Angeloni.p.  73.00  4. 

2  A.  VITELLI VS  GERMANICVSIMP.AVG.P.M.TR.P.comelopra: 
PAX  AVGVSTI.  S.  C,  Imagine  della  Pace  in  piedi,  con  un  ramo  d’ulivo 
nella  finiftra,&  un  corno  di  dovizia  nella  delira.  Riverfo  figurato  dal  Patini 
nel  Teforo,  p.  147.  dove  però  il  cornucopia  viene  efprelfo  nella  liniltra  della 
Pace. 


XIII.  Veffcifiano, 

1  .  .  ;  :  .  .  VESPAS.  AVG.  P.  M.  TR,  P.  P.  P.  COS.  .  I  .  .  Vef- 
palìanoLaureato»con faccia, comedichi li  sforza,  quale  appunto  difegnòl/a 
Svetonio,  di  lui  feri  vendo,  fuit  vultu,  velati  mte  mi  $ .  Onde  ne  cantò  iJ  Padre 
Carlo  di  S.  Antonio  di  Padova,  nelle  fue  Mule  Anconitane .  lib.IU.  epig,4o. 

Suo  riget,  ingenti  redi  or  fub  fondere,  vultu, 

FUvius  hoc  vultu  Veffafitinus  erat. 

Nixum  animi  exterior  (ìgnahat  forma  latentem, 

O  quantum  mentem  Principis  angtt  onus! 

Hàperriverfo  S.  C.  Marte  Gradivo,come  nella  prima  di  Vitellio.  Figurali 
dal  Mofeardi,!.  i.Muf.c.  19.  p.  jd.  _ 

2  IMP.  CAES.  VESPASI  AN.  AVG.  COS.  HI. 

CONCORDIA  AVGVSTI.  S.  C.  Figura  della  Concordia  fedente  con  una 
patera  nella  delira ,  &  un  cornucopia  nella  finiftra .  Diverfa  da  quella ,  che  fi¬ 
gurali  ne’ Dialoghi  dell’ Agoftini, p.39.n.2.edalVico,  lav.  1.  delle  Meda¬ 
glie  di  Vefpalìano. 

3  IMP.  CAES.  VESPAS.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  P.  P.  COS.  III. 

PAX  AVGVSTA  .  S.  C.  Figura flolata  della  Pace,  in  piedi,  con  un  ramo 
d’ ulivo  nella  delira  una  Corona  nella  finiftra . 

Gg  4  IMF, 


35©  M  y  s  E  0  c  0  S  ?  l  A  N  0 

4  IMF.  CAES,  VESPASIANI  AVG.  P.  M,  TR.  P.  P.  P.  COS.  HI. 

L’ Anfiteatro  di  mano  d’ eccellente  Macftro ,  lenza  lettere. 

5  FORTVNAE  REDVCI,  S,  C.  LaPortuna, in  piedi, chetieneunramo 
nella  deUra,  colla  quale  regge  un  timone  da  Nave,  havendo  nella  finiftraun 
cornucopia ,  E*  Medaglia  diycrfa  da  una ,  che  con  fimile  rivcr/o  fi  mentova  dal- 
rOccpnè ,  pag.  97.  Figurafidall’ AgDftini,dial.2.pag.^5.rum.  3.  dal  Vico, 
tav.  I. delle  Medagliedi  quello  Imperatore,  edalTAngcloni ,  p.So.n.S. 

6  ROMA  RESVRGENS,  S.  C.  TrèFigurehumanc,dueinpiedi,&una 
inginocchiata  .  Quefta  rapprelcnta  Roma ,  a  cui  una  delle  Indette,  ch’è  laurea¬ 
ta,  elprcHa  per  l’Imperatore,  porge  la  delira  in  atto  di  lollevaria.  L’altra ar* 
mata,  colla  Celata  in  capo, eloScudonellafiniRra,  puòellere  fatta  per  Marte, 
come  ben  difeorre  PErizzo,  che  figura,  e  Ipiega  diligentemente  quello  ri- 
verfo  a  pag.  244,  Lo  figurano  parimente  TAgoRini,  come  però  cavato  da 
Medagliad’altra iIcrizzione,dial.  j.p.pj.n.  10.  e’I  fiieo,p.  25. 

7  IMP.  AVG.  F.  COS.  DES.  IT.  CAES.  AVG.  F.  DES.  S.  C,  Le 

Imagini  intiere  di  Titp,  e  di  Domiziano,  Figliuoli  Vcfpafiano,  che  Ranno 
in  piedi,  e  tengono  cialchcduno  un’  alla  nella  finiìlra.  Medaglia  belli^ima,^ 
battuta  quando  Tito  la  (econda  volta  fù  defignato  Confolc  ,'  e  Domiziano 
Celare;  lignificando  quelle  parole  Imperator  Augujìi  Filius  ,  Cenful  Defigna* 
itts  Ittrum  .  Cafar  AuguUi  Filius  Defignatus •  Nctìguròilriver/o,eIpiegòlJo 
diligentemente  rÈnzzojp.ajo.cbmé’purfece  il  Patini  nel  Telerò  delle  Me¬ 
daglie, p.  >49.dovefiguròla  Medagliaintiera,  ' 

8  IMP. CAESAR  VESPASIAtSVS  AVG.  P.  M.  T.  P.  P.  P.  COS.  Ili, 
PAX  ÀVG.  S.  C.  Bellilfima  Figura  della  Pace  in  habito  di  donna,  conun- 
ramo  d’ uliva  nella  finiìlra,  &  una  facclJa  accefa  nella  dellra^cpn  cui  incende 
un  mucchio  d’arme  davanti  un’ara.  Dietro  alla  quale  Imagine  fi  vede  una  co¬ 
lonna  ,con  una  figurina  (opra  ,  alla  baie  della  quale  Uà  appoggiato  uno  Scudo, 
figurali  queftorivèrlodair  AgoIlini,p.4i,  da|  ChouTnel  Libro  della  Reli- 
gionede  gli  antichi  Romani, tradocrodal  Simeoni,  p.  14.0.1'.  dall'Angeioni, 
p.  80.  nu.  7.  c  dall’ Frizzo,  p.  249.  ma  da  quello  con  ilcrizzionc  diveria.  Fù 
battuta  dopo  la  prela  della  Giudea . 

“  9  IMP.  CAES.  VESP.  AVG.  P.  M.  T.  P.  COS,  V.  GENS, 
FELICITAS  PVBLICA.  S.  C.  Imagine  llojata  della  Felicità,  in  piedi , che 
nella  delira  tiene  un’caduceo,  nella  lìnillra  il  corno  di  dovizia,  2.  Vedafiil 
Vico,  tav.  I.  delle  Medaglie  di  quello  Impeèatore,  e  l’ Angeloni  ,p.  80.  n.9. 

10  IMP.  CAES.  VESP.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  COS.  VI.  VefpafianQ 

radiito.  .... 

Col  riverlo  come  nella  precedente, 

11  ÌMP.  CAESAR  VESP.  AVG.  COS.  YU* 

AEQVITAS  AVGVSTI.  S.  C.  La 'Dea  Equità  \  che  nella  delira  tiene 
bilancie,  nella  finiRra  un’afta.  Riycrio  figurato  dairAgoftini,  dial.  a.  pag. 
4d.  num.j. 

12  Altra  con  limile  ifcrizzione,  ma  lenza  riverlo^  _ 

1 3  IMP.  CAES,  VESPASIAN.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  P.  P.  COS.  VII. 
VcIpafianoLaurcato.  ' 

S.  C.  Facciata  del  Tempio  della  Pace  ,  dentro  i)  quale  fi  vedqno  diyerft. 
Statue,  come  parimente  di  fuori  le  ne  feorge  una  ^al  deliro  ,  un’altra  dal 
Iato  manco  del  Tempio,  in  piedi,  (enz*  ^itre  lettere  ,  che  quelle  del  S.  C. 
Figurata  dall’  Frizzo,  p.  947.  dal  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli 
antichi  Romani,  p.  XI.  e  dall’ Angeloni, p. 80. n.  14. 

14  IMP. 


L  RO  ^  y  À  R  T  0^  CAP.  IL  35« 

14  IMP.  CAESAR  VESPASIAM.  COS.  Vili. 

S.  C.  Vna  Figura  in  piedi,  con  una  Corona  d’alloro  nella  delira. 

15  VICTORIA  AVGVSTI.  S.  C.  Imagine  alata  della  Vittoria  in  piedi, 
in  atto  di  fcrivere  in  uno  Scudo  appefo  ad  un’  Albero ,  che  fembra  palma .  Haf- 
fi  figurato  apprelTo  il  Vico,  tav.  i.  delle  Medaglie  di  Velpafiano.  e  l’Angelo; 
ni,p.  80.  nu. 

16  IMP.  CAES.  VESPASIAM.  AVG.  COS . 

S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi,  con  un’afta  nella  finiftra. 

17  AEQVITAS  AVGVSTI.  S.  C.  L’ Equità,coile  bilancie  nella  delira," 
&  un*  afta  nella  finiftra .  Vicp ,  tav.  2. 

1 8  CAES.  VESPASIAM . TR.  P.  COS.  XX.  ò  pili  follo IX. 

Col  riverfo  della  precedente,  fimbolo  non difaddatto  a’ meriti  di  Velpafiano» 
di  cui  Aufonio . 

^usrenài  attentus  ^  moderato  commodus  ufu^ 

•Auget,  nec  reprimit  Vefpafianus  opes, 
o/im ,  gui  duhiam  privato  in  tempore  f amant , 

Par  aliis  Prineeps  tranfiulit  in  melius. 

XIIII.  Tito . 

1  |MP.  T.  CAES.  DIVI  VESP.  F.  AVG.  P.  .  :  ;  :  e  nelmezo  S.  C: 

J[  Capo  di  donna,  velato,  con  alcune  lettere  attorno,  che  non  fi  diftinguo. 
no.  Forfi  è  della  Dea  Vetta,  di  cui  fù  devoto  Tito  ,  il  quale  fece  figurare 
il  di  lei  Tempio  in  alcuni  riverii  delle  fue  Medaglie  ,  come  pur  fece  Do; 
iniziano . 

2  T.  CAES.  VESPASIAM.  IMP.  P.  TR.  P.  COS.  iT. 

AEQVITAS  AVGVSTI.  S.  C.  Figura  dell’ Equità,  come  nelle  due  ultime 
di  Velpafiano . 

3  IMP.  T.  CAES.  VESP.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  P,  P.  .  .  .  . 

Col  precedente  riverfo.  __ 

4  T.  CAES.  IMF.  FON.  TR.  P.  COS.  II,  CEMS. 

S.  C.  Figura  ftolata, che  leva  in  alto  la  man  delira. 

5  T.  CAES.  VESPASIAM.  IMP.  PGM.  TR.  POT.  COS.  II. 

S.  C.  Marte  Gradivo,  che  nella  delira  tiene  un’ afta,  nella  finiftra  una  Infegna 
militare, ò  più  tofto  un  trofeo.  2. 

6  IMP.  T.  CAÈS.  VESP.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  P.  P.  COS.  IIII. 

S.  C.  Imagine  ftolata  della  Iperanza  in  piedi . 

7  T.  CAES.  VESPASIAM.  IMP.  PON.  TR.  POT.  COS.  V. 

1  .  .  .  .  AVGVST.  .  .  S.  C.  Figura  ftolata  in  picdi,con  un  cornucopia neb 
la  finiftra ,  e  nella  delira  non  sò  che  non  fi  diftingue ,  e  forfi  fono  le  bilancie ,  per 
farla  conofeere  1’ imagine  dell’Equità,  potendo  edere  l’ifcrizzione  intiera,. 
AEQVITAS  AVGVSTI.  E’ Medaglia  rara,  non  mentovata  dall*  Occone,trà 
tante  migi  ia  ja ,  che  ne  deferì  ve ,  nè  da  altri ,  che  mi  fovvenga . 

8  IMP.  T.  CAES.  VESP.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  P.  P.  COS.  VII. 
FELICIT.  AVGVST.  S.  C.  Imagine  della  Felicità ,  con  un’ afta  ,5c  un  ra¬ 
mo  nella  delira,  &  un  corno  di  dovizia  nella  finiftra  ,d’  efquifito  lavoro . 

9  S.  C.  Donna  velata  in  piedi,  colla  delira  diftela,  e  non  sò  che  inmano,' 
che  non  fi  diftingue  i  fembrano  fpiche ,  le  non  è  più  tofto  il  trifoglio ,  per  dichia¬ 
rarla  Imagine  della  Speranza . 

10  IMP.  T.  CAES.  VESP.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  COS.  Vili. 

AEQVITAS  AVGVSTI.  S.  C.  Effigie  dell’ Equità,  che  ftà  in  piedi,  tenen¬ 
do  le  bilancie  nella  delira  un’  afta  nella  finiftra . 

Gg  2 


Il  VI- 


M  P'  S  E  0  C  0  S  P  1  A  N  0 

Il  VICTORIA  AVGVSTI,  S.  C.  Imaginealatadella  Vittoria  in  atto  dì 
caminare ,  portando  una  corona  d’alloro  nella  delira ,  &  un  ramo  di  palma  nel- 
lafiniftra.  Angeloni  p.  88. n. 8, 

j  2  La  medefìma  ifcrizzione  coll’  effigie  della  Vittoria ,  che  ftà  in  piedi  fopra 
un  roftro  di  Nave  ;  tenendo  nella  finiftra  il  ramo  di  palma, e  nella  delira  la  coro¬ 
na  d’ alloro .  Fù  battuta  in  memoria  della  V ittoria  Navale  contro  i  Germani ,  di 
cui  favella  Svetonio.  Il  conio  è  d’ eccellente  maeftro.c  ’l  riverfo  figurali  dal 
Vico  nelle  Medaglie  di  quello  Imperatore ,  tav.  2.  dal  Bieo  ,p.  29.  e  dall’  Eriz- 
zo,  cheinlìemelolpiega,p.2  59. 

13  S.  C.  Figura  llante  con  alcuni  fiori  ,ò  [piche  nella  delira. 

14  S.  C.  Simile  coir  Imagine  della  Speranza;  fe  pure  non  èia  RelTa  colla 

precedente .  _ 

15  IMF.  T.  CAES.  VESP.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  P.  P.  COS.  VUL 
S.  C.  Effigie  Rolara  delia  Speranza,  col  trifoglio  nella  delira.  Vico,  tav.  3. 

16  IVOAEA  CAPTA.  S.  C.  Imagine  della  Giudea  figurata  in  fembian- 
za  di  donna  piangente , affila  lotto  una  palma,  circondata  da  alcuni  trofei  mili¬ 
tari  .  Riverfo  figurato  da  Guglielmo  du  Choul  nel  Libro  delle  antichità  de’  Ro¬ 
mani  tradottodal  Simeoni,  p.  i  t.differenteda  tutti  quelli,  che  figuranfi  dall’ 
AgoRini ,  dial.  3.  p.  90.  e  dal  medelìmo  Choul ,  p.  1 2. 

17  PIETAS  AVGVST.  S.  C.  Figura  velata  della  Pietà,  che  llà  in  piedi 
nel  mezo  di  due  imagini  diritte,  rapprefentanti  Tito,  c  Domiziano,  che  fi  dan» 
no  la  mano ,  moRrandofi  la  Pietà  conciliatrice  d’amendue .  Dei  fuo  lignificato 
vedali  l’ Frizzo  ,p.  257.  che  figuròila,  come  pur  fece  il  Vico,  tav.  3.  l’Agofti- 
ni,dial.  2.p.  34.  nu.7.  Se  il  du  Choul  nel  Libro  delia  Religione  de  gli  antichi 
Romani  ,p.  129. 

18  T.  CAES.  VESPA  SI  AN . Tito  con  corona  radiata. 

ROMA  ..  .  ^  .  S.  C.  L’ effigie  di  Roma  affila  fopra  una  malìa  di  fpoglie  mili¬ 
tari  ,  con  una  corona  d’ alloro  nella  deRra ,  &  un’  aRa  nella  liniRra . 

19  DIVO  AVG.  T.  DIVI  VESP.  F.  VESPASIANO.  Vna Figura affi- 
fa  lopra  una  feggia ,  con  un*  aRa  nella  deRra ,  &  alcuni  papaveri ,  come  fembra- 
no ,  nella  liniRra ,  diRefa  verfo  un’  ara  quadrata .  Hà  per  riverfo 

IMP.  CAES.  DIVI  VESP.  F.  DOMIT.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  P.  P.  5c 
in  mezo  S.  C. 

20  DI¥0  AVG.  T.  DIVI  VESP.  F.  VESPASIAN.  S.  C.  Vna  Figu. 
ra  fedente  fopra  una  malia  di  fpoglie  militari ,  con  un  ramo ,  che  fembra  d’ allov 
ro,  nella  delira.  Hà  dall’ altra  banda. 

L’ Anfiteatro  di  Tito  di  conio  diligentiffimo ,  con  un’  Obclifeo  da  un  lato ,  ch^ 
da  taluni  chiamali  Me/a  fudans ,  e  dall’ altro  un’Edilizio  quadrato,  con  colonne 
a  due ,  ò  tré  folari ,  da  certuni  detto  Ninfeo .  Se  n’  hà  belliffima  figura  apprello 
il  Bieo,  p.  29.  rAgoRini,diaI.4.p.  1 13.  n.  1.  l’Angeloni,  p.  88.  e’I  Patini 
nelTeloro ,  p.  148.  nella  cui  ilcrizzione,  dopo  l’AVG.  mancail  T.  di  que-, 
Ro  Anfiteatto  parla  Marziale  in  quel  famoliffimo  Epigramma . 

Barbara  Pyramidum  fileat  miracula  Memphis  \ 
yifftdutts  ]a£iet  nec  Babylona  labori 
Nec  Trivia'  templo  molles  laudentur  honores  t 
Diffmuletque  Deum  cornibus  ara  frequens, 

Aere  nec  vacuo  pendentia  Maufolea: 

Laudibus  immodicis  Cares  in  ailra  ferans. 

Omnis  Cafareo  cedat  labor  Amphiteatro  : 

Vnum  pra  cunilis  fama  loquatur  opus. 


XV.  "Domi* 


LIBRO  à  RT  0.  CàP.  II.  553 

/ 

Xr.  Domiziano  t 


t  ^ES.  DIVI  VESP.  F.  DOMiriAN.  ....... 

^1^  S.  C.  Figura  di  donna  in  piedi,  ccxn  una  vergaio  pilo  nella  delira,  & 
un’alta  nella  finiftra.  ^ 

a  CAESAR  AVG.  F.  DOMITI ANVS  COS.  il  Tcfta  di  Domiziano 


giovanetto  di  primo  pelo . 

PRIMCEPS  IVVENTVTIS.  Imaginedidonna  velata, e ftolata,  affila fopra 
una  leggia ,  con  una  verga ,  ò  baAon  da  comando ,  ò  più  colio  un  parazonio  nel¬ 
la  finiltra ,  &  una  Statua  nella  deftra ,  che  fembra  d*un  Marte  armato .  Medaglia 
d’argencobelliffima,ildicuiriverIofìgarafidal  Vico  tra  quelle  d’oro  del  luo 
Domiziano  ,n.  2. 

3  CAESAR  AVG.  F.  DOMITIAM.  COS.  .  .  .  forfi  II.  come  in  altre 
di  ùmile  impronto. 

S.  C.  Figura  equeftre  di  Domiziano  in  arto  di  correre,  con  una  mazza,  ò  pi¬ 
lo,©  più  toftoinfegna  coir  Aquila,  nella  finiftra.  Hà  del  raro,  elTendo  nell’ 
ìferizzione  differente  da  quella ,  che  mentovali  dall’ Occone,  e  figurali  appreffo 
l’ Angeioni,  p.  98.  n.  2 1.  &  il  Patini  tra  le  Imperiali  mediocri,  e  minime ,  p.i  57. 
Oltre  che  in  quella  la  Statua  non  bà  lotto  il  Cavallo  l’  huomo  calpefiato ,  come 
quella  ,in  memoria  della  debellata  Germania,  come  nota  l’ Frizzo. 

4  IMP.  CAES.  DIVI  VESP.  F.  DOMITIAN.  AVG . 

TR.  P.  VII.  .....  forfi  DES.  Vili.  P.  P.  come  in  altri  Riverii.  S.  C. 
Figura  militare  in  piedi,  colla  delira  lollevata,  e  lo  Scudo  nella  finiftra.  E  per 
avventura  fia  Pallade,  com’ efpreffero  il  Bieo,  p.ja.n.  i.  e’I  Mofeardo,  che. 
lotto  la  Statua  di  quella  Dea  porta  quello  riverlonel  luo  Mufeo,  l.i.c.18.  p.34. 

5  IMP.  CAES.  DIVI  VESB.  F.  DOMITIAN.  AVG.  P.  M. 


TR.  P.  COS.  Vili.  DES.  Vini.  P.  P.  S.  C.  Figura  militare,  che  fembra 
Pallade, con  l’Elmo  in  cella,  l’afta  nella  deftra , e  lo  Scudo  nella  finiftra . 

6  La  medefimailcrizzione,  e  riverfo,  in  ciò  differente  dal  precedente,  che 
quella  Figura  miltrare  hà  nella  deftra  un  Fulmine ,  e  l’afta  nella  finiftra . 

7  IMF.  CAES.  DOMITIAN.  AVG.  GERM.  COS.  X. 

SALVTl  AVGVSTI.  S.  C.  Vn’ Altare, figuratodall* Angeioni, p.pjj.n.jo.' 
differente  nel  dilegno  da  quello ,  che  propone  l’ Erizzo  nella  lua Medaglia  Gre¬ 
ca  di  Domiziano,  p.  280. 

8  IMP.  CAES.  DOMITIAN.  AVG.  GERM.  COS . forfi X.ò XI. 


polciache  non  prima  fi  fece  chiamar  Germanico . 

MONETA  AVGVSTI  S.  C.  Imagine  della  Dea  Moneta,  che  Uà  in  piedi, 
colle  bilancie  nella  deftra ,  &  un  corno  di  dovizia  nella  finiftra  2. 

9  IMP.  CAES.  DOMIT.  AVG.  GERM.  COS.  XI.  GENS.  FOT.  P.  P.' 
S.  C.  Giove,  conuDfulminenelladeftia,&un’alfronellafiniftra. 

In  alcune  Medaglie  di  fimil  dilegno  fi  legge  IO  VI  CONSERVATORI,  come 
nella  feconda  figurata  dall’  Angelon  i  p.  98. 

10  Figura  militare,  forfi  di  Domiziano, che  porta  una  Laurea  nella  delira, 
de  un  Trofeo  d’armi  nella  finiftra,  che  allude  alia  Vittoria  Getica  Sarmatica_ 
dello  lleffo . 


11  IMP.  CAES.  DOMIT.  AVG.  GERM.  COS.  XII.  GENS.  PER.  P.  P. 
FORTVNAE  AVGVSTI.  S.  C.  Imagine  della  Fortuna  in  piedi,  col  la  deftra 
al  Timone , e  *1  cornucopia  nella  finiftra .  2.  Angeioni ,  p.  99.  n.  28. 

12  MONETA  AVGVSTI.  S.  C.  Effigie  della  Dea  Moneta,  colle  bilan¬ 
cie  nella  deftra ,  e’I  cornucopia  nella  manca . 

13  FlDEI  PVBLICAE.  S.  C.  Figura  ftolata, con  alcune fpighe,  e papa- 

G  g  3  veri 


354  M  V  S  E  0 

veri  nella dcftra,&  una  patera  nella finiftraalzjta.  Figurano  quello  riverio  il 
Clioul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani  >  pag.  34.  e  l’ Agoftini , 
dial.  2.  p.  58.  nu.  9.  ma  però  come  cavata  da  Medaglia  del  iuiicguente  Conio- 
lato  di  Domiziano,  COS.  XIII. 

,4  IMP.CAES.DOMIT.AVG.  GERM.  COS. XIII. GENS.  FERP.P.P. 
VIRTVTI  AVGVSTI.  S.  C.  Figura  militare,  in  atto  di  caminare ,  con  un 
pilo  nella  deftra,&  una  mazza,©  parazonio  nella  finiftra.  2.  Figurata  apprelTo 
r  Agoftini ,  dial.  2.  p.  37.  n.  r ,  &  il  du  Choul  nel  Libro  fopracirato ,  p.  2 1 . 

15  IMF.  CAES.  DOMIT.  AVG.  GERM.  CoS.  XllII. GENS.  PER.  P.  P. 
PONT.  MAX.  TR.  P.  Vili.  LVD.  SAEC.  Vn  Tempio ,  di  cui  ft  vedono 
tré  Colonne  d’architettura  Dorica  ,&  in  elio  una  Figura  aftila  lopra  un  palco, 
in  atto  di  porgere  una  patera  ad  un’  altra  Figura  in  piedi ,  che  la  riceve  ;  tra  cui , 
&  il  pilco  v’ è  r  effigie  d’un  fanciullo,  che  inalza  le  mani  in  atto  di  chiederò 
qualche  cola .  A  piedi  della  Figura  ledente  vi  iono  due  Vali ,  uno  per  parte ,  dì 
belliffimo artifizio:  e  nella  baie  del  palcofilegge  S.  P.  Qj^  R.  SVF.  P.  D. 
dotto  S.  C.  Nel  che  trovafiquefta  non  poco  differente  da  quelle  Medaglie  di 
Domiziano  co!  rivcrlo  de’ giuochi  lecolari,  figurate  dall’ Frizzo ,  p.  278.  c  fe- 
guenti.  Fu  battuta quefta,  quando  Domiziano,  celebrati  i  giuochi  lecolari, 
diftribuìal  Popolo  Romano  1  Suffimenti  per  efpiarfi  avanti  i  Sacrifizii ,  fignifi- 
cando  le  ultime  lettere  d^l  palco,  Suffimenta  Populo  Data^  cioè  Lthamina^ 
eh’  erano  zolfo,  &  incenfo.  Riverì©  figurato  dall’  Angeloni,p.  98.00.7, 

16  IMP.  CAES.  DOMIT . 

COS.  Xllll.  LVD.  SAEC.  F.  S.  C.  Tempio,  con  un  Sacrifizio  di  tre  Fi¬ 
gure:  una  delle  quali  rapprelentara  in  habito  Sacerdotale  Ita  con  una  patera 
nelladeftra  in  attodi  verlarla  (opra  il  fuoco, che  arde  sù  l’ara .  Delle  altre  due 
1’ una  ftà  in  atto  di  fuonare  la  Cetra,  l’altra  di  dar  fiato  a  due  pifferi.  Figurano 
diligentemente  quefto  riverfo  il  Vico  tra  le  Imagini  de’  Ccfari ,  al  nu.  2.  di  Do¬ 
miziano,  p.  56.  c  Guglielmo  du  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi 
Romani, p.  251.00.  2.  del  di  cuifignificatomeritad’efler  lettociòche  nclcri- 
ve  Carlo  Patini  nella  Ipiegazione  delle  lue  Medaglie  Imperiali  di  mediocre,  c 
minima  grandezza,  dove  a  p.  158.  ne  figurò  cinque  differenti  da  quefto,  e 
d’impronto ,  c  d’ ifcrizzione . 

17  IMP.  CAES.  DOMIT.  AVG.  GERM.  P.  M.  TR.  P.  XI. 

IMP.  XXI.  COS,  XV.  GENS.  P.  P.  P.  Statua  di  Pallade  lopra  un  piede- 
jftallo ,  con  un  fulmine  nella  delira ,  e  lo  Scudo  alzato  nella  finiftra ,  e  la  Civetta 
da  piedi .  Medaglia  d’ argento  piccola . 

18  IMP.  CAES.  DOMIT.  AVG.  GERM.  COS.XV.  GENS.  PERP.P.  P. 
lOVl  VICTORI.  S.  C.  Giove  fedente  coll’ imagine  alata  della  Vittoria  nel¬ 
la  delira,  de  un’ afta  nella  finiftra.  3.  Riverì©  figurato  dal  Choul  nel  Libro  Io- 
pracitato,p.  55.  n.  3.  e  dall’ Ange  Ioni  nell’Iftoria  Augnila,  p.  98.0. 20. 

19  VIRTVTI  AVGVSTI.  S.  C.  Figura  militare  con  un’ afta  nella  delira, 
&  un  pilo  nella  finiftra. 

20  MONETA  AVGVSTI.  S.  C.  L’effigie  della  Dea  Moneta,  che  nella 
delira  tiene  una  Statera,  nella  finiftra  un  Cornucopia.  Agoftini  fol.  5.  nu.  7. 

21  FORTVNAE  AVGVSTI.  S.C.  Imagine  llolata  della  Fortuna  in  piedi, 
col  timone, e ’l  cornucopia.  Riverì© figurato  dall’ Agoftini,  dial  2.  p.  63.  n.5. 

2  2  IMP.  CAES.  DOMIT.  AVG.  GERM.  COS.  XVI.  GENS.  PER. 
P.  P.  Domiziano  colla  Corona  radiata. 

23  VIRTVTI  AVGVSTI.  S.  C.  Figurarailitare  »  coll’ afta,  e ’l  pilo,  co¬ 
me  lopra  nella  decimanona .  2. 


24  lOVI 


LIBRO  A  \  T  0,  CAB,  Il 


24  lOVI  VICTORI.  S.  C.  Giove  fedente,  colla  Vittoria,  c  l’afta,  Gome 
nella  quinta  .  Bico,  p.  ?i. 

25  VICTOR.  AVGVSTI.  S.  C.  Marte  Gradivo. 

26  FORTVNAE  AVGVSTI.  S.  C.  I/ Imagine  della  Fortuna  in  piedi, 
col  timone  nella  delira ,  e  ’l  cornucopia  nella  lìniftra .  DalT  altra  banda  i’  Impe¬ 
ratore  hà  la  Corona  radiata . 

27  MONETA  AVGVSTI.  S,  C.  Il  tipo  della  Dea  Moneta ,  come  fopra . 
Tré  di  conio  differente ,  efiendo  in  una  l’Imperatore  colla  Corona  radiata,  nel» 
le  altre  Laureato. 

28  IMF.  CAES.  DOMIT.  AVG.  GERM.  COS.  XVII.  CENS.  PERP. 
P.  P.  L’Imperatore  colla  Corona  radiata.  Quefta  Medaglia  nonhà  riverfo  . 
In  altre  però  di  lìmil  conio  v’è  S.  C.  con  un’Arco  trionfale,  e  due  Quadrighe 
tirare  da  gli  Elefanti. 

XFl.  Nerva, 

a  |MP.  NERVA  CAES.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  COS.  II.  DESIGN.  III. 
£  P.  P.  Nerva  Laureato, 

CONCORDIA  MILITVM.  S.  C.  Due  delire  congiunte.  Medaglia  divcr- 
fa  da  quella,  che  con  limile  ilcrizzlone  figura TErizzo,  p.  297.  clprimendo 
quegli  nel  fuo  riverfo  una  Infegna  militare  tenuta  dalle  due  mani  congiunte ,  e 
di  lotto  una  proradi  Nave,  come  olTervali  anco  in  una  figurata  dal  Eleo,  p.37. 
che  in  quefta  non  fi  vedono . 

2  IMP.  NERVA  CAES.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  II.  COS.  III.  P.  P. 
FORTVNAE  AVGVSTI.  S.  C.  La  Fortunaftante,  coltimonealladcftra, 
&  un  cornucopia  nella  liniftra ,  da  cui  pende  un  drappo .  11  diritto  di  quefta  Me¬ 
daglia  trovali  figurato  apprefto  il  Patini  nelle  Medaglie  di  mezana,  e  minima 
grandezza,!.  171.  Mifù  donata  dal  Co.Gafparo  Bombaci,  trovata  in  Imola 
dai  Co.  Antonio  fuo  figliuolo . 

3  IMF.  NERVA  CAES.  AVG.  P.  M.  TR.  P.  COS.  IIIl.  P.  P. 
FORTVNA  AVGVSTI.  S.  C.  Colla  Fortuna,  come  nella  precedente,  ma 
di  conio  differente.  2. 


XVIT.  Tradam, 

1  I MP.  CAES.  NERVA  TRAIAN.  AVG. 

1.  S.  C.  Figura  militare,  che  ftà  in  piedi,  tenendo  un  pilo  nella  delira ,  e  lo 
Scudo  nella  liniftra  ;  piccola  ,  ma  vaga . 

2  IMP.  CAESAR  TRAIANVS  AVG.  P.  M.  TR.  P.  COS.  II.  P.  P. 
Trajano  radiato. 

SALVS  PVBLICA.  S.  C.  EHìgicdellaDcaSaIute,conunapatcranena- 
delira,  e  la  liniftra  appoggiata  ad  un  timone  da  Nave,  tenendo  un  piede  alzato 
fopra  un  globo ,  che  in  alcune  fembra  un  vaio .  Due  di  conio  differente . 

3  IMP.  CAES.  NERVA  TRAIAN.  AVG.  GERM.  P.  M. 

TR.  POT.  COS.  mi.  P.  P.  S.  C.  Imagine  alata  della  Vittoria,  che  tiene 


uno  Scudo  nella  delira,  in  cui 


S.  P. 
Q.R. 


Sei  di  tré  conii  diverlì 


4  IMP.  CAES.  NERVA  TRAIAN.  AVG.  GERM.  P.  M.  TR.  P.  VI. 
IMF.  mi.  COS.  mi.  DES.  V.  P.  P.  S.  C.  Figura  di  donna  fedente,  con 
un  ramo  nella  delira ,  &  un’  alla  nella  finiUra . 

$  Figura  fedente  avanti  ad  un’  ara ,  con  una  patera  nella  delira ,  &  un  cornu* 
copia  nella  finiftra . 

6  IMP.  CAES.  NERVA  TRAIAN.  AVG.  GERM.  DACIVS  P.  M. 
TR.  P.  VII.  IMP.  mi.  COS.  lilL  DES.  V.  P.  P.  La  Vittoria ,  che  teocn.i 

do  li 


35<5  ^^ySEO  COSPIANO 

do  il  piè  deflrofopra  un  globo,  (là  in  atto  di  muovere  il  paffo,  portando  nella 
(iniftra  un  trofeo  d’arme ,  nella  dettrauna  corona  d’alloro. 

7  IMF.  NERVA  TRAIANVS  AVG.  GER.  DACIVS. 

P.  M.  TR.  P.  COS.  V.  P.  P.  Imagine  alata,  e  ftolata  della  Vittoria,  che 
camina  tenendo  una  corona  d’alloro  nella  delira,  &  un  ramo  di  palma  nella  (ì- 
niftra.  Medaglia  d’argento  non  mentovata  dall’ Occone. 

8  IMP.  CAES.  NER.  TRAIANO  OPTIMO  AVG.  GER.  DAC.  P. 
M.  TR.  P.  COS.  V.  P.  P. 


S.  P.  Q.  R.  OPTIMO  PRINCIPI.  S.  C.  La  Vittoria,  che  in  uno  Scudo 
attaccato  ad  un  tronco  d’albero ,  che  fembra  palma  ,  (crivc  a  Icuoc  lettere ,  forfi 

DAC  vede, e  parcicolarmcntenel  river- 

fo  colla  mcdcfìmaifcrizzionc  figurato  dall’ Agoftini, diai,  z.p.  53.0.9.  e  dal- 
l’ Angeloni,  p.  i  22.  nu.  20. 

9  La  fudetta  ifcrizzione ,  con  una  Figura  di  donna  ftolata  in  piedi, che  tiene 
un’afta  nella  finiftra  ,  e  la  delira  diftefa  (opra  un  globo. 

10  IMP.  CAES.  NERVAE  TRAIANO  AVG.  GER.  DAC.  P.  M. 
TR.  P.  COS.  V.  P.  P. 

FELICITAS  AVGVST.  S.  C.  Figura  di  donna  ftolata  in  piedi ,  con  un  cadu¬ 
ceo  nella  dcftra,  &  un  cornucopia  nella  finiftra .  Medaglia  molto  grande,  c  bella . 
P  II  Figura  Equeftre  di  Trajano  armato  có  un  dardo  nella  dcftra,  in  atto 
j  di  correre  addolfo  a  gl’  inimici ,  de’  quaii  le  ne  vede  elprcflo  uno  proftraro 
i  (otto  il  di  lui  Cavallo  ,comc  nelle  Figure, che  propógono  l’ Erizzo,  p.30 1. 
j  ilBieo,  p«35.  e’I  Patini  tra  le  Medaglie  Imperiali  mediocri,  cm  nimedi 

S*  bronzo, p.  179. n.  i. 

1 2  Altro  fimile,ma  più  grande  di  conio  differente, d’eccelicntifs.  artef. 
13  ImaginedellaSalutefedentecolSerpente  tel’altare.  Trèdi  gran¬ 
dezza  diveda. 

14  Figura  militare  in  piedi  con  un’afta  nella  delira,  8c  un  baftone  da 
comando ,  ò  più  tolto  parazonio ,  nella  finiftra .  Due ,  nelle  quali  l’ Impe¬ 
ratore  è  radiato ,  Rivcrlo  differente  da  quello ,  che  con  limile  ilcrizzione 
figurali  dal  Bieo  ,p,  35. nu.  7. 

1 5  Effigie  di  donna  dante  con  una  verga ,  ò  ramo  d*  albero  nella  dcftra. 
Se  un  parazonio  nella  finiftra . 

1 6  Altra  con  tré  legni  militari ,  Halli  pure  in  argento  quello  riverlo , 
figurato  dal  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani  ,p.  31. 
della  traduzzione  del  Simeoni . 

1 7  Fortuna  dante  colla  delira  al  timone, e’I  cornucopia  nella  finiftra .  3. 
18  Trofeo  d’ un’ Armatura  intiera  drizzata  (opra  un  legno,  collo  Scu¬ 
do  alto ,  rotondo .  Tré  differenti,  cioè  coll’Imperatore  Laureato,  c  ra¬ 
diato  .  Figura  quello  riverfo  il  Bieo ,  p.,34. 

19  Eifigiedcll' Abbondanza  in  habito  di  donna  dante  con  un  cornu¬ 
copia  nella  finiftra ,  e  nella  delira  due  (piche  lopra  un  vaio  pieno  pure  di 
{piche,  loftenuto  da  un  crepiedi:  di  dietro  v’è  una  prora  di  Nave .  Meda¬ 
glia  d’eccellente  Maeltro ,  col  capo  dell’ Imperatore  radiato . 

20  Marte  Gradivo,  con  un’ afta  nella  delira,  &  un  legno  militare  nella 
finiftra  ^appoggiato {oprala {palla.  L’Imperatore  è  radiato. 

21  La  V ittoi  ia ,  che  nella  finiftra  tiene  un  ramo  di  palma ,  &  impone  la 
delira  {opra  un  trofeo . 

22  L’ Equità  colle  bilancie  nella  delira, &  un  cornucopia  nella  finiftra. 

23  iMP. 


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PO 


1 


I 


LIBRO  SPARTO.  CAP,  il,  357 

»3  IMP.  CAES.  NERVAE  TRAIANO  AVG.  GER.  DAC  P.  M.  TR. 
P.  COS.  VI.  P.  P.  Trajano  colla  Corona  radiata. 

S.  P.  Q^R.  OPTIMO  PRINCIPI.  S.  C.  Marte  Gradivo  come  nella  17. 

24  £ELICITAS  AVGVSTI.  S.  C.  Figuradi  donna  in  piedi,  che  levato 
alto  la  dcRra , e  nella  finidra  tiene  un  corno  di  dovizia. 

.......  ANO  AVG.  GER.  DAC.  P.  M.  TR.  ,  ,  ,  ,  Trajano  Lan^ 

reato . 

COS.  VII.  S.  P.  Q.  R.  OPTIMO  PRINCIPI.  Figura  ftolata  in  piedi, con- 
un  ramo  nella  delira  :  d*  argento . 

,  XVIIL  K^driano . 

I  ¥MP.  CAESAR  TRAIANVS  HADRIANVS  AVG.  AdrianoconCo- 
¥  rona  radiata . 


PONT.  MAX.  TR.  POT.  COS.  II.  S.  C. 
2 


f  FORT.  RED.  La  Fortuna  fedente, 
colla  delira  al  timone,  e  ’l  cornucopia 
nella  (ìniRra.  2.  Figurata  dal  Bieo  , 
'  p.37.nu.  9. 

^C^*  Figura  della  Pietà, 


Lche  alza  le  mani  Copra  un*  altare.  2. 

3  aeternitas  AVGVSTI.  S.  C.  Imagine  dell’Eternità  figurata  in 
habico  di  donna,  in  piedi,  con  una  teda  radiata  per  ogni  mano,  fignificante 
quelle  del  Sole ,  e  della  Luna .  Figurali  dal  Choul  nel  Libro  della  Religione  de 
gli  antichi  Romani,  p.  131.  edairAngeloni,p.  147.0.10.  ma  come  cavata  da 
Medaglia  d'altra  ifcrizzione . 


4  P  Figura  di  donna  in  piedi  colla  de* 

Idra  alzata,  &  un  cornucopia  nella  fi^ 
nidra . 

PONT.  MAX.  TR.  POT.  COS.  III.  S.  C.  ^  Roma  fedente  colla  Celata  in  capo; 
.  5  I  l’ada  nella  dedra,  e  la  Vittoria  nella 

ffinidra.  Inamendue  l’Imperatore  è 
'^.Laureato. 

6  IMP.  CAESAR  TRAtAN.  HADRIANVS  AVG.  Laureato; 

'7  r  Figura  dolata ,  con  un  ramo  nella  dedra ,  &  un 

(cornucopia nella finidra.  2. 

Nettuno,  con  un  tridente  nella  dedra,  &  un 
f  Delfino  nella finidra,  tenendoli  pièdedrofopra 
P.  M.  TR.  P.  COS.  in.  S.  C.<  una  prora  dì  Nave . 

9  ?  FORT.  RED.  La  Fortuna  fedente,  come  nel- 

I  la  prima. 

[  I  LIB.  PVP.  Effigie  della  Libertà  ,  col  plico 
^nella  dedra ,  &  un*  ada  nella  finidra . 
io  HADRIANVS  AVG.  COS.  III.  P.  P.  Laureato. 

FORIVNA  AVG.  S.  C.  Xa  Fortuna  io  piedi,  col  timon della  Navenella 
dedra,  &  un  cornucopia  nella  finidra.  3. 

Il  Simile,  ma  più  piccola,  nel  cui  riverfo  laFortunahà  una  patera  nella,; 
dedra. 

12  FELICITAS  AVG.  S.  C.  Imagine  della  Felicità  col  caduceo  nella  fi¬ 
nidra  ,  porgendo  la  dedra  all’  Imperatore .  la  figurano  l’ Agodini ,  dial.2.  p.  2. 
nu.4.  el’Angelonip.  i48.nu.  35. 

«3  AEQVIT . S.  C.  Iraaginc  dolata  dell*  Equità,  colle  bilancie 

nella 


U  V  S  E  0 

nella  delira,  &  un’  afta  femplice  nella  finiftra .  Riverfo  non  veduto  dairOcconel! 

14  HADRIANVS  AVG.  COS.  III.  P.  P.  S.  C.  Figura  ftolata  io  piedi 
con  una  patera  nella  delira ,  &  un’  afta  nella  finiftra , 

FORTVNA,  SPES.  ImaginijdcllaFortuna.edellaSperanza,  che  fi  porgono 
le  delire.  La  Speranza  hà  un  cornucopia  nella  finiftra. 

15  ANNONA  AVG.  S.  C.  Figura  dell’ Annona,  che  colla  finiftra  ioopui 
gna  una  pianta  di  frumento ,  nella  delira  tiene  alcune  Ipiche  fopra  un  vafo ,  che 
clivi  hà  da’  piedi ,  fimilmente  pieno  di  Ipiche . 

16  VICTORIA  AVG.  Figura  alata,  e  ftolata  della  Vittoria  in  piedi,  che 
nella  finiftra  diftela  tiene  un  ramo  di  palma,  &  accofta  la  delira  ad  una  bolla, 
che  le  pende  dal  collo  ,come  la  chiama  l’ Occone ,  p.  1 57. 

17  CLEMENTIA  AVG.  COS.  III.  Figura  ftolata  in  piedi, con  una  pate¬ 
ra  neliadcftra,  &  un’ alia  nella  finiftra. 

18  AFRICA.  S.  C.  Figura  dell’ Africa  efprelfa  in  habito  di  donna  giacen¬ 
te  ,  coll’acconciatura  della  teftafimigliante al  capo d* un’  Elefante, tenendo  un 
corno  di  dovizia  nella  finiftra ,  &  uno  Scorpione  nella  delira ,  con  un  celione  a* 
piedi  pienodi  (piche di  frumento.  Spiegano  Tornamento  del  capo  di  quefta 
Figura que’  Verfi  di  Claudiano. 

T UHC  fpicis  ,  &  dente  comxs  infignis  eburno , 

"Et  calido  rubicunda  die  Jìc  Africa  fatur . 

Medaglia  battuta  forfi  perche  Adriano  fù  di  nazione  Africano ,  come  nota  Dio¬ 
ne.  La  figura,  clpicga  l’Erizzo,  p.350.  l’ Agoliini,  dial.  3.  p.8$i.  n.  i.  c’I 
Patini  tra  le  Imperiali  mediocri , e  minime ,  p.  1 9 1.  nu.  7. 

19  AEGYPTOS.  S.  C.  La  Dealfide  ledente,  con  un  fiore  lui  capo,  il  fi- 
ftro  in  mano ,  l’ uccello  Jbidc  da  un  lato ,  e  il  celio  p'cno  di  biade  in  terra.  Ri- 
verlo  figurato  dall’  Agoliini  ,dial.  3.  p.  99.  n.  1 .  dal  Bieo ,  p.  39.  dall’  Angelo- 
ni,  p.  149.  n.  57.  dal  Mofcardojl.  i.Muf.c.  7.p.  14.  (dove  però!’ ilenzzione 
dell’altro  lato  è  alterata  ,leggendovifi  COS.  IIII  )c  dal  Patini  tra  le  Imperiali 
minute,  e  minime,  p.  191.  n.  4.  enelTeforo,  p.  161.  dove  pure  lo  publica, 
<om’  efprefto  in  argento ,  p.  66. 

20  HADRIANVS  AVGVSTVS.  Adriano  radiato. 

S.  C.  Oianain  piedi  .colTarco  nella  finiftra,  &  una  freccianelladeftra. 

21  r  Figuraalfìla (opra  una  mairadifpoglie  militari,  tenendo  la 
j  Vittoria  nella  delira,  &  un  cornucopia  nella  finiftra . 

2  2  Effigie  di  donna  in  piedi ,  che  nella  finiftra  alzata  tiene  una 


Daterà  dìc  na  di  biade . 


24  .  Figura  (iolata  in  piedi,  furi!  della  Speranza,  colla  delira  di- 
I  ftefa,  &  un  cornucopia  nella  fiuiftta .  Due  di  conio  differente, 
!  vedendoli  in  una  la  telia  dcU’Imperatorc  radiata,  nell’altra.. 
^Laureata . 

25  IVSTITIA  AVG.  COS.  II.  S.  C.  Donna  fedente,  con  una  patera 
nella  delira,  &  un’afta  nellalìniftra. 

26  IVSTITIA  AVG.  COS.  III.  P.  P.  S.  C.  colla  figura  del  preceden¬ 
te  riverlo,  ma  in  forma  più  piccola. 

27  CLEMENTIA  AVG.  COS.  III.  P.  P.  Figurata  dall’ Angeloni,pag. 
147.  nu.  1 3. 

28  COb.  .  .  .  S.  C,  Imagine  d’ Adriano  a  cavallo,  inatto  di  viaggiare, 
fopra  cui  fi  legge  PRO.  AVG.  c\oh  Profeflio  Augufti , 

29  HA- 


L  l  rB  K  0  P  A%T  0,  CAP.  il.  35> 


%9  HADRIANVS  AVGVSTVS,  P,  P,  Adriano  radiato . 

HILAH1TA3  JL*  Irnagitie  deir  Ai{egre;?a  in  piedi  oon  un  cornu* 

copia  nella  finiftra*c  la  delira  dillefa  (opra  un  ramo  di  palma,  con  due  fìgurine 
di  fanciulli  in  piedi,  uno  per  laro,  e  lotto  CQS.  III.  2.  Figurali  quellQ  viverlo 
dajl'Àgoftini.dial.  a.p.yd.n,  i.  edall?Ange|pni,p.  149.11. 

ConlìmiIcIfcrÌ2zìone,eriyerlo  ,ma  con  un  Fanciullo  lolo. 
il  CLEMEiyjIA  AVGj  COS.  IJI.  P.  P.  S.  C.  Figura  ftolata  della 
Clemenza,  che  tiene  una  patera  nella  delira,  &  un’afta  nella  finiftra.  Riverfo 
^gurato  dall*  Agoftini ,  diài.  2.  p.  47.  n.  3* 

^  It  9  ..  .  COS.  .  .  .  S.  C.  VnajQalea  col  fuo  ordine  ^i  remi  differente* 
da  quella  ,che  figurali,  c /piegali  dall  ‘Frizzo nel fuo  Adriano,  p.  370. 

33  IMP.  CAESAR  TRAIANVS  HADRIANVS  AVG,  P.  M.  TR.  P. 

COS.  II|.  ,  . 

CONCqRDIA  EXERCITVyM.S,  C  Figura  della  Concordia  in  piedi  con 
un  legno  niiljtarc  per  ogni  mano .  Vedalcncr  effigie  appreffo  F  Agoftini,  diai, 
?:P*39‘n.7- 

34  IMP.  CAESAR  TRAIANVS  HADRIANVS  AVG.  P.  M.  TR,  P. 
CQS.  III.  P.  P. 

MONETA  A YGVSTI.  S.  C.  Imagine  ftolata  della  Dea  Moneta  in  piedi 
colle  bilancie  nella  delira ,  &  un  cornucopia  nella  liniftra . 

XIX.  Elio. 


*  T  AELIVSf  CAESAR.  Faccia  maeftofad’ Elio,  con  capigliatura,  ebar- 
JL^*  ba  riccia, 

S.  Ci  Cinque  figure  militari ,  &  una  togata  in  piedi  avanti  un’  altare  di  Giove, 
c’hàl*  Aquila  da’ piedi, 

2  L.  AEL.  AVREL . come  (opra , 

TR.  POT.  S.  C.  Effigie  di  donna  in  piedi ,  colla  delira  folleviua  ij 

f  diftela  in  fuori ,  e  che  colla  (ìniftra  (oftiene  una  falda  della  Tua  Velie .  Forlì  è  in 
Pietà ,  piotivata  dall’ Occone ,  p,  1 67. 


XX,  Antonino  pio  . 

I  A  NTONINVS  PIVS  AVG.  .  .  .  .  ‘ 

a\.  S.  C.  Figura  di  donna,  in  piedi,  con  un  ramo  nella  delira,  &  uncor» 
nucopia  nella  finjftra, 

2  ....  .  ANTQNINVS  AVG.  PIVS. 

......  COS.  DES.  II.  S,  ip.  Figura  ftolata  in  piedi  ,^on  tre  (piche  nella 

delira  un  cornucopia  nella  lìnillra . 

3  ....  .  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P. 

........  S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi,  con  uu cornucopia  nella finiftra, 

e  la  delira ,  che  regge  ,  ò  il  timone ,  ò  le  bilancie  non  ben  diftinte. 

4  ANTONINVS  AVG.  PiyS.  P.  P.‘  TR.  COS.  I?, 
imperator  il  LIBERT.  S,  Imagine  della  Libertà  rapprefentata  in  ha^ 
biro  di  donna,  che  Uà  in  piedi,  tenendo  il  pilco,  lua  Inlegna,  pendente  dalla 
delira,  &  un*  afta  nella  liniftra.' 

5  ANTONiNys  AVG.  PIVS. 

.  .  .  .  ERA  .  .  ...  Figura  di  donna  ftolata,  che  nella  delira  tiene  due  Ipl- 
che,  Q  papaveri ,  che  fiano  :  nella  liniftra  una  patera  piena ,  come  di  biade . 

^  .  .  Telia  d’Antonino  Laureata. 

........  S.  C.  Lupa  lattante  Romulo,  e  Remo,  Medaglia,  di  minima 

grandezza  pe^que* tempi.  Simile  riverfo,  con  lettere  IMPERATQR  IL  fi« 
gurafi  dal  Patini  tra  le  Imperiali  mediocri ,  e  minime ,  p.  a  14.  n.  3. 

7  IM- 


UVSEO  C  0  S  T  ì  A  0 

7  IMP.  T.  AEL.  CAES.  HADR.  ANTONINVS  AVG.  PIVS . 

P,  M.  TR.  POT . (forfiCOS,  II.  come  nella  mentovata  dall’ Oc- 

concp.  170.)  S.  C.  Imagine  della  Fortuna,  colla  delira  ai  timone,  &  un  cor¬ 
nucopia  nella  fìniRra.  2. 

8  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P. 

TR.  POT.  COS.  II.  S.  C.  Figuraaffìla  in  un  leggìo,  tenendo  una  verga,  ò 
baRoncello  nella  delira .  &  un  corno  di  dovizia  nella  lìniRra . 

9  . COS.  II.  S.  C.  Figura  Rotata  in  piedi,  con  un  ramo  nella  de* 

Ara,  &  un  cornucopia  nella  lìniRra.  Due  differenti  di  conio. 

10  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P.  TR.  P.  COS.  III. 

AVRELIVS  CAESAR  AVG.  PII  F.  COS.  S.  C.  Teltadi  M.Aurelio.* 

ti  OPI  AVG.  S,  C.  La  Figura  d*Opi  in  habito  di  donna  fedente  con  un* 
aRa  nella  deRra ,  con  cui  tocca  la  terra ,  e  che  lì  mette  al  capo  la  finiRra . 

12  .  .  .  NE . S.  C.  forfi  MONETA  AVG.  La  Dea  Moneta, 

che  Rà  in  piedi ,  tenendo  le  bilancie  nella  dcRra ,  Se  il  cornucopia  nella  lìniRri:. 

13  IMPERATOR  II.  S.  C.  La  Vittoria  in  atto  di  caminare,  portando  con 
ambe  le  mani  un* aRa , con  [opravi  un  trofeo  d’atmi .  2.  Rivcrfo  figurato  ap» 
preffoii  Bieo,  p.4i.cdairAngeloni,p.'i7i.nu.  1 1. 

14  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P.  TR.  P . .  .  forfi  COS. 

HI.  come  in  altre. 

SALVS . (forfi  AVG.  come  notai’ Occone.p,  173.)  S.  C.  Imagi¬ 

ne  della  Dea  Salute,  con  un’ aRa  nella  lìniRra,  &  una  pace  ranella  deRra,  diRcfa 
verlo  il  Serpente  d’ Efculapio ,  guizzante  lopra  i’  ara  contigua,  lotto  cui  li  leg¬ 
ge  CuS.  HI. 

15  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P.  TR.  P.  XI. 

ANNONA  AVG.  COS.  IIII.  S.  C.  Figura  di  donna,  in  piedi,  con  due  fpi* 
che  di  frumento  neliadeRradiRefa  lopra  un  vaio  pieno  di  Ipichc .  Nella  lìtiiRra 
tiene  non  sòche  lembraò  vomere,  ò  raRro.  Vna  limile  Medaglia  figura  TEriz- 
zo,p.463.elprimendo  nella  lìniRra  deli’  Annona  Ut>  ramo,  e  lotto  quello  un  va¬ 
io  pieno  di  vane  cole  fpettanti  all’  Abbondanza .  L’  Agoltini  in  vece  del  ramo 
feccelprimere  un’ancora  nella  lìniRra  dell’Annona,  dial.2.  p.7o.n.i.  Vn’alcra 
con  limile  ifcrizzionc  figurali  dal  Mofeardo ,  I.  i.  Mul.  c.  22.  p.  43.  ma  in  que- 
Ra  l’ Annona  diRende  egualmente  le  mani  da  ambo  1  lati  in  due  celli  di  Ipiche . 

/  16  ANTONINVS  AVG.  P.  P.  TR.  P.  XII. 

FELICITAS  AVG.  S.  C.  Figura  di  donna  in  piedi  con  un  Caduceo  nella  de¬ 
lira,  &  un  ramo,  come  lembra  , nella finiRra.  Colqual  riverlo  lì  vedonoalcu- 
ne  Medaglie  d’ Antonino,  Rampate  nel  di  lui  terzo  Conlolaco, mentovate  dal- 
TOcconc,p  271.  Vapurdifferenteda  quella,  che  figura  l’ Agoltini,  dial.  2. 
p.6i.n.3.c’l  bico,p.  41. 

17  IvlP.CAES.T.AEL.HADRIAN.  ANTONINVS  AVG.  PIVSP.P. 
TR.  POT.  XlII.  COS.  mi.  S.  C.  Figura  affila  in  un  leggio,  tenendo  due 
[piche  di  frumento  nella  dcltra  diRela  lopra  un  vaio  pieno  pure  di  /piche ,  e  reg¬ 
gendo  colla  lìniRra  Un  corno  di  dovizia  . 

18  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P.  TR.  P.  XV. 

COS,  ini.  S,  C.  Donna  111  piedi,  con  un  timone  alla  deRra,  &  un  cornuco¬ 
pia  nella  lìniRra,  elpreffa  per  la  Fortuna  .come  in  una  d’argento, il  di  cui  river- 
[o  figurali  dal  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani ,  p.  1 96. 

. . S.  C.  Figura Rolaca in  piedi,  con  un’ aRa  nella dcRra  ,& 

una  patera,  come  lembra,  nella  fiiiiUra.diitcla  [opra  un*  altare.  Forfi  è  laSa- 
bace ,  come  nella  fullcgucnte . 


20  SALVS 


X  t  B  R  0  ^  V  A  R  t  0.  CAP.  II.  jSi 

io  SALVS  AVO.  COS.  .  .  .  S.  C.  Effigie  della  Salate,  coll’afta  nella 
finiftra ,  e  la  patera  nella  delira  in  atto  di  facrificarc  fopra  l’ altare  d’ Efculapio 
figuratovi  nel  Serpente.  Due  di  conio diverfo. 

2  1  IMP.  CAES.  T.  AEL  HADR.  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P. 
TRIB.  FOT.  XV.  COS.  IIII.  S.  C.  ANNONA  AVG.  Figura  di  donna  fe¬ 
dente  con  due  (piche  nella  delira ,  (otto  cui  fi  vede  un  cefto  pieno  parimente  di 
(piche.  Nella  finiftra  hà  il  corno  dell’Abbondanza.  Figurali  dall’Agoflini, 
dial.  2.p.7o*n*7* 

22  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P.  TR.  P.  XVI. 
iNDVLGENTIA  AVG.  COS.  IIII.  S.  C.  Figura  di  donna  fedente»  rap- 
prefentata  per  i’  Indulgenza  d’ Antonino,  la  quale  ftende  la  delira,  &  hà  un'afta 
nella  finiftra. 

ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P.  TR.  P.  XVIII.  Antonino  radiato: 
LIBERTAS.  COS.  UH.  S.  C.  Imagine  della  Libertà  in  piedi,  col  pileo  nella 
delira ,  e  la  finiftra  diftefa .  Due  di  conio  di  verfo ,  vna  grande ,  e  Taltra  medio» 
ere,  amendue  differenti  da  quelle, che  mentova  rOcconc,  p.  17R.  battutene 
nel  TR.  F.  XVII. 

24  ANTONINVS  AVG.  :  .  TR.  P.  XVIII. 

FELICIT.  ....  COS.  mi.  S.  C.  Figuraftolata  in  piedi, con  un’ afta  nella 
delira ,  e  due  (piche  diritte  nella  finiftra  diftela  in  fuori .  Ri  verlo  differente  da^ 
quello ,  che  s’ hà  figurato  appreffo  i’  Agoftini ,  nc’  dialoghi ,  p.  di.  n.  i, 

2j  ANTONINVS  AVG.  FIVS  P.  P.  IMF.  II. 

TR.  por.  XIX.  COS,  mi.  Figuraftolata  in  piedi,  con  alcune  fpiche  nella 
delira ,  e  che  impone  la  finiftra  fopra  un’altare , 

2d  ANTONINVS  AVG.  PIVS . 

C  .....  .  IH.  S.  C.  Figura  d’huomo  in  piedi  con  alcune  fpiche  nella  de» 
lira , e  non  sò  che ,  che  non  fi  diftingue, nella  finiftra . 

27  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P.  TR.  P.  XXII. 

FORTVNA  OFSEQVENS,  COS.  IIII.  S.  C.  Imagine  della  Fortuna  Obfc» 
quente  in  piedi  ,con  una  patera ,  come  fembra,  nella  delira  appoggiata  ad  un  ti* 
mone  da  n4  ve,  ed  un  cornucopia  nella  finiftra  .  La  figurò  i’Àngeloni,  p.  172, 
n.  3  T.  &  '1  Patini  trà  le  Medaglie  Imperiali  mediocri ,  e  minime ,  f.  2 17.  n.  4.  c 
prima  di  quelli  l’ Agoftini ,  il  quale  non  sò  perche  in  vece  del  timone  facclle  ef- 
primere  una  coionnetta,ò  ara  piccola  lotto  la  delira  della  Fortuna, d.2.p.64.n.2. 

28  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P.  TR.  P.  XXIII. 

PIETATI  AVG.  COS.  IIII.  S.  C.  Figuramoltobclladclla  Dea  Pietà,  che 
nella  delira  tiene  come  un  globo ,  nel  braccio  finiftro  un  bambino ,  con  due  fan» 
ciulli  a  piedi ,  uno  per  Iato  .  Imprefa,ò  fimbolo  ben  degno  d’Antonino  non 
meno  di  fatti,  che  di  cognome  Pio,  com’efpreffe  Orlino  Velio  ne’  fuoi  Diftici 
fopra  gl’imperatori  ftampati  colle  Imagini  di  quelli  in  Lione  15  J4.  8.  cantan¬ 
done.  Nomine  non  uno  PittSj  Jntonine ,  vocaris. 

Par  que  Num£y  nullo  crimine  notus  obis, 
Figurafiqucftoriverlodair  Frizzo, p.427.  e  dall’ Agoftini,  p.jj.n.tf.  dove 
parimente  al  nu.  4,  ne  figura  uno  d’altro  conio ,  in  cui  la  Pietà ,  oltre  i  due  fan¬ 
ciulli  da  piedi,  ne  hà  due  altri  nelle  braccia,  come  in  altre  figurate  dal  Choul 
nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani,  p.  125.  cavato  da  Medaglia 
d’argento. 

29  PACI  AVG.  COS.  UH.  S.  C.  La  Pace  dante,  con  un  ramo  d'ulivo 
nella  delira .  Et  un’ afta  nella  finiftra. 

20  COS.  IIII.  S.  C.  Vn  Tempio,  ò  più  torto  un’ Arco  di  Tempio,  con  fot- 

Hh  touna 


M  y  S  E  0  C  0  S  P  I  A  N  0 

to  una  Statuai  che  fembra  di  Mercurio,  ha  vendo  nella  finiftra  non  sò  che  pare 
un  caduceo  ♦  Guglielmo  du  Choul,  che  figurò  qut  fto  ri  verfo,  c’  hà  del  raro,  nel 
fopracitato Libro, p. 67.  efprelfe quefta Statua lopra  una  baie  quadrata,  con 
Uno  Scettro  nella  finiftra,  &  un  frutto  nrlla  delira:  che  per  unramulcellofù 
e/preflfo  dall*  Angeloni , p.  1 72.0. 43. 

3*  VOTA  SVSCEPTA  DEC.  III.  COS.  IIH.  S.  C.  Figurad’huomo 
facrificante. 

32  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P. 

VOTA  SVSCEPTA  DEC.  IlII.  COS.  IIII.  S.  C.  Sacrifizio,  come  nella 
precedente. 

53  TR.  POT.  COS.  un,  S.  C,  Figura  Aolata  in  piedi,  colla  delira  diftei 

fa,  &un’aAa nella  finifira. 


34  FORTVNA . COS.  II.  .  .  S.  C.  Imagine  della  Fortuna  in_ 

piedi  col  timone  alla  de  Ara ,  e  *1  cornucopia  nella  fini  Ara . 

33 . .  S.  C.  Donnain  piedi,  con  un  pileo,  come  fembra, 

nella  deAra,& un  cornucopia  nella  lìniAra  ,e  perciò  figurata  per  la  Libertà  . 

36  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P.  TR.  P. 

COS . PAX  AVG.  S.  C.  Figura  ftolata  della  Pace  in  piedi,  con  un 

cornucopia  nella  finillra,&  un  parazonio,  come  Icmbra  .  nella  delira.  Battuta 
nel  mi.  Confolato  d’ Antonino,  come  nota  1*  Occone  all’anno  di  Roma  897. 

37  ANTONINVS  AVG.  PIVS  P.  P.  TR.  P.  COS.  .  . 


FELICI . S.  C.  Facciata  d’ un  Tempio  lolKnuta  da  dicci  colonne, 

nel  di  cui  mezo  fi  vede  una  Statua  di  Deità  favolola ,  e  lopra  il  corniciotto  alcu. 
ne  altre.  Nonparerimagmedel  Tempio  d’ Augnilo  rifatto  da  Antonino, per¬ 
che  dove  egli  ferve  diri  verlo  alle  Medaglie  di  quello  Imperatore  hafolootto 
colonne,  e  quella  ilcrizzione  d* intorno  TEMPLVM  DIV.  AVG,  REST. 
COS.  mi.  S.  C.  Nè  meno  è  quello,  che  fi  vede  in  una  Medaglia  Greca  bat« 
tutadagli Efefii.havendo  egli  orto  colonne ,  e  lotto  b^esion.  che  lo  fanno 
congetturare  quello  di  Diana  Efelina .  Ma  forfi  farà  quello ,  che  in  altre  Meda¬ 
glie  d*  Antonino  fi  vede  con  quefta  ilcrizzione  ANTONINVS  AVG.  PIVS 
P.  P.  TR.  P.  CO"'.  III.  ROMAE  aeternae  S.  C.  EfTendo  parimente 
ivi  elpreffocon  dieci  colonne.  Ilchemifàlolpettare,  che  forfi  debba  leggerli 
in  quella  ROMAE  FELICI. 

38  AET . S.  A.  .  .  S.  C.  forfi  AETERNITAS  AVG.  Figura 

di  donna  in  piedi  rapprelentante  l’Immortalità,  con  due  tefie  radiate,  una  per 
mano  ,  non  in  altezza  uguale ,  come  nel  fa  terza  Medaglia  lopra  riferita  d’Adria- 
no ,  ma  r  una ,  eh’  è  nella  lìnillra ,  a  ra ,  e  l' altra  bada . 

39  SALVS  PVBLICA.  S.  C.  Imagine  della  Dea  Salute  ledente  colla  pa.  . 
tcra  nella  delira  lopra  l’altare ,  e’i  Serpente  d’Elculapio ,  e  la  lìnillra  appog¬ 
giata  alla  leggia ,  lopra  cui  è  affila . 

XX/,  Marco  Aurelio  Antonino  Tilofofo, 

I  A  VRELIVS  CAESAR  ANTON . M  Aurelio  giovanetto. 

XX  TR.  POT.  COS.  .  .  HONOS.  S.  C.  Imagine  delTOnore  in  pie¬ 
di  ,  con  un  ramo ,  come  fembra  nella  deftra ,  &  un  cornucopia  nella  lìnillra .  Al¬ 
cuni  la  giudicano  Medaglia  d’ Antonino  Pio ,  ma  la  tella  piò  fi  ravvila  ad  Anto¬ 
nino  Filololo  in  età  giovanile,  del  quale  fi  trovano  alcune  Medaglie  a  quello 
propofito,  coir  intiera  ilcrizzione  AVRELIVS  CAESAR  AVG.  PII  F.  — . 
TR.  POT.  COS.  II.  S.  C.  HONOS,  con  una  figura  ftolata  in  piedi, che  tic. 
ne  un  cornucopia  nella  deftra ,  &  un’  afta  nella  lìnillra ,  come  nel  ri  verlo  figura- 
lod4U’Agoftint,dial.2.p.8i.n.  1.  e  dal  Choul  nel  Libro  della  Religione  de 
gli  antichi  Romani,  p.  37.  nu,  a.  a  AV- 


LIBRO  il_yA\TO.  CAP.  Il 

I  AVRELIVS  CAESAR  ANTONIN.  AVG.  PII  FIL.  Aurelio,  che  co-’ 
mincia  a  mettere  la  barba . 

TR.  POT.  VI.  COS.  II.  VIRTVS.  S.  C.  Figura  militare  in  piedicon  uno 
Scettro ,  ò  bafton  da  comando  nella  delira,  Se  un’  aRa  nella  fìnìRra .  Con  limile 
ifcrizzione,  &  impronto  ven’hà  una  d’ argento  tra  le  Medaglie  di  Caia  del  Sig* 
Marchefe,  trovata  dal  Dottor* Ovidio  Monralbani,  di  bona  memoria  nella  fua 
Villa  di  Cafaglia ,  in  un  campo , detto  il  Campo  delle  Pietre,  per  trovarli  in  elio 
non  foto  delle  Medaglie  ,  ma  di  frammenti  di  fabbriche  nobilidime,  come  capi¬ 
telli  di  marmo  lavorati  efquiiitamente ,  e  pezzi  grandiflimi  di  tra  vertin',  con  im« 
poRaturc  di  ferro:  tutte  reliquie  de* /uperbiediHzii ,  che  nobilitavano  fanti- 
chiama  Via  di  Toicana  ;  la  quale  da  Pianoro  palTava  Savena ,  dove  quello  Fiu¬ 
me  è  più  Rretto ,  e  tirava  dritto  per  gli  Colli  bora  detti  di  Cafaglia ,  e  per  Cafa- 
iecchio ,  padando  il  Reno  dov*  egli  era  più  anguRo ,  e  giungeva  toRo  nella  via 
piana  della  Lombardia .  Di  che  ne  fono  indizio  altre  ycRigia  d’ antichità ,  che 
ti  trovano  ne  gli  accennati  luoghi .  ~ 

3  AVRELIVS  CAESAR  AVG.  PII  FIL. 

TR.  POT.  Vini.  COS.  II.  S.  C.  Imagine  della  Salute  in  piedi, con  una  pa-' 
cera  nella  deRra  Rela  fopra  l’ ara  d’ Efculapio  efprelTo  vi  in  figura  di  Serpente .  a . 

4  AVRELIVS  CAESAR  AVG.  PII  F. 

TR.  P.  XIII.  COS.  II.  S.  C.  Figura  militare  in  piedicon  un  baRon  da  co¬ 
mando  nella  RniRra ,  Se  un’  aRa  nella  deRra . 

5  CONCOR . S.  C.  Figura  della  Concordia  in  piedicon  una 

patera  nella  deRra ,  &  un  corno  di  dovizia  nella  RniRra . 

6  IMP.  CAES.  M.  AVREL.  ANTONINVS  AVG.  P.  M. 

CONCORD.  AVGVSTOR.  TR.  P.  XV.  COS.  III.  S.  C.  Le  Imagini  de* 
due  Fratelli  Marco  Aurelio,  e  Lucio  Vero,  che  lì  porgono  le  deRre  in  legno  del- 
r  uniformità  de’  voleri  nel  gran  maneggio  dell’  Imperio .  E’  Medaglia  di  fingo- 
lare  bellezza,  e  la  Rgurano  il  Choul  nel  Libro  del  la  Religione  de  gii  antichi  Ro¬ 
mani,  p.  24.  eTErizzo,  che  di  vantaggio  la  /piega,  p.473.  propongono  il 
medelìmo ri verfo  anco  l’ AgoRmi ,  p. 40.  n.  5.  e  1*  Angcìoni ,  p.  1 93.  n.  1  a .  ma 
variano  nell* ifcrizzione. 

7  IMP.  M.  ANTONINVS  AVG.  COS.  .  :  .  forfi  III. 

; . AVG . forfi  CONCORDIAE  AVGVSTOR.  co¬ 

me  in  altre  fi  vede ,  havendo  queRa  le  due  Imagini  de*  Fratelli  Augufli  congiun¬ 
genti  le  deRre,  come  nella  precedente:  de*  quali  uno  hà  l’aRa  nella  RniRra .  E* 
Medaglia  aliai  più  piccola  dell’  antecedente ,  ma  non  men  bella  ,  e  forfi  più  rara; 

8  . ANTONINVS  AVG.  P.  M. 

. IMP.  II.  S.  C.  Vittoria  gradiente  con  una  Laurea  nella  deRra;^ 

&  un  ramo  di  palma  nella  RniRra . 

9  M.  AVREL.  ANTONINVS  AVG.  ARMENIACVS  P.  M. 

TR.  POT.  XX.  IMP.  III.  COS.  III.  S.  C.  Figura  di  donna  con  una  vergi 
nella  deRra ,  un’aRa  nella  RniRra ,  &  un  globo  da  piedi . 

10  M.  ANTONINVS  AVG.  ARM.  PARTH.  MAX. 

TR.  POT.  XXIL  IMP.  V.  CoS.  111.  S.  C.  Imagine  di  donna  fedente  col. 
le  bilancie  nella  deRra ,  Se  un  corno  di  dovizia  nella  RniRra , 

II  TR.  POT.  XXIII.  IMP.  V.  COS.  IH.  S.  C.  Colla  figura  del  prece: 
dente  riverfo. 

12  M.  ANTONINVS  AVG.  TR.  P.  XXV. 

COS.  III.  S.  C.  Figura  di  donna  in  piedi,  con  un  dardo  nella  deRra /allevata^ 
&un*arconelIafiniRra,efpre(ra  forfi  per  Diana.  2. 

Hh  2  .  ^}  IMP* 


( 


3^4  UP  S  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 

13  IMP.  M,  ANTONINVS  AVG.  TR.  P.  XXV. 

PRIMI 

N  ALES  )  in  una  gran  corona  d’alloro.  2.  Riverfo  figuraro  dal  Bico,  p.  45, 
cos.  Ili/  edall’Angeloni^p.  193.0. 18. 
s* 


14  M.  ANTONINVS  AVG.  TR.  P.  XXVI. 

IMP.  VI.  COS.  IH.  S.  C.  Imagine  alata,  della  Vittoria  in  piedi  accanto  ad 
un  tronco  d’albero,  che  fcmbra  palma ,  da  cui  pende  uno  Scudo  con  alcune  let» 
tere  ,  chenonfidiftinguono  ,  maforfilono  VIC.  GERM.  come  fi  vede  in  al¬ 
tre  Medaglie  di  quefto  Imperatore ,  mentovate  dall’  Occone ,  p.  195. 

1 5  La  medefima  ifcrizzione  attorno  1’  effigie  di  donna  fedente  coll’elmo  in 
iella ,  una  V ittoria  nella  delira ,  &  un’  afta  nella  finiftra  ;  efpreffe  lorfi  per  Palla¬ 
de,  ò  per  Roma. 

16  M.  ANTONINVS  AVG.  TR.  P.  XXVH. 

Il  medefimo  ri  verfo  della  precedente ,  toltane  ha  celata  alla  donna  fedente . 

17  M.  ANTONINVS  AVG.  TR.  P.  XXVIII. 

IMP.  VI.  COS.  III.  S.  C.  Figura  d’huomo  in  piedi  con  un  ramo  nella  de¬ 
lira  ,  ^  un’  afta  nella  finiftra . 

18  M.  ANTONINVS  AVG.  TR.  P.  XXIX. 

IMP.  VII.  COS.  III.  S.  C.  Figura  d’ un  Fiume  giacente,  vcftito  dall’ umbi¬ 
lico  in  giù ,  che  colla  delira  tiene  una  barca ,  c  colla  finiftra  un  ramo ,  appog¬ 
giandoli  fopra  un*  Vrna ,  che  verfa  in  abbondanza  l’ acqua .  A  Icuni  io  giudica¬ 
no  il  Tevere ,  che  fieramente  inondò  al  tempo  d’ Antonino ,  come  in  altre  Me¬ 
daglie  del  medefimo  fi  vede ,  con  lettere  TIBERIS .  Io  però  col  Patini ,  che 
porta  in  figura  quefto  riverfo  nelle  Medaglie  Imperiali  di  mediocre ,  e  minima 
grandezza,  p.  234.  n.  5.  credo  fia  il  Fiume  Reno,  come  fimbolo  della  Germa¬ 
nia  da  M.  Aurelio  loggiogata,fi  come  dimcfirano  altre  lue  Medaglie .  Figurano 
quefto  riverfo  anco  1’ Agoftini,dial.  3.  p.  103.  n.  2.  il  Bieo,p.  47.  e  l’ Erizzo, 
cheinfieraenedilcorrealungo,p.494.  di  quefto  conio  ven’hà  2. 

19  M.  ANTONINVS  ÀVG.  .  .  GER.  TR.  P.  XXVIIII.  M.  Aurelio 
colla  Corona  radiata. 

S.  C.  Marte  Gradivo , con  un’  afta  nella  delira,  &  alcune  fpoglie  militari  nella 
finiftra ,  lollenute  colle  fpalle . 

20  M.  ANTONINVS  AVG.  GERM.  SARM. 

SECVRIT.  PVB.  TR.  P . (forfiXXX.)  IMP.  VIII.  COS.  IH.  S.  C. 

Figura  di  donna  fedente,  colla  delira  lolle vata  al  capo . 

*  21  M.  ANTONINVS  AVG.  GER.  SARM.  TR.  P.  XXXI. 

IMP.  VIH.  COS.  IH.  P.  P.  FELICITATI  AVG.  S.  C.  Naveco’fuoi  re- 
miganti,con  una  Statuadi  Nettuno  in  poppa,  ftantc,  col  tridente  nella  delira. 
Medaglia  diverfa  nell’  ifcrizzione  da  una  fingile  citata  dall’  Occone,  p.i 98.  E  da 
un'altra  figurata  daU’Agoftini ,  dial.  2.  p.  6 1 .  n.  4.  e  dall’Angeloni,  p.  1 94.  n.  2. 

22  M.  ANTONINVS  AVG.  GERM.  SARM.  TR.  P.  XXXI. 
FELICITAS  AVG.  IMP.  VHII.  COS.  HI.  P.  P.  S.  C.  Figura  llolata  in 
piedi,  con  un  caduceo  nella  delira,  &un’afta  nella  finiftra,  differente,  corno 
mollra  l’ ilcrizzione ,  da  que’  fimili  riverii ,  che  mentova  rOccone,'p.  199, 

23  M.  ANTONINVS  AVG.  GERM.  SARM.  Laureato. 

IMP.  Vini.  COS.  HI.  S.  C.  Figura  llolata  di  donna  ftantc  colle  bilancio 
nella  delira  ,&  un  cornucopia  nella  finiftra . 

. . M.  Aurelio  radiato.  Col  precedente  riverfo. 

25  M.  ANTONINVS  AVG.  IMP.  ARMENIACVS. 

FÉ- 


LIBRO  A  R  T  0,  CAR.  11.  sSf 


felicitas  AVG.  IMP.  VIIII.  cos.  III.  P.  P.  S.  C.  Imagine  della  Fci 

licita,  con  un  Caduceo  nella  deftra,  &  un’  afta  nella  finiftra ,  come  nella  22. 

26  IMP.  .  .  M.  AVREL.  ANTONINVS  AVG.  P.  M. 


. S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi, con  un  cornucopia  nella  finiftra' 

XXII,  Lucio  Vero  ,  T rateilo  di  M,  Aurelio . 


L.  AVREL.  VERVS  AVG.  ARMENIACVS.  L.  vero  Laureato. 

•  TR.  P.  III.  IMP.  II.  CCS.  II.  S.  C.  REX.  ARMEM.  DATJ 


L’ Imperatore  fedente  (opra  un  palco, aftìftito  da  tré  Figure  d’ huomini  in  piedi . 
A  balio  vedefil’imagine  coronata  del  Rè  da  L.  Vero  dato  a  gli  Armeni.  E'  Me¬ 
daglia  di  bel  metallo , e  d’ eccellente  artefice, diligentemente  figurata,  e  defcriN 
tane’difcorfideli’Eriit2o,p.  502.  IIBieo,pag.5o.  &  il  Patini  nelle  Medaglie 
Imperiali  mediocri,  e  minime,  p,  255.0. 5.  e  nel  fuo  Teforo ,  p.  i72.ciefpref- 
fero  TR.  P.  IIII. 

2  L.  VERVS  AVG.  ARMENIACVS: 

C  .  .  .  IMP.  II.  COS.  II.  Figura  Equeftrc  dell’ Imperatore  in  atto  di  correre, 
c di  calpeftarc  un  Nimico. 

3  L.  VERVS  AVG.  ARM.  PARTH.  MAX,  TR.  P.  VIIII. 

1 . L’Imperatore  affilo  in  un  Trono  eminente,  con  un’ afta  nel¬ 

la  deftra  ;cui  affiftono  due  Figure  militari  galeate ,  l’una  delle  quali  colla  deftra 
gli  porge  1’ imagine  d’ una  Vittoria;  l’altra  nella  finiftra  hà  un’afta.  Quefte  fi¬ 
gure  in  alcuni  riverfi  delle  Medaglie  di  L.Vcro,  fono  circondate  da  quefte  let¬ 
tere  TR.  P.  VII.  IMP.  mi  COS.  III.  P.  P. 

XXIII,  Commodo  y  F.  di  M,  Aurelio, 

h  T  AVREL.  COMMODVS  AVG.  TR.  P.  III.  Commodo  giovanet- 
to.  Laureato. 

LIBERTAS  AVG.  IMP.  II.  COS.  P.  P.  S.  C.  Figura  ftolata  della  Liber¬ 
tà  ,  col  pileo  pendente  dalla  deftra ,  &  un’afta,  ò  baftoncello  nella  finiftra.  Me 
fa  menzione  l’ Occone  all’  anno  di  Roma  930.  pag.  a  1 1.  cfprimendo  che  quefta 
Imagine  habbia  il  capo  come  di  ftolido  giumento  (  cum  capite  veluti  afinim) 
che  nella  noftra  Medaglia  non  fi  offerva. 

2  L.  AVREL.  COMMODVS  AVG.  TR.  P.  IIII. 

'.....  COS,  If.  S.  C.  Figura  ftolata,  che  in  atto  di  facrificanteftà  in  piedi 
a  vanti  un’  altare ,  in  cui  arde  la  fiamma  :  colla  finiftra  tiene  un’  afta ,  &  uno  Scu¬ 
do  pofato  sù’l  pavimento . 

3  L.  AVREL.  COMMODVS  AVG.  GERM.  SARM.  TR.  P.  V.  Comi 
modo  cfprelTo  fino  a  mezo  il  petto,  dibelliffima  prefenza.  Laureato. 

IMP.  III.  COS.  I.  P.  P.  Imagine  alatadella  Vittoria  in  piedi, col  finiftro  cu¬ 
bito  appoggiata  ad  una  colonna  rotonda ,  tenendo  una  Corona  d’alloro  nella., 
deftra ,  &  una  verga  nella  finiftra .  Dubito  della  fincerità  di  qucfto  Medaglione, 
maffime,  che  dovrebbe  in  elio  leggerli  COS.  II.  come  nel  fufteguente  riverfo. 

4  IMP.  III.  COS.  IL  P.  P.  Il  medefimoriverfo  d’altro  conio,  ma  genti- 
liffimo ,  con  un  ramo  di  palma  nella  finiftra  della  Vittoria ,  appoggiata  con  quel 
cubito  ad  una  colonna  quadrata . 

5  L.  AVREL.  COMMODVS  AVG.  TR.  P.  V.  Commodo  colla  Co¬ 
rona  radiata. 

VIRTVS  AVG.  IMP.  UH.  COS.  III.  P.  P.  S.  C.  Figura  militare  galeata 
fedente ,  con  un’  afta  nella  delira ,  &  una  verga ,  ò  parazonio  nella  finiftra . 

6  M.  COMMODVS  ANTONINVS  AVG. 

VOTA  DECENN.  SVSC.  TR.  P.  VI.  IMP.  IIII.  COS.  III.  P.  P.  S.  C. 


Figura  ftolata  davanti  un’ ara, con  una  patera  nella  deftra,  e  la  finiftra  involta 
nelJaftola.  Hh  3  7  TR. 


^66  ^VSEO  COS  PIANO 

7  TR.  P.  VI.  COS.  mi.  P.  P.  S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi  »  che  indi- 
na  la  delira  con  alcune  (piche ,  &  hà  nella  finiftra  un  cornucopia . 

8  TR.  P.  VII.  IMP.  V.  COS.  mi.  P.  P.  S.  C.  Figura  ftolara  in  piedi, 
Con  un  cornucopia  nella  (ìnidra,  eia  dedra  didefa  (opra  un  vaio  pieno  »  come 
di  (piche . 

9  TR.  P.  Vili.  IMP.  VI.  COS.  mi.  P.  P.  S.  C.  Figura  militare  in  at¬ 
to  di  caminare,tenendo  una  piccola  imagine  della  Vittoria  nella  dedra,  &  un* 
ada  nella  dnidra. 

10  . MODVS  ANT . 

. S.  C.  Figura  fiolata  in  piedi, con  un’ ada  nella  dedra,ò  più  to- 

do  un  caduceo  adato,  &  una  imagine,  come  (embra, nella (ìniftra;  (e  piùtodo 
non  è  quefia  ingombrata  da  un  corno  di  dovizia ,  come  in  altre  Medaglie  ,  che 
hanno  quefia  ifcrizzione,  che  (orli  è  l’intiera  della  prelente .  M.  COMMODVS 
ANTQNINVS  AVO.  PIVS  —  P.  M.  TR.  P.  IX.  IMP.  VI.  (inalcu. 
le  VII.)  COS.  mi.  P.  P. 

11  M.  COMMODVS  ANTONINVS . Commodo  radiato . 

TR.  P.  Vini.  IMP . ((orli VII.)  COS.  IIII.  P.  P.  S.  C.  Imagine 

di  donna  in  piedi,  con  una  patera  nella  iìnidra,  &  un  globo,  ò  pomo, come# 
(embra,  nella  delira. 

12  M.  COMM.  ANTON.  AVG.  FIVS  BRIT.  radiato. 

P.  M.  TR.  P.  X.  IMP.  VII.  COS.  mi.  P.  P.  S.  C.  Figura  militare,  alìì- 
fa  (opra  alcune  Ipoglic,  tenendo  nella  delira  una  piccola  imagine  della  Vittoria, 
nella  finiftra  un’afta . 

13  M.  COMMODVS  P.  FELIX  AVG.  BRIT. 

ROMAE  AETERNAE  COS.  V.  P.  P.  S.  C.  Effigie  di  Roma  affila  (opra., 
una  malia  di  (poglie  militari, con  una  picciola  imagine  della  Vittoria  nella  de¬ 
lira  ,  &  un’  alla  nella  finiftra ,  come  nella  precedente . 

14  . ANT.  P.  FELIX . Commodo  radiato. 

. . COS.  V.  P.  P.  S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi, con  un  cornuco* 

pia  nella  finiftra ,  e  la  delira  dillcfa  (opra  non  so  che  non  fi  diftingue  . 

15  M.  COMMODVS . 

/  S.pTq^R.  n 

/  LAETITIAE  j  in  Una  gran  Corona .  Medaglia  grande ,  belliffima ,  e  rara . 

COMMOD.  ANT.  P.  FELIX  AVG.  BRIT.  _ 

MINER.  VICT.  P.  M.  TR.  P.  XIIII.  COS.  V.  DES.  VI.  S.  C.  Mincr. 
va  in  piedi,  colla  celata  in  capo,  una  figurina  della  Vittoria  nella  dcftra,  l’afta 
nella  Iìnidra ,  e  da  tergo  un  trofeo  d’ arme , 

17  L.  AVREL.  COMM.  AVG.  P.  FEL. 

P.  M.  TR.  P.  XVII.  IMP.  Vili.  COS.  VII.  P.  P.  S.  C.  La  Vittoria  in  at- 
to  di  caminare,  con  unaLaurea  nella  dcftra,  &  un  ramo  di  palma  nella  finiftra. 

18  L.  AEL.  AVREL.  COMM.  AVG.  P.  FELIX. 

P.  M.  TR.  P.  XVII . (  forfi  IMP.  Vili.  COS. 

VII.  P.  P.  come  in  alcune  d’argento)  S.  C.  La  Vittoria,  come  (opra,  ma  con 
«na  ftella  (otto  la  Laurea .  Medaglia  maggiore  della  precedente . 

19  InunagranCorona,  nel  cui  mezo  fi  vede  la  Clava  d’Èrcole. 
/romano\  Dall’altra  parte  hàvvi  la  prima  ifcrizzione  della  Medaglia 
Y  AVGV.  ì  precedente,  e  vi  fi  (corgel’ imagine  di  Commodo  d’età  ma- 

tura ,  veftito  delle  (poglie  Leonine ,  come  quegli  che  fi  fece 
chiamare  Thrcole  Romano.  11  che  molle  a  cantarne  il  Mariani. 

Tif 


LIBRO  ^  y  A  R  T  0.  CAP:  II.  $67 


T li  quoque  C^farearfi  foedalli ,  Comwode  ,  fedew , 

"Et  tui/ten  Herculeum  nomen,  arma  geris . 

Te  magis  illuflrat.  tua  ^urpnra  mollis ,  ^  anrum  j 
i^Pta  tihi  clava  eli ,  fed  magis  apta  colus. 

Nempe  fuis  Mundum  domuit  Tyrinthius  armis, 

T u  pariter  Mundum ,  fed  muliebre  domas . 

Figurano  queftoriver/orErizzojch’eruditaraente  lo  fpiega,  p. 521.  TAgo- 
ftini ,  dial.  5.  p.  1 6S.  nu.  2.  il  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Ro¬ 
mani  ,  p.  1 80.  r  Angeloni  nell’IRoria  AuguRa  ,p.  2 1 8.  num.  29.  Octavio  Rodi 
nelle  Memorie  Brefciane,  p.  27.  il  Mofcardo,!.  i.Muf.  c.  éa.p.  1 12.  e’l  Pati¬ 
ni  tra  le  Medaglie  Imperiali  mediocri,  e  minime,  di  bronzo,  f.  260.  n.  7.  Tro¬ 
vali  pure  in  argento ,  figurato  fimilmente  apprello  il  Patini  nel  Teforo ,  pag.  75. 

XXir.  Settimio  Severo , 

i  r  SEPT.  SEV.  PERI.  AVG.  IMP.  III.  Severo  Laureato: 

JLrf*  MONETA  AVG.  S.  C.  Tré  Imagini  della  Dea  Moneta  colle  bilancie 
nella  delira ,  &  un  corno  di  dovizia  nella  liniRra .  Due  di  conio  differente .  Fi¬ 
gura  uno  di  quelli  riverii  1’  Agoflini,dial.  i.  p.  5.  n.  8.  e  ’l  Bieo,  p.  5  j.  n.4, 

2  L.  SEPTIMIVS  SEVEKVS  PERTINAX.  AVG.  IMP.  VII.  Severo 
Laureato,  come  fopra ,  ma  elpredo  con  tutto  il  petto  armato . 

DIVI  M.  PII  F.  P.  M.  TR.  P.  mi.  COS.  II.  P.  P.  Marce  ignudo ,  in- 
piedi,  coir  elmo  in  tefta,&  un  panno  fopra  le  fpalle,  tenendo  nella  delira  un* 
alla ,  con  una  corazza  apprello,  e  la  linillra  fofpefa  fopra  uno  Scudo .  Medaglio¬ 
ne  di  bel  metallo, di  gran  rilievo, benilfimo  confervato,  quale  appunto  ilde- 
Icritrò  dall’  Erizzo ,  che  lo  figura ,  e  fpiega  a  p.  5  64.  Vedeli  parimente  figurato 
apprello  il  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani  ,p.  200.  n.  2. 

3  L.  SEPT.  SEV.  PERT.  AVG.  IMP.  Vili.  Severo  figurato  fino  al  petto, 
ADVENTVI  AVG.  FELICISSIMO.  S.  C.  Figura  Equellre  dell’ Impera¬ 
tore  ,  che  giunge  in  habito  di  Pacificatore,  colla  delira  levata  in  alto.  Medaglia 
figurata  dal  Bieo,  p.  53.0.5.  &  apprello  l’ Angeloni,  p.  243.  n.  13.  e’I  Patini 
tra  le  Imperiali  mediocri,  e  minime,  p.  279.0.  ó. 

4  SEVERVS  PIVS  AVG.  Laureato. 

P.  M.  TR.  P.  XVI.  COS.  HI.  P.  P.  S.  G.  Giove  con  un  fulmine  nella  dei 
ftra,  e  l’ alla  nella  linillra,  fenza  i  fanciulli,  che  fe  gli  vedono  a  piedi  in  altre  Me¬ 
daglie  coll’ iferizzione  P.  M.  TR.  P.  XVIII.  COS.  HI.  P.  P. 

5  SEPTIMIVS  SEV.  Con  quella  ifcrizzione  halli  1’ imagine  di  Settimio 
Severo  efquifitilfimamente  intagliata  in  una  Medaglia  di  Madreperla  i  di  cui  tra 
le  moderne  favellali. 


TXT.  Caracalla  \ 

,1  A  NTONINVS  PIVS  AVG.  Caracalla  attempato,  ma  fenza  barba 
/V  PONTIF.  TR.  P.  XII.  COS.  III.  S.  C.  Imagine  della  Vittoria^ 
ftante  col  piede  linillro  alzato  fopra  un  globo ,  colle  mani  alzate  ad  uno  Scudo 
collocato  (opra  un  tronco'di  palma,  in  atto  diferivervi  dentro  alcune  lettere , 
forli  Vie.  BRIT.  effendo  quella  Medaglia  Rata  battuta  per  onorar  Caracalla, 
in  tempo  eh’  egli  haveva  ottenuto  la  Vittoria  Britannica .  Onde  lì  vedono  altre 
fue  Medaglie  col  medefimo  riverfo,  circondato  però  da  queRe  lettere  VICTO¬ 
RIAE  BRITANNICAE,  c  ne  figura  una  l’ Erizzo, p.  594. 

2  ANTONINVS  AVGVSTVS.  Medaglione  coll’ imagine  di  Caracallai 
giovanetto.  Laureato,  efprelfo  con  tutto  il  petto.  Hà  per  riverfo  l’ effigie  d’unà 
donna  ignuda  piangente,  affila  fopra  d’ un  falfo,vicino  allaquale  li  vede  una  tcRa 
di  morto,  fopra  cui  col  deRro  braccio  s’ appoggia  un’Amorino  fedente,  con  unii 
fiamma  nella  finiRra ,  fenza  lettere .  £'  lavorio  moderno  •  AN? 


jjy.hstAt 

R0OT.ff.1p4 


3^8 

ÀNTXINEINOC . 

AHMAPX.  TITATOCTO  b. 


M  y  s  B  0  c  0  s  p  1  A  N 


0 


Aquila  coll* ali  fpj'egatc,^ 

XXFI,  GeU . 

j  WMP.  CAES.  P.  SEPT.  GETA  PiVS  AVG,  Geta  Laureato,  con  laal 
J|  nugine  al  mento .  i 

POMTIFEX  TR.  P.  II.  COS.  II.  S.  C.  Tré  figure  davanti  un’altare:  runa] 
delle  qual.,  rapprefentata  per  Geta  Sacrificante,  è  in  habito  di  Pontefice  con' 
una  patera  nella  delira ,  in  atto  di  verfarla  fopra  il  fuoco  dell’  ara ,  a  piè  di  cui  fi  i 
vedono  alcuiii  animali  dillefi,  come  morti.  La  figura,  c (piega gentilmente  I 
A  £1  rizzo  d  ^  ^  S  3  * 

XXr//.  EUvabalo. 

1  A  NTONINVS  PIVS  PEL,  AVG. 

*«»  CONSVL.  II.  S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi,  colie  bilancie  come  i 
fembrano  nella  delira,  &  un  cornucopia  nella  finiftra:  mfcgne  dell’Equità  1 
pazzamente  vantata,  ma  non  mai  conokiuta  da  Elagabalo.  ^  ** 

nu/quum  ncque  turpe  magis  ^  neque  trijlius  ullum 
Monjlrum  Romano  Jedit  in  imperio, 

come  degnamente  ca  ntò  Aulonio . 

2  IMP.  CAES.  M.  AVR.  ANTONINVS  PIVS  AVG. 

VICTORIA  ANTONINI  AVG.  S.  C.  Imagine  alata  della  Vittoria  in  atto 
dicaminare,  portando  una  Corona  d’alloro  nella  delira,  &  un  ramo  di  palma 
nella  linillra.  Riverlo  figurato  dal  Bieo,  p,  55.00.7.  &  apprelTo  l’Aneeloni, 
pag.  2  75.num.  2,  '  ®  . 

XXVIII.  Severo  AleJTandro . 

T  |MP.  CAES.  M.  AVR.  SEV.  ALEXAMDER  AVG. 

J.  FIDES  MILnVM  S.  C.  Effìgie  di  donna  llolata,  che  Uà  nel  mezo  di 
due  Inlcgne  militari,  tenendone  una  per  mano.  Figurata  appreffb  l’Aeollini, 

pag.38.num.7.  o  rr  5  * 

2  P.  M.  TR.  P,  II.  COS.  P.  P.  S.  C.  Marte  Gradivo,con  un’afta  nella  ’ 
delira,  &  alcune  fpoglie  militari,  appoggiate  sòia  (palla  nella  finiftra .  Colla 
quale  ilcriz2Ìone,eriverfo,  mad  altro  conio,  ne  oflervo  una  d’argento  tra  le 
Medaglie , che  il  Sig.Marchefe conferva  nel  fuo  Palazzo  ;  in  quella  però  Mar¬ 
te  ha  un  pilo  nella  finiftra ,  &  un  ramo  nella  delira . 

3  ...  .  .  .  S.  C.  Figuramilitare,con  un  globo  nella  delira,  &  un’afta 
nella  finiftra  j  ladicuiilcrizzionedevcdire.  P.  M.  TR.  P.  III.  COS.  P  P 
trovandoli  tale  in  altre  Medagl, e  dello  ilelTo  conio . 

4  P,  M.  TR.  P,  IIII.  COS.  II.  P.  P.  Marte  Gradivo,  con  un’afta  nella 
delira  ,  &  un  trofeo  d’armi  nella  finiftra,  appoggiato  alla  Ipalla. 

5  SECVRITAS  PERPETVA.  S.  C.  Imagine  ftolata  della  Sicurezza  affi¬ 
la  lopra  un  leggio,  con  un  ballon  da  comando  nella  delira,  e  la  finiftra,  che  fà 
guanciale  alla  fella  ;  cui  lolìiene,  tenendo  il  cubito  appoggiato  alla  parte  fupe- 
tiore  del  leggio.  Hà  un  ara  da  vanti,  lopra  cui  ardono  le  fiamme.  - 

6  P.  M.  TR.  P.  VI.  COS.  II.  P.  p.  S.  C.  Figura  llolata  in  arto  di  ca¬ 
minare,  ftendendo  la  delira ,  in  cui  fi  vede  un  ramo , come  d’alloro,  e  tenendo 
jUn  afta  nella  finiftra- 

7  PONTIF.  MAX.  .  ;  .  COS.  .  .  .  S.  C.  Imagine  ftolata  in  piedi ,  ap¬ 
poggiata  col  finiftro  cubito  ad  una  colonna, tenendo  nella  ftclTa  mano  un  cornu¬ 
copia,  e  nella  delira  una  verga  ftela  lopra  un  globo ,  che  le  fi  vede  a  piedi . 

8  IMP.  SEV.  ALEXANDER  AVG. 

P.  M.  TR.  P.  Vili.  COS.  III.  p.  P.  S.  C.  Figura  di  donna  in  piedi,  che 

lembra 


\ 

X.. 


l  !  'S  ìt  Ò  ■  ^  P  A  71  T  0,  CAP.  IL  169 

Sembra  la  Libertà ,  havendo  netìa  deftra  ii pilco pendente,  nella  finiftra  un  ba- 
ftoncellojò  raggio. 

9  Altra  colla  medefima  ifcrizzione,  &  una  Figura  nuda  in  piedi  colla  delira 

diftefa,  &  un  baftoncello,  ò  raggio  nella  finiftra.  - 

10  P.  M.  TR.  P.  Vini.  COS.  III.  P.  P.  S.  C.  Figura  d’huomo  ignu¬ 
do  in  piedi,  con  una  mano  alzata  verlo  il  Cielo.  Forfi  è  1’ imagine  dei  Sole, 
come  nelle  lulTegucnti . 

1 1  La  raedefima  iferizzione ,  e  Figura  nuda ,  ma  Laureata .' 

12  Le  fteffe  lettere,  e  figura  nuda  Laureata,  con  un  globo  nella  finiftra. 

13  Le  fudette  abbreviature  .coll’ imagine  alata  della  Vittoria,  che  Icriveits 
unò  Scudo'affiffo  ad  un  tronco  di  palma . 

14  P.  M.  TR.  P.  X.  COS.  III.  P.  P.  S.  C.  La  Vittoria  con  una  Laurea 
■nella  deftra,  &  un  ramo  di  palma  nella  finiftra . 

»5  VICTORIA  AVGVSTI  S.  C.  La  Vittoria,  come  nel  precedente.». 
Due  riverfi  di  folo  conio  differenti . 

35  La  medefima  iferizzione ,  colla  Vittoria ,  che  Icrive  in  uno  Scudo  appefo 
ad  un  tronco  di  palma , 

17  IVSTITIA  AVGVSTI.  S.  C.  Imagine ftolata  della Giuftizia fedente 
con  una  patera  nella  deftra ,  &  un*  afta  nella  finiftra  :  (imbolo  beo  degno  di  que¬ 
llo  Principe,  il  quale 

Exegit  caHris  vitia,  &  documenta  feveris 
Legibus  inìiituit . 

come  fù  fottoferitto  alla  di  lui  Imagine,  portata  tra  quelle  de  gli  Imperatori,  ca¬ 
cate  dal  Teforo  di  Giacomo  Strada,  e  ftampate  in  Zurich  del  1559.  in  foglio 
Reale.  Trovali  figurato  quello  ri  verfoappreffol’Agoftini,  dial.  a.  p.4J,  n,  j. 
&ildu  Choulnel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani,  p.  »17. 

18  IMP.  ALEXANDER  PIVS  AVG. 

PROVIDENTIA  AVG,  S.  C.  Figura  ftolata  della  Providenza  in  piedi  con 
alcune  (piche  nella  deftra,  pendenti  (opra  un  vaio  pieno  fimilmente  di  (piche. 
Nella  finiftra  tiene  un  corno  di  dovizia .  Ve  ne  hi  di  cinque  confi  differenti .  Fi¬ 
gurali  uno  di  quelli  riverfi  dall*  Agollini,  diai.  2.  p.  58.  n.  2.  e  dal  Choulnel 
lopracitatoLibro ,  p.  71. 

1 9  La  medefima  iferizzione  ,e  riverfo,  in  cui  la  Providenza  non  hà  il  cornu^ 
copia  nella  finiftra ,  ma  un  femplice  baftoncello . 

20  P.  M.  TR.  P.  XII.  COS.  III.  P.  P.  S.  C.  Figura  nuda,  radiata  del 
Sole  icolladeftraftefa  inaito,  &  una  sferza  nella  finiftra,  (opra  il  cui  braccia 
fvolazza  un  panno .  Ve  n’  hà  di  due  ftamp^  diverfe . 

21  P.  M.  TR.  P.  XIII.  COS.  III.  P.  P.S.  C.  Col  riverfo  della  precedente; 

22  P.M.TR.P.XIIII.COS.lil.P.  P.S,C.  Collo  Hello  riverfo.  Duedico^ 
nio  differente. 

SPES  PVBLICA  S.  C.  Figura  ftolata  della  Speranza  in  piedi.  Due 
di  (lampa  diverfa. 

24  MARS  VLTOR.  S.  C.  MarteGradivo,conquell*afta,chechiama- 
vali  pilo,  nella  deftra,  e  lo  Scudo  nella  finillra .  Due,  di  conii  diverfi,  ma  bel- 
lillime.  Figurano  quello  riverfo  Guglielmo  du  Choul  nel  Libro  della  Religio^ 
ne  de  gli  antichi  Romani,  p.  a 01.  rAngeloni,p.  182.0.  io.  ilMofcardo  J.  i. 
Muf.  c.rp.  p.g^.  &  ii  Patini  tra  le  Medaglie  Imperiali  mediocri,e  minime, p.34^; 
n.  I.  Trovali  pure  in  argento ,  figurato  apprelTo  T  Agoftini ,  dial.  5.  p.  1 7  r.  n.  3. 

-25  . . (forfi,  come  in  altre,  IO  VIS  PROPVGNATOR  S.C. 

Giove  in  piedi,  con  un  Fulmine  nella  deftra. 

2^ 


?  • 


Vyo  M  V  S  E  0  e  0  S  P  l  A  N  0 

.  .  ;  .  :  .  ALEXAND . 

S.  C.  Figura  in  piedi, con  un’ afta  nella  finiftra,  c  non  sò  che  nella  deftra* 

XXIX.  Majfmwo . 

I  *MP.  MAXIMINVS  PIVS  AVG.  D'argento. 

4  SALVS  AVGVSTI.  Imagine.delia  Oca  Sature  fedente  colla  patera  nel* 
Ja  delira  davanti  l’altare  d’ Efculapio,  che  fopra  vi  fi  vede  in  forma  di  Serpente . 
Riverfo,  che  fi  vede  anco  in  bronzo,  col  S.  C.  comcapprelToil  Bico,p.  56. 

a  PAX  AVGVSTI  S.  C.  Figura  ftolata  della  Pape,  in  piedi,  colla  dcftra 
diftefa,con  cui  tiene  un  ramo  d’ulivo.  Colla  finiftra  regge  un’afta.  Trovali 
quello  riverfo  anco  in  alcune  Medaglie,  che  dall’  altro  lato  portano  l’ifcrizzio* 
ne  della  quarta  fulTeguente ,  come  apprelfo  l’ Agollini ,  dial.  a.  p.  43.  num.  6.  c 
1’  Angeloni,p.  187.  nu.  2. 

3  . S.  C.  Imagine  alata  della  Vittoria  in  atto  di  caminare* 

portando  una  Corona  d’alloro  nella  delira,  &  un  ramo  di  palma  nella  finiftra. 

4  MAXIMVS  PIVS  AVG.  GERM. 

VICTORIA  GERMANICA.  S.  C.  Due  Figure  in  piedi,  l’ una  delle  quali,' 
efprella  per  la  Vittoria  con  un  ramo  di  palma  nella  finiftra ,  tiene  una  ghirlanda 
d’alloro  nella  delira  levatalo  alto  in  atto  di  coronare  1*  altra,  propella  per  Maf* 
limino ,  havente  una  Corona  radiata  nella  dcftra,  quali  toltafela  di  capo,  per  dar 
luogo  alia  Laurea , tenendo  in  tanto  nella  finiftra  un’afta ,  ò  più  tollo  ballon  da 
comando.  Oltre  di  chele  le  vede  figurata  da  piedi  1’ imagine  d’ una  Provincia 
(  &  èia  Germania  )  ledente  inatto  malenconico .  Per  Medaglia  rara  la  figura- 
nol’Erizzo,  p.675.  c’I  Patini  nelle  Imperiali  mediocri, e  minime, p.  33d.nu. 
3.  c  nel  Teforo ,  p,  19  4.  Fù  battuta  per  T  infigne  Vittoria  havuta  da  Malfimino 
contro  i  Germani  iComefcrivcGulio  Capitolino. 

5  FIDES  MILITVM.  S.  C.  F  gura  della  Fede  Militare  in  fembiante  di 
donna  ftolata ,  che  ftà  nel  mezo  di  due  legni  militar',  tenendone  uno  per  mano . 
Ve  n’hà  di  quattro  coniidiverfi.  In  una  delle  quali  è  così  diligentemente  cf- 
prelTa  l’ imagine  di  Malfimino ,  che  le  gli  potrebbono  contare  i  capegli ,  che  fo¬ 
no  cortiifimi ,  Se  i  peli  della  barba . 

. . VGVSTI  S.  C.  Ripongo  SALVS  AVGVSTI.  Imagine  della 

Dea  Salute  affila  in  un  leggio ,  con  una  patera  nella  delira  fte/a  fopra  l’ altare ,  da 
cui  s'erge  il  Serpente  d’ Efculapio .  Due  nel  conio  divcrfe  da  quella,  che  cita 
l’Occone,  p.  292.  lotto  Tiferizzione  IMP.  MAXIMINVS  PIVS  AVG. 

XXX.  Majftmo. 

AXIMVS  CAES.  GERM.  Mafhmo giovanetto. 

PRINC.  IVVENTVTIS.  S.  C.  Figura  intiera  di  Malfimo giova¬ 
netto,  con  un  parazon  o,  ò  ballon  da  comando  nella  delira,  inclinato  verfo 
terra,  nella  finiftra  quella  lotte  d’afta,  che  chiamavafi  pilo ,  c  da  tergo  due  In- 
fegne  militari . 

2  PRINCIPI  IVVENTVTIS  S.  C.  Col  riverfo,  come  nella  precedente T 
Figurali  quello  dal  Bteo ,  p  36.  edal  Patini,  nelle  Medaglie  Imperiali  di  me¬ 
diocre,  e  minima  grandezza  ,p.  :?38.n.  I. 

XXXI.  Gordiano  III. 

MP.  GORDIANVS  PIVS  FEL.  AVG.  Gordiano  Laureato. 


M 


I 


_  lOVI  STATORI  S.  C.  Giove  Statore  con  un’afta  nelladtftra  ,&  un_. 
Fulmine  nella  finiftra.  Ve  n’ha  di  quattro  conii  differenti;  una  delle  quali  fi¬ 
gurata  lì  trova  nelle  Tavole  del  Bieo ,  p.  57.  &  apprelfo  Guglielmo  du  Choui 
nel  Libro  della  Religione  degli  antichi  Romani ,  tradotto  dai  Simeoni,  p.  6x. 
ma.  eneil’Illoria AuguftadelTAngeloni,  p.aoi.n.a. 

3  MARS 


LIBRO  A  R  T  0,  CAP.  IL  371 

*  MARS  PROPVGNAT.  S.  C.  Marre  Propugnatorcin  atto  di  caminare, 
coir  afta  nella  deftra ,  e  lo  Scudo  nella  liniRra . 

j  FORTVMA  REDVX.  S.  C.  La  Fortuna  fedente,  che  regge  còlla  deftrà, 
un  timone  da  nave, tenendo  un  cornucopia  nella  finiftra.  Figurali  dalBieo,p.57. 

4  P.  M.  TR.  P.  II.  CCS.  P.  P.  S.  C.  Figura  ftolaca,  che  colla  delira»» 
tiene  una  patera  lopra  un’  altare ,  nella  finiftra  una  verga . 

5  CONCORDI^  MILIT.  S.  C.  Figura  fedeijte  con  una  patera  nella  dc^ 
ilraftefain  fuori, e  due  corni  di  dovizia  nella  finiftra. 

6  LAETITIA  AVG.  N.  S.  C.  Imagine  dell’Allegrezza  in  piedi,  con 
una ghirlandanelladeftra.&unbaftoneellonella  finiftra.  Di  quelle  ve  n’hà 
nove  di  cinque  conii  differenti.  Trovali  figurato  quello  riverfo  appreffo  i’A- 
goftinljdial.  2.p.75.n.  3. 

7  SECVRIT.  PERPET.  S.  C.  Effìgie  della  Sicurezza  in  piedi  con  un'afta, 
ò  verga  lunga  nella  delira ,  Seil  finiftro  cubito  appoggiato  ad  una  colonna.  Fi¬ 
gurata  ne’Dialoghi  dell’ Agoftini ,  p.  48.  n.  2. 

8  SECVRITAS  PERPETVA  S.  C.  Col  precedente  riverfo.  Di  quella 
ve  n’hà  di  tré  conii  differenti . 

9  AETERNITATI  AVG.  S.  C.  Figura  nuda,  cred*  io ,  del  Sole,  colla.» 
Corona  radiata,  e  la  delira  folle  vata  al  Cielo  ,  tenendo  un  globo,  come  fem* 
bra ,  nella  finiftra .  Sei  di  tt  è  conii  di  verfi ,  uno  de’  quali  figurali  dall’  Angeloni, 

p.?oi.p.3. 

10  PAX  AETERNA  S.  C.  Imagine  ftolata  della  Pace  in  atto  di  caminare, 
con  un  ramo  d’ulivo  nella  delira  ,&  una  verga  nella  finiftra.  2.  Vedefi  figu¬ 
rato  quello  riverfo  ne’ dialoghi  dell’  Agoftini ,  p.42.n.  i. 

11  FELICITAS  TEMPORVM  S.  C.  Figura  ftolata  della  Felicità  io  pie¬ 
di  ,  con  un’  afta  nella  delira,  &  un  cornucopia  nella  finiftra .  Sòia  cima  dell’  afta 
fi  vede  collocato  un  caduceo.  Tré  differenti. 

12  LlBERALlTAS  AVG.  III.  S.  C.  Donna  in  piedi,  con  unaTelTera.» 
Frumentaria  nella  delira,  e  due  corni  di  dovizia  nella  finiftra,  benché  con  un  fo- 
lo  la  proponga  Guglielmo  duChoul  nel  Libro  della  Religione  degli  antichi 
Romani  ^  portandovi  figurato  quello  riverfo ,  p.  i  43.  Trovali  pure  in  oro ,  fi¬ 
gurato  appreffo  l’ Agoftini,  dial.  2.p.6d.  nu.  I. 

13  IMP,  CAES.  M.  ANT.  GORDIANVS  AVG. 

P.  M.  TR.  P.  1111.  COS.  IL  S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi,  con  un  globo 
nella  delira,  &  un  pilo  nella  linillra. 

14  VIRTVS  AVG.  S,  C.  Figura  militare,  coll’elmo  in  tefta  ,  un  ramo 
d’ alloro ,  ò  di  palma  nella  delira ,  &  un’ afta  nella  finiftra ,  differente  da  quelle, 
che  trovanlì  figurate  appreffo  l’ Agoftini ,  dial.  2.  p.  27.0. 4.  &  9.  &  il  Patini  nel 
Tcloro  delle  Medaglie ,  p.  1 97.  e  l’ Angeloni ,  p.  30 1.  n.  1 1.  nel  drito  delle  qua¬ 
li  Icggeli  AVGG. 

15  FIDES  MILITVM.  S.  C.  Imigine  della  Fede  militare ,  che  colla  de¬ 
lira  tiene  una  inlegna  da  guerra ,  e  nella  finiftra  un*  afta ,  ò  fia  pilo . 

16  PROVIDENTIA  AVG.  S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi,  con  un  globo 
nelladeftta,  de  uh  ballonceiio,ò raggio  nella  finiftra.  Due  differenti . 

17  VICTORIA  AETER.  S.  C.  Imagine  alata  della  Vittoria  in  piedi,  con 
unramodi  paimanellafiiuftia>&una  verganelladeftra.  Vicino  al  piè  deliro 
le  le  vede  l’ effìgie d'un  prigioniero  giacente. 

18  . . Figura  di  donna  fedente  lopra  una  malfa  d’arme,  con  un 

globo  nella  delira,  &  un  baftoncello  nella  finiftra.  ' 

19  IMP,  GORDIANVS  PIVS  FEL.  AVG. 

P.  M. 


iji  '  y  S  E  0  ÓOS  PIANO 

P.  M.  TR.  P.  IIII.  COS.  II.  S,  C.  Imagine  di  donna  fedente  con  un  ramo 
di  Lauro, ò d’ulivo  nella  deftra,  flando  col  braccio  fìniftro  appoggiata  alliL 
parte  fuperiore  della  foggia ,  fopra  cui  è  affila. 

20  P.  M.  TR.  P.  V.  COS.  II.  P.  P.  S.  C.  Donna  affila  fopra  un  leg¬ 
gio,  nello fcorcio della  precedente.  3. 

21  P.  M.  TR.  P.  VI.  COS.  II  P.  P.  S.  C,  Figura  limile  alla  preceden¬ 
te  ,  con  un  ramo  di  Lauro  nella  delira . 

22  . . Ripongo  AEQVITAS  AVG.  S.  C.  Imagine., 

ftante  dell’  Equità ,  figurata  colle  bilancio  nella  deftra ,  &  un  cornucopia  nella.- 
finiftra. 

23  IMP.  GORDI ANVS  PIVS  FELIX  AVG. 

AETERNITATI  AVG.  S.  C.  Imagine  radiata  del  Sole,  come  ncH’ottava 
Medaglia 

XXXII.  Tilippo  ,  Padre . 

1  ¥  MP.  M.  IVL.  PHILIPPVS  AVG,  Filippo  Laureato. 

FIDES  MILITVM  S.  C.  Imagine  flolata  della  Fede  militare,  che  ftà 
ìnpiedi  nel  mezodi  due  fegnidaguerra,  tenendone  uno  perogni  mano.  3. 

2  FIDES  EXERCITVVM.  S.  C.  Quattro  Infegne  militari  diritte;  lo 
quali  fi  trovano  figurate  appreflo  l’ Agoftini  ne’  Dialoghi ,  p.  38.  nu.  3.  &  il  du 
Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani ,  p.  3 1 . 

3  PAX  AETERNA  S.  C,  Figura  ftolatadclla  Pace  in  piedi,  tenendo  un 
ramo  d’ulivo  nella  deftra,  &  un’ afta  piegata  nella  finiftra . 

4  SALVS  AVG.  S.  C.  La  Dea  Salute  in  piedi ,  con  una  patera  nella  de¬ 
ftra  in  atto  di  vcrfarla  fopra  l’altare  d’Efculapio  .  Hà  nella  finiftra  un’afta .  2. 

5  LAET.  FVNDATA  S.  C.  ImagineftolatadeH’AllegrczzajchccolIa.. 
deftra  regge  un  timone  da  nave  fopra  un  globo,  nella  finiftra  tiene  un  manipolo 
difpiche.  Figuratadair  Agoftini, dial.  2. p. 75. n  4. 

6  P.  M.  TR.  P.  II.  COS.  P.  P.  S.  C.  Donna  fedente  con  un  globo  nel¬ 
la  delira,  &  una  verga  nella  finiftra.  Il  Bieo  la  figurò  Laureata,  come  luffe  virile. 

7  VICTORIA  AVG.  S.  C.  Imagine  alata  della  Vittoria  in  atto  di  camina¬ 
re,  tenendo  una  ghirlanda  nella  deftra  follevata ,  &  un  ramo  di  palma  nella  fini¬ 
ftra,  appoggiandolo  colla  fommità  alla  manca  fpalla . 

8  FORTVNA  REDVX.  S-  C.  La  Fortuna  fedente  colla  deftta  fopra  un^ 
timone ,  &  un  cornucopia  nella  finiftra . 

9  NOBILITAS  AVGG,  S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi,  con  un’afta  nella 
deftra ,  &  un  globo  nella  finiftra .  Riveifo  figurato  appreffo  l’ Agoftini ,  dial.  2. 
pag.79.num.  3. 

10  ANNONA  AVG.  S.  C.  Figura  ftante  dell’ Abbondanza  con  due  fpi- 
chc  nella  deftra ,  inclinate  fopra  un  vafo ,  in  cui  fe  ne  vedono  tre  altre ,  nella  fi- 
niftra  hà  il  corno  di  dovizia  .  4.  di  conii  diverfi. 

11  LIBER  ALITAS  AVGG.  IL  S.  C.  Effigie  di  donna  ftolata  in  piedi, 
cfpreffa  perla  Liberalità,  colla  Tcffcra  Frumentaria  nella  deftra ,  &  un  cornuco- 
pianella  finiftra .  2. 

12  AETERNITAS  AVGG.  S.  C.  Elefante  col  fuo  rettore  fopra  le  fpalle, 
che  lo  guida  con  una  verga  nella  deftra.  Medaglia  di  mano  d’eccellente  artefi¬ 
ce  ,e ,  come  rara ,  figurata,  e  fpiegata  dall’  Erizzo,  p.  729.  e  dall’ Agoftini ,  dial. 
2.  p.  35.0.5.  dal  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani,  pag. 
*32.  e  dall’ Angeloni,  p.  308.  nu.  9. 

13  SAECVLARES  AVGG.  S.  C.  La  Lupa  con  Romulo,c  Remo,  lattan¬ 
ti:  figurata  dal  Bieo ,  p.  58.  &appreffo  l’ Angeloni,  p.  308.0. 6. 

14  Colla 


L  1  B  R  0  A  \  T  0,  CAP,  il,  375 

^  14  Colla  fteflaifcrizzione.  Vn  Cervo,  ò.più  collo  un’Alce.  li  Bicolohgui-à 
pei  un  Cervo  j  i’  Angeloni  l’efprcfl'e,  e  per  Cervo,  e  per  Alce,  in  legno  che  lono 
due  riverii  differenti, colla  medeiìmailcrizzione,p  304.0.7.8. 

1  j  Le  fudette  lettere  attorno^id  una  colonna,  io  cui  li  legge  m.*  Col  quat 
riverlofenc  vedonodidueconii,cioèlatclla  deirimperatore  laureata,  c  ra-^^ 
diaca  :  come  nella  Medaglia  figurata  apprelTo  il  Patini  era  le  Imperiali  di  bron¬ 
zo  mediocri,  e  minime,  p.38o.e  381.  dove  fpiega  quello  ri  verloi  che  prima 
fù  propello  in  figura  dal  Bieo ,  loc.  cir. 

jd  P.  M,  TR.  P.  V.  COS.  III.  P.  P.  Figura  militare  in  piedi,  con  umj 
jramo  nella  delira,  un’  alla  uella  linihra ,  6c  una  Pelta,  ò  Scudo  lunato .  J 

17  IMF,  M.  IVLIVS  PHILIPPVS  AVG.  Filippo  radiato. 
ADVENTVS  AVGG.  Statua  equeftre,  colla  delira  levata  in  alto,  &  una  maz* 
za,  ò  più  toRo  parazonio  nella  linillra .  £'  Medaglia  d’ argento ,  il  di  cui  ri  verfo 
fi  trova  in  altra  i  ma  è  rara  per  l’ ilcrizzione  deli’  altra  parte ,  che  non  hò  veduto 
tate  nelle  altre ,  non  leggendoli  in  elle  il  nome  diltclo  I V  LI  VS ,  ma  folo  abbre-’ 
yiato ,  IVL,  Figurano  quello  riverlo  il  Bxo,  p.  5  8.  e  l’ Angeloni ,  p.  308.  nu.  3Ì 

18  . .  Filippo  laureato,  d’ ilcrizzione  corrola,  e  di  ri  verfo  raro. 

CONCORDIA  AVGG.  S.  C.  ImagìnelloIatadellaConcordiainpiedi,con 
unapatcra  nella  delira,  &  un  cornucopia  nella  linillra. 

19  ATTOK.  K.  M.  lOTAI,  «lAinnOC  CEB.  ANTIOXEON  MHTPOKOAnN.  CÌ* 
bete  incoronata  di  Torri ,  adorata  da  gli  Antiocheni ,  che  batterono  quella  Me¬ 
daglia  , chiamandoli  in  ella  Mkt/isWii  ,  cioè  Matris  divìim  Cultores ,  Oltre  laj> 
quale  ilcrizzione  di  qua,  e  di  la  dal  capo  di  Cibele  compartiti  vi  fono  quelli 
caratteri  a.  E.  S.  C. 

20  La medelima ilcrizzione  con  un  Tempio,  e  nel  di  luimezo  un’Idolo^ 
efprelfo  forli  per  Cibele . 

Più  però,  che  per  quelli  bronzi  è  memorabile  Filippo,  per  edere  Rato,  come 
notano  alcuni,  il  primo  tra  gl’  Imperatori,  che  s’ alcri  vede  alla  Milizia  ChriRia* 
na.  Onde  ne  fù  cantato .  ' 


Cétfareos  inter  Proceres  fuit  ecce  Philijrfus 
Primus t  qui  ChriBi  facruy  fdemque  colit. 

Così  fùfottoferitto  alla  di  lui  Imagine  tra  quelle  de  grimperatori,  cavate  dal 
Teforodi  Giacomo  Strada ,  e  Rampate  in  Zurich  in  foglio  regio  1559. 

XXXIIl.  Filippo  Tiglio .  ) 

I  WMP.  PHILIPPVS  AVG.  Filippo  fanciullo,  laureato. 

Jt  PAX  AETERNA.  S.  C.  Figura  flolata  della  Pace,  che  Randoi'n  piedi 
leva  in  alto  colia  deRra  un  ramo  d’ulivo ,c nella fìniRra tiene  un  baRoncello 
pendente. 

a  IMP.  M,  IVL.  PHILIPPVS  AVG. 

Coir  ilcrizzione ,  e  riverlo  precedente,  ma  d’ altro  conio 

3  LlBERALirAS  AVGG.  III.  S.  C.  Due  Figure  ledenti , che  rapprefen- 
tanoidue  Filippi, Padre, eFiglio, l’uno  de’ quali nella  deRra  tiene  uh  globo. 
2.  Trovali  qucRo  riverlo  figurato  apprello  l’ Agoflini  ,djal.  2.  p.  67.  nu.  1 1.  il 
Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani,  p.  143.  e  l’ Angeloni 
nell’Ifloria  AuguRa  ,p.  318.  n.  19. 

4  SAECVLARES  AVGG,  S.  C.  Vn’ Alce,  ò  altro  animate  di  limite  fi¬ 
gura.  IlBìeo,ch’efiìgiòquefloriverfo,v'efprcdelabarba,p.58. 

XXXIV.  Tra\ano  Decio, 

1  f  MP.  C.  M.  Q^TRAIANVS  DECIVS  AVG.  Trajano  laureato; 

1  GENIVS  EXERC.  ILLYRICANI.  S.C,  Trajano  in  habito  del  Dio 

li  —  -  Genio,  . 


574 


M  S  E  0  C  0  S  P  1  A  N  0 


Genio ,  in  piedi ,  con  una  patera  nella  deftra ,  un  cornucopia  nella  finiftra ,  e  da 
tergo  UT  legno  militare .  Tré  differenti  tra  di  loro ,  &  anco  da  quel  riverfo  ,chc 
s’hà  fìgjrato  nelle  Tavole  del  Bieo ,  p.  59.  Se  apprello  ì’  Angeloni ,  p.  3 1 2.  n.4, 
incui  li  legge  ILLIRICI  AMI.  Apprello  il  Patini  nelle  Medaglie  imperiali 
mediocri,  e  minime, p.  390.  n.  3.  leggelì  ILLYRICIANI. 

2  DACIA.  S.  C.  Imagine  ftolata  di  Donna  in  piedi ,  che  rapprefenta  la 
Dacia  con  un  ballon  nella  delira,  nella  cui  fommità  fi  vede  un  capo  d’ alino, 
come, figuratolo,  fpiegano  1’ Agollini  ,dial.  3.p. 95.0. 4.  l’ Angeloni  p.  312. 
nu.5,.  ilTrillano,  e’I  Patini, nellopracitato Libro,  p.39o.nu.t.  Così  puro 
CelprelTe  il  Bieo ,  p.  59. 

3  PANMOMIAE  S.  C.  Due  figure  fiolate  in  piedi,  Tunadeltc  quali  nel» 
la  delira ,  e  l’ altra  nella  finitlra  tengono  un  legno  militare .  Oltre  il  quale  tiene 
la  prima  un  ramo  nella  finiftra  ;  il  quale  nonfù  elpreflo  nelle  figure,  che  portano 
di  quello  ri  verlol*  Agoftini  ,dial.3.  p.  9  J.nu,  2.  e’IBieo  »p.  59.  Ven’hà  due 
di  conio  diverlo,una  ielle  quali  s’ hà  con  tutta  diligenza  figurata  apprello  l’An- 
geloni.p.  312.  nu.  3. 

4  VICTORIA  AVG.  S.  C.  Imagincalatadella  Vittoria  con  una  Corona 
d’ alloro  nella  deftra ,  &  un  ramo  di  palma  nella  finiftra .  Medaglione ,  il  cui  ri- 
verlo ,  come  raro,  figurali  da  Carlo  Patini  nel  luo  T doro ,  p.  1 2 8.  n.  2.  Ve  n’  hà 
di  due  conii. 

5  LIBERALITAS  AVG.  S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi  colla  TelTcra  Fru¬ 
mentaria  nella  deftra,  &  il  cornucopia  nella  fioiftra.  Due  divede.  Nell’ una 
Trajano  fi  vede  laureato ,  nell’  altra  radiato , 

6  IMP.  CAES.  C.  MESS.  Q.  DECIO  TRAI.  AVG.  ITmp.  laureato. 
PAX  AVGVSTI.  S,  C.  Il  fimulacro  ftolaro  della  Pace,  con  un  ramo  d’uli¬ 
vo  nella  deftra  (tela  in  fuori ,  &  un’afta ,  ò  baftone  nella  finiftra . 


7  IMP.  CAES.  M.  Q.  TRAIAMVS  DECIVS  AVG.  Medaglione  di 
gran  rilievo ,  con  Trajano  radiato . 

F . TAs  S  AECVLI.  S.  C.  e  deve  leggerli  FAELICITAS ,  &c. 

Imagine  ftolata  della  Felicità,  con  un  Caduceo  fopra  un’  afta  nella  deftra ,  &  un 
cornucopia  nella  finiftra . 

XxXf^,  Erennio  Decio,  Figliuolo  di  Tra]ano. 

HER.  ETR.  MES.  DECIVS  NOB.  CAE.  Decio  giovanetto  lau¬ 
reato  . 

PRINCIPI  IVVENTVTIS.  S.  C.  Figura  giovanile  d’  Erennio, 
con  una  verga,  ò  baftOne,  come  da  comando,  nella  deftra,  rivolto  ingiù,  e 
nella  finiftra  il  dardo  Romano,  che  chiamavafi  pilo.  2.  Riverfofiguratoap- 
prclTol’ Angeloni,  p.  31 2.  nu.  9.  differente  da  quello,  che  viene  propello  dal 
Bieo,  p.  59.  e  dal  Patini  tra  le  Medaglie  Imperiali  mediocri,  e  minime  di  bron» 


■Q.' 


20,  p.393.  I. 

.  XXXVI  Treboniano . 

I  |MP.  CAES.  C.  VIBIVS  TREBONIANVS  GALLVS  AVG.  Trebo, 
J[  niano laureato. 

LIBERTAS  AVGG.  S.  C.  Imagine  della  Libertà  in  piedi,  col  pileo  nella 
deftra, &  un’ afta  nella  finiftra. 

2  IMP.  CAES.  C.  VIB.  TREB.  GALLVS  AVG.  Laureato,  come  fopra. 
APOLL.  SALVTARI.  S.  C.  Statuad’ Apolline,  ignudo,  in  piedi,  chete- 
nendo  nella  finiftra  la  Cetra  appoggiata  in  terra ,  ftende  la  deftra  in  fuori ,  con., 
un  ramo  d’ alloro  pendente .  Havvenc  di  due  conii  differenti.  Figurali  quello 
riverlodairAngeloni,p.3  ?5.n.2. 


XXXV li.  Volu- 


I 


LIBRO  A  R  T  0.  CAP.  Ih  37^ 

XXXVll,  Vo  tufi  Ano  y  Figliuolo  di  Trehoniano. 
y  JM?.  CAE.  C.  VIB.  VOLVSUNO  AVG.  Volufiano  giovanetto  J 
Jg  laureato. 

.........  SALVTARI  S,  C.  Forfi,  come  in  altre,  APOLLIMI  SA- 

L  VTARI.  Imagine  d’  Apolline  ignudo ,  che  nella  delira  tiene  un  ramo  d’ alioi? 
ro ,  nella  liQiftra  la  Cetra . 

XXXVIII,  Licinio  Fdleriano . 

j  |MP.  C.  P.  LIC.  VALERIANVS  AVG.  l’ Imperatore  radiato: 

VICTORIA  AVGG.  La  Vittoria  con  una  Laurea  nella  delira,  ditta  ra* 
mo  di  palma  nella  lìniftra . 

APOLLINI  PROPVG.  Apolline  Arderò,  nudo: 

3  IMP.  C.  P.  LIC.  VALERIANVS  P.  F.  AVG. 

PROVIDENTIA  AVG,  Tipo  della  Providenza. 

3  IMP . VALERIANVS  AVG. 

SECVRITAS  AVG.  Imagine  della  Sicurezza  in  piedi,  con  un'alta  nella  de« 
lira,  e  la  lìniftra  appoggiata  ad  una  colonna.  Fùperòinfcliciffima  quella  lìcu- 
Tezza,che  condulfe  Valeriano  a  fervir  di  {gabello  a  Sapore  Rè  della  Perlìa , 
qualor  montava  aCavallo,  lenza,  che  nefacelTe  calo,  nonché  vendetta  Gal¬ 
lieno  di  lui  figliuolo,  di  cui  perciò  un’Eroico  Poeta  Bolognefe,cioè  Francefeo 
Bolognetti,nelfuoCoftante,C.  2.  r45.nelcriffe 

Non  pur,  come  devriui  cur  a  non  fredde 
Di  for  che  il  Padre  in  fervitu  non  mora', 

Ma,fe  ne  parla  alcun,  tanto  1'  ejfende ,  ' 

che  lo  perfegue  in  fino  i  morte  egn'‘  bora,  '  ’’ 


XXXIX.  Gallieno  F.  di  Valeriano  '.  i 

y  ALLIENVS  AVG.  Gallieno  radiato. 

Vj  LAETITIA  AVG.  Figura  dell’ Allegrezza,  con  una  Corona  pen¬ 
dente  dalla  delira ,  &  un  baftoncello  nella  lìniftra.  3. 

a  DIANAE  CONS.  AVG.  Vnabellidìma  Cerva  in  piedi.  Per  tale  figu¬ 
róna  il  Bieo,  p.5i.  L*Angeloni  però  col  farci  efprimere  le  corna  la  dichiarò 
inafchio,p.  365.nu.  12.  Ven’hà  di  due  conii  diverfi. 

3  APOLLINI  CONS.  AVG.  Col  Centauro  arciero,  a  differenza  del  rx- 
verfo  figurato  dal  Bieo,  p.6o.  dcappreffoT  Angeloni,p.  325.0. 10.  col  Cen¬ 
tauro,  che  tiene  un  globo  nella dcftra,&  un  timone  da  Nave  nella  lìniftra. 

4  LIBERO  P.  COS.  AVG.  VnaPantera.  Occ.  ad  ann  V.  C.  1010. 

FAX  AVG.  Imagine  della  Pace,  con  un  ramo  d’ulivo  nella  delira,  &  uno  di 
palma  nella  lìniftra.  2. 

5  INDVLGENTIA  AVG.  Figura  dell’Indulgenza  fedente  con  unaCo- 

rona  nella  delira,  &  un’afta  femplice  nella  fioiftra.  Se  mai  però  Gallieno  meri¬ 
tò  titolo  d’  Indulgente,  CIÒ  fu  quando,  condannato  alle  Fiere  un  Giojclliere, 
c’haveva  venduto  gemme  falle  per  vere  a Saloninafua Moglie, con curiofa_ 
bizzarria  li  rimelle  la  pena,  e  diede occafìone  alla  nobii  nenna dell’Abbate  Sar- 
rini di  notarne.  Licinius  Imp.  dum  gallum  Leonibus  obiicit , prò  forte  gemma¬ 
rio  ,  infinmt  Principem  decere  clementiam .  Diche  parimente  nc  cantò  il  mede-’ 
fimo.  -  -  - 

Jn  gemmis  opifex  Licinum  deceperat 

mifer  ille  feris  oblidendus  erat. 

Immisi  Cafar  Gallum  pro  forte  Leoni, 

Lepido  clufit  plena  theatra  dolo.  ' 
i  1  2 


Sarrin.Otia 
Pailaà.  ef. 


His’ 


I 


i^tb.lKEpi' 
f  r.  20. 


,  M  S  E  0  CoSPl  A  no 

His  lUe  in  populo  vindex  Inudabitis  ira 
Praconem  )u/f,t  vociferare  notis. 

Hic  in, pojl urant  fecit  ^  fubeatqtie  vicifm 
Impojtor  fraudem  i  fraude  ferat  veniam  t 
.^ani  decet  ingenuos  animos  Clementia.  Noxa 
Nobilis  ultor  erit  qnifquis  inultus  abit . 

Ma  più  brevemente  il  Religiofo  Marziale  d’ Ancona ,  che  tanto  è  dire  il  F.  Car¬ 
lo  da  S.  Antonio  da  Padova,  della  Congregazione  delle  Scuole  Pie, 

Pro  veris,  vitreas  gemmas  bona  fufeipit  Vxor 
C  afar  is  \  at  pceuas  t  fraude  patente  ^  petit. 

Ergo  illttforem  raptari  in  vincla  repente  ^ 

Exponique  feris  dentibus  ille  jubet. 

Cumque  tremans  reus  expetat  trucis  ora  Leonis  i 
Ridiculus  Capo  projilit  in  medium. 

Digna  inflitta  quidem  pcena  eFly  deceperat  ille  y 
Deceptus  miti  à  Principe ,  &  ill(  fnit . 

6  LIBERALITAS  AVG.  A.  .  .  Vna  Pantera.  Medaglia  rara,  leggendoli 
in  altre  attorno  la  Pantera  LIBERO  P.  CONS.  AVG. 

7  AETERNITAS  AVG.  Figura  in  piedi,  radiata,  col'a  delira  folicvata  al 
Cielo,  &  inelTa  una  tefta  radiata ,  lignificante  il  Sole,  &  un’ altra  limile  nella  fi- 
nillra  ,efpren'a  per  la  l  una ,  come  in  altre . 

8  MARTI  PACIFERO.  F  gura  militare  di  Marre  Pacifero,  con  un  ramo 
d’ulivo  nella  delira ,  el’alla,  eloScudonella  finillra. 

9  FORTVNA  REDVX.  Imagine  della  Fortuna  ledente,  con  un  timone  al¬ 
la  delira ,  &  un  cornucopia .  Di verfa  da  quella ,  che  s  hà  figurata  apprcRo  l’An- 
geloni ,  p.  3  2  5.  n.  7.  colla  Fortuna  llante . 

Jo  VIRTVS  AVG  Figuramilitare,  con  un  ramo  nella  delira,  &  un  Pilo 
nella  finidra  jbenilfimoelprelfo. 

11  IMP.  GALLIENVS  AVG.  Gallieno  radiato,  come  fopra. 
VICTORIA  AVGG.  Imagine  alatadella  Vittoriain  attodi  caminare, portan¬ 
do  un  ramo  d’ alloro  nella  delira ,  &  uno  di  palma  nella  finillra. 

12  IMP.  C.  P.  LIC.  GALLIENVS  AVG.  D’argento. 

VIRTVS  AVGG.  Comenella  decima.  Quale  però  fnde  la  virtù  di  Gallieno, 
che  nulla  cuiò  l’ignominiofillima  prigionia  del  Padre,  ce  Ravvila  il  Bologne tti. 
che  della  di  lui  oziofa  ,e  diffolutilfima  vita ,  nel  Collante,  C.  2.63.  cosi  cantò. 
Donna  alcuna  già  mai  piu  d  una  volta , 

Nè  volfe  un  vin  due  volte  ad  una  cena; 

Quando  a  gli  horti  fuoi  giva ,  ogni  hor  la  molta 
Copia  di  donne  in  quei  capiva  a  pena: 

E  ài  toga  viril  ciafettna  involta , 

Mentre  /’  Europa  era  à'  incendio  piena ,  ^ 

L’  una  il  Confol  dicea ,  I'  altra  il  Pretore, 

^uefa  il  Prefetto  fuo,  quella  il  ^jieBore , 

XL.  P.  Tetrico,  il  IX.  de'  XXX  Tiranni , 

1  »MP.  C.  TETRICVS  P.  F.  AVG.  Tetneo  il  vecchio  .radiato." 

1  PAX  AVG.  Imagine  llolatadella  Pace  in  pie  di , con  un’alladirittanella 
finiltra,  &  un  ramo  d’ulivo  nella  di  lira  .  Col  qual  riverlo  furono  battute  Me¬ 
daglie  anco  a  Tetrico ,  il  g  ovane,  come  nella  figurata  apprcllo  il  Patini  tra  le 
Imperiali  mediocri ,  e  minime  di  bronzo ,  p.  428.0. 8. 

XLI.  clan- 


L  l  -S  S  0  ^  F  J  0.  CAP.  II.  J77 

XLI.  Claudio  Gotico. 

I  f  MP.  C.  CLÀVDIVS  AVG.  Claudio  radiato, 

£  GENIVS  EXERCI.  II  Dio  Genio  in  piedi,  con  una  patera  nella  delira,'’ 
&  un  corno  di  dovizia  nella  hniftra .  Forlì  è  l’ Imperatore  lotto  quell’  imagine 
clprelTo .  Riverfo  figurato  apprello  Guglielmo  Clioul  nel  Libro  della  Religio¬ 
ne  de  gli  antichi  Romani,  p.  150,0.4. 

2  MARTI  PACIFERO,  Marte  Pacifero  con  un  ramo  d’ulivo  nella  delira,’ 
&  un*  alla  nella  finillra . 

3  SPES  AVG.  Imagine  llolata  della  Speranza  i 

4  PROVIDENT.  AVG.  Figura  llolata  della  Providenza  in  piedi,  con  una 
verga  nella  delira ,  &  un  cornucopia  nella  finillra,  colla  quale  Uà  appoggiata  ad 
una  colonna.  Da  piedi  fe  le  vede  un  globo  figurato  per  il  Mondo,  Riverfo 
effigiato  appreffo  il  Patini  tra  le  Medaglie  Imperiali  mediocri,  e  minime  di  bron- 
2o,p.  42^.  nu.4. 

5  ANNONA  A'VG.  Effigie  llolata  dell’ Annona,  con  alcune  fpiche  nella 
delira ,  &  un  cornucopia  nella  finillra . 

6  VICTORIA  AVG.  La  Vittoria  con  un  ramo  d’alloro  nella  deftra,& uno 
di  palma  nella  (ìnillra . 

7  lOVI  VICTORI.  Giovein piedi, eonunfuIminenelIadcllra,&un’ alla 
nella  finillra. 

8  AEQVITAS  AVG.  Figura  llolata  dell’Equità  in  piedi,  colle  bilancie 
nella  delira ,  &  un  cornucopia  nella  finillra . 

9  IMF.  CLÀVDIVS  P.  F.  AVG,  Rad  iato,  come  fopra,! 

ORIENS  A  V G.  Il  Sole  Oriente ,  efprelTo  lotto  figura  d’ huomo  nudo  in  piedi , 
con  Corona  radiata,  &  una  imagine, come  lembra,  nella  delira  alzata, &un 
globo  nella  finillra. 

ViRTVS  AVG.  Figura  militare  in  atto  di  caminare  ,  portando  un’allancilaJ 
delira ,  &  un  trofeo  d’ arme  ne  Ila  finillra ,  Nel  che  và  differente  da  que4  riverfo, 
che  con  limile  ilcrizzione  figurò  i’Angeloni,  p.  329,  n.4.  ellendo  elprcfio  un 
ramulcello  nella  delira  della  figura  militare, da  elio  intela  pei  quella  di  Claudio. 

10  DIVO  CLAVDIO  OPT.  IMP. 

CONSECRATIO.  Vn’ altare  con  alcune  fiàme,  eh’  cleono  dalla  di  lui  luperff- 
zie .  Ri vcrlo  figurato  apprelTo  l’ Angeloni  nell’ Illoria  AuguUa ,  pag.  3 29,  n.  7. 
&  il  P^ini  trà  le  Medaglie  Imperiali  mediocri ,  e  minime  di  bronzo  ,p.426.  n.2. 

JTL//.  Aureliano , 

1  ¥  MP.  AVRELIANVS  AVG.  Aureliano  laureato. 

J.  ORIENS  AVG.  Figura  d’ Aureliano  radiata,  che  Uà  nel  mezo  a  due  pri¬ 
gionieri  ledenti  in  terra ,  calpellandone  uno  col  piè  deliro .  Nella  finillra  tiene 
un  globo ,  &  hà  la  delira  levata  in  alto .  Sotto  vi  li  legge  CDXXI. 

2  Simile  ilcrizzione, e  riverlo,  differente  lolo  nelle  note ,  che  parte  role, 
terminano  diverlamente,elprimendo  ....  RI.  la  figurò  l’Angeloni,p.3  36. 
n.  5.  Il  Patini  trà  le  Imperiali  p.  432,  n.  I.  propolc  uno  di  quelli  riverii  colite 
note  XXlVI.  de  il  Choul  nel  Libro  delia  Religione  de  gli  antichi  Romani ,  pag, 
a  90.  ne  figurò  uno ,  con  un  folo  captivo ,  e  la  nota 

3  CONCORDIA  AVG.  4  Due  figure ,  che  li  porgono  le  delire,*  l’ una  mi» 
litare  rapprelenta  l’ Imperatore ,  che  tiene  un’  alla  nella  finillra  j  l’ altra  è  di  Se- 
verinalua  moglie*  2.  Riverfo  figurato  apprelTo  TAgoRini,  dia),  2.  p.40.  0,4. 
c  i’ Angeloni ,  p.  3  36.  nu.  7. 

4  ADVENTVS  AVG.  Figura  equcllre  in  atto  di  correre , 

5  lOVI  CQNSER,  T.  Due  figure  in  piedi,  cioè  Giove  ignudo  appoggiato 

li  3  '  ad 


37»  MVSEO  eos  PI  ANO 

ad  un’ afta  incontro  l’ Imperator  paludato,  collo  Scettro  nella  ft.iiftra;  e  chei 
congiunta  la  delira  con  quella  di  Giove,  vi  loftcìita  il  Mondo,  come  /piegò 
l’Ang.eloni,  che  figurò  quefto  river/o  e/pruiicndovi  lotto  S. 

6  PIETAS  AVG.  Due  figure,  che  fcambievolmcnte  li  guardano,  tenendo, 
cia/cheduna-uiia  patera  nella  delira  /opra  un’  altare  ;  l’ una  è  virile ,  e  forfi  d’ Au* 
leliano ,  l’ altra  donne/ca ,  forfi  della  Pietà  ,ò  dell’Imperatrice  /ua  moglie,  /oc- 
tprabito,&  il  nome  della  Pietà. 

7  CONCORDIA  MILIT.  Due  figure  militari,  che  congiungono  le  delire-, 

8  IMP.  C.  AVRELIANVS  AVG.  Laureato. 

CONCORDIA  MILITVM.  Due  figure, come /opra ,  congiungenti  le deftrc; 
ma  l’ una  togata,  e  Taltra,  come  (embra,  ftolata  :  quella  e/prefta  per  la  Dea  Con* 
cordia ,  quella  per  l’ Imperatore:  due  di  conio  differente;  una  delle  quali  colla 
tefta  dcirimpcratore  radiata  vedefi figurato  apprello  l’ Angeloni ,  p.  n.  i. 
2.  con /otto  le  due  figure  la  nota  XXIQ^ 

XLÌii,"  Tacito, 

MP.  C.  CL.  TACITVS  AVG.  Tacito  radiato. 


l 


VIRTVS  AVG.  Figura  galeata  in  piedi  colla  delira  fopra  unoScudq 
pelante  in  terra  ,&  un’afta  nella  liniftra, 

a  iMP.  C.  M.  CL.  TACirVS  AVG.  1’ Imperat,  fimiitncntc  radiato. 

3  CLEMENTIA  TEMP.  Figura  liante  della  Goitanza  con  un’afta  nell§ 
delira  ,  e  la  finiftra  appoggiata  ad  pria  colonna . 

4  CONSTANTIA  TEMP»  Figura  limile  a  quella  dei  precedente  river/o. 
LAETITIA  FVND,  XXL  B,' Figura  tìplatadcll’ Allegrezza,  in  piedi, con_ 
una  Corona  ,  come  (embra ,  di  fiori  nell^  delira ,  &  un  ballonet  Jio  nella  finiftra. 
Figurali  quello  river/o  da  Monfig.  Agqltini  ,dial.  a.p  75.  nu.  i. 

5  VBERTAS  AVG.  XXI,  Ei  Eifigie  llolatj}  ddT  Vbeita  in  piedi,  con  un 
cornucopia  nella  delira ,  ji]  atto  di  verl’arjo,  &  un’altro  diritto  nella  finiftra. 
Può  vederli  apprcftb  l’/\ngelqni ,  p.  34t  .nu  9, 

6  VIRTVS  AyG.  Figu?-amilitareinatrodicaminarc,conun’aftane]lafi-. 
niltra  ,&  un  trofeo  d-arrne' nella  delira , appoggiato  alla  /pall.T.  Rivcr/o  raro, 
ritrovato  nelle  mine  della  Vecchia  Claterna ,  e  con  mole’  altri  donutorai  dal  Co, 
Valerio  Zani ,  eruditilfimo  Cavaliere , 

XLIV,  Floriano . 

MP.  C.  M.  AN.  FLORIANVS  P.  AVG.  Floriano  radiato . 


I 


P 


CONCORD.  MILIT.  S.  C.  Due  figure ,  che  congiungono  le  delire. 
Inaltririverfis’hàrjfcrizioneintiera  CONCORDIA  MILITVM,  comencl 
figuratoapprelfoT  Angeloni,  p.  342.  n.  j.  &  il  Patini  tra  le  Medaglie  Imperia¬ 
li  mediocri,  e  minime,  p  435. n.  2.‘ 

’  ■  ’XLK  Probo. 

ROBVS  P.  F.  Avo*  frobiq  laureato, figurato  con  tuttofi  petro. 
ADVENTVS  AVG.  Figura  equeftrc  di  Probo  in  atto  dicaJpcftare 
un  captivo.  Se  le  vede  unfulmineìqcto  i  piedi  nel  mezo  di  qut  He  lettere  H.Z.2. 

2  FIDES  MILITVM*  Statqa  piilicarc,  che  nelf  una,  enelT  altra  mano  tie¬ 
ne  una  In/egn  i  da  guerra ,  Dall’  altro  lato  Probo  è  laureato , 

3  IMP.  pROBVs  Aya  "  “ 

moneta  AVG.  La  Dea  Moneta,  come  altrove. 

4  IMP.  PROIiVS  r.  F.  AVG,  ■  • 

ADVENTVS  AVG.  Come  (opra  Figura  un  limile  river/o  il  Patini  rrà  le  Me¬ 
daglie  Imperiali  mediocri, e  minime  di  bronzo, p.437.  n.4.  ma  colia  nota  K.  A. 

5  CONCORDIA  MILIT.  P.  XXL  bue  figure  militari,  che  congiungQno 

le  delire  come  nella  leconda.  5  ViCTO- 


L  ÌSRO.  A  0.  CAF.ll  ìjp 

6  VICTORIA  A  VG.  r  Imagine  alata  della  Vittoria,  Dall’ altra  parte  Pro¬ 
bo  bàia  corona  radiata.  2. 

7  VICTQRIA  GERM.  Trofeo  con  due  prigioni  di  guerra. 

8  IMP.  G*  pRQBVS  P.  F.  AYG.  Meza  figura  di  probo  laureato  i 
Conservat?  AVG.  ApplUne  radiato,  in  piedi,  mezo  ignudo, colladeUra 
inalzata  ,&  un  globo  nella  HniRra ,  fopra  il  cui  braccio  fypUzza  ui  panno . 

9  lOVI  GQNSERVAT.  Due  figure,  che  Icambievolmente  fi  guardano i 
r  una  ignuda ,  rapprelentante  Giove ,  con  un  globo  nella  deftra ,  in  atto  di  por¬ 
gerlo  all’altra ,  eh’  è  veftita  alla  militare ,  &  elprime  l’ Imperatore  ^  che  offerike 
non  sò  che  cola  a  Giove . 

10  CONCORD.  MIL.  Due  figure  militari  aftate,chec6giungono  le  delire^ 

11  IMP.  C.  M.  AVR.  PROBVS  AVG.  Probo  radiato. 

ADVENTVS  AVG.  .  .  ,  Figura  equeftre,  lenza  il  captivo  da  piedi,  che  fi 
vede  nelle  fopra  mentovate . 

12  IMP,  C.  M.  AVR.  PROBVS  P.  AVG. 

ADVENTVS  AVG.  .  .  XXI.  P.  Statua  equeftre,  come  nella  precedente. 

1 3  IMP.  g.  M.  AVR,  PROBVS  P.  F.  AVG, 

ADVENTVS  AVG.  come  fopra- 

14  VIRTVS  PROBI  AVG.  XXÌ,  Probo  io  atto  di  caminare ,  portaq^ 
do  nella  finiftra  un  trofeo  appoggiato  alla  fpalla ,  Và  divetfa  dalle  altre  Meda¬ 
glie  di  limile  ifcrizione ,  che  nel  ri  verfu  hanno  la  Statua  equeftre  di  Probo ,  co¬ 
me  nel  figurato  appreffo  1’  Angeloni ,  p.  3  47,  n.  8, 

*5 . .  BVS  AVG.  Proboradiato, 

yiRTVS  AVGVSTI  g,  Figura  militare  in  atto  di  caminare, con  un’afta  nel- 
laliniftra,  &  uno  Scettro ,  come  fembra ,  nella  deftra .  V  Angeloni  v’  elpreffe 
la  deftra  fopra  uno  Scudo  pofante  interra,  p.  nu.  7.  degno  (imbolo  della 
virtù  di  Probo,  che  non  mendi  fatti,  che  di  nome  fu  da’fqqi  Soldati  chiamato 
frobus  y  cb  vere  Profusi  Onde  vi  fu  chi  ne  cantò,  come  fi  legge  lotto  la  di  lui 
imagine  tra  quelle  de  gl’imperatori  ftampate  in  Zurich  i  5  $9,  in  f. 

Hinc  Prohus  y  ér  vere  probus\  or  bis  Sceptra  gubernat  f 
^uem  probat  miles y  &.  facra  turba  Patrum, 

Barbaricos  motus  compefeuit'  undique  y  Pacem 
Romano  pulchram  fecit  in  Imperio. 

XLVU  Caro] 

I  V  MP.  CARVS  AVG.  Caro  radiato, 

1  AETERNIT,  IMPER.  ..  Figuraignudadel  Sole  in  atto  di  correre,  té* 
nendo  una  sferza  neìlà  finiftra,  e  la  deftra  inalzata.  Come  riverfo  raro  vedefì 
figurato  appreffo  il  Patini  tra  le  Medaglie  imperiali  di  mediocrc,c  minima  grani 
dezza,  di  bronzo,  p.  4^8.  n.  2. 

2  DIVO  “caro  PARTHICO.  Caro, come  fopta, radiato, 
CONSECRATIO.  Vno  altare,  dalla  cui  fuperfizìeorizontaleafcendono  al¬ 
cune  fiamme.  Per  Medaglia  parimente  rara  la  figurò  il  Patini  nel  lopracitatq 
luogo,  nu.  5. 

XLVlt  Carino  F,  di  taro. 

1  f  MP.  CARINVS  P.'F.  AVG.  Carino  radiato. 

1  FELICIT.  P VELICA.  Effigio  della  Felicità,  con  un  Caduceo,  come 
fembra,  nella  deftra  follevata ,  c  la  finiftra  appoggiata  ad  una  colonna,  lotto 

cui  fi  vedono  quelli  caratteri .  D*  XX.  Due  »  di  conio  differente .  , 

■'  "  xLrm.  Nu- 


^$0  M  r  s  s  0  X  0  s  p  i  ^  ^  0 

XLVIII  Numerìan»^  Fruttilo  di  Canno, 

I  WMP.  C.  NV.vlEKIANVS  P.  F.  AVG.  Numcruno  rad  iato. 

£  VOTA  FVbLICA.  Due  figure  ftanti  l’ una  m  taccia  all*  altra  «con  due 
Integre  militari,  &  un  Labaro.  Sotto  v  fi  legge  ONS.  XXIP.  rara. 

2  FIDES  EXERCIT.  AVGG.  S.  M.  S.  XXL  r.  Figura  di  donna  few 
dente  nel  mezo  di  trèlniegne  militari . 

XLIX,  Diocle&iant , 


K  ]|  MPé  DIOCLETIANVS  AVG.  Diocleziano  colla  Corona  radiata. 

A  lOVI  Conservat.  AVGG.  Giove  in  piedi,  con  un  fulmine  nellaJ 
delira ,  &  un*  afta  nella  finifira .  Rivetfo  figurato  dal  Bieo ,  p.  64. 

2  IMP.  DIOCLETIANVS  F,  F.  AVG.  radiato. 

CONCORDIA  MILn  VM.  A.  Due  figure  militari  ,  che  congiungono  le 
deRfC:  nel  mezodelle  quali fifeorge  Timagine  della  Vittoria  follevacaaù  le 
ali,  e  porgente  la  Laurea  alia  figura  delira,  eh*  è  quella  dell'Imperatore,  Ri» 
vetfo  publicato  dall*  Angcloni,  con  lotto  la  nota  ALE.  p.  3 $6.0.4. 

3  GENIO  POPVLI  ROMANI.  Imagine  del  Dio  Genio,  che  tiene  una  pa¬ 
tera  nella  delira,  &  un  cornucopia  nella  finilira .  Dall'  altro  lato  la  tefia  deli’lm- 
pcratore  è  armata  d’ elmo.  Apprello  l’Angclonijloc.cit.  n.6.  v’hà  la  nota  SMN, 

4  VOT.  XX.  in  una  Corona  roftrata, 

5  IMP.  C,  C.  VAL.  DIOCLETIANVS  P.  F.  AVG. 
lOVI  CONSERVAT.  AVGG.  B.  G!Ove,come  nella  prima  ^ 

6789  CONCORDIA  MILITVM.  Due  figure  militari,  con  una  Vitto¬ 
ria  nel  mezo , come  fopra  .  Quattro  di  conio  differente .  In  una  nel  riverfo,  ol¬ 
tre  l'ilcrizz.Ot.e  vi  lono  quiite  note  H.  B,  In  un’altra  A.  nella  terza  V,  nella 
quarta  XX. 

10  VOT.  XX.  A.  invnacoronad  alloro. 

11  IMP.  C.  VAL.  DIOCLETIANVS  AVG.  radiato. 

lOVl  CONSERVAT.  Giove, con  e lopra , ma  con  l’Aquila  da  piedi,  eTafta 
tra  due  legni  militari.  Sotto  vi  fono  i  caattin  P.  XX.  ì.  Kivcrio  differente 
da  quello,  che  s’hà  figurato  appiedo  1’  Angcloni, con  un’altra  infcgna  militare 
invece  dell’afta,  e  le  note  CXXIT*  p.  ^56.  nu.  3  In  alcuni  altri  v’ è  Giovefe- 
dente,  e  Tiferizzione non  abbreviata,  come  appreffu  il  Patini  tra  le  Medaglie 
Imperiali  mediocri,  e  minime^  p,442,  n.  6. 


’M 


AXIMINVS  NOB. 


L,  Maffimiatto . 

CAEs.  Maffimiano  laureato. 


SACRA  MONETA  AVGG.  ET  CEsS.  NOSTR.  f.  La  Dea 
Moneta  >n  piedi  colle  bilancie  nella  dcftra ,  ic  un  cornucopia  nella  fintftra .  Ri¬ 
verfo  figurato  appreffo  Monlìg.  Agoftini , p.  5. n. 4. e  p. 72. n.  3, 

2  C.  M.  l.  VAL.  MAXIMIANVS  NOB.  C.  radiato. 
yOT.  X.  F,  K.  in  unacorona d’alloro. 

3  VOT.  XX.  T.  fimilmcnte  in  una  laurea, 

4  C.  M.  L.  VAL.  MAXIMIANVS  NOB.  CAES.  radiato.’ 
CONCORDIA  MlLlTVM  Due  figure  militari ,  che  lì  porgono  le  deftre,  e 
tengono  ciafchtduna  un’afta  nella  fìniltra.  Nel  mezo  di  loro  lì  vede!*  imagine 
della  Vittoria . 

5  Simile  ilcrizione,criverfoi colle  note  K.  A.  e  fembra  quello,  che  s’hà 
figurato appreflol’Agoftioi ne’ dialoghi ,  p.  39.0. 8.  doveperònell’ifcrizzio- 
ne  dell’ altra  banda,  in  vece  di  C.M.L.  fù  clprcffo  GAL. 

6  I oftello riverfo, & ilcrizzionc , co’ caratteri  K,  B. 

7  IMP;  MAX1.V.1A.NVO  F,  F.  AVG. 


GÈ- 


L  I  B  R  0  ^  P  A  K  T  0.  CAP.  IL  381 

GENIVS  AVGVSTI  S.  S.  T.  Il  Dìo  Genio  in  piedi,  con  una  patera  nella 
delira ,  &  un  corno  di  dovizia  nella  lini  lira . 

8  lOVI  CONSEilVAT.  AVGG,  Giovein piedi,  conunfulmineoellafi- 
riftra,  &un'afta  nella  delira. 

9  ,IMP.  C.  VA.  MAXIMIANVS  P.  F.  AVG.  radiaro: 

CONCORDIA  MILITV'^M.  Due  figure  militari  congiungenti  ledeArc»coil 
la  Vittoriane!  mezo,  e  di  lotto  K.  a.  2. 

10  IMP.  C.  VAL.  MAXIMIANVS  P.  F.  AVG.  fimilmentc  radiato. 
CONCORDIA  MILITVM.  KA.  Figure  elprelfe  nella  precedente. 

11  lOV.  ET  HERCV.  CONSER.  AVGG.  XXIZ.  Due  figure  congiun* 
genti  le  delire ,  come  [opra ,  colla  Vittoria  nel  mezo  di  loro , 

12  IMP.  C.  M.  A.  MAXIMIANVS  P.  F.  AVG. 

GENIO  POPVLI  ROMANI.  HTA.  Il  Dio  Genio,  come  fopra;  sù’l  di  cui 
capofilcorgeun vaio.  Medaglia bellilllma. 

13  lOVI  CONSERV.  AVGG.  Giove  con  un  fulmine  nella  delira,  &  un* 
afta  nella  finillra . 

14  VOT.  X.  inunaLaurea. 

15  VOT.  XX.  fimilmente  in  una  Corona  d’ alloro . 

16  VOT.  XX.  parimente  in  una  Laurea,  colla  nota  C.  2. 

17  VOT.  XX.  inunaLaurea.  S. 

18  VOT.  XX.  in  una  Corona  roftrata.  P. 

19  VOT.  XX.  D.  io  una  Corona  di  Lauro. 

20  IMP.  C.  M.  A.  MAXIMIANVS  NOB.  Maflimiano laureato 
yOT.  XX.  P.  in  unaCoronad’alloro  . 

21  !MP.  C.  M.  AVR.  VAL.  MAXIMIANVS  P.  F.  AVG.  radiato.’ 
lOV.  ET  HERCV.  CONSER.  AVGG.  XXI.  B.  Duefigu  e,  che  fi  riguar¬ 
dano  infieme,  una  delle  quali  ha  un*  afta  nella  finillra ,  &  un  g'obo  nella  delira; 
r  altra  ha  1’  imagine  della  Vittoria  nella  finillra ,  e  di  lotto  una  Stella.  Due  bel- 
liflime ,  di  conio  diverfo , 

22  DIVO  MAXIMIANO  SEN.  FORT.  IMP.  Maflimiano  laureato. 
REQVIES  O  'TIMO  MERIT.  R.  P.  Figura  ledente,con  non  sò  che  non 

fi  dillingue  nella  delira .  Medaglia  fingolare  beliiflìma . 

23  MEMORIAE  AETERNAE.  R.  T.  Vn’ Aquila  in  atto  di  levarli  a  vo¬ 
lo.  Medaglia  non  men  rara  della  precedente,  come  differente  d’ilcrizzione  da 
quella ,  che  s*  hà  figurata  appreflo  1*  Angeloni ,  p.  3 5 8, n.  5. 

LI,  Cofianz^o  Cloro . 

I  ^^ONSTANTIVS  NOB.  Collanzo  laureato  cfprelTo  con  tutto  il  petto.’ 
GENIO  POPVLI  ROMANI.  Effigie  nuda  del  Genio  in  piedi,  cotu 
^una  patera  nella  delira,  &  un  panno  Ivolazzante  su  Paltro  braccio,  nella  cui 
mino  tiene  un  cornucopia . 

2  CONSTANTIVS  NOB.  CAES. 

VOT.  XX.  in  una  Corona. 

3  SAG.  MON.  .  .  .  AVGG.  ET  CAESS.  N.  N.  Imagine  della  DeaJ 
Mogeta  in  piedi  colle  bilancie  nella  delira  ,  &  un  cornucopia  nella  finillra . 

4  FL.  VAL.  CONSTANTIVS  NOB.  C. 

PROVIDENTIAE  CAESS.  Vn’ Edilìzio,  lotto  cui  quelle  lettere  ASIS.  cioè 
Afifcienfibus  fignatum . 

5  fE.  VAL.  CONSTANTIVS  NOB.  CAES.  Coftanzo radiato, cfpref- 
focon  tutto  il  petto* 

VIRTVS  AVGG.  Statua  d’Èrcole,  che  ftrozza  il  Leone,  havendo  la  clava  da 
piedi,  (opra  CUI  vi  è  B.  ciotto  XX.  CT.  5 


Vrf.Vtl 


uvsnò  co  SVI  ANO 

5  DIVO  CONSTANTIO  PIO  PRINC. 

MEMORIAE  AETERNAE.  A.  T.  Vn’ Aquila  in  atto  di  levarfi  a  volo  I  Tré 
piccole  >  di  due  conii  di  verlì . 

LIl.  Maffimìno . 

CHiamafi  da  taluni  Maflimiano,  e  viene  perciò  confnfo  coirantcceflbrc  di 
Coltanzo  Cloro,  come  predo!’ Abbate  Sarrini,  nel  Poemetto  intitolato 
ConHantins  luBrAtHs ,  in  cui  le^geli,  v.  58. 

•  Compellare  libet  te,  Maximiane  fu f erbe, 

Dum  vis  Herculeus  dici,  Alcidefque  videri, 

Te  Leporem  praBas ,  &c, 

le  di  lui  Medaglie  però  infegnanodoverfìchiamar  Malfimino,  leggendoli  io  effe 
I  MAXIMINVS  P :VS  AVG.  GERM.  Maflimino  laureato. 

SALVS  AVGVSTI.  S.  C.  Effigie  della  Dea  Salute  fedente  colla  patera  nel¬ 
la  delira  ,  in  atto  di  vcrfarla  (opra  Taltare,  dove  ftrifeia  il  Serpente  d’Efculapio. 
3  IMP.  MAXIMINVS  PIVS  AVG. 

SALVS  AVGVSTI.  S.  C.  La  Salute, come  nella  precedente. 2.  di  conii div.’ 

3  PAX  AVGVSTI  S.  C.ImagineftolatadcllaPace,conunramod’ ulivo 
nella  delira  follevata  in  alto ,  &  una  verga  nella  lìniftra .  Due  differenti . 
FIDES  MILITVM.  S.  C.  Figura  llolata  della  Fede  llantc  nel  mezo  di  due 
Infegne  militari ,  tenendone  una  per  ciafeheduna  mano .  Due  di  conio  diverfo 
PROVIDENTIA  AVG.  S  C.  Effigie  llolata  della  Providenza  ftante  coiu. 
una  verga ,  ò  baftoncello  inclinato  verfo  un  globo ,  che  le  giace  a  piedi ,  cfpref- 
fo  per  il  Mondo ,  nella  lìniftra  tiene  un  cornucopia . 

VICTORIA  AVG.  S.  C.  La  Vittoria  gradiente  con  una  Laurea  nella  delira 
inalzata ,  &  un  ramo  di  palma  nella  lìniftra. 

LUI.  CoHantino  Magno . 

1  ^ONSTANTINVS  AVG.  Coftantino  armato  di  Celata; 

Cui  Magni  impofuit  pietas,  &  dextera  nomen, 

ROMAE  AETERNAE.  PRDT.  Roma  galeata,  ledente  (opra  un  mucchio 
d’arme,tenendocollafinillraunoScudo,  incoi  x  Riverlo  figurato  appreffo 
l’Angeloni,  ma  colle  note  PRRP.  p.  377.0. 1 5.  v 

2  PROVIDENTIAE  AVGG.  Vnbelliffimo  Edifizio , (otto cui  fi  legge  S. 
M.  P.  .  òforfi  S.M.K.B.  come  nel  riverlo  figurato  appreffo  TAgoftinijdial. 
2.  p.  5  7.  n.  5 .  lignificanti  per  avventura  Signata  Moneta  Konsiantinopoli  . 

3  bin  ile ilcrizzionccoirEdifiz.o,  loitocui  A.  O.  P. 

4  S’inile  ifcrizzione,fen2’aIrrc  lettere.  Figura  .0 quelli  riverii  il  Pati¬ 
ni  colì’iUr7ZÌone -n  retto,  e  le  note  S.  M.AL.  cioè  Signata  Moneta  Alexan- 
ùria,  tra  lelmpcrisli,  p. 466.4. 

5  CONSTANTINVS  AVG.  Coftantino  co!  diadema. 

D.  N.  CONSTANTiNV>  MAX.  AVG.  attorno 
ad  una  cotona,  come  lembra,  d’  alloto,  in  cui,  xx. 

V. 

6  CONSTANTINVS  col  diadema.  Medaglia  minuta,  ma  bella .’ 

VICTORIA . Due  Vittorie  in  piedi,  runa  contro  l’altra,  cialcjuna 

delle  quali  colla  delira  follevata  tiene  una  Corona  d’ alloro. 

7  CONSTANTINVS  MAX.  AVG.  col  diadema  ingiojcllato. 

GLORIA  EXERCITVS.  Due  Soldati  armati,  che  appoggiati  sui  loro  Scudi, 
con  un’allaperciafcuno.  Ranno  mirando  l’Infcgna  del  Labaro,  confitta  nel 
mezo  di  elfi  col  calce  in  terra,  vedendovifi  impreffo  il  venerabile  fegno  p  fotto 
la  quale  Infegna  lì  legge  V.  SIS.  4.  Riverfo  figurato  appreffo  l’ Ange  ^  Ioni, 
p.  377.  n.j.  ma  con  lotto  E.  SIS.  •  8  Si- 


L  IB  K  O  '  ^  r  A  Bt  0.  €AP:  II.  583 

S  Simile ifcri2zione,c ri vcrio»coIte note  S.  M.  K.  T.  2. 

9  Simile  ri  verioy&ifcrizzione,  coile  note  confufe*  ma  di  verfe.  2. 

10  La  medeiìmaiicrizzione,c  figure  militari,  come /opra  I  con  una  fola  In- 

legna  da guerranei  mezo  loro,  e/otcoaquefla  ASIS.  due  di  tutta  conlerva- 
zione,  trovate  nelle  mine  deirantica  Claterna,  donatemi  dal  Co.  Valerio  Zani  , 
‘  1 1  Lo  flieflo  riverfo,  di  due  figure,  de  una  inlegna  foia ,  colla  precedente 

ìfcrizzione,  fenz’  altri  caratteri . 

12  CONSTANTINVS  P.  F.  AVG. 

SOLI  INVICTO  COMITI.  C.  T.  EflSgienuda  d’ Apolline  radiato,  colla 
delira  inalzata ,  un  globo  nella  finidra ,  èc  un  panno  dallo  ftelTo  braccio  pendeOiJ 
te .  Riverfo  digerente  da  fulfeguenti ,  e  da  quello ,  che  lenza  l’ aggiunta  d’ altre 
notes’hàEguratoappreffol’ Angeloni,p.377. n.  11.  '  T 

13  IMP.  CONSTANTINVS  AVG. 

SOLI  INVICTO  COMITI.  K.  T.  B.  T.  F.  Apolline, come fopra . 

14  IMP.  CONSTANTINVS  P.  F.  AVG. 

SOLI  INVICTO  COMITI.  P.  L.  C.  Come  nelle  precedenti.  Otto  di  co¬ 
nio  differente. 

15  Simile  ifcrizzionc,  e  riverfo, colle  note  H,  S.  di  gentilillìmo  conio.  Fir 
gurò  uno  di  quefli  riverii  Guglielmo  du  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli 
antichi  Remani,  ma  colle  note  T.  F.  P.  L.  C.  Vedefì  nella  traduzzionedd 
Simeoni,p.  187. 

16  lOVI  CONSERVATORI  AVGG.  NN.  Statua  ignuda  di  Giove 
te  coir  imagine  alata  della  Vittoria  nella  delira ,  &  un"  alla  nella  fìniflra . 

17  D.  N.  CONSTANTINI  MA.  AVG.  CSIS,  attorno  ad  unOiCorona 
d’ alloro ,  nel  cui  mezo  vot.  2, Riverfo  figurato  appreflo  il  Choul,  nel  fudetto 
Libro,  p.344. 

18  D.  N.  CONSTANTINI  MAX.  AVG.  ST.  colla  Corona  ,  in  cui  vot. 
10  Simile  ìferizzione,  e  riverfo,  colle  note  ASIS* 

20  D.  N.  CONSTANTINI  MAX.  AVG.  .  , 

VICTORIA  ......  Imagine  alata  della  Vittoriainatto  di caminare,' 

21  D.  N.  CONSTANTINVS  MAX.  AVG.  Teda  di  Coilantino  col  dia¬ 
dema  .  .  V 

GLORIA  ROMANORVM.  Cotìantino  colla  delira  diftefa  fopra  il  capo  d’ un 
capti  vo,  e  nella  fìnidra  il  Labaro,  col  fegno  p.  &F.  IL 

22  . NTINVS . Coftantino  colla  celata , 

.  .  .  .  .  EXERCIT.  Il  Labaro,  con  VOT.  XX.  E  due  captivi  dalle  bande^ 
come fivedemunadi  Licinio  coli’ifcrizzione  VIRTVS  EXERCIT.  come# 


devefì  leggere  in  queda ,  eh’ è  rara . 

23  CONSTA  NTINOPOLIS.  Teda  galeata  di  Coflantino  Magno. 
Vittoria  gradiente  con  arabe  leali /piegate ,  &  uno  Scudo  nella  liniflra,.coi]u 
fptto  1  piedi  RO.  .  .  Due  di  conio  differente. 

Lir.  CrifpOt  F»  di  CoBantim  M. 

1  y^RISPVS  NOB.  CAES.  Meza figura  di  Criipo  giovanetto." 

•'  .......  VOT.  X.  in  una  Cotona.  Eforfi  devono  dir  le  lettere 

quivrtofc  CAESARVM  NOSTRORVM,  comein altra Medagliadel  mede?^ 
fimo  figurata  appreflo  il  Patini  tra  le  Impcpali  mediocri , e  minime  ,  p.  4^7.11.  i.’ 
con  VOT,  V.  nella  corona. 

2  CRISPVS  N.  C.  COS.  II.  Meza  figura  di  Cri fpo  laureata,  c  che  nelU 
dedratodieoeunainfegna  da  guerra,  fopra  di  cui  l’Aquila  Romana,  in  legno 
delle  felici  condotte  militari,  eh’  egli  heobe  nel  Settentrione, perle  quali  di  lui 
fù  cantato,  ^ 


V  v> 
TIS 
XX. 


^  M  y  S  C  0  S  P  KA  N  0  ^ 

'Hir  Puer  fefttm  dtmitor  T rionum  > 

Dufter  hic  felix  ^  Helenxtjue  magnàc 
CaHus  alumnus, 

BEATA  TRANQVILLITAS,  sttorno  ad  una  bafe,  in  cui  fileggi 
Sopi-a  labafe  v’hà  un  globo  circondato  da  tré  Stelle.  2.  Riverio  fìguia- 
to  appreflo  il  Patini  nel  luogo  fopraCitato ,  n.  4.  Poche  altre  di  lui  Me¬ 
daglie  fono  giunte  a  cognizione  de’ polleri,  perche  poche  ne  furono 
battute ,  edendo  fiata  troncata  col  filo  della  di  lui  vita  in  età  per  anco  tenera  la 
ferie  di  quelle  gcnerofe  azzioni ,  che  da  edo  afpettavanfi ,  degne  di  moltiplicati 
bronzi ,  e  di  marmi.  Avvegnaché  edendoliegli  nella  continenza  moftratoun* 
Ippolito  con  Fauda,  la  fua  infaulla  matrigna,  (perimento  quella  una  Fedra  tanto 
cruda ,  quanto  impudica.  Che  però  ne  cantò  il  Sarrini  nel  fuoCoflantinolu» 
(Irato,  V.  1 14. 

»■  un»  TauHa  infìdiante  necatur ,  •  - 

perche  quella  Privignum  Crifp»m^  cu]us  languebat  amore ,  '  .... 

Detulit  ad  Regem  falfoy  velut  altera  Phadral 
ytc  (t  tentajfet  Iccium  violare  paternum , 

11  qual  fatto  dal  P.  Bernardino  Stefonio  della  Compagnia  di  Giesù  fù  così  al  vi¬ 
vo  efpredo  nell’  Azzionc  Teatrale  ch’egli  ne  cqimpofc  ,che  quella  meritò  d’  ef¬ 
fere  chiamata  la  Regina  delle  Tragedie  Latine  de’  nollri  tempi .  V à  per  le  mani 
de’ Letterati  con  quella  ifcrizzione.  Crijpus  ^Tragoedia Bernardini  Stephonii 
Sabini y  Prasb.  e  Soc,  lefu,  Mediolaniapud  Io  BaptiilamBidclluia  idi/,  id. 

LV,  Majfenz,io .  ' 

AXENTIVS  P.  F.  AVG.  Madenzio  laureato T 
CONSERV.  VRB.  SVAE.  Vn  Tempio,  nel  di  cui  mezo  fi  vede 
una  Siaiua,  come  vogliono  alcuni,  lignificante  Roma,  con  lotto  A«  T.  Con 
quello  ri  verfo  ve  n’hà  lei  differenti  non  dalle  fottonotate,  ma  anco  da  quella, 
che  s’ hà  figurata  appreffo  l’ Angeloni ,  p.  36^.  n. 4.  lenza  alcuna  nota ,  c  colla 
ilcrizzione  dall’  altro  canto  di verla . 

a  VOT.  (^Q4_D.  IVL.  XX.  in  una  Corona,  Medaglia  minuta. 

3  IMP.  C.  M AXENTIVS  P.  F.  AVG. 

CONSERV.  VRB.  SVAE,  Tempio  colla  Statua,  come  fopra.  Quattro  fenz* 
altra  nota,  come  in  quelle  che  figurò  il  Patini  trà  le  Imperiali,  p.  456.  4.  j,  * 

4  Laludettailcrizzione,eTcmpio,con(ottovilanota  A.  C.  T. 

Altra fimilecon  A.  £.  B. 

Simile  con  A.  E,  S.  ò  più  tollo  AL,  S.  cioè  Alexandria  signatum. 
Altra  con  A.  T. 

Il  medclìmoriverfocon  H.  A.  N.  Il  Bieo,  p.  65.  ne  figura  uno, con  lot¬ 
to  A.  O.  T.  Vn’ altro  Guglielmo  ChoulFrancele  nel  Libro  della  Religione 
degliantichiRomani,p.id2.incui  D  R.  P. 

9  FIOES  MILITVM  AVG.  N.  StatuaftolatadellaFedeflantetràdueia- 
fegne  militari,  tenendone  una  per  ogni  mano.  Di  lotto  vi  fi  legge  NOST. 

10  AETERNITAS  AVG.  N.  Due  Figure  militari,  drittein piedi,  guar¬ 
dandoli  vicendevolmente .  L’ una  ha  nella  delira  una  piccola  imagme  della  Vit¬ 
toria,  &  un’afta  nella  finillra;  r  altra  hà  un’afta  nella  delira. 

•  Il  AETERNITAS  AVG.  N.  NOST.  Callore,  e  Polluce  ftanti  colle  afte,' 
r  uno  nella  delira  ,  l’ altro  nella  finiftra ,  tenendo  cialcuno  coll’altra  mano  le  re¬ 
dini  del  proprio  Cavallo  .  Due  di  conio  differente.  Vedefi  figurato  quello  ri- 
verlo  appreffo  Monfig.  Agoftini,  dial.  2.  p.  3  6.  n.  1 1 .  &  il  Patini  tra  le  Medaglie 
Imperiali  piediocri  ,e  minime  di  bronzo  ,p.  4^  d.  n.  3. 


M 


.5 

é 

7 

% 


LVl,  Roma» 


LIBRO  A7(_T  0.  CAP.  IL  jSj 

LVI,  Romulo  di  MAjfenziù, 

JVO  ROMVLO  NVBIS  CONS.  Romulo  giovanetto. 

__  AETERNAE  MEMORIAE.  S.  .  .  Qj_  Vn  Tempio  aperto  in  due 
parti ,  lopra  di  cui  vedefi  un’  Aquila .  Riverfo  differente  da  quello ,  che  s’ hà  fi»; 
guratoappreffol’Angeloni^p.  3<56.n.8.  con  lotto  la  nota  Q^F.  R.  3c  il  Pa¬ 
tini  tra  le  Medaglie  Imperiali  mediocri,  e  minime/p.45  7.  colle  lettere  R.  P, 
-  -  LVIL  Liciniano  Licinio, 

MP.  LICINIVS  P.  F.  AVG.  Liciniano  laureato .' 


‘I 


SOLI  IN  VICTO  GOMITI.  P.  T.  Apolline  radiato  con  un  globo  nella 
finiRra  ,da  cui  pende  un  panno:  e  là  deRra  inalzata ,  lotto  cui  fi  vede  una  Rella . 

a  La  raedefimaifcrizzione,  e  riverfo,  colle  note  S.  F,  •.  T. 

3  IMP.  C.  VAL.  LICIN.  LICINIVS  P.  F.  AVG. 

lOVI  CONSERV.  AVG.  Giove  Rantc  con  unFulmine  nelIadeRra,  &un* 
aRa  nella  finiRra.  ^ 

4  lOVI  CONSERVATORI  AVG.  d*  Giove  in  piedi,  coll* imagine  del¬ 

la  Vittoria  nella  deRra ,  un’  aRa  nella  finiRra ,  &  un’  Aquila  da  piedi  con  una  co<« 
rona  nel  roRro .  Riverfo  figurato  dal  6ico,p  55. ma  lenza  i' AVG.  n.  comd 
pure  appreffo  il  Patini  tra  le  Imperiali,  p  459.n.  I.  ^  ^ 

5  lOVI  CONSERVATORI.  SH  ANTO  m’Giovc ,  come  nella 
precedente,  con  una  figura,'quafi  captiva,  fedente  a  luoi  piedi.  Adduce  queRo 
riverfo  il  Patini  tra  le  Medaglie  Imperiali  mediocri,  e  minime,  p.4d8. 0.2.  come 
di  Medaglia  di  Licinio  il  giovane ,  figliuolo  di  queRo .  £  l’ Angeloni  io  propo¬ 
ne  come  cavato  da  Medaglia  d’altra  ifcrizzione, colle  note  SHRB.  p.  3^7. 0,3. 

d  DOMIN.  LICINI  AVG. 

VOT.  XX.  in  una  corona. 

7  DOMIN.  LICIN.  VICT.  AVG. 
yOT.  XX.  parimente  in  una  corona. 

LVIU,  CoFi amino  luniorè", 

>  ^OWTANTINVS  AVG,  CoRancinoga^eato; 

V-/  Vittoria  gradiente,  coir  ali  fpiegate,&  un  captivo  a  piedi,  fenza  letteci 
re.  Pierebbe  dalla  Indetta  ifcrizzione  dubitarli  coli’Occone,  che  queRa  Me¬ 
daglia  Riffe  di  CoRantino  Magno,  fé  non  la  faceffe  credere  più  toRo  dei  giovane 
refferei!  riverfo  fenza  lettere,  che  in  quelle  del  Magno  non  mancano,  e’I  ve¬ 
derli  la  faccia  dell*  Imperatore  molto  fimile  a  quella,  che  nelle  feguenti  Meda¬ 
glie  fi  feorge. 

2  CONSTANTINVS  NOB.  C.  CoRantino  radiato: 
yOT.  XX.  in  una  corona. 

3  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  C.  CoRantino  coll’ elmo  in  teRa.' 


BEATA  TRANQyiLLITAS,&in  un  Cippo 
il  Patini  trà  le  Medaglie  Imperiali  mediocri ,  e 


vo 

TIS 

XX. 


Riverfo  figurato  appreffo 
minime,  p.47o.n.4. 


4CAESARVM  NOSTRORVM.epoi  VOT.  X.  in  una  corona,  c  P; 
jTR.  Figurato  dal  Bieo,p.  «56. 

5  GLORIA  EXERCITVS.  MHAOB.  due  figure  militari  con  gli  elmi  in 
capo,e  coli’ aRe  nella  deRra  dell’ una,  e  nella  finiRra  dell’altra,  tenendo  nel 
mezo  loro  due  Infcgne  di  guerra  due  di  conio  differente , 

6  GLORIA  EXERCITVS,  colie  figure  del  precedente  riverfo,  e  lotto  lo¬ 
ro  CONST.  in  legno  che  quefta  Medaglia  fù  battuta  in  ConRancinopoli . 

7  CONSTANTINVS  IVN.  NOB.  Coflanano laureato. 

Kk 


GLO- 


jStf  MV$  E  0  c  Q  S  P  l  Ali  0 

GLORIA  EXERCITVS.  S.  SIA.  Due  figure  militari ,  come foprà^  Vnodi 
quelli  rivcrfj  diligentemente  figurato  fi  vede  tra  le  Mcdaglielmperiali  di  me¬ 
diocre,  e  minima  grandezza  del  Patini,  p.  470.11.3.  colla  nota  S,  IS.  interpre¬ 
tata  signatum  lìfria, 

LIX.  Ccfixnte, 

I  I^JL.  IVL.  CONSTANS  NOB.  CAES.  Cofiante laureato; 

Jr  PROVIDENTIAE  AVG.  rEdifizio,comenelleMedagliediCoftan- 
tino  Magno  Padre  di  Coftante, colle  note  fottoferittevi  I.  M.  R.  A. 

^  a  D.  N.  CONSTANS  P.  F.  AVG.  Coftante  col  diadema. 

.FELIX  TEMPORVM  REPARATIO.  Figura  militare,  che  conduce  un  fan¬ 
ciullo  a  mano,  tenendo  un*  afta  nella  finiftra .  Tre  riverii  di  conio  diverlo^e  tutti 
differenti  da  quello,che  s’ hà  figurato  apprelTo  il  Patini  tra  le  Medaglie  Imperia¬ 
li  ,  p.472.  n.  j. 

3  GLORIA  EXERCITVS  CONST.  Due  figure  militari  colle  afte,  e  gli 
Scudi,  &  un  fegno  da  guerra  nei  mezo  loro.  11  Patini  nel  luogo  fopracitato, 
n.  I.  ne  propone  una  lenza  il  CONST.  mainluaVecc  S.  M.  ANI. 

LX.  CoUanzM  II, 

1  /^ONSTANTIVS  NOB.  C. 

v.^ . VOT.  XX.  in  una  corona; 

3  CONST ANTIVS  P.  F.  AVG.  Coftanzo col  diadema. 
gloria  EXERCITVS.  A.R.P.  Due  figure  militari, delle  quali  l’una  colla  de¬ 
lira, Paltra  colla  finiftra  tégono  un’afta,e  nelle  altre  mani  uno  Scudo  per  ciafehe- 
duna .  Nel  mezo  di  loro  fi  vede  un  fegno  da  guerra, col  Labaro  da  elTo  pédente, 

3  REPARATIO  REIPVBLICAE.  A.  P.  Figura  ftante con  un  globo 
nella  delira ,  &  un  p  io  nella  finiftra . 

4  D.  N.  CONSTANTIVS  P.  F.  AVG.  Col  diadema  ingiojellato,  ed  a 
tergo  A.  in  altre  a. 

. Figura  militare  in  piedi  ,con  un’  afta  nella  finiftra ,  &  una  imagi¬ 
ne ,  come  di  captivo,  fedente  a fuoi  piedi. 

5  FEL.  TEMP.  REPARATIO.  Figura  militare  con  un  ginocchio  fopra 
una  figura  equellre  prollrara .  T rè  bellilfimi  riverii . 

6  Le  medefime  lettere, e  figure, colle  note  P.  ON. 

7  Simile  ifcrizzione ,  eriverlo,  coll’aggiunta  di  quelli  caratteri  in  fondo 
CONSTA.  Di  quelle  ve  n’  hà  otto ,  due  delle  quali  fono  di  conio  differente . 

8  Lo  ftelToriverfojConabalfo  A  SIS.  S.  I. 

9  Altra  con  S.  M.  K.  £. 

10  Altra  con  S.  M  T.  S.  B.  e  quella  s’hà  figurata  appreffo  il  Patini  tra  le 
Medaglie  Imperiali  mediocri ,  e  minime ,  p.  476.  n.  4. 

11  L’ifcrizzionefudetta ,  coll’ Imperatore  haventc  nella  finiftra  il  Labaro 
col  fegno  p.  &  un  globo  nella  deftra,  e  fopracllo  la  Fenice,  flando  in  piedi  in 
una  nave  ,al  di  cui  timone  fiede  la  Vittoria .  Sotto  la  nave  feorgonfi  quelle  note 
A.  T.  Riverfo  figurato  appreffo  r  Agoftini,p.  1 5.  n.  5.  colle  note  R.  D. 
e  tra  le  Medaglie  Imperiali  del  Patini,  p.472.  con  R.  P. 

12  D.  N.  CONSTANTIVS  IVN.  NOB  V. 

FEL.  TEMP.  REPARATIO.  ASIS.  Collcfiguré.come nella  quinta; 

13  D.  N.  CONSTANTIVS  IVL.  overo  IVN.  NOB.  C.  A. 

FELIX  TEiMP.  REPARATIO.  ANE.  Il  riverfo  della  decima,  di  conio  però 
differente. 

14  FL.  IVL.  CONSTANTIVS  NOB.  C. 

GLORIAE  EXERCITVS.  Due  figure  militari ,  con  due  Infegne,  e  lotto  effe 
CONST.  15  Simi- 


L  l  B  R  0  A  R  T  0»  CAP,  Uh  387 

15  Simile  ifcrizzione,c  rivedo,  colie  nere  .  .  MNA. 

16  VIRTVS  AVGG.  S.  F.  O.  P.  TEdifìzio,  eh’ effigiato  fi  vede  nelle 
mentovate  Medaglie  di  Coftantino  Magno ,  e  di  Coftanre . 

17  D.  N.  CJ>lSTANriVS  P.  F.  AVG.  Coflanzo  con  un*  A.  dopo  la 
fella,  e  davanti  *. 

HOC  SIGNO  VICTOR  ERIS.  AESIS.  l’Imperatore  in  piedi,  in  atto  dì 
cammare  con  un  Labaro  nella  delira,  in  cUiil  facro carattere  Da  tergo  fi  ve¬ 
de  la  Vittoria,  che  tiene  la  deflra  inalzata  per  coronarlo.  R  vedo  figurato  dal 
Bieo,p.<55.  &apprefror  Agoftini,p.  i6.n.  i.  &  il  Patini,  p.  476.0. 6.  delle 
Medaglie  Imperiali  mediocri ,  e  minime  di  bronzo. 

L  XI.  MagneJi^o . 

I  N.  MAGNENTIVS  P.  F.  AVG.  Magnenzio laureato, con on’ A; 
JL/*  da  tergo. 

gloria  ROMANORVM.  Figura  equeftrecó  una  della  (opra  la  tetta  del  Ca¬ 
vallo,  &  un’  atta  impugnata  nella  dettra,in  atto  di  ferire  un  Soldato  proftrato,  lo 
di  cui  Scudo, e  l’atta  rotta  fi  vedono  fotto  i  piedi  del  Cavallo, e  lotto  quelli  A.  E. 
2  IMP.  AE.  MAGNENTIVS  AVG.  A. 

FELICIA . REPARATIO.  Figura  militare  in  piedi  fopra  una  nave, 

coir  Imagine  della  Vittoria  nella  delira ,  &  una  bandiera  nella  finittra ,  in  cui  fi 
vede  efprefiTo  quefto  venerabile  carattere  P  fotto  la  Vittoria  fi  feorge  un’ A. 
Regge  quella  nave  una  Donna  fedente  col  le  mani  al  timone .  Sotto  la  nave  fi 
legge  TR.  P.  cioè, come  interpreta  il  Patini,  Treveris  -^ercuff.  Medaglia  al¬ 
trettanto  ben  confervara ,  che  rara . 

L  X  II.  Giuliano . 

I  1^  N.  FL.  CL.  IVLIANVS  P.  F.  AVG.  Giuliano  efpreffo  fin  al  pet- 
to, col  diadema. 


SECVRITAS  REIPVB.  Toro  di  belliffimodifegno,  con  una  della  tra  le  cor¬ 
na  ,  &  un’  altra  fopra  le  fpalle ,  fimbolo  dell’  Oriente,  e  dell’  Occidente  ;  davan¬ 
ti  a  cui  il  vede  un’  uccello ,  che  fembra  un’  Aquila ,  con  una  corona  nel  roftro . 
Sotto  a  quetto  fi  legge  S.  CONS.  cioè  Signatum  Confi antinopeli .  Quel  Toro 
da  taluni  credefi  figurato  per  lo  Dio  Api  de  gli  Egjzii.di  cui  fù  di  voto  G  aliano, 
dopo  bavere  apoftatato  dalla  Fede  Cattolica .  Altri  lo  congetturano  ef pretto  in 
fegno  dell’ ufo  de’ facrifizii  cruenti,  eh’ egli  fi  pregia  va  d’haver  rcttituiro,  fa¬ 
cendo  talvolta  fvenare  a  cento  a  cento  1  buoi  a’fuotfalfi  Dei.  In  pnpr-fito  di 
che  Ammiano  Marcellino  di  lui  parlando  nel  lib.  22.  no  òche  hoFlias  fanguine 
plurimo  ■.  aras  crebritate  nimia  perfundebat  tauros  aliquoties  immolando  centenos , 
2  Simile  ifcrizzionc ,  e  ri  verfo ,  colle  note  A  NT.  F.  Rivet  lo  differente  eneo, 
nio, e  di  note  non  folodai  precedente,  maanco  da  quelli  che  vedonfi  figurati 
appretto Monfig.  Ago(li.ii,dial.2.  p.  49. 0.3.6 dial.  5. p.  175.0. 3. & il  Pauni  tra 
le  Medaglie  Tnp  p.480.  n.i.  Da  quali  notali  l’opinione  d’alcuni.che  quel  Toro 
fia  figurato  per  lo  Dio  Api  :  il  di  cui  culto  promotte  Giuliano  dopo  haver  empia¬ 
mente  rinegato  !aS.Fede,e  meritato  il  miferabil  fine,ch’ei fece, dado occafione 
di  cantarne  Deferter  Fidei  fuccejfit  ApoHata  nofirx 
lulius  ,  infanus  deditus  aufptciis , 

T>um  fubigit  Gallos  AtiguHi  nomen  adeptus 
CongrLjfus  Perfis ,  vulnere  raptus  obit . 

LXIII.  Valentiniano , 

I  rN  N.  VALENTINI  A  NVS  P.  F.  AVG.  Col  diadema; 

U*  SECVRITAS  REIPVBLICAE.  La  Vittoria  in  arto  di  caminare  coti 
una  corona  d’alloro  nella  delira,  &  un  ramo  di  palma  nella  finiftra,  e  fotto 

Kk  2  i  piedi 


5««  M  y  S  E  0  C  0  S  P  1  A  N  0 

i  pitdi  alcune  lettere,  che  non  hdiftinguono.  Ve  u’ na  vu  c.  è  conii  differenti, 

2  Simile i/crizzione,  enverfo  condivjiragj^io  ShOVN^iA. 

LXIf'.  Valente. 

I  N.  VALENS  P.  F.  AVG. 

1  3‘  SECVRITAS  REIPVBLICAE.  La  Vittoria, come  nelle  precedenti 
di  V  .icntinianofratellodi  Valente,  coll’aggiunta  d’multelia.  4.  u.fitreuti* 
a  Simile  ilcrizzione, e nverfo,  con  SECVNDA. 

3  Le  ftelle  parole,  e  figure,  con  STIRT. 

4  Le  mede  lime  lettere,  &imag/ni,  con  ASIS 

5  GLORIA  ROMANURVM.  Figuramilitatc  10  piedì.con  un’ afla  nellaJ 
finillra  ,e  la  deftradiftefa  fopra  una  figura,  che  Icaibru  dj  captivo ,  lotto  cuifi 
legge  TEST.  Medaglia  rara. 

6  Simile  ifcrizzione,e  nverfo,  con  SMACS.  e  l’afia  della  figura  militare 
adornata  del  Labaro,  in  cui  J*.  come  in  una  figurata  app  ello  l’ Agoitiui ,  p.  1  d, 
n.  3.  differente  da  quella,  per  haver  le  note  UB.  SiSC, 

LXV.  C  razziano. 

»  jTX  N.  GRATIANVS  P.  F.  AVG.  Graziano  coronato  col  diadema,  & 
1^*  efprefTo  con  tutto  il  petto. 

REPARAIIO  REIP.  Figura  deH'Imperatore  in  piedi ,  che  porge  ladcftts  ad 
una  figura  giacente  inatto  di  follevarla,  mentre  la  Vittoria  volandoli  dopo  le 
fpallc,rnoRrad’ incoronarlo  .  Sotto  vi  li  legge  S.  CON.  cioè  Signatum  Ccn- 
iiantinopoli . 

a  REPARATIO  REIPVB.  FiguramilitarediGrazianoin  piedi,coll’ima• 
gine  della  Vittoria  nella  finiftra,  e  la  deftradiltefa  verfo  una  figura genuflcilu in 
atto  di  follevarla  :  efotto  S.  M.  R.  P.  Senza  le  quali  note  fi  rro^a  figurato  que- 
ftoriverfo  appr-’flo  il  Patini  tra  le  Mcdag'ielmperiali  medioc.  e  min.  p.486.  2. 

3  GLORIA  ROM  ANORVM.  Graziano  col  Labaro  fegnato  del  gioriolo 
carattere  de’  Ci  ifliani  nella  finiltra,  e  la  dcftra  diRcla  lopia  un  capuvo  inginoc» 
chiaro.  Patini loc.cit. 

LXVI.  Magno  MaJ/ìmo , 

I  jr\  N.  MAG.  MAXIiViVS  P.  F.  AVG.  Maflìmo  col  diadema. 

!_/•  HEPARATIO  REIP,  Maflìmo  in  piedi,  porgendo  la  deUra ad  una 
donna  inginocchiatagli  avanti.  Nella  finiftra  tiene  una  piccola  iroagine  della_ 
Vittojia,che  moltra  di  coronarlo .  Medaglia  minutiflìma,di  gentiliflimo  conio. 

LXVIl.  Teùdojìo  1, 

1  N.  THEODOSIVS  P.  F.  AVG.  Teodofio  figurato  con  tutto  il  petto. 

JL/‘  REPARATIO  REIPVB.  Teodofio  Primocoirimagincdella  Vitto¬ 
ria  iKfiu  finiltra , e  la  delira  portaad  unadonna  genufiefla ,  in  attodi  follevarla  , 
comenella/cconda  MedagliadiGraziano:  ciotto  A  SIS.  C.  foifi  ASifeien- 
Jibus  cufum .  Rivcrlo  figuraioapprtflo  il  Patini  tra  le  Medaglie  Imperiali,  ma 
code  note  S.  .  M,  .  . 

2  vONCORDIA  AVGGG.  Sratuagaleatafedcnteconun’aflanellade- 
flra,& un  globo  nella  finiflia, e  quinci  e  quindi  ♦.  K.  ciotto  ANTT. 

3  ViCfORIA  AVGVSTORVM.  CON.  La  Vittoria  in  piedi.  Medaglia 
d’oro  piccola  , donata  da  D.  Teodoro  Bondoni. 

LXV  III.  Arcadio. 

*  N.  ARCADIVS  P.  F.  AVG. 

. ATAGIT.  Figura  militare  in  piedi  con  un’afta  nella 

delira,  la  parma  nella  finiftra  , e  da  tergo  la  Vittoria  alzante  la  delira  in  attedi 
porle  fui  capo  una  corona  d’alloro.  Sotto  vili  legge  CON5.  P.  fi-rfì  Condao- 
tinopoli  percujlum.  LXIX,  One- 


L/TRO  ^  P  A  \  r  0.  CAP.  //.  iS9 


LXIX,  Onorio , 

N.  HONORIVS  P.  F.  AVG.  Onorio  Coronato  di  Tenia. 

•  VRBS  ROMA  ...INO..  Statuamilicareinpiedi.  Mcdagliaaflai 
confervata ,  e  non  men  rara . 

a  VICTORIA  AVGGG.  Imagine  dell’ Imperatore  con  un  Labaro  nellaj 
deftra ,  un  globo  nella  finiltra ,  c  ’1  ginocchio  Ranco  lopra  una  figura  proltrata , 
c  quinci  M.  e  quindi  D.  e  lotto  COMOB.  Medaglia  d’  oro  tra  quelle  della 
Galena  di  Caia  del  Sig.  Marchefe,  deftmace  al  Muleo .  Trovali  quello  riverfo 
figurato  apprello  l’ Agoftini ,  dia  1. 2. p. 54.  nu  2.  e  nella  Roma  Sotterraneadel- 
rArringhi,P.II.lib.  Vl.cap  XXIII.n.  14.  ove  per  lo  captivo  lotto  i  piedi  del- 
ITraperatore  intende  il  Serpente  Tartareo,  e  l’ Idolatria  conculcata,  pretenden¬ 
dolo  aìlufivo  a  quel  detto  del  Salmo.  Super  afpidem,  &  hajìlifcum  ambulabis, 
^  conculcabis  Leénem,  Draconem . 

LXX.  Giu  Bino  1. 

ji  N.  IVSTINVS  P.  AVG.  MezafiguradiGiuftino.coirimaginedcI 

JL^*  Mondo  nella  deftra ,  e  la  Croce  foprapoftavi . 

Iin  una  gran  corona,  come  d’alloro.  Colla  medefima  ifcrizzione,  t* 
*  T  imagine  di  Giuftino  giovane,  e  nel  ri  verlo  un’  abbreviatura  compofta 
d’un’  H.  R.  B.  in  una  corona  d’alloro.  Iene  vede  una  d’oro  del  me- 
defirao  Imperatore  tra  le  Medaglie  della  Galeria  del  Sig.  Marchcle ,  de¬ 
sinate  al  Mufeo. 


D.  N.  IVSTINVS  P.  P.  AVGJ  Meza  figura  di  Giuftino,  come  (opra.  Con 
quelli  caratteri  nclriverlo. 


.BJ 


NIKO. 


LXXI.  Eraclio, 

t  DD.  NN.  HERACL . Meza  figura  d’Eraclio  in  faccia  ,  ronJ 

quelle  di  Coftantino,  e  d’Eraclione  fuoi  figliuoli,  una  per  parte .  Ha 
yerrivcrlo. 


LXXII.  GìuB intano . 


j»  r\  N.  IVSTIN.  :  ;  .  LNCLl.  ... 

MlJ*  La  giudico  di  Flavio  Anicio  Giuftiniano,  di  cui  l’Occone 
mentova  una  Medaglia  con  quella  ifcrizzione ,  e  ri  verfo,  p.  3  9 J. 


n  D.  N.  IVSTINIANVS  P.  F.  AVG. 


3  Altra  colla  medefima  ifcrizzione yC  quelle  lettere,  e  caratteri 
liclriverfo.  La  qual  trovali  figurata  appretto  Giulio  Lipfio  lib.  III. 
de  Cruce  cap.  XVI. 

Nel  riverfo  vi  fi  fcorgono  alcuni  caratteri  confufi . 

LXXIII.  CoflantCt  e  Cojlantino . 

I  DH.  NN.  CONSTANS  ET  CONST.  .  .  .  AVGG.  Duemezefigu- 
f  c  di  Coftance ,  e  di  Coftantino ,  nell’arto  in  cui  le  figurarono  il  Goitzio  in  gran¬ 
de,  p.  CI.  &il  Panvini  in  piccolo  ne’ Falli  Romani,  p.  »4^. 

LXXIF,  Cojlantino ,  forjt  /’  ultimo , 
t  BASILE.  CON'iTANTINN.  Due meze  figure  de’ Collantini. 
t  IHS  XPS  REX  REGNANTIVM.  Meza  figura  del  Salvatore  ,  colla- 

Kk  3  deftra 


IJÒ  M  y  S  E  0  0  S  P  ì  A  N  0 

dcftra  in  atto  di  benedire, &  un  libro  chiufo  nella  finiftra,  fignificantc  per  avven¬ 
tura  quel  libro  (errato,  di  cui  fà  menzione  S. Giovanni  nell’  Apocalille .  Figurò 
quello  ri  vcrlo  il  Bieo ,  p.  68.  11  primo ,  che  facellc  icolpirc  nelle  Monete  T  ima¬ 
gine  di  Grillo  noftro  Signore  c  fama  che  fuHe  r  Imperator  Giovanni  Zimifce; 
come  racconta  Cutopalate  nel  fine  della  di  lui  vita  il  quale  fiorì  del  970.  Delle 
quali  fe  ne  vedono  molte  ;  e  nel  Mufeo  fi  trovano  le  lottonot ate , 
fatte  per  mano  di  molto  cattivi  Maellri  ,con  caratteri  Grccolati- 
ni  lignificanti  lESVS  CHRISTVS  REX  REGNANTIVM. 

Dall*  altro  canto  v’èmeza  figura  del  Salvatore  con  diverfi  ca¬ 
ratteri  confali. 

La  fudetta  meza  figura  del  Salvatore  dal  diritto,  conqueRo 
riverfo. 

Del  dritto  d’ una  di  quelle  Medaglie  fe  ne  vede  il  difegno  nella^ 

Roma  Sotterranea  dell’ Arringhi,  P.  II.  lib.  IV.  cap.  XLVil. 
pag.407. 

E  qui  finifee  la  ferie  delle  Medaglie  antiche  de  gl’  Imperatori ,  e  Cefari,  che  tro¬ 
vo  nelMuleo;  come  che  Tane  di  batterle,  nata  può  dirli,  e  crefeiuta  con  il  do¬ 
minio  Romano,  col  medelimo  ancora  cadelTe,  naufragando  anch’elTa  in  que* 
diluvi  di  Barbari ,  che  l’ Italia  inondorono ,  e  le  belle  Arti ,  colle  Cittadi  intiere 
dillrullero .  Di  che  fe  n’  hà  miferabile  efempio  nella  ruina  d*  Aquileja  elprelTa 
nella  feguente  Medaglia  d’ 

K^ttiU  Re  de  gli  Vnni. 

TTILAS  REX.  Meza  figura  d’ Attila,  colla  teda  orribilmente  cornuta: 
il  cui  terribile  alpettopalefa  la  fpietata  crudeltà  dell’animo,  che  infor* 
mòno. 

AQVILEIA.  La  Cittàd’ Aquileja, cui  eglidi(lruiredel449.  prefala  dopo 
un’  ollinatoalTedio  di  tré  anni  :  non  perdonando  a  fello,  ò  ad  età , come  avvez¬ 
zo  ad  elercitarc  tutte  quelle  maggiori  crudeltà ,  che  1’  humana  mente  può  capi¬ 
re,  Onde  vi  perirono  òdi  fuoco,  òdi  ferro  tutti  gii  habitatori,  ch’erano  circa 
trcntalettemila,come  notò  il  Mofeardo,  che  figurò,  e  fpiegò  quella  Medaglia 
nel  iuo  Mufeo ,  lib.  i .  cap.  64.  Quindi  pafsò  quel  barbaro  ad  affliggere  di  vcrlc 
altre  Città  d’Italia, alpirando all’ in vafione  di  Roma ,  per  imitar  Alarico  Re  de’ 
Goti,  che quarant’anni prima rhaveva prefa.  Ma  non  gli  riufeì  il  difegno: 
poiché  intraprefo  il  viaggio  di  Roma,  &  incontrato  da  S.  Leone  Papa,  vellito 
de  gli  habiti  Pontificali, &  accompagnato  da  pochi  Sacerdoti,  fù  sforzato  a  con- 
fellarfi  vinto  da  quella  maellà ,  che ,  Vicaria  di  Dio ,  fin  ne’  Regni  della  Morte  è 
temuta .  Ond’  hebbe  a  cantarne  il  P.  Sigilmondo  Regolo  Coccapani  da  S.Silve- 
rio  Chierico  delle  Scuole  Pie,  come  fi  legge  nell’Arte  Epigrammatica  dclP. 
Carlo  da  S.  Antonio  di  Padova ,  cap.  5.  p.  1 2 1 .  n.  1 . 

PoB  varias  Vrbes  %  foft  plurima  Regna  fuhacla 
Romulidum  fedes  Attila  inire  parat.  ’ 

Jam^  Romane^  tremens  fervili  brachia  ferro 
IngeriSt  &  mifero  colla  f ubarla  }ugo , 

Dia/ed  era  Leo  venientibus  ob\ieit  y  atque 
{^r matas  Scythia,  terret  ab  Vrbe  feras. 

Hunniaeas  contemne  fer  as  t  Romahe  y  potentis  y 
t^d  qua  confugias ,  ora  Leonis  habes . 


Medaglie 


L  l  "S  i  0  ^PàRTO.  CàP.  ttL  $91 


Medaglie  di  Donne  Augufie  l 

Cap,  li,  4_ 

/.  ۓulU  Figliuola  di  Cefare  ,  Moglie  di  Pompeo  Magno', 

I  I  VLIA  C.  C.  F.  POMP.  VX. 

‘  ^  Senza  ri verfo. 

j  IVLIA  C.  CAES.  F.  POMPEI  MAGNI. 

Senza  riverfo.  La  figurò  diligentemente  il  Vico  nelle  Donne  AuguftC)  p^ao^ 
£d  il  Mariani  foccoicriiTe  alla  di  lei  Statua ,  Star.  Rom.  1. 1 .  ep.  62. 

Uac  pereunte  perit  Roma  concordia  Patrum, 
lulia  Cafaris  ejlt  Patria  Cafaris  eli. 


11.  Livia  Moglie  d*  Augjio  '. 

'1  'niETAS.  Imagine  belliiTima  di  Livia  lotto  (cmbianza  della  Pietà}  vela«^ 

MT  ta.  Figurata  dal  Bieo,  p.  17.  &appreffoi’ Angeloni,p.  jp, 

DRVSVS  CAESAR  TI.  AVGVSTI  F.  TR.  POT.  ITER. 

2  SALVS  AVGVSTA.  CosìftaIottofcrictoal!’effigiecredutadiLivia,in 
memoria  della  Statua  drizzatale  dall’ adulazione  de*  Romani  inhabito,  c  (otto 
nome  della  Dea  Salute.  Figurata  col  la  precedente  dal  Bieoj&appreffo  l’Ange- 
loni  ne’luoghi  lopracitati.  Hi  dall’altra  parte  TI.  CAESAR  DIVI  AVG. 
F.  P.  M.  TR.  POT.  XXIIII.  S.  C.  nelmezo. 

3  I VSTITIA .  Ta  e  è  la  fottoferizzione ,  che  in  altra  Medaglia  fi  legge  lotto 
il  Ritratto  giudicato  di  Livia,  figurata  per  la  Giufiizia,  in  memoria  d’altra  Statua 
drizzatale  da’ Romani, perefprimetequejlaDeità  medefimata  con  Livia.  Hà 
dall’altro  canto  riferizzione  TI.  CAESAR,  &c.  come  nella  precedente^. 
£  quella ,  e  quella  figurata  fi  vede  tra  le  Medaglie  delle  Donne  Augufte  del  Vi¬ 
co,  pag.  48.0  5  d.  &appre(IoilBieo,  el’ Angeloni  ne’luoghi  fopramentovati» 
Anzi  quell’ ultima  trovali  parimente  figurata  apprelTo  Guglielmo  du  Choul  nel 
Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani,  p.  j  16.  come  riverfo  però  cavato 
da  Medaglia  d*  ilcrizzlone  differente  da  quella , che  pure  in  alcuni  caratteri  è  di- 
verfa  da  quella,  che  figurali,  e  (piegali  dal  Patini  tra  le  Itnpecjaii  mediocri  ,6 
minime  ,p.  67.  nu.  I. 


II/.  f^grippina  Maggiore 

1  A  GRIPPINA  M.  F.  MAT.  C.  CAESARIS  AVGVSTI.  Effigio 
bclliffimad' Agrippina. 

S.  P.  R.  MEMOHIAE  AGRIPPINAE.  Il  Carpento  tirato  da  due  Mule. 
Medaglia  di  metal  giallo,  d'elquilitilfimo  dileguo  •'figurata' dall’ Angeloni, 
p.40.  e  dal  Patini  nel  Feloro,  p.  142. 

2  AGRIPPINA  M.  F.  MAT.  C.  CAESARIS  AVG.  NERONIS.  Di 
metallo  Cotintio. 

MEMORIAE  AGRIPPINAE.  IlCarperfto,  come  (opra,  ma  d’altro  conio. 
Ri  verlo  figurato  dal  Vico ,  p.  94.  Benché  però  fiano  di  bronzo  quelle  memorie, 
non  perciò  è  per  datar  meno  di  loro  quella,  che  ne  lalciò  Bartolomeo  Torcolet¬ 
ti,  cioè  Agrippina  Ma\or t  Tragoedia.  Romx excudebat  LudovicusGrignaous 
MDCXXXIX.  8.  Cumponimenco  di  rutta  perfezione  in  quel  genere. 

IK  Giulia  Figliuola  di  Tito . 

1  fVLI^  AVGVSTA.  IIcapodiG.uln. 

j|  pietas  PVBLICA.  figura  della  Pietà  ftante  colla  delira  in  atto  di 
pòrgere  qualche  cola  ad  un  fanciullo ,  che  le  llà  da  piedi ,  e  la  fimllra  alzata  in.., 

cui 


ipì  ^  V  s  n  0  c  0  s  p  i  N  0 

cui  tiene  una  patera ,  ò  caneftro  pieno  di  varie  cofe .  E'  Medaglia  rara  non  meni 
covata  dall’ Occonc,  nè  dal  Vico,  e  differente  da  quella,  il  di  cui  riverfo  s’ hà 
figurato  appreffo  Monlig.  Agoftini ,  dial.  2 .  p.  3 1 .  n.  6. 

F.  Domini» ,  M  di  Domiziam . 

,OMITIA  AVGVSTA  DOMITIANI  IMP. 


’D 


L 


DIVI  CAES,  MATER.  S.  C.  Doraizia  fedente  avanti  un’ altare 
colle  fiamme  accefe  in  atto  di  facrificare  a  Celare  luo  figliuolo  già  morto ,  e 
deificato.  La  figura  il  Vico,  p.  20(5.  •  ‘ 

VI.  Sabina,  d' Adriano. 

\  Q  ABINA  AVGVSTA  HADRIANI  AVG.  P.  P. 

^  S.  C.  Imaginedi  Doanaledentecon  una  sferza  nella  delira,  &  una  fa<^ 
celia  nella  finillra. 

VII.  Lucilla ,  M.  di  L,  Elio , 

VCILLA  AVGV^sTA. 

FECVNDITAS.  S.  C.  Statua  della  Fecondità  ledente,  con  tré  fan¬ 
ciulli  ,uno  al  petto,  gli  altri  un  poco  maggiori  in  piedi.  Figurata  appreffoTA- 
goftinijdial.a.p.  78. n.4,  cl*Afigeloni,p.  152.0. d. 

^  HILARITAS.  S.  C.  Figura  ftante  dell’ Allegrezza,  con  un  ramo  di  pai-’ 
ma  nella  delira  ,&  un  cornucopia  nella  finiftra . 

3 . S.  C.  Figura  (lolata  in  piedi  con  una  patera  nella  delira  davan*' 

ti  un'ara ,  fopra  cui  arde  il  fuoco . 

Vili.  Taufiina  Magiore» 

1  TJAVSTIMA  AVGVSTA. 

17  FECVNDITAS.  S.  C.  Imagine  della  Fecondità  in  piedi,  con  un’ 
afta  nella  delira,  &  un  fanciullo  nella  finiftra.  Figurata  apprelTo  l’ Agoftini, 
dial.  2.P.78.  n.5. 

2  VENVS  VICTRIX.  S.  C.  Statuadi  Venere  vincitrice,  in  piedi,  conJ 
una  Vittoria  nella  delira ,  c  lo  Scudo  nella  finiftra ,  quale  m’occorfedclcrrver la 
in  un’ Oda  delle  Lodi  di  Bologna ,  antifto.  3. 

Oi/'*  ITtfAXaV,  turi  XvTfìt 

E*r«xA«f  ,  a!t  rofit^dt  , 

OÌA  <ì5cLveu'a.v 

l’r  J/V  Aa.jctS'atfieh 

Aturtper  ir  nflrif  i\SéIr 

A  rr/or  iufù  raKot 
T/  I  9(Ì9  yv^rn 

'Simra.ra, . 

Che  tradotti  confi  fteft’  mt^ifuona-^or 

i^chaa  non  fum  Pallas  ^  ut  putabas  ^ 

Armata  nec  CitheriSf 
J^ualis  Athenarum 
Divam  \am  Lacedamene 
Ae^ua  ftbi  arma  movere 
Cuptentem  enimofa  rei  uditi 
^utppe  ubi  nuda  prius 
Vtcìt  eam,  quid  non  ér 
Loricata  dchtnc  vinceret? 

Figurò  quello  rìverio  l’ Angeloni  nell’  Iftoria  Augufta ,  p.  1 94. 0.44^ 

3  . .  .  S.  C.  Figura  di  donna  ftolaca  in  piedi,  con  un’ afta  nelliu 

finiftra, 


6 

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0 

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7 

8 

•  1 

9 

^  1 

n 


z  I  B  K  0  ^  r  A  nr  o,  cab.  ih,  395 

nni(lra,&una  patera,  ò  p>ù  tolto  un  pomo  odia  dcftra,  per  farla  conofcere  per 
Veierc,  dovendo  in  queito  rwerlo  per  avventura  leggerfl  VENERI  AV- 
OVSTAE,  come  IO  quello,  che  figurafidalBreOjp,  43.  n.  14. 

4  DIVA  FAVSTINA. 

CERES.  S.  C.  Cercrecon due fpichc pendenti  dalla deftra,  &  una  verga.*^ 
come  fembra ,  da  battere  il  frumento ,  nella  finiftra . 

5  AETERNIT.  .  .  S.  C.  Imagine  dell’ Eternità  efprdfa  in  fembianzadi 
donna  alTiia  in  un  feggio  con  i I  globo  fìmbo'o del  Mondo  nella  deRra , e  la  Feni¬ 
ce  (opra  di  quello.  Figurata  dal  Bieo.p.  43  n.  18.  Scappreflol’ AgoRini,diaI. 
2.p.S6.n.6,  er  Angelonip.  1 75.0.  58 

Figura  Boiata  in  pi. di ,  con  un’afta  ,ò  più  toftouna  lunga  face  nel¬ 
la  deftra ,  e  due  fpiche  pendenti  nella  finiftra ,  elprefta  forfi  per  Cere* 
re  ,  B  eo,  p.  43. 

Figura  ftante  con  un'afta  genicolata  nella  deftra,e  la  finiftra  invol- 
a  nella  ftola . 

Figura  fedente  con  due  fpiche  nella  deftra,  &  un’  afta  nella  finiftra.' 
F'gura  ftante  colla  deftra  diftefa ,  &  in  e(Ta  alcune ,  forfi  (piche , con 
la  finiftra  appoggiata  ad  un’ afta.  Sembra  il  fecondo  ri  veilo  figurato 
^lalBieo,p,45. 

/X.  Fauflina  Minore , 

1  'nAVSTINA  AVGVSr  . 

J/  FECVND.  AVGVSTAE.  S.  C.  Imagine  della  Fecondità  efpreflfa  in 
fembianza  di  donna  ftolata  in  piedi , con  quattro  Fanciulli ,  uno  per  ogni  brac¬ 
cio,  e  due  in  terra.  2.  Figurata  dal  Bieo,  p.^g.n.6.  &  apprcfìo  l’Agoftini, 
dial.  2.p.  78.  n.  3.  l’ A'igcloni  ,p.  1514. 0.42.  &il  Patini  tra  le  Medaglielmpe- 
riaìimedocri,  e  minime  di  bronzo,  p.  248.0.4.  Trovali  pure  quello  rìverfo 
in  Medaglie  Latine,  e  Greche  d’argento,  figurate  appreffo  ilChoul  nel  Libro 
delia  ReligionedegliantichiRomani,p  158.  &.il  fopracitato  Patini  nel  Tefo- 
ro delle  Medaglie  più  prcz]ole,p. 72.0. 13. 

2  FECVNDITAS.  S.  C.  FiguradellaFeconditàinpiedi,conun’aftancI- 
la  deftrj ,  &  un  fanciullo  nella  finiftra.  Angeloni,  p.  194.0.41. 

3  SALVTI  AVGVSTAE.  S,  C.  Imagine  della  Dea  Salute  fedente  colla 
patera  nella  deftra  ,&  un’afta  nella  finiftra.  Due  dilFei enti  rrà  di  loro,  e  da  quel 
riverfo, che  s’hà figurato  dal  Bieo, p. 48.  n.  IO  &  apprelTo  Monfig.  Agoftini , 
p.  73»  n.  3.  dove  la  Salute  non  hà  l’afta  nella  finiftra. 

4  HILARITAS.  S,  C.  Figura  dell ’  Allegrezza  in  piedi  con  un  ramo  di 
palma  nella  delira,  &  un  cornucopia  nella  fimft  a  . 

5  .  . . (forfi  CONe.ORDIAE)  S.  C.  Due  figure  in  piedi ,  che^ 

fembrano congiungere  le  delire,  come  ir,  una  Medaglia  di  Fauftina  Maggiore 
coll’iicrizzione.  DIVA  AVGVSTA  FAVSTlNA. 

6  FAVSTlNA  .  .  AVG.  PII  AVG.  FlL. 

. TAS,  S.  C.  forfi  HILARITAS,  come  in  altre  Medaglie,maflìme 

vedendoli  in  quella  1’  imagine  dell*  Allegrezza  limile  a  quella  della  quarta  pre¬ 
cedente,  le  non  in  quanto  di  vantaggio  badi  lotto  un  Pavone. 

7  FAVSTINAE  AVG.  PII  AVG.  FlL. 

.HILARITAS.  S.  C.  Figuradell’ Allegrezza  in  piedi,  con  unramo  dipalma 
nella  finiftra  ,  eladeftra  inattod’accoftarfelaalcapo. 

8  VENERI  GENETRICI.  S.  C.  Venere  in  piedi  con  un  pomo  nella  de¬ 
lira,  &un  fanciullo  nel  braccio  finillro,  Bieo,  p. 48.0. 4. 

9  FAVSTlNA  AVG.  ANTONINI  AVG.  PII  FIL. 


S.  C. 


3P4  M  y  S  E  0  ^  0  S  P  t  À  N  0 

S.  C.  bei  Figure  di  Vergini  Vedali  (acnfìcanti  alla  loro  Dea  coll’ intervento  di 
una  di  quelle  tanciuiic  di  lei  in  diecianni  ,ch’erano  accettate  nel  loro  numero 
per  iinpjrarvi  iritidcl  laci  ifìzio,  e  proteffarvi  la  virginità.  Riverlo  gentilmen¬ 
te  figurato  apprello  Guglielmo  du  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  anti¬ 
chi  domani  ,p.  ai  2. delia  traduzzionedelSimeoni.n.  i. 

10  DIVA  FAVSTINA. 

IVNO.  S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi,  con  una  patera  nella  delira,  &  un’afta 
nella  lìniftra,  lenza  il  Pavone ,  che  in  alcune  Medaglie  della  ftefta  ilcrizzione  fi 
vede,comcin  un  nverfo  figurato  dal  Bieo,p.48.n.  1  j, 

11  DIVA  FAVSTINA  PIA. 

CONSECRATIO.  S.  C.  Imagine  di Fauftinafopra  un  Pavone i che  volando 
fìngedi  portarla  in  Cielo.  Riverlo  figurato  dal  Bieo,p.  49.  &apprefloi’Ago- 
ftiiii  ,dial.4.  p.  i2  2.n.  2,  il  Choul  nel  Libro  lopracitato,p.  78.  &il  Patini  tra 
le  Medaglie  Imperiali  mediocri,  e  minime  di  bronzo,p.  aji.n.  4. 

12  SIDERIBVS  RECEPTA.  S.  C.  Figura  ftolata  in  piedi,  tenendo  in_. 
cialchcduna  mano  una  facellaacccla .  2.  Riverlo  differente  da  quelli,  che  fi- 
guranfi  dal  Bieo  ,p.49.  n.  2.  3. e  dall’ An geloni,  p.  195.  n.  50. 

13  . NITAS  (forfi  aeternitas;  S.  C.  Etfigie di  donna  Ilo. 

lata  in  piedi,  con  una  face,  comelembra,  diritta  in  cialchcduna  mano  ,  &  il 
manto  adai  (piegato.  Colla  ftefta  ilcrizzioncs’hà  un  riverlo  figurato  appreflo 
l’ Agoftini  ,dial.  2.p.  35.  n.  2.  ma  in  efto  T Eternità  hà  un  globo  nella  delira, 
{imbolo  del  Mondo ,  lopra  di  cui  pola  un’  uccello ,  che  ftimali  la  Fenice . 

X.  Lucilla  Moglie  di  L.  Vero . 

VCILLAE  AVO.  ANTONINI  AVG.  F.  ^ 

PIETAS.  S.  C.  Imagine  ftolata  della  Pietà  in  piedi,  davanti  un’ alta¬ 
re.  Figurata  dal  Bico,p.  jo.  nu.  a.  &  appreftol’ Agoftini  ,dial.  2.  p.  32.  nu.  2. 
el’ Angeloni ,  p.  200.  n.  i<5. 

2  SALVS.  S.  C.  La  Dea  Salute  in  piedi,  colla  patera  nella  delira  davanti 
r  altare ,  lopra  cui  fi  divincola  il  Serpente  d’ Elculapio  j  &  un’  afta  lemplice  nel¬ 
la  finiftra. 

3  VESTA.  S.  C.  LaDea  Vefta  in  piedi,  col  fuoco  eterno  lopra  l’altare  . 
RiverlofìgurarodalBico.p.  50.  &  apprello  l’ Agoftini,  dial.2.  pag.  80.  &1I 
Molcardo  nei  luo  Muleo ,  1. 1.  c.  6.  p.  1 2, 

X  /.  Crifpina  Moglie  di  Commodo , 

1  ^RISPINA  AVG,  .  .  .  IMP.  COMMOD.  .  .  . 

SALVS.  S.  C.  La  Dea  Salute  ledente  colla  patera  nella  delira,  in 
atto  di  lacrifi  iare  ad  ELulapio  ,che  in  forma  di  Serpen  e  fi  vede  llrilciar  lopia_. 
l’altare.  Ha  la  finiftra  appoggiata  alla  parte  più  eminente  del  Seggio,  lopra 
cui  Ita  afilla . 

2  CRISFINA  AVGVSTA. 

IVNO  LV*  ina.  S.  C.  Fgura  di  donna  in  piedi  con  una  patera  nella  delira^ 
&  un  cornucopia  nella  firiftra. 

3  LAEUTIA.  S.  T.  Imigine  ftolata  dell’ Allegrezza  in  piedi,  con  una 
ghirlanda  nella  utftiapiegata  al  bado,  &  una  verga  ,  come  lembra,  nella  lìni- 
fira ,  con  CUI  rocca  uo  globo.  ApprefiorAgoftini,neldialogo  2.p.75.n.  3.  e 
i’Angeloni,p.a  18.0.44.  fi  vede  clprcftacon  un  vomere,ò  timone  nella  fiiniftra. 

Xll.  Giulia  Me  fa. 

VLIA  ma  ESA  AVG. 


L 


■I 


SAECVII  FELICITAS.  S.  C.  Figura  ftolata,  che  afflfte  ad  un’altare^ 
tcncudo  una  patera  nella  delira,  &  un  cornucopia  nella  finiftra,  col  legno  del 

Sole , 


L  1  É  K  0  ^  V:A  RT  0.  CAP.  ìli 

Sole ,  ò  d'una  della .  Sioiiietivedoin  alcune  Medaglie  d’ àrgenco  di  Mela  aio- 
ftra  la  Felicità  con  un’alia  nella  lìnidra  >  in  vece  del  Cornucopia  i  come  heUali* 
gura,  che  fc  ne  ha  ne*  dialoghi  deir  Agoftihi,  p.  (5i.  n.  2. 

XIII.  Giuli/t  JifAmea, 
i  f  VLIA  MAMAEA  AVGVSTA. 

J[  FECVND.  AVGVSTAE.  S.  C,?  Donna  fedente ,  con  un  fanciullò 

davanti,  cui  porge  la  mano. 

2  FECVNDITAS  AVGVSTAE.  S.  C.  Donna  in  piedi,  con  un  fanciul¬ 
lo  dante  da  man  dedra,  &  un  cornucopia  nella  lìnidra.  Riverlo  figurato  ap¬ 
preso  r  Agodini ,  dial.  2.  p.  78.  nu.  Se  il  Choul  nel  Libro  della  Reiigione  de 
gli  antichi  Romani,  p.  1$ 8.  . 

5  FELICIT.  P  VELICA  S.  C.  Figura  dotata  in  piedi-,  con  un  Caduceo 
nella  dedra  inalzata  .e  la  Anidra  appoggiata  ad  una  colonna.  .Ve  n’hà  cinque 
di  tré  conii  differenti ,  Halli  parimente  il  medelìmo  riverfo  in  alcune  Medaglie^ 
d’argento,  coir ilcrizzione  IVLIA  MAMAEA  AVG.  FELICITAS  PV- 
BLICA,  figurato apprelTol*  Agodini  ,dial.  a.p.éo.n.  3.  e  dal  Eleo,  p.  56.0. 2. 

4  VENERI  FELICI.  S.  C.  Imagine  dolata  in  piedi,  con  un*  ada  nella 
delira,  &  un  fanciullo  nel  braccio  Anidro.  2. 

. ND.  .  i  .  .  .  forfi  FECVNDITAS  PVBLICA,  come  in, altro; 

S.  C.  Vnadonnaconun fanciullo, effigiali forfi per Mamea, &Alellandro Se¬ 
vero  fuo  figliuolo .  Sopra  il  code!  nomecosi  fcherzò  il  Mariani  nelle  Statue  di 
Romalib.  I.  cpigr  199. 

Si  Mamnf£a  vocor,  nunquam  Mammo  fa  vocahorl 
Augura  fcelus  eli  ^  ex f  onere  peSius  apertum. 

XIK  Marzia  Otaciìla ,  Moglie  di  Filippo  Magiore  \ 

1  /^TACIL.  SEVERA  AVG. 

V.^  PIETAS  AVGG.  S.  C.  Donna  ledente  con  un* ada  nella  Anidra^ 
porge  ido  a  Jedra  tctuefahciullini  ,cheledannodavanti.  Rara. 

2  MARCIA  OTACIL.  SEVERA  AVG. 

CONCORDIA  AVGG.  S.  C.  La  Dea  Concordia  alfifa  in  un feggio  colla 
patera  nella  dedra,  e  due  corni  di  dovizia  nella  Anidra.  5. 

3  4  PIETAS  AVGVSTAE.  S.  C.  Figura  dolata  della  Pietà  in  piedi; 
colla  dedra  inalzata.  Quattro  differenti.  Io  una  la  Pjetahàun’aradavanti,Si* 
mile riverlo Agurafi dall*  Agodini, dial. 2.  p.  3  t.n. 7. 

5  PVDICITIA  AVG.  S.  C.  Figura  dolata  della  Pudicizia  fedente  con  un 
badoncello  nella  Anidra,  e  la  dedra  in  atto  di  coprirA  la  faccia  col  velodclca* 
po.  Figurata  dal  Eleo,  p.  58.  dcapprcffol*  Agodini,  dial.  2.  p.  77.0.  2. 

6  SAECVLARES  AVGG.  S.  C.  Vno  Ippopotamo,  òfia  Cavallo  fluvia¬ 
tile  .  Riverlo  figurato  dal  Eieo,  p.  5  8.  &  apprelfo  l’ Agodini ,  dial.5.  p.  1 64.  n.2. 
ma  con  lotto  all’ Ippopotamo  la  nota  II II.  che  nella  prelenre  Medaglia  non  A 
vede.  Oiqueda  Auguda  parla  un  Marmo  in  Forlimpopoli,  citato  da  Pietro 
Maria Cavina,  eruditilfimo  Iftorico di  Faenza,  neììniaà  Faveniiu»  antiquijji~ 
ma  Re^io,  rediviva ,  con  quefta  ilcrizzione ,  p.  1 37. 

’  “  MATRI  OlVM  - 

MArTiA  OTACILLA  Ay«; 

“  '  ■  D.  " 

MATRI  DEVM 

i  TAVROPOUVM. 


컫 


.  3m  y  s  s  a  c  0  s  p  /  4  n  o 


H 


J7'.  Erennia  Etrufcilla,  F .  di  T rA)ano  Decio  I 

ERENNI  A  HETd  VACILLA  AVO.  Tetta  a’ Erennia  figurata  in  una 

meza  luna . 

PVDl^-ITIA  AV'G.  S.  C.  Iraagine ftolaca della  Pudicizia,  aflìfa  in  un  leg¬ 
gio,  la  quale  colla  dtft  a  pigliando  parte  del  velo,  òde’ capégli.fà  atto  dico- 

i  prirfì  il  volto,  Ncllafinittra  tiene  un’afta  fcmplice.  3.  Kiverfo  figurato  ap¬ 
pretto  rAgottini,dial.  2.  p.  77.n.  1. 

-  XVI.  Cernelid  Sdonin*  Moglie^ài  Gallieno, 

-I  QALONINA  AVG. 

-  O  PIET AS  AVG.  Effigie  della  Pietà  in  piedi  davanti  un*  altare  i  Riverfo 
differente  da  quello ,  che  s’ hà  figurato  appretto  l’ Agoftini,  dial.  2.  p.  33.  nu.  7.' 
cr  Angcloni,p.325,n.  19.  „ 

,  2  VENVS  ....  forfi  FELIX,  benché  in  alcune  leggali  VICTRIX.  Sta¬ 
tua  di  Venere  in  piedi ,  con  un  pomo  nella  delira ,  &  un’  atta,  come  Icmbra,  nel- 
"lafiniftra.  Le^o  più  rotto  FELIX  ,  che  VICTRIX,  non  havendo  quella 
Venere  il  ramo  di  palma  nella  finittra,  come  in  altre  Medaglie  di  limile  ilcriz. 
alone,  che  rapprefentano  Venere  fedente.  Medaglia  trovata  nel  Territorio 
B  liognefe  nelle  ruine  dell’  antica  Claterna ,  e  donatami  dalla  cortefia  dei  Con- 
.te  Valerio  Zani,  Nipote  di  Monlig.  Zani  Vefeovo  d’ Imola ,  Cavaliere  non  mcn 
chiaro  per  Nobiltà  di  fanguc ,  che  per  lullro  d’erudizione . 

3  CORNELIA  SALONINA  ..... 

IVNO  REGINA.  S.  C.  Figura  di  donna  in  piedi  con  una  patera  nella  delira, 
&  un’atta  lemplice  nella  finittra.  Riverfo  figurato  appretto  rAngclonineli* 
IttoriaAugutta»  p.325.  n.  iS. 


HelU  Monete  ConfoUri,  &  àltre  antiche  Romane', 

Caf.  IV, 

Tl4.i4.e./i.  T  A  gran  quantità ,  che  fi  trova  a’  notiti  tempi  i  de*  metalli  coniati  ne*  primi 
i  ^  Secoli  di  quella  invenzione,  ricevuta  con  applaulo  da  tutto  il  Mondo,  hà 
fatto  credere  che  tutti  fervittero  per  Moneta .  Ma  le  congetture,  e  le  oflervazio- 
ni  de*  più  dotti  in  quella  materia,  hanno  fatto  conolcere,  che  le  Medaglie  legna¬ 
te  coll’  Effigie  de’  Principi,  non  furono  a  ral’ufo  ba  tute,  ma  folo  acciòche  in  ette 
rettatte  memoria  all’età  lutteguenti  de’  Perfonaggi,  in  onore  de’  quali  erano  fia¬ 
te  coniate,  come  beo  dimottrano  alcuni,  e  fpezialmentc  l’eruditittìmo  Sebattia* 
no  Erizzo  in  un  Difcorlo  di  quello  argomento .  Per  lo  contrario  lervivano  a 
(penderli  folo  quelle ,  che  da  principio  furono  improntate  coll’  imagine  di  Gia¬ 
no  bifronte  da  un  lato ,  e  d’ una  Prua  di  Nave  dall*  altro  ;  delle  quali  le  ne  trova 
gran  numero  ;  ò  che  porrattero  impretta  la  figura  d*  un  Majale ,  ò  d’ una  Pecora 
(che  a  noftri  tempi  non  veggonfi)  donde  nacque  il  primo  nome  generale  del  de- 
najo,  Pecunia:  overo  che  futtero  legnate  colla  tetta  armata  di  Roma  da  un  la» 
to,econuna  Biga, ò Quadriga  daH’aitro,  dalla  Vittoria  fovente  guidata;  per 
lo  che  chiamavanfi  Nummi  Rigati ,  Quadrigati ,  ò  Vittoriati ,  come  per  lo  più 
fono  quelli ,  che  furono  battuti  al  tempo  de’  Confoli  Romani, e  che  in  gran  par¬ 
te  de’  nomi  di  quelli ,  ò  d’ altri  Officiali  della  Repubhca  fi  leggono  imprtffi ,  ol¬ 
tre  1’ effere  non  di  rado  marcati  colla  nota  X.  propria  del  denajo,  che  valeva 
dieci  affi ,  c  corrifponde va  al  Giulio  Romano ,  che  fimilmente  vale  dieci  bajoc- 
chi:  od  havevano  quello  legno  V.  confueto  del  Quinario,  ch’era  la  metà  del 
denajo,  l’uno,  c  l’altro  femprc  d’argento,  come  l’affenon  era  che  di  rame. 
Che  peto  non  per  Medaglie ,  ma  per  Monete  fi  notano  le  feguenti  del  M  ufeo . 

Mone-" 


Monete  Confolfiri  J*  0rgenio\ 

C4/.  K 

I,  Cé)o  Confidio  Peto, 

P^ETI.  Teftadi  Cajo laureata, fop^.un*  altra  teda, che  fembra di  donna: 
i’ una ,  e  r  altra  figurata  in  profilo  dalla  fìniftra . 

CONòIOI.  fottofcruto  ad  una- Quadriga  .  Il  qual  rjverfo  figurato  fi  vede 
nelle  Medaglie  deilaFamiglia  Confidia,  num.j.trà  le  Romane  dell’Orfini, 
lenza  però  le  due  tede ,  che  fanno  .cop.ofcere  quefia  dalle  fue  differente  nel  co¬ 
nio  .  Fù  quello Confidio  Peto  Queflore  contro  Milone  nella  morte.di  Clodio . 

II,  Ca\o  Egna>ule]e,  .  ^  - 

C.  EGMATVLEI.  C.  F.  Q,  Sua  teda  laureata  con  faccia  giovanile. 

^OM  A.  fottofcrittoair  imagine  alata  della  Vittoria,  cheflàin  piedi  fcriven* 
do  in  uno  Scudo  pendente  da  un  trofeo  d’ arme  »  Onde  apparifee  haver  quello . 
Cajo Egnatulejohavuto qualche infigne  Vittoria,  della  quale  però  nonfeno 
trova  notizia ,  non  effendovi  chi  di  collui  favelli .  Anzi  nè  meno  alcuno  di  lua 
famiglia  c  mètovato  da  gli  Scrittori  antichi,trattone  1*  Egnatulejo.forlì  di  collui 
figliuolo ,  celebrato  da  Cicerone  nella  terza  Filippica .  La  figura  F  Orfini, p.9 1. 

.  Ili,  Caio  Memmio. 

C.  MEMMI.  C.  F.  Telia  giovanile,  cinta  di  falcia, òlla  diadema.  In  una 
limile  figurata  dal  Goltzio,p.  1 96.  la  tella  è  di  donna, &  ha  C.  M EMMl  V S  C.  F, 
C.  MEMMIVS  imperator.  Trofeo  d’arme,  a  cui  legato  vedefi  uà  capti¬ 
vo  inginocchiato.  Figurato  appreflo  l’ Orfini  tra’ denari  della  famiglia  Mem¬ 
mia,  ai  fecondo  luogo,  p.  158.  Dove nota,chci nomi  replicati  in  quella  Mo¬ 
neta  lignificano  due  perlonc  differenti, cioè  nel  diritto,  un  figliuolo  di  Lilone 
Pacrenfe,addotrato da C, Memmio Imp,  Eperc:ò  giufta  le  leggi  dell’addoz- 
zioncchiamaro  C.  MEMMIVS  C,  F.  Enelriverfo,C,  Memmio  Imp, il  Par 
dreaddottivodel  precedente,  il  quale  fù  figliuolo  naturale  di  Lucio,  e  non  me» 
no  del  Genitore  Orator  famolo,  come  attelìa  Cicerone, chiamandolo  arguto  : 
grande  amico  di  Lucrezio  Poeta,  che  aluiindrizzòilluonobililTimo  Poema 
della  natura  delle  cole,  Acquiltò  il  nome  d’imperatore,  mentre  commandò 
nella  Bitinta  j  d’onde  ritornato  a  Roma,  fù  pofcia  confinato  nell’ Acaja,  dova 
s’ addotto  li  Indetto  figi molo  di  Lilone ,  in  cala  d  :  cui  cortefiirimainente  era  lia¬ 
to  ricevuto,  c  trattenutovi,  Cic.in  Bruto ,  id.iaepilì.adSer.Sulp. 

IV.  Caio  Norbano. 

C.  NORBANVS.  Telia,  come  lembra,  di  donna,  dopo  cui  fi  feorgono; 
quelle  note  XXXXVIIII.  Hànclrivcrlo 

V  na  bpica,  1  Falci ,  &  un  Caduceo ,  lìmboli  di  Pace ,  di  Giullizia ,  e  d*  Abbon¬ 
danza ,  che  principalmente  fiorirono  ne’ tempi  d’Augullo,  di  cui  leggefi,  che 
quello  Morbano  falle  Collega  nel  d.  cimo  Conlolato ,  l’anno  di  Roma  729.  Fi- 
gurauna  Moneta  limile  l’ Orfini,  p.  176.  n.  i.  ma  ne’numeri  Imperiali ,  legnati 
dietro  la  tefta ,  non  elprefle  altro  che  XXXaE  come  fece  anco  ilGoltzio,p.i92. 
donde  appare  quella  efierediverla  da  qtieila,  Opnòlla  al  big,  Marchele  il  Sig. 
D.  Teodoro  Bondoni,  Fiorentino.  , 

V.  Cajo  poUumìo . 

La  telli  di  Diana  ,.dopo  le  cui  (palle  fi  vede  l’arco,  e  la  faretra . 

C,  PJSrVMI.  fcritto  lotto!  piedi  del  Cane  da  Caccia,  in/egna  di  Diana,  iti 
atto  Jj  correre  velociflì  mamence.  Denaio,come  può  congetturarli,  battuto  in 
pccafione  de’  giuochi  fecoUri  ,  benché  di  collui  tiiuno  antico  faccia  menzione  s 

Li  '  '  "  ‘  come  , 


H  ^  S  Ji  (f  e  S  P  i  4  ìt  0 

come  nota  1*  Orfini,  apprefTo  4i  cpi  nelle  Fatnigiip  P*3 1 9,  nia.. baffi  figu* 

rato  il  prerente  denaro,  che  fi  trova  parimente  effigiato  apprefio  Guglielmo  da 
Choul  nel  Lihf. della  Kelìg.  de  gli  antichi  Rom.  p.83,  dove  lotto  i  piedi  del  Cane 
s’hàclpreflounofpiedodiliclo,  che  inquefta  Moneta  non  fi  difiingue>come 
corrola  dal  tempo, 

FI.  C4)9  Sniffa  fi', 

D.  P.  P.  cioè  P/i  Leduetefte  laureate dc’Pei Penati, 

C,  SVLPICl,  C,  Ff  l,c dite finagini armate, e ftant» de* Dei  Penali,  con  un* 
alia  nella  mano  di  ciafcheddnQ,e  lopra  di  loro  la  nota  d*un  P.  Nel  mezo  d*  amen- 
due  vedefi  r  effigie  d’ una  Porca  giacente,  che  per  ayveotpra  lignifica  quella,  che 
in  ILavino  partorì  j  trenta  Porcelli  bianchi  a  buono  augurio  d’ Fnea  :  la  quale  in. 
fieme  co’  Dei  Penati  dal  medefimo  portati  in  Italia ,  fu  per  molto  tempo  conler* 
vata ,  e  venerata  in  (.avino ,  ferivendo  Varrone  a  quello  propofito,  1.  s.  c.  4.  de 
re  Ryft.  fy  f/ta  àUud  fnijfc  ffrikimr  ,  quod  Sus  Aeneé  Lavini 

tri^infx  porcos  pepa  fi  aUfQU  cittfid  por  terfderif,  fall  um\  triginta  annis 

ut  Lavinie ff/ef  andereni  Ql>idunf  ^Ifiam*  Hh]HS  fnftf  ac  perctrupa  etiam  nune 
t>efligia  apparent  ;  ]am  tfc  Jìmulnaet  eornm  etnea  etiam  nunc  in^  puhlico  pejìta , 
^  corpus  matris  ak  facerdotil^us^  a  pad  in  falfura  fuerit,  defpon^eatur  ,  Onde 
può  congetturarli  quello  C.  Sulpicio  elTere  liato  nativo  di  Latrino  ,  maxime  ac¬ 
cennando  Tacito,  che  quella  famiglia  v’hebbc  il  domicilio:  ò  fullc  egli  quel 
C.  Sulpicio,  figliuolo  d^  un'altro  Cajo,  che  fù  Conlolc  cpn  M.  Claudio  Marcel¬ 
lo  r  anno  di  Roma  DLX>C>f  VII,  come  pretendono  alcuni  ,*  ò  più  tofio  C.  Sulpi¬ 
cio  Platorino,  come  volle  l’Qrfini,  che  figurò  quefiocon  altri  denari  del  in¬ 
detto  nella  feconda  tavola  delle  Monete  della  Famiglia  Sulpicia  in  primo  luo^ 
go,p.s54.  lofigorò  pureilGoltzÌQ,p.95, 

f7/.  T>ecio  Silano , 


Teq.T  di  Roma,colla  celata, dietro  cui  fi  feorge  la  nota  V, propria  del  Quinario,' 
N  La  V ittoria ,  ^he  guida  un  Carro  tirato  da  due  Cavalli ,  tenendone 
D.siLANV^  j  ella  le  briglie  in  mano ,  Sopra  le  quali  figure  fi  vedono  le  ludctte 
d  note  numeriche,  c  lotto  i  piedi  de’ Corficri  le  altre  parole.  De-, 
nqo dilfcrente  daquello ,  che  s’hà  figurato  appreso  l’ Orfini  nella  Famiglia  lu- 
nia,tav,3,n.  r.p,  ii7.  pofciache in  quello  v’c  latefta  gakatadi  Romaìfnz* 
f  ollana,  in  quello  dell’Orfini  fi  vede  (4  iella  torquata  di  D.  Silano*  addotta'» 
nella  Famiglia  Manlia  de’  Torquati ,  In  oltre  il  denajo  dell’ Orfini  a  d-fferenza 
di  quello  non  è  legnato  colla  nota  V.  ma  in  (ua  vece  moAra  un’  A.  e  di  vantag¬ 
gio  lotto  la  biga,  oltre  D.  SILANVS  hà  F,  come  in  uno  figuralo  dai 
Goltzio. ,  p,  1 59.^c  indica  D.  Silano  efiere  fiato  fratello  di  M#  Silano,  ConCole 
Fanno  di  Roma  DCXLIV, 


FflM,  Cahinifi^ 

. ABJNIVS  S,  F,  credo  debba  leggerli  G^BIN^VS,  che  fard  fia 

Aulo  Gabinio  Legato,  mentovato  da  Livio*  Tre  imagini  di  Soldati  a  cavalla 

in  atto  di  correre.  Dall' altro  lato 

ROMA,  con  una  teda  di  donna  1  Madagiiarara,  non  veduta  4aU’Qi'fini. 

LR  ^nejfi  Cornelio  Lentulo, 

I  Telia  barbata,  coll^clmo,c  Palla  dietro  le  (palle , 

CN.  LENTVL*  Vn  Cocchio  tirato  da  due  Cavalli  retti  dalla  Vittoria,  fattoi 
quali  fi  leggono  le  Indette  Icttctf,  penajjQ. come femfira  ,allufivq all’ ev^aio- 
nedi  quello  Lentulo ,  quando  entrò  in  Roma  con  mille  cinquecento  peli  d*  oro, 
ritornato  dalla  Spagna  citeriore,  dov' era  (lato  P.roconfole|Coraeftrive  Livio.,, 
Halli  figurato  apprcQoFgrfinlncUitfitimi  tavola  delie  Monete  della  F- migliai 
|Corqelia4p,iri*Q*4.  %  T«fi9 


L  I  ^  ^  0  'SPARTO.  ۈP.  r.  >99 


2  Tetta  laureata,  fenz’ altro,  forfi  di  quelto  Lentulo, 

CN.  LENT.  La  Vittoria,che  (Là  in  atto  d’imporre  una  laurea  fopra  un  trofeo 
d’armi.  Anco  quettodenajos’hà  figurato  appretto  i’Orfini,  nella  lopracitau 

tavola ,  in  quinto  luogo . 

X.  L,  Lucrezio  Trione. 

Tetta  gio  vanile  radiata  ,forfi  di  quefto  Lucrczjo  Trione  ^ 

L.  LVCRET.  TRIO.  Luna  crelcente,  circondata  da  feiftelle,  le  qualìatpàiìì 
rcr  dell’  Orfini ,  che  fece  figurar  quefto  denajo  in  fecondo  luogo  tri  quelli  della 
Famiglia  Lucrezia,  p.  145,  rapprefentano  i’afterifmo  del  Settentrione,  pec. 
avventurafattoquiviettìgiardaLucrezio,  per  alludere  all’ origine  delfuo  co¬ 
gnome,  fcrivendo  inquc'fto  propofico  Varrone  nel  fello  Libro  della  Lingua  La¬ 
tina ,  antiquos  rudicos  frimttm  notaj^e  quadam  in  coelo  fìgna  .qua  fr  A'' 

ter  alia  erant  injìgnia ^atque.  ad  aliquem  ufum  cultura  tempus  defignandum  coni' 
•venire  advertebantur .  E  queis  Jtgna  funt  quod  has  Cepitm  flellas  Graci,ut  Ho^ 
merus  vocat  £na.^<tvj  ^  propinquum  e\us  Jlgnum  BowVifr?  nofiri  eas  feptem  flellas 
Boves ,  ér  T riones ,  &  prope  eas  axem .  T riones  enim  ,  é‘  Boves  appellantur  à 
bubulcis  etiam ,  nunc  maxime  cum  arant  terram  :  e  queis  ut  dióli  valentes  gle¬ 
barii  ,  qui  facile  profcindunt  glebas  :  fic  omnes ,  qui  terram  arabant  ,  a  terra, 
teriones:  unde  T  riones  ,  ut  dicerentur  a  detritu.  E  non  molto  dopo.  Bojfent 
Triones  dici  feptem',  c^tod  ita  fit  a  fella  terna  trigona  faciant. 

XI.  Lucio  Memmio  Gallo. 


ROMA  F.  Tetta  di  Quirino,  òdi  Romulo,  figurata  in  profilo  dalla  finittra,' 
con  fotto  legnati  da  un  lato  i  precedenti  caratteri . 

L.  MEMMI.  >  Biga ,  ò  Cocchio  tirato  da  due  Cavalli ,  fopra  i  quali  vola  la 
GAL.  1  Vittoria,  che  prefenta  una  corona  d’alloro  à  colui,  che  guida 
il  Cocchio;  efottoaquefte  figure  v’è  l’ifcrizzione  propotta.  E  forfi  quefto 
Lucio  Memmio  è  quello ,  che  tra  nobili  Scrittori  numerato  da  gli  Autori  fi  tro¬ 
va  ,  Padre  di  Cajo  Memmio  fopramentovato ,  a  cui  Lucrezio  dedicò  il  fuo  Poe¬ 
ma.  Dicoftuifi  trovano  alcuni  denari  figurati  appretto  l’ Orfini,  p.  i  j8.  Tra 
quelli  però  non  ve  ne  hà  alcuno ,  che  in  tutte  le  note  confronti  con  quefto  ;  che 
però  ha  del  fingolare . 

XII,  Lucio  Tifone  '. 

Tetta  laureata  di  L.  Fifone  trà  due  noce  Y.  limili  a  quella,  con  cuigli  Aftro- 
nomi  legnano  1*  Ariete . 

L.  FISO  FRVGI  -j  Figuraequeftre  in  atto  di  correre  velociflimamente,coh 
P  jTji  X  un  ramo,  che  ferabra  di  palma  nella  fitiiftra;  fotto  vili 

*  *  leggono  le fudette  parole.  Fùcoftui  il  primo, che  dalla 

parfimonia  riportaffe  il  cognome  di  Frugale ,  come  nota  Cicerone  nell’ Orazio¬ 
ne  prò  Fonte'jo.  E  quella  figura  equettre  ind  ca  i  giuochi  Apollinari,  che  net 
Magiftrato  di  C.  Calpurnio  Pretore  Vrbano  furono  ittituiti  dal  Senato  per  cele¬ 
brarli  in  perpetuo,  allo  fcrivere  di  Livio,  1.26.  ^  FISO  FRVGI 

Denajo  ditterentedaquelIo,chefigurail Goltzio,  p.  144,  con  cxxxxv. 

XIII.  Marco  Valerio  Eonte\o. 

M.  V.  FONTEI.  Nave  di  bel  lavoro,  con  lotto  un’  F.  dall’altro  canto  vi 
fono  le  tette  di  Cattore ,  e  di  Polluce,  colle  due  loro  ftelle  lopra  il  capo ,  e ’l  le¬ 
gno  del  denajo  X.  incerlecato  da  una  linea  ;  le  quali  Itelle  vi  lono  elprettc  per  ef- 
lere  quelle  propizie  a’naviganti .  Onde  Orazio  i.i.carm.  della  nave  di  Virgilio 

Sic  U  diva  potens  Cypri, 

Sic  fratres  Helena,  lucida  flderay 
Ventorumque  regat  pater. 

Li  i 


Viene 


400  U  y  S  E  0  C  0  S  V  l  A  H  0 

Viene fìguratotrà  denari  dellaFamiglia  Fontejadeir Orfini  in  fecondo  luogo^ 
p.  loo.  dove  foggiungecfiere  quefto  qu  el  M.  Fontejo,  in  difefa  di  cui  orò  Ci¬ 
cerone:  il  quale  fù  figliuolo  di  C.  Fonte  jo  Capitone,  Confole  Tanno  di  Ro¬ 
ma  DCCXX. 

XIV.  Marco  Vargonte\o. 

M.  VARG.  Tefta  armata  di  celata,  folto  il  cui  mento  fi  vede  la  nota  del  dc- 
na;o  X. 

ROM  A .  Quadriga  retta  da  una  figura ,  che  nella  delira  tiene  un  ramo,  come  di 
palmi .  Trovali  eifigiata  apprelTo  TOrfini ,  p.  2  7 1 .  Fù  quefto  Vargontejo  Lega* 
to  di  Marco  Graffo  nella  guerra  Panica ,  come  fcrive  Appiano . 

XV.  Marco  Volte]o . 

M.  VOLTEI.  M.  F.  Cerere  Tedifera  nel  carro  tirato  da  due  Dragoni.  In 
propofitodi  che  vedali  Ovidio  1. 5.  met.e  Claudiano  1.  i.de  Rapt.  Prof. 

Telia  della  Dea  Libera  coronata  d’ellera,  come  notò  Teruditiflìmo  Orfini,  fi¬ 
gurando  quella  Moneta  tra  quelle  della  Famiglia  Volteja  in  terzo  luogo, p.286, 
&offervando infieme che  di  quefto  M.  Voltejo niuno antico  là  menzione.  Da 
quefto  denajo  però,  e  da  altri,  eh’  egli  propone  in  figura,  potrebbe  congetturarli 
Sacerdote  di  Cerere .  Trovali  quella  Mon  età  pariméte  figurata  appreffo  l’ Ago- 
ftinidial.5.p.  172.^4.  &  il  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Ro¬ 
mani,  pag.  134. 

XVI.  Puhlio  Clodio. 

Telia  giovanile  radiata,  dietro  la  quale  li  vede  il  legno  d’ un’  I. 

P.  CLODIVS  M.  F.  Luna  crelcente  attorniata  da  cinque  ftclle.  Chi  fia  co- 
flui  non  appare  da*  Monumenti  de  gli  antichi,  non  effendovi  chi  lo  mentovi,  co¬ 
me  pure  notò  TOrfini, che  figurò  quefto  denajo biella  feconda  Tavola  delle  Mo¬ 
nete  della  famiglia  Claudia,  in  primo  luogo  p.  6 1.  Onde  nulla  di  certo  può  dirli 
della  cagione,  per  cui  faceffe  in  quella  Moneta  figurar  la  Luna,  colle  ftelle; 
s’egh  per  avventura  non  haveffe  voluto  alludere  alTaflerifmo  del  Settentrione , 
come  L.  Lucrezio  Trione  raccordato  di  fopra .  Egli  però  ne’ tempi  di  Celai  e  fù 
Prefcttodella  Zecca, come  offervòTOrfini  dalTifcrizzione  d’ un’altro  denajo 
del  medefimo,  ch’egli  propone  in  figura  nella  lleffa  tavolain  terzo  luogo, 

XVII.  Fabio  Labeone . 

LABEO,  in  faccia  ad  unatefta  galeata,  dietro  cui  fi  legge  ROMA. 

Q:.  FAB.  L.  .  .  foffi  L.  F.  Quadriga ,  ò  Cocchio  tirato  da  quattro  Cavalli, 
lotto  1  piedi  de’  quali  fi  vede  effigiata  una  prora  di  nave ,  e  lotto  quelle  figure  le 
precedenti  note.  Figura  un  limile  denajo  il  Goltzio ,  p.  1 23 .  lenza  notarvi  L. 
F.  come  pure  fa  l’ Orfini  .diedi  vantaggio  tralalcia  la  parola  ROMA,  p.  93. 
Il  che  fà  credere  quefto  differente  nel  conio  da  quello.  Fù  Q^Fabio  Pretore 
Tanno  di  Roma  564.Gonlole  del  570.6  Pontefice  del  573. 

XVIII.  Termo . 

Tefta  giovanile  con  bella  celata  in  capo,  adornata  d’  un  ramo  d’  alloro^ 
Q;^  THE.  ...  e  deve  dire  Q^  THERN.  M.  F.  come  nelle  più  confervate 
di  quefto  conio  fi  legge,  lotto  le  imagini  di  due  Soldati  combattenti  ,  nel 
mezo  de’  quali  fi  vede  quella  del^ terzo,  giacente,  come  caduto.  Figurata^ 
appreffo  1’  Orfini  tra  le  Monete  della  Famiglia  Minucia  in  quinto  luogo, 
pag.  164.  come  appartenente  a  Qj^  Minucio  Termo  ,  figliuolo  di  Marco: 
lotto  di  cui  Giulio  Celare,  che  fù  pofeia  Dettatore  ,  militò  da  giovanetto 
nell’  Affa,  e  nell’  efpugnazione  di  Mitilene  riportò  dal  medefimo  la  Coro¬ 
na  Civica,  allo  feri  vere  di  Svetonio,  in  Cjef.c,  2. 


XIX.  spn- 


l  I  B  R  0  4  y  À  R  T  O  ;  '  «ifc  r»  4ò  i!  „ 

XTX  Spurio  Aframo.  '"  ) 

Tetta  galeata  di  Roma, con  a  tergd'iàho^àX. confucra  del idena/o,  ’  ' 

S.  AFRA.  Biga,  ò  Cocchio  tirato  da  due  Cavalli  guidati  dalfa  Vittòi*ìaù^ 
che  ne  tiene  le  briglie  nella  lìniftra,  e  nella  deftra  lo  ftaffile  alzato .  Sotto  if  Ven. 
tre  de’  Cavalli  correnti  fi  leggono  le  propofte  abbreviature  del  nome  di  Spurid 
Afranio,  lotto  le  qiiali  dovrebbe  leggerfi  ROMA,  ma  iltempo  ne  hà  rofi  iVà- 
ratteri .  Nè  altra  memoria  fi  trova  di  cottui,  che  il  prefente  denajo ,  figurato  api 
pretto  1*  Orfini,  p.  12.  n.  r.  Dalla  qual  Moneta  fi  cava,  che  il  prenome  di  Spili 
rio  anticamente  feri  ve  vafi  con  unS.folo.  Halli  parimente  di  cottui  una  Mone* 
cadi  bronzo,  di  cui  fi  fave  Ila  a  luo  luogo. 

XX.  Incerte',  . 

[i  rx  Enajo bigato, fenz’ altre  lettere,  che  ROMA,  fottòferitta  alla  Biga'» 
colla  tetta  galeata  di  Roma  dall* altro  lato, 

2  Denajo  incerto,  coll’impronto  d’ una  prua  di  nave  da  un  lato,  ed*  una 
mafehera  dall’  altro  ;  quale  appunto  vedefi  in  alcuni  di  Cajo  Panfa ,  figurati  ap¬ 
pretto  rOrfiru,p.  131.278. 280.  Il  che  era  fimbolo  de’ giuochi  Cereali  folitia 
celebrarli  nel  Teatro  col  concorfo  de*  Poeti ,  che  garreggiavano  di  perfezione 
ne’ loro  componimenti ,  come  notò  Dione ,  Ub.  47. 

3  Incerta  Moneta,  ò  Medaglia  d’argento,  in  cui  da  una  banda  fi  vede  una^ 
tetta  d’ huomo ,  con  diètro  il  Lituo  :  dall’  altra  una,  ò  due  imagini  equettri ,  che 
non  bene  fi  diftinguono;  fottole  quali  fi  legge  |  o  1  v  i  A  |  Mt  I .  Non  trovali 
tra  quelle  deli’  Orfini,  nè  d’altro  Antiquario,  eh’ io  babbi  veduto. 

4  Sono  tutte  quelle  Monete  d*  argento ,  di  grandezza  mediocre  ;  alle  quali 
vanno  limili  nella  molediverfe  Medaglie  parimente  d’argento ,  thè  nei  corfo 
delle  Imperiali  fi  fono  deferitte. 

Monete  Latiae  antiche  di  bronzo , 

Cap.  ri. 

'1  Rà  le  Moneteantiche  di  bronzo,  le  prime,  che  fi  fpendeflcro  nel  Lazio» 
furono  quelle  legnate  colla  tetta  di  Giano  bifronte  da  un  lato ,  e  d’ umi 
prora  di  nave  dall’altro,  introdotte  da  Giano  ftettb,  che  fù  il  primo  a  batter 
Monete  di  rame ,  regnando  egli  con  Saturno  nel  Lazio'molto  innanzi  l’ edifica- ,, 
zionediRoma.  Onde  Girolamo  Caravagigi,  che  fùl’OVidioCremonele  «la- 
feiò  fcritto ne* luoi  Falli ,  lib.  I .  V. 409. 

lanus  erat  Latiis  quondam  celeherritnus  orisi 
Et  qui  coujilio  fape  ]U'varet  opes . 
lUe  dedit  Regi  Saturno  regna.,  domofque: 

Nam  pater  imperiis  ah  ìove  pulfus  eratl  ^ 

Signavitque  locos.,  regni  prafcrtpjìt  honorem  % 

^tin  etiam  HVMMIS  VELA,  RATE M^E  dediti 
Cum  quibus  athereo  fugiens  "Saturnus  Olympo 
latrar  at  latias ,  rege  jubente,  domos,: 

1  II  qual  Giano,  al  parere  de* migliori  ingegni;  riOìi  altri  fò,  che  Tanticò 
Noe ,  che  appretto  i  poderi  potè  lortire  il  nome  di  Giano  dall’  Ebraico /«r»,  che 
fignificail  v!no,dicuiegli  fù  l’inventore:  corrifpondendo  beniflìmO'alla  di 
lui  Iftoria  le  fudette  Monete,  mentre  colle  due  faccie  alludono  all*  ha;e^  egli 
vedutoli  Mondo  vecchio,  e  nuovo,  dopo  il  diluvio,  e  colla  nave  raccordano 
la  generazione  humana  da  lui  falvata  nell’  Arca ,  fi  come  và  difeorrendo  l’ eru- 
ditilfimo  P.  Silveftro  Fietrafanta  nel  lib.  2 ,  de  Symbolis  heroicis ,c,i,  fcrivendo , 

'  '  LI  3  '  n 


V  Ai  r  s  r  0  c  0  s  p  i  A  N  o 

yt  dicam,  ^u»d  miht  •verof/miltus  eli^  lanus  Noe  fuit,  eamque  ei  af>pe lationem 
dedit  vox  Hebraa  lain.,  idefi  vtnum,  cum  Noe  fuerit  vinea  ,  ac  vim  repertor  ; 
quoniam  itaque  ab  ipfo  univerfa  hominum  poflerttas  fervuta,  é"  propagata  eli\ 
idcirco  ob  ingentis  beneficii  recordationem  in  nummis  fcnlptus  Noe ,  feu  lanus  , 
Ijp  biceps  quidem  fuit,  nam  utrumque  Mundum,  i^eterem,  cjf  novum  fpeciavtt , 
qp^N.ultus  geminos  habstijfet:  fed  é"  additur  rojlrum  navis,  ejus  nimtrum,  in 
qua  cum  Noe,  &  Uberis  e)MS  feliciter  hominum  natio  ,  velut  redama,  in  com~ 
pindium.,, gubernante  Dee,  navigavi. 

3  Di  fimiU  Monete  fe  ne  vede  gran  copia  nel  Mufeo ,  parce  delle  quali  non 
cfTendo  improntate  di  carattere  alcuno,  trattane  la  teda  di  Giano ,  e  la  nave,  pof- 
(ono  giudicarli  ftampate  innanzi  rcdificazione  di  Roma  ;  le  altre,  come  battute 
dipoi, portano  imprelTo il  nome  di  ROMA  (come  le  battute  da  Romani  nella 
prima  guerra  contro  Cartaginefi,  al  riferir  di  Plinio,  lib.  23.)  e  talora  quello 
d’alc,unPerfonaggio  Romano,  al  di  cui  tempo  furono  coniate.  Ed  in  caecan¬ 
to  più  convenevole  fembra  l’ impronto  della  nave ,  quanto  più  aggiuftato  fimr 
^olo  di  Roma  ella  riefcci  mentre  quella,  appunto  come  nave  ,  quando  fù  ret¬ 
ta  da  negligenti  nocchieri ,  portò  pericolo  di  naufragio  :  ma  governata  da  vigi¬ 
lanti  Piloti  (comeanollri  tempi)  godè  ogni  licurezza  di  calma.  Onde  può 
dirlene  con  Pierio  Valeriano,  lib.  i.Od.  i. 

Dum  Roma  fummam  rerum  habuit  potens, 

Dumqtie  Imperator  jura  dabat  probus, 

/Equata  cunSfis  in  verendo 

Cultu  habita,  celebrata  navis. 

Tofi  quam  furore,  civium,  (fi  hoHium 

In  longa  adauSio  facula,  funditus  , 

Everfa  Roma  eB ,  (fi  T  r  ir  emis 
obruta  in  his  latuit  ruinis. 

4  Pare  che  fuffe  di  quello  penfiero  quel  Cavalier  Romano,  che  a  Cejonio 
Albino  (  quegli  che  meritò  il  nome  di  Collante,  da  cui  furono  denominati  1  Co- 
Rantini  da  lui  di/celì  )  perfuadendo  la  difefa  di  Roma  pericolante  (otto  GaHie- 
no,  cosi  hebbe  a  dirli,  come  lofi  parlare  Francelcofiolognetti  Senator  Bolo- 
gnefe,  c  Poeta  Eroico,  che  de’ Fatti  di  Collante  ne  tefsè  nobile  Epopeja. 

La  Citta  noffra  è  come  una  gran  Nave 
pi  merci  carca,  e  di  piu  genti  piena, 
che  mentre  fpira  Zefiro  foave , 

Sicura,  in  porto  fi  conduce  a  penar 
Ma  s'  Auftro  fofla  impetuofo,  e  grave, 

E  che  faccia  ofeurar  I'  aria  ferena. 

Conf  ando  il  Mar ,  bifogno  allor  d'  accorto 
Necchier  le  fa,  che  la  conduca  in  porto . 

Ma  fe  da  tal\Nocchier  negletta,  viene 

Lafciata  in  preda  a  1'  Aujlro ,  a  la  tempefia", 

Hor  verfo  il  Cielo,  (fi  hor  verfo  le  arene 
Se  n  va  per  coffa  in  quella  parte,  e  in  qttejla. 

Talché  alfin  fianca,  al  Mar  ceder  conviene,  (fic. 

5  Quelle  Monete  lì  fpende vano  in  Roma  fin  nell’Imperio  d’ Adriano  :  di 
che  n’c  indizio  il  gridar  Capo,  ò  Nave,  che  facevano  i  fanciulli  d’ allora,  quan¬ 
do  elercitavanli  in  quel  giuoco,  che  pure  oggi  giorno  collumafi,  di  gettare  in 
alto  la  Moneta ,  &  indovinare  qual  parte  nel  cadere  rimanelle  di  lopra . 

6  Di  quelle  Iccondarie  coniate  da’ Romani  fono  le  leguenti^di 

/.  Cinna. 


t  /  3  K  0  ^  P  A  ■\T  0,  W.  4e|| 

f  '  4 

/.  Ciana, 

Tefta  di  Giano  Bifronte. 

CINA  ,  (opra  il  roftro  della  nave.  E  quella  Moneta  forlì  appartiene  àJ^.Cin? 
na,  che  fù  quattro  volte  Confole;  ò  al  di  lui  Nipote  Cn.  Cornelio,  figliuolo 
di  L.  Cinna  ^  che  chiamali  L.  N.  cioè  Lacii  Nepos ^  e  fù  Confole  con  L.  Vale¬ 
rio  MelTalaVolufo  l’anno  di  Roma  757.  Nè  importa,  che  fia  fcritto  conua- 
femplice  N.  CINA,  perche,come  avvertì  Quintiliano,  era  uGtatilfimo  il  non 
raddoppiare  le  femivocali,fcrivcndofi  sifena,  SuU^  e  Luculus  ^  Simile  river* 
io ,  col  dritto  d’ una  tefta  galeata  s’ hà  figurato  apprello  i'Orfini ,  p.  75. 

IL  Lucio  Murena. 

L.  M  VRENA ,  improntato  (opra  il  roftro  della  nave  ,c’  hà  di  lotto  ROMA,’ 
c  dall’altro  canto  Giano.  Ne publicò  la  figura  TOffini  tra  le  Monete  della  Fa¬ 
miglia  Licinia,  elfendoiMureni  ramo  di  quella,  Fù  L.  Murena  Confole  con 
D.GiunioSiIanorannodiRoma5pi.afavoredicui  habbiamo  una  orazione 
di  Cicerone . 

Ili,  Lucio  Saufeio  . 

1  L.  SAVF.  fopralanaveroftrata,  collateftadIGianodairaltroIato.  Fa 
di  coftui  menzione  Cicerone  lib.  i.epift.  5. e  lib,  7. epift.  i.  ad  Attico.  Mone¬ 
ta  figurata  apprelTo  l’ Orfini ,  p.  2  3  2. 

2  Simile  Moneta  d’altro  conio. 

IV.  Lucio  Surdim  , 

L.  SVRD.  fopra  il  roftro  della  nave,  che  dall’altro  Iato  hà  il  capo  di  Gia¬ 
no.  Hà  quella  Moneta  del  raro,  non  facendone  menzione  I’Orfini  nel  fuo  librò 
delle  famiglie  Romane,  ove  tralafcia  quella  di  L.  Surdiao. 

V.  spurio  Afranio, 

S.  AFRA,  fopra  la  nave  roftrata,  colla  tefta  confueta  di  Giano  dall’ altro 
canto.  Dicoftui  vedali  ciò  che  fen’ è  fcritto  di  fopra  con  occafione  d'altra  di 
lui  Moneta,  tra  le  Confolari  d’ argento  riferi-a  di  fopra  . 

VI.  4^into  Tizio. 

Q.  TIFI,  fopra  il  roftro  della  nave  d’ aliai  buon  conio ,  colla  tefta  di  Giano 
dall’altra  banda .  Ve  n’  hà  due  di  ftampa  di  verfa .  Ne  porta  figura  l’OrfinLp.i^r. 

7  Senza  la  tefta  di  Giano  fono  le  fulleguenti  di 

/.  Tizio  fudetto. 

TIFI.  Così  leggefi  fcritto  foctot  piedi  d’ un  Cavallo  Pegafo,  che  ftà  in 
atto  d*  alzarli  a  volo .  Dall’  altro  lato  hà  la  faccia  in  profilo  della  Vittoria,  dopo 
le  cui  fpalle  fi  vede  un  poco  d’ ala .  Il  Pegafo ,  con  i  caratteri  cfprelfi  fotto  i  di 
lui  piedi  ,par  che  alludano  aFizio  Poeta  mentovato  da  Orazio  lib.  i.  epift,  3, 
Vedali  1  Orfini ,  che  ne  propone  la  figura  nel  fopracitato  luogo . 

Il,  Marco  Metello.  r 

M.  MEFELLVS.  Così  ftà  Icrittonel  fianco della  nave  cpftrata, eh’ è  bellif- 
fima,  fottocui  ROMA.  Oall’altrocantofi  vede  una  tefta  giovanile  colla  fpò^ 
gliaLeonina.  Fùqueftifigliuolodi  Metello  il  Macedonico.  Frovafi  figurata 
quella  Moneta  apprello  l’ Orfini,  p.  39;  &  il  Goltzio,  p.  93. 

8  Senza  Giano,  &  il  nome  di  qualche  Perfonaggio  Romano,  fono  le  fegucti. 

I.  Colla  nave,  e  dall’altro  canto  una  tefta  fola,  XVII.  cioè. 

II.  Con  tefta  armata  d’elmo,  forfirapprefentante  Roma,  4. 

III.  Con  tefta  coperta  di  fpoglie  di  Leone,  2.  Delle  quali  fe  ne  hà  bella  fi¬ 
gura  apprello  Monfig.  Agoftini ,  p.  i  o.  n.  3. 

iV.  Con  tefta  coronata  di  Diadema.  6.  ^ 

V.  Con  tefta  di  donna,  le  quali  molto  meglio  efprimono  Roma  difarmat^ 

che  " 


-  %  V  S  E  O  ^  €  6  S  P  l  A  ’N  0 


che  quella  commentizia  Medaglia,  di  cui  favella  Girolamo  Catena  ,1. 6.  Poem. 
14,  fcrivendo  Ad  Ioannem  'Ba.ptiJiAm  Alexium  de  qtiodtim  numifmate  dono  da,, 
lurf  qucd  ROMA  appellatur , 

Hoc  magica  iUt  perhibent  ^cjl  arte  Numifma  repertum 
Monte,  uhi  fatidica  voce  Sibylla  canit. 

Certa  canit  ventura  viris,  antro  que  remugit, 

•  ^^od  propius  Patria  cernitur  effe  mea. 

Roma  ibi  nuda  fedet ,  galea  fpoliata  fuperbà] 

Membraque  nequitia  non  pudibunda  tegit. 

Scilicet  bac  magis  exercet  tua  bella.  Cupido \ 

'  Mars  pater  egregia  pellitur  urbe  fua. 

Tu'folus  revocas  virtutis  femina,  Alexi, 

Et  refides  animos  evehis  ipfe  polo. 

Terte  quod  vetuit  dilapfi  injuria  fac  li 

Antiquas  vires  fumere  Roma  potejl .  ’ 

Tantum  in  te  viget  hic  Romani  fangutnis  ardori 
Propterea  à  nobis  hac  tibi  ROMA  datur . 

VI.  VRBS  ROMA.  Mczafiguradidonnaarmata,coll’clmoincapo,cf- 
preffa  per  Roma  guerriera .  Hà  dall’ altro  canto 

La  Lupa  con  Romulo,  e  Remo  lattanti .  Alla  quale  allufe  l'Elogiaftica  Pen» 
na  di  Pietro  Ercole  Belloi ,  fcrivendo  nella  gloriola  Spoglia  del  Leon  Bargelini 
p.  iS.elog.  2.  in  lode  di  Monfig.  Pietro  Bargelin» ,  Arcivcfcovo  di  Tebe . 

Hac  efl  Lupa  cicur, 

1  w^uA  feritate  in  regibns  educandis  exuta, 

^  Oves  infidi  ari  defuevit, 

ajiuevit  laiiare , 

Trovali  qùeRa  Moneta  figurata  apprelTo  l’ Agoftini ,  dial.  3.  p.  93.  0. 8. 

VII.  INVICTA  ROMA.  La  Lupa ,  come  fopra .  Di  quella  ne  propone 
bella  figura  il  Patini  tra  le  Medaglie  Imperiali  mediocri ,  c  minime  di  bronzo, 
■p.  2.  dove  notaeflere  Rata  battuta  al  tempo  di  Collantino  Magno . 

'  Colla  medefimaifcrizzione.  Due  braccia,  che  foftengono  un’elmo. 

Vili.  Con  teda  armata  di  celata  da  un  lato,  ed  un  Cavallo  dall’altro,  con-. 
ROMA,  I.  ; 

IX.  Con  teda  coronata  di  falcia ,  ò  fia  diadema ,  da  un  lato ,  Se  un  Cavaliere 
‘dall’  altro .  3.  Quella  è  l’ infogna  antica  di  Spagna  ,come  fi  vede  in  molte  delle 
Medaglie  incognite  Spagnuole  della  Biblioteca  del  Dottor  Francefeo  Ximenes 
d’ Vrrea ,  Capellano  di  S.  M.  e  Cronifta  del  Regno  d’ Aragona ,  figurate,  e  pu¬ 
blicate  nel  fine  del  Mufeo  delle  Medaglie  Incognite  Spagnuole,  dato  in  luce  da 
D.  Vincenzo  Giovanni  de  la  Stanofa,  Signor  di  Figar  velas.  Rampato  inOfea 
por  Ivan  Nogues  1645.  4. 

X  Con  un  Cavallo  da  un  canto  un  Bue  dall’ altro,  i. 


Pef  antichi  Latini] 
Cap.  FU. 


j  I  tré  onde,  colla  teda  di  Roma  armata  di  celata,  da  un  Iato,  e  la  tneza 

Jl-/  nave  dall’altrocon  ROMA. 

a  D’ un*  oncia ,  con  una  teda  galerata ,  ò  pileata  da  ogni  banda .' 

3  Di  raez’  oncia  con  una  Rapa  da  un  lato ,  &  un’  Ancora  dall’  altro ,  colle  no{ 
fc Imperiali  VI. 


Meda-. 


LIBRO  A  RT  0,  CAP»  Pili.  405 


Medaglie  d'  Hmmiai  illujlri  Latini^ 

Cap,  Vili. 

/.  Ca\o  Capio , 

CCASSIVS.  Contornano  quefte  Ietterei’ effìgie  di  CajoCaflIo,  figurato 
•  con  tutto  il  petto  in  età  giovanile.  Non  hà  riverfo .  Medaglia  figurata 
Zita'  Aula  Heroum  del  Conte  Giacomo  Zabarella,  p.  104. 

II.  Crifpo  Saltili  io. 

SALVSTIVS  AVTOR,  Meza  figura  togata  di  Saluftio,  di  grave  afpettor 
PETRONI  PLAGIAS»  ò  più  torto,  come  altri  legge,  PLACEAS.  Trèfigu- 
re  togate  in  piedi .  Medaglione  di  bronzo  di  mediocre  antichità ,  battuto ,  per 
mio  credere  alquanti  Secoli  dopo  la  mòrte  di  Salurtio  lo  Storico  da  gli  Amiter¬ 
nini  luoi  Compatrioti  in  memoria  di  così  illuftre  Cittadino  loro ,  come  d’ altri 
Soggetti  hanno  fatto  diverfe  altre  Città.  Fulvio  Orfini,  Antiquario  di  primo 
nome  ,  che  figurò  querta  Medaglia  nel  Libro  intitolato  Imagines»  &  "Elogia. 
Virorum  illujlrium  ,  ér  eruditorum  ex  antiquis  lapidibus ,  &  nomifmatibus 
expre/fa  cum  annotationibus,  efprimendovi  nel  rivcrlo  MONE  .  .  GEAS, 
dubito  che  apparteneflTe  a  quel  Salurtio ,  che  fù  Confole  con  Leonzio  l’Anno  di 
Roma  MXCVII.  come  nota  il  Pan  vino,  cioè  quando  imperavano  Coftantino 
il  giovane ,  Cortanzo ,  e  Coftante  j  e  ’l  di  lui  dubbio  per  verità  ficura  fù  aflferito 
daireruditiffìmo  Carlo  Patini  nel  fuo  Teforo  delle  Medaglie ,  p.  1 3  2.  dove ,  fi¬ 
gurata  querta, negò  rapprefentare  lo  Storico, ma  piu  torto  il  Conloie .  Io  però 
con  pace  di  tant’  huomo  ,ed  altrettanto  amico  mio ,  mi  perfuado,  che  apparten¬ 
ga  allo  Scrittore,  e  non  ad  altro  Salurtio,  non  tantoper  refempio,e  congettu¬ 
ra  addotta,  quanto  per  la  parola  AVTOR  neU’ifcnzzione. 

I/I.  Cnejo  Domi:^'o, 

CN.  DOMIT.  Facciabelliifima  della  Vittoria,  Hà  per  riverfo  1*  imagine 
d’ un  Bue .  Non  giunfe  quella  Medaglia  alle  mani  dell’  Orfini ,  che  però  non  ne 
fà  menzione  nel  fuo  difcorfo  della  Famiglia  Domizia,  p.  85.  Forlì  appartiene 
aquel  GnejoDomizio,chefùEdileCurulerAnnodi  Roma 692.  fervendone 
d’indizio  d  Bue  nel  riverfo,  come  da  limile  impronto  argomenta  l’ Orfini  in  una 
Medaglia  di  L.  Li  vinejo  Regulo  jp.  140. 

IV.  Marco  A  grippa . 

M.  AGRIPPA  L.  F.  COS.  III.  Effìgie  di  Marco  colla  Corona  Rollrata,^ 
come  pur  notòffì  nella  prima  delle  lopradelcricte  Medaglie  d’Augurto, 

S.  C.  Agrippa  figurato  io  fembianza  di  Nettuno  ftante,  con  un  Delfino  nella 
delira  ,&  un  Tridente  nella  finiflra.  13.  Furono  battute  quefte  Medaglie  per 
la  Vittoria  d’ Azzio,  nella  quale  generofamente  pugnò  Agrippa  per  Celare, 
con  cui  trionfò,  onorato  della  Corona  roftrata;  diche  Virgilio  cantò 
Tarte  alia  ventis,  dr  "Etiis  Agrippa  fecundis 
KMrduus  agmen  agens,  cui  belli  infìgne  fuperbum 
Tempora  navali  fulgent  rofirata  corona. 

Trovali  quefto  riverfo  figurato  appreflol’Agoftini,  dial.5.  p.145,  num.i.  il 
Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani ,  p.  99  n.  2. l’ Angeloni, 
p.  24.  &il  Patini  nelle  Medaglie  Imperiali  mediocri, e  minime,  p.  59.  num.  2. 
dove  eruditamente  viene  (piegato . 

V.  Marco  Bruto . 

M.  BRVTVS,  Teftadj  Bruto,  lenza  riverfo. 


VI.  Mar. 


4oé 


MVSEOdOS^lAno 

'VI,  Marco  Fontejo  , 

M.  FONTEI.  C.  F.  C.  .  .  foriì  C  N.  ò  CAPITO.  Tcaa  di  Marco,' 

laureata . 

Effigie  equeftre  di  Marco  in  atto  di  paffeggìare  tra  due  captivi .  Medaglia  rara, 
che  non  giunfe  a  notizia  di  Fulvio  Orfini .  Quefto  Marco  Fontejo  fembra  quel¬ 
lo  ,  che  lù  difefo  da  Cicerone  contro  M.  Plctonio . 

VII.  Publio  Fontejo  Capitone  , 

Di  P. Fontejo  Capitone  giudico  certa  Medaglia  del  Mufeo,  la  quale  da  unj 
lato  hà  una  telia  giovanile  colla  celata,  intorno  a  cui  dall’antichità  fono  fiate 
rofe  le  lettere .  Dall’  altro  canto  hi  una  figura  equefire  in  atto  d’ affaltare  alcuni 
pedoni.  Verifica  tal  congetturai’ Orfini,  che  tra  le  Famiglie  Romane  a  p.  loo. 
propone  la  figura  d’ una  Medaglia  fimile,  colla  tefia  di  Fontej'o,  intorno  acuì 
leggeri  P.  FONTEIVS  P.  F.  CAPITO  IIIIVIR. 

Vili.  Virato . 

1  VIRGILI VS  MARO.  Tefia laurcau di  Virgilio. 

EPO.  le  quali  lettere  fono  fatte  forfi  per  iniziali  d’EPOPOEV^S,  attributo,  che  * 
per  antonomafia  appartiene  a  Virgilio  non  meno  di  quello  di  POETA,  quella  j 
è  una  Moneta  antica  di  rame ,  battuta  da  Mantovani ,  e  donatami  dal  Co.  Gaf^  »1 
paro  Bombaci.  \ 

2  Collefudettelettere,cdairaltrapartcl’imagineradiatadelSole,ven’hà  : 
tre  d’argento. 

Medaglie  fSrtch e  t  Regdi\  j  J 

Cap.  IX. 

7.  Agatocle  T iranno  della  Sicilia  !l 

iirAaoKÀEosT  •  V  AGATHOCLIS  rVn  Fulmine  figurato  tra  le  due  fudettfi 
BASIAEOS  REGIS.  i  parole  Greche. 

. ISSA,  cforfi  deve  dir  basiaissa,  cioè  REGINA,  lignificando 

per  avventura  la  Moglie  d’ Agatocle,  mentre  que’  caratteri  parte  rofi,  e  parte 
intieri,  fono  difpofii  intorno  la  faccia  di  bella  donna.  In  altre  Medaglie  del 
medefimo  v’ è  {colpitala  tefia  con  tutto  il  collo  di  Diana  circondata  da  quefie 
lettere  anxEiPA,  cioè  SERVATRIX,  come  in  quella, che  s’ ha  figurata  ap- 
prelTo  il  Choul  nel  Libro  della  Religione  de  gli  antichi  Romani,  tradotto  dal 
Simeoni,  p.  92. 

II.  ^.Aleffandro  Magnai 

AAE^ANAPos .  BeIIÌffima  tefia  d’ Alcllandro ,  armata  d’ Elmo ,  in  cui  fi  diftin- 
guc  un  Nettuno  effigiatovi . 

niPsis  AA0EISA.  AIelIandro,convn  captivo  davanti,  inunCarro  trionfale 
tirato  da  quattro  Elefanti  verfo  un*  Arco  trionfale,  ò  più  tofio  la  Porta  d’ una  . 
Città , in  una  parte  del  quale  fcolpita  fi  vede  una  Quadriga ,  coll’  effigie  d’ Alef-  | 
fandro,in memoria  di  quefto  trionfo.  Lo  precedono  la  Vittoria  volante,  uil. 
Trombetta,  chefuona,&unSoldato,cheporta  avanti  la  di  lui  Spada  vitto- 
riofa.  Medaglione  di  metal  giallo,  di  conio  efquifito,  e  di  notabile  antichità, 
non  però  tale  che  corrifponda  a’tempi  d’Alefiandro.  'ìli,  dUf.  Re  dell'  Eptrd. 
aaisanapot^  .  V  ALEXANDRI  t  Mirali  trà  quelle  due  parole  Greche^ 
BASiAias  j  ^  REGIS,  l  fcolpito Giove fedente,daime20 insù 
ignudo, conun’aftanelIafiniftra,erAquilanelladeftra.  Hàdall’altro  canto  | 
figurata  d’ altro  rilievo  la  tefia  d’ AlelTandro  d’ età  giovanile  ,  coperta  delle  fpo- 
glie  Leonine,  come  fi  vede  quella  di  Commodo  in  alcune fue  Medaglie.  Tro¬ 
vali 


l  t  B  K  O  AT(T  0.  CAP.  IX  4oy 

vi(S  quefta  leggiadramcoce  figurata  qel  Prontuario  delle  Medaglie  •  P.  i  p.  i 
Caci  iViuieodel  Moscardo,  lib,  i,capr  5f  p>  f  i»  Ve  n*hàtrè  beililfimc di  metal 
(gialiOtCutie  differenti  di  conio  da  quella»  che  propolero  in  figura  rAgofiini, 
dui.  5»  p.  1 40.  n.  I.  dt  il  Choul  net  Libro  della  Religione  de  gli  amichi  Roman!» 
p»4$. della  traduzsione del  Sin>eoni,  Baffi  il  medefimoriverfo»  dtifciizzione 
ancoia  alcune  Medaglie  d*  A leifandro  figliuolo  di  Marco  AntoniOiCdi  Cleopa* 
Cra^  nelle  quali  la  di  lui  cella  è  radiata  ;  come  in  quella»  che  s*  ha  figurata  appref» 
io  il  Patini  tra  le  Medaglie  Imperiali  mediocri ,  e  minime  >  fol,  24. 

/r.  x^rtemijia , 

<*PTIMIS1AS.  Cosi  leggefi  fopra  la  btlliffima  fabbrica  del  Maufoleo  effigiato 
in  una  Mea^gUa  d*  Artemifia  »  la  di  cui  telila  velata  fi  vede  efprefia  dall’  altra  par* 
ce  »  di  mano  di  buon  Maeftro . 

V,  Dìonìfit , 

OiOHTSor  SdTHpos  ^  APONiTilN»  e  forfi  dcvc  leggerli  MAPOmTAM»' 
cioè  DiONYMl  SLRVATORIS  MARONITARVM.  Circondano  quelle 
parole  una  beila  figura  ignuda  in  piedi»  con  un  panno  avviluppato  al  braccio 
uniltro  »  che  tiene ,  cdme  due  verghe  »  e  nella  delira  non  sò  che  indtdinto  fopra 
unTtipude»  Dall’altra  parte  li  vede  figurata  in  profilo  latelladì  Dionifio» 
maellofo,  di  capellatura  riccia,  con  una  corona  di  grolle  gemme  tcmpellata. 
L'ifcrizzione  dim^llra  cITerc  fiata  battuta  quella  Medaglia  da*  Maroniti  »  ò  lìa* 
no  quelli  di  vi  ironea»  Città  dei  Tracia»  in  memoria  dilegnalato  benefizio  ri¬ 
cevuto  da  Dionilìo. 

f7.  Filippo  Ma^tdont, 

1  .  lAznnoT  foprauna  figura  cqucitre  in  atto  di  correrei 

Faccia  u  niippo»  d’età  giovanile»  lenza  barba  »  con  capigliatura  fafcìata»òfia 
coronata  ^  •  fema» 

%  ♦XAiTiliOT  figura  equeftre  in  atro  quali  di  CQrrere»come  nella  precedente. 
Facciaui  attempato» con  lunga  barba,  e  capeglirìcci,  coronata  d’al¬ 

loro,  quale  appunto  viene  elprefia  nel  Prontuario  delle  Medaglie,  P,  1,  p»  127, 
E*  Me  duglia  maggiore  della  precedente:  eruna»c  Taltra  d’ eccellente  Maci; 
Uro, di  metal  giallo, di  belliffimo  conio. 

VII.  Lifi^nca , 

f  A¥Sl|ifAXQT  BASIAEAS.  Imaginedi  PalUdc ,  ò  di  Bellona,  colTcImo  |fli 
capo,  4Uiia  in  un  leggio  Umpl  ce,  dietro  a  cu' Rà  appoggiato  uno  Scudo,  nel 
quale  Icmbra  (colpito  il  telchto  di  Medufa:  nella  delira  difiela  tiene  una  pic¬ 
cola  figura  alata  della  Vittoria,  e  dietro  il  braccio  Palla.  Le  fi fcorgono  ap* 
predo  alcune  I  inee ,  che  figurano  come  parte  d*  un  Laberinto . 

Faceta  écarmà  di  Lifimaco  in  profilo, di  filonom'a  leverà,  co’ crini fafeiati ,  Me* 
daglia  di  bel  metaliogiallo,e d’elquifito  artifizio . 

2  Simile  ifcrizzione,  e  figura  di  Pa  'a'dp  affila  in  un  feggio  lavorato  a  baffi 
rilievi ,  lotto  CUI  di  vantaggio  leggefi  XAAXA,  colle  quali  pure  lì  trova  figurata 
«ppreflo  Guglielmo  di  Choul  nel  Libro  acna  Religione  de  gli  antichi  Romani, 
p.  51,  delia  traduazione  del  Simeont.  Non  vi  fono  le  linee  figuranti  parte  del 
Laberinto:  e  fii  vantaggio  della  Medaglia  del  Choul,  (otto  la  delira  di  Tallade 
ioltenente  (a  Vitrqria  vi  fi  legge  fAATKOT*  Medaglione  di  buon  maefiro  colla 
Tuccia  di Lifimaco  più  piena,  che  viciu  piecèdente  Medaglia  * 

3  Medaglione deUudetto,  con  fua  faccia  in  profilo,  cinta  del  diadema  rea¬ 
le ,  e  di  vantaggio  ornata  del  corno  di  Giove  Ammone ,  come  appunto  (ù figu¬ 
rata  apprelfoT  Agoftini,dial,i^,p.  i84.nu.  I.  &  il  Choul  nel  Libro  delia  Reli- 
|ÌQae  de  gli  aocichi  Romanì,p,$  1,  e  nel  Prontuario  delie  Medaglie,  F.i.p^ 

Hà 


408  S  E  0  e  0  $  T  t  A  fi  0 

Hà  nel  riverfo  Pallade  armata  d’elmo,  fedente  fopra  alcune  fpogfie  militari; 
con  una  Vittoria  nella  dcftra,c 'I  braccio  ftefo  (opra  uno  Scudo,  colia  Gorgo¬ 
ne,  e  quinci  BASiAens,  quindi  atsimaxot.  *  ^ 

4  . l’accia  di  Lifimaco,  tenia  il  corno  d’ Aminone . 

Aqu.la  iti  arde,coll*  ili  diftefe,in  atto  d^alzarfi  a  volo,con  un  fulmine  tra*  piedi.' 

5  B.ASIAEAS  ATziMAxoT  •  Telia  di  Lìlìmaco ,  Come  nella  ptcccdcnte  òtatUB 

di  Liùmacu  ledente ,  con  una  Vittoria  in  mano , 

Vili.  Lifone . 

ATSON.  BAziAins.  Tcftadigiovane laureato, d’altilTìmorilievo. 

AIONTSO  AXIPOS.  Tré  figure  di  donne  danti,  delle  quali  la  mezana  tiene  per 
tnano  le  altre  due.  Tra  di  loro  fi  vedono  compartite  quelle  lettere  AnoA,  e 
lottol’O,  viè  una  fiamma.  Medaglione  d’argento,  che  palla  uno  Scudo  di  pe- 
(o .  Figura  diligentemente  quefto  riverfo  Guglielmo  dii  Choul  nel  Librò  della 
Religione  de  gli  antichi  Romani,  tradotto  dalSimeoni,  p.  139.  dove  erudita¬ 
mente  interpreta  quelle  tre  figure  di  donne  per  le  Baccanti,  che  ballano ^  facen* 
do  UH  prefente  a  Dionijto  (  che  così  ancora  era  chiamato  Bacco  )  con  un  fuoco  /tu* 
fegno  di  facrifiz,ie ,e  lettere , che  dicono,  AI0NT20  AftPOS,  cioè  Dono  a  DtonU 
yfi?.  Cosi  egli  (piega  la  teda  dall’ altro  lato  per  quella  di  Libero,  interpretando 
cosi  la  parola  AT2AN,  e  dicendolo  coronato  d’ellera.  Màeglinonavvcnì,che 
la  corona  di  queda  teda,  ha  vendo  le  foglie  lunghe ,  e  non  molto  larghe, fi  mani, 
feda  più  todo  d’ alloro ,  che  d’cllera .  Oltre  ch’egli  non  ci  efprcffe  la  parola  sa- 
ZIAEA2,  tìgnificante  Rèdi  quel  nome,  (a  quale  eflendo  di  calo  obi  quo  inrtjca 
inùeme  che  la  precedente  AT2an.  non  fiacópita.ma  abbreviata  per  Ar2nN02. 

IX.  Mitridate , 

BA2IABA2  1  Vna  gran  Corona ,  come  diRo/e,  che  cìnge  le  fudette  parole, 
C  nel  mezo  delle  quali  fi  vede  effigiato  un  Pegalo  pafeente,  con 

J  ma  meza  luna ,  &  una  della  loprail  capo. 

Faccia  di  Mitridate  in  profilo,  elprefia  con  tutto  il  collo,  e  ca- 

pegh  lunghi, 

t  ricci , fafeiati col  diadema  Reale,  inlcgnabcndegnadichi  fù al¬ 
trettanto  gran  Medico,  che  gran  Rè  /2irr««i,comelcrilTe  Patcrcolo, 

1.2.  femper  animo  maKtmus,  benché  viduto  fra  accidenti  edremaraente  contrari. 

X,  Prujìa, 

SA2IAEA2  T  Statuì  ,conie  fembra ,  dì  Giove  in  forma  di  cacciatore,  con  un’ada 
nROT2ioT_j  nella  finidra,&  un  drappo  fopra  il  braccio  finidro,  &  una  corona, 
come  d’ alloro  ,ò  più  tododi  quercia ,  nella  dedra  didela ,  (otto  cui  fi  vede  l’ A* 
quiU  con  un  fulmine  tra’  piedi ,  e  le  precedenti  lettere  fatte  di  punti .  Vna  limile 
Statua  di  Giove  figurata  in  grande  può  vederli  nel  Muf.  Molcardo,  l.i .  c.5.p.  1  j. 

Teda  maedola  di  Prufia  giovane  sbarbato,  con  tutto  il  collo,  c  parte  dèlie* 
fpalle.  Hà  la  capellatura  corta,  c  riccia,  coronata  col  diadema.  Fù  Prulia  Rè 
di  Bitinia,  circa  gii  anni  del  Mondo  3774.  per  il  ludo,  e  mollizie  della  (ua  vita 
fàinofo;  da  cui  fù  chiamato  Prufiaanco  una  forte  di  Bichiere  diritto, come  col 
tedimoniodi  Nicandro  Colofonie  citato  nel  libro  de  ys ,  Prujìa  contige^ 
rune,  fcrive  Ateneo,  Itb.  x.Deipnofapb.  Spiega  eruditamente  quella  Mcdagiiai 
propollale  in  figura ,  il  Patini  nei  Teloro,  p.  29. 


ear 

MI0PA4ATOT 

EVnAT0P02 


8A2IA1  AZ  \ 
2EAETXOT  “ 
M.  1, 

>.niANOT2 


XL  Seleuco . 

Figura  flolata  in  piedi ,  coli’imagine  alata  della  Vittoria  ncllA* 
delira.  • 


XOT  # 

OT2..J 

jeda  giovanile  di  Sekuco  cinta  di  diadema; 


.1.  V  .  ;:,;  ‘  :.  Greche  t  Mon  Keg^iyi 

i  ■’  G^^t  ■  Ki 

intimo  i  U  diletto  d*  Àdriano^, 

1  bCWAioC  ijAPKEAAoc  o  lEPfixc  TOT  ANTTNOOT.  Facci»  d’ Antlnooin 
.f)rofi)u,dji  àogolar  òeilezza,cò  capigliatura  ricciaiCucto  il  collose  parte  del  petto. 
JTQIC  AXAioic  ANEQHKI,  Bciiiflìma  figura  ignuda  di  Mercurio  cò  i  talari  a  i 
piedi>  il  quale  (opra  il  finiftro  braccio  tiene  un  panno»  &  inmanoil  caduceo 
alatoycolladefiraftriog^il  freno  ad  un  Cav^allo  Pegafo ,  che  fi  erge  eòi  piedi 
anteriori  in  alto  per  volare  intorno  a  cui  fono  le  fudette  lettere,  che  fignificano 
Achàiis  pe/uit:  come  le  contrapofte  s’interpretano  Hojlilius  Marcellus  Antimi 
Sacerdos.  Medaglione  di  metallo  giallo,  d’ eccellente  Maefiro,  fatto  battere  in 
honore d*  Antinoo  dal  mentovato  Oftilio  Marcello  j. che fùfuo Sacerdote,  ifii- 
cuito  dall*  Imperatore  Adriano ,  che  lo  haveva  deificato  ;  e  propofio  aJla  ven(> 
razione  di  tutto  il  Mondo,con  fargli  drizzar  varie  Statue  in  ogni  Provincia  del> 
l' Imperio ,  e  fabbricatogli  un  Tempio  in  Mantinea ,  e  coniata  la  di  lui  imagine 
in  varie  Medaglie  d*  oro ,  d’argento  ,e  di  bronzo .  Quella  s*  hà  figurata  appref- 
foMonfig.  Agoftiniydial.  5.  p.  i59.nu.  I.  &  ildu  Choulnel  Libro  della  Reli> 
gione  de  gli  antichi  Romani  ,  p.  208.. 

2  Telia,  come  fembrad’ Antinoo,  con  un  Caduceo  alato  da  tergo.' 

Due  Figure  nude ,  che  congiungono  le  delire;  una  delle  quali  hà  un  panno  pen¬ 
dente  dalla  fpalla  finillra ,  e>tiene  nella  mano  da  quella  parte  non  sò  che  fembra 
r  imagine  del  la  Vittoria.  L’altra  nel  la  fini  lira  hauti  Caduceo.  Siede  a  piedi 
quelle  una  Figura  militare ,  che  col  finillro  braccio  fi  follenta  il  capo  armato  di 
celata .  Medaglia  molto  rara , di  mezana grandezza,  e  metallo  giallo ,  di  conio 
efquifitOjfenza  lettere,  ■ 

/  Incerte:^  Greche. 

>  \  Gap.  XI, 

il  ;  .  Jet.  nnN.  Imagine  llolata  della  Vittoria  in  piedi,  con  un  ramo  di 
Palma neda  iinillra ,  &  una  ghirlanda  d’ alloro  nella  delira,  con  cui  Uà  in  atto  di 
coronare  un  trofeo  d*  armi ,  al  piè  delie  quali  fi  vede  come  una  patera ,  (opra  cui 
guizza  un  Serpente. 

7ell*  incognita  d’ Huomo  barbato ,  colla  celata  * 

2  -Hi  in.  Vn  belliifimo  Polpo, conottocirri  fpiegati  in  giro,  facendo  varii 
attorcigliamenti,  come  nella  XIV. delle  Medaglie  Siracufane  figurate,  e  (pie¬ 
gate  dall'  eruditiflimo  D.  Vincenzo  Mirabella,  e  Alagona ,  Cavalier  Siracufano 
nella  fua  fioritilfima  dichiarazione  delle  Medaglie  della  fua  Patria,  tav.a.  Da  cui 
però  non  cavo  luce  alcuna  alle  tenebre  di  quella  Medaglia ,  c’ha  dall’  altro  lato 

La  Telia  incognita  di  bellilfima  Donna ,  figurata  in  profilo ,  d’ altiflìmo  rilie¬ 
vo,  colla  chioma  involta  in  un  velo ,  che  fa  molte  pieghe ,  da  cui  cleono  alcune 
chiocchette  di  capegli ,  che  piovono  attorno  il  collo ,  e  fopra  l’ orecchia  delira , 
dalla  quale  pende  come  una  Perla  :  fenza  lettere .  La  giudicherei  Medaglia ,  ò 
Moneta  di  Saffo  Poetelfa ,  fe  dall’altro  canto,  non  ci  fultero  i  due  caratteri  ir. 
avvegnaché  i  Mttilcnei  batterono  Monete  coiriraagine  di  Saffo  da  uncanto 
molto  limile  a  quella,  c  con  un  Polpo  dall’altro,  con  lettere  mitia,  come  ap¬ 
punto  vedefi  in  una  figurata  apprelTo  Fulvio  Orfini  nelle  Imagini,  &  Elogii  de 
gli  Huo(niniIllullri,&  Eruditi,  cavate  dalle  antiche  Lapidi ,  e  Medaglie.  Al¬ 
cuni  che  i*  hanno  veduta,  hanno  pcnlato,  che  tale  imagine  fia  d’ Ippolita  Regi¬ 
na  delle  Amazoni,  congetturandolo ,  e  da*  precedenti  caratteri  perche  fo- 
'  Mra  *19 


410  M  P  S'IB  0  €  0  S  P  U  0 

no  i  primi  nel  di  lei  nome  ,'c  dal  Polpo  lotto  quelli  figurato ,  come  indizio,  che 
ella  regnò  nelle  proprie  genti.  Polciache  ,  come  Icrive  Oro  Apolline  ,  gli 
Egizzii  quando  volevano  fignificareunojche  comandi  a  Genti  della  propria.* 
Nazione,  dipinge  vanoun  Polpo,  Non'eflendovi  però  altro  fondamento,  non 
è  d’ aiTerirfi  quella'  edere  Medaglia  d’ Ippolita  Regina  delle  Amazoni,  tanto  più» 
che  le  luffe  tale ,  lembrerebbe  convenevole ,  che  la  di  lei  tefta  luffe  Rata  figurata 
colP  Blmq ,  per  denotarla  guerriera .  Medaglia  aliai  grande  «e  di  bel  metallo . 

;  I  >  •  >  '  ;  ■  . 

Monete  Grethct  &  altre  Curiofìtk  /ìmili, 

Cap,  XII. 

/,  Tìe*Chij.  ‘ 

r  xinN,  Vnoffrumcnto,chelembra  Vaio  d’acqua, 

ÌQBOAos,  Vna  Sfinge,  Quello  è  l’Obolo.  Monfig.  Agoftinìne’fuoIDialoghì, 
p.  5 .  n.  1.  ne  figura  una ,  in  cui  la  Sfinge  nel  mezo  delle  lettere  xihn  tiene  nella 
zampa  delira  anteriore  un’ Vrnav&  hà  nel  riverlo  accapiot  conun’  Vrna., 
aguzza  nel  fondo ,  ftante  nel  mezo  di  due  Allerifchi . 

Il,  De  '  jReginì . 

2  PH..  NAN,  ò,  come  riporrei ,  phiinan.  VnoEdifizio. 

Tefta  incognita  cò  i  capegli  legati . 

III.  De*  Neopoliti'., 

3  .  .  onoAiTnN.  forfi  NEonoAiTUN.  Mmotauro,  o  fia  Toro  con  faccia 
humana,  tale  appunto  qual’ è  quella,  che  fi  trova 'figurata  tra  gl’idoli.  Sotto 
il  ventre  hà  is.  e  lotto  a  quelle  le  Indette  lettere  denotanti  il  nome  del  Popolo, 
che  battè  quella  Moneta ,  eh’  è  d’ àrgeiìto  dorata ,  e  dall’  altro  canto  hà  una  tefta 
di  Donna  bellilfima .  Simile  a  quella  Moneta  ne  figura  una  l’Agollini,  diai  5.p, 
1 5d.  n,4.  e  p.i  dj.  n.  r.  nella  quale  s’ h  ì  elpreffa  una  Vittoria  in  atto  di  cotonare 
il  Minocauro,lotto  cui  fi  legge  NEon*AiTHS.  a,  c  fotte  la  tefta  della  Donna 

IV,  De  Tur  li  nella  Magna  Grecia. 

I  eoTPiAN.  Vn  Toro  in  atto  di  cozzar  colle  corna,  tenendo  però  il  ginoc¬ 
chio  deliro  anteriore  piegato  in  terra ,  con  una  linea ,  che  lo  lepara  da  un  Pelcc 
de’ lunghi,  effigiatoli  lotto  i  piedi, 

Tefta  incognita ,  ma  belliffìma ,  d’ huomo  giovane,  coll’  elmo,  fopra  cui  fvolaz- 
zano  alcune  piume  mirabilmente  elpreffe  , 

a  Simile  ilcrizzione,  e  figure,  trattone  il  Pefee,*  la  tefta  incognita  però  èef- 
preffa  più  attempata ,  che  nella  precedente . 

3  Simile  Medaglia ,  ò  Moneta ,  colla  tefta  giovanile  non  gaicara ,  ma  falcia¬ 
ta ,  ò  fia  cinta  di  Regio  Diadema , 

if,  Diverfe. 

4  Arione  lui  Delfino  itafteggiante  la  Cetera  .'  ’ 

Col  riverlo  d’ una  Conca  Petina , 

5  Diverfe  altre  Monete, e  Medaglie  antiche,  con  figure,  e  caratteri  indiftinti, 
ò  barbai  i ,  &  altre  cavate ,  ò  finte  dalle  antiche ,  per  brevità  non  fi  dclcrivono , 
Tià  quelle  però  non  fono  da  tralalciarfi  le  poche  luffeguenti . 

6  ALEXANDER  MAGNVS  MACEDON.  Circondano  quelle  Ietterò 
una  tefta  in  profilo,  con  lunga,  e  riccia  capigliatura,  lenza  elmo  >  finfa  per 
Aleffandro ,  con  molte  note  d*  antichità ,  le  quali  però  non  ballano  a  far  che  coq 
tutta  ragione  le  ne  polla  dire  col  Bo'ognetti ,  Colt.  C.  i  a.  i  $  5. 

Scolpita  d'  Ale^atidro  qui  /'  altera 
faccia  (t  vede  con  fembtan%a  vera. 

Medaglione  per  altro  belliflìrao.  7  KOJ 


L  l  ^  ìf.  0  A  K  T  0.  CAF,  Xlh  411] 

7  KOPINNA . Belliifima  imagine  di  Corinna  in  parta  antica* 

è  Terta  incognita  di  Vecchio  coronato  di  diadema.  Hànelriverfo 
Due  Aquile  io  piedi ,  con  alcune  lettere ,  che  non  fi  diftinguono , 

9  Tetta  di  Vecchio  col  diadema ,  come  nella  precedente , 

Gio ve  ftante  col  fulmine  nella  deftra,  l’afta  nella  finiftra,  e  .  1,  CICV,  l  I 

10  Colla  medefimaTefta  altre  incerte.  2. 
j[i  Tetta  di  Moro  coi  riverfo  d’ un'  Elefante , 


Medaglie  ebraiche  l 
Cap.  XIIL 


I  Erta  venerabile  di  Mosè  »  con  quefti 

X  caratteri  nel  ri verfo 
cioè  li  primo  Precetto  del  Decalogo  NON 
HAfiEBIS  DEOS  ALIENOS  PRaETER 
ME. 

» 

nzr-ì  NniNi 


■7b 


cioè  CHRISTVS  VENIT  IN 
PACE ,  ET  GENS  EXCEL¬ 
SA.  CVSVM  ANNO  410. 
lenza  altra  figura,  ò  riverfo. 


NARCIHA  NASIA.  Mcza figura  di  Giova- 
^  7;  netta  Ebrea,  col  nome,  e  cognome  Indetto  ef- 

preOb  in  Ebraico;  lotto  cui  fi  fcorgono  i  leguenti  caratteri  latini,  denotanti  l’ età 
di  lei,  A.  XVIII. 

Ma p^amo  a  vedere  nelle  Medaglie  Moderne  de*  Latini 

tfra  Bucttm,  ^  Fatunt,  Sapientumque  Ora  Virortim\ 


Medaglie  Moderne,  e  prima  de'  sommi  Pontefici,. 

Gap,  XIF, 

1  W  7,  Innocenzio  l, 

Innocentivs  I.  p,  m. 

CLAVES  REGNI  CELORVM.LeChiaviPontificiepédcntidauncordoneJ 

II.  Vrbano  HI. 

3  TTR8ANVS  III.  PONT.  MAX. 

y  S.  PETRVS.  CLAVES  REGNI  CELOR VM.  S.  Pietro ,  collt. 
Chiavi  in  mano ,  come  l’ elpreffe  il  Boldoni,  nella  Caduta  de’Longobardi ,  can¬ 
tandone  i*  aurate  chiavi,  end'  ei  chiude,  e  dijferra 

De  I'  Inferno ,  e  del  del  le  immenfe  Porte 
Regge  la  facra  man,  che  unqua  non  erra, 

E  ne'  tuoi  Regni  ha  impero,  b  cieca  Morfei 
III.  Martino  V, 

3  X>f  ARTINVS  PP.  V.  Il  Papa  ledente. 

iVl  SANTV.  PETRVS.  S.  P.  Q^R.  Chiavi  di  S.  Pietro  incrocicchia¬ 
te.  D  argento. 

IF.  Gallino  IIL 

I  /^ALLISTVS  PP.  TERTIVS. 

V->  S.  PETRVS.  Colle  Chiavi.  D’ argento i 
2  S.  PETRVS.  S.  PAVLVS*  ALMAROMA.  D’argento; 

Mm  2  P,  Pfo* 


Stat.Li.filvl 

Zfm 


Càt.  19>  13: 


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4|t  /  M  S  E  0  C  0  S  P  !  A  N  0 

« 

K  Paolo  II, 

AVLVS  VENETVS  PAPA  il. 

_  HAS  AEDES  CONDIDIT  ANNO  CHRISTI  MCCCCLXV.  3. 
Sontuofo  edilìzio,  che  fembra  unaRoces*  con  due  Torri  laterali,  e  tre  Porte 
nella  facciata. 

a  PAVLVS  II.  VENETVS  PONT.  MAX. 

HANC  ARCEM  CONDIDIT  ANNO  CHRISTI  MCCCCLXV.  L*Ar. 

ma  del  Papa,  fenz’ altro  . 

3  AVDIENTIA  PVBLICA  PONT,  MAX.  II  Papa,che  dà  Vdiéza  publica: 

4  PAVLVS  SECVNDVS  PONT.  MAX. 

HILARITAS  PVBLICA.  Figura  ftolata  dell’ Allegrezza  ftanre  con  un  ramo 
di  palma  nella  delira  diftela,&  un  cornucopia  nella  liniitra,  con  due  fanciulli 
da  piedi ,  uno  per  lato. 

5  PAVLO  VENETO  PAPE  IL  ITALICE  PACIS  FVNDATORI 
ROMA.  La medefiroa  ikrizzione,  &  impronto  nel  rivcrlo. 

FI.  Sifto  IV. 

I  Q  IXTVS  IlII.  PONT.  MAX.  SACRI  CVLTOR. 

^  CVRA  RERVM  PVBLICARVM.  Ponte  lopra  un  Fiume  in  una  gran 
Corona  Civica . 

2  SIXTVS  PP.  QVARTVS, 

S.  PETRVS.  S.  PAVLVS.  ROMA.  D’argento. 

PII.  Innoceazio  Vili. 

NNOCENTIVS  PP.  VII',  La  di  lui  Arma  gentilizia.' 

S.  PETRVS,  S.  PAVLVS.  ALMA  ROMA.  MezeHgure de’ SS. Pietro, 

C  Paolo,  Vili,  K^le^andro  VI. 

I  A  LEX.  VI.  P.  M.  L’ Arma  gentilizia  d’ Aleffandro  , 
jtX  de  ASCVLO.  La  Rocca  d’ Alcoli.  o 

2  Alexander  vi.  pont.  max. 

S.  PETRVS;  S.  PAVLVS.  ROMA.  D’argento.' 

IX.  Giulio  II. 

VLIVS  LIGVR  PAPA  SECVNDVS. 


I 


I 


CENTVM  CELLE..  Porto  di  Civitavecchia. 

2  IVLIVS  LIGVRII.  PONT.  M. 

RO,  ECCL.  FVNDATORES.  SS  Pietro, e  Paolo.  D’argento. 

3  IVLIVS  II.  PONTIFEX  MAXIMVS.  Battuta  in  Bologna  col  riverfo 
di  S.  Petronio  fedente,  e  leccete .  S.  P,  BONONIA  DOCET.  D’argento. 

4  IVLIVS  li.  PONT.  MAX. 

Col  nverfo  de’  Principi  de  gli  Apoftoli ,  come  fopra . 

X.  Leone  X. 

I  T  EO  X.  PON.  MAX.  Efiìgiedi  Leone,  Pontefice,  dicui  telTono  Panc¬ 
ia  girici  quali  tutti  gli  Scrittori  del  luo  tempo ,  &  in  particolare  1  Poeti,  tra’ 
quali  Michel  Guyio  dalla  Mirandola,  Canonico  Regolaredi  S. Salvatore  in  un 
Poema  Anccdoto  contro  Lutero  così  nè  cantò,  >.  1.  v,  34.  apprello  di  me  MS. 
Hic  pi  US  ille  Leo  t  terrarum  gloria  quondam  ^ 
lujiitiaque  Pater,  cut  fata  dedere  rebelles, 

Vlctfci  populos,  ultro  cui  purpura  ce  fit, 

Rederet  ut  propriis  pacatum  viribus  orbem, 

DOMINVS  PARM^.  L’Armagentiliz  ade’ Medici, 

2  LEO  DECTMVS  PONTI.  MAX.  Imagine  d’un  Leone  foftentantc  la 
Chiela  di  S,  Pietro  di  Roma ,  con  quelle  lettere  MARI.  D’argento. 

ì  -  PETRE 


V 


t  t  B  K  e  A  Bt  Oi  CAB.  XlP.  AtJ 

PETRE,  ECCE  TEMPLVM  TWM.  Leone PonceHceinginocchiacoda- 
vaoci  S.  Pietro , in  atto  di  prcfentarii  la  di  lui  Chiefa . 

J7.  Adriano  VI. 

ADRIAN,  .  VAN.  GOO.  GlELOREN.  P.  .  S.  A.  ROMEN. 


M 


LVTRECHT  GlELOREN.  Eilìgied'Adrianoialiabico  Fuutifìca- 
le.  Medaglione  di  bronzo  di  gran  rilievo,  fenza  riverfo^ 

XU.  clemente  VII, 

I  /^LEM.  VII.  PONT.  MAX. 

O  EGO  SVM  lOSEPH  FRATER  VESTER.'  GiofefFo  fedente  nel 
TrOi-G ,  in  atto  d’ accogliere  i  Fratelli ,  e  darli  loro  a  conolccre ,  come  s’ ha  ncl- 
i’Efodo,c.  17.  Medaglione  d’argento  battuto  del  ]  5  2d.  figurato,  e  fpicgato 
tra  le  Medaglie  moderne  di  Gio.  Iacopo  Luckio ,  p.  5R. 

a  CLEMENS  VII.  PONT.  MAX.  AN.  XI.  Mi  D.  XXXIIII. 

VT  BIBAT  POPVLVS.  Moisè  nel  deferto,  che  pcrcofla  colla  verga  laru^ 
pe,  nc  fà  fcaturire  l’ acqua ,  prefente  il  popolo  Ebreo ,  che  la  raccoglie,  c  beve, 
come  lo  dcfcrille  il  noltro  vida ,  iib.  II.  Chriltiad.  v.  61  %.  cantando . 

Vux  caelum  afpeltans  virgàt  cum  protinus  amnis 
Trofilit ,  ér  dulcem  faxa  erupere  liquorem^ 

Atque  haufere  novis  populi  de  fontibus  undam\ 

.^uos  fitis  ex  longo  colleSla  urebat  hiantes , 

Anzi  molto  vt  li  Icorgonoinattodi  maravigliarfi,  come  la  prodigiofa  deftra 
dei  loro  Duce ,  retta  da  Dio ,  con  tanta  facilità  potelTe 

Romper  le  pietre  y  e  trar  dal  monte  aperto 
Vn  vivo  Fiume, 

XIII.  Paolo  III, 

X  T>  AVLVS  III.  PONT.  OPT.  MAX.  AN.  XVI. 

Jl  RVFINA,  epiùbalfo  TVSCVLO  REST.  Veduta  di  Tofcolano; 

XIV.  Giulio  III, 

VLIVS  III.  PONT.  MAX.  ANNO  I. 

HILARITAS  PVBLICA.  Figuradell’AIIegrezza publica, in fembian- 
te  ai  do.,)na  lirante  eoa  un  Cornucopia  nella  finiftra,  &  u«i  ramo  di  palma  nella 
delira ,  appoggiato  lopra  tiè  monti  «arma  gentilizia  del  Papa . 

a  IVLIVS  III.  P.  M.  A.  IVBILEI  I.  in  una  corona  d’alloro.  _ 
IVSn  INTRABVNT  PER  EAM.  La  Porta  Santa ,  con  ROMA,  AN.  DNI. 
M.D.L.  d’argento.  Riverfofigvracoappreiroil Luckio,  p.  382. 

3  IVLIVS  III.  P.  M.  A.  il. 

OMNIA  TVTA  VIDES.  ROMA.  Roma  fedente  fopra ì  fette  Colli .  Me¬ 
daglia  d’argento. 

4  IVLIVS  HI.  PONT.  M.  AN.  IH. 

GENS,  ET  REGNVM,  QVOD  NON  SERVIERIT  TIBI,  PERIBIT, 
in  una  gran  corona  d’ alloro .  Medaglia  d’ argento . 

Altra  Medaglia  con  limile  ifcrizzione ,  e  rivetfo ,  dì  bronzo . 

XV.  Paolo  IV, 

I  r>  \vLvs  ini.  PONT.  opt.  m. 

X  ROMA  RESVRGENS.  Figura  armata  di  Roma  in.piedii  coll’  alla 
ne  ha  delira^  lo  Scudo  nella  finiftra,  &  una  malfa  quinci  d’arme,  quindi  di  li¬ 
bri  .  Medaglione  battuto  del  1 55  5.  differente  di  conio  da  quello ,  che  coi  me- 
defimo  riverfo  vien  figurato  tra  le  Medaglie  moderne  del  Luckio,  pag.  179.  i! 
quale  fpiegòllo ,  notandone  .•  Sumit  hoc  (ibi  laudis ,  in  nummo ,  Pontifex ,  quod 
fuis ^partim  armis ^ partim  libris ^  ac  literis  revixerit  Roma, 

Mm  3 


l 


Taff.Gernf, 

C.13.7X. 


I 


4*4. 


‘P 


M  y  s  E  0  C  0  S  P  Ì  a  u  -o 

XVI,  Pio  IV. 

IVS  Ilir.  PONT.  MAX.  I  io.  ANT. 

HODIE  IN  TERRA  CANVNT  ANGELIS  ChriftoneI  prcfepFo, 
come  di  freko  nato ,  adorato  dalla  Vergine  Madre , e  da  S,  Gmieppe ,  coiralfi» 
(lenza  d’ale  uni  Angioli.  Spettacolo  fovente  figurato  nella  mente  dei  noftro 
yida>cheneli*lnno  Magn*  Matri  virgini ,  V,  8tf.  e  to8.  ne  cantò* 

Safe  mi  hi  videor  tc  fof  lite  .cernere  y  Virgo  ^ 

Subnixam ,  infanteme^ue  recens  mir arter  ortum 
T lagrantem ,  late  radiis  vibrantibus  aurum ^ 

Teque  tuos  prono  venerantem  pexiore  foetus  y 
Attonitumque  fenem  tantis  vix  hifcere  monjiris  z 
Sapius  ^  volucres  te  mtra  in  vejle  mintjlros 
Affari. 

xvir.  Pio  V.  _ 

(IVS  V.  PONT.  OPT.  MAX.  ANNO  VI.  I  p  I 


*  P' 


DEXTERA  TVA  DOM.  PERCVSSIT  INliviiCvfM  1571.  II  con¬ 
flitto  dell*  Armata  Chriftiana  colla  Turchcfca  nel  Golfo  di  Lepanto  >  ove  fi  ve¬ 
de  nell’ aria  1’ imagine  di  Dio  percuotente  l’Efercito  Ottomano,  c  la  Vittoria 
paffeggiantesùleNavide’Chriftiani.  Tré,  due  di  bronzo  nel  Mufeo,  &una 
d’ argento  nello  Scrigno  più  nobile  di  Cafa  del  Sig.  Marchefe,  deftinata  pei ò  a 
quello  Cimelio,  Riverfo  figurato  gentilmente  trà le  Medaglie  moderne  del 
Luckio,p.2  38. 

2  PIVS  V.  PONTIFEX  MAX. 

PAX.  La  Pace, che difcaccia  nn’EfercIto^ 

XVm.  Gregorio  XJIh 

1  REGORIVS.  XIII.  PONT.  MAX. 

y  T  OPTIME  REGITVR  S.  P.  R.  Le  Infegne  del  Senato  Romano; 
fopra  tc  quali  per  cimiero  fi  vede  il  Dragone  Pontificio;  de*  cui  (imboli  .emble¬ 
mi.  &allufioni  Principio  Fabricio  da  Teramo  ne  publicò  ungroflo  V'olume, 
con  belle  figure  in  rame,  (piegate  con  altretanti  Sonetti,  che  mi  diedero  occa- 
fionedifctiverne. 

Symbola  dum  fabricas  y  ducens  de  Principe  nomen  y 
Singula  perfecH  Principis  alla  cànis  : 

^jiidy  nifi  Cantato  fi  dignum  efi  Principe  carmen  y 
Tu  quoque  fis  Princeps  carmine  y  do6le  Faber  I 

2  GREGORIVS  Xlii.  FONT.  M. 

IVSTI  INTRA6VNT  PER  EAM.  La  Porta  Santa  con  entro  vi  quelle  lettere 

AN.  D.  1575.  Medaglia  d’argento.  _ _ 

I  GREGORIVS  XIII.  PONT.  MAX.  ANNO  IVBILEI.  I  fed. pa^n.  \ 
DOMVS  DEI,  ET  PORTA  COELI  1575.  11  Papa,  che  api  e  la  Porta  San¬ 
ta.  Quattro  di  diverfe  grandezze,  e  conii. 

4  GREGORIVS  Xlll.  PONT.  MAX.  ANN.  IIII. 

IN  NOMINE  lESV  SVRGE,  ET  AMR.  1575.  S.  Pietro  accompagnato 
da  S.  Giovanni ,  nell’  alto  d’ entrare  nel  Tempio ,  benedicendo  un  po veiq  ftor-» 
piato. 

5  GREGORI.  XIII.  P.  MAX. 

NVNQVAM  SITIET.  Chrifto ,  convertente  la  Samaritana.  D’argento. 

6  GREGORIVS  XIII.  PON.  M.  AN.  X. 

aggregata  relìgio.  La  Religione  in  habito  di  donna  fedente  ,  colle 
chiavi  Pontificie  nella  lìoillra  ,e  la  deftra  diflefa  ad  abbracciatela  Bafilic.»  V  itir 
cana.  Medaglia  d’argento.  XIX.  sifio 


L  l  B  SPARTO.  CAB.  XlP.  415 


XIX.  Sino  r, 

I  C»  IXTVS  V,  PONT.  MAX,  AN,  II. 

D  VIGIIAT  SACRI  THESAVRI  CVST09  Vn  Leone  fedoni 
te  lopra  una  cada  rapprefencau  per  conferva  di  (dori  p  tenendo  la  zampa  delira 
anteriore  (opra  tré  monti ,  sù  quali  è  una  (Iella  • 
a  SIXTVS  PONT.  MAX.  ANN.  Ili, 

I^VBLICVM  BENEFICIVM,  Acquedotto fontuolìffìmo,  che  con  moltiri- 
giri  và  a  finire  (otto  tré  mon  ti  ^  (opra  i  quali  fi  vede  fa  Statua  d*  una  vergine  >  che 
verlaracquadadueVrne,  a, 

S  SIXTVS  V.  PONT,  MAX.  ANN.  IIII. 

QVARTVMANNO  qVARTO  EREXIT  1588,  L’ Ohe  li  (co  di  Flavio  Co- 
Ilanzo ,  drizzato  $ù  la  Piazza  di  S.  Gio,  Laterano .  AHuIe  nobilmente  a  quella , 
&  altre  Piramidi  da  Sifto  alzate  la  riverita  penna  di  Pietro  Ercole  Belici  j  che 
nella  Spoglia  del  Leone ,  Elogi  acutiflìmi  a^  meriti  di  Monlig.  Pietro  Bargelini p 
Arciyefcovo  di  T^be,  parlando  di  quel  Pontefice ,  pag,  4p.elog.  6,  notò . 

Pyra  fH\us  RonfAm  tr<r»fht4p 
Non  in  Pyram. 

Sed  i»  Pyramidas  degenerarunt . 

XX.  demente  fili.  _ 


I  ^LEMENS  VIII.  PONT.  MAX.  A,  VII.  1  gior.ran.  | 

V-^  FERRARIA  RECEPTA,  Profpetto  della  Città  di  Ferrara,  Meda¬ 
glione  d’ argento  nello  Scrigno  maggiore  di  Cafa  del  Sig,  Marchefe ,  deftinato 
alMufco.  XXI.  Gregorio  XV. 

I  ^REGORIVS  XV,  PONT.  MAX.  AN.  IL 
\J  QVINQVE  BEATIS  COELESTES  HONORES  DECREVIT: 


j6zz.  La Canonizatione de’ cinque  Santi >  Ipnazio,  Francelco  Xaverio,  Fi¬ 
lippo  Neri,  Ifidoro ,  e  Tcrcfa ,  Medaglione  d’argento ,  nello  Scrigno  più  ricco 
di  Cala  del  Sig,  Marchefe  confervato  con  altri  deflinati  a  quello  Cimelio  * 

XXII.  Vrbano  Vili. 


I  \TRBANVS  Vili,  PONT.  MAX.  A.  Ili, 

V  le  mane  TE  VESPERE,  con  S,  Michele  Arcangelo  in  atto d’ef#’ 

fer  auorato  dal  medelìmo  Pontefice .  _ _ 

3  VRBANVS  Vili.  PON,  MAX,  A.  VII.  Igas.moi..  f.  m.dc.xxx.|! 
SECVHITAS  PVBLICA,  11  Forte  Vrbano  lotto  1’ imagine  di  S,  Petronio, 
che  glt  rtiiiftc  in  una  gran  Corona  d’ alloro ,  tenendo  l’ eifigie  della  Città  di  Bo¬ 
logna  in  mano.  Di  quella  Rocca  fondata  nel  Bolognefe  da  Ponente,  fe  ne  hà 
beilithma  deferìzzione  nell’  Eroe  d’ Andrea  Taurclii ,  ò  fìa  Vita  di  papa  Vrbano 
Vili.  pag.  55. 

3  VHBAN,  Vili,  PONT,  M.  A.  Vili. 

AVCTA  AD  MBTAVRVM  DITIONE.  Roma  fedente  con  un’afta  nella 
delira,  foftentando  una  Città  colia finiftra.  D’argento, 

4  VRBAN.  Vili.  PONT.  MAX. 

AVCTA  AD  METAVR.  DITIONE.  Roma  (edente,  col  Tempio  di  S.  Pie- 
tto  nella  delira.  D’argento,  _ _ 

5  VRBANVS  vai.  PON,  MAX.  A.  XV*  I  ÙAS.MOL.  M.DC.XXAViIM.  |  ' 
MVNIFICENTJA  ANT.  BARBERINI  S.  R.  E;  CARD.  CAM.  SoC. 
lESV  ANNO  CENTESIMO  PIE  CELEBRATO,  qo,  idc.  XXXIX; 
y.  KAL.  OCr.  Il  tutto  in  una  gran  corona  d’alloro. 

6  VBBANVS  Vili.  PONT.  MAX.  A.  XV. 

SVB  VRBANO  RECESSV  CONSTRVCTO.  ROMiE*  un  Cartello  in  una 
Collina  vicino  al  Marc.  xxni.  inno- 


41«  M  y  S  E  0  £0SP  Ì  'À,N0 

XXIII,  lonoctHzio  X. 

I  f  NMOCEN.  X.  PON.  MAX.  A.  V.  D'argento: 

1  ABLVTO  AQVA  VIRGINE  AGONALIVM  CRVORE.  Profpctto 
del  Circo  Agonale ,  detto  oggi  Piazza  Navona , coll’  Obelifco  di  Caracalla  fo- 
pra  la  Fontana  dell*  Acqua  Vergine , drizzatovi  d’ ordine  di  bua  Santità  >  da  cui 
portai!  nome  ti'  obelifco  Panfilio^  come  pure fù  intitolato  reruditidìmo  Libro, 
che  ne  fcrille  il  P.  Chirchero .  Sopra  quella  Guglia  vedelì  la  Colomba  Genti^ 
lizia  del  Pontefice,  la  quale  al  P.  Carlo  da  S.  Antonio  di  Padova  Anconitano, 
Chierico  Regolare  della  Congregazione  della  Madre  di  Dio ,  gcntiliflimo  Poe¬ 
ta  ,  lugger!  la  nobiltà  de*  lenii  morali ,  elprefli  nel  feguente  epigramma ,  che  ap- 
prelTo  di  lui  fi  legge  nel  lib.  r.  de  Arte  Epigrammatici ,  cap,  4.0.38.  5  nel  lecou- 
doiibro delle  Mule  Anconitane, epigr.  i. 

Hìc^  ubi  lata  fuper  ^  petit  aBra  Columba  y  ohelifcty 
Quattuor  y  Ó"  fubtus  flumina  vafia  fluunt  t 
Spcéabatur  Agon  :  mentem  erige ,  grandia  volve  , 
i^ttonitus  tjui  tam  nobile  cernts  opus. 

Sax  a  vetufla  notant  y  ér  lubrica  flumina  mortem: 

(Vita  hominum  propera  labi  tur  inflar  aqua,) 

Ipfam  flgnat  Agon  mortem  quoque  ;  luflus  at  unus 
Mortis  viBor  abit  y  celfa  Columba  decet: 

^jia  bene  cum  ramo:  mortis  conamine  frati o't 
Cum  palma  vili  or  luBus  ad  aflra  volat. 

E  per  fingolarità  di  bellezza  quello  Medaglione  fù  figurato  tra  le  Medaglie  Im¬ 
periali  di  mediocre ,  e  minima  grandezza ,  di  bronzo ,  Ipiegate  da  Cario  Patini, 
ibi.  150. 

2  INNOCENTIVS  X.  PONT.  MAX.  AN.  VIIII. 

REPLEVIT  ORBEM  TERRARVM.  Lo  Spiritolanto  circondato  da  un  ramo 
d’olivo. 

XXIV.  LMleflandro  VII. 

*  /I^LEXANDER  VII.  PONT.  MAX.  fMOCLViTo.  m.  f 

FEL.  FAVS.  Q;_  INGRES.  Entrata  lolenne  del  Pontefice  in  Roma  per  la  Por¬ 
ta  del  Popolo. 

2  ALEX.  VII.  P.  M.  VATICANI  TEMPLI  AREA  PORTICIBVS.’ 
EXORNATA  [  1657.  G.  M.  I 

FVNDAMENTA  EIVS  IN  MONTIBVS  SANCTIS.  La  Balilica  di  S. Pie¬ 
tro  di  Roma  figurata  con  tanta  bellezza,  c  maellà,  che  ben  mollra  l’or.guialc 
ellere  l’ottava  maraviglia  del  Mondo ,  come  provò  il  fopramentovato  P.  Carlo 
da  S.  Antonio  di  Padova ,  notandone  lib.  III.  epigr,  76. 

TEMPLVM  DIVI  PETRI  ROHM  IN  VATICANO  ', 

(Anagramma  purum , 

EN  modo  NITETy  APPARET  MIRACVLVM  Vili, 

Pyramides  Memphis y  Muri  Babylonis,  &  ingens 
DtHynna  Templum  y  Turris,  &  alta  Phari  •, 
luppiter  ex  eborcy  Heliadum  Patris  area  moles  y 
Et  Mali  folci  pondera  celfa  ThoH, 

Septem  Orbis  miracla\  vehtt  nunc  inclyta  Roma 
OBavum:  Templi  culmina  facra  Petro. 

Vedelì  con  elio  la  di  lui  Ipaziofa  Piazza  ornata  in  giro  di  fuperbilfime  Loggìe; 

che 


L  l  •S  R  0  A\  T  6,  CAT.  XI?.  417 

che  formano  un  Teatro  degno  deila  Magnificenza  d’ AlelTandro  »  e  degliap- 
plaufidi  ruttii  Secoli,  come  ne*  feguenri  due  fpiritofiifirtji  Componimenti  con- 
chiuie  la  nobil  Mufa  del  iudetto  P.  Carlo, Iib.lII.epig.78,&  de  Art.epig.c.IIl.i  0. 

theatrvm  divo  petro  apostolo  erectvm  romae  m  monte  vaticano. 

Anugrnmmii  putiu» . 

HOC  TOTO  MVNDO  ERJT  CORONATVM^  Et  pia  memoria,  et  aeterno  tLAVSV,  ' 

Prifca  verecundo  Jìleat  Roma  ore  Theatrt^ 

Bum  Faticanus  fur  git  ad  afira  labor. 

Tollitur  innumeris  Moles  oferofa  columnis^  ' 

Trafenti  Moles  obfequiofu  Petro. . 

Et  fimulacra  facro  tollens  f  ia  culmine  y  ’)ujf» 

Pontifcis  SumiHi  'ce Ifof  altra  videt, 

Quantum  cernis  opusl  non  magni  hac  pondera  Mtlis\ 

Maximi  Alexandri  'vella  fed  imperio . 

Molis  et  it  tanta  qua  digna  coronai  Corona 
Tanta  equidem  Molis  Fama  perennis  erit. 

Fama  Coronabit  tam  grande  ater  na  Theatrum', 

Mterna  auguflum  Fama  coronat  Opus . 

3  ALEXANDER  Vll.  P.  M.  PIVÒ  IVST.  OPT.  SENER  PATR; 

GENTE  CHISiVs.r  MDCLIX.  <  /  f  . 

MVNIFICO  PRINCIPI  DOMINICVS  IACOBATIVS,  ET  ÈERA  ME¬ 
MOR  BENEFICII.  Teatro, con  un  Leone,  acui  un  Soldato  cava  una  Ipina 
d’un  piede  ,coJI’  ailufione  al  fatto  d'Androdo,  accennato  dal  mio  géntililfimo 
Lorenzo  Graffo ,  Poef.  5 .  pd ir  p,  27, 

Al  tuo  Leon  le  fpine 
A  tor  non  forge  Androdo , 

4  ALEXANDER  VII.  boNT.  MAX.  AN.  VI. 

NAVALE  CENTVMCELL.  un*"Arlenale  fui  Mare  per  fabbricar  Navi; 
d’argento,  .  ‘ 

5  ALEX.  VII.  PONT.  MAX.  A,  VI.  )  g  m.  f 

EXEMPLVM  DEDI  VOBIS.  Chrifto,cbe  lava  i piedi  a S. Pietro, di cuj fi 
leg^o  IO  intorno  a  quella  Medaglia  quelle  parole,  TV  DOMINVS,  ET  MA¬ 
GISTER.  Soprala  quale  Iftoria  Evangelica  notò  bella  ponderazione  la  gentil 
Mula  d’ Andrea  Mariani  Bologncfe ,  nelle  Statue  di  Roma,  Itb.  Ii.ep.1p4.  Scri¬ 
vendone  Obfeqtiiis  lenire  ferum  fi  pojfit  ludam 

Tentai  humi  valido  firatus  amore  Beus , 

Refiituenda  fuo  capiti  notat  efcula  plantis , 

Has  lavat,  eft  liquidas  .fletibus  auget  aquas. 

Cur  pia  non  potuit  fabre  fall  a  compede ,  Lymphet 
Stringere  facrilegos  conglaciata  pedes? 

In  glaciem  for  t  affé  rigens  concreverat ‘unda  ^ 

At  Bernini  calidts  defiliit  lacrjmis,.,  ^  ^  - 

6  ALEXANDER  VII.  PONT.  MAX.  A^l.  VII. 

FVNOAMENTA  EIVS  IN  MONTIBVS  SANCTIS.  II  Pòrtico  avanti 
S.  Pietro j  d’argento. 

EXV.  Clemente  IX,  ^  ^ 

i  /^LEM.  IX.  PONT.  MAX.  A.  L  .  W 

V>  TV  DOMINVS,  ET^MAGIStER.  Chfiflb  lavante  i  piedi  a’Dìfté^ 
poli, come  nella  precedente, col  motto  EXEMPLVM  DEDI  VOBlSt'd’arg, 

a  DE- 


4i8  ,  MVSM^O  C  0  S  P  1  A  li  0 

2  dedit  indica  rosa  odorem  svavìtatis  anno 

M.DC.LXVIII.  in  una  gran  Corona  di  Rofe.  Medaglia  a’argento  battutain 
{nemuria  della  Canonizzazione  di  S.  Rofa  Limana .  Dotiòlla  con  altre  fiinili  al 
Sig  Marchefe  il  Serenils.  Cardinale  Leopoldo  Medici , 

3  CLEM.  IX.  PONT.  MAX. 

AVXILIVM  DE  SANLTO.  S. Pietro  fedente .  Medaglia  d* argento^ 

4  CLEMENS  IX,  PONT.  MAX.  A.  I. 

IPSE  DOMINVS  POSSESSIO  EIVS.  Lo  Spirito  Santo  conforto  l’Agnel¬ 
lo.  d’argento. 


Medaglie  d'  EminentiSimi  Cardinali . 
Cap.  XV, 

\ 


I,  K^lejfandro  Tarntfe, 

Alexander  card.  farn.  s  r.  e.  vicecam.  :  :  j  MILON.  F.  I 

FECIT  ANNO  SAL.  MDLXXV.  ROMAE.  La  bclliffima  Facciata 
del  iamofo  Tempiodel  Giesù^  edificato  da  quello  Cardinale. 

IL  K^lfonfo  Gefualde. 

ALPHONSVS  EPVS  OsTIEN.  SACRI  COLLEGII  DECANVS  S.  R. 
E.  CARD.  GESVALDVS  IVSSV  CLEMENTIS  PAP-®  Vili.  APERVIT, 
et  CLAVSIT  ANNO  IVBILEI  MDC. 

IVSTI  INTRABVNT  in  EAM.  La  Porta  Santa. 

in.  K^luigi  Capponi , 

ET  LAPIS  ISTE  VOCABITVR  DOMVS  DEI.  IlCardinale;  che  be- 
ncdifce  la  prima  Pietra  della  Chiefa  de*Carihelitani  Scalzi  di  Bologuat  con  que¬ 
lla  ifcrizzionc  dall’ altra  banda . 

IN 

MARIAM  VIRGINEM 

LACHRIMOSAM  , 

FRATRVM  CARMELITARVM 
DISCALCEATORVM 
ALOYSII 

S.  R.  E.  CAKD.  CAPPONII 
BONON.  LEGATI 
DEVOTI  ANIMI 

^  '  MONVMENTVM. 

il  tutto  nel  giro  compiilo  di  quelle  pa.  ole  PAVLl  V.FELICISSIMI  TOTIV’S 
ECCLESfaE  MODERATORIS  ANNO  XV.  MDC. XIX. 

IV  LAntonio  Santacroce . 

BENE  FVNDATA  E>T  SVPhA  FIRMAM  PETRAM.  La  Sacra  Ima¬ 


gine  della  Madonna  del  Baracanod*  Bologna, con  quello  riverlo 

DIE  XXIII.  MENSIS  MAI!  ANNI  MDCXXXil.  L’Arma  gentilizia  di  S.  E. 

V,  Benedetù  Ciujlimano . 

BENED.  S.  R.  E.  TRE.  »  AH.  IvSTlNlANVS  BON.  LEG.  PAVLO 


V.  P.  M.  P-,  Facciata'dclla  Chiela  di  S.  Favolo  di  Bologna  tra  quelli  numeri 
M.  DC.  VII.  e  fottou'i  meta  figiirà  del  Cardinal  Giulliniano;  il  quale  dell’  anno 
fudetto  fò  celebrato  Ha  Favolo  Macci ,  con  fioritilTìmo  Panegirico ,  che  porta  in 
fronte  lUuIirijfimoy  Reverendi/s,  D,  Benedico  Card.  Ittfiiniano  Boneni*  de  La» 
tere  Legato,  fault  Malli  Mutineujts  Panegyricus .  Bonomìe, apud hcredesloan- 
“nis  Rollìi  MuCVIi.  4.  ■  , 

^  -  ■  S.  PAV-* 


LIBRO  4  A  RT  0.  CAP.  ATK  419 

s:  PAVILO  APO.  ET  Ó.  SÀNCTIS  CONGRE.  CLER.  REG.  S,  PAV- 
LI  DECOLL.  S.  Favolo  con  una  Spada,  una  Tromba,  &  una  Difciplìna  avvi; 
ticchiatcinfieme,  e  (opra  l’iìriaginc  dei  Santo  ui)CartdlQ  volante,  con  lettere 
AN  GLAbiVS. 

f/,  Bernéirdino  spada  . 

L*Arma  di'  S,  E,  in  un  Medaglione, lena’ altro.  Stimafi  riverfo  d’aleune 
Medaglie  gettatene- fondamenti  deir  Altare  delia  Decollazione  di  S.  Favolo, 
eh’  è  il  maggiore  nella  di  lui  lopramentoyata  Cbiefa  di  Bologna ,  da  S.  E.  fatto 
fabbricare  con  magnificenza  degna  della  fua  generofità  ;  di  che  Michel  Bon  vi¬ 
cini  Dottor  Teologo,  publico  Profeirore  di  lettere  Humane  in  Bologna, e  Pro¬ 
motore  del}’ Accadeniia  de  gl’ Infiammati,  lafciò  lafeguente  memoria  in  un’ 
Òde,c}ies’hà  nelle  prime  Compofizioni  di  quell’  Accademia,  che  portano  in 
fronte  Paulus  Apojlolus  Academia  Inflammatoruns  Prafes  ?lecfus  esg  Spada  df*f 
piici  Elegio  celebratur .  Bononia;  M.  DC.  LI,  typi§;  DitCcianis  in  4,  -  — 

Bernardinet  Virum  potens  Propago  ^ 

Rottfulidumque  \ubar  corufians ,  ^c, 

7€  Ara  marmoreo  micant  nitore^ 

Artifcifque  manu  periti 
Vertunt  in  Nioben  vagos  ocellos 
Peljinei  Populi  videntis 
Multum ‘i  his  pAVLVS  amans  fera  beatu 
Subdere  colla  necis  Tyranni 
Latatur  gladio  truci  furentis 
Et  dolet  innocuos  Rebellis 
I^us  pracipiti  manu  venire, 

VII,  S.  Car  lo  Borromeo . 

'  t  B,  CAR.  BORROMEVS  CARD.  ARCHIEP.  MEDI, 

SOLA  GAVDET  HVMILITATE  DEVS.  Vn’ Agnello  (opra  un’Altare, 
a  S,  CAR,  BOR.  CAR.  AR.  MU. 

CANONICI  REGVL.  S.  M.  P.  A.  S.  ^  .  i  Vna  Corona  (opra  quelle  let¬ 
tere  hvmilitas. 

Vili.  Peder  ico  d  ’  Hoftia , 

FRID,  S,  R.  E.  CARD.  DIAC.  P,  LAND.  HASSI^  EPIS.  VRA; 
TISLAVIEN. 

LaPedecoirilcrizzione  PRO  DEO,  ET  ECCLESIA;  di  metallo, 

IX.  Plavio  chigi, 

MITTIT  ARICIA  PORROS.  ProlpcttivadeIIaPiazza,e  PalazziprincH 
pali  della  Riccia ,  Ducato  di  Cafa  Chigi , 

VIM  PROMOVET  INSITAM.  Areo  con  quattro  SaettedeculTate.  Imprefa 
dell' Accademia  de  GLI  SFACCENDATI,  eretta  in  quella  Città  dall’ Emi¬ 
nentiis.  Flavio  Chigi,  Nipote  del  S.  P,  Aleflandro  VII,  le  cui  lodi  mi  pregio 
d*  haver  accennate  in  quell’  Idillio  Greco,  che  lì  legge  nel  fine  del  Pindo  in  Pel” 
ìinàt  Sogno  di  N.  C.  Ò  lìa  Filippo  Ottani y  Rampato  in  Bologna  ....... 

Medaglione  malfimo  d’ argento ,  con  i  contorni  rapprefentanti  cornice ,  battuto 
in  occalìone  dell’  erezzione  di  quell’  Accademia.  Ne  fece  un  dono  al  Sig.  Mar« 
chele  la  liberal  mano  del  Cardinal  Leopoldo  Medici , 

X.  Prancefeo  Ahdofio. 

FR.  ALIDOXIVS  CAR.  PAPIEN.  BON.  ROMANDIOLAEQ;^  C, 
LEGAT. 

HiS  AVIBVS,  CVRRVQi,  CITO  DVGERIS  AD  ASTRA,  Giove  co’ 

Fulmir 


UVSno  >.C  0  S  P  l  /t.N  0 

Pulmini  nella  finiftra  in  un  Carro  tirato  da  due  Aquile,  lotto  le  quali  fi  lcorgo- 
no  le  due  imagini  de’  Pefei ,  e  del  Sagittario , 

Xf.  ciò.  Carlo  Medici, 

IO.  CAROLVS  DE  ^TRVRIA  S.  R.  E.  CARD.  MEDICES. 

VASTVM  PRIVS  AEQVOR  ARANDVM.  La  Nave  d’ Argo  tra  le  Stelle. 
Medaglione ,  del  cui  conio  ve  ne  hà  due  elemplan  di  bronzo  nel  Muleo  uno 
d’ oro  nello  Scrigno  maggiore  in  Caia  del  Sig.  Marcheie ,  desinato  parimente 
alMufeo.  "  > 

Xll,  Girolamo  Colonna,  ■  • 

1  HIERON.  PRINCEPS  CARD.  COLVMNA  BON.  ARCHIEP.  ETC. 
MDCXXXXII. 

PALIANI,  ET  MARINI  DVX,  PALIANI,  ET  SONNINI  PRINCEPS, 
ETC.  Laòità  di  Paliano.  *  ,  a 

2  SOL ,  ET  LVNA  STETER VNT  IN  HABITACVLO  SVD .  HA- 
BAC.  111.  Il  Segno  radiato  de’ SantilTtmi  Nomi  di  GIESV',  e  MARIA. 

Xin,  Giuliano  dalla  Rovere , 

IVLIANVS  RVVERE  S.  PETRI  AD  VINCVLA  CARDINALIS, 
LIBERTATIS  ECCLESIASTICE  TVTOR. 

VITA  SVPERA.  Vna  Nave  in  alto  Mare,  nella  quale fiede  unadonnacon 
la  bocca  bendata,  tenendo  un’ aRa  nella  finiftra,  e  la  deftra  (opra  la  tefta  d’un_  k 
Leone,  òd*  un  Pardo,  che  moftrad’ edere  ammaniaco.  Sta  nella  poppa  un  Gal¬ 
lo,  (imbolo  della  Vigilanza  ;  e  nella  proram  Pelicano ,  che  fi  (vena  per  ravvi¬ 
vare  ipoili.  Sotto  la  Nave  fi  legge  il  nome  dell’ Artefice  OPVS  sPERAN- 
DEl.  Medaglione  d’altiftìmo rilievo. 

XfF.  Giulio  Sacchetti, 

IVLIVS  CARD.  SACCHETTVS  BON.  LEGATVS  DE  LATEREM 
TEMPLVM  liONI  lESVS  A  FVND.  KEED.  1.  F.  N.  I.  cioè  Ioan?tes 
Trancifeus  Niger  Inventor,  La  Pianta  della  Chiefa  del  Buon  Gicsù  di  Bologi.a, 
in  forma  di^cudo,  in  cui  fi  legge  VRBANO  Vili.  REGNANTE  ANNO 
5AL.  MDC.XXX1X. 

XF,  Pietro  Barbo .  '■  {  i  t 

PETRVS  BARBVS  VENETVS  CARDINALIS  S.  MAR^I. 

HAS  AEDES  CONDIDIT  ANNO  CHRISTI  M.  CCCCLV.  L’Armcu. 
gentilizia  di  quefto  Cardinale,  la  quale  è  un  Leone  rampante  attraverlato  da_ 
una  Sbarra ,  ò  Falcia  obliqua . 

XFI,  Prof pero  Santacroce . 

PROSPER  SANCTACRVClVS  S.  R.  E.  CARD.’  .  i,  | 

GEROCOMIO .  Bellilfimo  Palazzo  in  veduta,  enn  un  Giardino,  e  lotto,  157^ 

*  I 

Lyfrcivefcovit  e  Ve/covi,  /  ^  j 

_Cap,  XFI,  ,  , 

?  A  LFONSVS  PAL^OTVS  ARCHIEP.  ‘  BON.  SAC.  ROM.  IMP. 

JfjL  PRINCEPS.  Meza  figura  grande  di  quefto  Prelato.  '  ' 

FVNDA  NOS  IN  PACE.  Imagme di  N.  D.  con  lotto i  piedi  M.D.C.V,  ì 

2  ERNESTVS  D.  G.  ARCHIEPISCOP.  >  I 

y.  BAVAR.  DVX,  EPIS._L£ODi£N.  L’Armafua.  |! 

3  IOAN.  lAC.  D.  G.  Apt.  EPS.  SALZ.  A.  S.  L.  CoronaArcivefeova- 
lelopra tré  Arme. 

S.  RVDBERTVS  ET  S.  VIRGILIVS  eI».  Impronto  tondo  in  laftra  quadrai 
aliai  grande  i  d’argento .  v  ^ 


L  I  •S  R  0  ^  P  A  \  T  0,  CAP.  XH.  4tt 

4  ALTOBELVS  AVEROLDVS  EPIS.  POLEN.  BONOxN.  ETC.  TER 
GVBER. 

MATVRA  CELERITAS.  Quattro  Figure^  una  di  Principe  fedente  collo 
Scettro  nella  finiftraj  un’altra  di  perfonaaffiftenteal  medefimo;  la  terza  dell* 
Abbondanza  col  Cornucopia  follevaco  ;  l’ ultima  d’ huomo  ftante  con  una  bri¬ 
glia  nella  delira. 

5  BER.  RV.  CO.  B.  EPS  TAR.  LE.  BO.  VIC.  GV.  ET  FRAE.  Me^ 
za  figura  grande  di  quello  Prelato . 

pB  VIRrVTES  IM  FLAMINIAM  RESTITVTAS.  Donna  in  piedi  (opra 
tìn  Carro  di  quattro  Ruote ,  tirato  da  un’  Aquila,  e  da  un  Drago  accoppiati . 

6  AIcroMedagliqnedelmedefimqimpronto,fenzanverfq, 

Imperatori  ,  e  Regi 
Cap.  XVII. 

T  A  LFONSVS  REX,  REGIBVS  IMPERANS,  ET  BELLORVM  VIC- 
TOR.  Meza  figura  del  Rè  AIfófo  1.  di  Napoli, fopra  una  Corona  Reale. 
CORONANT  VICTOREM  REGNI  MARS,  ET  BELLONA.  Marte,  e 
Bellona,  che  incoronano  Alfonfo.  Medaglione  di  bronzo  di  prima  grandezza, 
battuto  da  Napolitani  nel  Solennillìmo  Trionfo ,  con  che  Io  ricevettero  l’anno 
[1445,  dopo  la  Conquida  da  elfo  fatta  di  quel  Regno.  Del  qual  Trionfo  ne  fà 
ìRoriato  da  Pietro  di  Martino  Milanefe,  Scultore  all’  bora  famofilfimo,un  grand’ 
Arco  che  a  nollri  tempi  fi  vede  nel  Caftello  nuovo  di  Napoli,dalio  ftelTo  Kè  fab- 
bricato  :  nel  quale,  come  nota  Giovanni  Antonio  Summonte  nell’  Iftoria  di  quel 
Regno ,  fi  legge  quello  Efametro  confonante  all’ifcrizzione  del  Medaglione . 

ALFONSVS  REGVM  PRINCEPS  HANC  CONDIDlV  ARCEM, 
'edi lotto  ALFONSVS  REX  HISPANVS,  SICVLVS,  ITALICVS,  PIVS, 
"  “  CLEMENS,  INVICTVS. 

IMP.  CAES.  CAROLVS  V.  AVG.  Carlo  Laureato 
S.  P.  Q:.MEDIOL.  OPTIMO  PRINCIPI.  PIETAS.  Imagine  della  Pietà; 
fedente.  Medaglione  d’argento . 

3  PLVS  VLTRA,  in  un  Cartello  fopra  le  due  Colonne  d’Èrcole,’ 

4  CAROLVS  V.DEI  GRATIA  ROMAN.  IMPERATOR  SEM  PER  AV< 
GVSTVS,  REX  HIS.  ANNO  SAL.  M.DXLIIII.  ITATIS  SVAE  XLIIII. 
Lalua  Arma  Imperiale,  colle  Colonne  in  lontananza,  e’i  motto  PLVS  VL5 
TRA .  Medaglione  di  bronzo  di  prima  grandezza . 

5  CAROLVS  P.F.  HISPP.  PRINCEPS,  AET.  AN.  XII.  Meza  figura  di 
Cario ,  armata ,  lotto  cui  fi  legge  il  nome  deU’Arteficc  |  f.  pomp.  i  fenza  ri  verfo . 

6  CAROLVS  IL  DEI  GRATIA  - 

MAG.  BR.  FRA.  ET  HIB.  REX  i<?7o.  Le  quattro  Arme,  cioè  quella  del 
Rè ,  c  de’  tré  Regni  nell’  Ilcrizzione  accennata .  d’ argento . 

7  CAROLVS,  ET  CATHARINA,  REX  ET  REGINA.  Meze  figure 
del  Rè  Carlo  d’ Inghilterra ,  c  della  Regina fua  Moglie . 

DIFFVSVS  IN  ORBE  BRITANNVS.  Globo terreftre. 

8  CAROLVS  II.  D.  G.  MAG.  BRI.  FRAN.  ET  HIBER.  REX 
PRO  TALIBVS  AV3IS.  ArmataNavale ,&ilRèfuliido.^ 

9  CAROLVS  Vili.  REX  FRANCORVM. 

PROVINCIARVM  PACATOR.  Sanfone,  che  llrozza  il  Leone’ 

10  CAROLVS  GVSTAVVSD.G.REX  SVECIìE.  iéj7.CoronaRcaIc 

DALM.  .  .  SO.  .  H .  .  M .  .  M.  K.  . . 

“  Nri 


ir  FER- 


MrSEO  COS  PIANO 

,,  fERDINANDVS  li.  HVNr3aRl^,ET  BOHEMItE  REX  CORO- 
NATVS  in  regem  ROMANORVM  X.  SEPT.  M.DC.XIX.  d’argento.. 
LEGITIME  CERTANTIS  SVM.  CoronaReg.  loftenutainariada  una  mano.' 

FERDINANDVS  D.  G.  R.  CASTELLE  S.  A. 

FERDINANDVS  D  G.  REX  SICILIE.  A.  ^  d’oro,  confervata  in  uno 
Scrigno  di  Cala  del  Sig.  Marchefe ,  ma  però  deftinaca  al  Muleo . 

13  FERDINANDVS  REX.  Ferdinando  II.  Rè  d’ Aragona,  e  di  Sicilia, 
III.  di  Napoli ,  V.  di  Cali iglia ,  come  notò  Giacomo  Mainoldo  Galerati  Cremo- 
nefe  nel  Libro  eie  T ttulis  Phìlippi  AuBrii  Regis  Catholici ,  p.  90. 9 1 . 96. 97. 
EQVITAS  REGNI.  Vn  Cavallo,  (imbolo  del  Regno  di  Napoli,  con  alcuna 
Role.  Ve  n’ ha  otto  di  più  forti .  In  alcune ,  oltre  il  Cavallo,' v’ è  un’  Aquila. 

14  FERRANDVS  REX.  Con  uno  de’ precedenti  riverii.  3. 

15  F.  I.  REX  FRANCO.  FRI.  DOM.  HELVETIOR.  Medaglione  dì 
bronzodi  lei  oncie  di  diametro ,  con  meza  figura  ai  mata  di  Francefeo  Valefio. 
NVTRISCO  EXTINGVO.  Salamandra  nel  fuoco. 

16  FRANCISCVS  I.  CHRISTIANISSIMVS  REX  FRANCOR. 

NVTRISCO  ET  EXTINGO.  Salamandra  in  una  coppa  piena  di  fuoco.  Meda¬ 
glione, il  di  cui  riverfo  viene  efprcllo  in  due  altre  Medaglie  figurate  dal  Luk,p.53 

17  HENRlCVS  II.  GALLIARVM  REX  INVlCTISS.  P.  P. 

OB  RES  IN  ITAL.  GERM.  ET  GAL.  FORTITER,  AC  FOELIC.  GE¬ 
STAS.  La  Pace,  c  l’Abbondanza  in  una  Quadriga  guidata  dalla  Fama,  che  dà 
il  fiato  alla  Tromba,  da  cui  pende  un’  Infegna  coll’  Arma  Regia  di  Francia.  Sot- 
tovifilegge  EX  VOTO  PVB.  1552,  Figurata  dal  Luckio  tra  le  Medaglio 

raoderne,vol.  i.p.i5i.num.2.  _ _ _ 

18  HENR.  mi.  R.CHRIST.- MARIA  AVGVSTA.f»^o3-G- DVPRBF.Jpue 
meze  figure  d’aliifimo  rilievo  del  Rè  Arrigo ,  c  della  Regina  Maria  de’ Medici . 
PROPAGO  IMPERI  [~n  Arrigo,  che  congiunge  la  delira  a  quella  di  Bel¬ 
lona  ,  ò  fia  PallaJe  armata  ,  tenendo  ncllafinillra  un’alta.  Sopra  le  loro  delire 
vola  un'Aquila,  portando  una  Corona  Reale  nel  rollro .  Sotto  vi  Uà  un  Fanciul¬ 
lo  ignudo, il  quale prova  di  metterfiincapoun  grand’E'mo  col  Tuo  Cimiero, 
Tiene  il  piè  dritto  fopra  un  Delfino  ,&  il  finiltro  interra.  Se  bavelle  l’alipo- 
tt'ebbc  giudicali!  Amore , egualmente  polTente  nella  Terra  ,c  nel  Mare ,  di  cui  e 
fimbolo  il  Delfino,  accennando  chel’amor  dell’  Armi ,  ò  fia  in  Mare,  o  fia  in_. 
Terra  ,  è  fovente  cagione  che  fi  dilatino  glTmperi ,  crefccndo  quelli  a  chi  lìtic- 
ne  con  Bellona .  Medaglione  d’ argento  di  tré  oncie  di  diametro , battuto  forfi , 
ò  per  l’Augurio,  ò  per  la  nafeita  del  Delfino,  Primogenito  della  Corona.  E 
quello  con  alcuni  de’fopranotati,  &  altri,  che  fi  mentoveranno,  fù  donato  al 
Sig.  Marchele  dalla  mano  li  berale  del  Serenili.  Card.  Leopoldo  Medici . 

19  IO  CASIM.  D.  G.  REX  FOL.  &  SVEC.  M.D.L.  R.  PRVS.  Me¬ 
daglione  d’argento. 

ERIGOR  CjELITVS.  Vn  falcio  di  fpigherecife,  gettato  in  terra  dal  vento, 
ma  fol  levato  da  un  braccio  pendente  in  aria , 

20  IOANNES  III.  CORON.  IN  REG.  POL.  M.  D.  L.  2.FEB.i57d.  La 
di  lui  Coronazione. 

CORONATVR  QVIA  PROTEXIT,  colla  fua  Arme.  Medaglia  d’argento: 
2  I  IOANNES  AVSTRIA  CAROLI  V.  FIL.  ./ET.  SV.  ANN.  XXllII. 

Ho.v.MiLON.  F.  1,71. 1  Meza  figura  torquata  col  Tolone. 

VENI  ET  VICI.  Nettuno  fopra  un  Delfino  in  atto  di  ferire  col  Tridente  un 
Turco  naufrago.  In  prolpettiva  l’ Armata  Turchclca  vinta,  c  fugata  da  gl’impe¬ 
riali  nel  Porto  di  TVNES.  Della  quale  Città,  lenza  quali  relfiftenza  alcuna 

s’im- 


LIBRO  A  RT  O.  CAP,  XPll.  423 

s’impadronì  D.Gio.  come  accenna  l’ifcrizzione  di  queftorivcrfo,  fimileaJ 
quella  d’ una  Medaglia  di  Ce  fare ,  come  quella  V  itroria  era  tiara  limile  a  que  Ila, 
diedi  Farnace  riportò  Celare .  Onde  ne  fcrifle  Natal  Conti.  Tuneto,  quia/ulf 
iffum  ft Atira  ddventum  potitus  fuerat ^  netninc  pene  rcf  Beate,  fìmile  quid  irt_) 
nummo  babet  cnm  Cafare  lulio,  qui  pernicitatem  co»fl:Btis ,  quo  Pharnacem  fu^ 
gaverat,  Romam /ìgnificans  ad  Amicum  quendam  Amintium  fcripfit  trta  verba; 
Veni ,  Vidi,  Vici;  qua  dicìiones (ìmiliter  cadentes  non  illepidam  habent  brevia 
loquentiam.  Trovali  quella  Medaglia  diligentemente  figurata  tra  le  moderne 
del  Luclcio,p.  247*  dove  pure  egli  mentova  altre  Piazze  prelc  nell’ Africa da_. 
D.  Gio.  prima  che  palTalTc  contro  1  Turchi  in  Levante . 

22  CLASSE  TVRCIGA  AD  NAVPACTVM  DELETA.  CoIolTo 
di  D.Gio.d’  Auilria «coronato  dalla  Vittoria,  (opra una  Colonna,  ò  Molo,  con 
un  mucchio  d’armi ,  3c  inlegne  Turchelche  diftefe  alla  baie  ,e  la  Prolpettiva  del 
Combattimento  Navaledel  Golfodi  Lepanto, incui  i  Legni Turchefchifchie- 
rati  in  un  Icmicircolo ,  formano  un’  Arco  Trionfale  alla  Gloria  della  Chrilliani- 
tà ,  che ,  riportandone  f amolilfima  V ittoria ,  fiaccò  le  Corna  all’  orgoglio  Otto¬ 
mano  .  Onde  gareggiarono  tutti  i  Cigni  di  que!  tempo  in  cantarne  gli  Epinicia  i 
Vincitori  ,che  fi  leggono  in  un  Volume  di  Poefie  latine  intitolato . 

I.  In  Foedus  ,  Ficloriam  contra  T urcas  \uxta  fìnum  Corinthiacum  Non, 
Olìob,  OO.D.LRJTI.  partam ,  Poemata  varia,  Petri  Gherardi  Bnrgenfs  B lidio , 
é"  diligentia  conquiftà  ,  ac  difpofit,  Venetiis  OO.D.LXXII.  ex  Typogra- 
phià  Guerrteà  in  S. 

II.  Et  in  un’altrodi  Componimenti  volgari,  colutolo 
Anzi  a  parte  ne  furono  ferirti  Poemi  intieri  >  come  fono 

III.  LaChriJiiana  Vittoria  Maritima  del  Sig.  Francefeo  Solognetti .  In  Bolo¬ 
gna,  per  Aleifandro  Benaccio  M. D.L.XXIL  4.  Libri  III.  in  ottava  rima. 

.  IV  Pompei  Arnolphini  LucenJIs  ,  Carmen  Ioan.  Aujiriaco  Viliori  dicatum'. 
Bononiae,  in  Mercurianà  loannis  Roffii  officin^  M.D. LXXII.  4. 

V.  Io,  Baptiila  Scarfaburfa  Foro\ulienfis  de  felici fma  adverfus  T urcas  Na¬ 
vali  Viliori*  ad  Echinadas  Libri  Tres.  Venetiis  apud  lo.  Baptillam  Somaf- 
chum  M.D. LXXilI.  4. 

VI.  La  Vittoria  Navale ,  Poema  Eroico  di  Guidubaldo  Benamati  Libri  XXXll. 
In  Bologna,  apprcllo  Giacomo  Monti  MDCXLVI4. 

Ne  fcrilfeuu’eruditifliìma  Orazione  Marco  Antonio  Murcto:  Ed  in  memo- 
ria di  sì  fcgnalata  Vittoria fù  drizzato  un  CololTo  nel  Porto  di  Medina,  come 
notò  il  Bucoltzero citato  dal  Luckio^  che  diligentemente  figurò, e  fpiegò  que¬ 
lla  famofa  Medaglia, con  quella  di  Pio  V.  p.  238, 

23  LVDOVICVS  VII.  GALLORVM  REX.  L’ Arma  de’ tré  Gigli,  cir¬ 
condati  da  tré  Corone . 

SIT  NOMEN  DOMINI  BENEDICTVM.  Vna  Croce  quadrata,  con  due 
Gigli,  e  due  Corone,  d’argento. 

24  LV.  D.  G.  FRANCORVM  REX.  I  tré  Gigli  di  Francia  inquartati 
coir  Anna  de’  Vifeonti . 

MEDIOLANI  DVX  ETC.  Due  quarti  dell’ Arma /udetta .  Coll’ifcrizzio- 
ne  del  qual  riverfo  il  Signor  Marchefe  Cotfpihàuna  Medaglia  grande  d’oro 
con  quefte  lettere 

25  LVD3VIC.  D.  G.  FRANCORVM  REX.  d’oro. 

MEDIOLANI  DVX.  ScatuaEqueftrediS.  Ambrogio,  con  fotto  l’Arme  del 
Re.  La  figura  il  Lucido  fol.  3. 

LVD.  XIIIL  D.  G.  F.  ET  NAV.  REX. 

N  n  -c 


NEC 


414  M  V  S  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 

NEC  PLVRIBVS  IMPAR.  1665.  Il  Sole  che  illumina  il  Mondo.  Meda¬ 
glione  d’argento,  di  conio,  oltre  modo  bello.  Donòllo  con  altri  Medaglioni 
di verfi ,  al  Sig,  Marcheie  il  Serenifs.  Card.  Leopoldo  de’  Medici . 

37  ARMIS  TVT^  LEGES.  Aftrca  colla  Spada  nella  delira,  le  Bilancic 
nella  linillra .  2. 

28  LVDO.  XIIII.  D.  G.  FRAN.  ET  NAVA.  REX.  PARIS. 

FRANC.  data  MVNERA  COLLI.  XV.  Ynamanopendcnteinariafo- 
pra  la  Città  di  Rems  ,  lotto  cui  lì  legge  RHEMIS.  H.  L. 

29  LVD.  XIIII.  D.  G.  FR.  ET  NAV.  REX. 

MARIE  THERESE  D.  G.  FR.  ET  NAV.  REG.  Imagine  della  Regina. 
CONRAD.  LAVFFER  RECH.  PFENING.  MA.  L’Arma  del  Rè  Criftianifs. 

30  HIS  FLORENTIBVS  FLOREBIT  ET  REGNVM.  Gigli  di  Francia. 

31  EX  BELLO  PAX,  EX  PACE  VBERTAS.  Donna  ftolata con  una.. 
Spada  nella  delira ,  circondata  da  due  rami  d' oliva  incrocicchiati  lopra  un  tro¬ 
feo  d’arme,  nella  linillra  un  Cornucopia,  lotto!  piedi  KILIA.  KOCH.  Que- 
fto  riverlo  col  precedente  furono  ufat  i  da  Arrigo  IV.  e  per  tali  figurati  dal  Lu- 
ckio  f.  369. 

32  LVDOVICVS  MAGNVS  FRAN.  ET  NAV.  REX.  P.  P.  Meza. 
figura  bellilfima  di  S.  M. 

SOLISQVE  LABORES.  Apolline  nel  fuo  Carro  in  atto  di  correre  per  l’E¬ 
clittica, circondato,  invece  de’ Segni  delZodiaco,  dalle  Piante  delle  dodici 
Piazze  da  S.M.  prele  nella  Fiandra  del  1 672.  legnate  col  loro  proprio  nome  con 
quell’ ordine.  NIMEGVE,  GRAVE ,  ROFL ,  ORSOY,  RHINBERG,  VE- 
SEL,  EMERIGH,  SCHINCK,  ARNHEIM  ,  DOESEOYFG,  ZVTPHEN, 
DEVENTER.  Medaglione  d’argento  diconio  a  maraviglia  bello;  Al  quale 
parmi  che  alluda  i’Abbare  Nicolò  Antonio  Raffaeli  nel  Poema  intitolato  Leo 
Triumphatus  Gallico- Alcidtcarmen^  llampato in  Ancona, per  lo  Serafini  1 6j^. 
4.  cantando  verlo  il  fine  . 

Exiguus  tihì  Phoebus  erit:  fortaffe  ytgalcs 
Devotus t  currufqtie  dabit:  fine  crimine  duces. 

E  prima  delle  Piazze  qui  mentovate ,  e  a’  altre  have va  notato  a  v.  1 8^. 

Meurfa  patet  Gallis  y  veneratur  Lilia  Ber  eh  a 
Rhenoberga  tuus  te  tandem  perdidit  attftis . 

Non  longe  fequttur  Vefalia-,  fìfaque  vallo 
Embrica  munitas  portas  vilioribus ,  offert . 

Proxima  fuccedit  Daventria ,  'volvitur  audax 
Neomagus  y  fle£lique  negans  y  fit  Schenchia  mola. 

Prada  brevis ,  non  agger  oheJt ,  non  ferreus  ordo; 

Excipit  inde  finu  le  filos  Bommelia  fortis  ^ 

Nec  belli  fenem  celeri  tenet  Ifala  cur  fu . 

E  non  molto  di  poi ,  cioè  a  v.  2 1  <5. 

Gravia  quid  potuit?  Trajeci um  quidve  reprejftt  ? 

At  Regi  fervire ,  favor  :  dis  jeci  a  Vahalis 
Pondera  fuf pendit  y  lanique  ad  fana  recurrit. 

Gelria  tota  jacet,  formidant  Mtera  Regem, 

Non  glacie  VVordena  manes  ,  tu  fanguine  folvis 
Natur aque  rara  dedit  munimina  tuta. 

Grolla  finit  vinei,  ^c. 

33  MATHIAS  REX  HVNGARIAE.  Mattia  laureato  ,  lenza  riverfo. 
Medaglione  di  ptima  grandezza , 

34  MA. 


I 


•  L  l  R  0  P  A  71  r  0.^  ÌCAP.  XHl  415 

34  MATHIAS  REX  HVNGARIAE,  BOHEMIAE,  DALMAT.  Mat¬ 
tia  laureato,  come  fopra,  lenza  ri  ver/o:  '  i 

MATHIAS  D.  G.  HVNGARI^. 

AVS.  REX . d’oro,alpefod*un*Ongaro; 

36  MATTHIAS  II,  D.  G.  H,  B.  REX  CORONI.  IN  REG.  ROM. 

^4.  IVN..  i^ia.  .  • 

CONCORDI  LVMINE  MAIOR.  CoronaRegaletrà ’i  Sole,  eia  Luna,  di^ 
merralinente  opponi .  d*  argento . 

37  MATTHIAS  REX  H VNG A RI^,  BOHEMI^,  DALMAT.  Mat- 

ciacollateRa  coronata  d’alloro.  .  . 

MARTI  FAVTORI.  rìvcrfocontrofei,fpoglie,efoldati  a  cavallo,  c  credo, 
iìjnodi  vittorie  ottenute,  e  di  genti  fuperatein  guerra,  d’argento. 

38  MAT.  II.  D.  G  REX  HVNG.  1610. 

PATRONA  HVNGAR.  La  Vergine  veftita  di  Sole. 

39  MAXIMILIANVS  DVX  AVSTRIAE,  BVRGVND.  Maffiraigliano 
eoi  nuerfo 

MARIA  DVX  BVRGVNDIAE,  AVSTRIAE.  Maria  diBorgogna. 

40  MAXIMILIANVS  fR.  CAES.  F.  DVX  AVSTR.  BVRGVND. 
MARIA  KAROLI  F.  DVX  BVRGVNDIAE,  AVSTRIAE,  BRAB.  C. 
PLAN.  2. 

41  MAXIMILIAN.  MAGNANIM.  ARCHIDVX  AVSTRI^,  BVR'^ 
GVND.  ITATIS  19. 

MARIA  KAROLI  FILIA  HERES  BVRGVND.  BRAB.  CONiVGES, 
.^TATIS  ao.  1479.  d’argento. 

4*  MAXIMILIANVS  D.  G.  BOHE.  REX.  MezaRguradiManìmiglia« 
no  armato ,  fuorché  la  refta  ;  lenza  ri verlo . 

43  MiCHAEL.  D.G.  REX  POL.  M.D.L.  R.  PR.  Medaglione d’arg.' 
DEXTERA  DOMINI  FECIT  VITVTEM.  Aquila  lopra  un  Globo,  lopra 
della  qualelì  vede  una  Coro,  a  Reale,  in  cui  collimano  due  monti,  loRenenti 
i’uaau.<o  Scettro,  l’altra  una  Spada  circondata  da  un  jramo,  come  kmbra, 
d’alloro. 

44  PHILIPPVS  REX  ^  Intorno  a  quelle  lettere  fi  legge  BNDICTY 
SIT  NOME  DNI  NRI  IHV  XHI.  d’argento. 

CIVIS  TVRONVS.  Piantacomed’ainaCittà,ò Fortezza, contornata  dalle 
indette  lettere ,  e  quelle  circondate  da  un  contorno  di  gigli . 

45  PHILIPP.  D.  G.  REX  ARA.  VTRI.  I  1575-  c.r."| 

PVBLICE  COMMODITATI  157J.  Vn  Cornucopia  pieno  di  fpichc. 

46  La  mcdefimallcrizz/one,  e  riverfo  battuto  del  1597. 

47  PHILIPPVS  II.  D.  G.  HISP.  REX.  Sua  Imagine ,  con  lotto  lAC. 
TRICI  E. 

SIC  ERAT  IN  FATIS.  Due  mani  fopra  un  Mondo. 

48  PHILIPPVS  IL  HISPAN.  ET  NOVI  ORBIS  OCCIDVI  REX. 
ISABELLA  REGINA' PHILIPPI  li.  HISPAN.  REGIS;  La  Regina  lua  Mo-' 
gie.  d’argento.  ; 

49  PHILIPPVS  IV.  D.  G.  .  .  .  Jdaa.  1 
PVBLICA  COMMODITAS  in  una  gran  Corona.  3. 

50  PHILIPPVS  1111,  D.  G.  colla  zifra  del  di  lui  nome  coronata,  &M.P.. 
iUSPANIARVM  REX  1^27.  d’argento. 

Nn  3  ji  KO- 


MVSEO  C  O.S  ?  ì  A  li  0 

51  RODOL.  a.  IMP.  AVG. 

LVD.  G.  ANAS.  D.  I.  VV.  d’argento. 

52  S^GIS^AVG.  REX  POLO.  D.  G.  DVX  LIT.  uET.  S.  XXIX. 

ANO  D.  NRI.  M. D.XLVIII.  L’ Aquila, Infegna di Sigifmondoi e '1  nome 
di  chi  fece  la  Medaglia  DOMINICVS  VENETVS  FECIT,  2. 

5  3  Medaglia  del  Rè  de  gli  Abiflini ,  detto  il  Pretejanni  ^  efprcffo  con  mesa  fi¬ 
gura  ,  lenza  ri  verfo ,  e  lettere  • 


Jiuchit  e  principi, 
Cap.  XFIII, 


l.  Medici . 

I  OSMVS  MEDICES  DECRETO  PVBLICQ  P.  P. 

PAX  LIRERTASQVE  PVBLICA,  Imagine  di  donna  fedente  coiC 
un  gi4ii  Giglio  nella  liniftra ,  &  un  Globo  nella  delira ,  Rapprefenta  la  Città  di 
Fiorenza ,  che  per  Infegna  hà  il  Giglio  ^  e  perciò  vi  fi  legge  lotto  FLORENTIA . 
Medaglione  d’ argento ,  con  altri  fimili  donato  al  Sig,  Marchefe  dalla  liberalità 
del  Serenifs.  Card.  Leopoldo  Medici . 

2  MAG.  IVLIANVS  MEDICES.  Tcftadi  Giuliano  de’ Medici. 
ROMA.  Statua  di  Roma  fedente  fopra  lefpoglie  rnilitari,  coll’ imagine  della 
Vittoria  nella  delira  ,  io  mezo  a  C.  P, 

3  Simile ifcrizzione.criverfo, lenza  ROMA, 

4  IVLIANVS  MEDICES,  La  famola  congiura  de’ Pazzi  contro  Giuliano 
Medici,  eifettuata  nella  Chicla  di  Santa  Reparata,  dove  fi  vede  Giuliano  da 
molti  alfalito ,  Se  uccifo  :  con  tanto  difpiacere  de*  Fiorentini ,  che  ne  atteliaUP  i| 

dolore  le  parole  fottoferitte  alla  di  lui  tetta  pvBUcvs^^  per  riverfo 


LAVRENTIVS  MEDICES.  I  Congiurati  affaliti  in  Santa  Reparata  daLo* 
renzo  Medici,  il  Padre  di  Leone  X.  Di  quetta  congiura  ne  fcritte  un  Libro 
Agnolo  Poliziano ,  lodato  dal  Giovio  nell’  Elogio  di  Giuliano , 

5  lOANNES  MEDICES.  Medaglione  di  bronzo  di  mattìma  grandezza, 
con  meza  figura  armata  di  Giovanni  de’ Medici .  Nel  riverfo  hà  il  fatto  d’arme 
famo(odiGhiaradadda,fottoladiluicondotta  vinto  dagliSforzelchi,  come 
rikrtice il Cavitellinottro Itterico  ne  gli  Annali  di  Cremona  all’anno  1524. 
Al  che  allule  Gregorio  Ducchi,  di  lui  cantando  nel  fuo  curiofo  Poema  del 
Giuoco  de  gli  Scacchi ,  C.  2. 97. 

\^ppvej?o  un  gran  Leon  /aràjfi  degno 
Per  forza  invitta  y  e  valor ofo  core  y 
(7’  hor  contro  il  Veneziano  y  hor  contro  il  Regno, 

Di  Francia  moflrara  l  ’  alto  valore . 

E  dar  a  vero ,  e  f empiterno  fegno 
Di  do,  quando  il  Grigion ,  che  con  furore 
Nell'  Italia  far  a,  come  offe,  entrato  y 
Da  lui  rimanere  vinto ,  e  fcacciato . 

Il  qual  fucceffo  poteva  afpettarfi  anco  nell’Ettercito  de’  Luterani  cbf  poco  do¬ 
po  calorono  io  Italia ,  e  corfero  a  faccheggiar  Roma  ;  fe  l’ imprefa  di  ributtargli 
a’ confini  deir  Italia  bavette  havuto  per  Principal  direttore  Giovanni,  il  quale 
in  un  conflitto  contro  d’etti,  non  fecondato  da  chi  doveva,  generofamente 
combattendo  per  la  libertà  della  Chicla ,  vi  perdè  la  vita  in  età  d’anni  XXVIL 
com’ efptettc  lo  Retto  Poeta ,  profeguendo . 

Ma, 


L  t  3  »  0  ^1>ART0.  CAP.  XPttL  417 

ivi  quando  gli  Alentani  in  fchiere  foltt  ‘ 

t^d  pcfu^ar  I4  bell*  Roma,  andranno  ^ 

Egli  per  mantener  liete  »  e  dijcioltt 
L  ’  alme  Latine  da  fotanto  affanno , 

Seguendo  di  coHor  le  genti  accol  e , 

Ancor  non  attingendo  tl  vent‘  ott'  anno  ^ 

Eia  con  danno  maggior  d'  Italia  opprejjò 
Da  un  fulmine  terrena  che  di  fe  Jleffo, 

Fayprifec  quefto  penfiero  Michel  Guvip  dall^  Mirandola ,  il  quale  nel  libro  I 
contro  Lutero(  Poema  che  io  foqfcryo  Manirfcritto  )  v.  121.  narrando  il  pal- 
faggio  dg^ galloni  nell’Italia ,  c  deplorando  la  morte  d»  Giovanni,  IcriVC , 
Ventum  erat  ( heu  fortem  invifam  !  )  quo  vi0^  dediffet 
Emeritas  fcelerum  poenas  audacia^  vifque 
Succidue  tepefaSla  mero  y  nifi  cocca  lahanti 
Aufgnia  damnofa  foret  difeordia^  moxque 
Intempefiivus  x/itiaffet  peSlora  livor, 

T  ut  ament  b  LatU  decus  (ullas  addere  Fama 
Non  opus  efi  vires  J  Medica  de  Hir  pe  I04NNES 
Haud  aquo  dum  Marte  ruis ,  dum  defpicts  aufus 
Barbaricos  t  vitamque  cupis  profundere  in  armis  t 
Vnus  pro  Ijatio  occumbis  y  Patria  ipfe  decora 
JEternum  monumentum  y  no  Hr  i  gloria  fedi. 

Hic  primum  fpes  omms  abit  y  frujir alaque  fummo 
Decejfit  fortuna  loco  ,  (fic, 

6  ALEXANDER  M.  R.  P.  FLOREN.  PVX. 

§.  CQ5MVS.  S.  DAMIANVS.  Tre  d’argento  di  conii  differenti . 

7  CQSMV5  MED.  R.  P.  FLOREN.  DVX  JI. 

RELIGIONIS  ERGO.  li  Giglio,  Infegna  della  Città  di  Fiorenza,  II  qual  ri* 
yerlo  lì  vede  anco  in  naolte  Monete  antiche  di  quella  Città,  colle  lettere  FLO¬ 
RENTIA,  e  S,  Giovanni  dall*  altro  canto;  delle  qua!»  ne  conferva  parecchie  il 
Sig. Marchefe  Colpi, corrifpondenti  a’Giulii,&a’ Tettonid' oggidì . 

8  THVSCORVM,  ET  LIGVRVM  SECVRITAS,  Il  Porto  d’Elba  for¬ 
tificato  ,  in  cui  fi  vedono  di  verfe  Navi  di  varia  grandezza  y  giacendo  nella  bocca 
del  Porto  Nettuno  col  Tridente  nella  delira.  Sopra  il  Porto  fi  legge  IL  VA 
RENASCENS.  Fùbattutadel  1555.  nella  fondazione  della  Città  di  Cofmo- 
poli ,  e  coftruzzione  d*  altre  Fortezze  d*  Elba ,  come  nota  il  Luckio ,  che  la  figu¬ 
ra ,  e  la  (piega  diligentemente  nei  fuo  Libro  delle  Medaglie  moderne ,  f.  1 7^, 

9  COSMVS  MEDICES  REIPV.  FLOREN,  DVX  IL 
PVBLICAE  SALVTI.  In  una  Corona  Civica. 

10  COSMVS  MED.  II.  REIP.  FLOR.  DVX, 

ANIMI  CONSCIENTIA,  ET  FIDVCIA  FATI,  Il  Segno  Celeftc del  Ca* 
prieprno ,  (opra  cui  fi  vedono  lette  Itelle.  2,  Riverlo  figurato  appreflo  Ottavio 
Kolfi  nelle  Meinorie  Brefciane ,  p.  1 54. 

11  SALVS  PVBLICA.  Imagine  dellaSalutepublicz  in  piedii  con  un’afU 
nella  finillra . 

12  COSMVS  MED.  FLOREN.  ET  SENAR.  DVX  II,  lydi, 
HETRVRIA  PACATA,  Donna  in  piedi,  con  una  Infegna  militare  nella  de¬ 
lira,  un  Cornucopia  nella  finillra,  e  quindi  un  Leone,  quinci  un  pajò  di  Buoi 
accoppiati  .2. 

FRANCISCVS  MEDICES  FLOR.  ET  SENAR,  PRINCEPS. 

IOAN, 


) 


41«  ^  V  SE  0  CO  S  P  l  A  NO  , 

lOAN.  PRINC.  FLOR.  ET  SEN.  ARCHIDVC.  AVSTRìjE. 

14  FRANC,  MED.  MAGN.  M.  D.  ETRVHl^  li.  1  M.M..577.  i> 
PVBLIC/E  SECVRITATI .  Pianta  di  Fortezza  circootìata  dall’  acqua  »  lotto 
cui  A.  S.  ciD. iD. xc.  2. 

15  FERDINANDVS  II.  MAGN.  DVX  ETRVR.  Mcza  figura  di  Fer¬ 
dinando  armata  fuor  che  la  tetta.  I  GAS.MOZ.  1 

VIRTVTIS  PREMIA.  Vno  Scettro  ,che  palla  pe’I centro  della  Corona  Du¬ 
cale  di  Tolcana.  circondata  da’ lei  Globi  Medicei . 

16  FERD.  MED.  MAGN.  DVX  ETRVRI.E  III. 

Col  precedente  ri  verfo . 

17  FERDINANDVS  MED.  MAGN.  ETRVRI^  III.  \  m  m.  { 
MAIESTATE  TANTVM.  Sciame  d’Api  volanti,  col  loro  Rè  nel  mezo, 
fenza pungolo.  2. 

18  COSMVS  II.  MAGN.  DVX  ETRVRIjE  IIII.  Medaglione  di  maffima 

grandezza, con  mcza  figura  di  quetto  Principejlenza  riverfo . _ 

19  COSMVS  II.  MAG.  DVX  ETRVRI^  II li.  f  (i.  MOL.  I 
SIDERA  MEDICEA.  Giove  ledente,  col  Fulmine ,  lo  Scettro ,  e  l’Aquila, 
circondato  dalle  quattro  Stelle  erranti,  che  s’ aggirano  attorno  al  di  lui  Pianeta, 
(coperte  in  quetto  Secolo  dal  Galileo ,  e  da  lui  chiamate  Medicee,  come  pure  da 
gli  altri  Attronomi  più  moderni ,  Se  in  particolare  da  Giovandomenico  Cattìni, 
Attronomo  prima  di  Bologna,  e  pokia  del  Rè  Crittianittìmo  :  il  quale  publicò 
un  Volume  delle  loro  Efemcridi . 

20  MAR.  MAGDALEN^  ARCH.  AVST.  M.  D.  ETR.  coKuoritrat- 
to,c  I  g.m.  I  cdallapartedel  G.D.l’aggiuntodel  i6i8. 

21  COSMVS  III.  D.  G.  MAGN.  DVX  ETRVRI^.  _ _ 

MARG.  ALOY.  AVRELIANENSIS  D.  G.  M.  D.  ETRVRI^.  If.cheron.i 

22  FERDINANDVS  PRINCEPS  ETRVRI^.  Ferdinando,  figliuolo  di 

Colmo  III.  _ 

MARIA  ANNA  COSMI  III.  M.  D.  ETRVRI^.  |  f.  cheron.  \  d’argento. 

23  ANT.  MED.  P.  FIS.  (cioè  Prior  pìfartim)  I  R-  G  I 
AMPLECTITVR  OMNES.  Figura  nuda  d’una  Virtù,  forti  della  Verità, 
Coronata,  la  quale  colla  delira  abbraccia  un  fanciullo,  che  tiene  un  Libro  aper¬ 
to  nelle  mani  in  atto  di  farfi  ammaettrare  :  c  nella  finittra  hà  un  Cornucopia . 

//.  BJienJì. 

I  A  LFONSVS  DVX  FER.  M.  S.  R.  E.  CONF. 

XA  DE  FORTI  DVLCEDO.  Sanlone  colla  Tetta  del  Leone  piena-, 
d’api .  Del  qual  riverfo  fe  ne  fervi  anco  Alfonfo  III.  come  fi  vede  in  una  fua  Me¬ 
daglia  figurata  appretto  il  Liìckio,p. 21, battuta  del  15 1 1. 

2  ALFONSVS  II.  DVX. 

FERRARI.1È,  &c.  l’Aquila Eftcnfe. 

3  ALF.  IL  DVX  REGII .  V. 

NOBILITAS  ESTENSIS.  l’Aquila, come foprai 

4  ALOYSIVS  ESTENSIS  M.D.LX.  Mcdaglionecon  mcza  figura  di  que¬ 
llo  Principe,  fenza  riverfo. 

5  BOKSIVS  DVX  MVTINaE  Z  KEGII,  MARCHIO  ESTENSIS,  Ra' 
DIGII  COMES.  Meza  figura  di  Borio,  di  gran  rilievo.  Hà  perriverfoua 
Bactifterio  aperto,  con  lettere  d’intorno,  che  manifeftano  l’Artefice  OPVS 
PETRELINI  DE  FLORENTIA  MCCCCLX. 

6  CAESAR  DVX  MVT.  REG.  E.  C.  - 

. .  '  ’  NO*  ■ 


I 

i 


LIBRO  J^P  J  \  T  0.  CAB.  Xm.  4x9 

NOBILITAS  ESTENSIS.  L’ Aquila  Eftcnfe»  Figurata  tra  le  Me^aglie^mo- 
dernc  del  Luckio ,  ove  favella  di  Ferrara  ricuperata  da  Clemente  Vril.  p.  367. 

7  FRANO.  ESTEN.  MARCH.  MASSAE.  Francefco.  Senza riverlo. 

8  HERCVLES_DVX  FERRARIE. 

SVRREXIT  XPS  REX.  C.  LE.  La RefurrezzionediChriRo.  Medaglia» 
ò  Moneta  d’oro. 

9  HERCLES  DVX. 

REGIVM,  OLIM  AEMILIA.  Arma  della  Città  di  Regio.' 

10  HERCVLES  FERRAR.  DVX  IL  d’argento. 

Gruppo  di  Serpenti  nel  fuoco.  Si  valle  del  medefimoriverfo  il  Duca  Alionfo 
III.  come  fi  vede  in  una  dì  lui  Medaglia  figurata  apprello  il  Luckio ,  p.  2 1 .  òat- 
tucadel  1 51 1.  con  quelle  lettere  d’intorno  SIC  REPVGNANT. 

11  DVX  FERRARIAE  llll.  Meza  figura  del  Duca,  veftita  da  Ercole,  len¬ 
za  nome,  lignificato  dall’  habito .  Figurali  dal  Luckio  col  riverlo  d’un  Rinoce- 
rote,  animato  dalle  lettere  VRGET  MAIORA,  Ipiegandofi  dal  medcfimo  a 
fol.  190.  fottol’ anno  1558.  di  cuifù  battuta. 

12  HERCVLES  IL  FERRARIE  DVX  IIII.  1559.  d’argento. 
SVPERANDA  OMNIS  FORTVNA.  Figura,  che  fembra  della  Pazienza,’ 
colla  catena  al  piede. 

13  HERCVLES  IL  DVX  FERRARIAE  IIII. 

NE  QVID  IN  OCCVLTO.  Eicole,che ammazza  Cacco fui  limitare  della 
Caverna ,  da  cui  cleono  alcuni  de’  Buoi  rubati .  Sotto  vi  fi  legge  l’ età  del  Duca 
AET.  27.  2.  ’ 

14  SIGISMVNDVS  ESTENSIS  ILLVSTRISSIMVS.  Medaglione  di 
malfima  grandezza .  Figura  alata  d’ Amore  in  piedi  con  un  ramo  di  Palma  nella 
c]ellra,&uda Spada  nella finillra,  circondato  da  quelle  lettere,  che palelano 
l’artefice  OPVS  SPERANDEI. 

///.  Gonzaghi, 

I  T>E,  lì.  MAR.  MANT.  ET  MONTIS  F. 

IT*  FIDES. 

2  FEDERICVS  DVX  MANT.  ET  MAR.  MONT.  F. 

HIG  EST  VICTORIA  MVNDI.  Chrifto  in  Croce  fui  Monte  Calvario  tra 
due  imagini  di  donne  piangenti ,  colla  Morte ,  e  ’l  Demonio  diltefo  a’  piedi . 
FE.  IL 

3  FRAN.  DVX  MAN.  IL  ET  MAR.  MON.  F.  Francefco  Giovanetto  J 
Medaglia  d*  argento . 

VIAS  TVAS  DOMINE  DEMONSTRA  MIHI.  L’Arcangelo Rafaele gui¬ 
dante  Tobia,  che  tiene  il  Pefee  nellafinillra  idi  cui  Domenico  Regi  nel  Tobia 
Drama,  apprello  di  me  ManuferittOi  così  fà  parlar  il  figliuolo  di  quelbuon^ 
Cieco,  Att.V.  Se.  III.  ( 

'  .  Bove  il  gran  Fiume  Tigre 

Rode  r  arena  t  e  intorbida  le  /fonde  ì 
In  cui,  volendo  io  poi 
Render  monde  le  piante, 

Viddi  repente  ufeire  , 

Immane  Mefiro ,  un  Pe/ce  fmìfuratO  }^ 

Bnd'  io  /uggia  temendo,  ' 

Anzi  chiedevo  a\uto  al  mio  con/orte,  ^ 

>  Ma  ejjo  rimirando  ii  mio  /pavento,  . 

Commando,  eh*  io  prendevi 


450  M  y  s  n  0  c  0  s  p  I  A  K  o 

li  guiT^Afite  Animd^  che  non  fuggiva.  '  .  -1 

Et  io  Jopra  1'  arena 

Dal  fuo  getto  cavai  il  cor  ^  e  ’l  fiele  ^ 

Dicendomi  A  zzarla 

che  qttedo  fervirebbe  a  darti  lumey 

Già  che  le  luci  tue  hai  fofche ^  e  cieche^, 

4  FRANC.  MAR.  MANTVE  UH. 

D,  PROBASTI  ME,  ET  COGNOVISTI  M.  Vn  falcio  di  verghe  d’ oro  in 
un  Crociuolo  nel  mezodelle  fiamme. 

5  GVLIELMVS  MAR.  MONTFER.  ETC.  d’argento. 

CRI.  RO.  IMF.  PRINC.  VICA.  P.  P.  L’ Arma  di  quefto  Principe: 

6  G.  D.  G.  D.  M.  III.  E  M.  F.  P.  &  in  un  velo  oatmhos.  Mcdaglià 
di  Gugliclmo_Duca  di  Mantova. 

SANGVIS  XPI.  lESV.  Eremita  ador.ate  il  Satifs.  Sangue  di  Chrifto  nel  Calice. 

7  FERD.  D.  G.  DVX  MANT.  VI. 

NON  MVTVATA  LVCE.  IlSole.  Medaglia  d’argento. 

8  CAROLVS  D.  G.  DVX  MANT.  VIIII.  ET  MONT.  F.  VII.  Col 
rìverfo ,  &  ifcrizzionc  della  precedente .  Medaglia  d' argento . 

5>  FERDINANDVS  GONZAGA  DVX  HI.  GVASTALL^.  d’argéto. 

10  VESP.  DVX  SABLONETjE  I.  col riverfo di S. Nicolò. 

11  ALOY.  CAESAR  G.  SAB.  DVCES,  S.  col  riverfo medefimo. 

12  SCIP.  GON.  S.  R.  I.  BOZ.  PRIN. 

IVNCTVS  SPLENDOR.  IlSole 

SCIP.  D.  G.  DV.  SABL.  S.  R.  I.  ET  BOZ.  PR. 

SVB  PENNIS  EIVS.  L’Aquila  Imperiale  di  due  tefte. 

14  CAR.  GON.  D.  G.  S.  R.  I.  PRL  D.  SOL.  cioh Solfarini Domini . 
LVX  COMMVNIS,  HIC  PROPRIA.  Il  Sole.  Medaglia  d’argento. 

15  FER.  D.  G.  CAST.  PRIN.  lenza  riverfo. 

IV,  Sforzefehi. 

I  -r^RANCISCVS  SFORTIA  VICECOMES  DVX  MLI  QVARTVS: 

Ir*  CLEMENTIA,  ET  ARMIS  PARTA.  Il  Duca  a  cavallo,  lotto  un 
Baluacchino ,  accarezzando ,  c  ricevendo  coi  tefemente  la  moltitudine  del  po¬ 
polo  ,che  và  a  baciarli  la  mano,  c riverirlo, raentre^gli  fila  fua prima  folcnnc 
entrata  in  Milano.  __ 

2  GALEAZ  M.  SF.  VICECO.  DVX  MLI.  QVI. 

P.  P.  ANGLE.  Q^CO.  AC  lANVE  D.  C.  Z.  M.  L’Arma  Sforzefea. 

3  IO.  GZ.  M.  SF.  VICECO.  DVX  MLI.  SX.  Armade*  Vifconti . 
LVDOVICO  PATRVO  GVBERNANTE.  TeftadiS.  Ambrogio  tra  le  let¬ 
tere  S.  A. cioè i".  Ambrofius.  d’argento. 

4  IO.  SF.  CONSTANTII  SF.  F.  PISAVRI  &c.  D. 

PATRIA  RECEPTA,  Vn  Giogo,  Due;  l’ una  di  bronzo,  l’altra  d’argento. 

5  IOANNES  SFORTIA  PISAVRI  DOM. 

PVBLICE  COMMODITATI.  2. 

6  IO.  S.  DE  ARA.  CO.  COTI.  PISAVRI  DO.  L’ Arma  Sforzefea ,  e 
d’  Aragona  inquartate . 

ORA  PRO  N.  P.  L’ imagine  di  N.D.  fedente,  d’argento. 

f'’.  feltri  della  Rovere, 


I  T^RANCISCVS  MARIA  DVX  METAVRES. 

J/  MORTALIVM  IMMORTALITAS.  Figura  della  Fama  volanlè  con 
vna  Tromba  nella  deara,&  un’altra  nella  finiftra.  Medaglia  battuta  l’anno  1517. 

nella 


L  IIS  2t  0  A  K  T  0.  CAP.  XPlll  451 

nella  ricuperazione  del  fuo  Stato  d’Vf  bino  occupatogli  da  Leone  X.  come  fcri- 
vono  il  noftroPiatina,GiacomoSchrenck,  Gerardo  di  Roo,  &  ilLuckio,  che 
figura ,  e  fpiega  quella  Medaglia  tra  le  fue  moderne  tf.37, 

2  GVIDVS  VII.  VRB.  DVX. 

....  CO.  MONT.  FE.  AC  DVRANT.  2.  diverfe. 

I'/.  Bentivogli,  Signori  di  Bologna, 

I  f  0.  BENT.  II.  HANIB.  FILIVS,  EQVES,  AC  COMES,  PATRIA 

1  PRINCEPSi  AC  LIBERTATIS  COLVMEN.  Medaglione  di  maflìma 
grandezza,  con  meza  figura  di  quello  Principe ,  Ha  per  riverfo  la  Statua  Eque- 
ìtre  di  Giovanni  medelimo,  accompagnata  da  un’altra  imagine  di  Cavaliere,  ta¬ 
le  appunto ,  quale  olTervafi  al  naturale  nella  nobile  Cappella  de’  Bentivogli  in  S. 
Giacomo  di  Bologna .  Di  chi  fia  manifattura,lo  dichiarano  le  lettere  nel  contor¬ 
no  d’ elio  riverfo.  OPVS  SPERANDEI.  Parlano  di  quello  Principe  quali  tut¬ 
ti  gl’Iftorici,  e  Poeti  di  quel  tempo;  «Se  in  particolare  Gio.  Michele  Nagonio,  che 
in  lode  di  lui  Icriffe  un  grolTo  Volume  di  Poefic  latine ,  che  confervo  Manuferit- 
to ,  per  publicarlo  un  giorno ,  fe  ci  accud  irà  Chi  più  di  me  v’  è  interefiato ,  e  più 
d’ una  volta  me  ne  hà  dato  parola ,  fecondando  il  configlio  di  chi  cantò . 

Br omittas  facito  t  quid  enim  promittere  laditf 
Promijfis  dives  quilibet  efe  potejl , 

Porta  quello  titolo:  loannis  Michaelis  N  agonii  Antoniani ,  publico  decreto  Civis 
Romani  i  Poeta  Laureati  ^  de  Gedis  loannis  II,  Bentivoli  Bononienfum  Brinci- 
pis ,  Farior  um  'far  minum  Libri  VI. 

2  IOANMES  BEMTIVOLVS  IL  BONONIENSIS. 

MAXIMILIANI  IMPERATORIS  MVNVS  MCCCCLXXXXIIII.  quattro 
di  bronzo  nel  Muleo ,  &  altrettante  d*  argento ,  ma  di  tre  conii  differenti ,  ne  gli 
Scrittorii  di  Cafa  del  Sig.  Marchefe^  dellinate  pure  al  Muleo. 

3  I.  6,  L’Arma  BenttvoIefca,inquartata  coll’ Aquila  Imperiale. 

S.  IOANNES  EVANG.  S.  Gio.  Evangeiifta. 

4  MAXIMILIANI  IMPERA.  MVN.  L’Arma  inquartata  ,  come  fopra* 
d’argento. 

5  MAXIMILIANI  IMPERA.  MVNVS.  Medaglia grolTa  d’argento,  col 
ri  verfo  della  precedente .  Del  conio  della  quale  il  Sig.  Marchefe  ne  hà  una  d’ o- 
ro  di  pefo  di  due  Ongari . 

6  IOANNI  II.  BENTIVOLO.  L’Arma  inquartata  de*  Bentivogli. 
MAXIMILIANI  CONCESS.  Aquila  Imperiale,  d’argento. 

7  ANTONI...  GAL....  L’ Arma  Beativoglia  ,  col  Capello  Prelatizio.  2. 
HÀNIBAL  BENTLI  S.  Aquilainunnido,coImotto  NVNC  MICHI.  con 
che  quello  Annibaie  lignificava  trovarli  egli  col  Fratello ,  &  il  Padre  nel  poffef- 
fo  di  quella  grandezza ,  nella  quale  altri  non  havevano  potuto  mantcnerfi,  eda 
cui  polcia  egli  fteffo  col  Padre ,  e  Fratelli  fù  precipitato .  Fà  quello  il  fecondo 
di  tal  nome ,  così  chiamato  in  memoria  dell’  Avolo ,  che  dal  Carcere  di  Varca¬ 
no  fù  portato  al  Principato  della  Patria  da  Galeazzo  Marefeotti  Cavalier  Bolo- 
gnefe  ;  il  quale  di  quella  imprefa ,  e  delle  guerre  che  ne  fuccelTero ,  e  nelle  qua¬ 
li  egli  hebbe  gran  parte,  ad  imitazione  di  Cefare,  ne  fcrille  fedelmente  un  Com¬ 
mentario,  ma  in  Italiano,  e  dedicòllo  a  quello  fecondo  Annibaie.  Ne  giunfe 
in  mio  potere  l’Originale  in  carta  pergamena  gentilillìmamente  miniato,  cura 
perfuafione  del  Sig.  Marchefe  Ippolito  Bentivogli ,  difeendente  per  dritta  linea 
da  G'O.  IL  tradurti  in  latino ,  con  farvi  diverfe  Annotazioni ,  le  quali  farebbero 
(lampare  col  medefimo  Commentario,  fe  non  havelfero  corfo  la  fortuna  di  quei 
Codice,  di  cui  fa  velia  Ottavio  Scarlattini  al  num.22.  de’  Manuferitti  diverfi* 

ch’egli 


43^ 


^  V  S  E  0  C  0  S  ?  I  A  "N  0 


':dìàr.  Mnf. 
Afet.  l.  4. 
tl-t-  546, 


C.6.4J.’ 


"^nt.  Liba- 
mr.  Fifa  di 
'Dav.  Dan- 
dtntt  mthì 

279^ 


chVgli  mentova  nella  lua  Lettera  al  Lettore,  premeva  alle  Poefic  Latine  di  Gio» 
GandolH. 

8  NVNC  MICHI.  L’Aquila, come fopra.  Hà  dall’ altro  canto  l’ Arma 
nuda  della  Sega,  3. 

f'/L  Tegoli . 

}  /^VIDO  PEPVLVS  BONONIENSIS  COMES.’  Meza figura d’ altif- 
Vj  fimo  rilievo. 

SIC  ìJOCVI  regnare  TYRANNVM.  Due  figure  fedenti,  l’unadiRc 
Coronato, collo  Scettro  nella  finiftra;  l’altra  di  Filofofo,  ambe  nell’atto  di 
giuocare  a’ Scacchi.  Sotto  vi  fi  legge  OPVS  SPERANDEI.  Gentiliffimaim- 
prefa, con  cui  alludendo  all'infegna  del  fuo  Calato  quello  Perfonao^io  non 
folo  accennò  a  Regnanti  la  ficurezza  dello  Stato  conlìftere  in  tener  alleltito  un’ 
Elercito,  come  viene  efprelTo  nella  Tavola  dello  Scacchiere  :  ma  rinovò  al  Mon¬ 
do  la  memoria  dell’  induftre  Filofofo  Serfe ,  quegli  che  circa  gli  anni  del  Mon- 
do  3635.  per  divertire  da  gli  atti  della  tirannide  il  Rè  Enimeldracco,  figliuolo 
di  Nabuccodonoforre ,  inventò  il  giuoco  de  gli  Scacchi  :  e  coi  tenerlo  impedi¬ 
to  in  elTo,  mediante  l’applicazione  che  vi  fi  richiedeva,  a  poco  a  poco  gli  fece 
capire,  che,  come  in  quel  giuoco  il  Rè  facilmente  poteva eficre  oppreffo,  fe 
nonerafollecitamentealfiftito,edifefodafuoi  >•  cosìlaMaeftà  d’un  Monarca 
è  vacillante,  fc  non  hà  pronti  alla  difefa  i  Sudditi ,  che  coll’ amorevolezza  fi 
mantengono  in  affetto.  Di  che  Gregorio  Ducchi  Poeta  Brefeiano,  il  quale  di 
quefto  Giuoco  fcriffe  un  curiofo  Poema ,  altro  ve  citato ,  ne  cantò 

Oratore  i  Tilofofoj  e  Poeta  % 

Co»  fottile  y  e  con  mirande 

Arti  ridujje  il  giuoco  a  la  fua  metal 
Ter  far  da  farte  por  /’  opre  nefande 
'  C//  Enimeldracco  y  e  la  troppo  cndtfcretay 

E  da  lui  molto  ufata  tirannia  y 
Implicando  tl  penfer  per  queBa  via. 

Era  codui  si  gran  ricco  y  e  potente 
Ma  sì  crudele  ,  e  perfdo  T iranno , 
che  uccidere  facea  di  molta  gente , 

E  dava  a  i  fusi  foggetti  molto  a  fanno  1 
^ueH  ’  huomo  dunque  afiuto ,  e  affi  prudente 
Penso  di  difior nar lo  con  inganno, 
che  quefio  fottìi  giuoco ,  e  tempo ,  e  ingegno 
Ricerca  a  chi  lo  vuol  condurre  a  fegno . 

Nel  qual  Poema  fe  lo  ftile  è  humile ,  non  è  bada  l’ invenzione ,  che  riufeì  altret¬ 
tanto  felice,  quanto  fù  grande  l’ animo  dell’Autore  nell’ intraprendere  un’ar¬ 
gomento  con  ogni  perfezzione  maneggiato  prinaa  dal  nollro  V ida  nel  fuo  Poe¬ 
ma  intitolato  di  cui  fi  portò  li  fiftretto  in  quattro  verfi  nel  pre¬ 

cedente  Libro  al  Cap.  XX  Vili.  num.  4. 

Altri  però  non  a  Serie  il  Filofofo,  ma  a  Palamede  attribuifeono  l’invenzione 
di  quefto  ingegnofiftìmo  giuoco  ;  afferendolo  da  elTo  trovato  nel  decennio  del¬ 
la  Guerra  Trojana ,  per  loilevamento  de  gli  animi  dell’Efercito  Greco .  Quin¬ 
di  Giorgio  Cadreno  nel  Compendio  delle  Iftoriea  pag.  103.  della  edizione  di 
Guilelmo  Silandri  ne  fcriffe .♦  Is  efi  Palamedes  ,  qui  ad  exercitus  reficiendos 
obleSiatione  animot ,  tabulam  ,  eyis  compofitionem ,  philofophica  admodum  in- 
dufiria  invenit.  Così  giudicò  DaniclSouterio  nel  fuo  Palamede  ftampatoin 

Leiden 


L  i  B  n  0  4  y  A  R  T  0,  C4f.  ma. 


Leiden  in  8.  il  1 62  5.  da  gli  Elzeviri;  infieme  co’  GiuoehidclQrcci  del  Mci^rEoi 
6c  altri  citati  dal  Sapricio  ne!  Veratro,  P.  il.  pag.  Il  j,  . 

2  TADEVS  DE  PEPOLIS. 

S.  P.  DE  BONONIA,  d’ argento.' 

3  Monete  d’argento  dello  ftedo,c5  BONONIA  MATER  STVDÌÓRlYM’ 

4  Tré  altre  di  coni;  differenti  con  lettere  Lacinogo-tiche,  .  T," 

FUI.  Principi  diverjt.  ,  * 

j  A  L.  EM.  D.  G.  DVX  SAB.  .  .  .  .  Il CavalÌo,Infcgnadi  S,  A.  RV 
A  SERVATA  PATRIA.  La  Croce,  Arma  Ducale.  ^  ^ 

2  ALEXANO.  PICVS  DVX.  MIR_H. 

VOLVAM,  ET  INSCENDAM.  Dettriero bizzarro ,.infeIIatoZ  i 

3  CAMILLVS  AVSTRIA  CORR.  COM.  >  i 

SVB  VMBRA  ALARVM  TVARVM.  L’Aquila  Auftriaca: 

^  4  CONSALVVS  FERD.  CORDVBA  IL  Senza riverloi „  . 

5  FERDINAN.  CAROL.  D.  G.  ARCHID.  AVS.  153«.  d’argento; 

DVX  BVRGVNDI.  COM.  TYROLIS.  L^Arraafua.  ::r 

6  D.  FERNANDVS  TOLEDO  DVX  ALBE.  HàperriverfòdUe  Amo> 
fini  volanti ,  ciafcheduno  con  una  Corona  nelle  mani . 

7  FRANCISC.  TRIVL.  M.  VIGLa  7.  L’Armadc’Triulzi. . 


SANCTV.  GEORGIVS. 

8  LVDOVICVS  DVX  AVI.  P.  G.  RESTITVTQR.  ,  .  i 

RESTITVTVM  j  mpad  'RPr'MVM  ^  F'gura militare fedente, alfalita 
SERVATVM  J  da  un  Cavallo  Coronato,  che 

viene  refpinto  da  un’altra  figura  ,che  fe  gli  opf  onc  con  un  baffone  nella  delira, 
c  colla  finiftra  foftènta  la  predetta  figura  militi  re,  cadente  per  l’impeto  ^'  cbcA- 
moftrad’havergli  fatto  quel  Cavallo.  .  .  i  V 


0  NICOL  AVS  TRONVS  DVX.  Col  riverfo  di  S.  Marco:  . 

IO  DVX  VENET.  ET  DVCIS.lmagine  intiera  del  Doge,  e  difuaMogiieJ: 
PAX  TIBI  MARCE  EV.  Il  Leone  di  S.  Marco,  di  cui  Gio.Gandoifiepig.^, 
Cur  tibi  fit  facies  animofi.  Marce  ^  Leonis 
Jiuarimus,  Hoc  fidei  robur  inejfe  notat. 


XI  OLIVAR.  O.  G.  R.  P.  ANG  SCO.  ET  HIB.  &c.  PRO. 


PAX  QVJERITVR  BELLO.  1658.  L’ Arma  gentilizia  di  quello  Tiranno  vj 
degno  veramente  di  quello  Elogio,  che  gli  fù  indirizzato  dall’ crodicilfinjo 
Ghibbefio,  ch’èadiredall’OraziodelTamrgi,  Lyric.Iib, IV.Od.XI.  cioè.  , 

O*  infamis  apex ^  &  Phalaris  crimimbus  nocens? 

Detefiata  tuo  cum  fodiet  marra  cadaveri  ;  _ 

Sub  furca  tumulum \  (lanfque  \ecur  diffiderit  fidasi 
Nunc  dr  qtii  tnmor  eU  Tarquiniis  faftibus  auSiior 
Tseprefus  Cromdéllum  in  faniem  fuderit  horridam .  . 

12  PASCALE  CICONIA  DVCE  VENETIAR.  ETC.  AN.DNI  1595. 
Il  Leone  di  S.  Marco , 


FORI  IVLII.  ITALIAE,  ET  CHRIS.  FIDEI  PROPVGNACVLVM.  La.. 
Pianta  di  Palma  Nuova,con  entro  le  lettere  PALMA,e  .{opralaCroceIualnfe- 
gnail  motto  IN  HOC  SIGNO  TVT  A.  Medag.  figurata  nella  Tavola  di  Palma, 
cheli  vede  nel  Teat.  delle  Città  d’Italia,  p  76.deired.diFranc.Berellii($29.4. 

13  SIGISMVNDVS  P.D.  MAL  ATESTIS  S.R.  ECL.  C.  GENERALIS 
MCCCCXLVI.  Ha  ne!  riverfol’Imagine  della  Fortezza  ledente. 

14  SIGISMVNDVS  PANDVLFVS  MALATESTA  PAN.  F.  Medagìio-’ 
nedi  prima  grandezza  ,conineza  figura  di  SigTmondo. 

Oo  CA3 


4^4  ii  v  s  à  &  -Tc^'o  5  P  /  a'V^O' 

GAàTéLlVM  SISMVNDVM  AKIiVilNENSE  MCCCCXLVI.  Vcdui» 
dclnobjliiijino  Cafteiiofdbbricato-da Sigifmondo.  2. 

14  SIGISMVNDVS  PANDVLFVS  MALATBSTA. 

PONTIFICII  EXERCITVS  IMP.  HCCCC.XLVII.  Bracciacottimramo, 
còmékoibra.di  PaImaihunaman9,allu(ìvo  alla  felicità,  c*on  che  combattè 
più  volte, c  viole  Sig'Imotido,  portando  la  Vittoria, dove  comandando  militava, 
delle  lue  azzioni  tr^atrano  molti,  &  in  particolare  il  Giovio,c  Giulio  Rodi  Orlino 
ne  gir  Elogii Militari  ;  Ninno  però  nc  faveì'U  come  di  Letterato,- e  fpeciaJmaente 
Poeta,  benché  tale  egli fulfe.j^ non  mancando  confronti ,  che  palclaiio  la  fertilità 
della  di  lui  vena,  anco  trà  gli  Crepiti  della  guerra  :  cólcrvando  io  alcune  lue  Foe« 
iìe  Italiane,»  molte  Latine  •Manufcri'teyCheeiàdimoRrano.  Che  peròhebbià 
icrivcrn£«  MarSj  &  fihi  Prince^  MaUteFi*  lel  armis, 

Vir-vidùs  iti  mediis,  •mefra.  fsnorti  dabat,.  - 

i  ttuuCf  dando,  jferct'fosiy^Jlatce  Poetis  . 

^*i  boàus  e  Fi  Vates  iinttr  éd  arma  cattiti 
ij  SIGISMVNDVS  PANDVLFVS  MAL  ATESTA  PAN.  F. 
PRAECL.AR1MINTT1SMPLVM  AN.XiRATIAE  V.P.MCCCGL.  Facciata 
della  bellilfima Chiefa  di  &'FranccIco  di  Rimini,fatta  fabbricar  daSigilmondo. 

16  SYRVS  AVS-TR.  CORR.  .PaiNÌ  *1 
MEMORES  VBERV  TVORVM.  EffigiediNoRraSignoradettadéllà- 
Rola, di Coreggio,  M-d’ argenta,  i  •'  . 

,  Megike  y  é  Prtkewjfe . . , 

Ca^  .  XIX/ 

9  ^HRISTINA  REGINA.  Telia  iJureatadcIIa  Regina  Criftina  di  Svezia. 
II.  M.  Tré  Corone  Reali .  Medaglia  d’argento. 

*  MARGARITA  AVSTRIA.  Serrza  riverfo, come  la  Medaglia  figurata- 
apprelTo  il  Lucido, p.  22  i.bartutadel  • 

3  MARIA  AVSTR.  REG.  BOEM.  CAROLI  V.  IMP.  F. 
CONSOCIATIO  RERVM  DOMINA.  Donna  con  una  Corona  Imperiale 
nella  delira,  &  uno  Scettro  con  due  rami,  uno  d’oliva,  l’altro,  come  lembra, 
d’alloro  per  parte,  nella  finiftra,  in  atto  di  caminate  per  una  gran  mafia  d’ armi, 
de infegne  militari  modèrne . 

4  MARIE  THERESE  D.  G.  FR.  ET  NAV.  REG. 

LVD.  XIIII.  D.  G.  FR.  ET  NAV.  REX. 

J  MARIA  I.  REG.  ANGL.  FRANC.  ET  HIB.  FIDE!  DEFENSA¬ 
TRIX.  Effigie  di  Maria  Stuarda, Itnzanvcrlo, il  qualepuò  vederli  nel  Meda¬ 
glione  figurato  apprèso  il  Luclcio  lotto  l’anno  1 5  53.  p.  165. 

6  MARIA  DVX  BVRGVNDIAE,  AVSTRIAE.  Maria  di  Borgogna. 
MAXIMILIANVS  DVX  AVSTRIAE,  BVRGVND. 

7  MÀRfA  KARÒLI  F.  DVX  BVRGVNDIAE,  AVSTRIAE,  BRAB. 
C.  FLAN. 

MAXIMILIANVS  FR.  CAES.  F.  DVX  AVSTR.  BVRGVND. 

8  MARU  MAGD.  ARCHID.  AVSTR.  MAC.  DVX.  ETR.  Meza  figura 
di<jucfta  Principefla  velata ,  fatta  con  tanto  artifizio ,  che  nel  velo  fi  diftir^gucno 
le  fila.  Sotto  vi  è  il  nome  dell’artefice  abbreviato  in  quelle  note  |'gasp.] 

AETHER  a  .  L’Vccello  di  Paradifolorvolatc  le  nubi ,  attorno  cui  fi  leggono  gli 
antedetti  carattc  i .  Sotto  in  pfofpettiva  fi  vede  un  fquarcio  della  Città  di  Firéze. 

9  MAR.  MAGDALEN^  ARCH.  AVST.  M.  D.  ETR.f^;]  Ha  |>riv. 
COSMVS  11.  MAG.  DVX  ETRVRIu®  Illl.  Tg-mol.  .^gTl 

*■ - ^  IO  Al- 


L  i  's  &  0  ^  Par  t  0.  CAP.  xix.  j 

10  Altra  fimile,  fenzarivcrfo. 

11  MAR.  MAGDALEN^  ARCH.  AVSTR.  MAG.  D.  ETR.  Meda¬ 
glione  di  prima  grandezza,  pure  fenzarivcrfo.  2. 

12  MARIA  CASIMIRA  CORON.  IN  REGIM.  POL.  M.D.L.  DIE  zJ: 
FEB.  i6y6.  Incoronazione  della  Regina  di  Polonia. 

FVLGORES  SOCIATAM  VOCAT  IN  CONSORTIA  REGNI.  La  Lu¬ 
na  ,  che  illuminata  dal  Sole  camina  fopra  d’ un  Carro  tirato  da  due  Cervi .  d’arg, 

13  BIANCHA  CAPP.  MED.  M.  DVC.  ETRVRI^.  Senza  riverfo. 
34  CHRISTIANA  P.  D.  L.  GRAN.  DVC.  DI  TOSCA.  Meza  figu^ 

ra  di  quella  Principeffa  di  fuperbfflìmo  lavoro . 

FRVCTVM.  LVMENQ.  PVDORIS.  Vnafpicadifrumento,  incuifivedc 
una  Stella  circondata  da  fette  altre  alludenti  alla  coftellazione  della  Vergine .  2. 

ij  CHRISTIANA  PRINC.  LOTH.  MAG.  DVX  HETRVR.  Meda, 
gUone  di  maffima  grandezza ,  lenza  riverfo , 

16  ELEONORA  FLORENTIA  DVCISSAJ 

CVM  PVDORE  LAETA  FOECVNDITAS.  Pavone  coafottoTalifpie- 
gate  fei  Pavoncini, 

17  MARG.  ALOY.  AVRELIANENSIS  D.  G.  M.  D.  ETRVRI^! 

1"  F.  CHERON.  ]  d’argento. 

COSMVS  III.  D.  G.  MAGN.  DVX  ETRVRI^,  di  cui  cantando  là 
Fama  colla  felice  Mufa  di  Iacopo  Gronovio ,  degno  figliuolo  di  Gio.  Frederico. 
mmmmm  w-i.iw  nufquAm  elementior  ilio 

Imperii  Lucumo  moderamina,  rexit  Etrufcif 
Non  probitate  prior ,  non  magnificentior  alter, 

18  MARIA  ANNA  COSMI  III.  M.  D.  ETRVRIiE.  f  f-  cheron.' | 
d*  argento . 

FERDINANDVS  PRINCEPS  ETRVRI^.  II  Gran  Principe ,  figliuolo  di 
Cofmo  IlI. 

19  BARBARA  AVSTR.  ESTEN.  1505.  fenza riverfo, 

*0  HIPPOLYTA  GONZAGA  FERDINANDI  FIL.  AN.  XV.  c  di 
lotto  AiflNAPiTHNOZ.  Senza  rivcrfo .  2. 

21  HIPPOLYTA  GONZAGA  FERDINANDI  FIL.  AN.  XVII.  2. 
fenza  riverfo. 

22  HIERONYMA  FARNESIA  D.  S.  VITALI.  1556.  P.  fenzarivcrfo; 

23  IVLIA  FELTRIA  DE  RVVERE  EiTEN.  efotto  P.  lettera  iniziale 
de)  ome  dell’artefice.  Senza  riverfo. 

24  CAMILLA  SFOR.  DE  AR  AGONI  A  MATRONA^j.  PVDICISSIr' 

MA,  PISAVRI  DOMINA.  -  ^ 

SIC  ITVR  AD  ASTRA.  Vergine  aflìfa  fopra  un'Alicorno,  &  un  Canc,con 
lottovi  OPVS  SPERANDEI.  Medaglione  grandilfimo di  bronzo. 

2j  CATHARIN^  SF.  DE  RIARIO  FORLIVII ,  IMOLAE  ,  01.  CP. 
Meza  figura  di  Caterina  Sforza .  Senza  riverfo . 

26  LVCRETIA  BORGIA  ESTEN.  FERRARIS,  MVT.  AC  REGI! 
D.  Mezafigurabellilfimadi Lucrezia, che fù figliuola d’Aleffandro  VI.  e  fo-> 
rella  del  Duca  Valentino . 

VIRTVTI  AC  FORMAE  PVDICITIA  PRAECIOSISSIMVM.  Albero 
da  cui  pende  un  trofeo  di  Strumenti  Muficali .  Al  tronco  vi  ftà  legato  colle  ma¬ 
ni  dietro  le  fpalle  Amore ,  la  di  cui  faretra  rotta  pende  da  un  ramo  di  quell’  Al¬ 
bero,  Medaglione  di  prima  grandezza,  tanto  più  offervabile,  quanto  meno 
concordano  coll’  ifcrizzione  del  fuo  riverfo  alcuni  Scrittori  di  quel  tempo .  ^ 

O  o  a  Huo»  * 


4  3  M  y  S  E  0  C  0  s  P  l  A  N  0 

i  _  Huomini  illufiri , 

Cap.  XX, 

t  A  LEXANDER  LIVICELLVS  CREM.  Mcza  figura  d’huomo  vecchio/ 

fenza riverfo . 

2  rt.NlDREAS  BARBATI  A  MESSANIVS  EQVES  ARAGONJEQVE 
REGIS  COMSILIARIVS  IVRIS  VFRIVSQVE  SPLEN  DI  DI  SSIM  VIVI 
IVBAR.  y^iidrea  Barbaz  za  Cavai  icr  Meflìnefe,  come  nc  adita  i’ifcrizzione , 
Nel  riverfo  uaa  figura|in  piedi  di  Donna  ignuda  coni  capelli  Iparpagliati,  con 
braccia  aperte  tenendo  nelle  mani  due  Libri,  a  piedi  della  quale  ve  nc  fono  mol¬ 
ti  .  Dalla  ifcrizzione  di  tal  Medaglia,  e  dalle  ali,  che  fono  fei,  cioè  alle  fpalle,  a  i 
lombi ,  3c  alle  ginochia,c  manifefto,  che  tal  figura  fia  la  fama  del  fuderto  Dotto¬ 
re:  oltre  che  l’ ifcrizzione,  eh’ è  FAMA  SVPER  AETHERA  NOTVS, confer¬ 
ma  il  tutto.  Qjantafulfc  la  fama  di  quello  Celebre  Dottore,  non  folo  loda  a  di¬ 
vedere  la  prefenre  Medaglia  col  riverfo  d’ una  Fama,  fuor  dell’ufato  effigiata,  ma 
ancora  le  Opere  ftampate  dal  medefìmo,  effendo  quello  flato  Eminéte  nel  noflro 
Studio,  (ft  havendo  fondata  la  Nobiliffìma  Famigl.a  di  tal  nome  in  quella  Patria  , 
dove  fono  fcaturiti  celebri  huomini  in  lettere ,  &  in  armi .  di  Metallo . 

3  ANDR  ALCIATVS  IVR.  COS.  COMES  P. 

ANAPOX  AiKAioT  KAPnos  OTK  AiioATCA.  Vn  Caduceo,có  due  Comi  di  dov, 

4  ANDRE  AS  DORI  A  P.  t.  Meza  figura  del  Doria,  col  Tridente  di  Net¬ 
tuno  dopo  le  fpalle .  Hà  per  riverfo  una  Galera  in  alto  Mare ,  feguita  da  un  Bat¬ 
tello.  5  Spiega  quello  riverfo  il  Luckio,  p.  1 30.  figurandolo  col  motto  NON 
dormii  QVI  CVSTODIT. 

5  ANT.  LyEVA  CMS.  EXER.  IN  ITAL.  IMP.  MEDIOL.  REI. 
Vie.  GEN. 

yNDIQ^  PARTA.  La  Fama, che  Tuonala  Tromba,  flando  con  un  piede  fo- 
pra  un  giobo, il  quale pofafoprà  un faflo  quadrato.  In  profpettiva  fi  vede  la 
Cittàdi  Milano . 

6  CAMILLVS  AGRIPPA  ANT.  F. 

VELIS,  NOLISVE.  Statua  Militare,  che  tiene  per  i  capelli  la  Fortuna^ 

7  CANDIDVS  STVDIORVM  HVMANITATIS  DECVS .  Medaglio- 
ne  con  meza  figura  di  Candido  d’ altiflìmo rilievo.  Hà  nel  rivet fo  un  Libro 
aperto ,  con  otto  fegnacoli  pendenti ,  il  tutto  di  belliflìmo  lavoro  del  Pifani ,  co¬ 
me  moflrano  le  lettere,  che  Io  contornano.  OPVS  PISANI  PICTORIS. 

8  C.  CONCINI  MARQ^  DANCRE.  MAR.'"'^  DE  FRANC.  L’AtmsL- 
del  Concini ,  coronata . 

TVTA  SORTE  FIDELITAS.  1514.  Ellera  avviluppata  intorno  ad  un’ An¬ 
cora  ,  fopra  di  evi  vedefi  un  globo  alato . 

9  CAR.  ERRARD  MONSTRAT  ITER.  Meza  figura  di  quefto  grand’ 
hu  omo,  riguardante  il  Cielo:  &  in  effa  intagliate  quelle  lettere  [roma.  ■671.') 
SIC  FIES  APOLLO.  Imagine  d’ Apolline, che  addita  in  lontananza  il  Pitone 
urcifo.  Medaglione  d’argento ,  d’efquifìtiilì  no  conio ,  opera  di  chi  v’efpreffe 
[f.<-h&kon/)  Nefece  un  regalie  al  Sig.  March,  il  Ser.  Card.  Leopoldo  Medici, 
il  quale  có  quello  donò  al  medefìmo  altri  Medaglioni,come  se  notato  di  fopra.^ 

10  DOMINIO.  FJNFANA  CIV.  RO.  COM.  PALAT.  ET  EQ.  AVR. 

IVSSV  XYSTI  QVINT.  PONT.  OPT.  M  'X.  EX  NER.  CIR,  TRANSTV- 
L1T,ET  EREXIT  i58'5.  L’Obelifco  Vaticano,  la  cui  crezzione  viene  minu¬ 
tamente  deferitta  da  Monfig. Michele  Mercati  nel  luo  Libro  de  gli  Obelilc.  c  40. 
facendo  infieme  gloriola  menzione  deli’  .Architetto,  chclo  tralportò ,  &  t  rcHo 
nel  cap.  38.  11  FER^ 


LIBRO  A  R  T  O,  CAR.  XX.  437 

II  FERDINANDVS  COSPIVS  PATR.  ET  SENATOR  BONOMIA; 
EQVES  COMMEN.  S.  STEPH.  ET  BAYV.  ARET.  MARCHIO  PE- 
TRIOLI .  Pianta  del  nobile  ,  &  antico  Cafteljo  di  Pctnolo  ;  il  quale ,  coi  fuo 
Territorio,  illicuito  Marchelato,  dal Sereniffinio  Granduca  Ferdinando  II.  fù 
con  gcnerofità  degna  di  tanto  Principe  donato  in  Feudo  al  Sig.  Bali  Colpi ,  co¬ 
me  appare  dal  Diploma  fpedito  lotto  il  dì  29.  Luglio  1648.  Giace  quello  Ca- 
ftello  nel  diftretto  di  Siena ,  e  lontano  da  ella  XV.  miglia,  lìtuato  fra  due  Icolccfi 
monti sù  la  viamaeftra,  che  conduce  a  GrolTeto.  Fù  dalla  Republica  Sanele 
cinto  di  belle  mura,  circa  Tanno  di  Chrifto  1200.  &  il  di  lui  governo  iù  per 
qualche  tempo  amminillrato  da  un  Podeftà:  apparendo  in  una  Scrittura  antica, 
fra  quelli,  che  governarono  il  detto  Callello,  uno  della  nobililfima  Famiglia 
de’Beccarini.  E  per  quanto  fi  raccoglie  da  alcune  Memorie  antichilfime,  heb- 
be  lotto  la  fua  giurifdizione i  Caftelli  di  Tela ,  Tocchi ,  S.  Lorenzo , e  Pari, ove 
di  prefente  è  trasferita  la  refidenzad’un  Vicario,  due  miglia  vicino  a  Ferriolo/ 
colla  giurifdizione  de’  Indetti  luoghi.  Lo  refero fopra tutto  famofoi  Bagni, 
che  fono  fiati  giudicati  i  più  antichi  d’ ogn’  altro  del  Territorio  di  Siena  ,e  d’ al¬ 
tre  Città  d’ Italia  ;  inrenderidofi  fa\/ellar  di  quelli  Celio  Aureliano  nel  lib.  I.  IL 
c  V.  4e  tardis  Pajjlonihtis y  dovefà fpecificamenzione  delle  acque  Sanefi,  tra-' 
iafeiando  le  Tifane,  &  altre  che  in  Italia  erano  in  ufo;  e  Vitruvio,  che  nel  libro 
Vlli.cap.  HI.  de  aquis  calidis  a  metallis  prodeuntibus  y  frale  Italiane,  che  pure 
erano  molte,  celebrò  le  Sanefi  in  Tofeana .  Nel  che  furono  feguiti  da  Giorgio 
Agricola,  che  fece  lofteffonellib.lv.  de  natura  eorum,  qua  effluunt  ex  terrà. 
Che  poi  dove  gli  antichi  nominano  le  acque  Sanefi  in  ifpezic ,  quefte  debbano 
àntenderfi  per  quelle  di  Petriolo ,  fi  può  cavare  dalle  parole  di  Gentile  da  Foli¬ 
gno  ,  gran  feguace ,  e  Commentator  d’ Avicenna  :  fcrivendo  egli  nel  fuo  primo 
.Trattato:  Balneum  Petrioli  a-^ud  antiquos  famoflus  erat.  Nel  qual  Trattato  fa¬ 
vellando  delle  virtù  di  quefti Bagni, dice, che  Balnea  Petrioli  de  comitatu Sena^ 
rum.  habent  multum  de  Sulphure  in  fubjlantià  groflà.  &  ftttt  fortia  in  ex  fic¬ 
cando.  dr  calefaciendo ,  E  nel  fecondo  Trattato  foggiunge  .•  Balnea  Petrioli 
qua  funt  multum  fulphurea.  ép  cum  fuhfiantià  multum  groflà.  multum  calefa¬ 
ciunt  .exiccant .  fubtiliant  humores,  ér  refolvunt  eos  in  habentibus  dolorem  ytnm 
clurarum.  Fecero fimilmente particolare,  e  lunga  menzione  di  quelli  Bagni 
Vgolino  da  Montecatino ,  il  Savonarola  ,&  il  Mengo  da  Faenza ,  &  altri  Medi- 
cidigrannomene’Secolipaflfatijegliantepoferoa  tutti  in  virtù,  e  concorfo. 
Dice  Vgolino ,  eh’  è  fulfureo ,  &  a  luminofo ,  che  rifcalda  molto ,  eficca ,  e  rilol- 
ve  ;  e  perciò  era  giovevole  a  gli  affetti  delle  giunture ,  e  nervi  da  caufa  fredda , 
alle  fciatichc,&  alT  intemperie  fredde  della  teda  ;  e  che  s’adoperava  con  doccia, 
fottomcttcndo  la  teda  per  qualche  tempo  dove  calcava  l’ acqua,  che  ufeiva  fuo-  " 
ri  d’u'ta  bocca  di  Leone.  Approva  l’andare  a  quefti  Bagni  li  Mefi  di  Marzo, 
e  d’  Aprile  :  benché  altri  diceffero  di  Settembre ,  e  d’ Ottobre  ;e  la  ragione  d’  V- 
golino  fi  è  ,  perche  di  Settembre,  ed’ Ottobre  il  freddo  fopravegnente  correria 
per  gli  pori  della  cute  aperti  nell’ufo  del  bagno,e  farebbe  gran  nocumentodl  che 
fifeanfa  ufandoIidiMarzo,  e  d’ Aprile;  e  conchiude  finalmente,  che  eli  Bal¬ 
neum  infgnis  fama.  II  Savonarola  nota  con  altri ,  che  quefio  Bagno  prele  il  nó¬ 
me  dal  Caiiello  di  Petriolo, e  che  erat  cateris  famoflus \  e  che  era  tanto  fulfu¬ 
reo  ,  chefpargeva  T  odore  del  follo  mezo  miglio  lontano;  e  che  bave  va  una 
tale  fchiuma  fulfurea  fopra  ì’  acqua  :  di  poi  nomina  molte  infermità  fredde ,  al¬ 
le  quali  giovava .  Scrive  il  limile  il  Mengo  da  Faenza,  aggiungendo  però  che 
crede  che  quelli  Bagni  habbiano  perduto  in  gran  parte  le  virtù  fudette ,  per  mi- 
ftura  di  qualche  acqua  dolce .  Ne  tratta  parimente  il  Baverio  in  un  fuo  Confi- 

Oo  3  glio. 


/ 


4j8  M  V  S  e  0  C  0  S  P  1  A  0 

Slio  ,  in  cui  ordina,  che  nel  bagnarfi  fi  cominci  dal  Bagno  di  Caldanellai  e  poi 
fivada a  quello  di  Pctriolo,  come  più  caldo,  e  più  ethcacc  .  Numera  fimilmen- 
fe  quelli  Bagni  colle  virtù  predette ,  e  lucceflìvamenre  gli  altri  di  Siena ,  Barto- 
iomeoda  Torino ,  Medico  pure  famofo  de’  luoi  tempi .  E  così  il  Franciotti ,  & 
il  Mercuriale  in  varii  luoghi  :  e  con  e(fi  il  Sennerto  ,&  il  Vecherio,  benché  ol¬ 
tramontani,  Segnalò  quelli  Bagni  Pio  II.  Pontefice ,  conferitoli  ad  elfi  per  ren¬ 
derli  libero  d’ alcune  lue  indilpofizioni;  Per  lo  thè  rimale  il  nome  del  Bagno 
del  Papa  .che  cutt’ oggi  dura,  a  quel  luogo, dov’ egli  loleva  bagnarfi .  Et  avan¬ 
ti  detto  Pontefice  per  ducente ,  e  più  anni,  furono  frequentati  detti  Bagni  da  più 
Baroni  Romani, come  Colonnefi  .Gaerani  ,& altri;  de’  quali  ne  appare  memo¬ 
ria  nel ludetto Caftello .  Trovali  alprclentePetrioIodalleingiunc  dcliempo 
alquanto  dameggiato  ;&i  di  lui  Bagni, le  bene  conltrvaro la  virtù  medicinale 
di  prima ,  non  fono  tanto  frequentati  ;forli  perche  tendendola  vici  flit  Udine  va¬ 
riabile  ogni  cofa  .anco  alle  Terme  medicinali  lìa  fiato  alTc gnato  i!  loro  periodo, 
I»  FRANCESCO  DA  SANGALLO  SCVLTORE  ET  ARCHHET- 
TO  FIORENTINO.  Francelco  da  Sangallo  colla  detta  ilcrizzionc . 

Ha  nel  rivcrlo  un  Termine,  che  con  una  mano  palce  un  Cane, e  tutto  circondato 
d’un  feltonedi  frutti , colf  ilcnzzione  DVRABO.  di  Metallo. 

13  GABRIEL  LIPP.  MezaStatua  d’huomo  non  moltoattcmpato.con  un 
Cornucopia  nella  lìniftra , 

14  GA*>PAR  ELEPH  ANTVTIVS.  Mera  figura  di  Gafparo,  colla  velie 
Dtma'cda  ''on-ore,  lunghifiima  baiba,di  bcliilTimo artifizio , 

AJìPON  ©EOT  ZTAMA?,  Mcza  figura  di  donna  politi  van.'cni  c  veli  ita . 

15  lOANMES  B  iPT.  PORTA  LYNCEVS  NEAFOL.  in  habito  da  Dotr. 
NATVRA  RECLVSA,  Vna  figura  nuda  con  una  fiamma  in  t£  Ila ,  un  globo 
nella  delira ,  e  una  fiaccola  accefa  nella  finiRra  in  atto  di  ulcire  da  una  fabbrica 
antica,  di  Metallo. 

16  GIOVANNI  FONDATI  N.  F.  fenza  riverfo. 

17  HANS  KRAV  VV1NCKEL.  SCHIF.  Tré  Galere  veleggiami . 
PIETATE,  ET  IVSTITIA.  L’ Armadel  RèCriflianilTimo. 

18  HIER.  CARDANVS  AETATIS  AN.  XLIII. 

ONEIPON.  Diverfe  Figure  rapprelcntanci  un  Sogno.  Con  che  fori!  allufe  il 
Cardano  a  ciò,  ch’egli  Icrillc  de’  Sogni . 

19  HIFPOLITVS  BRACCIOLINVS.  Mcza  figura  armata,  con  lotto  S.  P. 
PVTIDIS  NON  ASSIDET  VLLIS.  Ape lopra un  Fiore,  che  Icmbrarcbbe 

•  Rofa,  le  la  Pianta  fulfc  meglio clprclTa  , 

20  lACO.  BOVIVS  IVRECONS.  BONON.  EQ.  CO.  ALM^  VRB. 

SEN.  Meza  Figura  torquata  di  Giacomo  Bovio  in  un  Medaglione  di  leioncie 
di  diametro ,  lenza  rivcrlo .  _ 

21  lACOBVS  III.  COMES  DE  PANICO  GEOMATES.  Medaglione 
di  bronzo  con  meza  figura  di  quell’  huomo.con  lunga  barba  ;  lenza  rivcilo . 

21  C.  V.  lOHANNES  ORSINI  DE  LANFKEDINIS  DE  FLOREN¬ 
TIA.  Medaglione  con  Giovanni ,  d’ alttllìmo  rilievo . 

SIC  PEREVNT  INSAPIENTIVM  SAGIPTE ,  ET  ILLVSTRANTVR 

IVSTI.  Vna  bcllilfima  Facciata  di  Chicla,  con  due  Statue  d’ Angioli ,  una  per 
parte  ,c  1’  imagine  d’ un’huomo  ,che  v’ entra  per  la  Porta  maggioie ,  giunto  al¬ 
la  cima  d’una  Icalinata ,  che  a  quella  conduce;  in  fondo  della  quale  lì  vede  l’ cf- 
figied’un  Sagittario  col  turcallo  in  terra , in  anodi  Icoccare  una  Saetta  nel  cor¬ 
po  di  colui  ch’entra  in  Chiela ,  figurato  per  Giovanni  Lar  fredini  :  il  tutto  cir¬ 
condato  dalle  fudcite  lettere  a  rilievo ,  che  /piegano  a ballanza  l’illoria  accen¬ 
nata. 


LIBRO  A\r  0.  CAR,  XX,  43J 

nata.  Di  chi  (ia  manifattura,  lo  moftrano  le  lettere  intagliatevi  OPVS  SP£.' 
RANDE! . 

23  IOANNES  ALOISIVS  TVSCANVS  AVDITOR  CAM.  Il  Tofca- 
no,  laureato. 

OyiD  NON  PALLAS?  BelliUìma  Statua  di  Pallade  in  piedi  fopra  un  DelH^ 
no , tenendo  n ella  dedra  un’afta ,  a  cui  è  avviticchiato  un  Serpente .  Nella  ftni* 
ftra  hà  lo  Scudo ,  e  quinci,  e  quindi  L.  P.  2. 

24  IO.  BA.  GAS.  CAR.  V.  CAES.  PER.  RO.  REG.  ET  BOE.  RE. 
EXERCIT.  DVX. 

CAPTIS,  SVBAC.  FVSISQ:^REG.  NAVAR.  DACI^ .  ET  OLIM 
PERSA  TVRC.  DVCE.  Quattro  Statue  intiere  in  piedi, cioè  quella  del  Ca. 
ftaldi ,  che  riceve  uno  Scettro  da  una  imagine  di  donna  coronata,  efprelfa  per  il 
Regno  di  Navarra,  vicino  acuì  ftà  rcffigied’unTurcoa  nian  deftra  del  Caftal-' 
di  :  &  a  mano  lìniftra  una  figura  di  Rè ,  che  riverifce  il  Caftaldi ,  legnate  forfi  per 
il  Rè  di  Dacia.  3, 

25  IO.  BAP.  CASTALDVS  .  .  ALA  .  .  PER.  ROMA.  ET  BOE. 

RE.  EXERCIT . 

TRANSXVANIA  CAPTA.  Effigie  della  Tranfilvania  efprelTa  in  forma  di 
Donna  ignuda, colla  Ceiatain  capo,  fedentea  piedi  d’un  Cavaliere  armato, 
figurato  per  il  Caftaldi . 

25  IO.  BAPT.  MALVETIVS  EQVES  AC  COMES  BON.  ETATIS 
AN.  XX7. 

ACCEDO  SED  NON  SVCEDO  ONERI.  Albero  di  Palma,  da  cuipen- 
dono  due  peli,  uno  per  parte.  Nel  pedale  vi  fi  legge  |  io.  f.  |  Medaglione^ 
malfimo  . 

27  lOtiANNES  BATTAGLINVS.  LadiluiTefta.  Hi  per  riverfo  una 
Figura  di  donna  fedente  con  un  Cornucopia  nella  finiftra,  dcuna  patera  nella 
deftra  in  atto  di  vcrfarlafopra  uno  altare,  in  cui  ardono  le  fiamme. 

28  EQVES  IOANNES  LAVRENTIVS  BERNINVS  AETATIS  SVAE 
LXXVI.  Sua  effigie. 

SINGVLARIS  IN  SINGVLIS,  IN  OMNIBVS  VNICVS.  Imagini  dcllsu 
Pittura ,  Scoltura ,  Architettura ,  e  Geometria . 

29  LVCAS  SALVIONVS  PAT.  IVR.  CON. 

LEGIPERAS  CERERI.  Statua  di  Cerere  in  piedi,  con  un  Libro  nella  deftra, 
un  Cornucopia  nella  finiftra,  &  un  capo  di  Majale  lotto  i  piedi .  Gli  antichi  pe> 
lò  figurarono  in  altra  maniera  Cerere  Legifera,  efprimendola  in  un  Cocchio 
tirato  da  due  Dragoni  ;  de’  quali  fù  ferite o 

Le^feram  Cererem  foliti  veSiare  "Dracones 
Si^na  redundantis  fertilitatis  habent . 

30  LVDOVICVS  ARIOST.  POEF.  L’Ariofto  laureato.' 

PRO  BONO  MALVM.  Api ,  che  fuggono  dall’ alveare,  lotto  cui  fu  accefo  il 
fuoco. 

31  M.  MANT.  BENAVIDIVS  PAT.  I.  C.  ET  COMES. 

FESSVS  LAMPADA  TRADO.  Vn  Bue  giacente. 

32  MARCVS  MANT  VA  BONAVITVS  PATAVINVS  IVR.  CON. 
Hà  per  riverfo  due  tette ,  cò  i  nomi  : 

ALEXAND.  BASSHNVS.  ET  lOHAN.  CAVINEVS  PATAVINI. 

33  MICHAEL  ANGELVS  BONARROTVS  FLOR.  AET.  S.  ANN. 
88.  I  LEO.  1  Meza  figura  di  Michelagnolo  ;  del  quale  lenza  iperbole  può  dir. 

fi  con  Aiuonio  Gigante  Carm.  elcg.  p.  1 2  3. 

Si 


440 


M  V  S  E  0  C  0  S  E  l  A  "N  0 


si  ma  Praxitelem  ,  Jl  non  fuperavit  Apellem  , 

Ambohus  certe  par  Bonarota  fnit , 

Pafsò  a  miglior  vita  del  1564.  come  appare  dal  Volume  de’  Componimenti  rac¬ 
colti  nella  lua  morte,  e  publicati  da  Domenico  Legati  in  Fiorenza  dello  ftifs’ 
anno  in  4.  Il  che  pure  notò  il  ludetto  Legati  anco  nel  Sommario  di  tutte  le  cofe 
notabili jfeguite  al  Mondo  dal  al  1590.  in  Venezia  1590.  i2, 

DOCEBO  INIQVOS  V.  T.  ET  IMPII  AD  TE  CONVER.  Cieco  gui¬ 
dato  da  un  Cane. 

34  Due  altre  dello  ftefl'o impronto, ma  fenza  riverfo , 

35  N.  C.  StampadellaMedagliadiNatalConti,colladiluieffigielaurca- 
ta,  e  le  fuderte  lettere  ,  donatami  dal  Sig.Gio.  Antonio  Vittoni,  Arciprete  di 
Fiumazzo.  Scriffe  la  Mitologia,  &  un  Poema  della  Caccia:  de’ quali  Compo¬ 
nimenti  raifovviened’haver  fcrirto  nell’ Ateneo  . 

K^rcipstens  COMITEM  num  te  delegit  Apollo  t 
T am  bene  venatum  qubd  tua  metra  docent  ? 

Hoc  ego  credideram  j  ni  dtitn  tu  fi  eia  recludis  y 
Phoebum  venari  fabula  vana  foret. 

16  NICOL.  TODIM.  ANC.  ARCIS  S.  ANG.  PREFECTVS.  Hànel 
riverfo  la  Pianta  di  Caftel  S  Angelo . 

37  NVDVS  EGRESSVS  SIC  REDIBO.  Nicolò  Palmieri  Siciliano, col 
capo, e bufto  ignudo. 

ANDREAS  VACILOTTVS  CONTVRERNALIS  B.  F.  VIXIT  ANN. 
LXV.  OBIIT  A.  D.  MCCCCLXVII.  Vn’huomo  ignudo  in  piedi ,  che  col- 
Ja  finiftrailà  appoggiato  ad  un’afta ,  e  colla  delira  fofticne  un'  Orologio  da  polr 
vere,  di  metallo. 

38  NICCOLAVS  PICCININVS  VCOMES  MARCHIO  CAPITA¬ 
NE  VS  MAX.  AC  MARS  ALBER.  Di  bella  maniera  coll’ impronto  del  me- 
defimo  armato. 

BRACCIVS  PISANI  P.  OPVS  N.  PICCININVS.  Attorno  una  LeonelTa 
grifa  alata,  che  alatta  due  puttini,  e  nel  collare  PERVSIA. 

39  OVIDIVS  GIBETTVS  ART.  DOC.  AN.  42.  fenzariverfo. 

40  PETRVS  ARETINVS.  Meza  figura  di  Pietro  Aretino,  con  lunghilfi- 
ima  barba . 

VERITAS  ODIVM  PARIT  .  Imagine  della  Verità ,  ignuda,  in  atto  d’eftcre 
Coronata  da  una  Vittoria ,  havendo  un  brutto  Satiro  da  piedi ,  figurato  per  l’ O- 
dio,  come  (piegano  le  fudette  parole ,  cavate  da  Terenzio  nell’ Andria  Ae'l.  i. 
Se.  I.  Sopra  la  Verità  fi  vede  Gio  ve  in  aria  co’fulmini  alla  mano  in  atto  di  Ica» 
gliarli  contro  l’ Odio  additatogli  dalla  Verità . 

41  DIVVS  PETRVS  ARETINVS.  Senza  riverfo .  Dove  però  il  titolo 
DIVVS  ulurpatofi  dall’ Aretino  vivente ,  manifefta  che  non  cedè  aLuciftro 
nella  fuperbia  :  come  il  fembiantc  tutto  fatirico  lodichiara  vera  Imagine  della 
Maledicenza;e  per  tale  fù  canonizzato  dal  Beazzano,  che  ne’Iuoi  varii  Poemi, 
yerfo  il  fine ,  di  lui  cantò  , 

Nunc  ego  nec  piclum  poffe  tacere  pitto. 

42  DIVVS  ARRETINVS  FLAGELLVM  PRlNCIPVM. 

VERITAS  ODIVM  PARIT.  In  una  gran  Corona  d’alloro.  Della  qual  fen:: 
tenza  il  P.  Carlo  da  S.  Antonio  di  Padova  Anconitano  nel  lib.IV.  epig.  32. 
enigmaticamente  ne  fcnlTc . 

0  ploranda  nimis,  fané  nimis,  optima  Mater: 

Ex  te  qui  natus,  non  nifi  pe  fimus  eli, 

infe- 


L  l  B  IS,  Ò  A  BT  0.  CAP.  XX.  441 

Infelix  Ulter  t  Materefue  tntferrim*  :  femfer 
Hic  fre^a.  ut  ]aceas ^  curata  ^  ut  pereas. 

Ed  apertamente,  macoU’acutezzalua  propria  S.  Agottino*  eur  Veritas ^  diflc, 
Ùdium  parti  ?  nifi  quia  fc  amatur  Veritas  ,  ut  quicunque  altud  amant  ,  hoc  , 
quod  amanti  velint  efe  veritatem i  quia  falli  nolunt ^  nolunt  convinci  ,  quod 
falfi fini . 

43  PIERRE  STROSSY  CHEVALIHR  DE  L*  OR.  DV  ROY  ,  ET 
MAR.  DE  FRANI.  Meza  figura  dello  Strozzi  armata,  fuorché  la  teRa  .  Me¬ 
daglione  lenza  riverfo . 

44  SIPIO  BVZAKREMVS  PAT.  Hà  per  riverfo  una  figura  ftolata  in  piedi, 
con  uno  Scettro  nella  delira,  e  lettere  dalla  finiftra,  che  dicono  E  GADON. 

45  THOM.  PHIOL.  R.  VEM.  PHYS.  EQ^  GVARD.  D.  MAR.  MAG. 
1552. 

GEnIITA  a  IOVE  ,  ET  SORORE.  Donna  ignuda  giacente  in  un  cerchio 
di  Stelle ,  con  un  fanciullo  al  petto ,  portogli  da  un’  Aquila .  Sotto  il  cerchio  di 
quelle  Stelle  fi  vede  una  pi  anta  di  Gigli ,  con  alcuni  augelli,  che  volanvi .  Sem¬ 
bra  quella  donna  efprelfa  perGiunone, come  il  fanciullo  per  Ercole,  c  quelle 
Stelle  per  la  Via  Lattea ,  cosi  chiamata  dal  fangue  fparfoui,  come  dicono  i  Poe. 
ci.daGiunonei  alcune  goccie  del  quale,cadutfi  in  terra,  diedero  il  candore  a’ 
Ggl'. 

46  VITALIS  GMELICHIVS  A.  XXXIX,,  1559.  fenza  riverfo. 

Donne  IlluHri, 

Cap.  XXI, 

I  T>  LANCHA_REARIA. 

O  te  DNE  speravi.  NO.M  CONFVNDAR  IN  ETER.  Le 
tré  ijiazie . 

2  CAMILLA  RVGERI.  Meza figura,  fenza riverfo. 

3  DIVA  CLARA  ANNA  ROSIE.  RAGINA  C.  Meza  figura  di  quella 
Donna  velata,  fopra  una  Corona.  Medaglione  lenza  riverfo. 

4  ELISABETTAE  QVIRINAE.  Belliflìmatefta  in  profilo.  Hà  per  river¬ 
fo  le  tré  Grazie  ig  ude. 

5  F.  FRANCINAE  FORMO^ISS.  SIMVLACRVM. 

IGNIS  OMNIA  VORAT,  IPSAM  RECREAT.  La  fenice  fopra  il  Rogo 
accefo 

6  ISOTTAE  ARIMINEN.  MCCCCXLVI  Mezafigura d'Ifot^a, velata. 
ELEGIAE .  Vn  Libro  aperto .  E  quefto ,  (e  fi  deve  credere  all’  ilcr  izzione  del¬ 
la  prefentc  Medaglia  ,ch’è  egitima.figmfi  a  un  Volume  d'Eleg  e  d’Ilotra  :  le 
quali  per  avventura  faranno  quelle ,  che  lotto  il  di  lei  nome  ieggonfi  in  un  Codi¬ 
ce  d’ Elegie  di  diverfi,  intitolato  LIBER  ISOTTjEVS,  che  io  conlervo  Ma- 
nufentto  in  4.  eche,comeavv{foinraj  il  gcntiiiflìnn  P  Apre  fio  con  fua  data... 

(otto  li . nel  principio  del  Secolo  trafeorfo  fù  publicato  lotto  nome, le  ben 

mi  raccordo,  d’ un  tal  Balio  io  da  Parma  ,  di  cui  nel  fine  del  m  o  Efemp'are  Ma- 
nufcricroleggefi  un  Poema  Eroico,che  porta  il  titolo  Dtofympofeos:  del  quale 
hebbi  adirne. 

Confueta  cum  forte  lovem  faBidia  menfa 
Caepiffent  y  fummo  torft  ab  axe  pedem, 
tua  diverti,  Bafini ,  CONVIVIA  ;  guflanSy 
PluSf  aiti  hic  fapiunt  neBar  t  &  ambrofa. 

Che 


44»  Mysso  t  0  S  P  I  0  . 

Che  1/otta  però.  Ia  quale  fu  Moglie  diSigilmondo  Pandolfo  Malatefla,  Signore 
tii  Rimini ,  fucceduta  alia  Sforza ,  fia  la  vera  Autrice  di  quelle  Elegie  ,  che  ad  effa 
vengono  attribuite  nel  mio  Manufcritto:  Io  dimoftranon  foloildi  lei  nome  a 
ciafcheduivadielle  prefido,  ma  di  vantaggio  ilconfedar’clla  in  elle  d’haver  ap- 
prefo  r  Arte  Poetica  da  fuo  Padre ,  che  fù  Francefco  Atri  Nobile  Ar imincfc ,  di 
cui  badi  una  Elegia  nel  Indetto  Libro ,  per  la  quale  nell’  Ateneo  de’  miei  Poeti , 
fcriflìinperionadi  lui . 

Mercurio  i  pheboque  potens  y  ut  nubere  po^ei 
FUminio  Regi  Filia  nefiray  dedi, 

^uam  Vatent  feci ^  Reginam  pc  quoque  feci. 

K^tta  procul  pngens .  Atta  me  a  Hiferia  efl , 

Oltre  di  che  Sigilmondo  Malatelta  medehmo ,  di  cui  nel  Indetto  Libro  fi  trova¬ 
no  parecchie  Elegiedi  propofta,ò  rifpoftaad  Ifotta,  &  ad  uncerro  Tobiada^ 
Verona  :  in  alcune  di  elle  dichiarali  apertamente  d' bavere  imparato  dalla  me- 
defima  a  dettar  verli  latini,  i  quali  riulcivangli  molto  felici  anco  nelle  inquietez¬ 
ze  Marziali ,  come  s’ cfprelTc  nello  fcherzo  regiftrato  lotto  una  delle  di  lui  Me¬ 
daglie.  Quando  anco  però  mancalTcro  quelle  prove,  lupplirebbe  per  tutte  il 
fenlo  letterale  della  ilcrizzione  della  prclente  Medaglia,  che  confermandomi 
ne’  miei  lentimcnti  mi  fece  accogliere  llotta  nel  Muleo  delle  Poctclle ,  con  que¬ 
lla  critica  delle  lue  Elegie. 

In  medio  Arnidumy  cum  forte  Poemata  Vatum 
Verfaret  Phcebus ,  \udiciumqne  daret  : 

Hapty  ISOTTJEOS  ELEGOS  miratus  y  &  inquit: 

Vattbusy  dr  Nobis  ecce  MagiFira  datur, 
ineontranfi  pure  nello  (fello  volume  alcune  Elegie  del  fopramenfovato  Tobia-, 
da  Verona,  il  quale,  oltre  quelle,  che  trattano  de  gli  Amori  di  Sigilmondo,  c 
d*Ifotta,intraprefe  un  lungo  Poema  Eroico  de’ fatti  del  Malatelta  j  ma  preve¬ 
nuto  dalla  morte ,  lafciòllo  imperfetto  ;  che  però  potei  notarne . 

Regis  Ariminei  quum  cencinuifet  Amores  % 

Dicere  Tobias  Arma  paratus  erat, 

Ohfitit  incoeptis  pracox  Libitina.  Timebat, 

Ne  pbi  Sifmundum  carmine  furriperet , 

7  IVLIjE  PRATONER.  Meza figura di donna dibellillimofembiantc,con 
una  Celata  incapo,  &  alcune  freccie  dal  lato  liniftro.  Senza  riverfo, 

8  LIVIA  COLVNNA.  Suatella.  Hà per nverfo  1’ imagine  della  Fama_. 
^elPatto  di  caminare  colla  Tromba  alia  bocca,  &  un  Cupido  avanti  di  fccon 
una facelta  accela  nella  lìnilfra . 

j)  LVCIA  AQVAVIVA.  Meza  figura,  fenza  riverfo, 

10  LVChETlA  SCALIONA. 

S.  A,  Vn’ Ancora. 

11  MARGARITA  LIVICELLA  CREM  Meza  figura,  fenza  riverfo.  a. 

12  LVDOVICA  FELICINA  ROSCIA  BONONIEN.  1572-  Meza  fi¬ 
gura,  fenza  riverfo  . 

13  PLACIDA  TRENNA  PICTR.  LVCEN.  A.  XXX.  Meza  figura  di 
donna  velata  in  habito  pofitivo . 

14  SOPHONISBA  ANGVSSOLA  AMILCARIS.  FIL.  Meza  figura, fen¬ 
za  riverfo.  Fu  Pittrice  Cremo  e^e di  gran  grido,  come  dimoftronel  Libro  de 
tifi  oribus  y  Sculptoribus ,  &  Celatribus  Cremon. 

15  Incerta.  Meza  figura  di  bellilfima  Giovanetta  in  profilo,coll’cfprefiio- 
nc  deli’ età,  non  dei  nome,  ellendovifolo  quelle  lettere  ANN.  XVIII, 


L  l  B  K  O 


^  a.  tCAP.  XXìl 


Medaglie  di  Legno  coniato 
Qag.  XXIU 


i,r.  t 


^^  Vi»flfunque  /emI>rnio.viM  perla  materia  qiiieBe  M^<iagJie^  chje  foiposdMe? 
góo,  behfche  non  in  tutro  fpregicvoJe,  per  non  peròcgcllnoQ; 

di  valore  a  quelle  d’oro,  anzi  di  tanto  le  avvanzano,  quanto.più.diffi* 
Cile  è  il  còrfiare  il  legno ,  che  l’ oro;  élféndo  quello  di  natura  duttile,  quellp  uò, 
ma  re/o  tale  per  forza  d’arte,  che  lenza  l’u/o  dello  /calpcllo,! ma  prcparatà|p^; 
coir  acqua ,  c  col  fuoco ,  per  roezo  de’  torchi,  e  cònii  jà  impriiBervi  quelle  ligu¬ 
re ,  che  più  le  aggrada;  come  và  difcorrendo.F  eruditiflìmo  noftro  Ovidio  MjOnr 
(albani  nei  lib.  1.  della  Dendrologia  dell’  Aidrovandi ,  tra’  Prolegomeni, 
telo  Numifmata no.  proponendovifu figuraalcUne  Medagltédideg^o; 
alle  quali  di  bellezza  non  vanno  iofériorite/ulTeguentiv  '  : 

I  OCTAVIA  CLAVDII  IMPERATOR.  F.  NERONIS  \XOK,  MìlH 
lima  effigie  d’ Otta  V  là . 

KVNIG.  FIRSTEN.  BEKAN.  MERCVIR  D.  GODER  E. >&  I.  GENANDJ 
LaFortuna  acavaiiódel  Pega/o.  .  ■  'i  T  v 

»  PIVS  mi.  PONT.  OPT.  MAX.  A.  I.  Imagine  del  Papa  d’eccelìcntiw 
lìmo  difegoo,& impronto.  Hà  nel  ri  vcrfol*  Arma  gentilizia  di  S.B.'  , 

3  Incerta, con  effigie  intiera d’huomo,. e  di  donna  paffeggianti,  coB(iie;pe|^ 
giungere  ad  un  Cartello,  che  ia>  profp'ettivafi  vcde.-DaU’^itra^P^ttcr'y^j^P^ 
concerto  di  Satiri .  .  ..Sr  > 


Medaglie  '  di  Madre  feria  I 

■caf,>  xxm. 


Ne  meno  delle  precedenti  fono  degne  d’ammirazione  le  Medaglie  di  Ma-5 
dreperla ,  benché  non  coniate ,  ma  intagliate;  pofciacheqmmto  loro  to¬ 
glie  d’ abil  ita  al  conio  la  fragilità  della  matèria,  tanto  loro  di  ragguardevole  iniy 
prime  l’ clquffitczza  dell’intaglio ,  che  rende  k  /eguenti  emulc  del/e  più  ftudia^ 
te  tavole  di  rame  .  ^ 

I  SEPTIMIVS  SEV,  Effigie' di SectimioSe vero  laureato, d’efquifitiffimo 
intaglio.  Senzariverfo.  . 

2  Incerta ,  con  meza  figura  coronata  d' una  Regina ,  di  maertà  fingolare  I , 

3  Incerta,  con  méza  figura  d’ una  donna  ordinaria. 

4  S,  KOPH.  Imàgine  di  S. Rocco, a  cui  l’Ai'gelo,  facendo  il  legno  deilal’ 
Croce ,  guarifee  la  piaga  della  coicia  dertra .  Da  un  canto  (ì  vede  il  Cane  ,  col 
pane  in  bocca ,  e  di /opra  le  lettere  di  fopra  addotte.  Neiriver/o  non  vi  è.euO 
un  femplice  R.  '• 

Medaglie  facre\  e  morali  ^  e  Sigilli  di  bronzo  l  ^  . 

Gap.  XXIV. 

I  IS.  oTs.  Meza  figura  dei  Salvatore.  Medaglia,  òfia  Moneta  battuta  circa- 
i  tempi  di  Gio.  Zimifee  Imperatore  de’ Greci ,  che  fioriva  del  9jo.ì\  quale,  co¬ 
me  rtfenfceCùropalate  nella  di  lui  Vita,  e  noto  (fi  nel  fine  deìle  Mcdaglielmpe- 
rialsfù  il  primo, che  nelle  Monete  facefle  imprimere  figure  facre  animate:  fi 
come  il  primo ,  che  vi  fece  coniare  caratteri  /acri  fù  Coftantino  Maggiore ,  che 
nel  Labaro  fece  legnare  la  Sacrolaata  nota  ricevuta  dai  Cielo  A  Giovanni 

*  Zimi- 


■■  My.SBÓ  C4>S?tAN0 

P»«  fi  tifcrilconolcd«cfu«csu.n,i,ta..c  permano  d. molto  cam» 

^fls-xs.  basile 

cano  ItSVS  CHRIST  ,  .  jcfta, la  mano  detti» in  atto  di  bcoed^' 

“‘‘’  tmYfKRKTYS  BASILEY.  BASILEO.  Colla mcaafisutadd Salva- 

dall'  auto  canto .coM  nella  :^^,s  fig„„ di  Chtifto N.S.' 

”  4  lESVS  NAZARENVS  VN10.ET  V^RI  '  =  ,.,i 

X?'»  FACTVS  EST  PRO  NOBIS  OBtu.  vcv<_ 

dèlia-Paifionc  ..  ' c^rP  F  TVVS.  Chrifto  in  Croce ,  confegnando 

u  ^afe^^af  Ddce^'oife^JoTc  Quello  alla  Madre .  nel  qual  '  atto  .1  Mattam 
rmttod«ce.de(cUmam.|^^  ee»«a  '“Cea"""” 

^Mf.  K>m.  ;  •■  Bji  om»es  inter  VSo”  AD  M.  Gliftrumcnti  della 

<.J.#^aoo.  faci,  est  PRO  NOB.  OBEU.  ySQ^ 

^“^“"xPS  FACTVS  EST  PRO  NOBIS  OBED.  VSQ,  AD  MORTEM. 
Gliftmroenti  della  Palfione ,  c»™' ‘°P”ós  ‘  DO.  La  Croce  piantata  Irà  la  Spm 

*“  T  aTer"°S ANGVINIS  CHRKTIJES V  ^  “venfe  le  Stimmate . 

SVB  TVVM  PRAESIDIVM.  .1  dito  «ella  piaga  del  collato. 

g  Chtiftorilulcitato, acuì S. Tomaio roett 

®'‘rMADRÌ  DI  MISERICORDIA.  ANNO  DOM.  rdld-  pagine  . 
VWC  otLpSRTlCcTGvTRaD  Vn' Armatoli' Aquila, 

&  una  Sbarra  con  tre  gigli.  ^Qt,£GII  IVRIS  PONTÌFICII  BONON. 

,  .  f- ,fd-,  NO^RU  mu.no  in  bracco  t  In, egira .  e  Si- 

®"'“^ISarTaS  'Ìl,1^.A"sVE‘EErT!'sra  della  Carità  ledente  lopr. 

a* e*cccUcnt.(fimo artefice .  ^  va  intorno gcntiliffi, 

,,^..ar««d'Ode« 

SlJomBVS  Avm  aI'd.  MDC^^^^^^^ 

INSoc"pP  X.  IO.  HIER.  CARa  LOMELLINO^^  ElVSD.  L'Armi 
COMP.  ARCHIEP.  BRa®SIDE,  ET  FABRI  .  j  di  Bologna. 

g,„,,l,a.  di  S.  S.  de- due  V/pom  Bolognele.  quando  fi  fece  lUa 

Medaeltone  fatto  battere  dal  Senato  ,e  ip 

Volta  mirabile  della  InfigneBafilica  di  S.  cr  •  S.Gior- 


L  i  ’S  S  O  ^  R  T  0.  CAP.  Xm.  4^' 

1 5  S.  Giorgio  in  atto  d’ uccidere  il  Drago ,  da  cui  non  lungi  fi  kuopre  l’ itna^ 
gìne  genufieffa  di  quella  donna ,  di  cui  ii  Taffo . 

Vergine  bianca  il  bel  volto,  e  le  gote 
Vermiglia  e  quivi  prejlo  tm.  Dragó^_avvinta ^ 

Con  r  alia  il  Mojlro  un  Cavalier  percote , 

16  S.  GEMINIANVS. 

MVTINENSIS._  Arma  di  Moderna 

*7  S.  OyiR.  EPS  CORR.  ImagìnediS.Qùtrlfió  Vefcovo.Protettor  di 
Correggio.  Hàperriverfo  una  Croce  doppia,  ch^è  l’Arma  di  Correggio, 

18  S.  QVIRINVS  EPS,  CORRIGII  PRO. 

HIS  PETAM  SIDERA  PENNIS.  II Cavallo Pegafò volante.  Imprefa d’uno 
de’ Principi  Auftriaci  di  Correggio . 

19  AD  MONTEM  DVXERO.  S.  Caterina  dalla  Ruota.’ 

KIHIL  INACCESSIBILE.  Il  Pegafo  volante .  Medaglia  antica  di  Guaftalla. 

20  Imagine  ftolata  della  Caftità,  con  un  Giglio  nella  deftrav  c  là  finifttadi- 
ftefa  (opra  un’ Armatura  intiera . 

21  LAETABITVR  IVSTVS  IN  VIRTVTE  :  VA.  Impronto  rappre- 

fentante  le  dignità  Pontificia ,  &  Imperatoria ,  eflendo  vi  una  Tetta ,  che  >  guar¬ 
data  per  un  verfo,  è  di  Pontefice  j  per  l’altro,  d’imperatore.  .  ’ 

CONSTITVES  EOS  PRINCIPES  SVPER  OMNEM  TERRAM.  Tettai 
figurata  in  maniera ,  che  veduta  per  un  verfo,  rapprelenta  la  dignità  Cardinaiir 
zia, peri’ altro, r  Epifcopale.  2. 

22  S.  FRATRIS  GIL BERTI  EPISCOPI  APRVTINl.  Sigillo  lavdrató 
da  Gottica  mano,  come  dimoftrano'i  caratteri ,  e  le  figure,  delle  quali  è  impron¬ 
tato.  Diquefto  Vefeovo  non  ne  fà  menzione  alcuna.!’ Vghelli  nella  ferie  de’ 
Vefeovi  Aprufini ,  ò  fia  diTeramo  ;  e  forfi  è  di  quelli  che  mancano  tra  Rugiero  il 
quinto,&  Vberto  il  Ietto  de’ Vefeo  vi,  eh’ egli  nominaci  correndo  tra  l’età  deli’ 
lino,  e  deir  altro  il  divario  d’ un  leccio,  mentre  il  primo  fiorì  dell’  887. del  quai’ 
anno  fi  trova  fottolcrito  a  certa  donatione  fatta  da  Teodoro  Vefeovo  di  Fermo 
al  Monaftero  di  Santa  Croce;  l’altro  mori  del  1 1 15.  come  fi  legge  nella  Vita  di 
S.  Berardo  Vefeovo ,  di  lui  fucceflfore  . 

REI  FRVMENTARIE  COGENTE  INOPIA.  S. Petronio  Vefeovo 
di  Bologna ,  fopra  r  Arma  della  Città . 

EX  COLl.ATO  ^RE  DE  REBVS  SACRIS  ET  PROPHANIS  IN  EGE- 
NORVM  SVBSIDIVM  M.D.XXIX.  BONONIA.  Sorto rimagihe dèi  Ca- 
ne  di  S.  Domenico ,  colla  fiaccola  accefa  nella  bocca .  Medaglia  d’ argento,  del 
pefo  dimezo  Scudo  ;  la  di  cui  ifcrizzione  perle  chiarilfima  palcfa,  che  l’ occafio- 
ne,  per  cui  fù  battuta,  fù  quella  eftremacarcfìia,  di  cui  s’intefe  Michel  GUviO 
dalla  Mirandola,  Canonico  Regolare  di  S.  Salvatore,  cantando  nel  Lib.  I.  del 
fuo  Poema  contro  Martino  Lutero,  v.  2  30.  del  mioManuferitto. 

fcn/lt  fraudata  colonus 
Semina:  dumofa  tener ts  radicibus  herba 
Crudelem  pepulere  famem,  populoque  cadenti]  h 

^jio  pecudum  fuerant,  epulas  alimenta  dedere, 

24  S.  M.  S.  1590. 

BONONIA  DOCET.  Medaglie  battute  in  memoria  della  Careftia  del  1590. 
le  quali  diftribuite  dal  Senato  à’  Poveri ,  fervirono  di  Monete,  e  di  Scudi  contro 
rombile  penuria  di  quell’anno. 

25  ANGVLARIS  FVNDAMENTVM  LAPIS  CHRISTVS  MISSVS 
EST .  Nel  giro  deik  quali  parole  fi  legge  quello  Monumento  della  Pietà  del  Se- 

pp  nato. 


Geruf.e.li 

*3* 


44^  M  S  B  0  C  0  S  P  I  A/N  0 


nato,  c  Popolo  Bologncfe  nell’  haver  fatto  fabbricare  una  inlìgnc  Chicfa  in  ono¬ 
re  di  Maria  Vergine  noftra  Signora . 

VT 

PRO  PECCATIS  POPVLI 
ORET  SACERDOS, 

VIRGO, 

CVIVS  VTERVS 

-  -  TEMPLVM  DEI  FACTVS  EST 

S.  P.  Qj_  BONONIENSIS 
TEMPLVM  HOC 
TVO  NVMINI  EXTRVXIT 
M.DC.XIX. 

Dair  altro  canto  v’  èl’  Arma  gentilizia  di  Paolo  V.  circondata  da  quelle  lettere 
CVIVS  REGNI  NON  ERIT  FINIS.  Medaglione  di  prima  grandezza  . 
^26  PAX  HISPANO-BATAVA.  LaPace^  che,  alfifa  in  un  Carro  tirato 
da  due  Leoni  coronati ,  per  un  campo  feminato  di  Rrumenti  Militari,  vuota  col. 
la  delira  il  Corno  dell’Abbondanza,  c  colla  lìnillrafoltenta  un  Caduceo,  c  Io 
briglie  di  quei  Leoni;  il  deliro  de’ quali  tiene  uno  Scettro  nella  zampa  delira 
anteriore ,  e  lìmboleggia  la  Spagna  ;  il  liniftro  llringe  le  freccie  delle  Provincie 
unite ,  e  denota  l’ Olanda  i  &  ad  amendue  allude  l’ Efallico ,  che  concorda  tutte 
quelle  figure, cioè 

ETIVNCTI  CVRRVM  DOMINA  SVBIERE  LEONES. 
Nell’altro  lato  v’  hà  quella  ifcrizzione . 

PACiS  FOELICITAS 
ORBI  CHRISTIANO  QVA  RESTITVTA 
QVA  AD  INCITAMENTVM  DEMONSTRATA 
TOT  REGNIS  ET  PROVINCIIS 
AD  VTRVMQVE  SOLEM  VTRVMQ^  OCEANVM 
TERRA  MARIQVE  PARTA  SECVRITAS 
SPE  ET  VOTO 
MONASTERY  VVESTPH. 

ANNO  MDCXLVIII. 

Medaglione  d’argento  di  due  oncic,  e  meza  di  diametro ,  con  alcuni  altri,  di 
{opra  notati ,  donato  al  Sig.  Marchefe  dalia  mano  liberalilfimadel  Sercnils.  Car. 
dinal  de’ Medici  Leopoldo,  di  felice  memoria. 

2  7  Medaglia  Todefea  alTai  antica ,  che  rapprefenta  la  creazione  d’ Adamo , 
ed’£va,enelriverfoilMiracolodiGiesù  Chrillo  fatto  nelle  Nozze  di Cana 
Galilea,  d’argento. 


V. 


Monete  diverfe  de  secoli  precedenti . 
Cap.  XXV. 


Arie  Monete  antiche  di 

1  Bologna,  so.  d’  argento,  di  varie  grandezze;  tra  le  quali  vi  fono  di 
quelle,  che  chiamanfi  denari,  e  denarini,  con  lettere  Latino-gotiche. 

2  Correggio.  4.  17  Lucca.  $. 

3  Ferrara.  3.  8  Mantova.  7. 

4  Fiorenza.  5.  9  Milano.  6, 

5  Genova,  i,  d’ argento!  10  Modona.  8. 

6  Guaftalla.  7.  '  Llj  **  Pefaro.  i.  d’argento.’ 

12  Piacen- 


t  ì  B  X  0  js  y  k  X  r  o.  tixp:  aay.  447 

14  Piacenza  con  PAVLVS  IJL  )  PONT,  MAX*  DNÌ.  cl4« 

Mitra  Papale.  ' 

S.  SAVINVS  II.  EPS  PLAC.  , 

13  PiIa,i.d*argento,con  VIRGk>  PSA  i  :  PROTEC.  :  :  -  r.  i  ^ 
POP VLI  PISANI. 

14  Ragufa.  8*  _  - 

15  Sabbioneta. 

itf  Siena .  9.  con  SENA  VETVS  CIVITAS  VIRGINIS: 

ALPHA ,  ET  A.  PRIN Gl.  ET  EIN. ,  tré  d*  argento  divaria  grandezza  J 
17  Venezia.  2.  d’argento,  con  ÀNTON.  MEMO  DVX. 

SANCT.  MARCVS  VE.  ~  ^ 


n- 


z8  Vrbino  9.  :-:t  :■  / 

19  E  d’altri  luoghi  di  qua,  e  di  là  da’  Monti*  in  copia,  teile  quali  nonfono 
da  tralafciarfi  alcune  Monete  deargento  dì  '  *  •  f 

so  Martino  V*  1  ^  .  t 

SI  Califto  III.  I 

33  Sifto  IV.-  .  Ai:  „ 

34  Aleflandro  VI.  j  :  vn 

ss  Di  Carlo  V.  Imperator  e  coti  .7.  , 

e  AROLVS  V.  .IMP.  Le  djuc  Colonne  d’ Ercole  col  motto  PLVS  VLTRA,: 
S.  AMBROSIVS.;  d’argento.  f  :  ; 

cAROLvs  V.  imperator:  *  ^  r 


;  >.5- 


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'  i»  f 


MONE.  GIVI.  8.  BISVNTINiE..  .L’Aquila  Impeciale  tra  le  due  Colonne# 
d’Èrcole.  _  , 

26  Di  Ferdinando  Rè  d’Vngheria,<on  FERDLN*,D.  ,G.,R.  VNG,  tssjt 
VNG ARIE  PATRONA.  La  Beatifliina  Vergine,  d’^grgento.  v  . 

37  Di  Mattia  Red’ Vnghcria,. con,  MATHIA.  :K,  HVNGAR. 

Gol  ri  verfo  della  precedente  r  - 

a8  Di  Ladislao,  con  M.  VVLADISLAÌ  R.  VNGÀR, 
Colriverfomcdefiriio.  -  7, 

29  De’  Duchi  Viiconti  di  Milano,  coll’  arma  loro  da  un  cantone  S, 
gio  fedente  dall’ altro.  3. 

30  SI  .  .  .  VOLAV.  D  G.  CHRISTIANL  DV. 

MONETA  NOVA  ARGENT.  jtfdi.  L’Aquila  Imperiale. 

31  Varie  Monete  Turchelche  d’ ai  gemo  ,  cioè  afpri,  aiprini,  &  altre  tonde; 

quadre,  &  eia  gone .  té.  <  7  'i; 

32  TVRKICHS  KEISER  H.  K.  Statua Equcftre  dell’ Imperatore  de*  Tir¬ 
chi, acui  ,7-.  •  .  7  ' 

Fa/t  torti  in  mille  f^fet  i  bianchi  .li»l  . 

diadema  in  nuova 'forma  a  i  crini ^  Vv 


* 


INSIGNIIS  CIVIT.  CONSTANT,.  L’ Artna  dellaÒttà  di  Coftantinopoli .’ 

33  Diverfe  Monete  Mofcovitiche-d^a^’gcntOi  bisfupgh’c,  le  quali  haonoda 
una  parte  l’Arma  del  Regno,  coll’eflìgie  di  S.  Giorgio^  ca>fa^llo,  in  attod’awcn. 
tar  rada  contro  il  Dragone  j  e  dall’ altra  alcune  lettere.  ,chépajonqGreche,;m2 
lono  Rutene .i  Ghiàmanfi  da.Paelaor  Co/>ibt  ,  e  fonodi  figura  qiiand% 

ovale  •quandQellitioa:*^^di  contorno  i.rregplare,^ lottili  come  la  noftraìa.tra ,  ffe* 
foaoBislunghe ,  &  a  proporzione  più  grofle ,  quando  fia^no  più  raccolte .  Cin^ 

Pp  3  r  -  quanta 


Taf.  G(dl 

17.  IO, 


44^.  M  K.S  B  0  Ct)SPI:ìi  N  0 

quant^cTiique.d’efl'evaglionounTalaroich’clametàd’un’  Ongaro.  Nè  altra 
forte  di  Moneta  ufaiì  al  prefencc  in  quel  Regno  :  dove  appreso  taluni  fe  nc  ero- 
vano  malte  da  poterne  caricar  delle  Carta .  1  Mofehi  le  contano  con  tutte  le  dc- 
ta  delle  mani  ad  una  per  uno*  con  facilità  incredibile  :  e  molti  della  plebe  nc 
portano  in  bocca»  nafcondendole  fra  le  gingi  ve ,  dove  ne  capifeono  da  felTanca 
in  circa»  fenza  che  v’appaja  gonfiezza  ,ò  ne  tentano  incommodo  nel  mangiate  > 
bere ,  e  parlare  ;  anzi  nc  fanno  faggio  co’  denti ,  mordendole  »  per  fentire  la  loro 
durezza  t  difiinguendofi  in  tal  maniera  le  Copike  di  buono  argento,  dalle  falfe  ; 
elTendo  quelle»  e  per  lo  Sigillo  publico»  e  per  la  figura  facili  ad  effere  imitate, 
particolarmente  quando  fono  coniate  di  frefeo;  onde  talvolta  fe  ne  trovano  dci« 
lefalfificatedi  latta  inargentata,  che  fi  bandifeono,  procedendofi  con  tutto  ri¬ 
gore  contro  i  falfarij .  Se  accade  comperar  qualche  cofa  di  minor  valuta  d’ una- 
di  quelle  Monete ,  ognuno  tela  può  dividere  per  metà  in  lungo,  c  non  in  altro 
modo.  Aferivefi  a  delitto  capitale  il  portarne  fuori  dello  Stato.  Contuttociò 
nc  capitano  talvolta  in  Polonia  nelle  Città  più  infigni ,  come  Varfavia ,  Vilna , 
&  altri  luoghi  principali  :  dove  non  potendoli  fpendere ,  per  non  cflcrvi  in  ufo, 
giungono  fovente  in  poter  de  gli  Orefici ,  che  le  comprano  per  argento  femplice 
da  fonderli  ,e  le  rivendono  pofeia  a  i  Mofeoviti ,  come  argento  battuto  :  cercane 
dolc  quelli»  e  raccogliendole  con  particolar  premura  »  per  riportarle  nella  Mof- . 
covìa;  perlo  qual  fine  talvolta  le  pagano  anco  più  diquello,  che  vagliono. 
Vfolfi  una  volta  il  coniarne  d’ oro  finillimo  ima  di  quelle  anollri  giorni  nonfe 
nc  vedono:  non  trovandotene  che  appreltopochiÒimi,  i  quali  le  tengono  per 
cote  rare,  come  noi  facciamo  le  Medaglie  Imperiali.  Così  riferifee  nel  fuo 
Viaggip  Manuferìtto  di  Mofeovia  il  Sig.  Ercole  Zani,  Gentilhuorao  Bolognefe» 
non  meno  per  nafeita ,  che  per  varietà  d’erudizione,  c  di  lingue  ragguardc  vole» 
e  che  merita ,  che  fe  ne  dica ,  come  d’ Vlifte . 

^ui  morts  hominum  multarum  vidit ,  &  urbes» 
il  quale  con  altre  curiofità  portate  da  quei  Regno,  donò  alcune  di  quelle  Mo-. 
nete  al  Mufeo,  a  cui  pure  ne  haveva  contribuito  alcune  il  Dottor  Ovidio  Mon« 
talbani ,  di  bon.  mem.  lotto  nome  di  Monetine  d  ’  argento  ,  con  lettere  Greco-lati- 
ut  antiche» 

39».Moneta  Encauflica  di  vetro ,  del  colore  del  bronzo ,  improntata  d* alcur 
ni  caratteri  Ebraici. 

Za^i  Rilievi  Sacri . 

Cap,  xxri.  ‘ 

j  Hriflo  Fanciullo  in  un  fuggeflo  nel  Tempio,  difputtante co’ Rabbini 
V_^  nell*  atto  appunto ,  in  cui  lodefcrilTe  Gio.Battilla  Vitale,  riferito  da 
F.  Maurizio  Domenicano  nel  Rofario  de*  cinquecento  Poeti  »  cioè  che 
Fanciullo  in  mezo  de*  Dottor  difereti 
A  l-  Fbraifmo  illuminar  le  carte 
De  la  Mof  aie  a  Legge  j  e  de’  Profeti 
Ft  aprir  gli  alti  f enfi  a  parte  a  parte  t 
si  feorge ,  e  fa  ciafeun  per  meraviglia 
Stringer  le  labbia ^  &  inarcar  le  ciglia. 

Il  bronzo  cquadro  bislungo  »  e  contiehetredeci  belliffime  figure ,  comprefevi 
quelle  di  Maria  Vergine  N.'S.c  di  S.  Giufep^é, che foprarrivano,c lieti  ollerva- 
nodel  loro  gran  Pegno  La  Sapienza  ammirata:  come  foprafcrilJe  all’  Ode  di 
quello  argomcmo,ch’è la quintadel fuo  Rolario,  Agóftino  Coltellini,  gen^ 

~  tililhmo 


L  l  ìt  0  ^  P  A  Oi  CAP.XXfi:  1^49 
tiliffimo  Poeta,  che  in  propofito  di  que/lo  bronzo  foaviffiiaamenifi  cantò 

Gli  oracoli  fatemi 

E  quel  i  che  già  da  furor  facro  /finti 
Vaticinar  gl'  Inter  freti  fovrani\ 

Come  il  mortai  s’  eterni  ^ 

E  come  fo/a  Amor  colare  avvinti 
Raggi  divin  fatto  femhianti  umani: 

Sicché  riefcan  vani 

,  .  .T>i  Satan  i  configli ,  e  I'  Vomo  /carco 

J>alle  ftie  colf  e  al  del  fi  fifiani  il  varco 
Con  mille  e  mtlle  altr  '  ofre 

La  Safien’i^  in  quel  fanciullo  afcofa 
Iteli'  erario  di  Dio  /piega  a'  più  Savi, 

2  II  Sacro  Cadavere  di  Chrifto,deppfto di  Croce,,  per  efferefepòitè:,  cir 

condato  da  otto  figure  in  atto  di  deplorarne  la  morte,  .E  quefte  cfprimonola 
B.  V.  che  far  di  doglia  anci/a^ 

le  tré  Marie,  tré  Apoftoli,&  un’ altra  donna.  In  profpctto  fi  vede  la  Città  di 
Gerufalcmme .  Quadro  bislungo  d’ artifizio  gcntiliffimo  ,  da  dettar  pietà  ne] 
cuori  più  duri. 

3  Statua  Equettre  tutta  armata ,  in  atto  d’ uccidere  un  grandiffimo  Dragone  l 
In  lontananza  fi  vedono  cfpreflc  alcune  figure  humane genufleffeichc  fanno  cón^ 
gctcurarequel  Cavaliere  figurato  per  S.  Giorgio,  che  vincendo  quel  velenofo 
Mottro  liberò  il  fuo  popolo  da  una lerna  di  mali,  &  ìn  una  fola  Vittòria  meritò 
più  palme.,  perche  necantatte  il  Duca  di  Gravina  Pier  Francefeo  Orfini,  oggi 
Cardinale  di  S.C.  non  menpche  per  nobiltà  di  fangu  e,  per  dottrina ,  e  pietà 
chiariffimojcomc  dimottrail  Volume  degli  EFigtammi  facri,  gli’ egli  (ledicò  al 
FatriarcaS.  Domenico. 

Ma^'e^  Georgi,  animis,  ut  'màlìes  en/e  Draconem', 

Et  ferve s  populum  a  fefie  repente  tuum. 

Madie,,  Georgi,  animis ,  atque  infer  bella  , Draconi, 

Cocytique  fide,  dedrue  clare  domos, 
ftmnibus  ut  fias  par  rèbus,  fparge  cruorem  ',  ,  , 

Hoc  tibi  perpètuo  laurea,  ferta  paras 

Quetto  lavorio  ,  ch’  è  finilfimo  ,  potrebbe  kr.y ire  per  un  bel  rivcrfo  di  Medaglia 
Sacra,  eilendo  fatto  in  un  tondo.  Ve  n’hàdue  impronti  di  vario,  e  differcntCr 
difegno. 

4  . S. Ignazio  Vefeovo, e  Martire, addentato  da; tré  Leonù  e  circondato  da 
quetta ifcrizzione  ET  SI  CORPVS,  NOhf  FIDES  MÀCvLABITVR.  É 
lopra  la  di  lui  effigie  v’ è  clpt^lfa  una  Sfer^col  mottojqtto  ALI  ANDO  To. 
Bronzò  tondo  a  guifa  di  Medaglia,  Rapprefentoifii.queft’qrrendo  fpettacoio 
nell’ Anfiteatro  di  Vefpafiano ,  alla  prefenza  di  Trajaijo,  c’hawcya  condanna* 
to  il  Santo .  Martyrol.  Rom.  diè  i .  Febr,  Paul,  Aring.  Rom,  Subierr.  lib,  II,  c,  I,  ;  - 

Baffi  Rilievi  profani,,  -  , 

Cap,  XXFII,  '  vv!  ‘  V- 

Le  nove  Mufe,cfpfc(rc  in  altrettanti  Quadri  di  bronzo^  in  fembianza  non 
di  donzelle  «  come  le  hàferapre  creduto  il  Mondo , eie  figurarono  appref- 
fo  1  Sicionij ,  Cefifodoto,  Strongilione,  ^  piimpioftenc ,  che  al  dire  di  Paufa- 
nia  nelle  Cole  di  Corinto  ,furono iprinualoadernc  Statueidi^.ronzo  :  ma  di 

Pp  3'  -  •  .  V-.  - 


itìUfs  Zeppi 
•  Nafcim.  di 
Chrifig  i,ii 
7U 


Tpig.  fAtf\ 


4S^  M  V  S  B  0  £  ^  S  P  !  A  N  B 

fanciuJiirapprcfcnrantilcIntelligen2e,allequali,  è  confecrato  il  Mufco,  to* 
loro  nomi  foprafcritti ,  c  varii  frumenti ,  che  lo  diftinguono ,  come  in  apprcffo . 

1  CALLIOPE,  colle  Tavole  (che  tali  fembrano)  dell’Alfabeto:  le  quali 
per  avventura  meglio  ftarebbono  nelle  mani  di  Poiionia ,  che  da’  Greci  falsi  in¬ 
ventrice  delle  Lettere,  e  della  Grammatica:  come  offer vòDòmenicoGisberti, 
che  delle  Iftorie,  c  Favole  delle  Nove  Mule  ne  fenile  un  giufto  Volume  dillinco 
in  XXX.  cruditifsime  lezioni:  e  da  loro  nomi  intitolò  Nove  Libri  delle  luo 
leggiadre  Poelie,  ftampati  in  Monaco  1572.8.  per  le  quali  fù  giufto, che  nel 
noftro  Ateneo  lì  notaffe. 

Munta  dtfiribuens  t  invéntaque^  Regnarne  Muds^ 

Caleflefoiuc  Domos  ^  ét  fua  cuique  Metra: 

Pro  Phato  Gisbertus  erti.  Tarn  celfa  nequibat ^ 

Cejft/Jes  munus  ni  fibi^  P habet  tuum, 

3  CLIO,  con  alcuni  Libri  per  terra,  uno  de’ quali  è  aperto;  lignificandola 
prefidente  alle  Iftorie.  Onde  Virgilio  in  quel  fuo  famofo  Epigramma  delle.^ 

;  Mufeneferiffe  : 

Clio  geli  a  canens  tranfaSlis  temfora  reddit, 

3  ERATO,  con  una  Lira.  Alchepure  Virgilioallulc,  notandone, 

PleSlra  gerens  Erato  tf altat  pede  ^  carminet  vultu, 

4  THALIA.  tràmolti  Alberi  verdeggianti:  per  effere  quella  Mufa,  cho 
fà  lungamente  verdeggiare  le  glorie  de*  Poeti ,  giufta  il  fentimento  di  Diodoro 
rei  Libro  V.dellefavolofe  gefte  antiche, in  cui  leggefi,  7"^4//4«r  (  diólam  vo¬ 
lunt  J  quod  in  longum  tempus  Poetarum  laus  parta  florefeat , 

5  MELPOMENE,  conunLibroapertoinmano,  comediMufica.  Onde./ 
Callimaco  nell’ Epigramma  fopra  le  Mufe,  tradotto  dal  Giraldi. 

Melpomene  dulci  concentu  barbita  ‘movit, 

6  TERPSICORE,  con  un’ Arpa,  ch’èia  Cetera  antica  figurata  nelle  Meda- 
glie.  Quindi  Virgilio, 

Terpjtchore  affelfus  citharis  mo^ety  imperat,  auget, 

7  EVTERPE,  con  un  Flauto  alia  bocca,  &  un’Organo  a  canto.  Che  però 
Virgilio.  Dulciloquis  calamos  Euterpe  flatibus,  urget, 

£  Iacopo  MafenioGiefuitanellalua  Mirotogia. 

Terpfichoren  Cither as  Euterpen  tibia  man'ìt, 

8  POLYHYMNIA,  con  due  Cetere,  non  molto  c.Isiraiii  nella  figuradalle 

moderne,  di  cui  Callimaco.  ■  • 


Harmoniam  numeris ^  faltufqtie  Polymnia  \unxit. 

9  VRANIA  ,  con  una  Sfera,  coi  Compailo ,  co»  c  quella ,  che  per  teftimo- 
Diodi  Virgilio,  ^ 

—  II  mmmmm  mmrntm  calimotus' /crufatur ,  &  aflta» 

Coi  qual*ordine(icin  ciò  variano  Virgilio, Callimaco,  e’I  Mafenio)  tutte 
e  noVé  le  raccorda  Burcardo  Pilade  Poeta  Brefciano  nella  Teogonia  dclentta 
nel  Libro IV.  delle fiie  Elegie,dove di  vantagio  affegna  l’ Etimologia  de^Nomi, 
e  l’ officio ,  &  invenzioni  di  ciafeheduna ,  cantandone . 


Callioprn,  Craeo  prtmam  fèrmone  Poeta, 

^Hod  bona  vox  illi  fertur  adefle ,  vocant, 

^ubd  celebret  qua  geffa  canit  per  carmina  Clio 
Surgit,  ex  illà  gloria  nomen  habet. 

Hanc  inventricem  HtEoria  monumenta  tulerunt  ,  > 
^lua  nàta  antiqui  temporis  acia  forent ,  ^  -  t 

Dilla  futi  dulces  EliXO  quia  cantet  amores:  ' 

- - /  -  - 


ll^KO  j?  R  r  0.  '  CUP.  XXf'U,  451 

Nitm  ^uod  Etàa  ' die ft  Gi^ajus,  amare yòaai,  >  - 
lUiits  inventum  eonnubia  prime  fuiffè 
Rettulit  ad  nodros  nuneta  fama  dies , 

X>it  quia  multiplici  cantu  viret  ufque  Thalia  » 
laque  dies  floret  Palladis  auclus  amor. 

Hac  una  arboribus  fretos  autore  ferendis 
Rumor  ait  primos  edidicijfe  patres , 

Melpomena»  a  cantu  Hetit  appelatioi  verum 
Tcrpficorc,  celeres  quod  ]uvet  ipfa  choros. 

Euterpenque  vocant,  quoniam  delehet ,  ^  ejfl 
Omnibus  ajfuevit  grata  canore  fuo . 

Huic  primum  dulcem  modulata  ed  tibia  cantum '% 

Si  ratus  à  prifeis  fermo  refertur  avis. 

Laudibus  a  multis,  memorive  Polymnia  mente, 

Lyfrverum  cultus,  notitiamque  dedit. 

A  coelo  Vranie ,  eoe  lede  s  promere  cantus 
fertur,  dr  alìrorum  pradocuifle  vias, 

10  Pallade  dante  fopra  un’  altare ,  trà  due  hgure  d’  huomini  in  atto  dilagri- 
Hcanti .  Tondo  di  bronzo  di  diametro  di  lei  onde ,  digèatililfìmp  àrtiHzio>  con 
bella  cornice  dorata. 

11  Bellona,  che  s’arma.  ^ 

12  Diana,  el  preda  in  meza  figura,  colla  faretra  dietró  le  fpaHe,' 

1 3  II  Giudizio  di  Paride ,  ò  fìa  la  Contela  delle  tré  Dee ,  come  intitolali  un* 

Opera  di  quello  argomento ,  tutta  piena  di  Veneri ,  trafportata  dal  Ffancele  dal 
Loredano.  Spettacolo  moltiplicato  in  tré  bronzi,  differènti  nel  difegno,  ma 
tutti  eguali  nella  morbidezza  delle  ligure  «nelle  quali  a  maraviglia  ne  apparike 
ciòchcnecantò  ìIPerazzi»didich,var.no.84.  ciòèche 

y^d  Veneris'  fpeciem  Inno  jejuna  remanfìt. 

Invidia ,  (jr  P alias  pallida  fa^a  fuit ,  - 

In  uno  di  quedi  bronzi  v’  è  cfpreffo  il  Home  dell’  Artefice  in  quede  lettere  IO. 

F.  F.  così  1*  Arte  moltiplicò  i  Paridi ,  c  fece  i nlìeme  «  che 

■  ■  II»  altri 'miri  nella  Valiti  idea  Taff.Florid* 

Nuda  Giunone i  Pallai  é  Citereai"'  '^  , 

14  Trionfodi  Venere,alfifacon  Marte  in  un  Carro  tirato  da  gli  Amoriiru 

fette gentiliilìme figure.  .  . 

1 5  Venere  fedente,  lopra  cui  vola  Cupido '^Lé  Aàdalla  lìnidra  Imeneo  Còl¬ 

la  face,  dalla  quale  una  figura  prolfìma  ne  accende  un’altra.  Dalla  dedra  v’hà^ 
un’  huomo  con  un  trofeo ,  fopra  cui  lì  feorgònó  il  Tefehiò  d’ un  Bue,  quello  d’ un 
Cignale,  e  quello  d’ un  Leone:  ed  a  tergo  di  quedi  lì  vede  un  Satiro,  portante 
fopra  le  fpalle  una  femina  della  fuefpezie;  (otto  vi  lì’legge  IO.  F.  F.  Trèbrbn- 
zi  dello  deffo  Artefice .  t  " 

1 6  Marte,  e  Venere  in  una  grotta ,  prcli  nella  rete ,  c  modrati  a  dito  a  gli  al¬ 
tri  Dei  ,  cioè  Giove ,  Giunone ,  Apolline ,  Mercurio ,  &  altri ,  che  compiono  in 
tutto  il  numerò  d’ orto  figure . 

17  Ercole,  che  ammazza  l’Idry.  Baffo  rilievo  grande  in  quarto. 

18  Ercole,  che  drozza  il  Leone,  havendo  la  mazza  appoggiata  ad  un  tron- 
cdd’albero.  Baffo  rilievo  in  quarto  . 

19  HEdGVLI  D,  Combattimento  d’E-cole con  i  Centauri. 

20  Centauro,  che  fugge  colle  Infegne  d’Èrcole,  cioè  la  Clava  ,c  la  Spoglia 
del  Leone,  &òitra  ciò  Una  Tromba ,  una  Infcgna  W(ilitarc ,  &  un  Tamburro ,  ò 
cola  limile  fopra  il  ca^O.  Bronzdópató^ì  ‘  C  '  ai  Erco; 


UCCCiillUi 

Q3 


4jz  S  B  Ò  C  0  S  P  i.  A  H  O 

a  1  Èrcole ,  che  lotta  con  Anteo ,  tenendolo  fofpefo  io  aria .  Sono  amendue 
con  tanca  energia  efpredì,  che»  benché  di  bronzo»  fetnbrano  anelanti»  Tuno 
per  condurre  a  fine  l’ imprela  qnalì  già  fuperata  »  l’ altro  per  accoltarfi alla  Terra 
Madre  a  ricevete  il  conlueto  loccorlo  :  Il  che  non  riufeendo  a  quefti  »  dà  cam¬ 
po  alla  difperazione  di  paleggiargli  fui  volto  »  feorgendofi  in  clTo  »  che 
Deficit  hic  pugnax  Anthtus .  in  aere  vi^us^ 

Dum  nullam  elato  Terra  ferebat  opem, 

Ad  un  tronco  vicino  firairaappefa  la  Spoglia  del  Leone»  e  l’Arco,  c  la  Faretra 
d’ Alcide ,  Per  un  miracolo  dell’Arte,  che  così  morbidamente  condulTe  quello 
bronzo,  che  non  njegliohavrebbe  potuto  lavorar  nella  cera»  fu  donato  alSig. 
Marchefe dal Sig.Gio.Francefco Negri» Pittore, Iftorico»  e  Poeta  Bolognefe 
di  gran  nome  »  p  perciò  ricevuto  nel  noftro  Ateneo  con  quello  Elogio . 

Telfineis  dìam  Tajfi  Solymeida  metris 

Si  Niger  e(ì,  aufus  vertere  ^  Pi£ior  eratl 
Sed  Pi£ior  i  -J^atefque.^  ita  res  fimul  exprimit  aiiaSy 
Candorem  a  Nigro  difeat  ut  omnis  Oler ,  ' 

A  tergo  di  quello  bronzo,  eh’ è  quadro»  &  ornato  di  bella  cornice  dorata  in 
carta  pergamena  leggefi  la  Vita  d’ Ercole ,  compendiata  ne’  feguenti  Vcrlì ,  per 
avventura  dettatidalla  candida  Mula  del  Negri . 

Vedi  e  qutf  che  i  due  Serpi  infante  uccife^ 

V  idra  t  e'I  fiero  Dragone  ef angue  fiefe: 

Strette  'a  morte  ne  l*  aria  Anteo  fofpefe^ 

'  E  la  Terra  in  due  partii  e  ’/  Mar  divife 

^  yinfe  Acheloo ,  fodenne  U  Cielo  ^  ancife  .  .  » 

L'  Arpie  y  Bufiri  y  e  'I  Mar  in  MoftrOy  fcefe  % 

Vivo  a  I'  Inferno  t  Alcehii  al  Mondo  refe%  ,i 

T efeo  ne  trofie ,  e  Cerbero  canquife .  j  ' 

tìco  y  ^  EulfitOy  e  i  gran  Centauri  %  e  Nefiòy, 

Duo  Leoni  y  e  la  Cerva ,  e  ’  /  fit^  Cinghiale , 

Diomede  Lacinio  y  e  Cacce  edinfe,  •  •  ' 

Corion  y  MenalìppOy  e  ’/  Tauro  vinfcy  j  .  . 

sforzo  JPluton,  Qiunon  Proteo  di  Brale^ 

Tro\a  difirufie  y  e  al  fine  arfe  fe  fteffio-,, 

32  Ercole, che  ammazza  l’Idra» in  piccolo, 

23  Capo  d’Ercolecolla  Ipoglia  del  Leone. 

•34  Danza  de’ Sii  vani»  e  delle  Dtiadijclprelfa  con  varie  figure.  Due  bron* 
zi  differenti .  •  - 

25  Meza  figura  di  Pane,  con  lunghe  corna. 

^6  Meza  figura  d’ un  Sileno , con  brevi  corna, 

27  Meza  figura  dello  ftelTo,  d’altro  difegno ,  in  un  bronzo  tondo  a  gulfadì 
Medaglia ,  col  riverfo  del  favolofo  Dio  de  gli  Orti ,  che  per  capegli  hà  tanti  ve¬ 
retri  . 

,38  Ovato  piccolo  di  bronzo, con  Satiri  infultanti  ad  una  Ninfa. 

29  La  Fortuna  Reduce,  con  un  Cornucopra,  &  un  ramo  nella  delira,  c  la 

finillrafopra  un  Timone  da  Nave,  1 

30  N.  O.Vna Sirena.  •  '  ■ 

3»  Europa  fopra il  Toro, con  Amore  fcherzantc  per  1* acque»  mentre  che, 

gìulta  l’ clprelfione  del  noftro  Grotti  nel  Cirefio  v.  3  84. 

<  !  .  1  Bof  pelagus y  maria  alta  feccans ,  latatury  cvatque  : 

_  Harenii  pradày  (jr  fpoliis-gxultat  Opimisy  32  MCji  .. 


tl^ìiO  ^VAKTO.  CA^:  45J  ^ 

■;  1%  Mezafìguracl*un*  Amazone  «con  un  Grifo  nel  Cimiero,  (opra  cui  (vo^ 
(azzano due  vaghi  penacchi . 

3  3  Aleffandro  Magno  efprefTo  con  meza  figura  in  due  bronzi  diverfi . 

34  ALIS  ANDRO.  Meza  figura  armata  dello  ftcflfo,  coll’ Elmo  in  tetta,  nel' 
quale  fi  (corge  efprelTo  il  combattimento  d’Èrcole  con  un  Centauro.  Ovato 
belliflìmo. 

35  Quinto  Curzio,  che  fi  getta  nei  Lago  alia  prefenza  di  folto  popolo  ^ 

3^  Tetta,  come  fcmbra,  di  Celare,  lenza  ifcrizzionc,  e  riverfo.  f 

37  Tetta  d’ Augutto .  , 

38  M.  AGRIPPA  M<  F*  COS.  III.  Mezafigura  d*  Agrippa  in  un  tonde; 

■grande . 

3P  Filofofofedente  in  atto  d’ammaeftrare  uno  Scolare  J 

40  Faccia  intiera  di  Giovane  ricciuto,  nelle  cui  chiome  da  clafcun  lato  s’at- 
torcigliano^due  pefei  fquamofi ,  ò  più  totto  due  Serpi ,  che  (otto  il  di  lui  mento 
s’avviticchianocollecodc.  Se  non  bavelle  del  venufto,  c  del  mafchìle  fi  po¬ 
trebbe  (olpcttare  non  fuffe ,  una  Me  dufa . 

quii  fimuUcro  itlufire, 

cui  fcufit  U  chiomx  angue  fcaglìofa  •  .  _ 
quando  più  totto  nonfiaunadi  quelle  fuperttiziole  figure,  che  nelle  Gemme 
Bafilidiane  fi  vedono,  mentre  in  alcune  d* elle 

Tifchia  ogni  crine  y  e  maculo fo  firifeia  ■. 

Su*  l  collo  in  ficcìjol  Drago ,  in  maggior  Bifcia  1 

41  Meglio  però  che  in  quette,  e  nel  bronzo  defcritto  fi  vede  (colpitolo  (pa¬ 
vento,  c  l’orrore  ne  gli  angui  del  mottruofoTefchio  di  Medufa,  elpreffocoU* 
ali  nel  coperchio  d’  una  Lucerna  antica  di  bronzo  del  Mu/eo:  non  men  terribi¬ 
le  peri’  orridezze  del  fembiante,  che  ammirabile  peri’ artifizio,  con  cuilono 
e/prelfi  gl’ intrecciàmenti ,  e  le  (pire  di  que’  Serpenti ,  che  le  fervono  di  capegli  ^ 

42  Donna  pofante  con  due  fanciulli  al  petto,  molettata  da  due  Satiri  petu¬ 
lanti.  Spettacolo  moltiplicato  in  due  bronzi. 

.  43  Figura  ignuda  a  cavallo, coronata  di  frondi,  come  d’  alloro,  con  una  Spa¬ 
da  in  mano  alzata  in  ateo  di  ferire  un  Cignale ,  (opra  cui  faltail  Cavallo . 

44  Caccia  di  Leonefia  afialita  da  quattro  A  lani,ed  attorniata  da  cinque  Cac¬ 
ciatori:  trède’qualifonoacavailo,etuttiprovittid’arm6inatta. 

45  Sei  meze  figure  d’huomini  in  cogniti. 

46  Sei  meze  figure  incognite  di  belle  donne  del  Secolo  paffato; 

47  Due  ovati ,  con  meze  figure  vaghilTìmedi  donne ,  lenza  nome  J 

48  Due  Tette  incognite,  una  delle  quali  è  cinta  di  j^dema . 

49  Statua ,  come  di  Roma'^.armata ,  con  cHata  in  cTpO ,  ledendo  fopra  un^ 
matta  di  Spoglie  Militari ,  còlla  Vitcorial5élla  finiftra»  ;> 

5  o  Statua  Equettre,  glande,  incognita ,  la  quale  ftà  ih-atto  d*  andar  patto  pai-' 
fo;  è  armata  d*  Elmo,  e  Gprlaletto,cd’ afta,  colla  fopravefta, 

5  f  Sacrifizio  con  nove;  figure  bumarne  intorno  ad  uno  altare,  in  cui  arde  la 
fiamma .  Havvi  intornoVlcuhe  Vittime, delle  quali  fi  diftingue  un’  Ircoin  pie¬ 
di ,  &  un  Majale , cui  mottradi  getrarqellefiaminé  deir  aitare  una  di  quelle  fi¬ 
gure.  Lalottolcrizzionepaicla  l’ArtcjScCi  dtcéntfò  OB.  VICTORIS  CA- 
MELIO.  "  ^ 

52  Veduta  di  Paefe  con  alcuni  fiume  in  lontananza,  e  più  vici¬ 

no  due  fquarci  di  Sei  va,  dal  l’uno  de’ qiiali  fugge  all’altro  un’irluto  Cignale. 
Ettendo  quetto  bronzo  tondo  a  guila  di  Medaglia ,  hà  dall’  altra  banda , ò  fia  nel 
riverlo  un’altro  Iquarcio  di  Paele ,  con  Monti ,  &  alberi ,  &  un  Bue ,  ò  V acca  di 
bellilfitno artifizio,  ~ 


».i4Ss 


Senam.  Piti 
iNatf.  S.  ao. 


« 


454  M  P"  S  &  O  £  0  S  P  i  À  N  J) 

5  ^  Broazd  tondo  >  con  un  Putto  ign  udo>  il  quale  calpeftando  un  Satiro  ioaf- 
Ha  una  Pianta  fopra  di  fc  ftcffo  piegata  in  arcoiC  nel  pedale  circondata  da  un  Set^ 
pecche  (là  in  arto  di  mordere  quel  fanciullo.  A  quella  Pianta  fono  attaccate 
due  ale  (piegate .  Hà  le  foglie,  che  (embrano  della  Pianta  Viva,  ò  (ìa  Mi.nofa 
di  Fernambuco:  e  ciò  da  man  delira  del  putto.  Dalla  (ìnittra  vi  è  una  Pianta, 
comedi  Ro(e  fecebe,  a  cui  è  attaccato  un  Vaio  d’acqua.  Scia  Pianta  Viva  pe> 
rò  è  di  togoiisiòne  moderna ,  quello  bronzo  è  di  getto  antico . 

54  Figura  Militare,  che  aggiulla  una  Corazza  al  petto  dell’ imagine  d'tini 
fanciulloignudo,lollenutadapiede(lallo quadrato, &  incoronata daunafìgu* 
ra'RóIata .  Brónzo  nobile  con  figura  di  campana ,  ma  piana . 

55  Ovato  con  quattro  figure  humane,  cioè  d’ un  Guerriero  allìfo  in  unCoc«; 
chio  da  due  ruote  tirato  da  due  Cavalli  »  tenendone  egli  le  briglie  nella  finillra , 
aifillito  quinci  da  una  donna,  che  fembra  porgergli  un  ramo  di  Palma,  e  foriìè 
la  Vittoria:  equindidaun’altradonna,chedapiedihàunpUtcoignudo, 
porge  colla  delira  un’Elmo,  c  colla  finillra  un’  all>a.  Ovato  elprimcntc  per 

-  avventura  un  cappriccio  Poetico,  cioè  Venere  che  arma  Marte. 

56  Prometeo  legato  con  quattro  catene  ad  una  ru pe  di  monte , coll*  Aquila , 

chelefquarciail  petto,  &  in  profpettiva  una  Città,  con  lettere  attorno,  cho 
dicono  ' 

COR  EXEST  NVSQVAM  EXCORDIS  REGINA  VOLANTVM. 

57  Tondo  con meza Statua d’huomomaellofo,  con  lunghilfima  barba  bi¬ 
partita  ,  e  r  Elmo  in  tetta .  Lavorio  di  bronzo  dorato  in  campo  di  pietra  lazuli , 
circondato  da  alcuni  giri  dello  ftelTo  metallo ,  ne*  quali  fi  legge  in  campo  bianco 
BONFEVS  SVIS. 

58  Meza  figura  di  Giovanetta  graziola  di  quindici  anni  in  circa,  con  quelle 
lettere  attorno  TERTIA  lAM  VIVITVR  AETAS. 

59  Donna  ttànte  con  un  Libro  nciladellra,  e  la  finillra  follevata  al  Cielo r 
nel  quale  fi  vede  la  Luna  corteggiata  da  alcune  Stelle .  Hà  poco  lontano  una  Ta¬ 
vola,  (opra  cui  fi  lcorgeunasfera,&  un’Orologio  da  polvere:  nè  molto  lungi 
altri  ttrumenti  Matematrci .  Oltre  i  quali  vi  fi  vedono  alcuni  ttrumenti  Muficali; 
c  tra  quelli  fi  dillinguonò  un  V iolone ,  una  Cetra ,  &  alcuni  Flauti;  -Circonda» 
no  iftutto  quelle  lettere' NEC  TEMPVS,  NEC\^TAS.  • 

do  Macrice,òforniad*un’ Aquila  in  unbrqnzoovaco^ 


455 


MVSEO  COSPIANO 

LIBRO  Q_VINTO. 

In  cui  fi  ragiona  delle  Imagini  de  gli  Dij  de  gli  Antichi^ 
che  in  detto  Mufeo  fi  confervaho. 


Continuazione  dell'  Opera, 

In  quìabaftanzai  atnmirandofi  nel  Mufeo  Cofpiano  le  mara¬ 
viglie  della  Natura, edel Tempo,fi è difcorfodelle  Lapidi,e 
delle  Medaglie  (permanenti  memorie  a’ poderi  delle  azioni 
eroiche  d’Illuftri  anteccffori ) e  dell’ Vrne  Sepolcrali,  e  de* 

Sepolcri ( veri infcgnamenti all’uomo  del  ben  vivere)  men¬ 
tre  a  parere  di  Seneca:  non  defunsi  or  ttm ,  feà  vivorum  cauja 
Sepulturam  inventam  effe  accepimus  ;  al  che  foggiunfe  faggiamente  il  G  raldi ,  ut  De  t/arù fe„ 
fciltcet  posteri  (ibi  quoque  moriendum  effe  admoneantur ,  0“  fimul  omnibus  illue  ntu . 
tendentibus  reSle ,  ac  fanSle  vivendum  ejjè  ;  quibus  omnibus  ad  bene  ,  beateque 
vivendum  natura  quodammodo  \Hre  impellimur .  Eli  è  parimente  fattamenzio- 
ng deile  Lampadi ,  ò  Lucerne ,  che  tontiriuatamcnte  accefe  in  venerazione  de* 
morti  fi  mantenevano  a’  loro  Sepolcri .  Ora  fà  di  meftieri  giuda  l’ ordine ,  e  la-, 
difpofizione  tenuta  dalla  impareggiabile  prudenza  del  Sig.  Marchefe  nel  fuo 
Mufeo,  il  far  paiTaggio  alla  confiderazione  de’fimolacri ,  che  di  varietà  di  legni , 
di  terre,  e  di  metalli  nel  medefimo  fi  confervano,  avanzi  della  favolofa  gentilità, 
a’  quali  »come  a  fante  Deità,  ella  porgeva  oflequiofi  tributi  d’ adorazione . 

2  E'  dunque  in  primo  luogo  d’ avvertirli  inficme  con  Eufebio ,  e  con  Lattan¬ 
zio,  qualmente  dalla  magnificenza  de’  fepoicri,  e  dal  grande  concorfo  de’ po¬ 
poli  alla  venerazione  de  gli  edinti  Eroiche  ne’  medefimi  fi  confervavano, ebbe¬ 
ro  origine  i  tempii:  Tuit  enim  ufque  adeh  antiquis  fepulchrorum  cura  ,  ut  non 
aliunde  templorum ,  &  f aerarum  adium  originem  deduSlam  tradant  :  fe  puro 
non  vo ledi mo dire  con  Clemente  Alefiandrino,  che  le  defie  fabbrichede’fe- 
polcri  fodero  i  tempii  medefimi:  fuperBitio  tempia  condere  perfuafìt:  qua  enim 
prius  hominum  fepulchra  fuerunt  magnifcentiìis  condita  t  templorum  appellatione 


voca- 


45^  ^  y  s  E  0  COSPlAìiO 

vocata  funi.  E  non  tlliraareì  iraproprio  il  conchiudere  coireruditoGiraldi, 
^efacrìfi-  fepolcri  non  {olo  i  tenipii,ma ancora i  (ìmoiacri  delie falh  Deità  de’Gen* 

tiJi  averterò  avuto  il  loro  principio;  fed  ut  tempU^  ita  &  fimulacra  ^atq.,  idoU 
à  fepulturis  ortginem  traxife  funt  qm  videri  velint .  E  parlando  de’  Greci 
Diodoro, quando  fi  portava  oiii  Egitto adimparareiritidireligione,  coofer- 
'hih>z>  naa  Jq  fterto;  Impiorum  vero  poenas  ■>  &  campos  Elyjtos  %  (jf  Jìatuarum  u/ttm  ab 
Mgyptiorum  fepuUhrts  fumpta  introduxerunt  ,*  laonde ,  (e  confufi  i  tempii  co*  fe» 
polcri ,  &  ivi  errctti  i  iimolacri  de  gluftinti  Eroi, a  quelli  fi  offerivano  incenfi, 
&olocaulli:  effendo  preceduti  i  difeorfi  de’lepolcri,  e  delle  loro  attenenze, 
parrai  opportuno  in  quello  luogo  il  ragionare  de’ fimoiacti,  che  in  onore  de  gli 
eftinci  Eroi  dentro  a’  medefimi  s’adoravano . 

Del  principio  dell  '  idolatria , 

Cap,  1. 


jtHnaU  A. 
M  987* 


'Meneeh. 
vtr.x^an  fa 
ptam.c.  14. 

Torniti.  A. 
M.  i9}un. 
30. 


/Jujo  de  S. 
ViÙ,  in  anm 
not,  tnicn. 


Gtnef.  e.  x, 
T erutti. 

M.  1931.  n, 

5r- 


I  W  O  qui  però  non  afplrocon  le  anneffe  rifleflioni  a  determinare  partitamente 

1  il  tempo,  nel  quale  forte  diffeminato  frà  il  genere  umano  il  peftifcro  fem)b 
dell’  idolatria  :  nè  tampoco  liimo  in  quello  luogo  opportuno  l’ indagare  da  chi 
traerte  la  primiera  origine  cotanta  empietà ,  avvegnaché  non  mi  fiafeondadi 
quante  controverfie  fiano  intorno  a  ciò  ripieni  i  più  famofi  Cronologi  ;  ballando 
a  me  per  ora  il  potere  coll’ erudito  Tornielli  dare  un  femplicc  barlume  di  così 
aftrufa,  e  rimota  origine,  e  con  elfo  lui  riferire,  qualmente  al  tempo  d’Enos, 
nipote  d’Adamo,  figliuolodiSet,  dcuomo  timorato  di  Dio,  nella  maledetta 
defeendenza  di  Caio  pullulò  così  deplorabile  perverfità,  la  quale  pur  troppo 
trapafsònelladefcendenzadi  Setmediante  la  contratta  cognazione  dell’ una_. 
all’  altra  defccndenza  doppò  il  ratto  al  cielo  d’ Enoc ,  mentre  :  videntes  f  Hi  Dei 
flias  hominum  y  quid  ejjent pulchra  y  acceperunt  fibi  uxores  ex  omnibus y  quas  eie* 
geranty  onde  avvenne,  che  contaminato  ,  e  corrotto  da  così  intolerabile  delit¬ 
to  tutto  il  genere  umano,  per  giufta  fentenza  di  Dio  (  eccettuatone  Noe ,  uomo 
veramente  giufto ,  colla  di  lui  famiglia  )  dall’  univerlal  diluvio  reftaffe  eftinto , 
tutto  che  gravirtìmi  fpofitori  delle  ìacre  Iftorie  fiano  di  parere,  che  prima  deli’ 
univerlal  cataclifmo  non  pullularte  frà  gli  uomini  l’idolatria  :  oh  recentem  adhuc 
memoriam  creationis . 

2  Ma  non  così  torto  da’defcendenti  del  buon  Noe  fù  refa  copiofa  d’ abitato¬ 
ri  la  terra,  che  dal  violento ,  e  tirannico  dominio  di  Nembrod ,  nipote  di  Cam, 
furono  i  di  lui  foggetri  Popoli  coftretti  a  feguirlo  nell’  idolatria  ,  empietà  rinvi¬ 
gorita  nell’animod’u)  così  potente  Monarca  per  be  i  renderla  da  forti  radici 
flibilira  ne’  cuori  di  chìCovea  ubbidirlo:  Nembrod  mole  corporis  y  dr  viribus 
alios  fuperans ,  dominium  cepit  exercere  per  violentiam  y  induxit  homtnes  ad 
idololatriam ,  ut  ignem ,  ac  folem ,  qui  igneus  efi  yqtiafi  Deum  colerent .  ^tem  er¬ 
rorem  podea  Chaidai  fecuti  funt .  Itaque  Deo  y  &  homini  in)Uriam  fecit  y  Deo  y 
quia  ei  debitum  cultum  ademit ,  homini  vero ,  quia  eum  dominio  inytfio  opprefm^ 
fit  y  dr  In  errorem  decipiendo  induxit. 

5  Succeduto  poi  nel  domin  o  d’ArtìriaNìro(dettodaaltriAffur)  e  fpinco 
quelli  dal  troppo  zelo  di  pietà  verlo  il  defunto  genitore, al  medt  fimo  inalzò  un 
fimolacro  ,  privilegiandolo  d’immunità  per  chiunque  reo  averte  a  quello  latto 
ricorlo .  Laonde  con  un  tal  politico  preierto  di  franchigia  introdotto  l’amoro 
nc’  Popoli  alla  riverenza  de  gli  ertimi  Signori  ,fù  cagione,  che  i  loro  Iimolacri 
fortero  ricevuti  come  Deità  ;  il  che  appunto  fi  verificò  nell’inalzato  fimolacro 
del  Padre,  che  primieramente  tenuto  per  Dio  dagli  Alsirii,trappalsòcon  tal 

culto 


LI  B  Rj6  ih  T  0.  CAP.  /.  457 

culto  a*  Caldei  ,  &  ali’ altre  nazioni  ,  le  quali  conforme  la  varietà  delle  lingue^ 

/otto  divertì  nomi  l’ adorarono .  Quindi  da'loggiogaci  Popoli  dilatato  il  tiran¬ 
nico  domìnio  di  Nino  fi  aggrandì  l’ empietà  dell’  idolatria,  mentre  ereditata  da' 
defccndcnti ,  che  nel  dominio  vi  fuccederono ,  ebbe  campo  di  moltiplicarli  dal 
numero  de*  Monarchi ,  e  dalle  inalzate  imagini  de’  mcdefimi ,  che  pure  lotto  no¬ 
me  di  altretantc  Dcità,quanrc  erano  le  diverficà  de’  Popoli  fudditi,furono  tenu-  , 

te  in  vene  razione,  &  adorate.  Nè  punto  da  ciò  diflìmile  è  quello,  che  S.FuI-  Dttscàg.de 
gcntio  riferifcc  dell’  origine  dell’idolatria  prelTo  gli  Egizii,  volendio ,  che  un  tal  idolo . 
Sirofànc,  uomo  ricco,  fpinto  dal  foverchio  amore  verlo  un  figliuolo  unico 
etìinto,  per  allegerirfi  dal  dolore  fattali  fare  una  llatua  del  defonto,  quella  ve- 
nitìeda' fervi  adulatori  con  corone  di  fiori  prima  adornata,  e  con  offerte  d’in> 
ccntìpofcia  venerata:  echefinalmehteadelfa,  come  ad  alilo  ciafcuno  ricor¬ 
rendo  ,  folle  per  divina  riconofciuta  :  pretendendo ,  che  non  altro  dall’  accen¬ 
nato  Sirofa  ne  folle  il  nome  di  quel  padre,  che  nella  Sapienza  al  decimoquarto 
vieti  per  autore  dell’ indegno  rito  delFidolatria  deteftato:  Acerbo  enim  luet» 
dolens  pater  rapti  fibi  citò  filii  fecit  imaginem ,  ^  illum  ,  qui  tunc  quafi  homo 
mortuus  fuerat  ^nunc  tanquam  Deum  colere  cepit  conBituit  inter  fernos  fuos 
facra  &  facrificia , 

4  Troppo  luogo  farei,  fe  volelli  deferivere  le  aftuzie,  e  gi* inganni  del  men¬ 
tovato  Membrod,  nel  voler  egli  con  fovrana  podeftà  edere  ràr  fopra  de  gli  altri 
rafloiuto  dominio ,  avendo  perciò ,  e  fotto  prctetìodi  gloria  indotti  molripH- 
cati  Popóliafabricarecon  elio  lui  la  gran  Babilonia,  &  ad  ergere  in  quella  la 
fpaventofa  Torre,  dove  feguitane  per  opera  di  Dio  la  confufione  de’  linguaggi, 
reftòfturbato  l’intraprefo,  e  temerario  difegoo. 

5  Tralafcio  parimente  il  cercare,  come,non  oftante  la  difperfione  de’  Popoli 
per  la  confufa  favella  in  tuttala  terrà,  la  maledetta  generazione  di  Cam  ne’de- 
feendenti  di  Nembrod  giungede  ben  pretto  a  gran  potenza  mondana  per  la 
fondazione  di  grandi ,  e  tirannici  Imperi:  onde  con  le  idolatrie  congiunte  alla 
fuperbia,  alla  potenza ,  &  ad  ogni  vizio  rettade  corrotta  :  di  modo  ,che  fra  tan¬ 
ti  Popoli  ,nc’qua!i  la pofteritàdi  Noefù  divifa  ,laconofcenza,ed  il  purofer- 
vigio  di  Dio  rettane  in  breve  fpazio  di  tempo  predo  che  fpento.  Furono,  non 
è  dubbio  alcuno ,  uniti  al  cattivo  elempio  i  pervertì  infegnamenti  di  Nembrod, 
dt  molta  efficacia  alla  di  lui  potterità  per  ittabilire  una  mondana  Monarchia,  ne’ 
quali  iftrutti  1  difperfi  Popoli  ebbero  campo,  ne!  dilattarfi  col  dominio,  d’ in¬ 
fettarne  quali  tutta  la  terra.  Quindi  per  opra  della  confufa  favella  da  moltipli¬ 
cate  nazioni  popolato  il  mondo  non  mancò  di  maggiormente  dilatarli  l'idola¬ 
tria ,  che  al  pari  delle  dlfperfc  nazioni  ne’luperttiziofi  riti  fi  confule,  mentre  era 
in  potere  d’ ogn’  uno  l’ introdurre,  il  fingerli  ,e  l’appropriatfi  per  tutelare  qualfi- 
voglia  nuova,  &  imaginata  Deità:  di  modo, chedaM’Egiz'aca  alla  Greca,  e 
dappoi  alla  Romana  nazione  giufta  alla  prepotenza  del  dominio,  trapaffando 

una  cale  barbara  coftumanza  di  religione ,  fù  coftretto  il  Senato  Romano  lotto  aUx.  dur. 
il  Confolato  di  Cneo  Cornelio  Lenrolo,c  di  Publio  Licinio  CralTo,  con  rigo-  geu.e.ult. 
rofo  decreto  ovviare  a  limile  difoì  dine;  Piget  referre .  Romanos  ^tuue  rerum  do-  ' 
minos t  quibus  foedera,  leges.  0“  facra  exteris  dare  nationibus  imperium  fuit^ 
quanto  in  errore .  &  quam  tetra  caligine  verfatus  fuit  viSlor  ille  gentium  popu¬ 
lus  .&  totius  dominator  Orbis  omni  fuperditioni  obnoxius,  [unones .Genios  quo. 
tidie  fibi  afeifeendo.  efi  nova  Numina  adoptando:  qui  etiam  extraordinaria  fa- 
era  ex  fataltbus  libris  facere  ceaBi.  Gracum.  ^  Graeam,  totidtmque  Gali  s . 
in  foro  boario  ad  placandas  Deorum  iras ,  fub  terras  vivos  defodere  veriti  non 
fuerunt.  Licuitque  diii  in  /acris  hominem  interimere.  é‘T>iis  imolare .  adeout 
.  ~  03  Satur- 


itb.».  €otrn 
^ttontm . 


gtor,  4. 


hxoi.  t,  8. 


ibiÀ. 


Mtrc, 

T  rtfm,  iic. 

9.  IO* 


^Àtaì.Com. 

7< 


458  MySEO  C  OS  PIANO 

Saturnit/n,  lati  ale  m  lovem  humana  ylac  arent  hoHia  ^  cu\us  fimulachrum  dum 
facri^cant  ^  humano  f anguine  froluebant  :  donec  Cneo  Cornelio  Lentulo  ,  ^  p«. 
ilio  Lictnio  Crajfo  confttlibus  ,  Senatus  ConfuLto  cautum  fmt  ^  ne  novam  inducere 
reltgtonemy  neve  hominem  immolare  ^aut  humano  fanguine  litare  cuiquam  liceret . 

6  Prevaifero,  non  è  dubbio  alcuno,  a  principio  ne  gli  Egizii  più,  chcinaU 
tra  nazione  i  fallì  riti  di  luperlliziola  religione, che  alla  malizia  de’  foli  Sacerdo- 
ti  appoggiata ,  con  tante  figure  di  varii  animali  (  da  loro  ftimati  (acri  )  leppero 
accreditare  apprello  de’  più  efpcrti ,  non  che  del  volgo ,  i  loro  recònditi  milteri, 
per  lo  che  non  fù  loro  diificile  l’ indurre  i  Popoli  alla  venerazione  di  moltipiici- 
tà  di  beftie  ;  di  modo ,  che  fe  il  Mondo  tutto  avelie  abbracciata  una  tale  (ciocca 
cofiumanza ,  fi  avrebbe  potuto  conchiuderc  con  Flavio  lolef:  Orbem  terrarum, 
fi  d^gy pilorum  facra  fujcepfcet,  brevi  hefìiarum  plenum,  inanem  hominum  fu-- 
turum ,  Quindi  prcflo  gli  Egizii  paffate  in  venerazione  anche  le  più  lozze ,  c  re- 
dicole  beltie  col  lolo  motivo ,  che  la  divinità  fode  didula  si  negli  uomini, come 
in  ogni  altra  creatura: 

— —  ■■  —  Beum  namque  ire  per  omnes 
Terrafq'y  tra£lujq‘,  marzs ,  c«lumq\  frofundum  y 
molta  ragione  ebbe  il  Santo  Mosè ,  quando  nel  paele  d’ Egitto  non  volle  laeti¬ 
ficare,  mentre  colà  era  pena  capitale  l’infanguinarfi  nelle  vifeere  di  qualfivoglia 
vivente;  quod  fi  maSìaverimus  ea^qua  colunt  Mgyptii  coram  eis , lapidibus  nos 
obruent  :  il  qual  ridicolo  culto  elfendo  ancora  pallato  alle  cole  inlenlate ,  non  fù 
agli  Egizii  cofa  (limata  ò  falutifera,  ò  nociva,  che  da  loro  non  folle  tenuta  in 
venerazione ,  onde  Giovenale 

»— •  — -  -  ■  I  ■■■  quis  nefeit  qualia  demens 
JEgyptus  potent  a  colat?  Crocodtlon  adorat. 

Porum,  ^  cape  nefas  violare,  ac  frangere  morfu, 

C  poco  dopò 

O  fanclas  gentes ,  quibus  hac  nafcuntur  in  hortis 
Numina  1  '• 

C  perciò  parrai  in  quello  luogo  di  poter  veramente  foggiungere  con  chi  cfcla- 
mando  di  loro  feppc  indovinarla:  O  pEgypte  y  Mgypte  religionum  tuarum  fola 
fuper erunt  fabula ,  eaque  incredibiles  pofieris  tuis . 

7  Degli  Egizii  non  meno luperftiziolì furono! Greci  ;  irapcrochc,  fc  bene 
quelli  tra  l’altre  nazioni  crefeiuti  in  potenza  grande,  e  da’ Sacerdoti  Egizii  già 
addottrinati  ne’ riti  della  Gentilità,  acremente  le  ncrilero:clIì  nondimeno  cad¬ 
dero  in  peggiori  (concerti  nel  pregiarli  d’adorare  lotto  culto  di  Deità  uomini 
facinorofi,  adulteri,  ubtiachi,  empii,e  viziofi.  Oltre  che ,  le  di  loro  dille  Orazio 

Gratjs  ingenium,  Graqs  dedtt  ore  rotundo 
Mufa  loqui 

non  mancarono  loro  invenzioni  di  coprire,  e  di  confondere  il  vero  col  fallo ,  c 
di  laperc  accreditare  lotto  pretclli  di  religione  i  fuoi  favolofiinlegnamcnti. 
Anche  i  Romani  nell’ avanzarli,  e  nel  loggiogare  ,  non  chela  Grecia, ma  il 
Mondo  rutto  ,  quafi  captivam  Ct acerum  religionem  in  patriam  tranfiulerunt . 
Ma  di  ciò  non  contenti ,  vollero  ancora  alla  favolola  religione  de’  Greci ,  c  dcl- 
l’ altre  Rraniere  nazioni  loggiogate,  aggiugnere  le  luperfiizioni  della  vicina^ 
Tolcana ,  e  de’  Sabini . 

8  Trovandoli  dunque  da  tanta  moltitudine  di  finte  Deità  confufa  la  religio- 
ne^^nel  doverne  io  in  quello  luogo  dare  qualche  particolare  ragguaglio  per  li  lì- 
molacri  rapprefentanti  varie  Deità  dc’Gcntili,li  quali  fi  conlervano  nel  prefcntc 
Muleo, forza  è  di  favoleggiare  in  buona  parte  con  chi  fin’hora  ne  ha  ragionato. 

Begli 


Il  SKO  tUT  0,  CAP.  II.  ’.ts9 


Ve  gli  vii  dell'  Afia^  e  dell'  Egitti, 
CaP,  //, 


j  TJ  T  eccomi  appunto  nel  cafo  all’ incontro  di  quattro  fimolacri,  ne’ quali  af- 
E  tro  d’umano  non  fi  fcuoprc,  che  la  faccia,  c  le  grandi  orecchie,  avendo 
quelli  tutto  il  capo  coperto  da  un  velo,  che  cadente  fi  eftende  dalla  parte  d’ avan¬ 
ti  fino  alla  metà  del  petto ,  c  da  quella  di  dietro  fino  alle  (palle  ;  non  offer  vandofi 
nel  redo  del  corpo  altro  membro ,  il  quale  dall’  effere  koperto  ci  obblighi  mag¬ 
giormente  a  defcriverlo .  Mi  pajono  nella  forma ,  e  nel  dilegno  talmente  limili , 
che  quali  fi  potrebbono dire  opera  d’un  folo  maellro.  D’altezza  nondimeno 
fono  diluguali ,  paffando  il  minore  oncie  fette ,  e  non  eccedendo  i  più  alti  oncia 
dieci  della  nodra  mtfura  di  Bologna  :  ficome  due  di  elfi  fono  differenti  da  gli  al¬ 
tri  in  quella  parte  di  velo,  che  circondando  loro  il  volto,  vi  fi  unifee  lotioai 
mento ,  dal  quale ,  alla  fimilitudine  d’ una  lunga  barba,  pendente  fi  offerva  r  mo- 
ftrandofene  parimente  unodiffomigliantedagli  altri  per  avere  (opra del  capo 
un  gran  pennacchio,  il  quale  da  bipartite  penne  nella  fommità  relladivilo.. 

03  z  Non 


L%i,  49, 


Itb,  6.  f.  26, 


ycU.de /dei, 
itb.  9.  c,  6, 


‘Lib  !•  ele^, 
10. 

De  Diis 
leni. 


r  M  K>S  E  U)  Q  a  s  P  ‘1  Si  N  O 

Non  confervano parimenrealrro colore,  che  quello  del  legno,  di  cui  fono fa^ 
oncati  ì  abbenchc  usófj^rtoafiFumicato ,  e  caiiginofo  fi  oUtrvi ,  e  gli  altri  già  fof- 
fcroda  varii  colori  ,c  forfè  alla  Mùfaicadipinti ,  come  in  alcune  parti  de’ mede- 
fimi  pare,  che  lene  veda  qualche  veftigio.  Ad  altro  non  faprci  paragonarli, che 
a  quattro  termini  dirizzati  nelle  loro  bafi  quadrangolari ,  ò  pure  a  tanti  fanciulli 
falciati ,  ancorché  non  fi  feorgano  le  commidure  de’  panni ,  ne’  quali  fi  poflàno 
ftimare  involti, ò  le  diftinzioni delle  fafcie, che  loro  circondino  :  eftendendo- 
fifolamente il  barbaro  lavorìo  nella  fimplicifà  del  volto,  perfuadendofi  forfè i 
Gentili  d’efprimere  iloro  Dii  in  così  fitte  manifat'ute,  mentre  a  parere  di  Pie¬ 
rio,  ex  gracilitate  cordorum  innuere  vellent  ^  Dei  naturam  fpiritUy  non  corpore 
coniiare:  Je  pure  non  volcifimo  dire  della  nalcente  arce  ftatuaria  ciòcche  dilTc 
Ebano  della  pittura  bambina:  adeo  indo&e  piUfores  tunc  temporis  pentcUlunu» 
tra6laffe  ^  ut  adjcribere  nomina  rerum  necejfe  haberent .  E  veramente  ne*  fimo- 
iacri ,  de’quali  ora  li  dtfeorre',  e  de’  qua|i  per  maggior  chiarezza  li  fono  polle  le 
figure ,  era  ncctffaria  una  tale  efprt fiìonic  del  precilo  nome  di  quella  Deità ,  fot- 
to  della  quale  veniva  da' gentili  adorata ,  quando  ciò  non  folle  flato  contro  1*  in¬ 
dituro  dc’St^ccrdoti  Egizii ,  i  quali , come  già  diffi,  clTcndo  guardinghi  nel  pa- 
lefare  ad  ogn’  uno  le  cofe  della  religione , anche  con  tali  ofeure ,  &  informi  ab¬ 
bozzature  di  fimolacri  volevano  accreditare  ,  non  che  coprire  le  loro  fa  volofe 
Deità  ;  'mperoche  da  gl’  me  fi  nomi  ora  fi  verrebbe  in  cognizione  lotto  quali 
Deità  fòlTero  già  (lati  ricevuti ,  &  adorati.  Et  al  certo  tali  imagini ,  per  effere  dì 
Ifg  o,  danno  ,a  mio  credere ,  affai  indizio  della  loro  antichità;  tanto  per  lafìm- 
piicirà  dell’opera ,  quanto  per  l’abiliti  della  materia  facile  ad  effere  maneggiata 
da  chi  ne  fù  il  primo  inveì  torc  per  ridurla  nelle  forme ,  che  qui  fi  vedono  ;  im« 
pcroche  è  vero  che  l’ induftria  ,t  l’ingegno  umano  anno  fempre  faputo inventa¬ 
re  cofi"  gr  mdi  :  non  è  però  credibile ,  che  l’ uomosù’l  principiofoffe  proveduro 
di  qualunque  necèlTario  oddgno  per  ridurre  ad  una  tal  perfezione  l'arte  flatua- 
ria .  Anzi  mi  dò  a  credere ,  che  dall’  avere  gli  antichi  adorate  (otto  culto  di  va¬ 
rie  Deità  colonne ,  piramidi  ,afle  ,ecofefimili ,  ciòaccadeffe  dall’ imperizia  de 
gli  artefici ,  i  quali  poi  nella  flatuaria  ammaeftrati ,  a  poco  a  poco  feppero  dare 
al  le  colonne ,  afe  piramidi  ,&  all’  afte  quelle  forme  umane ,  nelle  quali  appunto 
(  mediante  l’approvaz'oncde'loro Sacerdoti)  credevano  riporta  tutta  la  Divi¬ 
nità  ,  e  a  tal’  -  ffetto  pazzamente  le  adoravano:  Primitiis  ut  homines ,  fic  Deos 
exprej^ere  forma  admodum  rudi;  nempe  pedibus  ]unclis ,  manibus  lateri  adhe¬ 
rentibus .  Atque  id  ufque  ad  Dàdalum  Piatu  artum  fuit.  Ps  primitiis  Jic  Jlatuas 
fecit ,  ut  eadem  li/fea  ejfem  pedes  i  fed  alter  fe  promoveret  ^  dr  progredientis  in- 
ditium  foret  \  quomodo  viventes  t  &  in  alium  conUitutos  repretfentabat ,  Ml  la- 
fciarci  parimente  indunea credere  ,che  daireflcrc  talifimoJacri  di legno ^à'vet- 
fero  perciò  volfuto  i  Gentili  accreditare  maggiormente  la  lorofriperrtizioia-rcli- 
gione,  additandoinuntal  modo  effere  la  povertàamica  di  Dio,  comequelk, 
che  in  fe  contiene  l’ umi'rà,  c  l’oneftà ,  onde  Tibullo: 

T unc  meliits  tenuere  fidem,  cum  paupere  ctiltn , 
n  Stabat  th'  exigùd 'ligneus  ade  Deus ,  ,  ' 

‘2  Ebenche  il  Gualdi  inclini  a  dire,  anchecol  parere  di  S.  Epifanio,  che  gli 
artefici  anricamente  cortumàffero  di  farfi  1  loro  Dii  di  quella  materia,  la  quale 
fofle  più  comoda,  e  conforme  all’arre ,  ch’erti  maneggiavano  ;  ciimprimum  fidi- 
''fa  religio  per  Damonum  maleficia  innovata  ed ,  é"  Deorum  fimulachra  expreffa  ^ 
quemq,  pro  ' artificii  fui  materia  Deos  fiibi  efmxifie:  figulum  ex  luto  ,  dt  argilla  ^ 
fabrurn  lignarium  px  Ugno ,  aurificem  ex  auro  ,  argentarium  ex  argento ,  (fi  ca- 
.ieros  fimili  rattonei  vogiionondimenoperluadcrmuche  i’ufodi  farli  di  legno, 


L  l  B  K  0  in  T  0.  CAP.  Il  4gt 

è  di  tèrra  il  non  folo  per  antichità  Ha  paiTato  da  gli  Egizii  al^altt  e  nazioni,  ma  an« 
cora ,  che  fiafi  mantenuto  lungo  tempo ,  e  pratticato  ne’ tempii,  come  ne  fà  tedi- 
monianza  Plinio  nell’  accennare , quando  principiafle  a  difufarfi  con  tali  parole  : 

Jdirum  mihi  •videtur ,  cum  Uatuarum  origo  tam  v(tus  in  Italia  (ìt ,  lignea  potius, 
aut  fiSitlia  Deorum  fimulachra  in  delubris  dicata  ufque  ad  deviai  am  A/ìam,  unde  '  '  *’ 

luxuria,  fìcome,  a  relazione  di  Guglielmo  Choul,  rapendoli  che  fotto  il  dominio 
di  Romolo  nel  tempio  di  Giano  fi  adorava  la  ftatua  del  medefimo  fabricata  con» 
forme  lo  Itile  de  gli  antichi  di  legno,  e  che  Numafù  poi  quello, che  la  fece  fare 
di  bronzo  da  Maraurfio  Ofeo ,  famofo  Maeftro  di  fondere  il  bronzo  ;  e  che  Dio¬ 
doro  Siculo  narra, che  in  Memfi  era  il  famofo  tempio  di  Vulcano  fatto  perar-  Zik.s.e.fi 
chitettura  di  Dedalo,  in  cui  parimente  aveva  collocato  il  Popolo  la  ftatua  di  le¬ 
gno,  opera  del  medefimo  artefice:  Templi  Vulcani  vedibuli,  quod pulcherri¬ 
mum  in  Memphifitum  ed ,  Dadalum  archite£lum  fuijfe  confi  at\  obq  e  am  rem  ^ 
populo  Eatua  lignea  in  tempi»,  qua  ab  ipfo  fabricata  fit,  donatum  :  potiamo 
maggiormente  pt  rfifterc  nella  già  concepita  opinione .  Ma  troppo  lungo  farei, 
fe  qui  voleffì  regiftrare  tutto  ciò ,  che  in  tal  propofiro  fù  fcritto  ,*  badandomi  fo- 
lamente  d’ accennare ,  che  apprelTo  gli  Orientali  furono  famolì  i  legni  del  loco , 
della  palma,  del  fico,  dello  fpino,  e  della  perfea:  ficome  non  furono  di  minor 
condizione  anche  apprelTo  d’ altre  nazioni  non  che  de*  Romani,  quelli  dell’éde¬ 
ra,  del  ciprelTo,  della  quercia,  del  cedro,  e  delia  vite  per  tali  manifatture,  de* 
quali  legni  avendone  fatta  iiluftre  menzione  in  più  luoghi  il  mentovato  Plinio , 
non  iftimo di propofito il diftbndermi di  vantaggio  in  tal  particolare,  ferman¬ 
domi  folamence  a  confiderare  ciò  che  dille  il  medefimo ^j>arlando  de*  fimolacri 
fattidi  legno  di  vite,  c  che  erano  per  lungo  tempo  durabili:  levis  fimulachrum 
in  Vrbe  Populonia  ex  una  confpicimus  vite,  tot  avis  inc»rruptum\  ad  altro  noti 
potendo  io  attribuire  tale  incorrottibilità ,  che  all’ artifizio  congiunto  alla  ma¬ 
lizia  de  gl’  iftein  Sacerdoti,  i  quali,  ficome  nel  confacrarc  tali  fimolacri  crede  va¬ 
no  nelle  ftelTo  tempo  d’ infondervi  la  divinità,  ò  che  gli  Dii  medefimi fodero 
coftretti  d’ infinuarfi  in  tali  imagini ,  era  ben  di  dovere,  che  tutto  ciò  accreditaf- 
fero  con  qualche  loro  particolare  artifizio  mediante  onzioni,  ò  bagni,  che  in-. 
effetto  non  fodero  altro,  che  prefervati  vi  dalla  corruzione,  cercando  in  unta! 
modo  di  rendere  perpetue ,  anche  ne’  corrottibili  legni ,  le  loro  fimulate  Deità  i 
fe  pure  non  volelfimo  dare  cotanta  virtù  alla  naturalezza  del  minio ,  ò  d*  altri  co¬ 
lori  ,  e  mifture  de’  medefimi ,  de’  quali  fi  fervi  va  l’antichità  nel  colorire  i  loro  ve¬ 
nerabili  fimolacri . 

j  Mafiaciò,coraefivoglia,hàmolto,  amio  credere,  del  probabile ,  che  t 
mentovati  quattro  fimolacri  di  legno,  che  fi  confervano  nel  Mufeo,  fodero  di 
queni,chefitenevanoda’gentili ne* Tempii.  Mafottoquali  Deitàfodcro  ve¬ 
ramente  adoraci ,  ciò  parmi  molto  difficile  da  congetturarli,'  imperoche,  fe  bene, 
a  parere  di  Diodoro,  era  famofo  approdo  di  qualfivoglia  nazione  il  nome  della  tìh.  i.  r.  % 
Dea  Ifide:  ubiq\  enim  fere  terrarum  Ifidem  cultam,  e  ciò  per  li  rifa  iamenti,  che 
da  eda  i  Gentili  fi  perfuadevano d’ ottenere,  quando  erano  infermi,  per  la  invo¬ 
cazione  d’ una  da  loro  tanto  (limata  Deità,  come  parimente  ne  fà  chiara  ceftimo> 
nianza  la  Medaglia  di  bronzo  di  Claudio  Impcradore,  nel  roverlcio della  quale 
fi  vede  la  fopradetta  Dea  colla  iferiteione  SÀLVS  A  VG,  con  tutto  ciò  a  prima 
vifta  non  parerebbe  di  potermeli  perfuadere  rapprefentanti  una  tale  Deità  per 
alcun  fegno,chcfode  proprio  alla  medefima*  £  vaglia  il  vero  furono  i  lìmola- 
cri  d’ Ifide  ora  fegnalati  di  corna  di  bue ,  ora  inghirlandati  di  Ipighe  d’orzo ,  c  di 
frumento ,  ora  coronati  di  foghe.,  e  di  fiori  di  loto ,  ò  della  perlea ,  8c  ora  ornaci 
di  diademi  di  Serpenti  i  ponendovi  parimente  talora  i  Gentili  (opra  del  capo  ii 

Odi  5  fiiog” 


Dt  Mtnf* 


Hifl.  l$b.  4, 


Foff,  lib.  I, 
t.l9-dt  $4«^ 
Ui4t. 


46z  M  y  S  e  0  C  0  S  P  l  A  N  0 

moggio,  &  altre  volte  impennacchiandoli  delle  penne  dello  Sparviere,  Coftii« 
mando  ancora  i  medcfimi  di  porre  nelle  mani  d’ una  tale  loro  Deità  il  fiftro ,  il 
Iccchiello ,  il  moggio ,  l’ ablìntio  marino ,  &  il  liburno .  Molte  di  cali  cole  fi  co- 
fiumarono  ancora  nelle  fefte  d’ Ofiride ,  a’  fimolacri  del  cjuale  furono  parimen¬ 
te  attribuiti  quali  gl’  ideisi  ornamenti ,  onde  ben  dille  il  Pignorio  colle  dottrine 
d’ Apulejo  :  co»»exaf»t  imo  vero  unicam  rationem  numinis  y  religionifqy  i»  Ifi» 
de  y  ^  Ojtride  ejfe .  Oltreche ,  Ic  commune  opinione,  è  ^  che  Oliride  tolle  fratel¬ 
lo ,  e  marito  d’  J  fide ,  era  ben  di  dovere ,  che  poco  differenti  folTero  ancora  i  con- 
trafegni ,  gli  attributi ,  gli  onori ,  e  le  pompe , che  fi  davano  sì  all’  uno ,  come  al- 
r  altra ,  Anzi,  fc  già  motivai  della  fama  d’ Ifide,  per  la  fperanza  che  concepivano 
gli  ammalati  d’ottenere  la  lalute  mediante  la  di  lei  invocazione,parmi  ancora  di 
poter  dedurre  da  Tacito  medefimo,  che  per  rifanarfi  avellerò  fatto  ricorfo  all* 
Imperador  Vefpafiano  certi  plebei  di  nazione  Alellandrini ,  ciechi , e  Itorpiati , 
cosi  avvitati  in  fogno  dal  Dio  Serapide ,  che  appunto  in  fra  gli  altri  Dii  con  if- 
pezial  culto  fupcrUiziofamente  da  grifteffi  veniva  adorato .  Ecertamente  noti 
era  quelli  altro ,  che  il  Dio  Ofiride ,  il  quale  nel  bue  (che  Api  vien  detto  )  fim- 
bolcggiato,  da  Ofiride  ,  &  Api  fù  primieramente  detto  Ofirapi,  dal  che  poi 
nacque  la  conluetudine  di  nominarlo  Sorapi  r  ò  Sarapi,  come  anche  Serapide: 
^ta  Apis  e£'€t  Ofiridts  imago  y  ab  Ojiridcy  &  Apide  ,  prius  dixerint  Ofirapis y 
inde  eonfuetudo  fecerit  Sor  apis  y  vel  Sarapis .  Per  tali  ragioni  dunque  tradì  lo¬ 
ro  furono  confule  si  famofe  Deità,  e  ciò  forfè  per  lolcarabievole,&incftin- 
guibile  amore,  che  fi  confer  varono  in  vita;  impercioche  non  fuiono  già  diffe¬ 
renti  da  gli  altri  uominùnell’  edere  (oggetti  alle  mortali  vicende ,  abbcnche  per 
nuovi  ritrovamenti  di  lettere,  ed  arti  fi  fodero  refi  fopra  d’ogn’  altro  fegnalati , 
ò  pure  per  antichità  fodero  flati  de’ primi ,  ò  per  dominio,  e  potenza  avedero 
avanzati  gli  altri  mortali  :  (fe  pure  non  voleffimo  dire ,  che  tali  nomi  non  fodero 
(lati  poco  dilsimili  da  quei  de’ Faraoni ,  e  de’  Tolomei  d’ Egitto ,  e  de’ Celati  di 
Roma ,  coir  edere  divenuti  communi  a  qualfivcglia  Deità  )  non  iflimarei  di  do¬ 
ver  efsere  tafsato  d’ inavvertito , le  a’  mentovati  fimolacri  di  legno,  fenz’alcun 
riguardo,  &  indifferentemente  attribuifsi  i  nomi  sì  dell’ una,  come  dell’altra 
delle  accennate  Deità ,  cioè  d’ Ifide ,  e  d’ Ofiride .  E  le  parimente  ridetteremo  a 
ciò ,  che  fetide  eruditamente  il  Pignorio ,  (piegando  le  delineate  imagini  d’ un’ 
antica,  e  (limata  (aera  menla  di  bronzo ,  dove  aggiuntevi  lefigure  d’Ofiride, 
d’ Oro ,  e  d’ Anubi  fi  ammirano  i  principali  mifteri  della  fa  volola  Deità  d*  Ifide , 
non  v’ è  dubbio  alcuno,  che  pàragonatiilopradetti  fimolacri  di  legno  a  gl’in¬ 
cili  in  così  famola  menla ,  cadcranno  a  prima  villa  lotto  il  nome  della  Dea  Ifide . 
Abbenche  fattone,  a  mio  credere,  piùrigorofo  confronto,  (limerei  poterli  an¬ 
che  attribuire  ad  Oro ,  che  per  edere  flato  1’  unico ,  &  amato  figlio  d’ Ifide ,  e  d’ O* 
firide  ,fù  anch’egli  connumerato  trà  le  prime,  e  più  ragguardevoli  Deità  del¬ 
la  pazzareligione  Egiziaca,  Maperche  abbiamodifeorfo  degl’iddìi,  Ifide,  8c 
Ofiride,  parmi  in  quello  luogo  ragionevole,  prima  di  parlare  più  difiulamente 
del  loro  figliuolo  «Oro,  il  confiderare  alcuni  altri  fimolacri  di  bronzo,  che  nel 
Muleo  ficonlcrvano,  quali  verifimilmentc  podono  flimarfifatti  in  venerazio¬ 
ne  delle  medefime  Deità , 


LIBRO  SVlliTO.  CAP.  Uh  '4«5 


tmAgine  d' Ijtds  .  e  d*Ojtrid€, 

Cap,  Ili, 

io  notimi  diffonderò  in  deferì  vere  tali 
‘  imaginiaminuto,  awegnachediligen- 

te  intagliatrice  abbia  faputo  far  conofeere,  che  li 
due  qui  delineati  fimolacri  fono  di  faccia  giovi- 
nile,e  che  il  collocato  nella  parte  delira»  cioè  il 
pi  ù  picciolo  di  datura ,  è  tutto  ammantato,  e  con 
volto  teminile ,  e  che  l’ altro  pollo  alla  parte  lìni- 
Rra  di  maggior  grandezza,  hà  nel  capo  unabe* 
retta,  e  (opra  della  fpalla  delira  un  manto,  che 
coprendolo, non  lafciafcoperti,&  ignudi,  chei 
piedi ,  le  gambe ,  &  il  finillro  braccio ,  c  gran  par¬ 
te  del  petto  j  mentre  pur*  egli  in  una  tal  politura 
ammirandoli ,  collo  Rendere  la  delira  mano  alla 
fpalla  medefima  dell’altro  lìmolacro ,  in  così  fat¬ 
to  abbracciamento  dà  in  atto  di  unirli  allo  dello. 

2  Non  è  dubbio  alcuno,  che  l’uomo,  allue- 
fatto  ad  avere  lotto  gli  occhi  le  cole  terrene, dif¬ 
fìcilmente  è  dato  inclinato  a  perfuaderlì,non  che 
a  capire , le  lontane  dalle  medelìme,  e  quelle,  che  non  polTono  cadere  lotto  del 
fcnfo,e  che  non  può  intendere .  Con  tal  motivo  era  ben  facile  dopò  che  fu  intro¬ 
dotta  la  venerazione  di  moltiplicate  Deità,  alle  quali  veniva  affegnata  per  fua^ 
danza  la  ceJede  maggione ,  che  l’ umana  natura  non  vi  fapeffe  accomodare  la  fua 
credenza  :  il  che  ben  previdero  i  fagaci  Sacerdoti  della  gentilità,  mentre  a*  loro 
Dii  diedero  un* effere  corporeo  poco  dillìmile  in  altro  dall’ umano,  che  dall* ef¬ 
fere  incorrottibile  :  accomodando  ancora  il  vivere  delle  loro  Deità  con  una  cer¬ 
ta  proporzione ,  e  paragone  al  nodro  ;  ma  però  con  modo  draordinario ,  e  mira¬ 
bile  per  maggiormente  tener  in  fede  gl’infelici,  e  dolidi  feguaci.  Non  furono 
lenza  fallo  lontani  dal  fenfo,  il  Sole, e  la  Luna,  primiere  Deità,  che  panarono 
lotto  religiofo  culto  a  tante  Nazioni;  e  pure  loro  fù  attribuita  1* umana  natu¬ 
ra,  mentre  sù  ’l  principio  furono  riconofeiuti  lotto  i  venerabili  nomi  d’Ifi- 
de ,  e  d’ Ofiridc ,  come  appunto  mi  dò  a  credere ,  anche  col  fondamento  di  Dio¬ 
doro  ,  poffano  dimarlì  i  fimolacri  di  bronzo,  che  qui  fi  oflervano  congiunti,  rap- 
prelentanti  forfè  tali  Deità  :  Igitur  primi  illi  homines  olìm  in  Mgypto  geniti ^  c.a? 

^unc  Mundi  ornatum  confpicientes ,  admirantefque  univer forum  naturam  »  duo^ 
effe  Deos ,  &  eos  aternot ,  arbitrati  funt ,  Solem  videlicet ,  d*  Lunam  :  & 
quidem  Ofir idem  j  hanc  Ifiàem  certa  nominis  ratione  appellarunt .  Erano  dunque 
Ofiride ,  &  Ifide ,  famofi  Di  i  de  gli  Egizii ,  cioè  il  Sole,  c  la  Luna  ;  &  in  varie  gui-; 
le  fi  pinge  vano,  fecondo  che  varii  effetti  di  quedi  due  gran  luminari  fi  dinotava¬ 
no  j  e  perciò  non  crederei  improbabile  il  fupporre ,  che  li  delincati  fimolacri  ef- 
primeffero  qualche  fimbolica  figura  delle  fudette  due  Deità ,  e  fi  offervafTcro  co¬ 
sì  uniti ,  e  coperti  colmanto  per  fignificare ,  che  la  Luna ,  quando  è  congiunta  al 
Sole  non  fi  vede ,  e  talora  ancora  cagiona  gli  eccliffi  Solari,  come  nel  nodro  calo, 
dove  il  fimolacro  maggiore ,  dinotante  il  Sole ,  non  reda  del  tutto  ofeurato ,  nel 
modo,  che  accade  nc’di  lui  eccliffi .  E  non  fi  dimi  cola  fuori  dell* ordinario ,  o 
non  confueta  alle  Deità  Egizie  il  vedere  il  capo  colla  capigliatura  alla  figura 
rapprelentante  il  Sole ,  &  Ofiride;  imperoche  tale  fu  la  codumanza  appredo  gli 

Egizii 


4^4  M  V  S  E  0  0  S  ?  ì  A  ìi  6 

Egizii  di  chi  peregrinò  fuori  della  patria,  come  fece  Ofiridcafìne  d*in(lruir4U 
Vhi  tib.u  nell'agricoltura,  e  nell’ arti  i  rozz!  morrali:  Omnibus  deinde  compojttis ,  oratts 
Diis»  Ojìridem  comam.,  quoad  Mgjftum  redtret ,nHtriJfe  a]unt,ac  verfus Mthio» 
fitm  frofe^um^  confuetudo  ufque  ad  hac  tempera  inolevit  apudMgjpttos, 
ut peregrinantts %  quo  ad  domum  revertantur  ,  nutriant  comas.  Quanti  tollero 
i  viaggi  ali* accennato  fine , e  quali  fodero  gli  onori ,  che  furono  facci  da  gli  Egi^ 
zìi  ad  Ofiridc  al  fuo  ripatriamento ,  mencre  fù  dichiaraco  immortale ,  &  annume¬ 
rato  in  fra  gli  Dii,  chiaramente  fi  può  comprendere  da  chi  leggera  Diodoro  al 
principio  della  fua  fioria:  Cum  in  Mgjptum  redtjftt,  tuht  dona  fecum  à  di» 
'vtrfis  gentibus  data,  ^jsapr opter  pro  magnitudine  beneficiorum  ^  donatus  im» 
mortalitate ,  (fi  honores  calefiium  eH  ajìecutus.  Ma  sfortunata  per  Oiìridcriu- 
fcì  tanta  gloria  acquiflatafi ,  mentre  punfe  con  sì  fiero  flimolo  d’ invidiali  di  lui 
barbaro  fratello  Tifone, che  quelli  congiurandogli  contro  con  alcuni  grandi,  al¬ 
la  fine  empiamente  l’ uccife ,  di  videndolo  in  ventifei  parti ,  quanti  appunto  furo¬ 
no  iconfape  voli  della  crudeltà,  coll’ adegnarc  a  ciafchcduno  la  fua  porzione, 
in  pegno  dell’  ajuto ,  che  11  dovevano  dare  per  impodeffarli  del  regno .  Da  così 
inumano  fuccedo  i  Sacerdoti  d’ Egitto ,  ò  qualunque  altro  fi  fofse,  prefero  moti¬ 
vo  di  dire,  che  l’ anima  d’ Ofiride  fi  fofse  convertita  in  Bue,  che  poi  fotto  nome  di 
Di0d.léb.  t.  ^P*  l’altre  falle  Deità  fù  riverito  per  Dio:  Honoris  impen/teaufam  nonnulli  tra, 
9, 4.  dunt ,  quod  defungi  Ojiridis  anima  tn  Bovem  tranjmigrajfiet .  Altri  vogliono , che 

Api,Rc  de  gli  Argivi,raccogliefsc  le  difperfe  membra  d’Ofìride,  e  le  riponcfse  in 
un  Bue  fatto  dì  legno ,  e  coperto  d*  una  bianca  pelle  dello  flcfso  animale  :  Ferunt 
ibii.  Api»*  membra  ejus  collega  in  bovem  ligneum  corio  bovis  albo  circundatu  con]ecife , 
Io  qui  non  flò  a  cercare  a  qual  fondamento  fiano  appoggiate ,  quelle ,  c  fimiii  al¬ 
tre  cole  in  tal’ occafìone  favoleggiate  dalla  gentilità,  ballandomi  folo  il  dire, 
chedagliEgiziifottocultodivino  fù  ricevuto  il  Bue,  de'  o'nle  appunto  fe  nc 
vede  la feguente  imagine, 

Stmolacro  del  Buel 
Cap.  IV, 

1  dunque  vero  \  che 

il  Bue  in  onore  d’ Ofi¬ 
ride  pafsò  in  venerazione  de’ 

Gentili.  Ne  abbiamo  nel  Mu« 
feo  uno  di  bronzo  delincato 
nel  modo ,  che  fi  vede,  il  qua¬ 
le  non  sò,  fe  debbafi  llimare 
reliquia  della  gentilità, ò  pure 
capriccio  del  fonditorc;impe- 
roche  nò  pofso  imaginarmi  a 
qual  fine  lìa  fiato  formato  fal¬ 
cante,  cola  quali  inconfueta., 
alla  pigra  natura  del  Bue:  fe 
pure  figurato  per  un  robullo, 

&  indomito  Toro  ,  corno 
dalle  patenti  parti  genitali  ne 
fiamo  accertati  ,  non  folso 
flato  fatto  appunto  per  1*  u  lo , 
ibid.  che  fi  ragiona  :  T aures  facros. 


L  ì  xs  ^  0  ^  V  /  nr  0,  CAP.  iP.  4^5 

iptn  fciliceti  &  Mnevimpù  Diis  honorant ^  fcrifse  Diodoro,  parlando  dello 

)eltà  beltiali  de’  Gentili .  Ad  ogn’ono  è  noto  in  quanta  venerazione  tofse  ap- 

>relso  gli  Egizii  iiToro,  mentre  l’annoverarono  in  fra  le  ftelle,  dove  fi  per- 

uafero  godefse  T  efaltazione  la  Luna ,  tenuta  da  loro  per  la  Dea  Ifide ,  e  ftiman- 

lo  una  tal  beftia parto d’ una  Vacca  impregnata  da  un  celefte  folgore.  Io  qui 

ifleftendo  alla  politura  del  delineato  Toro  ,  che,  oltre  al  modo  accennato,  fi 

►fferva  con  orecchie  tefe ,  &  in  at  to  di  ftraordinaria  attenzione  (  fe  pure  non  lo 

'ogliamoftimare  reftiojòinattodi  non  aggradire  l’ offerto  cibo)  midòacre-r 

lerc ,  che  la  Gentilità,  figurandolo  in  un  tal  raodo,volefsc  dinotare  qualche  ftra- 

agante,  e  ragguardevole  avvenimento,  già  che  Alefsandro  Napolitano  fà  chia- 

a  m^Tizione  de  gli  augurii ,  che  da  sì  fatta  Deità  perfuadevafi  d’  otte  ;ere  ;  in 

Egypto  ^pis  hos  in  phano  antiqmjfimo ,  dr  fanclijfmo  intra  fepta  magna  religio,  de  die.ltn. 

is ,  in  qitibus  con]eóltfra  divina  mentis,  0“  pr  aditiones  futurorum  putabantur . 

icut  in  Memphi  vacca  dr  in  Heliopoli  Mnevis  bos ,  atque  in  Arfinoe  crocodilus  , 

lifqtie  porreófam  efcam  accipientibus  ,dut  averf alitibus  ,  felicia  auguria  >  dr  exi^ 

'is  fortunati .  nonnuiiquaih  magna  infortunia  dr  repentinum  incommodum  pra- 
'ici,  dr  pramonflrari:  il  che  di  nurvo  fà  riflettermi  alla  pazzia  de  gli  uomini 
into  imperverlati ,  che  anche  da  gli  armenti ,  e  dal  le  mandrie  iftefse  pretefero 
i  fceglicre  le  loro  Deità ,  e  gl’  indizi!  delle  cofe  dipendenti  dalla  incertezza  del 
Jturo;  pazzia,  eh’ ebbe  forza  di  corrompere  anche  Io  ftefso  Popolo  eletto, 
uando  fotto  la  felice  ctìndòtta  del  Santo  Mosè ,  tolto  dalla  lunga ,  &  infoppor- 
ìbilefchiavitudinedegli  Egizii  non  tollerò  la  dimora  del  di  lui  fortunato  con- 
uttorecon  Dio,inducendofi  a  porgere  tributi  d’adorazioni  ad  un  tal  fimolacro, 
e  gli  ori  proprii  a  tal  fine  fabbricato.  Ecosìfortefi  radicò  una  tal  impreflìone 
ella  durezza  de’ cuori  di  Gente  sì  rozza,  thè  le  cagionò  la  prattica  ancorché.», 
forzata, co’ (uperftiziofi  Egizi! ,  la  quale  perverfità  tanto  è  più  deplorabile, 
uanto che  fe  ne  afcolta  oggidì  trasferita  la  coftumanza finò  all’  Indile  fe  purci 
ino  degne  di  fede  Le  cole ,  che  fi  feri  vono  de  gl’ Indiani ,  eciò  vchd  a  tal  propo- 
fo  regiflrò  lo  Scaligero  :  Quemadmodum  olim  ab  Mgjpdis ,  ita  mine  ab  Indisi 
ui  Cuchin  regnum  ine  olunt -,  bgs  peculiari  culiu  prò  Deo  habetur  t'&  àppelUtHT^ 

"ambaran.  '  '  ^ 


Figura  del  Caprai 
Cap,  V. 


IO  veramente  più  volte  hò 
fatto  rifleflìonC  aì  già  dt- 
heato  fimolacro,  cmoltofo- 
0  fiatò  dubbiofo  -,  fc  dove va^ 
neflo  per  un  Toro,  mentre 
ireva,  che  lé  corna,  e  laco- 
i  non  mi  porgeffero  gl’  indi- 
i  d’ una  tal  beftia  ;  corrifpon- 
ndo  più  tofio  tali  parti  a., 
ielle  d’ un  fiecco ,  ò  Capro , 
me  è  la  figura  di  bronzò,  che 
t  gli  altri  metalli  fi  ritrova  an^ 
’  ella  nèl  Mufeo,la  quale  ap- 
nto  hò  qùt  fegultamcnfc^ 
llòcata'  i  aceioehé-dgn’  uno 


s» 


'Oi$d»l.ZtC»4 


Wi»d>  Hìd. 


46^  M  y  S  E  0  c  0  S  P  ì  A  N  0 

nepoilafaréilconfrontocolfìmolacro  già  defcritto,  e  chenelfa  faccianonmi 
pare  punto  declinante  dall’  effigie  di  Bue,  &  in  tal  parte  non  confarli  coll*  imprcf- 
ìo  Capro,  che  pure  anch’egli  tra  le  principali  ferme  Deità  d’ Egitto  fù  connu* 
merato ,  e  riverito.  Hò  avuto  parimente  intenzione  di  ragionare  in  quello  luo^ 
go  d’una  tale  Deità,  per  aver  ella  relazione  alle  cole  favoleggiate  d*Ifide,  e  d'  0> 
fìridc ,  Ebenche  feriva  Eliano ,  che  folaroente  le  capre  femine  nella  Tcbaide  da 
quei  di  Cana , detta  già  Copt/s ,  folTero  riverite  in  riguardo  a  gli  onori,  che  lì  por¬ 
gevano  ad  Ilìdefuordimodoamatrice  di  tali  bellic;  Copitit  cxcaprts  ferhfaemim 
n*s  edunt ,  divinitatem  etiam  iis  tribuunt  :  mares  autem  comedunt  :  fceminas 
vero  a]Hnt  ejfe  ob  le  d  amentum  ^  &  delitias  ifidos:  altri  Popoli  nondimeno  d’E¬ 
gitto  diedero  i  divini  onori  al  Capro,  ò  vogliamolo  dire  Becco,  come  efpiclTe 
Erodoto:  Capris  etiam  divinum  Mendejìi  honorem  tribuerunt ^  ac  magis  mari- 
bus  ^  quàm  feeminis,  Atque  ex  iis  caprarii  pracipuo  funt  in  honore  x  c  Ciò  for¬ 
fè  per  la  lalacita ,  c  fecondità  attribuita  a  tal  animale ,  c  cotanto  ftimata  dalla  fu* 
perftiziofa  Gentilità ,  come  lì  può  dedurre  da  quello ,  che  Icrilfc  Diodoro  ;  Hir¬ 
cum  inter  Deos  retulere  ob  genitale  membrnm  :  ficut  Gracis  propterea  a\unt  ve¬ 
nerationi  efe  Priapum.  Nel  qual  fcnlo  appunto,  e  lotto  le  falacifpoglie  di  Bec¬ 
co  fù  ricevuto  il  Dio  Pane,  fecondo  che  favoleggiarono  i  Poeti,  ch’egli  fiera¬ 
mente  impazzine  ne  gli  amori  delia  Luna,  che  fù  Ilìde,  e  la  Terra  :  corrifpondcn-- 
doaciòparimentelccoferaccontated’Olìride,  oggetto  tanto  amato  da  Ifide^ 
per  cui  l’antichità  fi  pregiava  della  generazione  di  tutte  le  cole,  efsendo  Olì» 
ride  perciò  tenuto  lo  Hello  che  il  Sole,  che  Dionilìo,chc  Bacco,e  che  il  Dio  Pane. 


Imagine  d*  un  Lup9% 

-,  Cap,  VI, 

i  A  ritornando  alle  cole,  che  li  raccontano 

XVx  d’Ifide  appafsionata  per  l’inumano  fuc- 
celTo  del  riverito  Ofiride,  non  mi  è  parlo  fuori  di 
propolìto  il  portar  qui  la  Statua  di  bronzo ,  che  po¬ 
co  maggiore  dcirimprelTa  figura  li  conferva  nel 
Mufeo,rapprefentante  un  Lupo,  che  degrigoando 

idcoti  Uà  in  atto  di  combattere;  rammemorandomi  ciò,  cherTerifee  Diodorò 
dellaguerrad’Ifide,ed’OrocontraTifoBe  nel  favoleggiare  lopra  gli  Eeizii, 
che  Oiìride  vcnilTe  in  ajutoalla  Moglie,  &  al  figliuolo  da  gli  abilsi  ìnfemaù,  traf- 
formatoiu  una  tal  forma;  onde  vinto,  &uccifo  Tifone,  per  cosi  g  o  iolo  farto 
fodero  dati  i  divini  onori  ad  una  tal  beftia  :  Nàm  cùm  rjìs  uni  cum  filio  Oro  cune 
T  ifone  ejjet  bello  dimicatura ,  ferunt  Ofìridem  in  Lupi  ferma  ab  inferis  auxilio, 
éf  uxori  tifi  filio  veniffe.  Vidores  iitaque  Tifone  inter  fedo  honorem  et  antman* 
ti  impendife ,  cu\us  interventu ,  fubfdioque  vidoria  parta  effet .  Io  qui  noxu 
parlo  di  qut  1 .0 ,  cOc  loggiugne  il  mento  varo  autore ,  ciò  è  deli'  in  vallone  de  gli 
Etiopi ,  che  fecero  ne’  campi  Egizii ,  dove  da  valorofa  fquadra  di  Lupi  cacciati 
quelli  lino  ad  Elefantina,  rellarono  vinti  ;  e  che  perciò  nella  Tebaide  la  C irta  di 
LicopolidaLupiprendefle  il  nomv",  &  ivi  p?rr|colarmcnte arali  bellic  fodero 
dati  i  dovuti  honori  :  Tradunt  nonnulli  agros  Mgyptierum  incurfantes  JEthiopes^  I 
d  Lupis  fada  acie  ufque  ad  Civitatem  Elephantinam  repulfos .  ^_ua  ex  re  fit  j 
ér  locus  ille  didus  Lycopolts  eis  belluis  honos  d  pofierts  habitus ì  impetoebe 
c  troppo favoiolo  i)  dire ,  che  tanta  copia  di  Lupi  fi  potcUc  unire  in  uii  fol  luogo 
per  combattere ,  &  effere  vincitrice  di  formidabile  efcrcito  d’ uomini  armati  ;  fe 
pure  non  volelTimo  dire ,  che  tali  Lupi  fodero  llaci  le  imagini  dipinte  ne  gl>  Hen* 

dardi 


i 


L  l'B  K  0  ^  i  n r  0,  CAP^  Pi 

dardi ,  fotto  de’  quali  militavano  i  Soldati  Egiziii  ò  pure ,  che  i  Soldati  medefi- 
mi  avexero  avute  jc  celate  fatte' della  pelle  di  tali  animali,  ftimati  da  loro  pro-  BiedJik.x. 
pizii  ne  gli  affari  della  guerra ,  il  che  coftumarono  ancora  i  Principi ,  &  i  Rè  me-  ^ 
defimi ,  ò  foffe  ciò  per  maggior  decoro ,  ò  per  tener  in  timore  i  Popoli ,  ò  pure  a 
qualche  fine  di  religiofalupcrftizionc  :  già  che  i  Gentili  veneravano  tadtTani» 
mali,  e  dal  numero  delle  perlone  primarie  Iceglievano  i  loro  Sacerdoti^  Ma 
bensì  confiderò ,  come  i  Greci  non  vollero  edere  inferiori  agli  Egizii  in  così  ri-' 
dicolo  culto  jimperoche  confecraronoancor  effi  ilLupo  al  Sole,  che  apprcffo 
di  quelli  era  Ofiride,  e  non  folo  vollero,  che  nella  loro  lingua  Av'xat ,  Lupus ,  fof- 
fe  detto  i  «»»'  r  KÙxntt  à  prima  luce  y  per  effer  tal  animale  la  mattina  molto  per 
tempo  pronto  alla  preda  ;  nia  ancora  per  la  robuRezza  ,e  per  logenio ,  eh"  egli 
hà  di  predare ,  Io  giudicarono  fido  cuflode  di  Marte,  laonde  in  Atene  vi  fù  pena 
r  ammazzarne  :  ficome  appreffo  de’  Romani  furono  in  ventrazione  i  fimolacri 
di  tali  animali,  per  Tobbligo,  che  pretendevano  d’avere  alla  fpezie  di  tali  beRie,i 
per  edere  Rata  della  medelima ,  come  credettero  ,  la  noérice  de’  primi  loro  fon«i 
datori  Romolo ,  e  Remo  :  in  memoria  della  quale  furono  da  Evandro  inRituite- 
le  fcRe  Lupercali  con  i  Luperci  Sacerdoti ,  e  col  rimanente  de’  MiniRri  di  quel¬ 
le  ,  dedicando  ancor  effi  il  Lupo  a  Marte ,  che  fù  da  loro  creduto  Dio  dell  a  guer¬ 
ra ,  e  padre  de’  gemelli  fudetti  ;  onde  ufarono  di  portare  alla  guerra  nelle  ban¬ 
diere  non  folo  l’ Aquila ,  eh’  era  loro  principale  infegna ,  ma  anco  la  Lupa,  a  cui 
per  la  Reffa  ragione  diede  titolo  di  marziale  il  Poeta  Virgilio  :  .  .  ty^neid.iib, 

atft  matri  multis  balatibus  agnum  ver J,  ^66. 

Martius  k  ftabnlis  rapuit  Lupus» 

2  MadifimigliantiritiabaRanza  j  avvegnaché  ia  rideffione  fatta  fopra  l'otr 
tenuta  Vittoria  ù’  Ifide  contra  il  tiranno  Tifone ,  e  l’ ammirazione  della iuperRi-ì 
ziofa  pietà  di  così  forte  Regina  nel  dare  alle  ricuperate  membra  del  di  vifo  cor¬ 
po  d’ Ofiri  i  divini  onori ,ci  faccia  flrada  a  confiderare  un’  altra  più  ridicola  Dei¬ 
tà,  che  fono  le  parti  genitali  del  mentovato  Ofiride,  le  quali  volle  Ifide,  che 
fodero  con  particolare  onore  tenute  in  venerazionejabbenche  vogliano  alcuni* 
che  queRe  gettate  nel  Nilo  da  Tifone,  non  poteffero  effere  ritrovate  dalla  me» 
defima,ia  quale  perciò  fuor  di  modoadolorata  ordinò  pure, che  ogn’annoa 
certo  tempo  con  folenne  cermonia  di  pianti ,  e  di  lamenti  fi  andaffero  cer¬ 
cando  ,  &  indi  a  poco  fi  faceffero  folenni ,  &  allegre  feRe  in  memoria  del  ritro- 
vatoOfiri.  Tali  folennità,megIiodirò , enormità,  nate  in  Egitto,  edettePa- 
raili,  continuarono  nella  Grecia  in  onore  del  padre  Libero  Itifallo,  ò  voglia¬ 
molo  dire  Dionifio ,  Pane ,  ò  Bacco ,  che  fù  Ofiride  de  gli  Egizii ,  nelle  quali  co- 
fiumarono  di  portare  al  collo  la  figura  del  membro  virile  fatta  di  varie  materie, 
cmaifimaraentedel  legno  di  fico ,  detta  da  loro  Phallo,  la  quale  fecero  ancora 
di  cuojo  roffo ,  e  con  attraverfarla  dinanzi  tra  le  cofeie  andavano  con  queRa  fal- 
tando  in  onore  di  Bacco ,  per  ciò  Phallofori  detti  :  ficome  inghirlandati  di  vio¬ 
le ,  e  d’edera ,  e  coperti  le  faccie  di  feorze  d’ arbori ,  ò  di  pelle  d’animali,  erano- 
confueti  di  folennizare  mafeherati  in  un  tal  modo  così  laide  felle  .  Quindi 
nacque  la  Rima  de’  Satiri,  de’  Fauni ,  e  de’  Silvani:  &  altrettanto  furono  celebri 
le  feRe  coRumate  in  Cipri  ad  onore  di  Vcnere,dove  i  Phalli  erano  difpenfati  a  di 
lei  feguaci ,  quanto  fcelerati  foffero  i  decantati  fecreti  di  Priapo ,  1’  imagine  del 
quale  pendente  al  collo  de’ fanciulli  fù  Rimata  ficuro  difenfivo  contro  i  malefici 
incantefirai ,  Qui  non  occorre,  che  io  rammemori  tutte  quelle  cole,  che  in  limile 
occafione  fi  pratticarono  anche  appreffo  de’  Romani ,  per.:  he  pur  troppo  trapaf- 
farono  i  limiti  d i  quaìfivoglia  abbominevole  difoneRàibaRandomi  folo  il  moti- 
Vjarc,che  nel  Muleo  fi  confervano  alcune  Ratuette  di  brózo  fatte,  come  io  Rimo, 
perlina  tal  memoria,  e  delie  quali  fi  danno  le  feguenti  figure.  statue 


^$8 


M  y  S  B  0  COSPIANO 


Statua,  di  Ojtride  rappre/entantc  Priapo» 

Cap.  VII» 

VcAe  fono  e  di  for(na»e  di  grandez¬ 
za  eguali  alle  delineate,  elsendo 
foloòTtt'crentciapiù  grande  dall’ altre, per 
avere  il  capo  coperto  da  una  bc  retta,  e  lo 
mani  (fuorché  un  non  sòchedi  distinzione 
nel  deto  grofso)  fenza  divisioni  di  deta ,  ef- 
fendo  tutte  ignude ,  &  avendo  le  parti  geni¬ 
tali  afsai  cofpicue  ;  laonde  mi  dò  a  credere , 
che  forte  fiano  Hate  fatte  in  memoria  d’ Olì- 
ride ,  già  che  raccontano ,  che  per  comando 
d’ilide  tali  fìoiolacri  lì  dovclsero  portare 
procefsionalmente  ne*giorni  celebrati  in., 
onore  dello  Itefso.  Punto  poi  non  mi  ma¬ 
raviglio  ,  fe  quelli  lìmolacri  (  sù  ’i  luppolto, 
cherapprelentinoOiìride,  che  ful’iltelso, 
che  il  2>ole  )  nella  faccia  moitrino  d’eisero 
.  differenti  d*età,imperochc  vollero  forfè  in  tal  modo  gli  Egizii  dinotare  ladi- 
verfità  delle  (lagioni  cagionata  dal  Sole  col  luo  Icoflarli ,  &  avvicinarli  al  verti¬ 
ce  :  licomc  efsi  nel  formare  Oliridc  colle  membra  ignude ,  c  colle  parti  genitali 
afsai  manifelle ,  non  li  allontanarono  dalla  virtù  del  Sole ,  il  quale  mediante  il 
fuo  calore  da  moto  alle  cole  è  cagione  di  molte  produzzioni  :  volendo  in  un 
tal  modo,  c  fecondo  che  in  vani  modi  formavano  quella  loro  Deità,  da  cui  lì 
pregiavano  ancora  di  avere  la  loro  feconda  di.  Icendenza,  far  conofeere  i  varii 
effetti  del  Sole ,  a  cui  attribuivano  la  generazione  di  tutte  le  cole:  venendo  dal- 
Talrrc  Nazioni  ancora  ricevuto  a  taf  line  lotto  i  nomidi  Pnapo,  ediBaccc, 
mentre  lotto  il  nome  di  quello  comprendevano  uni  verlalmentc  la  generazione 
di  tutte  le  piante ,  c  d’ ogni  animale ,  e  lotto  di  quello  la  maturazione  de’  frutti , 
e  malsime  dell’ uve,  llimando  quello  Dio  de  gli  Orti,equellodella  vendemia. 
Ma  elsendo  l’ uno,  e  l’ altro  lo  Itefso,  che  il  mentovato  Olìride,  non  farà  fuori 
di  proposito  il  perluaderli,  che,  licome  quelli ,  giufta  l’ accennato  di  lopra,  lì 
portò  peregrinandoli  Mondo  ad  inftruire  gli  uomini  rozzi  nella  coltura  de* 
terreni ,  folse  perciò  creduto  il  Dio  dell’  agricoltura ,  e  lo  llefso ,  che  il  Sole ,  il 
quale  pure  col  luo  continuo  volgerli  intorno  alla  Terra  vi  produce  i  medclimi 
effetti  in  ordine  alla  generazione,  ad  ogni  u  o  ben  noti. 

*  Tali  forfè  furono  sù  principio  i  tini  della  Gentilità,  la  quale  ogni  volta 
più  avvanzarafi  in  malizia,&  in  fupcrflizioni  degenerò  dalla  Sua  primiera  fimpli- 
cità ,  che  pure  farà  fempre  dccellabile .  Quindi  p;  r  la  liberta ,  che  ogn’  uno  a  vea 
diparlare,edifaredeg.i  Diiaiuopiacert  nacque  la  moltiplicità  dc’limolacri 
fimboleggiati  per  una  loia  Deità  ;  od  indi  a  poco  a  poco  al  pari  del  figurato  Nu- 
mcjfurono  ricevute  lotto  cu  todivino  le  figure  medelime  ,  Ciò  avvenne, a  mio 
credere ,  del  mentovato  Oiiride ,  mentre  in  paragone  de’  vani  effetti  del  Sole,  di 
CUI  fù fipura,  venne  da’ Gentili  formato  in  varie  guilc,  e  nelpalsaggio  pari¬ 
mente ,  ch’egli  lece  con  tal  culto  da  gli  Egizi i  alle  Straniere  nazioni  tu  ncevuro 
lotto  numi  divtrli,  e  per  conlcguenz^  cerne  le  folstro  Itate  differenti  Deità. 
Dalle  cole  narrate  d’Olindt  tutto  ciò  è  alsai  mannello  ,per  lo  che  non  occorre 
pure, eh’ IO  rammemori  la  moitipliciia  di  quegl’  animali,  che  anche  i.*^  untai 

modo 


LIBRO  l  NT  0,  €AP,  yiL  469 

modo  caddero  fotte  le  Deità  regiftratc  da  chi  ragiona  di  fitnife  materia  ^  Fù  pa¬ 
rimente  dalla  Gentilità  una  fola  Deità  ricevuta  (otto  contrarii  lignificati  ;  il  chè 
veramente  non  sò  capire,  mentre  vollero,  che  tanto  Ofiride,  quanto  Tifone.» 
folsero  lo  ftefso  che  il  Sole  :  e  pure  tale  fù  l’ odio  dell’  uno  contro  i’altròjChe  nc 
avvenne  tutto  l’accennato  di  fopra  per  fentenza  de  gli  antichi  in  tal  propofito. 
Con  tutto  ciò ,  fe  nel  fenfo  della  Gentilità  confideraremo  Ofiride  per  quegli  ef* 
ietti  del  Sole, che  fono  in  ordine  alla  produzione  delle  cofe,c  Tifone  per  le  pro¬ 
dotte,  e  che  per  eccelTo  di  calore  s’inaridifcono,  non  olTerveremo  quella  con¬ 
trarietà,  che  a  prima  vifta  potevamo  concepire  originata  da  unacaufamedefi- 
ma .  Dedicarono  parimente  il  Nilo  ad  Ofiride  per  la  fecondità  ,che  ne  rifultava 
ne’  Campi  Egizi!  dalla  inondazione  del  medefimo .  Confacrarono  a  Tifone  il 
Mare ,  perche  l’ acque  di  quello  dannificavano  il  Nilo ,  &  inaridivano  la  terra  i 
dove  egli  formonta va .  Infomma  tutte  quelle  cole ,  eh*  erano  indirizzate  alla 
generazione,  &  all’  utile  commune  furono  fiimàce  degne  de  gli  onori  d’ Ofiride^ 
c  le  contrarie  a  quefte ,  e  le  nocive,  a  quelle  del  tiranno  Tifone .  Quindi  celebre 
fù  Timprefa  de  gli  Ermopolitani,  nella  quale  fi  vedeva  dipinto  l’Ipopotamo 
proftrato ,  e  combattuto  dallo  Sparviere ,  dinotante  l’ odio ,  e  la  guerra  d’ Ofiri- 
dc ,  e  di  Tifone,  fignificando  quello  il  principio  d’ogni  bene ,  c  quefto  l’ origi¬ 
ne  d’ ogni  male .  A  tal  propofito  hò  penfàto  ben  fatto  il  ponere  in  quefto  luogo 
le  feguenti  imagini  di  due  animali  volatili,  che  nel  Mufeo  fi  confervano,  e  maflì- 
me  perche  mi  pajono  coerenti  all’Egiziana  Gentilità,  per  le  ragioni,  che  fi  ac¬ 
cenneranno  ,  e  perche  forfè  parimente  polTono  avere  qualche  relazione  alle  cofe 
favoleggiate  da  gli  antichi  delle  mentovate  Deità . 

I.  Tì^uya  dello  Sparviere* 

"  Cap.  Vili. 


’t  ^Ono  quefte  di  legno, 

O  e  dipinte  di  varii  co¬ 
lori,  come  è  manifeftoda.. 
una ,  che  tale  fi  vedein  quel¬ 
la  guila  appunto ,  che  ftimai 
fodero  gl’ idoli  di  legno  fa¬ 
lciati  de  gli  Egizii ,  deferitti 
di  fopra .  Quelle  furono  già 
nell’  indice  del  Mufeo  nomi¬ 
nate  lotto  i  nomi  di  Barba¬ 
gianni  ,  e  di  Civetta .  Ora  fi 
pongono  gl’intagli,  accio- 1 
che  ogn’uno  confideri,  fc^  ' 
veramente  pollano  loro  affimigliarfi,  e  cadere  lotto  tali  nomi 

2  L’ impreiTo  intaglio  in  primo  luogo  non  mi  pare,  che  polla  edere  un  Barba¬ 
gianni  ,  da’Latini  detto e  volgarmente  nominato  Allocco,  ma  più  tofto 
lo  ftimerei  un  fimolacro  dello  Sparviere,  eh’  è  Accipiter  àel  Latini ,  e 
de*  Greci,  che  altro  non  vuol  dire,  che  uccello  facro,  per  edere  "ftato  tenuto  in 
grande  venerazione  dalla  Gentilità,  si  per  l’utile,  che  ne  ricevevano  centrale 
velenofemorficature  de*  piccioli  animali,  come  perche  gli  auguri  liconfidera- 
vano  nell’ ami  vedere  le  cofeawenirc.  Non  èdubbio  alcuno,  ch’edendotal 
animale  agile  di  moto,  c  veloce  di  volo  s’inalza  al  Cielo  al  pari,  c  forfi  più  di 
qualfiyoglia  altro  uccello,  onde  edendorobufto  nel  colerare  colla  veduta  i’in- 

R  r  contro 


Diod.l.z,e.4 


Diod.  tbid. 


^bb.  Sar- 
rtn.  eptg,  8i- 


470  M  r  S  E  0  [  0  S  P  l  J  N  0 

contro  de’  raggi  del  Sole,  con  tal  fine  da  gli  Egizii  fù  ftimato  fimbolo  della  lucé, 
c  dello  fpirito,  e  per  conlegucnza  dinotante  Qfiridc ,  da  gl’  iftedì  creduto  il  So¬ 
ie  ,  Raccontano parimeRtc, che  anticamente  untai  uccello  portafTe a’ Sacerdoti 
di  Tebe  uh  Libro,  dove  fodero  rcgiftrati  i  riti,co’quali  fi  dovedero  dare  gli  ono¬ 
ri ,  &  il  culto  a  §l' Iddii  :  Alii  accipitrem  prifcis  tempexihus  dicunt  librum  pum 
ntcets  infcriptum  literis^  in  quo  continebatur  qui  cultus  Diisy  quive  honor  de^ 
beretur  y  Thebas  ad  Sacerdotes  detuHJJè,  Quindi  fu  creduto  uccello  confecrato 
al  Sole ,  &  ad  Ofiride  :  c  perciò  nell’  Egitto  tra  gli  altri  animali ,  creduti  facri , 
era  nodrito ,  e  tenuto  anco  dopo  morte  in  molta  venerazione .  E  dalle  parole  di 
Plutarco, quando  didc  :  Sai  in  veltibulo  templi  Minerva  ,  accipitris  fculptura 
Deurn  pranotari ,  fi  conofce  quanto  fodc  il  rilpetto  portato  a  così  fatto  uccello  ,• 
plcrcche  portandolo  feelpito  anche  ne  gli  anelli ,  e  ne’  figilli>.è  manifcdo ,  che 
dovea  fer  vire  per  fingo'larc  amuleto  contro  le  malattie ,  ò  per  divozione  era  fU* 
maco  al  pari  di  qualfi  voglia  altra  barbara  Deità. 

Imagine  della  Civetta.  .  i  . 

;;i  .  Cap.  IX. 

<• 

xT  ’AltrofimoIacro.quì 
iy  in  fecondo  luogo 
impr'cdojhà  gran  fimilitu^ 
dine  con  le  Civette, 4 per 
ellcr  tale ,  parerebbe ,  che, 
trattandofi  delle  Deità  E- 
giziache ,  non  dovede  avep 
luogo  tra  le  medefime;  e 
malsime,  perche  potreb¬ 
be  crederli  reliquia  dell’ 
antica  Grecia,  che  dedicò 
quello  uccello  a  Palladcj , 
perche  le  di  lui  proprietà 
ad  prudentiam  y  librat aque 
confina  referuntur  t  come., 
notò  un’erudito,  il  quale 
fpiegofsi  meglio  con  que 
fti  verfi: 

NoSiua ,  quam  decorat  Fallas ,  quam  cufit  in  art 
Cecrops  y  virtutis  fert  documenta  tibi. 

NoUe  volat ,  noSluque  canit ,  lucemque  pero  fa 
Nocle  videt  y  poter ts  dicere  noólis  avem . 

Hac  quorfum?  nsetuit  nullam  prudentia  nollem  ^ 

Cunila  procul  pernii  y  lucis  acumen  habet. 

Abdita  peruadit ,  fcit  Regum  arcana  tacere , 

Confiliumque  monet  non  fine  lance  dari, 
dove  accenna  le  Monete ,  che  da  gli  Ateniefi  batte  vanf^  con  l’ impronto  della  ter 
Ila  di  Pallade  da  un  canto,  e  la  Civetta  dall’  altro,  Paefe  tanto  di  quelle  fecondo, 
chepafsòin  proverbio;  NoUuas  Athenas; ,  Alcune  di  quelle  Monete  fonodurate 
fino  a  nollri  tempi,e  tra  l’altre  è  ragguardevole  quelladi  bron?!od’Aitonino  Pio 
appreflo  Guglielmo  Chulio ,  nel  re  verfeio  della  quale  fi  vedono  l’ Aquila  dino¬ 
tante  Giove,  ilPavone  Giunone^  e  la  Civetta  Minerva .  Con  tutto  ciò  mi  è  parlo 

opportu- 


LIBRO  in  T  0,  CAR.  /X  471 

opportuno  in  quefto  luogo  il  parlarne  coli’ attribuire  queft’ imagine  più  che  a* 

Greci  a  gli  Egizii, (limandola  per  una  di  quc  Ile, che  tra  que*  Popoli  ufavalì  di  col¬ 
locar  ne’ Sepolcri,  tenendo  cflì  la  Ci  vetta  per  gieroglifico  della  morte,  corno 
avvisò  l’AIdrovandi  nell’  illoria  naturale  di  quello  uccello .  Oltreché,  le  vollero  orimh.l.  S. 
gli  Egizii  collo  Sparviere ,  come  di  (opra  fi  è  detto,  lignificare  la  luce,  lo  Ipirito ,  c.  7. 

&  il  Sole ,  non  èfuori  di  propofico  il  perfuaderfi ,  che  per  la  Civetta  voleflero  di¬ 
notare  la  notte ,  le  tenebre ,  e  per  conleguenza  la  morte,  già  che  pare,  che  ancora 
appreso  di  qualcheduno  duri  ancora  una  certa  vana  opinione  di  conghietturare 
da  tali  uccelli  finiftri  avvenimenti .  E  forfè  da  così  fatti  prototipi  furono  copiati 
quegl’idoli  Indiani  in  figura  di  Civetta ,  uno  de’quali  fatto  di  penne  di  uccelli 
azzurre ,  verdi ,  e  rolTe  fi  efprime  dal  noftro  Aldrovandi ,  il  quale  ne  portò  l’ ef¬ 
figie  nell’ Illoria  naturale  de’ quadrupedi  ovipari,  efiendo certo , che  dall’Egit-  Lib.i.  e,u 
to  pacarono  nell’ India  divertì  ritifuperlliziofi ,  come  più  d’ una  fiata  anno  av¬ 
vertito  gli  Scrittori  delle  cofedi  quc’ Pacfi,  &atal  propofito  legganfi  i  viaggi 
del  Balbi,  dove  racconta,  che  gl*  Indiani  oggidì  ancora  anno  in  venerazione  i 
Gatti  raaimoni,  tenendoli  legati  intorno  alle  loro  Chiefe.  Lo  ftefio  avvertì  il 
Maffei  nel  primo  libro  dell’ Ktoria  Indiana,  raccontando  d’ un  bel  Tempio  de¬ 
dicato  ad  uno  Scimiotto,  Non  è  parimente  da  tralafciarfi  ciò ,  che  fcritfe  ne’  fuoi 
viaggi  Giovanni  Vgo  nel  raccontare  l’ invafione ,  che  fecero  i  Portoghcfi  l’anno 
1554.  nell’  Ifola  di  Scilon,  nelle  (correrie  della  quale  effendofi  a  tal  fincinol  tra¬ 
ci  nella  fornita  d’ un  monte ,  chiamato  d’ Adam ,  dove  era  un  ricco  Tempio ,  trà 
le  cofe  adorabil  i ,  che  fi  ritrovarono  nel  medefimo ,  confiderabi  le  fù  un  T aber- 
nacolo ,  dove  altro  non  era ,  che  un  dente  d’ uno  Scimiotto ,  il  qual  pure  quanto 
foffe  in  venerazione  da  quei  Popoli,  fi  conobbe  dalle  fpedizioni ,  che  fecero  per 
ricuperarlo ,  e  mafiìme  collo  sborfo  di  fetteccnto  milla  Scudi ,  al  che  fi  farebbo- 
no  indotti  i  Portoghefi ,  fe  non  avefifero  (limatp  con  una  tal  vendita  di  fomenta¬ 
re  ne’ fupcrftiziofi  Popoli  una  così  deteflabilc  empierà.  Laonde  abbruceiaco  il 
dente ,  al  vento  furono  fparfe  le  ceneri . 

SimoUcro  di  Scimiotto  , 

Cap.  X. 

t  A  Tropofito  delle  fopraccennate  cofe  fi  confèrva  nel  Mu- 
,XJL  feo  un  bronzo,  rapprefentante  uno  Scimiotto,  in  quella 

,  tenendo  nella  delira  mano  una 
capo ,  (là  in  atto  di  fofienere  un-, 
mprefio  intaglio  lo  dinota .  Que- 
ntichì  bronzi ,  era  da  una  bella ,  e 
gag!  iarda  patina  in  ogni  parte  coperto,  come  ancora  in  qualche 
luogodel  medefimo  (c  ne  pedono  vedere  i  veftigii  ;  con  tutto  ciò 
edendo  in  gran  parte  tal  patina  (lata  levata,  il  che  non  sò,  (e  io 
debba  attribuire  all’ imperizia  di  qualche  mano  avara  per  accer¬ 
tarli  della  natura  dei  metallo ,  ò  pure  alla  curiofirà  di  chi  defiderò 
erudirli  nella  (oda  cognizione  del  fimolacro,  che  dalla  fudetta 
patina  forfe.era  gagliardamente  immafeherato  :  da  quello  non¬ 
dimeno  non  voglio  accreditare  l’antichità  d’un  tal  fimolacro: 
imperochedubbkoadai,  che  le  patine  qualchevolca  fipodano 
artifiziofamente,&  ancora  con  facilità  introdurre  sù’  bronzi .  Ad 
ogni  modo  dalle  cofe  accennate  di  fopra  è  manifefto,  chetali  beftie furono 
adorate:  &  elTendo  pur  anche  vero,  che  i  riti  dell’antica  Gentilità  d’Egitto 

Rr  s  trapaf- 


guii^ ,  che  un’  uomo  (là  in  piedi 
palla ,  e  colla  finillra inalzata  al 
globo  sferico, come  appunto  l’ i 
fio , come  faole  accadere  a  gli 


47* 


M  V  S  E  0  C  0  S  P  I  A  N  0 


L.i.  in  Ehti 


De  hi/  animrn 
t*  2* 

Pltn.  l.  8. 
e.  54. 

SeC$ri.  e.  30. 
De  Sécnfi- 

t$fj  . 


trapafTarono  neirind/e,  ora  farebbe  cofa  dcfiderabile,  che  colà  anche  al  di 
d’ oggi  ne  folle  fvanita  la  memoria . 

3  Veramente  piùvoltehòfattorifleflìoneaqueftofimolacro,  emoltofono 
flato  dubbiofo,fe  ne  dove  va  far  menzione  in  quello  luogo,  ove  fi  tratta  delle 
Derà  de  gli  Eg/zii;  imperoche ,  fe  le  Scimie  non  fono  della  llelfa  fpezie  de’  Cer- 
copiteci ,  e  de' Cinocefali ,  che  in  noftro  linguaggio  fono  i  Gatti  maimonì,&i 
Babuini,  non  avrebbono  che  fare  colle  falfe  Deità  dell’Egitto ,  e malTime ,  che 
delle  Scimie  non  sò  ritrarne  alcun  rilevante  motivo  dalle  miflcfiofe  figure  della 
Menfa  Ilìaca ,  eruditamente  fpiegata  dal  Pignorio  ;  (c  pure  fotto  nome  di  Scimia 
vogliamo  folamente  intendere  quegli  animali  di  tale  fpezie ,  che  fono  fenza  co¬ 
da,  e  che  da^iatini  fono  detti  &  Sìmiui,  à  de/ref/s ,  Sijìmis  naribus ,  ò 

pure,  come  dille  il  VolTio,  quali  Mimia^à  />w//'?r/;conciofiacolachr, 

nonelTendo  uomini,  cerchino  nondimeno  d’imitare  i  medefimi,  onde  dillo 
Claudiano: 

Httmani  qualis  Jìmulator  ftmius  oris, 

3  Con  tutto  ciò  voglio  perfuadermi,  che  tanto  i  Cercopiteci,  quanto  i  Cino? 
cefali  ,&  altri  limili  animali  felvaggi ,  abbenche  fianodi  varie  fpezie ,  per  elfere 
tutti  nondimeno  imitatori  deiruoino,  pollono  cadcre,col  fondamento  d’Arilìo- 
tele,  di  Plinio,  c  di  Solino,  fotto  il  nome  di  Scimia,  e  che  tra  le  belliali  Deità  del  • 
I  Egitto  folTero  indifferentemente  cìefcritti.  Laonde,  fe  gli  Egizii  poferosù’l 
catalogo  de’  loro  venerabili  Dii  così  ridicoli  animali ,  potrò  io  ben  dire  con  Lu¬ 
ciano:  mihi  quidem  foTiulare  videfttur  non  qui  re/rehendat ,  fed  vel  Heracli^ 
tum  poti  US  aliquem  t  vel  Democritum ,  quorum  hic  amentiam  eorum  rideat  y  il¬ 
le  deploret  infitiam:  e  mafiime,  perche  fuppofero,  che  a  principio  gliDiiper 
numero,  eper potenza  inferiori  a  gli  uomini,  follerò  flati  coftretti  timorofa. 
mente  rifugiarli  in  quelle  beftie,  le  quali  poi  da’ mcdelimi  per  un  tal  benefizio 
luctdM.ibieL  furono  confccrate  :  iijunt  enim,  priores  DeoSy  cum  pauci  numero  ef, 

DtedU.^.e.t  >  viribufque  Populo  impares  y  impietatem  vero  hominum  timerent  y  fimiles 
fe  quibufdam  animantibus  finxiffe ,  eoque  modo  crudelitatem ,  vimque  hominum 
:  parto  deinceps  Orbis  Imperio  ,  vt  redderetur  animalibus  gratia  y  qua 
fua  f alutis  caufam  prabnifent  ,  confecra/fe  ilUy  quorum  fumpffent  formam  y 
eflendtjfeque  quo  paclo ,  (f  viva  nutrienda  ejfent ,  ér  mortua  fepelienda^  E  che 
le  ',cimie  tri  le  Deità  dell’ Egitto  folTero  ricevute  nel  modo  di  fopra  motivato, 
ne  fanno  teftimoniaoza  Luciano,  &  Alefsandro  Napolitano,  mentre  quello 
trattando  de’  Sacrificii  difse  de  gli  Egizii  ;  Ad  hac  alium  ibin  ,  alium  Crocodi¬ 
lum  j  alium  etiam  Simiam'y  c  quello  più  chiaramente  allo  Itefso  fine  Ieri  vendo  ; 
Mgyptiis  veròy  licet  ternpla  marmare  ydp  auro  cjjent  elaborata,  luxtt  ingenti  ^  dr 
mira  arte ,  tamen  Deorum  imago  erat  deridicula  .  Nam  Simia ,  ib/s  ,  vel  Cro¬ 
codilus  ,  aut  alia  id  genus  teHes  Magorum  ,  aut  Mgyptiorum  portenta  pro  Dii^ 
(olebantur:  fegno  manifefto ,  che  molte,  e  varie  fpezie  di  Scimie  furono  tutte  in¬ 
differentemente  ricevute  per  Deità ,  e  falfaraente  adorate . 

4  A  qual  fine  veramente  follerò  tali  animali  tenuti  per  Dii ,  e  per  qual  cagio¬ 
ne  il  noftro  limolacro ,  come  dilli ,  colla  mano ,  e  col  capo  follenti  sferico  glo¬ 
bo  ,  non  faprei  indovinarlo .  ApprelTo  d’ Orapollo  il  Cinocefalo  flante  in  piedi 
colle  mani  elevate  al  cielo  fù  fimbolo  della  Luna  nafeente.  Altri  riferifeono, 
che  una  tal  beflia  in  Egitto  era  nodrita  tra  l’altrc  flimate  facre.pcr  conofeere dal¬ 
la  medefima  il  far  della  Luna .  Fù  opinione  di  molti ,  che  dal  vederli  tali  bellie 
ingegnofe  fuor  di  modo,  folTero  perciò  llimatc  degne  della  divinità ,  Io  lenza 
propofito  non  hò  ftimato  di  porre  il  oollro  limolacro  trà  le  cole  raccontate  da 
gli  Egizii  d’Ofiridcpcr  indiz.o  delia  fecondità,  fe  pur’ è  vero,  che  quelli  folte 

riceva- 


De  ditb.gen. 

/•  2i«  f  •  2  2« 


L  ì  •S  it  0  EVÌNTO.  iÙAP.  X.  473 

'riccvutoda’medefìmiperfimbolo  della  generazione  forco  i  nomi  del  Sole,d; 

Fallo,  di  Priapo,  e  d’altre  limili  Deirà  di  fopra  motivate.  Non  è  dubbio  al- 
«iunojchcimentovati  felvaggi  animali  fono  fuor  di  modo  libidinolì,  &incli- 
nati  a  gli  amori  di  quegli  oggetti  ancora,  che  non  fono  della  loro  fpèzicj  laon-  /«  onom*. 
denonèdatralafciarficiòjchefcrifl'eatalpropoficoilCarletone:  Hu\us  gene- Zei. 
ris  unum  in  aula,  fua  fervabat  Carolus  l.  oiim  'Rex  noBer  ;  fedy  fofi  biennium , 
fclopeto  confici  iufit,  ob  infignem  falaciiatem  .  Tuit  enim  tam  folutifiìmum  ani¬ 
mai  fUt,  ad  primum  puellarum  aulicarum  confipeBumt  libidine  efierveficeret  ^  é' 
in  amplexus  ruere  auderet.  Quindi,  fela  Gentilità  fu  così  fuperftiziofa  intorno 
alle  cofe  fpcttanri  alia  generazione ,  non  farà  fuor  di  propofito  il  dire ,  che  ad  un 
tal  fine  fodero  ricevute  le  accennate  beftie  ,' e  mafumc,  che  il  noftrofimolacro, 
lofténcandocol  capo  un  globo,  e  colla  mano  flringendone  un’altro  al  petto, 
accennerà  forfè  d’aver  particolar  riguardo  alla  generazione  della  Terra ,  &  alla 
fecondità  dell’  Vmverfo;  già  che  i  Pani,  i  Satiri,  &  i  Silvani  ad  un  tal  fine  furo» 
no  in  molta  (lima  nelle  pompe  di  Priapo,  e  di  Bacco,  &  a  parere  di  Solino  altro 
non  erano ,  che  le  Scimie ,  i  Gatti  maimoni ,  i  Babuini  ,e  fimili  animali,  da  alcuni 
appunto  tenuti  per  uomini  feluaggi . 


Figura  colla  fiaccia  di  Cane  rapprefientante  Anuhf. 
Cap,  XI, 


2  T  T  N’altro  bronzo  di  figura  in  piedi  colle  mani ,  e 
V  colle  braccia  allargate ,  e  colla  faccia  di  Cane , 
dall’ edere  di  cattivo  difegno,e  di  bella  patina-dà  qualche 
legno  d’ antichità  sù  ’l  fuppollo ,  che  a  principio  l’arte  fta 
tuaria,  &  il  modo  di  fare  i  fimolacri  di  bronzo  non  folTc. 
così  facile ,  come  poi  eccellente  riufeì  col  tempo .  Non  è 
men  ridicoladeH’antecedente  una  tale  Deità  ,  che  da  gli 
Egizii  fù  detta  Anubi,  eda’Greci  peravere 

51  capo  di  Cane.  Soggiungo  alle  cofe  motivate  difopra 
delle  Scimie,  che  i  Cinocefali,  da  gl’  Italiani  detti  Babuini, 
fono  una  razza  di  Scimie  caudate  maggiori ,  e  più  fiere  de’ 

Cercopiteci ,  e  de’  Gatti  maimoni,  e  che  per  avere  il  capo, 
da  faccia  limile  a  quella  de’  Cani ,  anno  tal  nome .  Forfè 
parerà  a  qualch’uno,che  in  quello  luogo  fi  ragioni  d’Anu- 
bi ,  Deità  dell’  Egitto ,  perche  fi  ftimicorrclativa  alle  Scimie,  a’Cinocefali,  &  a’ 
Cercopiteci  mentovati  difopra,  già  eh:*  Anubi,  per  avere  il  capo  ,ò  la  faccia  di 
Cane,  da’ Greci  vel  Jnirsu-poV»»-»?  fù  detto.  Veramente  grande  è  la 

contro  verfia  trà  gli  Scrittori  delle  antichità,  le  il  Cinocefalo  fia  loftelTo,  che 
Anubi  ,ò  pure  fe  quello  folle  figura  di  quello  :  ò  più  tollo  fe  fù  tenuto' per  Mer¬ 
curio,©  per  fimbolo  dello  llclTo»  Che  folle  Anubi,  lodinotarebbe  la  faccia  di 
Cane,  colla  quale  veniva  figurato,  laonde  meritò  d'ellere  detto  Zatratordal 
Foeta  : 

Omnìgenumque  Deum  monBra,  é‘  Latrator  Anubis. 
che  fofle  Mercurio,  inventore  delle  Lettere,  lo  accennerebbe  i’  effere  fiato  al  me- 
defimo  dedicato  il  Cane  per  la  fagacità  «  tanto  più  che  al  riferir  di  Strabone,  il  Ci¬ 
nocefalo  s’adorava  in  Ermopoli,  Città  confecrata  a  Mercurio,da  cui  ella  appun¬ 
to  prefe  tal  nome.  Con  tutto  ciò  ora  più  tollo  mi  voglio  indurre  a  ragionare 
d’ Anubi  per  la  relazione ,  eh*  egli  hà  colle  cofe  raccontate  d’ Ilìde ,  e  d’ Ofiride , 
che  a  difeorrerne,  perche  io  lo  fiimi  lofieffo,  che  il  Cinocefalo,  ò  mentovato 

Rr  3  Ba- 


f'irg.t/Sn.i 


Avìen. 


Diodor,  l.  2 
f,  4. 


i/itOllévit 


474  M  y  S  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 

Babumo:  meglio inciinandoadireconDiodoroSiculo, che  Anub:  fi  ritrovaffc 
nell’  efercicod’Ofiride  veftito ,  e  colla  celata  di  pelle  di  Cane ,  ò  pine  ,  perche 
militando,  porralle  per  inlegna  militare  un  Cane  lopra  rarm',c  perciò 
folle  certo,  e  che  la  luaimagine  folle  poi  facta  col  capo  di  Care.  Ma  lauiHi- 
coltà  maggiore,  che  parmi  pollaellere  intorno  ad  una  tanta  da’ Gentili  riverita 
Deità ,  è  il  laperedi  quale  Ifirpc  ella  folle;  imperoche,  le,  a  riferire  di  Plurarco, 
fù  Anobi  creduto  figliuolo  d’Oliride,  e  di  Nepti,  e  che  efpolfo  dalla  Madre 
folle  rubato  da  Ifide,  che  lo  tenne  per  degna  compagnia,  e  fedele  cuftodia 
Digna  Poli  conforSy  &  cura  Latrantis  Anubis, 
non  polso  capire ,  come  altri  lo  tucano  figliuolo  di  fifone,  e  di  Nepti  ;  e  in  vero, 
come  potrebbe  foflener fi ,  che  Anubi  fofse  (fato  parziale  d’Ifide ,  alla  quale  non 
fù  oggetto  maggiormente  contrario,  e  più  nemico  dello  ftcfso  Tifone  è  Jìcn^ 
comprendo ,  che  Nepti  lignifichi  la  parte  inferiore  della  Terra,  e  che  Ifide  dinoti 
la  parte  fuperiore  della  medefima ,  e  che  ad  ambi  fi  attribuifca  l’ Orizonte ,  c  che 
egli  perciò  allegoricamente  folle  ricevuto  per  Cane, per  la  cuftodia  appunto, 
ch’eglidovevaavere  dell’ Emifperio tanto  fuperiore  .quanto  inferiore  dtha^ 
Terra  .  Và  bene  ancora ,  che  alcuni  fi  perluadano  ,che  Ifide  nel  cercare  le  dif- 
perfe  membra  d’Ofirideadoprallc  iCani  ò  per  dar  la  caccia  a  quallivoglia  fie¬ 
ra,  che  folle  per  divorare  le  membra  d’Olìride,  ò  pure  per  meglio  ritrovare  le 
medefime,  mediante  il  loro  odorato,  e  perciò  diceile  Diodoro:  infeHis  Ifidis 
praire  canes  pompam  ^  veteri  mere  antiquam  erga  canes  gratiam  ojientante^: 
lìcome  non  mi  allontanerò  dal  fentimento  d’alcuni,  che  figuiando  Anubi  col 
capo  di  Cane  ò  lo  llimarono  cacciatore,  ò  lo  credettero  cuftodia  delcorpo 
d’Ifide,ed’Ofiride.  Infomma  tutto  capifeo,  e  malfime,  chetale  Deità  folk  il 
Mercurio  de  gli  Egizii,  e  che  per  lo  fapcre,  e  per  l’ intendimento  delle  lettere  gli 
fodero  conlecrati  i  Cani ,  i  Cinocefali ,  &  1  Ccrcopiteci  per  la  docilità,  e  faperc , 
che  ne’medefimi  più  che  in  altri  animali  prevale;  ma  la  genealogia  attnbuitaglr 
da  Plutarco  non  fa,  a  mio  credere,  a  propofito,c  non  confronta  colle  cofe  rac¬ 
contate  d’ Anubi ,  perfuadendofi  la  maggior  parte  de  gli  autori ,  che  quello  fof- 
fcconfigliercd’Ofiride,cuftodedel  mcdefimo,&  infc parabile  compagno  d’ Ifi¬ 
de,  già  che  fù  lo  ftedo  ,che  Mercurio ,  e  figurato  per  lo  Cinocefa  o ,  come  chia¬ 
ra  teftimonianz  1  ne  fece  Mmuccio  Felicc,parlando  d’Ifide  addolorata  per  la  per¬ 
dita  diOrofuodilettofigliuolo.cosìdicendo:  Ijìs perditum  ^lium^  cumCynoce^ 

,  phalo  fuo  ,  ^  calvis  Saferdotibus  luget,  plangtt ,  inquirit  :  ^  ijìaci  rnijert  c<e~ 
dunt  peélora,  &  dolorem  infelicijfima  matris  imitantur  :  mox  invento  parvulo 
gaudet  Ifis ,  exuit ant  Sacerdotes ,  Cynocephalus  inventor  gloriatur  :  nec  definunt 
annis  omnibus  vel  perdere ,  quod  inveniunt ,  vel  invenire  quod  perdunt-,  legno 
manifefto,  che  Anubi  non  fu  figliuolo  di  Tifone,  ma  bensì  d’Olìride  al  parere 
di  Diodoro ,  e  che  figurato  per  lo  Cinocefalo  fù  tanto  infeparabile  compagno  , 
c fedele cuftodcd’ Ifide, che  non  folo  fervìalla  medefiraa  per  ricuperare  le  dif- 
perfe  membra  del  divifo  corpo  del  Padre,  ma  ancora,  come  valorofo  Soldato 
fervi  ad  Ifide  per  combattere,  &  uccidere  Tifone ,  e  per  impodeffar  quella  del 
Regno:  ficome  per  opera  principale  di  lui  Ifide  ritrovò  il  fuo  amato  figliuolo. 
Oro ,  come  più  a  baffo  fc  ne  darà  qualche  ragguaglio . 


Ima- 


1 


l  B  K  <^  j  H  t  o:  Xll  4^ 


Imagine  dèi  Ltont^. 

Cap,  xn. 

’i  K  Lcunt  bronzi  ancora  rappre^ 

Jf^  'fencanti  varii  quadrupedi  fo¬ 
no  nel  Mufeo  i  e  tra  gli  altri  un  Leone, 
che  col  capo  piegato  a  terra  pare ,  che 
ftia  in  attq  di  afferrare  la  preda,  òdi 
prepararli  à  qualche  valorofo  cimen« 
to.  Nonèqueftidi  garrivo  difègnoi;. 
ina  in  le  fteffo  per  antichità  non  parrai 
molto  conlìderabile ,  abbenche  una^ 
tal  fiera  tra  l’ altre  Deità  folle  da  gli 
Egizi!  annoverata ,  dedicandola  prin¬ 
cipalmente  al  Sole,  &  a  Vulcano  per  la  natura  ignea,  eh’ ella  tiene,  e  propor¬ 
zionata  alle  fudetre  Deità ,  delle  quali  li ftitnava figura.  Quanto  folle  riverito  ,  t 
dalla  Gentilità  il  Leone,  lì  conofee,  mentre  fù  riporto  in  fra  fé  Stelle:  e  quanta  \r 
relazione  eglraveffe  coi  Sole,  Nume  primiero  adorato  da  gli  empii  Idolatri,  ben  ^ 
fi  può  comprendere ,  mentre  attribuirono  ad  un  tal  animale  ciò,  che  poteva  con*^ 
venire  al  Sole,  che  eiTendo  il  Principe  de’Pianeti  j  adcffoperregia,e  celertc 
abitazione  adegnarono  il  Leone  ficome  confiderando ,  che  quello  gran  lumi¬ 
nare  continuatamente  fi  raggira  intorno  alla  terra ,  e  fi  muove  in  una  grande  sfe¬ 
ra  ,  cosi  fi  perfualero ,  che  1 1  Leone ,  tnoMcndo ,  anco  dormendo  la  coda ,  dovcfi 
fe,comeacccnnò  Ebano, aver  convenienza  con  lo  fteffo.  Nonèdatralafciàrfi, 
che  in  Leontopoli ,  Città  d* Egitto, da’Leoni  così  detta,  principalmente  allaj 
mentovata  fiera  fodero  dati  i  tributi  dU.dorazion(e .  Anche  i  Petfiani ,  che  altra 
Deità  non  avevano ,  che  il  Sole ,  Mithras loro  detto ,  per  fimbolo  dello  fteffo 
nelle  (pelonche  adorarono  il  fuoco.  Eie  beneè  opinione  di  molti,  che  tale  na¬ 
zione  noninalzaffe  alcun  fimolacro  ad  una  fua  cotanto  riverita  Deità,  nè  che 
coftumaffe  di  fabbricareTempii  a  fine  di  religione,  e  ciò  principalmente  perche  ;  . 

uni  Solii  quem  venerabatur ^  vix  Mundus  ipfe  fufficereti  formarono  nOnd  meUO  ’ 
il  Sole  colla  faccia  di  Leone,  colla  Mitra  incapo,  vertito  alla  Perfiana,  e  colle 
mini  comprimente  le  corna  di  bue,  come  ne  fà  erudita  teftimonianza  il  Voffio 
rapportando  ciò  j  che  fù  fcricto  fopra  Statio ,  quando  diffe  : 

■ — mmrnm  feu  Perfai  fub  rupibus  antri 

Indignata  /equi  torquentem  cornua  Mithram,  '' 

Perfe  in  fpelais  Solem  colunt.  Et  hic  Sol  proprio  nomine  vocatUr  Mithrdax 
quippe  eclipfim  patitur  ^  ideo  intra  antrum  colitur ,  EB  autem  ipfe  Sol  Leonis 
vultu  cum  tiara  Perfìco  habitu ,  ^  utrifque  manibus  bovis  cornua  comprimens . 

^ua  interpretatio  ad  Lunam  ducitur  ^  qua  indignata  fequi  fratrem  ,  occurrit 
illifdr  lucem  ei  obfcurat  \  indizio  come  tanto  da  gli  Egizii  furono  fimboleg- 
giati  il  Sole,  e  la  Luna,  che  furono  Ofinde,  &  Ifide,  per  lo  Leone  ,  c  per 
lo  Bue,  quanto  dall’  altre  idolatre  nazioni  follerò  ricevuti  lotto  le  irtcfsc> 
figure. 


e.91 


Eigu^ 


Ovid, 
tib.  I. 


fefluji» 

Onob. 


47# 


M  y  S  E  0 .  0  S  P  t  A  N  0 


Tìgura  del  C Avallo . 

Cap.  XII/. 

I  'TX  I  maggiore  antichità  »  a  mio  crede- 
re,  fono  alcuni  fimolacri  di  bron¬ 
zo  rapprefentanti  quattro  Cavalli ,  che  fi 
ritrovano  nel  Mufeo,  mentre  e  dalla  graci¬ 
lità  delle  membra ,  e  dalla  patina  del  metal¬ 
lo,. e  dallatmrrofione  del  medefimo,  e  dal 
difegno  fe  ne  poilono  cavare  indizi!  di 
qualche  probabilità.  Mi  è  parlo  di  ragio¬ 
narne  in  qucfto  luogo  per  la  relazione,  che 
bàia  natura  di  tal  animale  a  quella  del  fuoco,  che  fùfimbolo  del  Sole,  comedi 
fopra  accennai,  a  cui  appunto  il  Cavallo  da’  Pcrfiani,  e  da’ Maffageti ,  Popoli 
della  Scitia,  fù  conlecrato,  &  offerto  in  lacrifizio. 

placai  equo  Perjìs  radiis  Hyperiona  cin/him 
Ne  detur  celeri  vi/lima  tarda  Deo . 

3  Non  è  mia  parte  ora  il  ragionare  della  gencrolità,  del  brio,  dello  fpirito,  e 
della  nobiltà  del  Cavallo,  ballandomi  folamente  il  dire, che  a  relazione  di  Pierio 
Valeriano  fù  preferito  ai  Leone  ne  gli  affaci  militari ,  e  dalla  Gentilità  dedicato  a 
Marte,(limato  il  Dio  della  guerr3,deila  quale  ne  fù  (imbolo,  come  cantò  il  Poeta 
Virgilio:  Bello  armantur  equiy  bellum  hac  armenta  minantur. 

Quindiio  ben  comprendo,  che  i  Romani  facrificaffero  a  Marte  una  tal  beftia  . 
quod per  e\us  effgiemTro]ani  capti  fint',  vel  qtted  eo  genere  animalis  Marsdele/ìari 
credebatur',  ma  non  sò  capire, come  appreffo  d’altre  nazioni  folle  dedicato  a 
Giove,  che  fù  creduto  il  DiodelJa  pace,  come  accennò  Fedo,  quando  dille: 
aipudSalentinos  Metani  lavi  equus  dicatus  vivus  con\icitur  in  ignem  :  fe  pure  non 
voleffimo  perfuaderci,  che  ciò  foffe  flato  fatto  per  l’acquifto  della  pace,  median¬ 
te  la  guerra,  ricevendofi  il  Cavallo  per  miniftro  principale  d’un  fine  cosìdefi- 
derato.  Nel  qual  calo  appunto  mi  darò  a  credere,  che  i  Gentili  nel  far  conto 
confidcrabile  d’ una  tal  beftia  fi  fodero  lafciati  indurre  ad  aiTcgnarli  per  partico- 
lareprefidentc  la  Dea  Ipona ,  della  quale  fcriffe  lu  venale  : 

Solam  Eponam,  (jf  facies  elida  ad  pr afepia  pietas, 
e  Lucio  Apulejo  p  ù  chiaramente:  Epona  Dea  dmulacrum ,  quod  accurate  co- 
rollis  rofeis  quidem  recentibus  fuerat  coronatum,  contrafegnodella  grande 
filma ,  che  la  Gentilità  faceva  di  tali  animali ,  defiderandone  per  lo  fine  accenna* 
to  c  la  conlervazione,  e  la  felice  fecondità. 


Imagine  d'  una  Tigre'» 
Cap.  XIV. 


I  è  parlo  ben  fatto  di  con¬ 
nettere  alla  diferizziono 


‘  M 

de  precedenti  Cavalli  quella  d’un 
lìmolacro  di  bronzo  d’una  Tigre,  = 
che  fi  conferva  nel  Mufeo ,  e  ciò  non 
già  con  animo  di  far  contrapofto  al- 
i*aftuta  pazzia  d|  Vliffe,  quando 


attacco 


LIBRO  ^  l  N  T  0.  XlF.  477 


attaccò  air  aratro  infieme  congiunti  un  Cavallo»  &  un  Bue ,  animali  appunto  di 
natura  di  verfì,  edendo  quello  veloce,  e  quello  tardo  di  moto.  Nè  meno  hò 
avuto  intenzione  di  ragionar  in  quello  luogodellaTigre,  perche  la  (limi  una 
Deità  de  gli  Egizii ,  mentre  non  sò  ritrovarne  precifo  rincontro  ;  ma  ben  sì  per 
la  velocità  del  moto  proprio  de’  Cavalli  già  antecedentemente  deferitti,  e  mira¬ 
bile  nella  Tigre,  di  cui  ora  lì  ragiona ,  il  nome  della  quale  appredo  de  gli  Arme- 
ni ,  de’  MeBi,  e  de’  Perlìani  non  volendo  d  ir  altro ,  che  Saetta , dalla  velocità  del¬ 
la  medelìma  non  meno  quell’animale,  che  il  rapidilfimo  fiume  Ircano,  ebbero 
il  nome  di  Tigre  .  Etin  vero  non  laprei  imaginarmiqual  bellia folle  più  fiera, 
e  crudele  delia  Tigre,  e  mafiìme  nel  vederli  ella  rapire  la  propria  prole,  onde 
Marziale: 

Non  Tigris  catulis  citata  raptis  ^ 

Non  dipfas  medio  peruBa  fole^ 

Nec  Gc  feorpius  improbus  timetur  . 

laonde  altrettanto  crudele  fù  llimata  ( e  forfè  più  de’  Leoni,  mentre  anche  con¬ 
tro  il  collume  delle  fiere  è  la  prima  ad  alTaiire  gii  uomini  )  quanto  amatrice  del¬ 
la  propria  prole  ;  per  lo  che  non  folo  fù  fimbolo  della  vendetta ,  ma  ancora  gie- 
roglifico  lìngolarmenteefprelfivo  dell’ affetto  paterno.  Con  tutto  ciò  fàamio 
propofico  1*  accennare ,  che  tale  animale  fù  confecrato  a  Bacco ,  e  da  gl’  Indiani 
fù  ri  verito  per  fimolacro  del  Sole ,  filmandolo  religiofo,  mentre  nafeendo ,  a  rif 
ferire  del  Voflìo  ,  priores  pedes  orientem  verfus  attollat  ;  quod  religiofum  ejfe 
animal oBendity  modo  d’adorare  il  Sole,  efprelfo  anco  da  Virgilio,  quando  diffC; 
llli  ad  f urgentem  converfi  lumina  Solem 
Dant  fruges  manibus  falfas, 

il  che  forfè  porrebbe  corrifponderc  alle  cole  fin  qui  narrate  d’ Ofiride ,  (limato, 
comedi (li,  il  Sole  da  gli  Egizii ,  i  quali  tramandandole  loro  belliali  Deità  a  tan¬ 
te  nazioni ,  ne  infettarono  quali  tutta  la  terra . 


Lih,%,  efìz. 
3i- 


Deiielol. 

/• 

^mii.  lù 


Delle  Sfingi.  Cap,  XV. 


1  1^  Già  che  de  gl’  Indiani  fi  è  fatta  menzione ,  e  perche  ftimo  j  che  i  prefentì 
due  fimolacri ,  che  fono  nel  Mufeo  ,e  de’quali  qui  fi  pongono  le  figure , 
fiano  manifatture  de’  medefimi ,  mi  è  parlo  tempo  opportuno  il  darne  in  quell cr 
luogo  qualche  ragguaglio  .  Il  volerli  deferì  vere  farebbe,  a  mio  credere  un’of- 
fendere  chi  ne  hà  faputo  co’  diligenti  intagli  darne  le  copie .  Non  è  però  da  tra- 
lafciarfi  di  motivare , che  fono  di  legno, e  coperti  d’una  crofiatura  cosi  leggie¬ 
ra,  e  lottile,  e  compofla  alla  Mufaicadi  picciolifiime  fquamedi  diycrfc  figure 

e  varia- 


478  M  y  S  E  0  C  0  S  P  I  A  N  0 

e  variamente  colorite,  che,  fenel  difegno  non  arrecano  quella  nobiltà,  che 
porta  la  miniatura,  e  Teflere  co!  pennello  dipinte,  moftrano  nondimeno  una 
gagliarda  pazienza  di  chi  le  hà  iaputo  unire  iniìeme,c  dar  perfezione  ad  un’ope¬ 
ra  così  peregrina.  Veramente  a  qual’ ulo  fianoftati  fatti ,  e  qual  nome  pollano 
avere,  a  me  non  dà  l’animo  d’indovinare.  Sòbene,  che  alcuni  lì  fonoimagi- 
nati ,  anche  col  fondamento  di  Plutarco ,  che  dall’  unione  umana  colla  beftiale 
ne  poteva  qualche  volta  nafccre  un  certo  parto,  detto  Sfinge,  che  apprelTo  de  gli 
Egizi!  fi  figurava  comporto  di  Leone,  e  di  faccia  di  donna  vergine,  cciò,  per¬ 
che  ne’  meli  quintile ,  e  fertile ,  de’  quali  il  Leone ,  e  la  Vergine  n’  erano  cuftodi, 
feguiva  l’inondazione  del  Nilo,  dalla  quale  appunto,  ficomenefperavano  la 
fecondità  dell’ Egitto,  cosi  parimente  volevano  con  tali  moftruofi  fimbolidi 
parti,  da  loro  creduti  da  eccedente  fecondità  prodotti,  dinotare  la  generazio» 
ne,  della  quale,  come  di  fopra  tante  volte  hò  motivato,  la  Gentilità  faceva  fopra 
d’ogn’altra  cola  maggior  conto.  Altri  riferifeono,  anche  col  fondamento  d’Igi. 
no,  che  la  Sfinge  folle  un  mortruofo  parto  d’ Echidna,  e  di  Tifone ,  che  rifieden- 
do  nella  Tebaide  nel  Monte  Sfincio  crudelmente  alfaliffe  i  viandanti ,  il  che  non 
corrifponderebbe  alle  cole  narrate  di  fopra ,  mentre  dalle  dipendenti  da  Tifone 
la  Gentilità  ne  congetturava  tutto  ciò ,  eh’  era  di  male ,  e  ftimavafi  contrario  alla 
fecondità .  In  così  dubbiofi  enigmi ,  che  appunto  dalle  Sfingi  ebbero  origine , 
mentre  dal  verbo  Greco  hoc  cjì  JlringOt  vel  vincio  dicatur  ^  quod 

ffhiny;  fìr ingeret  homines  fuis  qualìionibus ,  ut  fe  expedire  non  poffènty  non 
faprei ,  che  dire  i  e  martime ,  che  ritrovo ,  che  gli  Egizii  diverfamente  da’ Greci 
figuravano  tali  mortri ,  pingendofi  da  quefti  colf  ali ,  coi  capo  nudo,  e  colla  ca¬ 
pigliatura  aggiurtata,c  da  quelli  col  capo  velato,  e  fenz’ali,  come  vera  tefti- 
monianza  ne  fanno  molti  marmi ,  e  medaglie  antiche .  Anzi  fe  vogliamo  para¬ 
gonare  ciò,  che  fù  detto  delle  Sfingi  colle  noftre  imagini,  ron  sò  vederne  ficuro 
confronto;  e  martime,  che  una  delle  dilincate  hà  faccia  umana  fenza  capiglia¬ 
tura,  c  l'altra  s’avvicina  a  quella d’ una  terribile  Orca.  M’indurrò  più  torto  a 
filmare, che  la  Gentilità  figurafsc  tali  ofeuri  mortri,  e  li  nponefse  tra  le  c^fe 
ragguardevoli  della  religione ,  e  gli  collocaffe  all’  ingrelTo  de’  Tempii ,  non  lol o 
per  dinotare  l’ofcurità  de’  mifteri  appartenenti  alla  religione,  ma  ancora  per  far 
conofeere ,  che  Iddio  fi  doveva  tempre  altrettanto  amare ,  quanto  temere;  c  per- 
ciò  figuraffero  tali  mortri  di  figura  parte  umana , e  parte  ferina ,  dinotando  in  un 
tal  modo  cfsere  Dio  fiero  a  gli  empii ,  e  piacevole  a’  buoni  ;  nel  qual  cafo ,  fc  i 
noftri  fimolacri  fofsero  di  quei ,  de’  quali  oggidì  pur  troppo ,  come  accennai  di 
fopra ,  fc  ne  fà  ftima  da  gl’  Indiani  Idolatri ,  a  tal  fine  torfe  potrebbono  rtimarfi 
fabbricati  ;  fe  pure  non  volcflimo  con  Diodoro  perfuadcrci ,  che  le  Sfingi  non 
folsero  animali  poco  differenti  dalle  Scimic ,  da’ Babuini ,  e  da’  Gart i  maimoni , 
ò  pure  le  ilteffe  brtlic;  nel  qual  calo  fi  potrebbono  con  un  tal  riguardo,  e 
maggior  confronto  figurarfi  con  tacciasi  bertiaIe,come  umana,  e  corrifpon- 
dente  appunto  a*  delincati  fimolacri,  &  a  tutto  ciò,  che  di  fopra  fi  diffc  di  tali 
animali. 

"Dello  Sparviere,  Cap,  XVI, 

1  T  T  Iene ,  a  mio  credere ,  rapprefentato  uno  Sparviere 
V  dal  prefentc  fimolacro  di  bronzo  antico,  e  di  bella 
patina,  giufta  la  grandezza,  eh’ egli  è  qui  dilineato .  E  per¬ 
che  di  fopra  fe  n’c  dato  racconto,  a  quello  mi  riporto. 

Sono  però  qualche  volta  fiato  dubbiofo ,  fe  tale  imagine 


vera; 


l  I  •s  K  0  evinto,  CAP.  XPL  479 

veran^enteiapprcfentava  l’uccello  accennato,  col  riflettere  a  tanti  uccelli,  che. 
gli  Egijtii,  eia  Gentilità  religiofamentc  riverivano , e  nel  fapere,che  tra  i mólti 
volatili  facevano  gran  conto  ancora  dell’  Ibide ,  dell’  Avoltojo ,  e  dell’  Vpupa-; 
di  quella,  per  dinotare  ,  fecondo  Eliano,  l’amore,  e  la  pietà,  verloil  padre,e 
la  madre,  in  ferentes  fìAfit,  riponendola  appunto  il  Rè  de  gl’indiani  a  àe  hi^. 

tal  fine  nrà  le  più  care  delizie ,  ch’egli  abbia  :  dell’  Àvoltojo ,  perche  delle  pei\-!- 
nedi  queftoirccello  gli  Egizii  adornavano  le  fommità  de*  velliboli  in  onoiie 
dtllìde,  al  capo  della  quale  ancora  fervivano  d'ornamento;  dell’Ibidc,  per¬ 
che  liberava  il  Paefe  d’ Egitto  da’  Serpenti ,  de’  quali  n’  è  divoratrice ,  e  nemi¬ 
ca  :  dinotando  ancora  la  purità ,  mentre  i  fuperlliziofi  Sacerdoti  d’ Egitto  non  lì 
lavavano  in  altr’  acqua , che  in  quella ,  do  ve  quello  uccello  avelTc  bevuto ,  per- 
fuadendolì  perciò  approvata  lapurificazionè  dall’avervi  bevuto  il  medefimo 
volatile.  Ma  parendomi  di  non  poter  conolcere  alcuna  lìmiglianza  del  noRro 
firnulacro  co’ mentovati  uccelli,  hò Rimato,  che  più  toRo  fialTomigli  ad  uno 
Sparviere, e  perciò  hò  deliberato  di  riportarmi  a  quel  tanto,  che  dilopra dei 
medefimo  probabilmente  feppi  dedu  rre  da  quello ,  che  n’  è  Rzlò  fcritto , 


Altre  Egizie  di  terra  d*  animali  volatili, 

Cap.  XVU, 

•f  A  Ggiungo alle  dijfcritte  imagini  tré  altre  Egizie, 

X\,  antiche  di  terra  cotta,  e  picciole  nella  forma, che 
fono  gl’impreflì  intagli,  le  quali  efquilitamentc  clfendo 
Rate  dilineate,  a  me  levano Toccafione di  darne  ladilcri- 
zione;  e  Rimandole d’ animali  volatili,  e- probabilmente 
di  Sparvieri  (già  che  co’medefimi  parmi  abbiano  molta 
fimilitudioe)  non  Rarò  a  diffondermi  di  vantaggio,  per 
averne  di  fopra  affai  ragionato.  Dirò  folamente ,  che  tali 
imagini  dalla  parte  fuperiore  fono  bucate,  indizio,. che 
fervivano  a’ Gentilijper  portarle  al  collo,  come  prefervativi  da  malattie,  ò  per 
divozione ,  ò  pure  per  appenderle  ne’  Tempii  in  voto  fatto  alle  loro  mute 
Deità. 


Imagine  d'  lfide\  Cap.  WUt. 

t  rx  Agliaccennatianimalijcdallecofe  fimboleggiato 
I  3  del  Sole,  che  fùOfiride  de  gli  Egizii  fòpaffaggio  ad 
un  fimolacro  di  metallo,  che  Rimo  fatto  in  onore  della  Dea 
Ifide ,  che  fù  forella ,  e  conforte  del  detto  Ofiride ,  a  cui  ap¬ 
punto  dopò  morte ,  e  dopò  l’ ottenuta  Vittoria  contro  Tifone 
fucccdctte.impoffeffandofi  del  Regno,il  quale  nello  Rato  ve¬ 
dovile  pacificamente  godette.  Non  può  dubbitarfi,  che  la 
prefente  imagjne  fia  d’una  donna,  non  folo  dalla  gracilità 
delle  membra,  e  da’ monili,  che  le  circondano  le  mani,  ma 
principalmente  da  quelle  parti  ,che  fono  proprie  delle  femi¬ 
ne.  Io  qui  non  voglio  diffondermi  nel  deferivere  la  natura 
del  metallo ,  nè  meno  voglio  parlare  del  difegno ,  e  della  cat- 
tivamaniera,dellaquale  è  queRo fimolacro,  per  non  por¬ 
germi  queRe  (ufficienti y  ò  probabili contrafegni d’antichità, 
abbenche  foRenendo  il  noRro  fimolacro  colle  mani  inalzate  fopr  a  del  capoH 

moggio 


Servius  in 
t  t/€n. 
Jfidd.tiC. il 


480  éM  V  S  E  0  COSTl^^ò 

moggio  mi  dia  verifimile  indizio,  che  polla  eflere  (taro  farro  per  rapprefcntarc 
rimagine  della famofa Dea Ifide.  Et  a  tal  propofito  partni  d’aver  altre  volte 
motivato ,  che  appiclTo  gli  Egizii  tra  le  cofe  celcftì  il  Sole  fìi  ricevuto  per  prin¬ 
cipio  attivo  d’ ogni  lor  bene,  e  che  rrà  le  terrene  il  Nilo,  ricevendoli  tanto  fotto 
il  nome  del  Sole,  quanto  lotto  quello  del  Nilo,  Oiìridc;  e  che  parimente  ap- 
prelTo  della  ftclTa  nazione  era  tenuto  tra  le  cole  del  Cielo  per  principio  pafli  vo  Is 
‘Luna ,  peredere  illuminata  dal  Sole  ;  e  tra  quelle  di  qua  giù  la  Terra  medefima , 
per  effcrc  ella  fecondata  dall’  acque  del  Nilo ,  che  f  ù  Ofiridc  ;  comprendendoli 
tanto  lotto  il  nome  della  Luna,  quanto  lotto  quello  della  Terra  il  nome  della 
mentovata  Dealfide.  Quindi,  le  tanto  Ifide,  quanto  Ofiridc  furono  creduti! 
principii  della  generazione  di  tutte  le  cole,  e  le  Ifide  era  tenuta  tanto  laLuna, 
quanto  la  Terra:  Ijìs  enim  liagttA  Mgyptiorum  esi  terra. ,  quam  I/ìm  volunt  ejfe^ 
probabilmente  potrà  ftimarfi  ,che  il  noftro  fimolacro  (  rapprelentante  Ifide)  ora 
dinoti  la  Terra ,  e  maflimc  per  aver  il  moggio  in  capo ,  che  loftenuto  da  ambe  le 
parti  dalle  mani ,  dalla  pienezza  del  vaio  pelante  inferirà  (  anche  col  fondamen¬ 
to  di  Macrobio)  maggiormente  la  fecondità  della  Terra:  lam  vero  quia  Ijìsvel 
terra  eli ,  vel  natura  rerum  fub']acens ,  foli  ideo  ifdi  modium ,  veluti  frugum^ 
parenti ,  adfignarunt .  E  per  ciò ,  e  per  quello  ancora ,  che  Icrille  Diodoro ,  par¬ 
rai  di  poter  congetturare,  che,  le  nelle  lolenni  pompe  di  quella  Dea  precede¬ 
vano  il  frumento ,  e  l’ orzo ,  ciò  fi  faceva  non  lolo  per  dar  a  conolcerc ,  eh’  ella  fù 
inventrice  delle  biade,  ma  ancora  per  implorarne  l’abbondanza.  Siulòpari^ 
mente  in  tali  fellività  di  aggiugnere  i  pianti,  e  le  lamentazioni  alluono  de’cim- 
bali,de’timpani,ede’fiftri,  il cheelprelTe  Aulonio,  dicendo; 

Cymbala  dant  flictu  fonitum ,  dant  pulptta  falti* 

Jdia  pedum  i  tentis  reboant  cava  tympana  tergis. 

Jjlacos  agitant  Mareotica  fftra  tumultus, 

Coftumarono  ancora  pungendoli  con  ferri  acuti  le  proprie  membra  d'infangui- 
narfi,di  cercar’  clemofine,  e  d’allenerfi  dal  pane:riti,)i  quali  edendo  flati  imparati 
da  Amitaone  nell’  Egitto,  furono  dal  medefimo  introdotti  nella  Grecia,e  di  là  ad 
altre  nazioni  communicati  in  onore  di  Cerere, di  Prolerpina,di  Venere,di  Cibo» 
le, di  Rea,'dellagran  Madre  de  gli  Dii, e  d’altri  nomi  di  Deità,  le  quali,  òfembri- 
no,ò  fiano  volgarmente  tenute  diflferentidi  nome,  fono  nondimeno  ie  ftefie,  eli 
riferilcono  all’  antica  Ifide ,  primiera  Deità  di  Copti ,  Città  la  più  antica  della.^ 
Tebaide,  e  capo  dell’Egitto,  e  dell’Arabia,  fignificando  tutte  la  natura  fog- 
getta  alla  potenza  Solare ,  lotto  la  quale  principalmente  venivano  in  confidcra- 
zionela  Luna,  e  la  Terra,  ò  parti  di  quella,  come  principii  palfi  vi  della  gcner 
razione. 

Imagine  ài  Mercurio  Infernale, 

Gap.  XIX. 

I  Rà  più  ragguardevoli  bronzi,  che  fono  nel  Mufeo,  ioftimoilnuidilu 
X  neato,  per  edere  Egiziaco,  c  d’ una  incroRatura  di  patina  confiderabile, 
lenza  alcun  lolpctto ,  a  mio  credere ,  d’ adulterazione,  e  per  l’appunto  antichilfi. 
mo.  E' alquanto  maggiore  della  quìadotta  figura.  Elprime  un’ uomo  collo 
orecchie  adai  palefi,e  con  una  mitra,  ò tiara,  incapo  adornata  da’latidaun 
bipartito  pennacchio,  come  accennai  de  gl’ Idoli  di  legno,  delcritti  sù*l  prin¬ 
cipio  ,  e  d’ una  (  ora  dirò  così  )  groda  gioja  nella  parte  anteriore  lopra  la  fronte . 
L’ oder  Vo  lenza  capcgli ,  e  con  un’  appendice  al  mento ,  la  quale  è  più  groda  ìb_. 
fondo ,  che  in  cima ,  ò  dalla  parte  del  mento ,  a  cui  è  anneda.  Viene  vellico  da  uq 

manco. 


LIBRO  CAP^XIZ  ^8« 

minto,  che  còpréndogli  le  fpalle  forma  fe  maniche  alTai  larghe 
sù  ’l  petto,  e  nd  reftànte  fi  unifce,  c  lo  circonda  in  guifa,  che 
lembra  fafciarlo  bene  llretto ,  fenza  lakiar  veftigio  didiftin- 
zione  delle  gambe ,  e  de' piedi ,  terminando  in  un  tutto  unito  , 
come  i  bambini  fafdati .  Dalle  maniche  efcono  le  mani  1*  una 
all’ altra  oppofte  sù  ’l  petto ,  parendo  d i  tenere  impugnato  col¬ 
la  delira  iincerto  ordigno ,  e  colia  finiftra  il  lituo .  Molti  rife- 
rifcoDoquellildoli  adifide  ,  e  perciò  quello  nell’ Indice  dei 
Mufeo,  ftampato  1’  anno  1667.  fù  raccordato  lotto  nomc^ 
d’ Idolo  d’ Egitto  barbato  con  cimiero  di  bella  forma ,  rappre- 
{emante  Ifide  barbata .  Altri  riducono  fimiglianti  figure  a  Se¬ 
rapide*  chiamandole  appunto  Serapidi,  alle  quali  nel  partico¬ 
lare  di  quella  Statua  fauorilce  il  dileialpetro  malchile.  Ma 
quelli  fono  deboli  contrafegni,  da’ quali  difficilmente  lì  può 
congetturare  la  vera  cognizione  di  una  tale  peregrina ,  &  anti¬ 
ca  Deità ,  circa  la  quale  appunto  panni ,  che  vi  fiano  molte  cor . 
fe  degne  di  rifieffione  per  determinarle  con  qualche  verifi- 

roile  probabilità ,  come  per  vedere,  le  ci  pollono  condurre  sù  _ 

la  vera  cognizione  del  nome  delia  medefima ,  la  quale  porta  in  capo  una  bcret- 
ta,  ò  cappello,  a  cui  non  so  le  debbano alTegnarfi  tali  nomi,  ò  pure  quelli  di 
mitra,  òdi  tiara. 

a  Iosò,cheIaberctta,da’latini detta col teftimooiodiFello,deriva 
à  ga/ea,  quod  infiar  Jìt  gale*:  eli  enim  f  ileum  capitis  y  ejuo  Diale s  flamines  ute». 
kantur .  Fiebat  enim  ex  hofiia  alba  loì/i  afa ,  cui  adiungehatur  virgula  oleagi^ 
nea:  e  che  parimente,  a  parere  di  Svetonio  tré  erano  le  lotte  de’ cappelli,  che 
collumavano i Sacerdoti  ,dillinguendoli  \n  apicem,  tutulum,  ér  galerum.  Sed 
dpicem  pileum  futile,  circa  medium  virga  eminente:  tutulum  pileum  lanatum 
meta  f gura:  galerum. pileum  ex  pelle  hoiHa<afai  e  che  non  lolo  di  quel  cap¬ 
pello  ,  ò  beretta ,  come  dilli ,  detta  galerus ,  le  ne lervivano  i  Sacerdoti ,  ma  an¬ 
cora  quelli ,  che  non  erano  deftinati  alla  religione,  e  le  donne  racdefime,  caden¬ 
do  appunto  lotto  tal  nome  quella ,  eh’  era  fatta  d i  pelle ,  e  coperta  con  tanto  ar- 
tificiodicrini  umani,  che  lervendolene  quei,  eh* erano  calvr,  ò  vecchi, òlc 
donne  di  pelo  nero,  ingannavano  con  tali  (noi  dircfl[ìmo,/f//«rf^c,&i  latini  ^4- 
Uricula  )  chi  non  lapeva  1*  arrificio  : 

Et  nigrum  flavo  crinem  ahfcondente  galero 

Intravit  calidum  veteri  centone  lupanar, 
c  Svetonio:  munditiarum  fuiffe  traditur  pene  muliebrium  :  vulfo  cerpùre:  ga» 
lericulo  capiti  propter  raritatem  capillorum  adaptato  &  annexo  ,  ut  nemo  digno- 
fceret\  chiamando  Tertuliano  quella  forte  di  beretta ,  capitis  vaginam ,  e  Gio¬ 
venale  ,  capitis  calceum ,  e  per  conleguenza  ipfum  caput  calceatum . 

5  Ritrovo  ancora,  chela  tiara  era  ornamento  dei  capo  in  modo  di  luna  fal¬ 
cate..,  che  in  linguaggio  Perfiano  fignifica corona,©  diadema,  ulandoladi  por¬ 
tare  nella  Perfia  i  Rè ,  e  nella  Frigia  i  foli  Sacerdoti  ;  ficome  ben  intendo ,  che  la 
mitra  era  coprimento  del  capo  ulatodalle  donne, il  quale,  le  bene  nellaLidia, 
e  nella  Frigia  era  coftumato  da  gli  uomini,  ciò  nondimeno  era  biafimato  da’  Ro¬ 
mani  ,  ftimandolo  poco  virile ,  c  lolo  confacente  a  gli  effeminati ,  &  alle  mcre-;^ 
trici.  Quindi  confidcrando, che  quella,  la  quale  fi  offerva  in  capo  al  noftrofi- 
raolacro,  fi  avvicina  ad  una  delle  tré  dclcrirte  da  Svetonio,  dirolla  tutulum  pi¬ 
leum  lanatum  meta  figura,  già  che  parrai ,  che  venga  formata  in  un  tal  modo,, 
eiia  adornata  delie  penne  dello  Sparviere,  rammemorandomiappunto  ciò ,  che 

■  •  Ss  fcriffe 


-  X  ^ 


Juvtn.fébt.^u 


Zi^,  a*  4« 


$.iie  rtaf. 
Dtw» 


Viri, 


Viriti,  ihìd. 


49»  .M  V  S  E  0  C  a  S  P  l  AMO  ' 

fcriffe  Oiodoro  ,^4propter  liter arm»  faerarHtn  fcriftort^  ióf 
gcfìaatt  ér  Acciptris  a  Un*  in  cApitCi  giulta  l' uianza  de’ Sacerdoti,  a’ quali  par¬ 
ticolarmente  erano  cotntncfTe  le  cofe  della  religione»  Dal  che  pormi  di  poter 
verilìmiimcnte  comprendere  ,che  la  noftra  invagtne  polla  rapprelcniarc  il  Met. 
curio  de  gli  Egizii»che  fu,  a  riferire  di  Diodoro ,  intimo  Segretario, e  Conlìglic- 
re  del  Re  Oliridc,  e  facro  Scrivano  del  medefimo,  c  che,  a  relazione  di  Cicerone, 
infegnò  le  Ietterei  e  diede  le  Leggi  agliEgizii;  elTendo  ben  noto,  che  quelli 
non  lolo  addottrinò  gli  uomini  nelle  (cienze  de’  Cieli ,  c  nell’  offervare  il  moto , 
e  gli  effetti  delle  Stelle ,  ma  ancora  diede  a’  medefimi  i  riti  della  religione ,  &  il 
mododilacrificare,di  leggere,  dello  Icrivere,  c  di  dar  il  nomea  molte  cole,  c 
di  pronunciare  le  lettere  ;  laonde  fu  ben  di  dovere ,  che  la  terra  d’ Egitto  (  Her- 
mochemia)  sù’l  principio  detta,  dal  nome  di  Mercurio  prendeffe  il  nome.  £ 
perciò  parmi  di  poter  congetturare,  che  ai  noRro  lìmulacrò ,  capprefentantc  una 
così  famola  Deità  de’  Gentili ,  foffe  Rato  da’  medefimi  collocato  nella  mano  de* 
lira  queir  ordigno ,  dinotante  forfè  qualche  Matematico  (Iromeoto ,  ò  pure  (  al 
che  io  facilmente  inclinerei  )  qualche  lettera  ,ò  principio d’Al^bibeto»  nel  qual 
cafo  parendomi  un  triangolo  ifocele, fi  auuicinerà  per  l’appunto  alla  prima  let* 
terra  dell'  alfabeto  Egiziaco,  già  che  vogliono ,  che  Mercurio,  inventore  di  tali 
lettere ,  volefie ,  che  l’ Ibi  (  vccello  dagli  Egizii  cotanto  Rimato  )  folle  la  prima: 
al  che  fauorifee,  che  gli  Egizii  in  vece  di  lettere  fi  fervi  vano  d’imagini  d*  anima¬ 
li  ,  volendo  in  tal  modo  (  al  riferire  di  Plutarco)  col  mentovato  uccello  dinotare 
la  prima  lettera,  fèis  in  ingrejp*  triAugnUrem  effigiem  ,  fett  fignr ah* y  erti- 
ribus  itA  difpofitii  reptAjentAret,  '  . 

4  E  per  venire  in  maggiorcognizionedclnoRrofimolacro,  forfè rappre^ 
fentante  la  Deità ,  della  quale  fi  ragiona ,  vò  confiderando ,  che  la  Gentilità  fece 
conto  di  due  Mercuriijattribuendoall’unoil  miniRero  di  nunciodegli  Dii,  co¬ 
me  efpreffe  il  Poeta, quando  lo  fece  melTaggiero  di  Giove  ad  Enea  cosi  dicendo: 
VAdcy  Age  y  nAte  y  %>ha  Zephyros ,  &  Ubere  pennis 
HArdAmumque  dutemy  Tyria  CArthagine  qui  nunc 
ExpeBat ,  fatifque  datas  non  refpicit  urbes , 

Alloquere ,  ó"  celeres  defer  mea  diBa  per  auras , 

&  affegnando  ali’  altro  1’  otfizio  (  come  Rimo  a  propofito  dei  noRro  fimolacro  , 
che  nella  finiRra  mano  tiene  una  verga)  ò  di  ricevere  Partirne  de*  morti  per  con¬ 
durle  all’ inferno,  òdi  liberare  le  medefime  da’ profondi  abiRì,  come  accennò 
l' iReRo  cantando  : 

Tum  virgam  capiti  hac  animas  ille  evocat  Orco 
Pallentes  y  alias  fub  triftia  tartara  mittit; 

Hat  femnos  y  adimitquey  cz  lumina  morte  refignat . 
potendoli  per  l’appunto  chiamar  quello  iKdfifWy  equeflo  cioè  cele- 

Re,  e  terreno.  E  riferendoli  tanto  l’uno,  quanto  l’ altro  Mercurio  al  5ole,  ver¬ 
remo  in  cognizione  del  fenfo  allegorico  di  chi  favoleggiò  ,  che  Mercurio  (  intc- 
fo  per  lo  Sole)  uccidefTe  Argo  (  fignificante  il  Cielo)  cuRoded’Io,  che  fùJa^ 
Terra ,  nel  voler  dire ,  che  all’  apparir  di  Mercurio ,  indicante  il  Sole  ,  fparifeo- 
no  le  flelle  del  Cielo .  In  tal  fenfo  ancora  fù  detto  Mercurius  fuperus ,  cf  inferus , 
col  riferirfi  al  Sole,  mentre  di  giorno  illumina  il  noRro  emifperio,edi  notrefi 
porta  a  gli  Antipodi,  onde  Orazio 

■II—  ■■■■«  — •  fuperis  Deorum 
Cratusy  é"  imis, 

e  Claudiano  in  primo  de  R.  P. 

K^tlantis  Tegeae  nepos  y  commune  profundit 

Et  fu» 


.1 


l  t  'B  R  0  ^  l  N  T  0.  CAP.  XtX.  5  -^83 

,  -  r 

Et  fitperis  numen:  qui  fas  per  limen  utrumque  ' 

Solus  habes,  geminoqtie  facis  commercia  mundo, 
c  Macrobio  nello  fpiegare  le  due  penne,  bianche,  e  cerulee, aflìgnate da  gli 
Egizii  a  Mercurio,  dinotanti  il  giorno ,  e  la  notte,  ad  altro  non  volle  inferire, 
che  a’ due  Mercurii,  Ceiefte,  e  Terreno.  E  noi  ancora  con  qualche  probabile 
indizio  riferendo  i!  noftro  Mercurio  al  Sole,  per  edere  i  di  lui  raggi  dorati,  cori 
Omero  lo  diremo  cioè  aurea  virga,  e  con  Pitagora,  a  riferire  di 

Laertio,  vàr  4yX'"*'>  animarum  quajlor ,  eo  quid  animas  deducere  ad  in» 

feros  credebatnr',òc.o\  V'^ollio  fve  deducior,  emiffor ,  inclinando  adi¬ 

re,  che  il  Mercurio  infernale  de  gli  Egizii  non  folle  altro,  che  ilCarontede’ 
Greci,  e  de’Latini,  il  quale  dal  Poeta  Virgilio  e.lendo  detto  Portitor,  e  dal 
Vodìo  Miniftro  dell’ira  divina,  avelTe  particolar  cura  di  portare  l’ anime  de’ 
danati  a’ luoghi  dsftinati  al  fuppiicio. 

5  Sarà  dunque  quello  il  Mercurio  tanto  amato  da  Ilìde,  a  cui  (  come  riferifee 
Luciano)  avendo  fervito  di  felice  condottiere  nel  paefe  d’ Egitto ,  di  giovine  di¬ 
venne  colla  faccia  di-cane .  E  rammemorandomi  a  tal  propofito  le  cofe  di  fopra 
mentovare  d- Anubi ,  ben  comprendo  quello,  che  fù  fcritto  da  M inucio Felice , 
quando  dille  :  mox  invento  parvulo  gaudet  Ifls ,  exultant  fac er dotes ,  Cynocepha¬ 
lus  inventor  gloriatur ,  attribuendo  ai  Cinocefalo,  che  fù  figura  del  Mercurio 
Egizio,  la  gloria  d’aver  ritrovato  Oro,  il  figliuolo  d’ Ilìde,  che  forfè  in  mio 
fenfo  non  vuol  dir  altro,  che  d’ averlo  (anche  col  fondamento  dell’ accennato 
Luciano)mcdianteia  verga  ritornatoin  vita:  Alatus  autem  quoque  efl ,  ac  vir¬ 
gam  quamdam  apparavit,  mirificam  poteHatem ,  ac  vim  habentem,  qua  animas 
evocat ,  é*  educit  mortuos.  Ben  comprendo  ancora,  eh?  gu  Egizii  al  pari  defle 
loro  primiere  Deità  ftimarono  per  li  molti  benefizii  ricevuti  ii  loro  Legislatore, 
onde  riputandolo  degno  de  gì’ ifteflfì  onori,  che  attribuirono  a’ioro  principali 
Numi ,  non  mi  maraviglierò,  fe  il  fimolacro,  di  cui  ora  fi  ragion3,abbia  gTiltef- 
fì ornamenti, de’ quali ornavanfi Ilìde, &Ofiride,  emalfime  coll’avere  quella 
grolla  gioja  nel  capo ,  e  fopra  la  fronte,  eh’  io  ftimerei  il  capo  d’ un  ferpente,  ani¬ 
male  immondo,  con  tanta  religiofa  fuperllizio  e  riverito  da  gMEgizii,  e  che 
Ebano,  /»  diadematibus  Mgyptiorum  regum  notavit,  ut  ita  ^rmitatem  imperii, 
ér  potentiam  fignficaret  -,  e  che  la  Gentilità  aggiunfe  alla  verga,  da’Greci  detta 
idefi  caduceum,  che  fù  ritrovamento  di  Mercurio,  &  ulata  diponerfi 
nciiC  mani  d’ Anubi ,  che  fù  figura  dello  ftell'o ,  come  da  antiche  Medaglie  fe  ne 
cavano  i  fondati  rincontri . 

Figura  di  terra  cotta  dilineata  in  ire  faccie ,  rapprefentante  Oro , 

Cap.  XX. 

t  \  yf  imagini  di  terra  cotta ,  che  nel  Mufeo  fi  confervano  ;  ma 

IVA  perche  quali  tutte  fi  riferifeono  ad  una  fola  Deirà ,  mi  è  parfo  bene  il 
darne  Un  ioio intaglio, eneImodo,chafivcde,  per  più  chiarezza.  Diquefte 
ve  ne  fono  delle  grandi ,  delle  mezane ,  c  delle  picciole ,  e  di  di verfità  dì  colori , 
e  per  lo  più  cinerizie ,  e  delle  verdi  inclinanti  al  ceruleo . 

2  Tràlcpiùconfervate,amioparereèIaquìimprefla  imagine,  la  quale  in 
molte  parti  quelle  fomiglia  di  legno,  deferitte  sù  ’l  principio ,  avendo  anch’  ella 
ileapoda  un  velo  in  tal  modo  coperto,  che  non  falcia  vedere  ,  che  le  orecchie, 
e  la  fola  faccia:  dillcn'dendofi  tal  velo  dalla  parte  d’avanti  finoalla  metà  del 
petto ,  e  ftringendofi  forco  ai  mento  in  modo,  che  non  permette  l’ oflervare  altro 
d’umano, che  il  femplice  contorno  del  volto .  Cade  tal  velo  dalia  parte  di  dietro 

Ss  2  del 


Odif.  i. 


la  diai-  No. 
tt,&  Zepht- 
rt. 

in  Odavio* 


In  dial.  A- 
poi.  &  Viti* 
cani. 


Lrb,  6,c.i7^ 


484  M  y  S  E  0  Q  0  S  P  l  A  N  0 

del  dor/o ,  dove  fi  vede  difiinto  da  una  li* 
nea  tra  reftrcmità  del  medefimo,  ed’ un* 
appoggio>a  cui  pare  appoggiato  col  dorfo, 
e  ftante  in  piedi  in  una  baie  quadragolare . 

Hà  il  corpo  tutto  coperto  da  un  manto,lot- 
to  del  quale  incrocchiandofi  le  mani,  efeo- 
nodal  medefimodalla  parte  d’avanti,mo- 
ftrando  di  tenere  nella  lìniftra,  che  firife- 
rifcealla  parte  delira, impugnata  una  falce, 
c  nella  delira,  che  rilguarda  la  parte  fini- 
lira,  un’alfa  (  ò  fiauna  piramide)  B:  una 
funicella, che  in  cavalcando  la  fpalla  follie- 
ne  un  canellro ,  pendente  dal  dorfo ,  ellen- 
do  il  manto  dalla  parte  anteriore. dalla  me¬ 
tà  del  corpo  fino  aH’ellrcmità ,  tutto  figu¬ 
rato  di  caratteri  facri,  detti  jcroglifici. 

3  Molte  fono  le  cofe  ,  che  mi  pajono 
confiderabili  intorno  a  tali  imagini ,  le  quali  portando  {eco,  a  mio  credere ,  pro¬ 
babili  legni  d’ antichità  tanto  per  edere  di  terra  (  mentre  le  llatue  sù  ’l  principio 
d’ altra  materia ,  e  di  legno  ancora ,  come  di  lopra  accennai ,  non  fi  fabbricava¬ 
no)  quanto  perche  fono  caratterizatc  di  lettere  Egizie ,  collumanza  folamcnte 
ufata  dalla  celebre ,  &  antica  nazione  d’ Egitto . 

4  E  confiderando  il  numero  di  tali  fimolacri  (  che  non  è  poco  nel  Mufeo  )  e 
cheoonfiolTerva  d’ una  loia  natura  di  terra,  e  che  non  cd’ un’ iftedo colore ,  vò 
congetturando,  òche  non  fi  coftumadero  di  fate  d’una  determinata  materia,  ò 
che  dalla  varia  natura  delle  terre,  e  dalla  maggiore,  e  minore  cottura,  potede 
nafeere  una  tale  diverfità:  ficome  non  hà  dell’improbabile,  che  edendovene 
delle  colorite  di  color  verde  inclinante  al  ceruleo,  gli  artefici  vi  potederodare 
limile  colore  coli’  aggiugnervi  quel  luftro,  che  fi  vede  in  qualcheduna  a  quella 
guifa,  eh’ oggidì  gli  artefici  de’ vali  di  terra  danno  un  fimile  ludro ,  ò  vetriatura 
alle  loro  manifatture ,  &  in  particolare  alle  colorite  majoliche  ;  e  ciò  forfè  face- 

;  vano  gli  antichi  a’ loro  fimolacri  per  rendergli  di  maggior  durata,  abbenchc  io 
neodervi  molti  corrofi,e  logorati,  &  alcuni  ancora  daincroftatura  di  patina  in 
,  qualche  parte  coperti  ;  effetto ,  che  fi  può  attribuire  alla  natura  de’  bitumi,  <S(  alla 
diverfità  de’fali,  de’ quali  fi  lervivano  i  Gentili  nella  conditura  de’ cadaveri, 

'  entro  a’  quali  ,e  madìme  nel  petto ,  ò  pendenti  al  collo  de’  medefimi ,  tali  imagi- 
'  ni  fi  ponevano.  Rammemorandomi  in  tal  occafione  quello,  che  rapporta  il 
Rondeletio  d’ un  cadavere  intierocondito,c  trafpoi  tato  dall’  Egitto  a  Maifigiia, 
nel  di  cui  torace  furono  ritro/ati  venti  fogli  di  carta  antica  ferirti  con  caratteri 
Arabi,  e  da  niunno  intefi,  benché  vi  fodero  a  relazione  dello  Aedo  autore  alcuni 
Ebrei  d’ Avignone,  i  quali  fi  vantadcrod’ intenderli  col  dire,  che  in  tali  fogli 
flava  regiftrata  la  vita  del  defonto  :  lo  vvenendomi  ancora  ciò ,  che  dice  il  Rei- 
Ionio,  d’aver  veduto  libri  antichi,  Idoli  di  bronzo,  e  molte  altre  luppeliettili 
antiche  ritrovate  in  tali  cadaveri  imbalfamati , indizio,  che  non  lolo  fimili  Ido* 
letti,  <3:  altre  cole  facre  fi  lepellivano  co' cadaveri  de  gli  uomini  cllinti,  ma  an¬ 
cora  altri  differenti  arnefi,  òfpettanti  all’arte,  che  maneggiavano  vivendo,  ò 
corrilpondenti  al  genio,  armi,  e  lettere»  nelle  quali  fodero  flati  famofi,  come 
chiara  teflimonianza  ne  fà  Vitruvio ,  cercando  l’ origine  nell’  arte  architettonica 
dell’ordine  corintico  predo i  Greci ,  dove  con  tal  occafione  accenna  l’ ufanza  di 
fcpellirc  co’  morti  varie  lupelletili  ulatc  da’  medefimi#  mentre  erano  vivi . 

,  5  Da 


L  1  •B  R  0  evinto:  CAP.  XX.  485 

5  Da  molti  rincontri  dunque  emendo  accertati ,  che  le  noftre  imagini  di  terra 
erano  di  quelie,cbei  Gentili  ponevano  entro  a*  cadaveri  conditi  degli  uomini 
eitinti, farà  neceflfariol’ inoltrarli  di  vantaggio  col  vedere  a  qual  Deità  verifi- 
milmente  fi  polTano  riferire,  &  a  qual  fine  fodero  fepellitico’morci  nel  modo 
accennato . 

é  Quefiiveramentefono  due  punti  principali,  e  degni  di  molta  rifleflìonc  ; 
ma  a  me  dà  poco  l’animo  d*  indovinare  cofa  tanto  lontana ,  e  che  già  fepolta  og¬ 
gidì  fi  fcorge  fotto  le  tenebre  d’ una  peregrina  antichità ,  e  maffimcche  i’Aldro- 
vandi,il  Vormio,  ilBavini,&  altri  famofi  autori, avendone  fatta  menzione, 
iono  fiati  lontani  da  quello ,  che  i  curiofi  delie  cole  afirufe  vanno  cercando . 

7  Non  è  dubbio  alcuno ,  che  il  Goropio  più  degli  accennati  autori  fi  è  dila¬ 
tato  in  limile  materia,  attribuendo  ingegnolamente  tali  imagini  al  Dio  Canopo, 
che  trà  gli  altri  fallì  Numi  fù  fiimato  folo  vincitore  del  fuoco ,  principale  Deità 
de’  Perfiani .  Ma  riflettendo  a  quello  ,che  in  tal  propofito  nello  (piegare  la  men- 
ia  Iliaca  s’ imaginò  il  Fignorio ,  parmi,  eh’  egli  più  d’ ogn’alcro  fi  fia  avvicinato 
alle  cole  raccontate  ,  ò  per  meglio  dire ,  favolleggiate ,  da’  Gentili d’ una  tale  lo¬ 
ro  Deità  ^  e  perciò  (limerò  di  poter  dire  col  medelimo  ,che  tali  imagini  rappre- 
ientino  Oro ,  fotto  nome  dei  quale  appunto  gli  Egizii  intefero  il  Mondo  fotto- 
pofio  alle  varie  mutazioni ,  che  di  continuo  in  elfo  fi  oflervano,  e  rnalfime  del  na- 
feere,  e  del  morire ,  Sovvenendomi  quel  tanto  appunto,  che  a  relazione  d’Eu- 
febio  vollero  dinotare  gli  Eg  zìi  neH’efprimereìl  Mondo  co’piedi  uniti,  velli¬ 
to  d’ un  manto  variegato ,  e  col  capo  fofienente  un  globo ,  lignificando  la  fiabi> 
lità ,  r  effere  ftellato  ,  e  la  rotondità  dello  fteffo  jficome  non  farà  lontano  da  ciò 
quello,  che  diffe  Plutarco  d’ Ilide  nell’ aver  ella  reio  Giove  atto  al  moverli ,  già 
che  favoleggiarono  effere  egli  prima  nato  co’ predi  attaccati  infieme,  per  inferi¬ 
re,  che  la  mente  di  Dio  per  propria  natura  fra  le  cole  in  vilibili,  e  nafeofie  fi  mof. 
fealla  generazione  delle  cole.  Vollero  dunque  gli  Egizii  lignificare  col  nome 
d’Oro  il  MondoiC  di  qui  molto  bene  s’intende  quello,  che  riferifee  Plutarco,  fa¬ 
voleggiando  co’  Gentili  d’ Ilide ,  la  quale  ritrovato  nell’  acqua  il  figliuolo  Oro , 
lo  reftituì  in  vita ,  e  Io  refe  immortale  :  dinotando ,  che  la  virtù  generativa  dell’ 
acqua  con  la  Luna  (  intefa  per  Ilide  Regina  delle  cole  fottclunan)  hà  forza- 
di  fecondare  il  Mondo,  e  di  rendere,  per  così  dire,  con  la  continuata ripro-; 
duzione  inimortali  le  cofe,  che  in  elio  fi  offervano .  Quindi  appreffo  la  Gentili¬ 
tà  s*^invigorì  l’opinione,  che  la  Luna,  &  il  Sole  foffero  gli  oci. hi  d’Oro, cor- 
rilpondendo  appunto  ciò  al  vero,  mentre  quelli  due  gran  Luminari  furono 
creati  per  ufo,  e  benefizio  del  Mondo,  il  quale  pure  iùprefo fotto  nome  di 
<^iove,  mentre  Tantichità  fi  perfuafe,  che  il  Sole  poteffe chiamarli  rocchio 
d’ una  tale  Deità ,  overo  la  mente  dello  lleffo,  ò  del  Cielo ,  ò  del  Mondo . 

8  Ma  prima  d’ inoltrarmi  di  vantaggio  nel  difeorrere  intorno  al  nofiro  fimo, 
lacro , filmato rapprefentante Oro, parmi ben  fatto,  ritornando  alquanto  alle 
cofe  di  (opra  motivate  d’Ifide  Egizia,  che  fù  la  Cerere  de’  Greci,  e  che  amendue 
furono  riferite  dall*  una ,  e  dall’  altra  Nazione  alla  fola  Terra,  dinon  traiafeiare 
di  fapere ,  che  fotto  tal  nome  di  Terra  le  accennate  Deità  univerfalmente  non  fi 
comprendevano ,  ma  che  folamente  fi  riferiva  alle  fieffe  quella  parte  di  Terra,  U 
quale  bagnata  dall’  acque  del  Nilo  ,refiava  fecondata ,  e  che  perciò  dall’accop. 
piamento  del  Nilo ,  e  d’ Ilide  folle  nato  Oro ,  dinotante  la  temperanza  dell’aria , 
e  della  Terra,  atta  alla  produzione  delle  cofe  ,*  nel  qual  (enfo  appunto  flimerei , 
che  avelie  parlato  chi  diffe,  che  Oro  nelle  paludi  di  Buri  fùnodrito  da  Latona; 
volendo  dire,che  la  Terra  in  tal  luogo  effendo  maggiormente  atta  a  produrre  de 
gii  umidi  vapori ,  da’  medefimi  la  calidità  dell*  aria  ancora reftaffe  attemperata . 

Ss  5  9  Hò 


Eeet,  e.  3. 


ijib.  2. 
èie  N4t . 
Deer, 

De  Nat. 
Deor.  hb,  3. 


4B6  M  V  S  E  0  C  0  S  P  I  4  N  0 

9  Hò  parimente  (limato  opportuno  di  non  tralafciarc  quello,  che  rifcrifcc 
Diodoro  d’ Ifide ,  creduta  dalla  Gentilità  immortale,  &  inventrice  di  molte  cofc 
fpettanti  aH’aggrandimento  dell’ arte  medicinale  in  particolare  di  rimedii 
opportuni  per  liberare, non  folo  da  malattie  incurabili  gli  uomini, ma  ancora  per 
renderli  imraortali,fra’quali  appunto,  a  relazione  del  medefimo,  reditui  in  vita, 
c refe  immortale  il  figliuolo  Oro ,  che  ritrovò  nell’ acque  dalle  infidie  de’  Titani 
uccifo  :  favorendo  ciò  appunto  alle  cofc  già  motivate  del  nodro  (ìmolacro ,  che 
rapprefcntante  Oro,  Deità  de  gli  Egizii,ad  un  tal  fine  veniva  forfè  dalla  Gentili¬ 
tà  entro  a’  cadaveri  conditi  de  gli  uomini  edintiripodo;  volendo  in  tal  modo 
far  cooofcere ,  che  quei  cadaveri  erano  bensì  d’  uomini  morti, ma  che  conditi  fi 
raccomandavano  ad  una  tale  Deità  con  lafperanza,  che  in  eda  avevano  di  po¬ 
ter’  edere  a  fimilitudine  della  medefima  redituiti  alla  vita,  e  refi  immortali. 
Figurandotqi  appunto  ,  che  forfè  i  Gentili  ponelTero  nella  mano  Anidra-. 
d’una  tale,  da  loro  fimolata  Deità,  la  falce  perfignificarc  la  preceduta  mor» 
ie,deilcaaedrofattodigiunchi,  ò  di  foglie  di  palma  (arbore tenuto facro  da 
gli  Egizii  )  per  modrarc ,  che  confcrvavano  ancora  le  cofe  fpettanti  alla  vita  pall¬ 
iata  ,  dimandole  bifognevoli  per  la  futura,  la  quale  fperando,  &attendendo  vol¬ 
lero  forfè  dinotarla  coll'  Alfa,  ò  fia  una  piramide ,  poda  nella  delira  mano  d’ una 
tale  imagine,  accennando  appunto  il  principio  della  futura  vita ,  che  credevano 
di  confeguire ,  indrizzandofi  in  tal  modo ,  coll'  elTempio  di  Oro ,  all’  eternità . 

DE  GLI  DII  GRECI-  E  LATINI. 

i 

Conti nua'ì(^one  àcU'  Opera, 

I  là  che  di  fopra  abbiamo  a  badanza  difeorfo  de  gli  Dii  dell*  Afia ,  c  del* 

VJ  1’  Egitto ,  c  che  l’ ordine  dei  Mufeo  ci  conduce  alla  riflcfiìone  di  quei 
delia  Grecia ,  e  del  Lazio ,  in  tal  ptopofico  è  dà  (opporli ,  che  i  Greci  »  e  i  Roma¬ 
ni  in  tré  generi  di  Dii  didinguelfero  ìt  loro  venerabili  Deità . 

a  Conliderarono  io  primo  luogo  gli  Dii  celedi ,  confentes  yfelelti,  dr  ma\o» 
rum  gentium  vocati .  : 

3  Hiceuerono  in  fecondo  luogo  gl’  Indigetj,  i  quali ,  fe  bene  furono  uomini, 
per  l’autorità  nondimeno,  e  per  la  potenza,  &  utile,  che  arrecarono  al  Mondo, 
dimarpnfi  degni  della  divinità,  onde  Cicerone:  fufeepit  autem  vita  hominuró, 
Ó"  confuetudo  communis,  ut  beneficiis  ttccellentes  viros  ad  C<rtum  fiama^  dr  vo¬ 
luntate  tollerent ,  che  appunto  dallo  dedo,  adferiptitii  ^  e  da  altri,  minorutn^ 
genttum,  furono  detti. 

4  E  finalmente  apprelTo  la  Gentilità  fi  reputarono  Dii  quelle  cofe,  dello 
quali  gli  uomini  pregiandofi ,  e  lodandole  ,da’medcfimi  furono  tenute  per  di¬ 
vine  ,  come  la  Pietà,  la  Fede ,  la  Prudenza ,  e  fimiglianti  virtù  degne  di  lode . 

5  Eperchetrà  gli  Dii  celedi ,  confentes  dilli ^  quia  in  eot  tjuod  gerendum^ 
eli  eenfentientes  fiat ,  àpprelTo  le  mentovate  Nazioni  ebbe  il  primo  luogo  Gio¬ 
ve  ,  di  quedi  ora  ragioneremo ,  tanto  più  che  ci  porge  tal  obbligo  un  Siraolacro 
di  bronzo,  che  nel  Mufeo  fi  conferva,  barbato,  e  tutto  ignudo ,  e  colla  dedra  al¬ 
zata  inatto  di  vibrare  un  fulmine  impugnato,  rapprefentativp  di  Giove,  del 
quale  Iene  dà  la  prefente  Imagine. 


Della 


LIBRO  l  N  T  0.  CAP.  XXL  487 

Della  Statoa  di  Giove  ^ 

Cap,  XXI. 

I  A  Dogo’ uno  è  noto,  che  innumerabili, 
per  così  dire ,  furono  gli  D»i  di  tal  no¬ 
me  apprcOb  la  Gentilità ,  la  quale  appunto  fot- 
to  così  famofo  nome  volJe  comprendere ,  c_» 
chiamare  tutti  quei  Rè ,  e  Principi ,  che  per  po¬ 
tenza^  e  per  autorità  aveffero  avanzato qualfi- 
VGglia  altro  Potentato  ;  laonde  non  fù  Secolo , 
che  nona vefle avuto  il  fuo  particolar  Giove, 
nè  Nazione,  che  non  fi  folte  pregiata  d' aver 
nodrita  così  famofa  Deità .  Con  tutto  ciò  tut¬ 
te  le  azioni  ò  buone,  òtrifte  ,  che  fi  attribui¬ 
rono  a  quegli  Eroi,  che  tal  nome  meritarono, 
tutte  fi  riferirono  ad  unfolGioue,  che  fù  per 
l’appunto  quel  cotanto  decantato  da’Poeti  per  , 
figliuolo  di  Saturno,  c  di  Opi,  n  ato  in  Cand!a,e 
di  nafcofto,  e  lenza  faputa  del  Padre  da’ Cureti 
allevato  nel  Monte  Ida,  e  di  cui  appunto  s’ in¬ 
tende  in  propofito  del  nofiroSimolacro  darne 
ora  qualche  racconto . 

z  -Di  quanta  ftima  appreffo  de’Gentili  folle 
così  mendace  Nume,  ben  fi  comprende  da’ti- 
toli ,  chegli  dierono  di  ottimo,  di  mafiìmo, 
d’onnipotente,  di  padre  de  gli  Dii ,  e  di  confer- 
vatore  di  tutte  le  cofe ,  come  efpreffe  Varrone  ; 

Itipiter  omnipotens  y  rerttm ,  regttmque ,  Deumque 
Progenitor ,  genitrixque  Deum ,  Deus  unus  &  omnes . 

Quindi  parmi ,  che  la  Gentilità  prendclTe  motivo  di  figurarlo mezo  ignudo, 
cioè  dalla  parte  fuperiore,  e  dalla  metàin  giù  tutto  coperto  da  un  manto,  per 
dinotare,  che  alle  fole  anime  pure ,  fpiritofe ,  e  celefti  conveniva  il  vedere  la  na¬ 
tura  di  un  Dio  cosi  grande,  il  quale  pure  doveva  refiar  coperto^  &  ignotoa 
quelli ,  eh’ erano  immerfi  nelle  cofe  bade  >  c  terrene , 

3  E  perche  non  fù  Nazione  j  come  diflì  ,  che  non  fi  pregialje  d’avere  il  fuo 
Giove,  da  ciò  nacque  Toccafione  di  figurar  lo  in  varii  modi,  e  maifimamente 
per  dinotarci  varii  eifetti,jche  fi  ftimavano  provenire  da  si  famofa  Deità.  E 
vaglia  il  vero  vi  fuchi  lo  figurò  cieco, per  far  conofcerei  che,  ficome  era  egli 
Rimato  il  Principe  de  gli  Dii,  a  guifaputede’  Principi  non  dovea  foggiacere 
alle palfioni d’odio,  c  d’amore.  Altri,  per  dinotare  l’impero,  che  tal  Deità 
aveva  del  Ciclo ,  del  Mare ,  e  de  gli  Abiflì ,  lo  pinfe  con  tré  occhi  ;  ficome  al¬ 
cuni  lo  formarono  fenza  orecchie,  e  ciò  come  dille  Plutarco,  quia  Principis^  Delfidt^&> 
non  eB  uni  magis  aurem  pr  abere  ^  quam  alteri'.  Altri  fenza  mani,  come  coftur  Qfiride- 
!  maronoiìTebani,  a  tikùtedeWoRcRoaVitovCi  ut ^gnificarefur»  Principes  non- 
\<debere  mtanus  ad  dona  accipienda  faciles  habere  ;  &  altri  fedente  in  maefipfo 
Soglio,  pècdirtotare  la  quiete  d’animo,  che  fi  richiede  nel  Governante,  e  per 
i  efjprimere  il  perpetuo,  &  immutabile  governo  del  Mondo,  che  fi  attribuiva  ad 
I  un  Giove , fidi  curSimolacro  fù  pure  da  Fidia ,  non  fenza  mifìero:^ 'figurato  fe- 
!  dente ,  ma  di  talé  grandezza ,  che  rizzandoli  in  piedi ,  a  riferire  di  Strabone , 

>  tem- 


t 


48*  M  V  S  E  0  0  S  V  ì  A  n  0 

la  Vili.  templum  ejìet  tecio  nudaturus  ;  e  ciò  appunto  per  far  conofcerc  rimmenfa»  & 
inconiprenfibilegrandezzad’ una  tale  Deità. 

4  Sono  ragguardevoli  le  Medaglie  di  Nerone,  e  d’Antonino,  neirovefeio 
delle  quali  ftà  (colpito  Giove  fulminante ,  e  colle  infcrizioni ,  &  attributi  di  cu- 
ftode ,  e  di  confervatore  :  rammemorandomi ,  che  Paufania  lo  fi  vendicatore, 
per  avere  in  amendue  le  mani  il  fulmine;  cfovvencndomi,  che  altri  Jo  figura* 
rono  coir  Aquila ,  colla  Vittoria ,  e  collo  Scettro  nelle  mani  per  far  conofeere , 
che  la  Reginadegli  vccelli  doveva eifere collocata  nelle  manidei  Róde’  Regi , 
e  che  la  Vittoria  fi  doveva  riconofeere  dal  Sommo  Iddio,  e  che  lo  Scettro  dino¬ 
tava  la  porcftà,  che  fi  Rimava  aver  Giove  fopra  gli  uomini ,  e  (opra  gli  Dii. 

5  Confiderabili  fono  le  Medaglie  di  bronzo  di  Augufto ,  e  di  Antonino  Pio, 
©r/^  Edig.  rapportate  dal  Coulio ,  d  ovefonoleimaginidella Saetta,  òdelfulmine  della^ 
de' Etmani.  Deità , della  quale  fi  ragiona , raccordando  il  mentovato  autore,  che  i  Gentili 

veneravano  tra  gli  altri  arnefi  di  Giove  la  di  lui  Saetta,  1’ imagine  della  quale 
veniva  confecrata  dal  gran  Pontefice ,  (limando , che  in  virtù  di  quella  il  Popo¬ 
lo ,  e  le  biade  rcftalTero  afficurati  da’  fulmini ,  e  dalle  tempefte  del  Ciclo . 

6  Coftumarono  poi  i  Gentili  d’ornare  le  tempia  di  sì  riverito  Nume  con_. 
fcrto  d’oro,  per  dinotare  la  di  lui  grandezza:  di  coronarlo  di  quercia,  per  ef¬ 
fere  quello  arbore  confccrato  a  quel  Dio ,  il  quale  fù  (limato  autore  di  vita,  già 
che  dalla  quercia  a  principio  ebbero  il  cibo,  &  il  vivere  i  mortali;  meritando 
perciò  una  tal  corona  quei  cittadini ,  i  quali  (  come  autori  di  vita  )  avelTero  fal- 
vatounfuo  concittadino:  e  di  ponervi  la  corona  d’olivo,  pereifercarboro 
Icmpre  verde,  e  di  grande  utile  al  genere  umano;  al  qual  fine  appunto  ufarono 
ancora  di  confecrarli  tutti  gli  arbori  glandiferi,  e  d’ offerirli  in  facrificio  il  ca¬ 
vallo,  il  bue,  il  becco,  e  la  pecora  come  animali  di  grande  utilità;  non  trala- 
feiando  di  dire ,  che  anche  il  porco  fù  dedicato  a  Giove ,  e  facrificato  al  medefiT 

rer^.n.  mo  in  tempo  di  (labilire  la  pace,  come  efprede  il  Poeta: 

Po  fi  iiàem  inter  fé  pojìto  certamine  Reges 
'  Armati  Uvis  ante  arast  paterafque  tenentes 
Stabant  i  0“  cafa  \tingebant  fadera  porca, 
coftumanza  originata  in  Candia  (  patria  di  Giove  )  e  trasferita  ad  altre  Nazioni 
in  memoria 'del  nafeimento  di  così  famofa  Deità,  la  quale  bambina  riconobbe 
da  una  tal  befliala  vita ,  a  vvegnache  il  grugnir  del  medefimo  animale  cagionaf- 
fe^,  che  i  vagiti  di  Giove  bambino  non  follerò  uditi  da!  padre,  che  de’ proprii  fi¬ 
gliuoli  fù  barbaro  divoratore.  J 

7  Ma  fuperfluo  parmi  in  quello  luogo  il  riferir  d’avantaggio fopra  fimilo 
Deità,  della  quale  tanto  diffufamente  ftà  fcrittoappreffo  tutti  i  Mitologi;  eba- 
ftami  r  avere  fupcfficialmente  toccate  le  fudérte  cofe ,  perche  con  molta  proba¬ 
bilità  fi  ravvifi  il  qui  delineato  impronroper  uno  di^quei  vani  Simoiacri,  (ot¬ 
to  de’quali  fù  riverita  nel  Lazio  la  fudetta  Deità .  i 

:  .  Imagine  di  Apollo.  -  ^  >  t 

Cap.  XXII.  •  ■ 

•.  T  ‘  -, 

I  A  L  defÉritto  Simolacro  di  Giove  fuccede  il  qui  delineato,  eh’ è  di  bronzo, 
c  che  mi  pare  rapprefentativò  d’ApoIlo  da  gli  antichi  creduto  figliuola 
della  lopraccennata  Deità .  E  benché  più  volte  io  fia  flato  dubbiofo ,  le  doveva 
dargli  tal  nome, da  gl’ indizi!  nondimeno,  che  mi  hà  dato  Guglielmo  Coulio 
Delia  Relig.  Col  dire, che.qualche  volta  ancorata!  Nume  veniva  figurato  colla  vede  lunga  fi- 
d«'Rtman$,  no  a’ piedi,  e  cofl  Una  tazza  nelle  mani  (oltre  il  capo  radiato)  me  nc  lon  refo. 

certo; 


1* 

caf^  17. 


LIBRO  l  N  T  0,  CAB,  XXÌl  489 

certo  j  e  pere  iò ,  fe  Apollo  fù  lo  ftello,  che  il  Sole, 
dirò,  ch’egli  fù  Deità  altrettanto ,  e  più  ancora 
del  mentovato  Giove ,  da’  Gentili  (limata  adora¬ 
bile}  e  ciò  non  già  con  intenzione  di  confondere 
le  De  ita  Greche ,  e  Romane  con  quelle  delle  ftra- 
niore  Nazioni,  le  quali  ebbero  per  primiero  Nu¬ 
me,  come  altrove  accennai,  il  Sole  j  ma  bensì  col 
fondamento  di  Macrobio ,  che  dille ,  diverfas  vir- 
tutes  Solis  nomina,  Diis  dedijfe  :  8c  altrove  ;  ap- 
pelUtioms  Beortm  ad  Solem  certa  arcana  ra> 
itone  re  ferri .  Laonde,  fe  faremo  riflclfione  ad 
Apollo ,  che  fù  lo  Hello ,  che  Febo ,  e  che  il  Sole , 
e  fe  conlìderaremo  i  natali  di  una  tale  Deità ,  che 
fù  creduta  partodi  Giove,  edi  Latona,  intende¬ 
remo  il  fenfo  della  Gentilità,  e  quello ,  che  diflero 
i  Platonici  nel  riferirli  a  Giove  Tartilicio  del  Mon¬ 
do,  &  a  Latona  la  materia  dell*  univerlo;  cioè 
quod  rudis  illa  ,  indigejlaqi  moles  innumeris  la^ 
tuit  feculis  ,  ufque  dum  Mundi  ille  Architecius , 
omnibus  in  orbem  redalìis ,fngulis  fuum tribuerit  ^erwri&aciòcorrifponderà 
quello,  che  d'ile  Tullio,  quando  ad  Apodo  allegoò  per  patria  Deio,  J'haw 
enim  efi  manifeUtts ,,  quia  Sol  luce  fua  amnia  fecerit  manifeUa ,  ac  confpicua, 

2  Furono  dipinte  le  imagini  d’ Apollo  con  bella  faccia ,  d’ alpetto  giovanile, 
c  colla  capigliatura  in  forma  di  raggi ,  per  dinotare ,  che  il  Sole  non  diviene  iru* 
alcun  tempo, nè  per  fatica  alcuna  mai  vecchio,  e  come  dille  il  Volfio  ,  quia  no-  De  Moki, 
vus,  ac  \uvenis  femper  renafeitur ,  Eoque,  ut  pueritia  capillata  effe  folet^  etiam 
ialis  fingitur  Apollo  ,eb  ju^iùs  y  quia  radii  eius  ciaillorum  quos  de  fe  fpargity 
effigiem  prabent  ;  e  perciò  da’  Greci  fù  detto  intonfus,  ò  pure  naptf pdfoty 

quafì  aléns  capillos yf ve  crinitus ,  collumaodoii  per  l’appuoto  in  Atene  da’fan^ 
ciulli ,  e  da  quei,  che  ufeivano  dall’  età  puerile,  di  portarfi  in  Delfo  ad  offerire  le 
chiome  in  tributo  ad  Apollo,  onde  Marziale 

Hos  libi ,  Phcebe ,  vovet  totos  à  vertice  crines 
Encolpus  ,  domini  Centurionis  amor . 

fìcome  fù  detto  «iwa-oJtoVwf  per  lo  color  d’oro  del  Sole,  coll’ attribui¬ 

re  ad  Apollo  l’ arco,  i..  laretra ,  &  ogn’  altra  cola  d’oro  ;  arnefi  pure ,  che  per  al¬ 
tro  non  furono  ftimati  proprii  d’ una  tale  Deita  ,che  per  dinotare  i  varii  effetti , 
i  quali  produceva  il  Sole  in  quello  Globo  terreno  :  lìcomefù  creduto  inventore 
della  Medicina,  perche  dal  Sole  dipende  la  generazione  delle  piante,  le  quali 
maggiormente  crefeono ,  e  fono  di  maggior  virtù  ne’  luoghi  aprici ,  che  ne’  pa* 
ludolì,  &  ombrolì;  ad  un  tal  fine  ancora  venendo  (limato  inventore  dell’arte 
divinatoria ,  e  prefidente  de  gl’  indovini ,  e  malli  me,  perche  il  Sole ,  che  fù  detto 
l’occhio  di  Giove,  non  loio  vede  tutte  le  cole  aperte,  ma  ancora  le  olcure: 

Sol  enint  omnia  illufirat  y  ut  non  alter  Deorum  juBius  crederetur  y  caligine  men¬ 
tibus  pulsa  humanis  y  pr  affilar  e  y  ut  videant  maxime  occulta-,  aflegnandoli  per¬ 
ciò  ilcripodepcrdinocare  lacognizione,  ch’egli  hà  delle  cole  pallate,  delle* 
prefenti ,  e  delle  future  ,•  &  attribuendoli  l’invenzione  della  Lira ,  c  della  Poea 
fica ,  per  fignificarc  quella  loave  armonia ,  la  quale  i  Pitagorici ,  &  i  Platonici  li 
perfuaderono  nalcente  dal  moto  delle  eelclli  Sfere ,  onde  nel  lenfo  de’medefirai 
difl'e  il  mentovato  yquod  Sol  motus  moderando  fydereos ,  credatur  fuaviffi- 
mtim  edere  concentum .  lalomma  in  paragone  a  gli  effetti ,  che  produceva  il  Sole, 

la 


’U.  Vùffi  Uè. 
2»  12« 


ibidem  i 


4Po 


M'V  S  B  0  CO  SPIANO 


là  Gentilità  formò  le  imagini  ad  Apollo,  e  gli  attribuì  gli  accennati  ritrova¬ 
menti  i  ficomc  al  medcfimo  fine  feppero  di  cflo  i  Poeti  con  iorama  facilità  favo¬ 
leggiare  quel  tanto,  che  io  ora  per  brevità  tralafcio  ,  riducendomi  folamcntea 
dire, che  il  nomed’  Apollo  fù  qualche  volta  ancora  inttfo  per  principio d* ogni 
male, e  per  genio  cattivo ,  coll’ invocarlo  la  Gentilità  ad  effetto  di  non  foggia- 
cere  a‘  danni ,  che  ne  paventava ,  venendoli  pure  a  tal  fine,  in  fencenza  di  Servio, 
fff/.  K.  adegnate  le  faettc,  quibus  infernus  T>eus  t  &  noxius  ]udicaretur\  chiamandolo 
perciòOmeroautoresìdifalutc,comedipeftilenza;alche,s’iononerro,po- 
tria  riferirli,  ciò  che  in  propofito  de  gli  Africani  dille  Mela,  riguardando  a  gli 
Lih,i,  f.71  effetti  cattivi ,  che  in  quei  paefi  produce  il  Sole  :  SoUm  execrantur ,  &  dìcm  ori- 
tur  ^  &  dum  occidit  ì  ut  ipjts  agrifque  feHiferum, 

3  Ma  troppo  longo  farei  jicvolcffì  dire  tutto  ciò,  che  fcriffero  gli  autori  di 
Apollo,  come  a  dire,  che  fù  coronato  di  lauro,  che  gli  furono  dedicati  il  gia¬ 
cinto  ,  e  i’  olivo  :  confecrati  il  lupo ,  il  cigno,  la  cicala ,  lo  fparvierc ,  il  corvo,  & 
il  ferpentc  ;  che  fe  gli  offerirono  in  facrificio  la  pecora ,  &  il  toro ,  e  che  fc  gli  at¬ 
tribuirono  tante  altre  cofe  in  riguardo  appunto  a  gli  effetti  del  Sole ,  di  cui  fù  fi¬ 
gura,  come  chi  eruditamente  ne  fcriffe  hà  faputo  darne  i  veri  rinetntri . 

Imagini  dì  Mercurio. 

:  Cap.  XXllI. 


I  frodici  ftimaroi^ 
no  gridola- 
tri,  che  fodero  gli  Dii 
confenti;  fei  mafehii , 
&  altrettanti  femine  . 
Tra  il  numero  de’  maf¬ 
ehii  l’ ultimo  luogo  eb¬ 
be  Mercurio.  E  ben¬ 
ché  ,  a  riferir  di  Tullio, 
di  tal  nome  appreffo 
de’  Gentili  fodero  mol¬ 
ti  Mercurii  ,  tra’  Gre¬ 
ci  nondimeno  fi  (limò 
per  lo  più  rinomato  il 
Nipote  del  grando 
Atlante,  e  diPIejone, 
di  cui  Ovidio. 


3.  de  fiat, 
heorum  .j 


?  aride'. 


Conli  hit  ante  oculos  aélus  velocibus  alis 
Atlantis  Magni ,  Ple']onef que  nepos  , 
deaqueffo  attribuirono  le  ambafeerie,  loffabilire  la  pace,  la  lira,  la  paleffra, 
la  mercatura ,  ed  i  ladronecci. 

•  3  Di  tal  mendace  Deità  molte  fono  le  imagini  di  bronzo ,  che  fi  confervano 
nel  Mufeo.trà  le  quali  una  per  a  vere  le  ali  (oltre  le  confuete  fopra  deH’orecchie  ) 
nella  fommità della beretta,  ò cappello  (petalo  detto)  tiene  un  gran  pennac¬ 
chio  ,  che  da  quello  pendente  cade  su  ’l  dorfo  ;  e  l’ altre  fono  ragguardevoli ,  per 
^  avere  l’ali  al  capo,  la  verga  aliata,  la  boria,  il  Becco  a’ piedi,  &  il  manto  nella 
forma,che  ne  accennano  gl’intagli. 

I  Qui 


L  t  B  R  0  ^  N  t  a.  e:4Pi  xxm.  4n 

-  '5  '®  moti  vafliìk  ragioni, 

per leqQaUgUanticbiiatai modo  figuravero  iinataie 
ioró  pcità»  per  elfcread  ogu*  uoo  Ipice  n(«e ..  Con  tut¬ 
to  ciò)  nonvógliatrafófctar  di  accenua^e^ebe  >  fe  Mer¬ 
curio  iù  creduto  Mdiaggiero ,  c  Secretario  de  gli  fìii , 
ai  medefima  bea  fi  dovevano  le  meacoyate  alisi  per 
eieguirecon  velocità  i  comandi  di  chi  doveva  ubbidi¬ 
re  ,  coèae  perebe  (  efiendo  forfc  al i  fimiglknti  a  quel- 
kdeiiaiparvierc  )  appunto  ad  un’  ambalciadore.,  e  fe^ 
gretario  degli  ^affari  degli  Dii  fi  conveaivano ,  giufta 
iJ  fentimento  di  Diodoro  ;  ^afropjcr  liter arum  fur 
erarum  fcriptoret,  &  punte eum  pileum  gefiant ,  d* 
tipitris  slam’  m  capite  v  rderéadofi  perì,  appunto  Uri* 
troyamento  delle  lettere  ^  c  della  lira,  &;  il  cappello 
pollo  nel  capo  di  tal  Deità  >  a*  principali  feopi  de’  buo¬ 
ni  ambalciadori  di  governarli  nelle  loro  facendo  (e- 
grecamente  »  e  d’ efprimére  le  loro  ambafeiate  con  bel¬ 
la  >  e  dolce  orazione  iconlaceodofi  parimente  il  manto 
attorno  a’Simolacri  ditale  Deità  ( che  pure  venne  for* 
mata  con  faccia  giovanile)  per  dinotare»  che  con  ve-, 
oeodofi  ad  Un  tal  meVaggiero  il  portarli  con  celerità  e 
per  loCielo  »e  perla  Terra ,  le  gli  richiedeva  »  e  iaro- 
bullezza  della  complellìone,  e  il  riparo  contra  qual- 
livoglia  ingiuria  del  tempo.  11  che  veramente  fà  co¬ 
no/cere. la  pazzia  de’ Gentili,  che  facendo  i  loro  Dii 
foggettiallepallìoni,  &  a’difagi  umani»  in  lai  modo 
gli  allontanavano  dall’ edere  divino, 

4  Et  in  vero  io  capifco»che  Mercurio  fodefigatato 
fenza  mani,  e  lenza  piedi»  e  folamentc,  cum  veretro 
rigido^  &  intento,  per  dinotare»  che»  ficome  dallo 
patti  dedinate  alla  generazione  dipende  la  fecondità  » 
cosi  ancora  dall’uomo  prudente»  e  facondo  deriva  l’orazione  nervofa»  &  ab¬ 
bondante  d’eloquenza  :  eam  oh  caufam  Mercurium  Senioret  line  manibus ,  é' 
pedibus  rigente  f afeino  fingunt,  eo  quòd  emnem  rem  fermone  fine  manibus  confio 
dant  :  ficome  comprendo ,  che  da’  Latini  Mercurius  fode  detto  à  mercibus  »  c 
che  da’ Greci  fi  dicede  cioè  interprete  »  ò  torcimanno»  e  Dio  della  merca¬ 
tura  per  edere  le  parole  mezane  a  far  comprare  »  e  vendere  le  cole  :  e  che  tenef- 
fe  nelle  mani  la  boria  per  accennare,  ch’egli  era  il  prefidente  de’ Mercanti»  i 
quali  mi  lutano  k  cole  col  guadagno  :  e  che  parimente  portade  per  inlegna  par¬ 
ticolare  il  caduceo  per  annunciare  la  pace:  e  che  tali  attributi  potederoavcrc 
qualche  relazione  a  chi  »  in  lentenza  della  Gentilità»  partecipava  della  natura 
divina  ima  non  poVo  imaginarmi»  cóme  follerò  propriid’ un  Dio  gli  adulterii» 
già  che  fù  detto ,  che  il  Becco  folle  alfegnato  percuhodia  di  Mercurio  in  memo* 
ria  d’ un  tal  misfatto  »  quando  egli  innamorato  di  Penelope  »  la  quale  non  volle 
acconleotircalle  di  lui  sfrenate  voglie,  lotto  le  forme  d’ una  tal  bellia  eumdem 
compreffit,  dalla  qualeappunto  nacque  il  mofirnolo  parto  del  Dio  Pane  »  chea 
riferire  di  Luciano  comuu  habebat,  nafum  talem,  ér  harbam  hirtum  »  podes_ 
bifidos  »  hhgimfifue ,  praterea  ^  caudam  fuper  natibus . 

5  E  certamente  troppo  ridicole  larebbono  date  così  fatte  Deità,  le  non  auef% 
fero  avuto  qualche  fimbolica  relazione  alle  cole  de’ Cieli»  e  mafiìin^nien^eal 

Sole» 


c» 


Plutar.de 
frectp  Reif. 
gerenda, 
Cou/.dells 
PeUg.de*  He. 
mam , 


Pigner.mèf, 

Jfiac. 

Luctanut  in 
D*ahg.  Pa. 
VtiiSr'^Meri 
'Jn 

Panis ,  & 
Mercurii . 


LùcUnuj 

ÀijtJirU0s> 


Z.ib.  2.  d0 
n*t.  Usar» 
Itb.  y 


Lih.  r.  Sat^ 


Zib,  t. 


A9Ì  m  s  è  ò  €  0  S  P  I  a  H  a  ’ 

Sole,  alla  Luna,  &  alle  (Ielle,  primieri  numi  ricevuti  (otto  culto divÌQoda!! 
gl’idolatri  :  (ovvenendomi  appunto ,  che  il  mentovato  Luciano(  oelracconta- 
re,  ch’egli  fi  l’ origine  della  Urologia,  la  quale  effendo  prirateramentc  pallata 
da  gli  Etiopi  a  gli  Egizii ,  avanzatali  però  (empre  più  nella  Libià>è  dipenderò, 
che  I  Greci  non  fodero  ammaeftrati  in  tal  profcffionc  da  gli  Etiopi , 'nè  meno  da 
gli  Egizii  ;  ma  che  Orfeo  folte  quegli ,  che  a  così  celebre  Nazionè  iniegnallc  tal 
arte;  ma  però  con  modo  confuto,  ofcuro,&  affai  diverlo  da  gli  accennati. 
vero^  Grdci,  me  ab  JEthiopihus  ^  nec  Mgyptih  de  Aerologia  qmequam  audierunt) 
•verum  idis  Orpheus  JEAgrOy  Calliopeque  prognatus  primus  iti  a  modravit  ;  nan^ 
ille  quidem  admodum  dilucide  y  neque  rem  clare  docuit  y  .fed  prtjligiis  ,  ac  my» 
Hicis  involucris  obtexens.  Dal  che ,  a  mio  credere,  i  Poeti  (ò  chi  fi  foffe  altro 
della  Grecia)  prefero  motivo  di  favoleggiare  tante  cofe  intorno  allaprcfentc 
Deità  in  paragone  appuntoa  gli  effetti ,  che  fuppofero  dipendenti  dalla  Itclla  di 
Mercurio  nel  raggirarli  ella  intorno  al  Sole  continuatamente  ;  imperoche ,  lìco- 
fne  cosi  errante,  &  inflabile  (Iella  hà  per  centro  del  (uo  moto  il  Principe  de’  Pia¬ 
neti  .così  non  crederei  improbabile,  che  la  Greca  Gentilità  con  un  tal  rifpetto 
aveffe  favoleggiato ,  che  Mercurio  foffe  il  Nunzio ,  e  Segretario  de  gli  Dii  :  «.« 
che  parimente  dall’  offer  vare ,  che  quello  pianeta  foffe  indifferente  nel  feguire  la 
natura  di  quella  (Iella ,  alia  quale  foffe  congiunto ,  ò  di  alpctto  la  rifguardaffc , 
òdi  quel  legno,  in  cui  fi  ritrovaffe,  lodiceffero  ora  prefidente  de’ladri  con  Sa¬ 
turno  ,  meffaggiero  della  guerra  con  Marte ,  nunzio  della  pace  conGiove  j  Dio 
de’  mercanti  in  alpctto  felice  con  Saturno.eloquente  unito  a  llclle  di  natura  Ve* 
nerce ,  c. conformi  al  di  lui  temperamento  ,•  adultero  congiunto  a  Venere  ,&  of- 
fefo  da’  malefici  ;  c  ne’  legni  d' Ariete ,  Toro ,  &  altri ,  varii ,  e  diverfi  effetti  pro- 
duceffe  in  riguardo  alle  influenze  .che  credevano  derivaffero  dall’  appjicazionc 
di  una  tale  (Iella  ali’  altre  (Ielle  del  Cielo . 

Imagine  di  Venere . 

Cap.  XXIV. 

t  T)  Erche  gli  antichi  folevano  cogiugnere  infieme  le  Statue  di  Venere ,  e  di 

ET  Mercurio  per  far  conofeere,  che  gli  amorofi  congiungimenti  anno  dxbr- 
fogno  di  trattenimenti  dolci ,  e  foavi ,  c  di  parole  piacevoli ,  perche  quefte  fan* 
no  (peffo  nafeere ,  e  confervano  amore  tra  le  perlone  ;  aneli’  io  ad  imitazione  de* 
medefimi  hò  llimato  ben  fatto  di  aggiugnere  alle  delcritte  imagini  di  Mercurio 
quella  d’ una  Venere ,  la  quale ,  oltre  alle  altre  di  bronzo,  fi  conferva  nel  Mufeo 
da  perito  artefice  fabricata . 

2  Fù  Venere  llimata  Dea  de  gli  amori ,  delle  grazie,  della  bellezza ,  delle  de¬ 
lizie,  e  de’ piaceri.  E  benché  fi  perfuadeffe  Cicerone  ,  che  Venus y  à  veniendo ^ 
prcndeffe  ilnome,  qubd  ad  omnes  res  onde  Arnobio  :  Veneris  nomen  li¬ 

bidinis  per  cunlia  animantia  diffufax  t  voleffero  i  Greci , che  tal  Deità  ,  che  da 
iorofù  cni amata  derivafle  ab  àCpity  &  cioè  à  vita  mollitie  \  ò 

pure 4^  difit y  nempe  d  fpumay  dalla  quale  fi  dille  roffe  nata.  E*  nondimeno 
manifclto ,  clic  que  to  nome  di  Venere  non  hà  derivazi  one  da  nome  greco .  uè 
latino.facendonerarateltim-mianzaMacrobio,  dicendo  :  Venens  nomeny  ne 
fub  regibus  quidem  apud  Romanos  yvel  latinum  yvel  gracum  fuiffex  inclinando 
percio  il  Vo;fio  effere  tal  nome  'Iraniero  ,  e  che  introdotto  nel  Lazio  da’  Tolca» 
ni, quelli  l’ avellerò  apprefo da  gli  Alfirii  .derivato  dalla  voce  benotyt  benos  y  o 
che  vuol  dire  tabernacolo,  luogo  appunto .  nel  quale  fi  dedicavano  le 
vergini  a  Vcocrc ,  riferendo  a  talpropofico  Erodoto .  che  le  Donzelle  Afliric , 

Babilo- 


libro  4  ?*  /  n  r  0.  CAP.  xxif'.  493 

lib. }. 
C«B‘  i»* 


ora  fotto  quello  d’ A  vverlatrice>  per  dar  a  conofeere  quella^  che  renefle  lontani 
gli  animi  da  gl’  impudici  amori  ;  con  tutto  ciò  pare ,  che  Ja  maggior  parte  de  gli 
Scrittori ,  e  de’  Poeti  lotto  un  folo  nome  di  Venere  abbiano  comprefo  tanto  gli 
amori  leciti,  quanto  gl’illeciti:  dipingendo  appunto  quella  Dea  a  tal  fine  di 
forma  bella ,  c  giovanile ,  e  per  Io  più  ignuda ,  &  ora  (tante  in  una  bella  concaL, 
nanna ,  ora  lorgente  dal  mare ,  ora  in  un  carro  tirato  da  Cigni ,  e  da  Colombe , 
ora  accompagnata  dagli  Amori,  dall’ Ore,  e  dalle  Grazie:  tal  ora  ledente  (opra 
un  Capro, ora  armata,  ora  co’  ceppi  a’  piedi,  &  ora  colla  teftuggine  lotto  medefi- 
mi  :  lacrificandolc  il  Porco ,  e’I  Toro ,  e  dedicandole  le  pallere,  le  colombe ,  i  ci¬ 
gni,  le  rolc,c  il  mirto:  e  per  tempo  a  lei  (acro  affegnandole  il  Mele  d’ Aprile; 
cole  tutte  corrilpondenti  a  gli  amori  pudici ,  &  impudici ,  e  dinotanti  la  genera¬ 
zione,  e  il  tempo  a  ciò  opportuno,  riferire  alla  Dea ,  di  cui  fi  ragiona. 

5  Ma  prima  di  far  paffaggio  alla  rifleffione  d’ altre  Imagini,  che  lono  nel  Mu- 
feo ,  parrai  d’avverrire ,  che  anche  fono  il  nome  di  Venere  quei  di  Cipri  adorai» 
fero  l’amica  (ò  folle  la  concubina)  di  Cinara,  loro  Rè,  il  quale  appunto  fù  il 
primo ,  che  volle ,  che  quella  Venere  di  Cipri  folle  connumerata  tra  gli  Dii .  Se 
bene  lono  alcuni,!  quali  vogliono,  chetai  impudica  Deità  non  foflc  moglie, 
nè  meno  concubina  dell’ accennato  Signore;  mabensì.chefofferolepartige- 
nitalidclroedefimo,  dando  ciòa  divedere  le  fede  ,checolà  ficoltumavanoatal 

effetto:  quarum  participes  pro  Bipe  collatx  phallis  donabantur  ^  C  tra  le  cole  la-  Pstrtn.ArL 
crefimoftravanoillalc,  &  ifalli. 

6  Ma  le  quella  Deità,  come  accennai  di  (opra,  fi  riferì  alla  Luna  tanto  per 
Tanalogia,  ch’eilahàallamedefima  nell’ olfervarfi corniculata,  quanto  per  la 
concorrenza ,  che  hà  alla  generazione  delle  cole ,  onde  meritaflc  d’ eflcrc  detta 
Dianuj  ò  Inno  Lucina ,  ò  pure,  Alma  Venus^  non  fù  Icmpre  vero,  che  folle  ricevuta 

T  t  per 


Babiloncfi  inghirlandate  fi  portavano  nel  Tempio  della 
Dea  Militta,  che  altro  non  era,  che  Venere  , 
enim  ejì  nativitas  ,  progenies  ,  genitura ,  Se  ivi  ledendo 
non  fi  partivano  fino  a  tanto,  che  nonfoflerovenutifo- 
icllicrijiqualiriponendonel  loro  leno denari,  le  con- 
jduccllero  (eco  per  pigliarli  buon  tempo. 

3  Ma  derivi  da  dove  fi  voglia  il  nome  di  Venere,  hà  del 
,vcrifimile,lela  Gcntilità,come  altrove  abbiamo  motiva- 
co,fece  gran  conto  della  generazione, che  anche  ad  un  tal 
fine  quella  Deità  da  per  tutto  fofle  famolajche  pure  da  gli 
Affinile  da  gli  Arabi  elTendo  riferita  alla  Luna, alla  Terra, 
Me  all’  Aria ,  ciò  fù  per  l’ appunto  in  riguardo  alla  genera¬ 
zione  ;  ficome  perciò  da’ Fenici  venne  ricevuta  fotto  no¬ 
me  della  Madre  de  gli  Dii ,  c  da  gli  Egiziifotto  quello 
d’ Ifide ,  E  in  vero  a  tal  propofito  fù  allegorico  il  favo¬ 
leggiare  de’  Poeti ,  quando  diedero  i  natali  a  Venere  dal- 
l’acque  Ipuraole  del  Marc ,  da’  tcllicoli  del  Cielo  da  Sa¬ 
turno  rccifi ,  e  buttati  nél  Marc ,  volendo  eflì  in  tal  modo 
dinotare ,  che  la  virtù  generatrice  della  Natura  inferiore 
dipende  dall’  umido  terreno ,  e  dalle  influenze  de’  Cieli . 

4  E  benché  i  Gentili  da’  varii  lignificati  di  tale  loro 
celebre  Deità  moftraffero  di  far  conto  di  più  Veneri, 
chiamandole  ora  lotto  il  nome  d’ Vranìa ,  ò  di  celefte  per 
dinotare  l’amore  puro,  e  pudico:  ora  lotto  ilnomcdi 
jVolgì  vaga ,  ò  popolare ,  lignificante  l’ amore  illecito  :  & 


VtU,  it  Jio* 
hU 


in  f/ttlib.^* 


Ceul  della 
Religione  dt 
Rimant . 


^94  M  y  S  E  0  COSPIANO 

per  dinotare  gli  amori  klcivi  t  &  impudichi .  Anzi  fe  fù  riferiti  alla  Tcfra  ,  per 
li  virtù  generatrice ,  che  vi  rifiede  ,communicatale  dall’  acque ,  e  da’  C;eli ,  può 
dirli,  che  non  folofc  le  do  veliero  i  nomi  delle  mentovate  Deità,  ma  ancora^ 
quelli  della  gran  Madre  de  gli  Dii ,  e  di  Velia .  Non  tralaleiando  di  dire ,  che 
ancora  ebbe  il  nome  di  Libitina,  per  edere  Hata  creduta  prclìdentc  della  morte, 
c  che  avede  cura  delle  cole  fpettanti  a’  funerali  jonde  quei ,  che  lovraftavano  al¬ 
le  pompe  funebri,  di  Libitinarii  a  vedero  preio  il  nome .  Inclinando  perciò  a  di¬ 
re,  che  Venere  in  riguardo  alla  generazione  non  lolo  fignifìcade  il  principio 
delle  cole;  ma  ancora  rifpetto  alla  cura ,  ch’ella  aveva  de’  morti ,  dinotadc  il  fi¬ 
ne}  e  perciò  fe  gii  dovedero  non  lolo  i  nomi  di  Libitina,  ma  ancora  quelli  di 
Proferpina ,  e  d’ Beate . 

Imagine  d'  Ercole, 

Cdf.  xxr, 

1  Tj  Rcole  fù  connumerato  da’  Gentili  tra  gli  Dii 
detti  Indigeti,  i  quali,  come  altrove  accennai, 
furono  uomini ,  ma  peri*  eccellenza  del  merito  fù  loro 
attribuita  la  divinità. 

3  Gli  Antichi  nel  far  menzione  di  quella  Deità, 
benché  vogliano,  che  ne  lode  fiato  più  d’ uno  di  quello 
nome  (mentre  tra’  molti,  che  fi  filmano  famQli,nc.» 
fanno  due  di  nazione  Egizi! ,  &  altrettanti  Tirii  )  di 
quello  di  Tebe  nondimeno  (  detto  Alcide  )  lolamentc 
ragionano, &  a  quello  (benché  pofterioredi  tempo) 
attnbuilcono  tutte  le  imprcle,  che  colla  forza,  c  col 
valore  gli  altri  più  antichi  di  lui  fi  guadagnarono;!!  che 
molto  bene  elp  ede  Diodoro  parlando  così  d’ edo  lui  ; 

Cum  ob  longinquitatem  temporum  priores  repertores  in 
oblivionem  veniffènt  apud  plurimos  ;  hic  haredis  indar 
in  pojlefpionem  venit  induHria,  &  gloria  eorum  ,  qui 
prius  fuerant .  Di  quello  dunque  anch’  io  ragionerò , 
il  quale,  quantunque  non  fi  fode  mai  partito  dalla  Gre¬ 
cia,  ebbe  nondimeno  1*  onore  di  meritar  l’ altrui  gloria, 
e  d’ottener  il  famofo  nome  d’Èrcole,  che  da’ Greci 
detto  òpaaKìie,  ab  d”  non  vuol  dir  altro, 
cheglorij,  quali ft  gloria ,  fplendorque  heroum.  Nome  appunto  glqriofo , che 
fiacquifiòcon  tal  elempio  ogni  altro, che  per  virtù,  e  per  valore  l’ avede  me¬ 
ritato. 

3  £  in  vero  di  quanta  fama  fode  creduto  da’  Gentili  il  nome  d’un  tal*  uomo, 
fi  può  comprendere  dalle  Medaglie  di  Commodo  Imperadore  ,  figliuolo  di 
Marc’  Aurelio ,  nelle  quali  fi  vede  la  tefia  dell’  Imperadore  acconcia  come  quel¬ 
la  d’ Ercole,  con  pelle  di  Leone , arco ,  turcado ,  freccie ,  mazza ,  e  lettere,  che 
in  alcune  dicono  HERCVLI  ROMANO  AVGVSTO,  &inaltre  HERCV- 
LES  ROMANVS  CONDITOR:  legno  probabile,  che  quefio  Principe  ri- 
nunciade  il  proprio  nome, eli  ufurpade  quello  d’Èrcole,  invidiando  forfè  al* 
r  immortalità  del  nome  d’ un  così  celebre  Eroe .  Laonde  il  Popolo  Romano ,  il 
qual  ben  conobbe  il  genio  ambiziofo  del  fuo  Monarca,  per  adulazione  alme- 
defimo  inalzò  ftatuc  alla  fomiglianza  dell’  Ercole  antico  colla  maz?a  in  mano , 
e  colla  pelle  di  Leone ,  de  a  quella  guifa ,  che  fi  vede  1’  imagine ,  della  quale  qui 

fic 


L  l  1B  K  0  SPINTO.  CAP,  495 

fi  è  ciato  f  intaglio,  e  cherapprefenta  una  tale  Deità  :  offer vandofi  appunto  bar-; 
bata,ecollafacciafenilc,  e  col  Cane  cerbero,  dinotante  i  vitii  fuperacì  dalla 
elperimentata  virtù  d’Èrcole  invecchito  ;  che  appunto ,  lecondo  gl’  Iftoriogra- 
fi  ,effi.ndo  flato  eccellente  capitano  di  gagliardo  efercico ,  fi  pigliò  la  cura  di  an¬ 
dare  pel  Mondo,  non  già  con  animo  tirannico,  avaro,  e  viziofo;  ma  bensì 
fpinto  da  pietolo  zelo,  e  da  pura  gloria  di  riformare  i  cattivi  coltami  degli 
uomini,  fpegnendoi  tiranni,!  ladri,  egli  affalfini  così  Greci,  come  barbari ,  e 
Latini:  edificando  nuove  Città ,  e  dirizzando  per  publica  utilità  (quello,  eh’ è 
débito  d’ogni  buon  Principe)  i  camini  de’  fiumi ,  che  guaita  vano  il  Paele ,  e  fa¬ 
cendo  molte  altre ,  e  fimili  azioni  eroiche ,  attribuite  tutte  ad  un  tanto  campio¬ 
ne,  chetò  un  vero  tipo  della  fatica  ,  della  pazienza,  della  fortezza,  è  del  valo¬ 
re ,  colle  quali  virtù  egli  appunto ,  a  folo  fine  di  gloria  fuperò  quaifivoglia  orri¬ 
bile  moftro ,  fpenfe  ogni  vizio ,  fi  portò  fino  all’  Inferno ,  e  debellò  quaifivoglia 
tirannica  crudeltà .  Laonde  la  Gentilità  da  così  fegnalace  azioni  fpinca  a  coonu- 
merarloinfràglìDii,  fuperftiziofamente  lo  giudicò  meritevole  de  gli  Altari, 
de’  Tempii ,  de’  Sacerdoti ,  e  delle  cerimonie ,  che  ad  un  tal  fine  inftituì  con  ma¬ 
gnifica  pompa, 

Df’  Gladiatori ,  Gap.  XXVI. 


I  Ti  I  è  parfo  bene  di  aggiugnere  alla  Statua_ 

XVA  d’Èrcole  la  prefente  di  bronzo,  perche  ar¬ 
mata  di  targa ,  e  di  beretta  di  ferro ,  &  in  atto  di  ferire 
colla  mano  delira,  alla  quale  l’antichità  avrà  levate 
r arm»,  che  nella  medefima  teneva ,  può  verifimilmen-É  t 
te  riferirti  ad  un  Gladiatore,  e  darmi  motivo  di  ragio-  ' 
naine  ,già  che  quelli  furono  detti  <,'/  wspìr.V  vlfMKià 
Herculis  Athletin  ,  ^  Herculei  Athleta  ,  & 
ebberoper  loro  tutelare  Ercole,  ai  quale  nelle  arene 
anficeatrali  ereffero Tempii, dove tupplichevoli  im¬ 
ploravano  le  torze,  che  a  loro  facevano  di  bifogno 
e  cht  llimarono  dipendenti  da  così  ri  verito  protetto¬ 
re  ;  coftumando  per  l’appunto ,  quando  erano  rimalti 
vincitori  ne  gli  tpa  ventofi  giuochi ,  di  appendere  l’ ar¬ 
mi  a’  lati  delle  porte  dei  Tempio  di  tal  Deità  in  me¬ 
moria  del  benefizio  ricevuto . 

a  E  te  di  topra  motivai  col  parere  di  Guglielmo 
Chou!io,che  Commodo  Imper^dore,  invidiando  al- 
r immortalità  d’Èrcole  ,  voleffe  eflfer  nominato  col 
nome  di  così  famofo  Eroe,  volendo  parimente  efferè 
dipinto fimile allo fteffo,eco’gliarnefi,  &infegne,  che  fi  aggiugnevano  allo 
imagini  d’ Èrcole  (  come  teftimonianza  ne  fanno  le  Medaglie  del  ludetto  Impe- 
radore  )  non  hà  forte  dell’ improbabile,  che  anche  tal  Principe  avelie  meritato 
sì  riguardevole  onore,  per  effer’ egli  ftatobuono,  e  forte  gladiatore:  dd  quod 
fané  certamen  injìgnes  nobilitate ,  d*  opibus ,  neque  obfcuri  generis  homines  pie  - 
runque  prodiere'.  Nam  Nero  Cafar  CCCC,  Senatores  ^  &  DC.  equites  ad  ferrum 
exhibuit.  Et  Domitiani  temporibus  nobiles  ud  fpecimen  virtutis  ofiendendumy 
in  arenam  prodite  non  dubitarunt  y  fcriffe  Aleffandro  Mapoljrano  .  E  Tacito 
anch’egli  non  lafciò  di  riferire,  come  a  tuoi  tempi  Spectacula  gladiatorum  idem 
annus  hitbuit  pari  magnificentia  ac  priora ,  Sed  foeminarum  illufirium ,  Senato- 

T  t  ,  a  rumque 


Delia  ReMg. 
de  git  antt- 
cht  nemanf. 


Vofsius  de 
idololatr. 
1-9‘Cy  32. 


Dier.  gen. 
l.  6.  c.  19‘ 
T  ac,  i  14* 


r 


Ik^em  i 


jllex,  dk 
^lex.  ibid, 

Ltb.  5.  r.24. 


Prudtnt.  in 
Hdmarti 
gtnta  . 


4^5  M  V  S  E  0  C  0  S  F  ì  A  N  0 

rum^ffè  filiorum  plures  per  amnam  faldati  funt .  Indizio,  che  ,fe  il  fopradetco 
Commodo  lì  pregiò  d’ elTere  Itato  force  G.adiatore ,  volle  mantenere  ancora  tal 
nome  nello  (lato,  nel  quale  fi  ritrovava  di  fovrano ,  giudicando  egli  di  dover  al- 
i'  ora  maggiormente  dar  faggio  della  fortezza,  della  virtù ,  e  del  valore,  già  che 
tali  giuochi ,  come  riferifee  il  mentovato  Aleflandro ,  Ucet  fummo,  immanitatis 
ferent  y  duces  in  bellum  profeSluriy  Roma  pleruntjue  populo  exhibuere  :  fciltcet 
ut  vulnera  cernere  affuefeerent ,  cadefqut ,  &  pralia  non  formidarent  ,  quibus 
certa  lex  data ,  ut  multa  gravioribus  armis  pugnare  difeant ,  utque  diutius  in 
pugna  fimulachris  armati  ajfuefcant  yUt  in  patientia  laborum  educati  y  in  confictu 
pugna  minus  laborarent  y  neque  ut  tyrones  corporibus  y  animifq\  deficerent ,  Co- 
ftumanza ,  la  quale ,  fe  ben’  ebbe  origine  dalle  efequie ,  da’  mortorii ,  c  da’  facri- 
fìcii  funebri  , detti  i  attribuendola  molti  ad  Enea  per  leElIcquie  di  Pa¬ 

lante,  &  altri  ad  Achille  (che  fù  più  antico  di  quello)  per  li  mortorii  di  Patroclo, 
fù  anche  di  ragione ,  che  folTe  congiunta  a  giuochi  veramente  tragici ,  e  funebri . 

5  Ma  quanto  follerò  crudeli  chiaramente  fi  comprende  sì  appreflo  de’Greci, 
da’ quali  nacquero  tanto  feveri.cfanguinofifpettacoli,  come  appreHo  dc’Ro- 
mani ,  dove  è  fama,  che  furono  introdotti  da  lunio  Bruto,  per  la  morte  difuo 
Padre,  ò pure, come  altri  vogliono,  lotto  i  Confolati  di  Appio  Claudio,  e  di 
M.  Fui  vio  »  e  dove  avanzati  fi  videro  a  fegno  di  tal  fierezza ,  che  ad  un  sì  barba» 
ro  cimento  efpofto  veniva  il  più  bel  fiore  della  Nobiltà  Romana ,  non  che  i  con- 
dennati  desinaci  alle  fiere ,  ò  tra  di  loro  i  foto  sforzati  Schiavi ,  e  prigionieri  del* 
le  nemiche  battaglie. 

4  Aggiungali  a  ciò,  come  per  legge  fù  vietato  alle  donne  l’ elfernc  fpettatri- 
ci,  ne  immanitati  y  aut  feritati  affuefeerent ,  e  che  Teodorico  Rè  de’Goti  molti 
fecoli  dopo  pofe  fine  a  così  barbara  crudeltà,  che  pure  fotto  l’impero  di  Do¬ 
miziano  di  nottetempo  anche  tra  le  donne  già  s’ era  introdotta,  potendoli  beo 
dire  con  Rofino  :  enim  immanius ,  quam  vitam  dare  hominibus  ,  ut  eam 

ipfi  mutuis  cadibus  ab  fe  fe  auferant?  Nefas  erat  cum  gemitu  vulnus  accipere  .♦ 
\uffos  ferrum  ]ugulo  non  accipere  y  fanguinem  fuum  eodem  ,  quo  hoHilemy  animo 
infpefitare ,  Pcrluade  idoli  1  Gladiatori  in  un  tal  modo  d’elfere  nelle  amfictatra* 
li  arene,  come  in  pubiici  Altari , e  magnifici  Tempii,  facre  vittimedi  Plutone: 
Refpice  terrifici  fcelerata  f aeraria  Ditis  , 

Cui  cadit  infetta  fufus  gladiator  arena, 
e  credendo,  come  cari ,  e  co  ilacrati  a  Plutone ,  che  fù  lo  ftello  che  Dite ,  c  che> 
Giove  Laziale ,  Infernale ,  e  Stigio ,  e  che  parimente  ebbe  il  nome  di  Summano, 
qnafì  fummus  manium  Deorum  ejfet y  di  placare  col  loro  fanguc  l’ anime  de’ 
morti,  ò  gli  Dii  Infernali,  eillorocapo  Plutone,  acuipure  firiferiva  la  parte 
intcriore  della  Terra ,  entro  alla  quale  a  tal  fine  fi  riponevano  i  morti . 

Imagine  di  Bacco .  Cap.  XXVll. 

I  ^  IcomeapprelTo  de’ Gentili  molti  furono,  che  fi  credettero  meritevoli  de’ 
^  nomi  di  Giove ,  di  Marte ,  di  Apollo ,  di  Mercurio ,  e  d’ altre  famofe  Dei¬ 
tà ,  così  ancora  molti  furono  quelli , eh’ ebbero  il  nome  di  Bacco ,  mentre  trà  gli 
altri  autori  Diodoro  nefà  menzionedi  tré,  e  Cicerone  di  cinque.  Ora  io  inten* 
do  di  parlare  di  quel  Bacco ,  che  nato  da  Semele  per  opra  di  Giove ,  quantunque 
foflfe  valoroio  capitano,  e  perciò  aveffefoggiogatediverfe  nazioni,  fù  nondi¬ 
meno  connumerato  in  frà  gli  Dii,  per  effere  flato  ritrovatore  del  Vino,  e  per 
averne  prima  d’ ogni  altro  moflrato  1’  ufo  a’  mortali , 

2  E'  nota  la  favola,  che  fi  racconta  del  nafeimento  di  tal  Deità,  e  perciò 

^tralafcio 


L  l  rB  B.  0  ^  P  I  N  T  0.  CAP:  JlXPlt.  497 

iralakiodi  farne  menzione,  confìidcrando  fojamentc,  che  i’ effer 
Bacco  riputato  per  figliuolo  di  Giove  può  intenderfi  fecondo  il  fen- 
£o  tanto  communc,  quanto  particolare.  E  primieramente,  perche 
ogni  uno  può  dirfi  figliuolo  di  Giove  giufta  il  fencimcntod*  Arato 
lovfs  omnes  frogenies  fumus .  E  fecondariamcnte ,  perche  fu  collu- 
manza  della  Gentilità  di  chiamare  figliuoli  di  Giove  i  defccndenti 
di  nobil  fangue ,  e  di  ftirpe  regia ,  e  maffimamentc  quei ,  che  foffero 
iiati  /'/'i^^^tf  come  diffe  il  Volfio;  tum  enim  hoc  fticiebint  nd 
tegendum  generis  dedecus:  ficome  altri  furono  per  virtù  giudicati 
meritevoli  di  sì  gloriofi  natali,  come  avvenne  d’Àleffandro  Magno, 
prima  che  egli  col  valore  fi  foffe  refo  famofo , 

3  Rifletto  parimente  a  quel  lo ,  che  fi  diffe  di  Bacco ,  ufcito  dal  ven  tre  di  Gio¬ 
ve,  da’ Greci  perciò  detto  itiz-iruf,  perche  a  ve  Ile  avuto  due  Madri, 

cflendo  egli  nato  due  volte,  cioè  una  volta  da  Semele,  e  l’ altra  da  Giove, 
favoleggiando  i  Poeti  ,che  Semele  atterrita  dalla  maellofa  prelenza  di  Giove 
fulminante  abortiffe  Bacco, e  che  Giove  compaffìonando  il  cafo  nafcondefse 
in  una  delle  fue  parte  femorali  l’immaturo  parto,  dove  perfezionato,  nacque, 
poi  di  fuo  tempo:  e  confiderò,  che  fù  parte  de*  Poeti  il  difeorrere  fempre 
metaforicamente,  e  con  nuovo  modo  di  parlare  rendere  ammirabili  le  cole 
ben  volgari ,  &  a  tutti  note  ,  conciofia  cola  che  omnes  ex  femore  f  atris  na~ 
fcimtir.  Modo  di  nakere,  che,  fe  bene  lì  verifica  per  tutti,  perche ogniuno 
nake  ex  femore  %  cioè  ex  femine  patris  ^  da’  Poeti  nondimeno  fù  folamcntc.» 
attribuito  a  Bacco,  imperoche  i  Greci  riferendo  l’invenzione  del  Vino  al  lo¬ 
ro  Dionifio,  che  da’  Latini  ebbe  il  nome  di  Bacco  (ambirono  la  gloria  d’ave¬ 
re  concittadino  un  così  felice  ritrovatore  di  cofa  nuova  :  coftumanza ,  cho 
fempre  pratticarono  per  far  credere,  ch’eia  aveffero  nudrito  nel  loro  paefe  qual-  ' 

fivoglia  uomo  famolo ,  benché  ftraniero .  Quindi  cercarono  ingegnofamentc 

di  coprire  i  veri  fatti  con  favolofe  invenzioni,  e  fi  perfuakro  in  tal  modo  di  I 

guadagnare  r  altrui  gloria,  e  maffìmemente  col  riferire  le  cole  diverfamente  da 
gli  altri ,  onde  di  loro  ben  diffe  Giufeppe  Ebrèo  :  ef  vera  hiBoria  indicium.  Ci 
de  iijdem  eadem  omnes  é"  dicant,  &  feribant ,  At  illi  ita  demum  fe  veriffim&s 
omnium  vifum  iri  judicabant ,  fi  eadem  altter  feriberent.  Igitur  quoad  dicendi  Aitpntm. 
peritiam ,  atq',  vim  attinet  j  -cedamus  oportet  G racis  feriptoribus  :  at  in  veraJ 
prifearum  rerum  hilioria  non  item ,  prafertim  qua  fiunt  apud  quofque  patria. 

4  Se  dùnque  fù  vcro,èh6i  Grèci  vollero,  che  l’inventore  dèi  vino  folle  loro 

nativo ,  convenne  loro  parimente  il  dire ,  per  occultare  maggiormente  i’  iftoria 
di  ehi  ne  fù  primiero  ritrovatorc ,  che  Diomfio ,  ò  Bacco  folle  nato  e  da  Semele , 
e  da  Giove  nel  modo  avvertito .  Favorendo  a  ciò  appunto  il  fatto  di  chi  prima 
d’ ogni  altro,  ritrovato  il  modo  di  fare  il  vino,  inebriato  foggiacque  a’  fonniferi , 
e  per  così  dire ,  letali  effetti  del  troppo ,  e  non  ifperimentatò  liquore;  imperoche 
dal  lungo  letargo  liberato,  &  in  fefteffo  rinvenuto,  ben  fi  poteva  dire,  che  in- 
un  tal  modo ,  coll*  efempio  di  Bacco  ^  favoleggiato  àbbortito  per  cagione  d’ un 
Giove  fulminante  )  foffe  rinato  a  nuova  vita  l  Còncorrcndp  parimente  a  tal  pro- 
pofito  l’ opinione  de’  Gentili,  che  Giove  foffe  il  Mondo,  dal  quale  nata  la  vite , 
e  per  conkguenza  il  fócofo  liquore  del  vino,  fe  ne  foffero  ofservati  quegli  effet¬ 
ti  ;  che  provò  chi  incfpcrto  fi  prefe  la  1  ibertà  di  fatiarfene  fuor  di  modo;  efsendo 
appunto  da’ Greci  detto  Adrt*«e  ex  Adt  ^te,  cioè  lovis  filius,  &  Liber  ,  con-  - 

forme  1*  ufo  antico  nel  numero  fingolare,  ^«-2^  lovis  liber ,five  filius,.  Sicomc 

poi  i  Latini  diedero  a  tal  Deità  il  nome  di  Bacco  originato  aneli’  efso  dal  Greco 
-dwl  fi  òpure  chavuoldireftrepitarc,  c  gridare  fpropofitatai 

Tt  3  mente. 


■49$  JUySBO  cos  PUNO 

mente»  come  facevano  le  Baccanti  nelle  Felle  della  Deità  »  delia  quale  fi 
ragiona. 

5  Ma  perche  la  figura,  che  fi  ritrova  nel  Mufeo, è  di  terra»  e  di  grandezza  uni- 
forme  all'  intaglio»  c  lenza  alcuna  particolarità  attinente  a  Bacco ,  mi  porge  an¬ 
cora  poca  materia  di  più  longamence  efiendermi  col  difeorfo .  Laonde  elTcndo 
ad  ogni  uno  note  le  co(e,che  fi  raccontano  di  tal  Dìo,  e  il  modo  con  che  fi  figura¬ 
va, non  ifiarò  a  diffondermi  di  vantaggio, ballandomi  lolamentc  di  avvertire, che 
egli  fù  il  primo ,  che  debellata  T  India  ritrovalfe  il  modo  di  trionfarci  aferi  vendo 
la  Gentilità  a  Bacco  non  folo  l’invenzione,  come  dilli,  del  vino,  ma  ancora 
quella  de*  trionfi,  e  delle  corone,  ò  de’  diademi  Reali,  de’  quali  egli  appunto 
venne  coronato .  E  c  iò  non  sò ,  le  fofie  per  aver  egli  le  ludette  cole  meritato  più 
d’ ogni  altro  a  cagione  delle  imprelevalorofc,  e  de’ foggiogati  popoli,  ò  pure 
per  r  invenzione  dei  vino ,  che  tra  ogni  altro  liquore  è  il  più  dcliziolo ,  c  il  più 
abbondante , che  fi  polla  cfprimere  da’  frutti  della  Terra  :  meritando  egli  perciò 
corone  d’edera,  òdi  vite,  cd’elTcre  accompagnato  da  numerolo  fìiuìlodi  fe¬ 
mine  baccanti , e  di  Satiri ,  e  d’altre  cole,  che  non  è  lecito  il  ridire:  avendone 
aballanza  dato  motivo  altrove  ragionando  d’Ofiridc ,  e  diPriapo,  che  (limai 
gl*  illclTi,  che  Bacco,  riferendoli  al  Sole», che  da’  Gentili  tenuto  per  padre  di 
tutte  le  cole,  fù  la  prima  creatura  (limata  perciò  da’  mcdcfmi  dtgnad’ ado¬ 
razione. 

Imagine  4  ”  un  Baanntc, 

"  Cap,  .\XFII1. 

ii  *■ 

nT  •  O  veramente  non  sò ,  fé  per  le  fpggiogate  Provincie ,  per  le  acquetate  fe- 
A  dizioni ,  per  le  promulgate  leggi ,  e  per  li  famofi  ritrovamenti  di  Bacco, 
al  medefimo  i  Gentili ,  in  rincompenla  di  così  legnalati  beneficii  ricevuti,  avef- 
lero  inalzati  altari,  offerte  vittime, &  inftituiti  giorni  feriati ,  ne’ quali  fi  foffero 
con  non  ordinaria  pompa  celebrate  quelle  felle,  che  dalle  Arida,  e  da  glillre- 
pitali  clamori  de’ Baccanali  ebbero  il  nome.  O'pure  ,  le  il  popolo  da’ trionfi, 
e  dalle  corone,  che  Bacco  lì  acquiftò  nell’  India  loggiogata,  c  da’  prigionieri  di 
flraniere  nazioni ,  c  dalle  incognite  fiere ,  eh’  egli  Icco  fotlc  condullc  in  trionfo 
nel  luo  ripatriar  e ,  avellerò  gli  uomini  prclo  motivo  di  celebrare  per  tal  memo¬ 
ria  quelle  fatiriche  cantilene.  Se  olccni  bagordi ,  che  nelle  fede  baccanali  col 
tempo  poi  s’avanzarono  ogui  volta  più  in  una  sfienata  libertà  di  libidinola  li¬ 
cenza  .  O’  fe  pure  tali  fede  ad  oggetto  della  generazione  sù  '1  principio  inditui- 
te  dal  Dionilìo  di  Grecia  (  chef  Ilio  dedo,  che  Olìride  degli  Egizii,  ilLibcro 
degli  Arabi,  e  il  Bacco  de’ Latini)  nell’ acquido  delle  (oggiogarc  prouiucie, 
efingolarmente  dell’ India medefima,  in  queda imparate  l’ avede,  e  perciò  nel¬ 
la  Grecia  egli  dedo  le  avelTc  introdotte,  di  dove  trasferite  ne’  Campi  Etrufehi,  c 
Romani,  e  in  tutta  l’Italia,  da'gravifcandali,chcnefuccedevano,  fodc  dato 
obbligato  il  Senato  Romano  a  decretar  loro  una  rigorofa  riforma . 

a  Non  è  dubbio  alcuno,  che  tali  fedività  derivarono  da  enorme  principio,, 
come  accennai,  ragionando  afirovc  d’Ofiri,  e  di  Priapo;  abbcnche  verifi- 
milmente  poda  ftimarfi  ancora ,  che  col  tempo  dalla  maliziola  libertà  dell’ uo¬ 
mo  fi  fodero  aggrandite.  Sicomehà  gran  probabilità,  che  gravi,  eperniziofi 
(concerti  ne  accadeffero ,  mentre (  a bbendic  inflituiic  in  onore  d’un  loro  Dio, 
i  Gentili  le  cclebraffcro  al  medefimo  fine ,  e  con  fomma  religione)  tralcurato  un 
talreligioforifpetto,  per  rigorolì  editti  di fo vrana  Podedà  furono,  come  ac¬ 
cennai,  proibite.  ftera procedente  tempore t  diurnk 

ferent 


libro  evinto:  CAP.  scxm.  49.9 


fiennt  (u)tdf  .Ny^ile]*  appslUta  fiffif)  promifcuis  ingenitorum dr  ]famiaarum 
pupris  cum  BrepitUy  &  ululata  in  omne  facinus yd>‘  libidinem  t  perpetuo  Sena¬ 
tus  ConfuliOt  non  modo  ^  fd  per  omnem  Jtaliam  coercita  fuere  :  maxi- 

mifipue peenis  inhibitum y  ne  Bacchanalia  Roma,  neye  in  Italia  ferent s  qtiumin 
contubernio /ordidiffimorum  patr arentur ,  ejjjntque  maxi^orUfn  fcdkruHk  caufa, 
dr  feminarium .  ^  . 

3  In  iìmili  ragunanze  fi  oflervavano 

nudi  tanto  gli  uomini,  quanto  le  donne»  c 
vi  concorre  vano  a  gara  le  matrone ,  ie  ve¬ 
do  ve,  eie  vergini,  portando  nelle  mani 
grappoli  d’uva.  Se  avendo  cinte  le  parti, 
femorali,  e  coronati  1  capi  di  rami  ò  d’ ede¬ 
ra  ,  ò  di  vite  :  c  dì  notte  tempo  celebran¬ 
doli  tali  fedi  vita,  alle  quali  precedevano 
ie  infegna  de  gli  ofeeni  falli  »  accompagna¬ 
ci  da  tumultuarti  bagordi,  e  da  lafcive  can¬ 
zoni  ,  fi  vedeva  ogni  forte  d’ uomini ,  e  dì 
donne  correre ,  (altare ,  c  beverc ,  e  ferirli 
tra  di  loro  co*  tirfi  (ch’altro  non  erano,  che 
canne ,  ò  come  dille  Macrobio ,  dardi  co¬ 
perti,  e  circondaci  da  rami  di  vice,  o  d’  ede*. 
ra)  laonde  credendo  la  Gentilità  intal  mo- 
dodi confecfarfialDio  Bacco’,  honcufò 
in  limile  occafione  coU’impazzirediper- 
derc  ronore,c  qualche  volta  ancora  la  vi¬ 
ta  medefima.  Multa  enim  cades  per  huiuf. 
modi  facriffeiorum  furorem  covtmitteban. 
tur .  Sic  oceiji  funi  Pantheus  ,  é"  Ninus 
India  Rex  ,  .&  Lycurgus  Thrax  y  &  pr- 
pheus,  -  ,  . 

4  Ma  quel  lo  ,  che  maggiormente  con- 
fiderabile  parrai ,  e  chein  così  pazzi  tripu¬ 
dii  fi  cofiumaya  da’ latirici,  e  nefandi  mi- 
tiiiìri  di  Bacco  è  il  lapere ,  che  fi  fervivano 
di  crivelli  (  ò  fodero  caneftri,  òceftifatti 
di  rami  d’arbori)  per  dar  ad  intendere, 
che  ficome  con  cali  ftrumcnti  fi  purgava  il 
frumento, cosi  perfuadevàfi  ancora  di  pur¬ 
gare  r  anime  co’  loro  baccanali ,  celebrati 
appunto  in  onore  del  mentovato ^numc, 
che  perciò  pure  di  Libero  à  Ukerandp» 
vollero,  che  avcfleil  nome.  Et  quoniam  ad  anima  purgationem  pertinere  dice- 
reni ,  etiam  vannum.,  quo  triticum,  purgatur ,  adhibebant  Se  ciò  veramente  cor- 
rilpondede a’ fatti, ogni  uno  dafe  medefimo può  confiderarlo  ,e  malfima mente 
col  ridcctere  a  gli  enormi  delitti,  che. di  notte  tempd  accade  vano^  per  cagione 
dei  vino,  e  per  la  libertà  di  vivere  confufamente  infiepic  mafehi,  efemme.» 
d’ ogni  forte,  enei  modo  di  (opra  accennato.  < 

5  Quind’io  voltando  gli  occhi  alSirholacro  di  bronzo»  che  hà  il  Stg.  Martr 
chefe  nel  luo Mulco , parrai  dlravvifarlo  fatto  forlea.fine  di  jrapprcleotare  uitj 
Minidro  di  Bacco,  già  che  qucdifilcorge  ignudo,  &cal  capo  circondato  dirami 

.  ■  :  .  di  vite 


XereHÌed  FentànaBettH 
et fat^,  Bbiìom  iSijt 


Ahxan.  ab 
Altxan- 
Dier,  gtUy 
l.  i.l 


Lud.  yiuts 
in  M.  Var. 
ro.Ttrag.in 
Alex,  ab 
Alex,  ubi 
fupra . 


Alex,  ab 
Mex.  loco 
(ufracit  • 


,  50»  '  M  y  S  E  0  e  Ò  S  P  l  A  N  0 

.  <1.  •,^V  ■' 

di  vitcjcchcnelladcftra  tenendo  un  corno,  puòftimarfi,  che  in  tal  modolfì 
gtffiftM  lib.  prepari  alle  baccanali  raunanze  :  rammemorandomi ,  che  gli  antichi  fi  (erviva** 
S, Mp.  zi.  corna  di  animali  per  bevere ,  come  appunto  nelle  fefte  di  Bacco  (  celebra» 

te  nella  ftagionc  d’ Autunno ,  &  in  occafionc  della  vendemia  )  fi  coftumava  per 
ifeufare  colla  inebriatura  gli  fcandali ,  e  tutte  quelle  enormità ,  che  ogn*  uno  da 
fc  medefimo  può  credere ,  che  accadefiero . 

é  E  fe  anche  il  corno  dei  nofiro  Simolacro  folte  dì  dovizia,  come  Io  potreb¬ 
be  accennare  il  difegno,  fe  poteffe  in  tutto  efprimere  ciò,che  dimoftra  la  Statua, 
e  che  (pezzato  coi  finifirò  piede  dello  (limato  baccante ,  egli  in  così  allegra  po- 
fitura  (tante  ne  tcneffe  parte  in  mano ,  e  parte  (otto  al  mentovato  piede ,  non  mi 
leverebbe diil concepito penfiere  ;  imperoche  tali  corni  d’abbondanza  fi  face¬ 
vano  delle  corna  e  di  bue ,  e  di  capra ,  e  fi  riempi  vano  di  fiori ,  e  di  frutti  per  di¬ 
notare  T  abbondanza  d’jOgni  frutto ,  e  per  confeguenza  quella  dell’ uve,  e  del 
vino .  Oltreche  mi  dò  a  credere,  chetai  Simolacro  fatto  mi(lerio(amente  in  co* 
si  fatto  modo  vaglia, ò  fia  (lato  fatto  per  dinotare  appunto  verifimilmcnte  quel¬ 
lo  ,  di  cui  ora  fi  ragiona ,  mentre  nelle  fede  di  Bacco  era  in  u(o  di  portare  tanto  i 
grappoli  dell*  uve ,  come  di  bevete  i|  vino ,  (ucco  c(pre((o  dal  medefimo  frutto , 

de:  sacrificii. 

E  DE-  PROPANI  SACERDOTI  ANTICHI-! 

Ca»ttffU4z,tff>e  Of€ra  '. 

i  XT On hà volfuto il Sig, Marchelc ,  che  il  (uo  nobile  Mu(eo  fcarfeggi  in 
JL\|  alcuna  parte  di  quelle  co(e,  che  pedono  erudire  qualunque  virtuo(o 
delideri  entrarvi  a  riguardarlo.  E  benché  al  tempo  d’oggi  fia  a  tal  (egnocre- 
feiuto  il  numero  di  quelli ,  chea' virtuofi  tràitenimenti  de ^Mufei  fi  (ono  appi¬ 
gliati,  di  modo  che  altri,  a  ciò  inclinati,  polTono  dilficilmenre  far  raccolta  di 
robbe  (ceke ,  per  gUcrnire  i  proprii  ;  con  tutto  ciò  l’ elatta  di  ligenza ,  e  genero- 
fità  del  Sig.  Marche(e  hà  faputo  raccogliere  d’ ogni  co(a  il  migliore ,  per  rende¬ 
re  il  fuo  in  buona  partecopioio,  e  ragguardevole.  E  vaglia  il  vero  di  maggior 
numero  de*  de(critciSimolacri  ancora  è  abbondante  i]pre(énte  Mu(eo,  Ma  di 
troppa  mole  (arebbe  riufeito  il  Libro ,  (e  di  cia(cheduno  fi  folle  rapportato  i  di« 
fegni,  e  le  deferizioni  ,‘^oltre  che  molte  imagini  fi  (ono  (limate  poterli  riferire 
alle  già  de(critte  Deità ,  tanto  più  che  la  lunghezza  del  tempo  edendoli  modi  a. 
ta  nemica  ad  altri  coll’ aver  loro  levati  quei  contrafegni,  che  dovevano  condur. 
ci  alia  cognizione  delie  Stelle,  hà  parimente  a  noi  tolta  Toccàfione  di  poterne 
con  qualche  vcrifimilc  fondamento  ragionare .  Con  tutto  ciò  fin  qui  abbiamo 
vedutonumeroconfiderabilediSimolacridilegno,diterra,  e  di  varii  metalli 
(limati  vcncrabùl.i  sì  dalle  Latine ,  come  dalle  (Iraniere  Nazioni  Idolatre .  £  (o 
la  Gentilità  a  tali  Imagini  fabrica  va  Tempii ,  inalzava  altari,  &  offeriva  olo- 
cauki ,  ora  mi  re(la  il  dar  qualche  motivo  de’  riti ,  delle  cerimonie,  e  de’  Sacer- 
dozii  cofiumati  da'.fuperdiziofi  Gentili  ne*  loro  Sacrificii,  già  che  ilMuieo 
Cofpiano  in  quella  pane  ancora  non  manca  di  quei  Simolacrr,  che  rilguardano 
quella  parte ,  e  che  mi  pajonacapprefencarivi  di  Sacerdoti  e  di  limili  perlone» 
che  (ctvivano  a’ ptoiani  altari,  -  - 


libro  i  N  T  0,  CAP.  XXIX.  SOM 


Vtir  «rigt ne  de'  Sacrificii  de'  Gentili , 

Cap.  XXIX. 

I  \  yr  A  prima  di  venire  alla  defcrizione  di  tali  Imagini  è  da  faperfi,  chedo* 
XVi  po  Toni verfal  diluvio  il  buon  Noè  fu  il  primo ,  che  profeguì  nell’  ad¬ 
dottrinare  i  luoi  figliuoli,  e  nipoti,e  tutta  la  poftcrità  ne’  puri  riti, e  nelle  vere  ce¬ 
rimonie  della  Religione,  e  de’ Santi  Sacrificii ,  che  fi  dovevano  all’  Onnipotente 
Iddiosì  in  rendimento  di  grazie,  come  per  placarlo,  e  per  implorarne  quegli 
ajuti,  de’ quali  l’uomo  èlemprebifogncvole,  venendo  appunto  detti  i  Sacri¬ 
ficii  in  due  modi  per  li  fini  principali ,  perii  quali  furono  inftituiti  ,  cioè 

gratiarum  a6iioy  •ve l  grata  beneficiorum  recordatio  ^  &  iKonutdi  ide/i  propitiato- 
ria ,  expiatoria ,  imperoche  in  vece  di  uomini  meritevoli  di  morte  fi  facrificava- 
no  animali  colla  fperanza  di  placare  Iddio  col  levare  in  tal  modo  il  reato,  ò 
l’ obbligo ,  che  meritava  la  pena  temporale .  E  fe  altrove  motivai ,  che  l’ Idola¬ 
tria  dopo  il  diluvio  ebbe  principio  ne’  defcendenti  di  Cam,  figliuolo  di  Noè , 
quindi  è, che  quelli  ,benche  addottrinati  dal  padre,e  dall’ avo  nell’  adorazio¬ 
ne  del  vero  Iddio ,  trasferirono  nondimeno  tal  olTequio  empiamente  alle  loro  li¬ 
molate  Deità .  E  ficome  il  Popolo  Eletto  negli  onori,  che  dava  al  Creatore  del 
tutto  aveva  llabilite  le  lue  religiofe  leggi ,  e  quali ,  e  quando  fi  dovevano  facri- 
ficarc  tali  cole  ;  così  la  Gentilità  cercò  d*  imitarlo  collo  llabilire  anch’  ella  qual 
forte  d*  animali  elTer  potelTe  accetta  a  qualunque  Deità:  e  così  determinando 
tutte  le  vittime  più  care,  e  piu  proprie  a  qualfivoglia  Nume,non  fù  tanto  abboo. 
dante  la  natura  nel  produrre  di verfità  d’ animali  di  qualfivoglia  fpecie ,  che  più 
non  follerò  gli  Dii  ,chc  leppcro  inventare  i  fupcrlliziofi  Idolatri  coll’  attribuire 
acialchedunoilfuo  particolare  animale,  onde  diflfe  Arnobio,  animalium 
falla  ejfet  inter  Deos  divifio  ^  Et  oltre  gli  animali  ufarono  parimente  di  offerire 
in  lacrificio  non  lolo  molte  altre  cole,  conforme  le  ftimarono  proprie  de’ loro 
Dii,  e  fecondo  i  fini  accennati;  ma  ancora  (per  maggiormente  accreditare  i  riti 
della  loro  religione  )  facrificarono  gli  uomini  ilteflì .  Et  io  qui  confidero,che  al 
Mondo  nó  fù  mai  Nazione  così  barbara,  e  tanto  lei  vaggia ,  che  non  aveffe  avuto 
il  timore  de  gli  Dii ,  e  che  anche  dal  folo  lume  della  natura  gervernata  non  abbia 
avuta  la  cognizione ,  che  vi  folle  qualcheduno ,  che  principalmente  fovrallalle 
alle  creature ,  e  dal  cui  volere  dipendeffero  le  cofe .  Quindi  è  ,che  l’ uomo  ,  ab- 
bcnche  aveffe  deviato  dal  vero  culto  di  Dio ,  non  volle  perciò  allontanarli  dallit 
cognizione  del  medefimo, inalzando  arai  fine  altari,  erigendo  lontuofi  Tem¬ 
pii  ,  creando  Sacerdoti ,  moltiplicando  cerimonie ,  e  decretando  religiofe  leggi 
anche  a  quegli  Dii ,  a’  quali  egli  diede  la  divinità ,  e  che  in  effetto  da  fe  medelì- 
mofifabbricò.  Da’ marmi,  e  dalle  Medaglie  antiche,  e  dalle  magnifiche fa- 
briche ,  delle  quali  anche  al  dì  d’ oggi  ci  fono  riraafte  le  raaravigliolc  velligia , 
di  ciò  fi  cavano  indubbitati  rifeontri  :  effendo  purtroppo  vero,  che  gli  antichi 
Romani  più  delle  ftraniere  Nazioni  furono  immerfi  nella  fupcrlliziofa  de¬ 
vozione  d’ innumerabili  Deità ,  che  non  folo  da  loro  lleflì  fi  fantallicarono ,  ma 
che  parimente  da’  vicini,  e  da’  lontani  Paefi  adunfimil  fine  feppero  procac¬ 
ciarli.  Ma  qui  non  cefsò  la  pazza  ambizione  dell’uomo,  imperoche,  fe  nel- 
TAlìa  Nabuedonofor  comandò  che  alla  fua  Statua  ogn’uno  divoto  s’inginoc- 
chialTe:  fe  i  Medi ,  i  Perfiani ,  gli  Egizii  ,e  quelli  della  Libia  adorarono  per  Dii 
i  loro  Rè,  e  le  nell’ Europa  da’ Macedoni  Aleffandro  il  Grande,  dagli  Ateniefi 
Demade ,  e  Demetrio ,  e  da  gli  Epiroti  Pirro  vollero  vedere ,  che  fe  gli  ergeffe- 
ro altari,  fimolacri, e  Tempii, e  che  ogni  Suddito  porgeffe  loro  tributi  d’ado¬ 
razione; 


Ecelt  t. 


’JnO^Abio, 


‘in  8. 


Coul.  della 
Relig.  degh 
antichi . 


50Ì  M  y  S  E  0  ,£  0  S  F  l  A  N  0 

razior.'e;  s’intro  luHc  anche  cotanto  temeraria  codumanza  appreso  i  Latini 
forco  ri(nperod*Augufto>  mentre  al  medefimo^  ancor  vivendo,  futonodati  i 
divinionori, onde  Virgilio: 

Namque  crii  ilk  mihi  femper  Deus:  illius  aram 

Sape  tener  noflris  ab  ovilibus  imbuet  agnus, 

E fc bene fcrivc  J:.vttori!0,ehelamodcltiaditalImpcradore  non  permife,  che 
sù ’l  principio  le  gli  facedero  altari,  e  Tempii  sì  dentro,  come  fuori  di  Roma, 
Ti/telTo  autore  nondimeno  racconta,  che  in  Lione  fotto  iConfolati  di  Giulio 
Antonio  ,edi  Fa[>io  Africano ,  &  in  Narbona  ,cffendo  Confoli  T.  Statilio  Tau- 
ro,c  M.  Emilio  Lepido,  gli  furono  dapoi  inalzati  altari,  adorati  i  di  lui  lìmolacri, 
facrifìcati  animali ,  e  da  per  tutto  creati  Sacerdoti  col  nome  d’ Auguftalt .  Non 
furono  inferiori  d’ambizione i  Tiberi  ,i Caligula,  i  Claudii, i  Domitiani , Scal¬ 
tri  Imperadori,  che  ad  Auguftofuccedettero,enel  dominio,  e  nell’ ambire  di 
vederli confecrati , come  Dii ,  e  nell’ufurparfi  (  ancor  vivendo)  i  divini  onori . 
Tanto  può  l’ambizione ,  e  la  potenza  di  chi  può  farfi  ubbidire ,  e  tanto  vale  i!  ti¬ 
more  di  chi  fi  paventa  più  (oggetto,  e  vicino  al  caftigo  nel  peccare  contro  il 
Principe, che  contra  Iddio  ,  comecfprelTe  Minuccio  Fefice  parlando  de’  Ce/a¬ 
ri  ,  quod  erat  tutiìts  per  lovis  genium  pe]erare  ,  quam  Regis  !  Ma  più  oltre  paf* 
sòii  temerario  ardire  dell’ umana  ambizione,  mentre  le  donne  iftelTc,  e  leper- 
fone  di  poco  conto,  ancor  viventi,  fi  videro  al  pari  de’  Monarchi  idolatrate ,  co¬ 
me  di  Cleopatra  fcrilTc  Servio ,  adfumpferat  y  ut  fe  Ifìm  vellet 

videri:  e  pure  da  gli  Egizii  non  tù  Deità  cotanto  riverita ,  come  fù  Ifide  :  e  co¬ 
me  Ateneo ,  parlando  de  gli  Atenicfi,  di(Te  ,che  non  folo  attribuirono  gli  onori 
divinial  loro  Rè  Demetrio,  ma  ancora  aBurico,ad  Adimante,  &adOxitemi- 
dc,adulatoridello  fte(ro,aiTegnando  loro  are, Tempii,  eSacerdotii  ,  Ma  fe  i 
Gentili  a  tanti  loro  Dii  ftabilirono  determinati  altari ,  e  proprii  modi  di  (acrili- 
carvi ,  bifogna  dire , che  innumerabili  foffero  i  riti  della  fuperftiziofa  Gentilità . 
Con  tutto  ciò  è  probabile,  che  l’ antichità  avefle  diftribuiti  gli  Dii  in  certi  ordi¬ 
ni  ,  e  determinate  dalli ,  e  che  a  ciafeheduna  folte  decretato  il  fuo  modo  di  fa- 
crificare,  altnmentc  l’ uomo  non  avrebbe  potuto  foddisfare  a  c|utll’  obbligo ,  al 
quale  egli  fi  era  volontariamente  alToggettito .  Qiiindi  è ,  che  alcuni  Dii  furono 
creduti  dell’ordine  Celefte, altri  del  Terreftre,  alcuni  avete  la  cura  del  Mare,  & 
edere  peteiò  maritimi.  Se  altri  clTere  infernali ,  altri  aerei,  e  fovraftare  ad’  aria ,  Se 
all’ Inferno ,  ecosì  fù  facile  a  gliantichi  l’adempire  gli  obb!  ghi  della  loro  fu- 
perftiziofa  religione .  Oltreche  molto  verifimile  radembra ,  che  ad  ogni  clalTc 
di  Dii  vi  folte  il  fuo  capo,  e  primiero  Sacerdore ,  e  che  a  tutti  i  capi  d’ ordine  vi 
folte  un  maggior  Sacerdote ,  che  fovraftaltc  a  tutti  gli  altri,  come  in  effetto  ritro¬ 
vo,  che  Numa  fù  quello,  che  lo  inflituìcol  nqmedifommo  Pontefice, c che 
venne  in  tanta  riputazione  in  progrelto  di  tempo ,  che  non  poteva  ellere  alcuno 
fe  non  Senatore ,  avendo  quelli  cura  del  le  cofe  (agre  così  private ,  come  publi- 
chc ,  delle  cerimonie ,  de’  prodigò ,  de’  mortorii ,  d’ interpretare  le  cofe  divine, 
legnare ,  feri  vere ,  e  comandare  a  qui  li  altari ,  e  Dii  fi  dovevano  fare  i  facrificii  ; 
e  (opra  tutto  por  mente ,  e  proibire ,  che  nuove  ufanze  non  s’ introduceitcro in 
Roma  per  difturbare ,  ò  corrompere  le  cerimonie  della  loro  prima  religione ,  e 
de’ loro  Dii. 

2  Ma  troppo  longo  farei,  fe  voleffi  far  menzione  di  qualfivoglia  forte  di  Sa¬ 
cerdotio  antico  ;  imperoche  oltre  il  maggior  Pontefice  v’  era  il  minore,-  ficome  i 
Flamini,  Se  Archi  flamini  tenevano  i  primi  ordini  /acri  ;  gli  Auguri  per  gli  uccel¬ 
li  :  i  Salii  per  Marte, &  altri  Sacerdoti  furono  alTegnati  alla  memoria  de  gl’Impe- 
radori ,  dapoichc  furono  deificati, come  gli  Auguftali  d’Auguflo,  gli  Antoniani 

d’ Anto. 


libro  ^  V  i  ìì  t  0.  CAP.  XXIX.  50J 

ci‘  Antonino ,  gli  Aureliani  d’ Aurelio,  &  i  Faufliiniani  di  Fauftina,  tutti  ordina¬ 
ti  p  er  la  religione ,  e  per  far  facrilicii,  dedicazioni ,  confegrazioni,  fupplicazio. 
ni,  voti,  etant’alcre,  accennate  da  gli  Scrittori,  fimili,  e  vane  pompe  a’fallì 
Dei  della  fuperftiziofa  Gentilità. 

3  Non  approvo  in  quello  luogo  il  tralafciare  di  dire,  che  tra  gli  ordini  de* 
Sacerdoti  Gentili  furono  per  antichità  ragguardevoli  i  Luperci  inllituiti  da 
Evandro,  Rè  de  gii  Arcadi,  in  onore  del  Dio  Pane:  coRuinando  quelli  ogni 
anno  nel  Mele  di  Febrajo  di  correre  nudi  per  la  Città , e  di  battere  le  donne ,  che 
incontravano  con  pelli  di  capre,  per  facilitar  loro  il  partorire»  e  per  rendetele 
fierili  feconde . 

4  Antichi  furono  i  Potitii,  &  i  Pinarii,  Sacerdoti  ordinati  parimente  da 
Evandro  in  onore  di  Ercole,  a  cui /acrilica  vanii  bovi  la  mattina,  eia  (era,  fer¬ 
vendo  atalifacriiìcii  i  Pinarii  di  (empiici  minillri,  e  rellando  a*  Potitii  tutta  la 
cura  di  mangiare ,  e  di  dar  compimento  ai  fuperlliziofo  olocaullo . 

5  1  fratelli  amali ,  che  furono  dodeci  Sacerdoti  inllituiti  da  Romulo,  tra  qua* 
li  egli  volle elTere uno,  ebbero  Toffizio  di  ammazzare  le  vittime  ambaruali in 
nome  di  Cerere,  e  di  Bacco,  per  implorarne  l’abbondanza  delle  biade,  e  del 
vino  j  e  così  fatti  facrilìcii  furono  detti  ambaruali ,  perche  le  vittime  prima  d*  ef¬ 
fere  facrilìcate,  venivano  da*  minillri,  eh*  erano  coronati  di  fpighe ,  con  bianche 
bende  legate,  procelHonalmente  condotte  tré  volte  intorno  alle  campagne^» 
onde  Virgilio: 

Terque  »6vas  crrcu?»  feelìx  eat  hofiia,  fruges, 

€  Fù  celebre  l’ordine  de’ feflanta  publici  Sacerdoti,  creati  da  Romulo,  ia- 
tempo ,  che  Roma  fù  accrcfciuca  d*  abitatori ,  in  ordi ne  al  quale  due  per  cialche- 
duna  centuria  fe  ne  elegge vanojchc  pervirtù,cpcrprofapiaavc(Tcroavanzati  gli 
altri,  e  che  perfetti  di  corpo,  e  di  mente  aveffero  cinquant’anni,  privileggian- 
dolì  di  molte  cole,  &efcntandoli  da  gli  affari  militari ,  e  da  qualfivoglia  sì  pu¬ 
blico  ,  come  privato  min; Reto . 

7  Da*  Caldei ,  e  da’ Greci  ebbe  origine  la  religione  de  gli  Auguri ,  che  impa¬ 
rata  da  Tofcani,da  quelli  fu  portata  in  Roma,  do  ve  fù  di  tanto  créd^ito,  che  quel 
Popolo  fupcrlliziolo  non  avrebbe  mai  fatto ,  nè  deliberato  cola  alcuna  dentro , 
©fuori  di  Roma,  che  prima  non  avelie  preio  l’Augurio.  Anzi  venne  quella  di¬ 
gnità  in  tale  riputazione ,  rifpetto  all’  onore ,  Se  utile , che  ne  ricevevano  quelli,» 
eh’  erano  Auguri, che  i  primi  Romani  cercavano  d’ entrare  in  quello  Sacerdotio , 
come  lì  vede  dalie  Medaglie  di  Pompeo ,  e  di  Celare  Dittatore ,  che  vi  polo  an¬ 
cora  M.  Antonio, e  Lepido ,  nelle  quali  lì  ritrova  il  lituo ,  il  lìmpolo,  il  cappel¬ 
lo ,  il  vaio ,  &  i  pulcini ,  tutte  inlegne ,  che  moRrano  la  dignità ,  e  le  cole  necef-' 
fané  a  queRo  ollìzio . 

8  Numa  Pompilio  fù  quello ,  che  ordinò ,  e  chiamò  col  nome  di  Flamini  i  Sa¬ 
cerdoti  di  Giove ,  c  di  Marte,  le  bene  dice  Varrone , che  gli  antichi  ebbero  tanti 
Flamini ,  quanti  Dii  avevano,  come  il  Diale  di  Giove,  il  Marziale  di  Marte,  il 
Quirinale  di  Romulo ,  il  Volcanale  di  Volcano,  e  così  de  gli  altri .  Ma  dapoiche 
il  Senato  Romano  coRumò  di  deificare  i  luoìlmperadori,affeguò  ancora  a  gl* 
ìReffì  ì  Flamini  :  come  gli  AuguRali  per  AuguRo,  e  gli  Antoniani  per  Antonino  : 
trà  quali  il  Diale  era  meglio  veRito  de  gli  altri ,  &  aveva  la  fua  fedia  d’ avorio , 
ordinata  folamenre  per  li  MagiRrati .  £  il  Flamine  folo  portava  il  cappello 
bianco, lenza  il  quale  non  gli  era  lecito  ufeire  fuori  di  cala. 

9  Dodcci  furono  i  Sacerdoti  da  Numa  ordinati ,  e  detti  Salij ,  da’  (alti,  eh’  effi 
facevano  foleonizando  i  loro  Sacrifica .  Furono  accrefeiuti  fino  al  nùmero  di 
ventiquatcrodaTulloHoRilio:  c  dapoi furono  tanti,  che  crearono  ungrao- 

Colle-  . 


I .  Oeergie 
V.  34f* 


^04  U  V  S  E  0  C  0  S  P  l  A  N  0 

Colleggio ,  e  non  potevano  edere  di  quello  ordine  ,  fe  non  quelli,  ch‘  erano  pri¬ 
vi  di  padre ,  c  madre  ;  collumando  di  andare  ballando  per  inezo  le  ftrade ,  e  di 
cantare  verfi  Saliarii  nel  Mele  di  Marzo  portando  nelle  mani  gli  feudi  celefti. 
Ancili* ,  detti ,  in  onore  di  Marte ,  come  chiara  ceftimonianza  ne  fanno  le  Meda¬ 
glie  di  Àugufto  Celare,  e  di  Antonino  Pio. 

10  Tri  i  molti  Sacerdoti  della  Gentilità,  ve  ne  furono  d’una  certa  forte, 
fubordmata  a’  Pontefici ,  chiamati  Epuloni ,  ò  più  tollo  Sacerdoti  di  buon  tem¬ 
po,  inftituiti  a  fine  d’ ordinarci  con  viti,  che  i  Romani  facevano  celebrando  le 
felle  de’ loro  Dii,  &  annunciando  il  giorno,  nel  quale  fi  doveva  fare  la  cena  di 
Giove  ;  dove  fe  per  forte  accadeva ,  che  la  foicnnità  non  folle  interamente  olfer- 
vata  con  le  debite  cerimonie ,  elfi  lo  dicevanoa’  Pontefici ,  i  quali  rimediavano 
a  tutto . 

1 1  Quindici  furono  i  Sacerdoti ,  originaci  da  Tarquinio ,  &  accrefeiuti  a  tal 
numero  da  Aulio  Cellio ,  c  da  Licinio  Tribuni  della  plebe ,  e  da  Siila,  &  inllitui- 
tiper  leggere,  &  interpretarci  Libri  facri,  ò  Sibillini,  e  di  rilpondere,e  confi¬ 
gliare  al  Popolo  Romano  tutte  le  cofcdubbiofc,a(Iìllcndo  a’  facrificii  d’ Apol¬ 
lo  ,  come  mollra  il  T ripode  impreffo  nelle  Medaglie  di  Vitellio ,  e  di  Vefpafiano 
con  lettere,  che  dicono  QVINDECIM  VIR  SACRIS  FACIVNDIS. 

1 2  Tiberio  Celare  dopo  l’ avere  edificato  un  Tempio  ad  Augullo,  il  quale  fù 
conlccrato  da  C.  Caligula  dopo  la  morte  di  T iberio ,  creò  il  Collegio  de’  Sacer¬ 
doti  Augullaii,  il  quale  fù  in  tanto  credito,  eh’  elTendovi  aggregato  Sergio 
Galba ,  avanti  che  folle  Imperadorc ,  fà  cónofeere ,  che  anche  i  primarii  di  Roma 
ambirono  un  tanto  onore  * 

1 3  Ogni  anno  al  principio  di  primavera  da’  Romani  fi  faceva  una  fella  mag¬ 
giore  di  tutte  l’altre  in  onore  di  Cibele,  Madre  de  gli  Dii,  i  di  cui  Sacerdoti 
detti  Galli,  &  Archigallo  il  maggior  di  loro,  ufarono  di  portare  procclfional- 
mentecon  le  più  prctiofecofe,  che  avevanoin  cala  il  fimolacro  della  mentova¬ 
ta  Dea ,  collumando  ogni  uno  con  tal  occafione  di  vellirlì ,  e  tra  veRirfi  a  fuo  pia¬ 
cere,  il  che  1!  vide  folennizare  con  illraordinaria  pompa  lotto  l’Impero  di  Com¬ 
modo  in  ringraziaménto  della  Indetta  Dea  per  lo  fcampo  dalla  congiura  di  Ma¬ 
terno,  avendo  perciò  il  Popolo  Romano  fatte  grandilfime  allegrezze,  e  diverfi 
giuochi  per  la  fallite  del  fudetto  Principe,  chiamandoli  Seteria  ^  cioè  facrificii 
di  faiure. 

14  E  fe  bene  molti furono  i  Collegi,  e  gli  ordini  de’ Sacerdoti  appreOogli 
antichi  Idolatri ,  che  pure  fono  fiati  regifirati  da  chi  ne  hà  fatto  erudita  menzio¬ 
ne  ,  con  tutto  ciò  non  è  da  tralalciarfi ,  che  apprelTo  la  Gentilità  fù  in  tanta  vene¬ 
razione  la  religione ,  che  gl’  illelfi  Monarchi  ambirono  l’ onore  del  Sacerdotio, 
come  del  RèAnio  fenfi^  Virgilio: 

^  ^  Rex  Amhs ,  Rex  idem  hominum ,  Phabique  Sacerdos  ; 

3.  it.v.jo  2  (vagheggiandole 

cole conlìderabili,che nel prefentcMuleoficonfervaoo)èdiafpetto  feminile, 
e  tutta  velata,  &  ammantata  fi  ofier va,  come  l’intaglio  ne  dà  fcnfibili  contra- 
fegni ,  mi  fà  di  nuovo  riflettere  alla  luperlliziofa  religione  de’  Gentili ,  raffigu-, 
randomi  tale  imagine  per  una  di  quelle  Vergini  ,che  avevano  cura  delle  cole  fa- 
ere ,  e  che  prefiedendo  alla  perpetuità  dei  fuoco  nel  Tempio  delia  Dea  Veda ,  dì 
Vedali  ebbero  il  nome;  ordine  appunto  di  religione,  nel  quale  non  erano  am- 
me0e,chele  fanciulle  maggiori  di  fei  anni,  e  minori  di  dieci,  e  che  obbligato 
alla  verginità  fino  a’  trent’  anni  venivano  a  fpefe  publiche  mantenute  nel  religio- 
fominilterod|effercitare  le  cerimonie,  dei  facrificii  alla  fudcttaDca. 

Imagi* 


L  i  ÈRO  ^P>  t  N  T  0.  CAPI  XXX.  joj 


ImAgine  d'  una,  Vedale» 

Caj>,  XXX, 

g  \  Jf  A  prima  d’ inoltrarmi  di  vantaggio  nel  dif- 
correre  in  ordine  al  noftro  Simo  lacro  delle 
Veftali  iacerdoteffe,  parmi  di  non  dovere  in  quello 
luogo  tralafciar  di  dire,  che  alcune  volte  T antichità 
perla  Dea  Velia  intefe  la  Madre  di  Saturno,  che  fòla 
inedefima,  che  la  Terra,  òcheCibele,  e  Rea,  Madre 
de  gli  Dii  :  e  che  altrevolte  ricevette  così  riverita  Dei¬ 
tà  per  la  figliuola  di  Giove,  e  per  la  nipote  di  Saturno» 
dinotando  all’  ora  il  fuoco  :  e  che  i  Gentili  per  lo  più  ri¬ 
cevendo  confufainente  e  per  la  Terra ,  e  per  Io  Fuoco  la 
mentovata  Velia,  confiderarono  in  un’  iftelTo  tempo 
tutta  la  Terra,&  il  Fuoco  ripollo  nelle  vifeere  della  me- 
defima,  come  principii,  e  cagioni  di  tutte  le  generazio¬ 
ni  .  Quindi  è,  che  gli  antichi  tanto  conto  fecero  di 
quel  fuoco,  lìmboleggiante  una  così  pregiata  Deità, 
che  videftinaronoSacerdotefle  per  renderlo  perpetuo 
colla  loro  vigilante  alTiRenza,  &  i  Romani  vollero, che 
tali  affilienti  folTero  vergini  alìmilitudinedel  fuoco, 
che  per  fe  ItclTo  non  è  capace  di  generazione  :  ficome  le 
Vergini  libere  dalla  cura  de’  figli  uoli ,  dal  marito ,  e  da 
altre  faccende ,  potevano  maggiormente  vigilare  alla 
perpetuità  di  un  tal  fuoco,  che  le  per  forte  rellava  ellin- 
€o ,  ne  congetturavano  i  luperftiziofi  Gentili  declinanti 
Jecolc  pubbliche,  e  lìnillri  avvenimenti, 

2  Io  qui  non  mi  diffonderò  nel  cercare  dove  avelie  origine  così  vana  reli¬ 
gione,  imperoche,  fe  dall* avere  altrove  motivato,  che  il  Sole  (intefo  per  lo 
fuoco  )trà  le  prime  cofe  create  fùricevvtofotrocultodivìno  da  gl’idolatri,  o 
che  lo  Scaligero  dille:  Scriptum  efi  in  hiìlorits  Africanis  ignem  in  Ljbia pr$ 
Deo  habitumx  quem  VeHalium  rifu  perpetuum  fervarents  hddel  verifimile,che 
tal  culto  folle  antico, e  che  i  Latini  imparatolo  da’  Greci,  quelli  l’avelfero  ap- 
prelo  dalle  llraniere  Nazioni ,  cflendo  noto ,  che  Enea  fù  il  primo ,  che  lo  portò 
in  Italia,  e  che  nel  tempo  di  Romulo  (ancorché  altri  vogliano  in  quellodiNu- 
ma  )  folte  introdotto  nel  Lazio ,  dove  in  onore  della  mentovata  Dea  furono  fon- 
tuofi  Tempii  fabricati,  c  quelli  di  forma  rotondi  per  dinotare  la  rotondità  della 
Terra ,  alla  quale  lì  riferiva  Velia  nel  modo  di  fopra  accennato ,  e  dove ,  a  pare¬ 
re  d’ alcuni,  era  vietato  l’ingreflfo  a  gli  uomini,  fe  bene  altri  vogliono,  che  ciò 
folle  folamente  proibito  di  notte  tempo,  e  non  altrimente  di  giorno;  elTendo 
conlìderabile,  che  ne’  Tempii  di  Velia  non  era  alcun  Simolacro  dinotamela 
medefima,  onde  Ovidio, 

Bfe  di»  finitus  Vefia  fimulachra  putavi; 

Mox  didici  curvo  nulla  fube^e  tholo, 
adducendo  Ia  cagione  Io  flelfo  Poeta 

Ignis  inextinSius  tempio  celatur  in  ilio  ; 

Effigiem  nullam  Velia,,  nec  ignis  habent. 

E  fe  bene  da  Statue,  e  da  Medaglie  antiche  fe  ne  vedono  le  imagini,  e  Snidala 
faccia  di  fembiameferainile,  e  Plinio  la  figuri  fedente  :  vogliono  nondimeno 

Vv  ^  alcuni. 


l 


fap.e: 


r4-  9- 

e.zi,  de  ìAo‘ 
hlMrté. 


De  II 4  Rtlig. 
de  gli  ami. 
chi  Remani . 


>otf  M  y  s  E  0  c  0  s  p  i  A  n  0 

alcuni,  che  tali  imagini  rapprefentinofolamente  quella  Verta,  la  quale  tenuta 
per  la  Madre  di  Saturno  fi  riferiva  alla  Terra  :  inclinando  però  io  a  dire ,  che  an¬ 
che  col  fondamento  delle  Medaglie  antiche  quella  Verta,  tenuta  per  figliuola  di 
Saturno ,  e  per  lo  fuoco ,  veniva  da  gli  antichi  figurata  ora  fedente,  &  ora  rtante  : 
e  maflìme,  perche  offer  vo,  che  le  imagini  di  tale  Deità  fono  figurate  colla  face 
in  mano  dinotante  il  fuoco  perpetuo,  e  con  la  patera  libatoria  per  lifacrificii, 
che  facevano  i  Gentili  alla  Dea,  della  quale  fi  difeorre;  fe  pure  non  voleffìmo 
dire ,  che  gli  antichi  non  aveffero  pretefo  di  comprendere  in  querteimagini  sì  la 
Madre,  come lafigliuola di  Saturno,  e  per  confeguenza  riverire  fottocultodi 
fuperrtiziofa  religione  in  un  folo  Simolacro  due  Deità  di  Verta,*  indicanti  con 
tale  imagine  la  Terra,  &  il  Fuoco . 

3  Ma  ritornando  al  noltro  Simolacro ,  che  hòflimato  di  poterlo  rawifare  ad 
una  Vertale,  confiderò  nel  medefimo  il  pietofo,c  divoto  fembiante  proprio 
d’una  vergine,  e  che  non  difccrnendofi  in  alcuna  parte  del  capo,  quale  è  velato, 
alcun  fegno  di  capigliatura, mi  fà  raccordare,  che  nelfaggregarfi  le  fanciulle 
nell’ Ordine  Vertale  fi  tagliavano  i  capelli,  che  poi  appendevano  al  Tempio, 
dedicato  alla  Dea ,  alla  quale dertinate  fi  conlecravano . 

4  Nel  riflettere  parimente  all’  abito ,  al  manto ,  &  alla  velatura  della  prefente 
imagine ,  e  nel  farne  confronto  colle  Medaglie  deferitte  da  g'i  eruditi  profeffori, 
cmaffìmamente  con  quelle  di  Faurtina,  e  di  Lucilia,  raccordate  da  Guglielmo 
Couiio ,  nelle  quali  fi  vedono  tali  facrificanti  nc  gli  abiti  in  buona  parte  unifor¬ 
mi  a  quelli  del  nortro  Simolacro,  mi  fà  perfirtere  maggiormente  nel  dire,  che 
qiiertifiarapprefentativodiunadi  quelle  Vertali,  delle  quali  fi  ragiona.  Anzi 
confideranno  al  numero  di  tali  Sacerdoteffe  ,  le  quali  sù’l  principio  furono 
quattro ,  c  dappoi  fei,  c  che  col  tempo  fi  aumentarono  fino  al  numero  di  vinti ,  c 
che  tutte  non  erano  dertinate  ad  un  folo  minirtero,  parmi  di  poter  verifimilmen- 
te  ftimare ,  che  in  qualche  parte  ancora  tra  di  loro  variaffero  nel  modo  di  ve  larfi, 
c  di  vertirfi ,  per  dinotare  forfè  in  tal  modo  la  diverfità  de  gli  ulfizii ,  a’  quali  era¬ 
no  dertinate  ;imperochc,fe  quelle  Vertali,  le  quali  di  nuovo  erano  ammeffein 
tal  ordine , prima  di  diecianni  di  noviziato  non  potevano  efercitarc  il  minirtero 
di  facrificare,  e  che  le  provette  erano  quelle,  chefervivano  di  macrtre  all’ altre 
nell’  inf  gnar  loro  i  riti ,  e  le  cerimonie  di  una  così  fuperrtiziofa  religione,  e  che 
fopra  il  tutto  ve  n’ era  una,  che  gode  va  il  titolo  di  Malfima  ,bifogna  dire  ancora, 
che  tali  Vertali  foflero  dirtribuite  in  determinati  ordini,  e  che  per  particolari 
modi  veniffe  l’una  dirtinta  dall’altre.*  favorendo  ciò  al nortro Simolacro, in 
ogni  cafo  ,che  nel  velo , e  nell’abito  non  forte  a  prima  virta  in  tutto  riconofeiu- 
to  uniforme  a’cortumati  dalle  Vertali ,  delle  quali  ora  fe  ne  fa  menzione ,  e  che 
ritrovo,  che  giurta  1  ufanza  di  qualfi voglia  Sacerdote  antico  cortumavano  d’ an¬ 
dar  vertite  di  lunghe  vcrti ,  e  velate ,  e  quilchcvolta  ancora  avete  le  tempiaco¬ 
ronate  di  bende  con  querta  differenza  però ,  che  le  Vertali  ufavano  le  vcftì  bian¬ 
che,  non  fervendoli  del  color  roffo,  che  a’ lembi  delle  vedi  :  ficome  qualche 
voltaancoraufarono  di  legare  con  bende  le  intrecciate  chiome,  le  quali  pen¬ 
denti  dal  capo ,  fopra  del  dorfo  cadevano . 

5  Di  quanta  rtima  poi  foffero  tali  Sacerdoteffe  appreffo  la  Gentilità  fi  cono- 
fee  da’  molti  privilegii,  che  loro  furono  conceduti ,  tra’ quali  è  ragguardevole 
quello ,  che  aveffero  autorità  di  liberare  dalla  morte  que’  condennati ,  ne’  quali 
effe  a  cafo  fi  foffero  incontrate  :  ficome  è  noto  in  quanta  venerazione  foffero  ap¬ 
preffo  il  Popolo  Romano, mentre  per  le  loro  preghiere  fi  videro  più  volte  acque¬ 
tate  quelle  (edizioni ,  che  turbavano  laquiete  civile,  edi  tutto  il  Popolo  Roma¬ 
no,  il  quale  fovente  per  lo  rifpetto,  che  portava  alle  medefime,  permife  ,cho 

trionfaf- 


L  r  X  n  o  f^  I  N  T  0.  .  CAP.  >07 

irionfaflfcro  quelli,  a’  qaa#per  publico  decreto  era  vietato,  mentre  a  riferire  di 
Lipiìo,  eFi  inter  exempla  Claudio.  yeFialis,  qua  fratrem  in\ujfu  populi  triunt- 
p h antem  i  afcenfo  (ìmul  curru  ,  ufque  in  Capitolium  profecuta  ejl  ^  ne  vetare  ^ 
aut  interdicere  cuiquam  T rib unorum  fas  efet .  - 

6  Ma/equefte  furono  rifpettate,  e  riverite,  e  goderono  Angolari  onori  ,  c 
ragguardevoli  indulti,  altrettanto,  e  fe  veramente  ancora  furono  caligate ,  fe 
mancanti  dal  loro  uilìzio  erano  ritrovate;  imperochc  il  gran  Pontefice,  al  qualeà 
iìcome  fi  apparteneva  la  cura  di  pigliarle  dal  Popolo,  e  d’  approvar quellei 
eh  efso  giudicava  migliori,  c  conformi  alle  Leggi  del  Veltale  Sacerdotio  (clsenJ 
dogià  pafsato  da  Muma  a’  Regi,  e  da  quelli,  dopo  il  loro  Impero,  all’ accen¬ 
nato  Pontefice  la  collumanza  d’eleggere  tali  fanciulle  )  così  dal  medelìmo  di¬ 
pendeva  l’ autorità  di  calligarle  feveramente,  nonfolo  ogni  volta,  cheavelTe 
ritrovato  (pento  quel  fuoco,  che  da  quelle  accefo  doveva  effere  continuatamen¬ 
te  mantenuto ,  ma  ancora  di  fentenziarié  ad  effere  fepellite  vi  ve ,  quando  avel¬ 
lerò  deviato  da  quell’  obbligo  di  mantenerli  vergini  fino  a  quel  tempo,  al  quale 
s’ erano  affoggettite,  che  appunto  era  di  trent’anni  di  ordine  Vertale,  dopo  il 
quale  fi  potevano  maritare,  quantunque  (  per  quello  che  vanamente  offervaffero 
i Gentili)  tutte  quelle,  eh’ effercitarono  quella  vita,  e  fi  maritarono,  follerò 
sfortunate,  e  loro  accadeffero  infelici  avvenimenti.  Io  qui  non  mi eftenderò 
nei deferivere  il  modo , che  cortumarono  gii  antichi  nel  condurre  ali’ accennato 
lupplicio  le  colpevoli  Vertali  ,  perche  a  baftanza  ne  anno  ragionato  eruditi 
Scrittori:  nè  meno  raccorderò  la  mertizia,  e  illutto,chene  prendevano  tanto 
gii  amici,  c  (parenti  della  rea  Vertale,  quanto  tutta  la  Città,  imperoche  barte- 
rammi  il  riferire  ciò  che  dille  il  mentovato  autore  :  neque  ullam  in  ea  diem  tri^ 
Jliorem  .  Obvios  autem  via  decedere  ,  vado  ubique  fìlentio ,  attonitofque  omnes 
Mare  i  aut  comitari:  Nè  tampoco  farò  menzione  del  grande  rifpetto,  che  por¬ 
tavano  gli  antichi  alla  religione ,  &  a  così  da  loro  riverite  Sacerdoteffe ,  imper- 
cioche  non  ad  altri,che  al  folo  Pontefice  era  lecito  il  conofeere  le  caule  delle  me- 
defime,&  il  cartigare  le  impudiche;  alle  quali  pure,  levate  le  bende,  e  gli  abiti 
rcligiofi  ,  al  medefimo  fine  fi  dava  l’ ultimo  (upplicio  con  fepellirle  vive,  come 
bene  efpreffc  Plutarco  :  quia  Romani  corpus  maximis  confecratum  caremoniis 
occidere y  aut  manus  mulieri  adferre  jnefas putaverunt ,  Sub  terram  icitur  con- 
dif  cum  viBu  appofito ,  ut  quajt  fponte  exanimata  videretur ,  Ma  volentieri  mi 
pregierò  di  far  gloriola  memoria  dell’ImperadoreTcodofio  il  leniore,  che  nel 
decimo  (ettimo  anno  del  luo  Impero ,  chiufi  i  Tempii  alla  Dea  Verta ,  e  proibi¬ 
te  le  Vertali  Sacetdoteffe,ertinfe  quel  IuperrtizioIofuoco,che  vanamentefiper- 
fuadettero  di  perpetuare  i  pazzi  Idolatri . 

Imagine  d'  altra  Sacer dotejfa  ^ 

Cap,  XXXI, 

1X7*  N’  altro  Simolacro  di  bronzo  mi  fi  rapprefenta  d’  una  Sagrificantc ,  bel- 
V  io  di  patina ,  di  buori  difegno ,  e  di  affai  rara  antichità .  Querto ,  come 
lo  dimortra  l’intaglio,  dal  capo  fino  a’piedi  è  tutto  velato  da  un  manto ,  che  gli 
ferve  di  fopramanto  all’abito,  del  quale  è  vertito,  e  cinto,  rertando  il  deliro 
braccio  fuori  dal  fopramanto,  e  colla  mano  tenendo  una  patera,  pare,  che  Aia 
in  atto  di  fpargere  odori,  ò d’infondere  qualche  liquore,  ò  vino  fopra  le  vitti¬ 
me ,  ò  ne  gli  accefi  fochi  (opra  gli  altari,  come  l’antichità  coftumava  di  tributare 
a’fallìNumine’fuoifuperlliziofifacrificii:  intorno  a’ quali  veramente  chìvo- 
Ielle ininuumentedifcorrece, lì  recederebbe  dal  prelcritto  inrticutodi  volerò 

V  V  a  lola- 


f'tfiaìihus . 


5og  M  r  S  E  0  t  0  S  E  l  À  U  0 

folaoiente toccare  alla  sfuggita  quelle  cofe,  delle  quali 
altri  bene,  e  diffufamente  anno  ragionato,  c  ciò  confor¬ 
me  richiedono  le  cofe ,  che  nel  prefente  Mufeo  fi  confer¬ 
vano;  impcroche  troppo  lungo  farci,  fe  con  r  occafionc 
ditaliintagini  di  Sacetdoti  volefit  entrare  a  defcriverc 
tutti  quei  modi,  che  pratticavano  i  Gentili  nelvelarfiil 
capo,  nel  coronarli  le  terapia  ,e  nel  coprirli  il  corpo  con 
differenti  ,c  maeftoli  manti ,  ulando  in  tali  riti  di  variare 
conforme  la  diverfa  natura  de  gli  Dii,  a’  quali  facrifica- 
vano.  Oltreche  chi  non  sà,  che  a  quegli  Dii,  che  furo¬ 
no  ftimati  Celefti ,  li  fabricavano  lontuofi  Tempii ,  li  ac¬ 
cendevano  lumi,  c  s’-offerivano  in  faerifìcio  vittime  in 
luoghi  fublimi,  &  in  eminenti  Altari?  E'  noto,  che  gli 
antichi  nella  ftruttura  delle  fabriche  de’  Tempii  lì  fervi- 
vano  per  quelli  Dii  dell’ ordine  Corintio ,  per  quelli  del 
Ionico,  e  per  altri  del  Dorico  :  che  a  Dii  Cclelti  la  matti¬ 
na  in  faccia  al  Sol  levante,  c  che  a  gl’  Infernali  la  lera  ver- 
fo  il  tramontar  dello  Hello ,  lacrifìcavano  ;  coronandofi  i 
Sacerdoti ,  i  vali  facri,  gli  Altari  ,i  minillri ,  e  le  fcielte ,  e 
perfette  vittime,  di  quell’ erbe,  ò  di  quegli  arbori,  che 
ftimaronlì  ò  confecrati,ò  conformi  alla  natura  di  que’Nu- 
mi , a’ quali  fi  facevano  ifacrificii:  che  i  Sacerdoti  fi  fervivano  delle  velli  rolTe 
per  gli  Dii  Cclelli,  e  per  gl’ Infernali  delle  nere  :  che  fi  offerivano  inlacrilìcio 
ad  alcuni  Dii  gii  animali  mafehi ,  ad  alcuni  le  femine ,  &  ad  altri  le  Aerili  ;  e  che 
tanto i  Sacerdoti ,  quanto  le  Sacerdoteffe  do  vevano  effere  pure,  e  calle ,  ò  alme¬ 
no  edere  precedentemente  Hate  lontane  da  gli  amori  lafcivi  per  novegiorni, 
primadi accollarfia gli  Altari:  rammemorandomi,  che  i  Sacerdoti  di  Cibelé 
perciò  fi  tagliavano  con  certe,  e  determinate  pietre  le  parti  genitali ,  e  che  in_ 
Atene  gl’illelfial  medelìmo  fine  bevevano  il  fucco  della  cicuta,  e  che  le  femine 
fi  fervivano  di  foglie  di  viti  per  dormirvi  fopra  di  notte  tempo  per  confervarfi 
immuni  da  gii  Himoli  impudichi,  b*  confiderabile  ancora,  che  alcuno  non  ar¬ 
diva  di  accollarfia  gli  altari,  prima  di -efferfi  ben  purgato  da  ogni  lordura,  co» 
flumando  perciò  particolari  lavamene  j ,  &  acque  di  fiumi  determinati,  e  di  fon¬ 
ti  tanto  per  lavarli  le  mani  «quanto  ogni  altra  parte  del  corpo  :  e  che  varii  erano 
i  legni,  che  fi  accendevano  sugli  Altari,  e  quelli  conforme  la  diverfità  degli 
Dii,  a’  quali  lacrifìcavano, •  effendovj  parimente  dellinati  legnajuoli  per  tale 
ufizio .  Quali  poi  foffero  le  Leggi ,  che  lì  prelcriffcro  gli  antichi  ne  gli  accenna¬ 
ti , Scaltri  innumerabili  modidi  lucrificare,  e  quante  le  fuperllizioleoffervazio- 
ni  intorno  alle  bellie ,  che  i  minillri ,  &  i  dellinati  vittimar jj  con  lulcnne  pompit 
conducevano  a  gli  Altari,  accompagnati  da  fonatori  di  varii  llromenti,  e  da 
dellinateperfone,  che  cantavano  inni, c  canzoni  in  lode  delle  Deità ,  alle  quali 
intendevano  porgere  i  lupplichevoli  olocaulli ,  ogni  uno  da  fe  medelìmo  Io  può 
confiderare ,  mentre  tanta  fù  la  luperlliziola  offer vazione  della  Gentilità ,  che 
non  folo  dalla  diligente  inlpezione  delle  vilcere  de  gli  animali  lacrificati ,  c  dal 
modo  di  andare  quelli , e  di  foggettarfi  a’  vittimarii  neU’ellere  percoffe  co’ ma¬ 
gli,  òfeannate  colle  fecefpite  da’mcdefimi  minillri  d’ordine  del  facrificante, 
ne  cavavano  indizii  di  felici,  ò  disfortunati  avvenimenti  per  qualfi  voglia  pri¬ 
vato  ,e  publico  affare  ;  ma  ancora  dal  dormire  fopra  le  pelli  de  gli  animalifacri- 
ficati,  elcorticati  ,da’  foli  fumi  de  gl’ incenfi,ò  delle  peci,  ò  delle  legna  accefe, 
Cdcllìaate  per  li  lacrificii,  dalle  fiamme  rifplendenti,  ò  CAligiaole,  ò  acciden¬ 
talmente 


L  l  R  0  evinto.  CAP.  XXXI  509 

talmente  agitate  da’  venti,  e  da  mille  altre  vanità  prclero  motivo  di  accrcditaro 
i  loro  fognali  prefagi  gli  Arufpici  Romani ,  che  furono  figlinoli  di  Principi  >c  di 
Senatori,  i  qu-ih  s’erano  portati  nella  Tofcana  ad  imparare  un  tal  modo  d’an¬ 
tivedere  le  cofe  dipendenti  dalla  incertezza  del  futuro,  aline  d’animare  colle  Io*  i  . 

ro  bugiarde  aiTerzioqi,  quando  tornava  loro  conto,  i  Popoli  alla  guerra,  odi 
fncrvarc  i  medsfimi  col  timore  de  gli  Dii  adirati, quando  faceva  loro  di  bifogno. 

a  Ma  ritornando  alla  delineata  imagine ,  che  dalla  gracilità  delle  membra,  c 
dal  bel  ferabiantc  della  faccia ,  c  dalle  mammelle,  che  elevando  la  vette  nel  pet-^ 
to , la  quale  cuopre  le  medefime ,  danno  fegno ,  che  fia  di  femina ,  mi  fà  credere, 
che ,  oltre  le  Matrone  Veftali,  altre  donne  ancora,  col  rincontro  di  molti  marmi, 
c  Medaglie  antiche,  erano  ammefse  ai  Sacerdotio .  Anzi  il  riflettere ,  che  quetta 
imagine  colla  mano  dettra  tenendo  una  patera  inclinata  ttà  in  atto  d*  infondere 
liquore,  ò  polveri  odorifere,  mi  conferma  maggiormente  nel  concepito  pcn- 
fiero,  che  fia  una  Sacrificante ,  imperoche  è  vero,  che  fervivano  a  gli  Altari 
molti  miniftri, e  che  ve  n’ erano  alcuni,  i  quali,  quando  levittimefi  (cannava¬ 
no, con  vali, epatereraccoglievanoilfangue,  che  fgorgava,  non  hàpcròdel 
probabile ,  che  la  nottra  imagine  polla  ttimarfi  del  numero  di  tali  ufliziali ,  men¬ 
tre  la  patera  inclinata,  c  con  modo  di  non  poter  confervare  fluido  umore,  non 
può  darmene  (incero  rincontro.  Oltreché  hà  dei  verifimile,  che  i  mentovati 
miniftri  fi coronaffero  d’erbe,  e  di  frondi  d’arbori,  e  fi  veftiflero  d’abiti aflai 
di verfi  da  quei ,  che  cottumavano  i  Sacerdoti,  i  quali  erano  maettofi,  e  talmente 
grandi,  che  non  lolo  fervivano  loro  a  coprire  tutto  il  corpo,  &  ancora  il  capo, 
quando  non  l’avelTero  da  bende  circondato,  ma  parimente  per  iftrafcinare  per 
terra  da  ogni  parte ,  a  fine  di  rendere  maggiormente  maeftofa  la  dignità  Sacer¬ 
dotale  ,  olter  vando ,  che  i  victimarii  fi  vefti  vano  delle  pelli  degli  animali  già  fa- 
crificati  ,e  che  gli  altri  miniftri  non  avevano  abiti  ,c  toghe  uniformi ,  e  così  ma¬ 
gnifiche ,  c  lunghe ,  come  i  Sacerdoti . 

3  Suppofto  dunque,  che  nella  prefenre  imagine  fi  ravvili  qualche  Sacerdo- 
tefla ,  mi  (ovvicne ,  che  gli  antichi  conducevano  con  ogni  maggiore  folennità  a 
gli  Altari  Icbeftie  ornate  di  varii  abbellimenti,  e  fe  erano  bovi,  maffimamente 
con  le  corna  dorate,  come  accennò  Virgilio, 

Et  Jiatuam  ante  aras  aurata  fronte  juvencunt.  ,  , 

e {efolTeroftatebeltie  minute  colle  coroqe  di  fiori,  ò  di  rami  delle  foglie  dell’ 
albero  dedicato  a  colui  ,al  quale  fi  offerivi!  la  vittima;  ò  pure  confafeie,  òcon 
bende  di  lana  le  circondavano  il  capo;  &  oflervate  diligentemente  tutte  le  ne- 
celTarie  circoftanze  intorno  alla  beftia  deftinata  al  facrificio ,  il  Sacerdote  vi  get; 
lava  tra  le  corna  la  mola ,  e  vi  verfa  va  del  vino ,  come  l’ iftelTo  Poeta  cantò , 

•  frontique  invergit  vina  Sacerdos: 

a  propofito  appunto  del  noftro  Simolacro  ;  che  può  ftimarfi  in  atto  di  ciò  fare  : 
coftumando  il  lacrsficante,  prima  di  fpargere  il  vino  sù  la  tetta  della  vittima,  per  J/.243. 
dinotare ,  ch’ella  era  crefeiuta  in  dignità ,  di  alTaggiarlo  col  fimpolo,  vaCo  picco¬ 
lo  ,  altrove  in  quello  Libro  delcritto . 

4  Io  però  qui  non  voglio  negare,che  il  prefente  Simolacro  non  polla  ancora 
rapprefentare  una  Sscrificantein  atto  di  vcrfarc  il  vino  sù  l’ Altare  all* ora  quan¬ 
do  li  (limava  fornito  il  facrificio;  imperoche  accefi  i  fuochi  su  gli  Altari,  riguar¬ 
date  le  vittime , e  quelle  fvifeerate ,  c  ricevuti  gl’  inteftini  nc’difchi ,  ò  bacini  da* 
miniftri  a  ciò  deftinati,  e  prefentati  i  pezzi  migliori  della  vittima feortieata,  c 
divifaalfacrificatore,  quelli  ne  faceva  abbruciare  sul’ Altare,  quantunque  bene 
jfpcllo  ne  gli  ordinarii  facrificii  la  maggior  parte  della  carne  reftaffe  a’  Sacerdoti , 
ia  quale  con  gli  amici,e  parenti  dopo  il  facrificio  con  folennità  mangiavano  con- 

yV  3  ’  '  ^ 


V.i')}. 


De  Idelol. 
l,  i.r.  iz> 


Z'K  Zi  f.6 1 


D«  d:ib  gen 
Itb.6,  c.S. 


510  M  y  S  E  0  C  0  s  P  l  A  N  0 

vivendo  allegramente ,  a  differenza  de’  facrifìcii  grandi,  da’  Greci  detti 
tMT*.,  ne’quali  la  vittima  tutta  fi  gettava  dentioal  fuoco.come  accennò  il  Poeta: 

Et  folida.  imponit  taurorum  njifcera  fiammis  » 
coflumando  di  verlare  gl’  incenfi ,  &  altri  odori  (opra  gli  altari,  e  (opra  le  vitti* 
n5e,che  fi  abbruciavano  sì  per  moftrare  di  maggiormente  venerare  gii  Dii, come 
per  ammorzare  il  cattivo  odore  delle  carni  abbruciatr.verfandovi  ancora,3  pro- 
pofito  forfè  delia  Imagine ,  della  quale  fi  ragiona ,  come  dilli  del  vino ,  nel  qual 
tempo  fi  ftimava  fornito  il  facrificio . 

5  Nè  llimoinnopportuno  in  quefto  luogo  l’accennare,  che  gli  antichi  trà 
gl’innumerabili  loro  falfi  Numi  ebbero  in  grande  venerazione  unaDeitàno- 
minata  Bona  Dea ,  che  pure  ebbe  il  nome  di  ,  òdi  Tatua,  non  già,  per¬ 

che  foCfe  pazza ,  ma  bensì  per  gli  augurii,  che  fi  prendevano  dalla medefima: 
Nam  Fatuam  vocarunt  ,  non  quad  (iolidam  putarent  :  fed  ut  vaticinatricem  a 
fatta  ,  feu  pradictione  futurorum  ;  uti  ér  vatibus  inde  nomen  ,  difleil  Voilìo; 
foggiug  nendo  lo  ftclfo  autore  ,  che  1  Tempii  furono  detti  ancora  Tana,  quid 
fierent  etiam  aufpicii  ergo;  coftumando  a  quefta  Dea  le  fole  donne  di  facrifica- 
re,e  di  celebrare  inonorc  della  medefima  quella  feda  ,  che  i  Gentili  nominaro¬ 
no  Damium,  dalla  parola  Dorica  idtun,  ideU  publicum,  non  già, perche fof- 
fe  lecito  ad  ogni  uno  il  folcnnizarla ,  per  eifer  pubblica ,  ritrovando ,  ch’effa  era 
vietata  a  gli  uomini  ;  ma  bensì, perche  fi  faceva  per  Io  pubblico  bene ,  e  per  la  fa- 
lutc  del  Popolo ,  come  il  mentovato  autore  contra  il  parere  di  Fello  accennò , 
così  dicendo:  Credebat  ille  publicum  dici  ,  qttafi  minimè  publicum:  eo  quod 
viro  nulli  liceret  ei  interejfe.  Nos  abunde  omnem  antiphrafim  expofuimus  ora^ 
,  tortarum  infiitut.  lib,  4,  cap,  j  3.  §.  10.  Veraque  nominis  ratio  eìl  ,  quod  pro 
populo  fieret ,  Parendomi  di  poter  io  qui  verilimilmcnte  congetturare, che  Ia 
noflra  imagine  potelfe  riferirli  ancora  ad  unadi  quelle  Matrone,  che  pudica, 
mentecelebravanoco’prefcritti  riti  le  felle,  e  i  facrificii  alla  mentovata  Dea  , 
la  quale,  per  quantoraccontano , meritò  gli  accennati  onori,  e  il  nome  di  buo¬ 
na  ,  imperoche  vivendo  fù  tanto  pudica ,  che  non  vide ,  nè  conobbe  mai  alcun_, 
uomo  malchio ,  fuorché  il  fuo  marito ,  e  che  non  fù  uomo  al  mondo ,  che  avclTe 
maifaputoilfuonome,  laonde  le  fole  Matrone  Romane  avevano  autorità  di 
notte  tempo,  &  in  luoghi  chiufi  di  facrificarvi,  come  eruditamente  cfprelle 
A'elTandioiI  Napolitano , così  dicendo;  ^jii  vero  Bonam  Deam  dicunt  Fauni 
uxorem ,  illam  tam  illibata  cajlitatis  fuifie  opinati  funt ,  ut  extra  Gynaceum  un. 
quam  egrejfa,nec  virum  viderit  unquam,  nee  à  viro  confpeTla,  nomenque  fan¬ 
do  nullibi  auditum  fit .  ^ua  quidem  facra,  quum  Ma)0  mcnfe  pro  falute  popu¬ 
li  ferent ,  quicquid  efiet  mafculum  ,  domo  exigebatur  ,  itaut  non  modo  extr<uj 
confpeTtum  fummoverentur  viri  ,  fed  tnafcula  quoque  piTiura  tegerentur  ;  ,^od 
compar  Mifia  Cereris  f aerum  obtinere  dicunt  ,  in  quo  quum  feptem  operentur 
dies ,  tertia  à  templo  exaTlis  viris ,  pulfis  etiam  canibus  maribus ,  mulieres  ce¬ 
lebrabant  .  Cumque  tn  f  acris  Bona  Dea  vino  libetur  ,  illud  non  fuo  nomine  nun¬ 
cupant  ,  fed  lac  dicunt  effe  ,  vini  tamen  amphoram  in  f  acris  obvolutam  appo¬ 
nunt  ,  quam  dixere  Mellariam;  ad  quod  (aerum  nifi  cajlas  ,  quaque  a  viris  ab- 
fiinuifient,  nullas  accedere  licebat,  templumque  Dea ,  neque  virum  ingredi,  nec^ 
tntereffe  permittitur  :  cujus  limina  purpureis  vittis  velabantur .  ^^a  non  ubi- 
que ,  pafsim ,  fed  in  maximi  pontificis  domo ,  in  receffu  intimo  ,  nofile  ,  noru^ 
autem  die  fiebant.  Et  licet  noàurna  facra  prifeo  ritu  mulieribus  interdilla 
fuerint,  in  hoc  tamen  facro,  quum  pro  populo  facerent ,  mulieres  npelu  interefie 
non  vetantur',  quod  quidem  tanta  religionis  eH  habitum,  ut  illud  Vefiales  vir¬ 
gines  obirent,  &  per  illas  facrum  fieret:  foggiugnendo  tutte  Ic  particolari  ce¬ 
rimonie  , 


LIBRO  ^  y  /  W  r  0.  CAP,  XXXI.  511 

iimonie  »  che  fi  coftumivano  in  onore  di  tai  Deità,  e  deferivcndoi  Tempii,  ^ 
tutco ciò , che  veniva  iuperftiziofamente  pratticaco  da  chi  era  desinato  per  far* 
crificare  alla  medelìma  :  parendomi  confiderabrle  tra  T  altre  cofe»  che  fi  raccon¬ 
tano  d’ una  tal  Dea,  che  gij  antichi  avellerò  opinione,  che  quegli  uoniÌQi,che 
avelleroavutoardire  d’ciitrare  ne’Juoghi,  dove  fi  celebravano  i facrificii alla 
medelìma, di venilTero  cicchi,  onde  Tibullo: 

Sacra  Bona  maribus  non  adeunda  Dea, 
o//  mihi  fi  cred&s  ^  illam  fequar  unus  ad  arami  'Lii.i.tlegej 

T unc  mibi  non  oculis  Jìt  timuijfe  meis . 
abbenebe  P.Clodio  in  abito  di  donna  Ipinto  da  impudico  amore  verfo  Pompeja, 
moglie  di  C.  Celare ,  gran  Pontefice ,  vi  folle  entrato  lenza  tal  pericolo ,  avendo 
ben  ragione  dichiamar  tal  Dea  col  nome  di  Buona,  perche  non  era  di  venuto 
cieco.  Con  tutto  ciò  Cicerone,  parlando  del  mentovato  P.  Clodio  contro  le 
Leggi  del  Sacerdotio,  deironeftà ,  e  delle  cedmonie  dovute  alla  Dea,  della 
quale  fi  ragiona ,  dille ,  che  vi  entrò  cieco ,  intendendo  della  cecità  della  mente, 
non  di  quelladel  corpo,  mentre  con  tali  parole  del  medefimo  efclamò:  ^»am 
ìHe  idcirco  Bonam  dicit ,  quod  in  tanto  Cibi  /celere  ignoverit .  Non  ignovit ,  mihi 
crede,  non.  Nifi  forte  tibi  ignotum  putas ,  quod  te  \udices  dimif erunt 
^  exhauHnm ,  fuo  \udicio  abfolutum ,  omnium  condemnatum  :  aut  quod  oculos , 
ut  opinio  illius  religionis  eli ,  non  perdidilii  .  .^uis  enim  ante  te  /aera  illa  vir  fionfis . 
/ciens  viderat,  ut  qui/quam  poenam,  qua  /equeretur  illud  /c eius ,  /cire  poj/eti 
an  tibi  luminis  obejfit  cacitas  plus,  quam  libidinis  ? 

6  E  veramente  temerario  fu  l’ardire  del  mentovato  Clodio,  che  può  dirli 
empio  più  di  qualfivoglia  altro ,  c  di  chi  coftituito  ancora  in  grado  di  lovrano  fi 
conobbe  di  non  loggiacere  alle  Leggi  umane;  come  di  Nerone  fi  legge ,  che  non 
ardì  di  profanare  il  Tempio  di  Cerere  Eleufinacoll’entrarvi  dentro  a  difturbare 

quelle  Matrone ,  che  dedicate  alla.verginità ,  e  maneggiando  le  cofe  facrc  della_.  ab  Alex M. 
predetta  Dea, alla  medelìma  riverenti  facrificavano;  Rito  da  Romani  in  qualfi-  c‘t.  ltb.6. 
voglia  tempo,  econgiuntura  con  tanto  riguardo  ofservato,  che  difpenlavano 
anche  da  i  pubblici  Lutti  le  Matrone  nobili ,  accioche  potefsero  adempir  l’ uffi¬ 
cio  di  Sacrificanti,  conforme  narra  Valerio  Maffimo,  che  il  Senato  Roroafiò  do¬ 
po  la  rotta  avuta  da*  Cartaginefi  a  Canne,  pratticò  con  le  Matrone  nobili,  ordì-  Lib.i.  e.u 
nando  che  in  capo  di  trenta  giorni  deponelTcro  gli  abiti  Lugubri,  e  lafciaffcroi 
cordogli,  accioche ,  lenza  legno  alcuno  di  meftizia ,  potelTero ,  fecondo  il coRur 
me ,  allegramente  fare  a  Cerere  i  debiti  facrifizii  ;  perche  fendo  la  maggior  parte 
del  Romano  Efercito  rimafto  morto  in  quel  luogo  infeliciflìmo ,  non  era  cala  in 
Roma ,  a  cui  non  toccale  il  dover  piangere  alcuno  de’  luci .  Per  lo  che  le  madri, 
le  figliuole ,  le  mogli  ,e  le  lorelle  de’ morti ,  furono  coftrette  a  por  fine  alle  lagri¬ 
me  ,  e  Ipogliarfi  gli  abiti  negri ,  e  vedovili ,  e  riveftendofi  di  bianchiflìrai  panni , 
fpargere  gli  odoriferi  incenfi  fopra  l’altare  di  ella  Cerere. 

7  Scrive  11  Volilo,  che  a  Diana,  perch’era  ftimata  Vergine,  facrificavano  le 
fanciullinenonmmoridi  cinque, nè  maggiori  didieci  anni*  .^ia  autem  Dia.  jj^gigiat, 
na  virgo-,  eò,  virguncula  non  minores  quinquennibus  ,  nec  ma]ores  decenni-  i$b.2.  e,  15. 
bus ,  crocotula  induta, /aera  faciebant  Diana  Brauronia ,  vel  Munichia .  E  Na-  ju  t.  ,  ■ 
tal  Conti,  raccontandole  cerimonie  ,  e  il  modo,  che  fi  coltumava  ne’ facrificii  t,b[i,taf.i^, 
facti  da  gli  antichi  in  onore  di  Diana  Lafria,  così  detta,  come  Rimano  alcuni,  k 
Laphrio  Phocenjì,  qui  eam  Calydoniis  erexerat,  conferma ,  che  le  vergini  efer- 
citavano  l’ufizto  di  Sacrificanti  alla  mentovata  Deità;  Ber  eam  pompam  virgo 
nubilis,  qua  foret  omnium  pulcherrima ,  ér  fapientiffìma  judicata,  Sacerdotio  in 

his 


Liki  i\  e 


.  Jit  M  y  S  E  0  c  0  S  P  l  A  N  0 


fjis  f acris  perfungebatur  f  qua  fequebatur  pompam  poHrema  omnium  y  bigis  jun* 
Ila,  cervis  pro  equis  currum  trahentibus',  fegnomanifefto,  chele  donne  (favo" 
rendo  Ic  cole  narrate  al  noftro  calo)  maneggiavano  le  cole  facre,  &  erano  fa" 
crifìcanti,  e  che  ràchiedendofi  in  loro  la  virginità,  e  quelle  doti ,  che  dipenden* 
do  dalla  purità  dell’  animo ,  e  dalla  perfezione  del  corpo ,  rendono  ragguarde¬ 
voli  i  mortali ,  c  bifognando  per  una  certa  apparenza  l’ effere  mondi  da  quallì" 
voglia  lordura  del  corpo,  ftimàrono  gli  antichi  tali  prerogative»  c  virtù  pro¬ 
prie  de  gli  Dii ,  &  clfere  loro  neceffarie ,  &  a  chi  defiderava  approlfimarfi  anche 
1  a' profani  aitaci;  E  fono  rari  gli  eferopii»  che  con  tanti  nobili,  deilluffriauto- 
ri  rapporta  Valerio  Madìmo  intorno  a  gli  onori,  &al  rifpetco,che  la  Gentilità 
portava  al  Sacerdotio,  (Stalle  cole  facre:  e  della  divozione,  che  aveva  alle  fai- 
fe ,  &  innumerabili  Deità  :  e  dell’  inviolabile  olTer  vanza  delle  Leggi ,  de’  riti ,  e 
delle  cerimonie,  che  coflumava  con  tanta  fuperffizione  in  qualfìvogliafacrifì* 
ciò,  e  cofe  appartenenti  all’onore  de  gl*  Iddii,  che  filmarono  gl’lmperadori 
ifteffi coir  inchinarli, e  fcrvire  alle  cofefacrc,  dover  ottenere  l’impero  delle., 
umane,  all’ora  quando  avellerò  bene,  e  collantemente  fervito  alle  divine ^ 
Farmi  raro  quei  calo  di  Lucio  Alvanio ,  uomo  privato,  nel  tempo ,  che  Roma  fù 
prefa  da’  Franceli ,  che  nell’  elTcrlì  egli  a  cafo  incontrato  nel  Sacerdote  del  Tem¬ 
pio  di  Romulo ,  che  inlìeme  colle  Vergini  Vellali ,  e  con  molte  cofe  facre  fuggi¬ 
vano  ,  fatti  feendere  dal  carro  la  moglie ,  &  i  figliuoli,  vi  accomodò  fopa  le  Ver¬ 
gini  con  tutte  le  loro  cofe  facre,  c  le  conduce  in  falvamento;  mollrandofiun 
tal  uomo  all’  ora  maggiormente  zelante  della  pubblica  religione ,  quando  della 
privata  affezione  de’  figliuoli ,  e  della  moglie  fi  fpogliò .  Per  lo  che  quel  carro 
così  vile,  &  abbietto,  avendo  fervitoin  tale  necelfità  a  portare  cofe  llimate  fan- 
tiflime ,  e  divine ,  fù  reputato ,  che  non  folo  pareggiaffe,  ma  avanzaffe  ancora  la 
gloria  di  qualunque  altro  fplendidilTimo ,  &  ornatiflìmo  carro  trionfale . 


Imagine  di  Sacrificante  co'  Vafi  da  gli  odori ^ 

Cap.  XXXIl. 

t  Ti  /f  A  di  tali  cofe  a  baflanza ,  già  che  tanti 
XVx  autori  anno  lafciati  memorabili  efem- 
pii  dali’offervanza  della  religione .  E  portando¬ 
mi  a  riflettere  ad  un’altro Simolacro,che  in  abito 
di  lunga  toga,  tiene  fopra  la  medefima  un  magni¬ 
fico  manto,  che  coprendogli  il  capo  da  ambe  le 
parti  defeende  con  quella  differenza,  che  dal  lato 
deliro  fi  palefa  aderente  al  braccio  medefimo 
(  che  rella  libero,  &  ignudo  fino  al  gomito,  e  che 
nella  mano  tiene  una  patera  inclinata  alla  limili- 
tudine  del  già  deferitto  Simolacro)  e  lo  circonda 
dalla  parte  d’ avanti  coprendolo  tutto,  e  paffan- 
do  fopra  l’altra  parte  del  medefimo  manto  (che 
alla  cintura  pare  affibbiata)  circonda  il  finiflro 
braccio,  c  la  fpalla  fudetta,  dalla  quale,  e  dal 
dorfo  cade  infino  a’piedi,  olfervandofì,  che  nel¬ 
la  mano  finiflra  foflienc  una  caffetta ,  che  è  di  fi¬ 
gura  quadrata,  e  che  dal  coperchio  elevato  mo- 
ftrafi  aperta,  cconfervatrice  di  cofe,  delle  quali 

è  ripiena,  vò  cpngetturando,  che  rapprcfentiallafimilitudinc  delle  deferitte 

Imagi- 


/ 


LIBRO  I  N  T  0.  CAP.XXXIL  513 

Imagini  qualche  Sacerdote  antico, che  in  tal  politura  ftando,  porga  agl’Iddij 
lacnficando  divoti  tributi , 

3  Qutnonparmi  dadubbitarliicheil  delincato  Simolacro  non  fia  in  abitp 
Sacerdotale,  raffigurandomi  il  mento /aco  manto  quella  velie  detta  da’ Latini 
pr^texta,  della  quale  gli  antichi  Imperadori,  Conloli,  Pretori,  e  coftituiti  in 
Magiliraci  li  lervivano ,  abbenche  non  fodero  Sacerdoti ,  quando  facrificavano  ; 
avendodel  verilitnile,  che ,  coltone  i  determinati  otdini  di  Sacerdotii ,  nc’  quali 
erano  decretate  le  Leggi,  le  condizioni,  e  il  numero  de’ Sacerdoti,  ve  ne  fode¬ 
ro  non  lolode’  pubblici,  ma  che  ancora  lode  in  libertà  di  quallìvoglìa  privato 
fpinco  da  particolare  divozione  di  facrificare  a  quallivoglia  tutelare  Deità, e 
che  perciò ,  e  per  maggior  decoro ,  e  riverenza ,  che  gli  antichi  portavano  a’  loro 
Dii, fodero  preferirti i  determinaci  abiti,  de’  quali  ogni  volta  doveanfi  fervirc 
tutti  quelli ,  che,  le  bene  non  erano  Sacerdoti,  delìdera  vano  facrificare. 

3  Vò  parimente  confiderando,  che  quella  veli:e,ò  mancofa  differenza  della  to¬ 
ga  ,  della  quale  fi  fervi  va  ogni  uno,  e  malfimamente  la  plebe,  onde  Giovenale , 

-  — — .  ^  I  veniet  de  plebe  togata 
^ui  juris  nodos  y  é"  legum  anigmata  folvat) 
che  da’ Latini  fù  detto  fupfibulumi  e  del  quale  Fello  Pompejo  parlando,  così 
dide:  fuffibulum  veftimentum  album  erat  oprate xtum^  quadrangulum  ^  oblongum^ 
quod  in  capite  Veli  ales  virgines  factific  antes  habebant ,  idque  fibula  comprehen» 
debatur  (  potendo  aver  relazione  al  manto ,  che  rende  ragguardevole  il  prefen- 
te  Simolacro  )fia  ancora  per  farmi  credere,  che  alla  fimilitudine  delie  Vedali, 
ogni  altra  femina  ancora,  fuori  di  tal  ordine,  fìfoffe  fervita  di  (omiglianti  abiti 
per  facrificare .  Sicome  hà  del  verifimilc ,  che  per  maggior  riverenza  de  gli  Dii, 
&  a  fimilitudine  de  gli  Egizi! ,  fi  tondalTero ,  ò  radelfero  i  capelli , come  parmi  di 
feorgere  nel  nollro  cafo:  e  che  le  donne  (  ad  una  delle  quali  ravvifo  il  nodro  Si¬ 
molacro).  non  fodero  così  frequenti,  come  gli  uomioi,  a  facrificare  le  bedie  ; 
ma  che  maggiormente  s*  adoperalTero  a  fpargere  liquori  di  vino ,  ò  di  latte ,  ò  ad 
offerire  in  facrificio  fiori ,  frutti ,  Se  odori  :  nel  qual  cafo  dimerei ,  che  la  prefen- 
te  imagine,  nella  finidra  tenendo  la  cadetta  de  gli  odori  (che  purè  fi  modra  ap¬ 
petta  )  colla  dedra  mano  modrade  di  dare  in  atto  di  fpargerne  fopra  gli  altari  ne 
gli  accefi  fuochi  colla  patera ,  ò  fia  altro  ordigno  a  ciò  forfè  dedinaco ,  che  incli¬ 
nato  nella  fudecta  mano ,  e  fodenuto  fi  oderva . 

4  Et  al  nodro  propofito  io  dimodi  non  tralafciar  di  fare  nuova  rifieffionea 
quelle  Imagini ,  le  quali ,  ragionando  altrove  delle  Deità  de  gli  Egizii ,  ravvifài 
ad  Ifide ,  ed  Ofiride  ;  itpperoche  hò  fempre  avuto  molto  dubbio ,  fe  in  paragone 
dellaprefente,cdeUégiàaccennateImagini  di  Sacrificanti,  fidovedero  vera¬ 
mente  quelle  raffigurare  alle  mentovate  Deità ,  abbenche  dall*  edere  ammantate 
potederodimarfirapprefcntativediSacerdotiantichi.  Ma  il  non  avere 'volu¬ 
to  recedere  dall’  autorevole  opinione ,  che  intorno  a*  medefimi  tenne  il  già  dot- 
tidimoGio.Battida  Capponi  famofo  Profedoredi  queda  Vniverfità,  e  degno 
Prefetto  del  Mufeo  Aldrovandi ,  a  cui  dà  annedo  il  prefente  Cofpiano,  cioè  che 
fodero  Ifide ,  &  Ofiride  de  gli  Egizii,  mi  diede  impulfo  a  dire  in  fentenza del  me- 
defimo  quanto  già  congetturalmente  da  cofe  così  adrufe  feppi  ricavare  ;  impe- 
roche,  fe  qui  ne  dovelfi  ora  far  menzione,  inclinerei  forfè  a  dire  «dreffodero  Sa¬ 
cerdoti  in  atto  di  farei  voti  pubblici  per  l’eternità  dell’ Impero,  per  la  fanità  de* 
Cittadini,  e  principalmente  per  la  falutede*  Principi.  O' pure  che  volederodi- 
notaredi  attendere  le  ambigue  rifpodeda  gli  oracoli  di  quegli  Dii ,  a  quali  nelle 
cofe  dubbiofei  medefimi  facendo  ricorfo,pubblicavanodi  aver  intefe  ìnquel 
modo,  che  per  loro  dima  vano  più  vantaggiofo,  eper  la  pubblica  Utilità . 

5  Ma 


Sat.  gJ 


$14  M  r  S  EO  [  0  S  P  l  A  N  0 

5  Ma  ritornando  a  fidare  lo  (guardo  alla  qui  impreda  figura  devo  avvertire 
che  più '/ohe  hò  cercato,  come  porcifi  adìcurarmi  in  dilcernere,  le  lalunga  to¬ 
ga  ,  della  quale  è  di  lotto  vellica  ,fode  da  qualche  cintura  ne’  fianchi  cinta,  ò  pu* 
re  le  potevafi  conolcere  ,che  fode  dilciota ,  come  coftumavano  gli  antichi  nelle 
funebri  funzioni.  Sicomeparmi  di  non  aver  tralcurato  di  cercare,  per  venire 
sù  ’l  chiaro ,  le  la  mcdefima  imagine  veramente  ne’  piedi  fode  calzata ,  ò  le  pure 
avede  quegli  ignudi ,  a  quella  guila  ,che  la  Gentilità  pratticava  in  molti  lacrificir 
alla  fimilitudine  di  quelle  Matrone,  che  fi  portavano  al  Tempio  della  Dea  Velia, 

F0/.€.  come  clprcde  Ovidio  : 

Ulte  fede  mxtrDnum  nudo  defeendere  vidi  . 

Maconolcendo,  per  tutte  le  diligenti  inipezioni,  che  hò  laputo  fare ,  di  non 
poter  veramente  affermare  nè  uno,  nè  l’altro,  hò  giudicato  il  non  fermarmi  di 
vantaggio  a  farne  maggior  ridedìone , 

6  Sono  dato  parimente  più  volte  dubbiofo ,  le  doveva  llimare  tal  Simolacro 
d’ un  Sacrificatore,  ò  pure  fatto  per  rapprelentarc  qualche  lervente  minillro  di 
Sacrificante,  già  che  fi  avrebbe  potuto  ravvifare  per  uno  diquei  miniltri,  che 
adìftendo  a  gli  altari ,  poteva  fervire  di  portare  i  vali ,  ò  cadetta ,  dentro  a’  quali 
gli  antichi  conlervavano  gli  odori,  e  i  profumi:  edendo  noto,  che,  ficomc 
lervivano  a  gli  altari  fonatori  di  Hauti ,  di  trombe ,  e  di  limili  ftromenti  ;  i  fan¬ 
ciulli  ,  e  le  fanciulle  (  camilli  detti  )  i  vittimarii ,  i  legnajoli,  i  popi ,  i  proclamato¬ 
ri  ,  i  defignarori,  i  vefpiglioni ,  &  altri  miniltri  :  così  hà  del  vcrilimilc ,  che  vi  fof- 
fetoancoraquei,cheavedcroavuta cura,  ò  che  lomminiltralTero  i  vali  degli 
odori,  e  degl’ incenfi,  come  mi  fon  perluafodi  poter  dubbitare  nel  noftro  calo. 
Ma  confiderando , che  i  mentovati  miniltri ,  a  differenza  de’  Sacrificanti ,  anda¬ 
vano  vediti  diverfamente  da’ Sacerdoti,  mi  ha  fatto  credere,  che  la  delincata 
imagine  fia  di  Sacrificante,  c  non  altrimente  di  minidro  fervente  a’medefimi. 
Oltreche  il  tenere  efla  quella  patera  inclinata  nella  mano  dedra,  chelporge 
avanti ,  dà  gran  legno,  che  dia  in  atto  di  f pargere  lopra  gli  accefi  fuochi  gli  odo- 
ri,de’  quali  pure  Icmbra  sù  la  mentovata  patera  fi  polla  Icorgere  qualche  proba¬ 
bile  vedigio:'  dimando  gli  antichi  a  tal  propofito  l’incenlo  da’  Greci  detto 

fi  /«Mf,  divinis  of erari ,  per  effere  di  propofito  per  le  funzioni  divine ,  e 
proprio  di  quegli  Dei ,  che  avevano  la  loro  refidenza  ne’  Cieli ,  e  eh’  erano  cre¬ 
duti  di  natura  Ipiritofi ,  imperoche  fi  perluaderono  gli  antichi ,  che  colasù  giun^ 
gelseto  gli  accefi  incenfi,  e  potcllero  tali  odori  recrearc,e  rcficiarc  quegli  Ipiriti , 
che  da’ loro  furono  creduti  divini ,  e  perciò  in  tal  modo  adorati . 

7  Avrei  potuto  con  tale  occafione  dai  e  qualche  barlume  di  tutte  ieluperdi- 
zioni,  che  codumarono  gl’idolatri  intorno  a  gli  Altari,  edi  tutti  quei  modi 
d’adorazioni ,  che  i  medefimi  ollervarono  con  tanta  divozione  di  porgere  alle 
loro  falle  Deità  j  ma  conolcendo ,  che  ciò  larebbe  dato  un’  apportare  le  copie 
di  quelle  originarie  imagini,  che  a  gli  occhi  di  tutto  il  Mondo  anno  laputo  el- 
porre  tanti  famofi ,  Se  eruditi  autori ,  hò  peniate  ben  fatto  col  tacere  rimettere  il 
Lettore  a’  medefimi ,  potendo  ogni  uno  in  quelli  invedigare  più  da  vicino  i  veri 
fondamenti  di  cole  così  lontane ,  &  adrule  :  non  mancando  io  in  quello  men¬ 
tre  di  porgere  vive  luppliche  a  qualnnque  erudito, che  riconolcendo  le  delinea- 
te  Imagini  differenti  da  quelle ,  eh’ io  probabilmente  hò  congetturato, ficom-' 
piaccia  d’ indirizzarmi  con  migliori  rifleflioni  alla  verità,  protedandomi,  che 
alcrivcrò  a  mia  gloria  (ingoiare  l’ incontrare  l’ onore  d’ effere  erudito  anche  col 
dovere  dildirmi  di  quanto  hò  laputo  fin  qui  in  fentenza  de  gli  altri  compcndio- 
(amenie  addurre . 

IM- 


5*5 


INDICE 

Delle  Cofe,  che  s’  ammirano  nella  Galleria 
Dimeflica  del  Signor  Marchefe 

FERDINANDO  COSPL 


IntrodazMns  m 


MAncherebbe  non  poco  alla  propria  riptitazione  quel  Perfonaggio,  che 
comparendo  in  pubblico  veftitod’abitipompofi col  feguito  di  fuperbe 
Li  vrce,ave(Te  pofeia  da  vergognar  fi  d’effer  veduto  in  propria  Cafa  sfornita  d'ar¬ 
redi  corrifpondenti,  eXoIo  mal  proveduta  di  mafferizie  communali .  Quindi  do- 
poaver  fatto  comparire  nel  pubblico  Palazzo  così  nobilmente guernito il  vir- 
tuoio  f.uo  genio ,  hà  faggiamenteceduto  il  Sig.  Marchefe  Cofpi  alle  inftanzie  de’ 
fuoi  amorevoli,  rifolvendo  di  far  anco  palefe,  come  ftia  in  propria  Cafa  a  tal 
legno  proveduto,  di  poter  eiler’  Qfpite  bendegno  dell’ altrui  ammirazione ,  il 
che  chiaramente  fuccederà  neJfoflervare  la  feguentedeferizione  della  fua  dime- 
lìicaGallcria,  nella  quale  molti  Perfonaggi,  e  Principi  grandianno  trovato  ,  non 
loiochc  lodare.macbedefiderare,  effendovi  alloggiati  li  Sereniffimi  Arciduchi 
d’ Auftria  Ferdinando  Carlo ,  Sigifmondo  fratello  ,e  Arciducheffa  Annacquan¬ 
do  fi  portarono  a  Firenze  la  prima  volta ,  e  tutti  li  SeienilHmi  Principi ,  e  Cardi¬ 
nali  fratelli  del  Sefenifsimo  Gran  Duca  Ferdinando  II.  ficome  il  Serenifsimo 
Gran  Duca  CofimoHI.  ben  quatro  volte  hà  decoratola  di  lui  Cafa  nel  fuo  paf- 
faggio,  e  ritorno  da  Viaggi;  non  rammemorando  altri  Principi  Italiani,  e  Ol¬ 
tramontani,  che  fi  fonoprefi  rincomododi  vederla  nella  loro  dimora  in  Bolo¬ 
gna;,  appagati  fempre,  con  dilettazione  in  offervarla  della  generofa prontezza 
del  Sig.  Marcheie  medefimo  nelPofierir  loro  quello  piaceva  • 


?  1  r  T 

DI  Andrei  del  Sarto .  Ritratto  di 
Ficodella  Mirandola . 

Deli' Abbate  Primaticcio  .Ritratto  d’un* 
Architetto^ 

Dell' Aretufi ,  V n  Ritratto  tefta,e  butto. 
Di  MaeBro  Amico .  Due  quadri  bif- 
lunghi  di  Sacrificii  antichi ,  figuro 
piccole. 

Dell'  Albano.  Vn"*  Europa  fopra  del 
Toro,  con  quattro  amorini,  e  più  fi¬ 
gure  al  Lido . 

Vna  Galatea  fui  rame  fopra  d’ un  Car¬ 
ro  con  molti  amorini . 

Vna  Semele  in  un’Agata, forma  ovata . 
Vna  Venere  con  di  verfi  amorini,  che 
accendono  faci ,  forma  ovata . 


V  R  E. 

Due  Paefi  compagni;  in  uno  una  Ve¬ 
nere  a  giacere  con  varii  amorini  , 
nell’altro,  un  ballo  di  fanciulli  ,che 
ballano  al  fuono  d’ un  Satiro . 

Di  Agodino  Mitelli,  quale  morì  in  Ifpa- 
gnaal  fer vitio  del  Rè  Filippo  IV. 

Vna  Profpettiva  in  tela  alta  lei,  e  larga 
fette  braccia. 

Vn  Paefe  in  penna. 

Due  Profpettive  . 

Di  Angiol  Michel  Cohnna,  che  meritò 
d’eficrafervircil  medefimo  Rè  Fi¬ 
lippo  IV.  di  Spagna  ,  c  poi  Lui¬ 
gi  XIV.  di  Francia. 

Vn’ Imeneo  grande,  e  un  fanciullo, 
che  fervonodi  cielo  ad  un  Letto . 

Vna 


« 


51^  G  A  L  L 

Vna  Volta  di  una  Sala,  ove  è  una  Ga¬ 
latea  in  Mare ,  e  varie  figure ,  e  fan¬ 
ciulli  ;  e  r  ornato  di  quadratura  è  di 
Hcopo  ALborefi , 

"Del  Bronzino  vecchio .  Vn  Ritratto  del 
Gran  Duca  di  folcanaCofimoL 

Del  Eertufi.  Vn  Mosè  nella  culla  per 
lo  Mila  ,  recuperato  da  Therraut 
figlia  di  Faraone,  con  varie  figu¬ 
re. 

Del  Brunetti.  Vn'ovato  con  un’An¬ 
gelo  al  naturale. 

Di  Bartolomeo  Gennari,  Vna  Venere 
col  pomo  in  mano  ,  meza  figura. 

Df  Benedetto  Gennari ,  Vn  Ritratto  del 
Duca  Alfonlo  di  Modana , 

DelBrt:^zi,  VnaTeftadi  Morto,  che 
fi  putrefa, dipinta  maravigliofamen- 
te  sù  l’acciaio. 

Di  Fra  Buonaventura  Bigi .  V  na  Santa 
Maria  Maddalena. 

Vna  Concezione  con  un’ornamento 
attorno  di  varii  fiori  al  naturale . 

DelBertuJì.  Vna  Manna,  con  un  Va- 
Icello  dipinto  fopra  una  pietra  Ai- 
berefe  grande . 

Del  Borgognone .  Due  Battaglie . 

Vn  Paele  con  un  Villano,  &  un’Afino. 

Del  Frugolo .  Due  Paefi  con  figure,  e 
incendii . 

Vna  ftrage  de  gl’  Innocenti. 

Di  Baltajfar  Francefchini ,  detto  il  Fol- 
terrano . 

Demoftene,  che  mofira  Io  Specchio 
ad  uno  Scolare,  con  un’ornamento 
tutto  intagliato  di  bella  invenzione, 
con  Arme  del  Serenilsimo  Principe 
Card.  Gio.  Carlo  de’  Medici,  che  lo 
donò  al  Sig.  Marchefe  Colpi, 

Ritratto  del  Screnils.  Gran  Duca  di 
Tofeana  Cofimolll.  meza  figura.^ 
arn3a;ra,con un  fuperbifsimo orna¬ 
mento  intagliato ,  e  dorato ,  dal  me- 
defimo  donato  al  Signor  Marchefe 
medefimo. 

Di  Crijlefano  Allori .  Vna  Vecchia  con 
un  paro  di  Capponi, 

De'  Caracci.  Vn  Ritratto  del  Dottor 
Roda ,  meza  figura . 

DelCavedoni ,  Quattro  Tcftc  ai  natu- 


E  R  l  4 


rale,  un  S.  Antonio ,  un  David ,  una 
Maddalena,  &  un  Vecchio. 

Di  Dionigio  Fiamengo ,  Vn  quadro  in 
rame  da  Letto ,  encrovi  la  Madonna 
con  Giesù  in  braccio,  S. Domeni¬ 
co,  e  S.  Antonio, 

Vn  Grido  Ortolano,  che  appare  alla 
Maddalena . 

Vn*  Annunziata  coll*  Angelo. 

D'Elifabetta  Sirani ,  Vna  Galatea  con 
varii  amorini. 

Vna  Cerere  có  le  fpighe  del  frumento. 

Vna  Diana  con  arco,e  dardi  alla  mano. 

V n  Ritratto  del  Sig.Co.Vincenzo  Fer¬ 
dinando  Antonio  Ranuzzi,  quando 
era  piccolo,  vedito  d’ Amore,  con 
arco, e  faretra. 

Di  Filippo  Napolitano ,  Vn  Paefc  fui 
rame. 


Due  Paefi  con  figuri- 


Di  F rance/co  Monti  detto  il  Brefciam  . 

Vna  Battaglia  \  r  u-  .  u* 

Vn  Pitie  con  figure  J  f»™»>>'slunghi 

con  ornamenti  incagiiati ,  e  dorati , 
donati  al  Sig.  Marchese  dalla  Sere- 
nidìma  Madama  Marga:  Ita  Duchef- 
fa  di  Parma- 

Del Francia .  Vna rapprefertationc  al 
Tempio  in  tutto  cinque  figure. 

Di  un  Fiamengo 
ne  fui  rame. 

Del  Furino,  Due  Tede  al  naturale  con 
budi . 

Di  Guido  Reni.  Giufeppe  ,e  la  Moglie 
di  Puttifarre,  figure  maggiori  del 
naturale . 

S.  Sebadiano  al  naturale  legato,  e  faet- 
tato . 

Santa  Cecilia ,  che  fuona  la  Spincttaj; 
meza  figura  al  naturale. 

La  B.  V ergine  piangente ,  più  di  meza 
figura  alnaturale . 

La  6.  Vergine  Affunta,meza  figura  con 
le  braccia  in  croce. 

Vn  Giesù  infante,  nudo  a  giacere ,  con 
le  mani  alzate . 

Vna  Cleopatra,mcza  figura  con  l’afpi- 
de  in  mano,  e  una  Paniera  di  fichi 
fui  tavolino. 

Erodiade  con  la  teda  di  S.Gio.Batti- 
fta  in  un  Bacino. 

Vna 


C  ó  S  P 

VnaTefta, Ritrattoci* un  Vecchio. 

VnaTefta,  Santa  Maria  Maddalena. 

S.  Girolamo  grande  al  naturale  inat- 
teazionc  ad  un’  Angiolo^  che  (uona 
la  Tromba . 

Vna  Teft^ ,  c  bullo  *  S.  Pietro . 

Venere,  e  Adone,  figure  al  naturale 
con  un’  Amore . 

Vna  Telia  di  una  donna ,  e  bullo . 

Vna  Telia  di  un’  Elcna, 

Due  Ovati ,  in  uno  S.  Vitale  inchiodai 
to,  nell’ altro  Sant’ Anna. 

Due  Ovati  limili, in  uno  la  Telia  di 
Grillo,  nell’altro  la  Maddalena. 

DiGio.Vrancefco Barbieri ,  Vna  Sibil¬ 
la,  più  di  meza  figura  con  un  Libro 
in  mano. 

Vn  Marte  armato  in  atto  di  colpire. 

2)(?/(7fj^.Vn Quadro  cóGiesù  in  brac¬ 
cio  alia  B.V.  S.Ceciiia,e  S.Dorotea. 

y n’  altro  pure  con  Gìesù ,  e  la  Madon¬ 
na, S.  Vincenzo, eS.  Collanza. 

Di  GìuJloStitterma» ,  Otto  Ritratti  de* 
SerenilTimi  Principi  di  Tofeana  con 
ornamenti  incagliati ,  e  dorati ,  dall’ 
Altezze  donati  ai  Sig.March.  fono  il 
Gran  Duca  Ferdinando  II.  GraDu- 
chelTa  Vittorla,Card.Carlo  Decano, 
Card.  Gio.  Carlo ,  Card.  Leopoldo, 
&  uno  di  quello  avanci  fulfe  Cardin. 
Principe  Mactias ,  e  Madama  Mar¬ 
gherita  Ducheflfadi Parma;  tutti  in 
una  Camera  co  un*lmprcfa,cioè  una 
Falla  azzurra  con  tré  gigli  d’ oro  in¬ 
coronata,  e  retta  da  due  Aquile,ma- 
no  del  Colonna,  con  un  dillico  lotto 

Mediceos  vultus ,  finxit  munus  inditu  Tufii, 
Mtdiceos  animos ,  Kegia  dona  notant . 

Di  Gio.  lac  orno  Sementi .  Agrippina... 
fatta  uccidere  da  Nerone  con  due 
Soldati,  più  di  meze  figure . 

Vna  Circe,  meza  figura  con  una  Tazza 
in  mano,  vellica  all’ antica . 

Vna  S.Maria  Maddalena,cella,e  bullo. 

Vna  Donna  meza  Scheletro,  e  meza 
viva  in  piedi  al  naturale  ,  con  un’ 
Orinolo  a  polvere . 

Vna  Santa  Giullina  in  un’Ovato. 

DiGio.  Andrea  Sir  ani,  Vna  Panfilia, 
che  pettina  Bombage. 


ì  A\  n  à.  517 

Vn’OvatOjDónna  con  una  paniera  eii- 
trovi  due  Colombine . 

Vn’ Ovato,  Teda  di  Donna  vellica  da 
Turca . 

Di  Giovanni  Pieci^detto  il  Domenichino. 

Vna  Santa  Cecilia ,  che  fuona  il  V tolo- 
ne,più  di  meza  figura  al  naturale, 
con  un’Angiolo  ,  che  gli  tiene  là 
parte . 

Di  Gio,  Bellini,  Vna  Telia  recifa  di 
S.Gio.  Battillafopra  di  un  Bacino.' 

piGiufepped*  Arfino ,  Vu  Lot  con  le 
figliuole, che  bevono. 

Di  Guglielmo  Vandrek  .  Due  Quadri  dì 
fruttile  varii  Nautilli. 

Di  Gio.  p-alefio .  Vn  Ritratto  al  naturale 
di  un  Turco  a  chiaro ,  e  feuro . 

Di  Iacopo  Callotti  ,  Varie  figure  in  due 
Quadri  di  pietra  Alberefe  . 

Di  Iacopo  da  Pontorno ,  Vn  Ritratto, Te¬ 
lia,  e  bullo  di  un  giovane. 

Tf  Inmcentio  da  Imola .  Vna  Madonna 
in  legno  con  varie  figure  . 

Altro  Quadro  del  medefimo,  ouero  del 
FraciayCoWz  B.V.  in  ginochio,Giesù 
tenuto  da  un’ Angelo  a  federe  fopra 
un  facco,  S.Giuleppe,&  altre  figure. 

Di  Lucio  Majfari .  Vna  Santa  Giuliana 
Banzi  colla  Madonna ,  e  Giesù . 

Di  Lionello  Spada,  Vn  David  con  la 
Telia  del  Gigante ,  e  fionda . 

Vna  Teda  recifa  di  S.Gio.  Battida  po- 
fata  dal  Manigoldo  fopra  di  un  Baci¬ 
no  retto  dalla  mano  di  una  femina . 

Di  Lavinia  Fontana  .  Vn  Ritratto  di 
una  Donna,  teda, e  budo. 

Altro  Ritratto  limile,  teda ,  e  budo  « 

Di  Lorenzo  Loli ,  Ritratto  di  bellilfima 
Dama  Fiorentina. 

Di  Lorenzo  Pajinelli,  Vna  Sibilla  in 
atto  di  fcriverc. 

Del  Malteje  di  Roma ,  Due  Qiiadri  en- 
trovi  Tappeti,  Frutti,  e  Vali. 

Di  Mario  da  iFipri.  Due  Specchi  en- 
trovi  molti  fiori  al  naturale. 

Di  Mon/ft  Montagna ,  Vn  Quadro  con 
una  fortuna  di  Mare. 

Di  Matteo  Loves .  Vna  S.  Maria  Madda¬ 
lena  col  Crocifiilo,  eunTefehiodi 
Morte, 

Del 


Xx 


O  A  L 

Ve:l ,  Ritratto  di  un  Moro  gran-i 
de  al  naturale. 

Ritratto  d’ un  Nano*  . 

Martirio  de’  SS,  V itale ,  &  Agricola 
Vn’Eliajche  fu’l  Carro  afcede  al  Cielo, 
Di  Pufbes  Fiamingo .  Vna  Cleopatra  c6 
una  Serpe  in  mano,^  uno  Specchio. 
Di  Paolo  Ver onefe ,  Vn  Ritratto  di  una 
Veneziana. 

Del  Parmigiano  .  Vna  R.  V,  con  Gicsù» 
S.  Ciò,  Battifta»  Si  Ciiufeppe,  e  San¬ 
ta  Maria  MaddaleR3,con  bel  Paefe. 
Del  Salucci  4i  Vira  Profpcctiva 

ràpprefentante  antichità  di  Roma , 
Di  Salvator  Rofa,  Vd  Pacle  rapprcfen- 
cante  parte  Selva  ,\ui;]i  Molino  rovi-' 
nato,  e  varie  ligure .  • 

Altro  Facfe  parte  Marina, e  quantità  di 
barche  con  figure ,  ansjbidue  li  Qua- 
,  dri  con  ornamenti  intagliati, e  dora¬ 
ti  .donatili  dal  Sereuils.,  Sig.  Princi¬ 
pe  Card.  Leopoldo  di  Tolcana. 

Di  Simone  da  Pef aro ,  Vna  Cleopatra , 
che  pone  la  Perla  nella  Tazza . 

Di  Santi  di  Tito .  Ritratto  d’ una  Dama 
Fiorentina  con  bufto. 

Ritratto  di  una  Vedova  , 

Due  Ritratti  del  medcfimo  di  un’  uo¬ 
mo,  edi  unadonna, 
pi  Scipio»  Gaetano ,  Vn  Ritratto,  Telia, 
e  bufto . 

Di  Tibur":(go  Pajferotti,  Vna  Venere  a 
giacere  grande  al  naturale  con  un* 
amore , 


E  K  t  4 

Due  Ritratti,  meze  figure^ 

Vn  Ritratto  di  Giulia  Saraceni  più  di 
meza  figura  con  una  copia  della,. 
Madonna  di  S.  Luca , 

DiTiberio  T iti.Vn  Ritratto  più  di  meza 
figura  della  Signora  Coftanza  Me¬ 
dici  ,  Madre  del  Sig.  March.  Colpi . 
Vn  Ritratto  della  Signora  Catarina 
Medici,  Ziadelmcdefimo, 
DelTempeJla^  Vna  Battaglia  fu’i  rame. 
Di  Tiziano  .  Vn  Ritratto  di  Cofimo 
Primo  Gran  DucadiTolcana,. 

Di  VV  Vaeljl  Olandefe ^  Varii  Volatili 
uccifi,  ed  Archibugio  con  altri  ar- 
nefi  da  Cacciatore,  con  bella  Ccr- 
Qice intagliata,  donatoli  dai  Sere- 
nifllìmo  Signor  Principe  Card,  Gio, 
Carlode’Medici , 

VnQuadrorapprelentanre  la  Camera 
dell’  Audienza  del  Serenils,  Gran 
Duca,  ove  fi  vede  Ferdinando  IL 
'quando fila  funzione  d’infeudare 
il  Sig.Marchele  del  Marchelato  di 
Petriolo , 

Altro  Quadro  di  fimil  grandezza ,  ove 
fi  vede  il  Caftcllo  di  Petrioio  del 
luo  Marchelato. 

Quattro  Ritratti  interi  al  naturale, 

Il  Gran  Duca  Ferdinando  IL  in  abito 
Granducale . 

Quello  della  Gran  DuchelTa  Vittoria , 
Il  Card.  Carlo  Decano . 

Il  Card,  Gio.  Carlo,  quando  era  Seco¬ 
lare. 


Ci  fono  anco  una  infinità  di  Ritratti  della  Cafa  in  quadretti  piccoli.come  Pae- 
fi,c  Ritrattini.e  limili,  che  fi  tralafcia  notargli ,  per  non  far  Volume  maggiore  . 

Li  fopradetti  Quadri  fono  tutti  in  ornamenti  intagliati  da  diverfi  diligenti 
Maeftri,  e  dorati, 

MINIATVRF. 


Piatti,  c  Tazze  di  varie  grandezze 
al  numero  di  aS.per  lopiùdipin- 
re  da  Rafaello  d'  Vrbino , 

Di  Luca  à'  Olanda .  Vn  CrocifilTo  con 
tre  figure, quadro  da  Letto. 

Del  Sig,  Cavalier  Silvio  Alti ,  Vn  Qua¬ 
dro  di  ftucchi,finge  pietre  intarliate, 
copia  di  uno  di  Salvator  Rofa . 

Del Sig.Co.  Anibaie  Rannidi .  Il  luo  pro¬ 
prio  Ritratto  latto  da  giovanetto. 


Vn  Paefinodel  raedefimo. 

Del  Ligozzi,  Vn  Carro  Trionfale, che 
figura  un  Pavone  con  varie  figurine 
attorno. 

Due  Miniature  incarta  pecora,varii  Eoi 
ri,&uccelli,in  uno  un’ Andromeda, 
nell’  altro  un’  Arianna , benifs. fatte. 
pi  Mqnfu  Giovani  Van  Ac  he  lo  m  Olndefe, 
Vn  Ritratto  del  Serenifs.  Gran  Duca 
Ferdinando  Secondo  fomigliantilfi- 

mo. 


c  0  s  P 

mo,  ma  di  carta  tagliata  con  le  cifoje 
mirabilmente  fitto. 
VnazuflFadiCani,& un  Paefino,  fatti 
purdi  carta. 

T>t  Stefano  delU  Bella ,  Vna  battaglia  in 
penna  sòia  carta  pecora, 
il  Palazzo ,  ove  abita  il  Serenifs.  Gran 
DucadiTofcana  con  varie  figure, 
Vn  Paefe  in  penna  con  figurine . 

Altri  difcgni  in  penna  al  npm.di  1 5  o.di 
varie  mani, cioè  del  Sig.  Mar  eh. T  orna, 
fa  Guido ni^di  Giulio  Romano ^di  Pietro 
da  Cortona ,  di  Ciro»  del Cantagallina» 


l  A  N  A.  51P 

del  MalafeT^a ,  dì  Valerio  Spada , 

Di  Baccio  del Bidco  coloriti, 

figure  in  abito  da  comparfa  per  Gio- 
lire,  e  Comedie,  tutti  in  foglio  reale. 
Ci  fono  poi  molti  difegni  di  Lapis  ,  e 
d’acquerelle,^/  Guidoydel  Guerci- 
HO  »d'  Andrea  del  Sarto ,  de'  Caracci  , 
di  Michelagnolo ,  di  Paolo  Veronefe , 
di  Lelto  da  Novellar aférc.  che  troppa 
lunghezza  porterebbe  defcrivergli. 
Due  Pappagalli  maggiori  del  naturale 
ricamati,  ma  per  la  diligenza, con 
cui  fon  fatti ,  vengono  confide  :  ati . 


Tutti  lifopradetei  difegni  fono  pure  in  cornici  parte  incagliate,  e  tutte  dorate." 


SCVLTVRE  »  E  PIETRE  COMMESSE 


DI  Michelagnolo  Buonarroti  .  Vn_. 
baffo  Rilievo  di  marmo  di  Car¬ 
rara  rapprefentance  ludit,  colla  Te- 
fta  d’ Oloferne . 

Due  braccia  di  marmo,  delle  quattro 
da  lui  fatte,  per  adattare  le  due  mi¬ 
gliori  alla  Statua  di  Venere ,  che  di¬ 
cono  fatta  da  Prafitele ,  e  che  in  Bo¬ 
logna  fù  poi  comprata  dal  Serenifs. 
Signor  Principe  Card.  Leopoldo  di 
Tofeana . 

Di  Alfonfo  da  Verrar  a  .  Vna  Sibilla , 
baffo  rilievo. 

Dell' Agnefini .  Vn*  Amorino  alato  di 
marmo  bianco  con  arco  ,  e  dardi, 
giacente. 

SeiTefte  antiche  venute  di  Roma  con 
bulli  pur  di  marmo  al  naturale .  LE¬ 
PIDO.  M.  IVN.  BR VTO ,  ANT. 
DIADOM.  FAVSTINA  TRAIA- 
NO,  M.  PORT.  CAT. 

Vna  Teda  d’ Aridotile  fenza  bullo,  ma 
grande  di  marmo. 

Vna  Teda  d’ un’ Agrippina  conbudo 
di  marmo. 

Vna  Teda,  baffo  rilievo  d’ un  Poeta  an¬ 
tico,  di  marmo. 

Vna  Teda  fenza  budo,  effigie  diCice- 
i;one,di  marmo. 

BRONZI 

VN  fanciullo  nudo  fopra  di  un  pie- 
dedallo  d’ebano,  e  dorati  con 
pietre. 


Vn’  Amorino  ,  che  dorme  sù  la  pelle 
del  Leone ,  di  marmo . 

Vn  Torfodi  marmo  Greco  bellilfimo. 
Guido  fe  ne  valeva,  per difegnare, 
grande  al  naturale . 

Vna  depofizione  di  Grido  dalla  Cro* 
ce ,  di  mezo  rilievo  di  marmo . 

Vna  Venere  antica  con  un’Amorino, 
di  marmo. 

Vn  Satiro  della  medefima  grandazza, 
di  marmo. 

V n  Confole  antico ,  di  marmo . 

Altra  Teda  antica ,  di  marmo . 

Vna  donna  appoggiata  ad  una  Colon¬ 
na,  figura  antica  di  marmo. 

Due  Vali  antichi  intagliati  congrot- 
tefehe,  di  marmo. 

Sette  Tede  di  mediocre  grandezza,pur 
di  marmo  con  budo,  cioè  una  Cleo¬ 
patra,  un  fanciullo, lulia  Mefa,  Por- 
zia  Domizia,  Adriano  Augudo,  e 
Caracalla. 

Vn  S.  Francefeo  mezo  rilievo ,  con  or¬ 
namento  d’ Ebano  donato  al  Signor 
Marchefedai  Serenifsimo  Principe 
Mattias  di  Tofeana . 

Due  gambe  (una  fola  col  piede)di  Co- 
loffo  di  marmo ,  grandi  quattro  vol¬ 
te  più  del  naturale . 

DI  RILIEVO, 

Altro  fanciullo  a  cavallo  d’una  Chioc¬ 
ciola,  fopra  di  un  piededallo  d’eba- 
Xx  ^  no. 


520  G  A  L  Zi 

no ,  c  pietre,  ambi  donatili  dai  Sere‘9 
nifs.Pnnc.Card.  Leopoldo  IVledici . 
Vn’Ercole  con  un  Cignale  sù  la  fpalla, 
con  piedellallo  d’ ebano ,  c  pietre . 
Vn  Satiro  (opra  un  piedeltallo  dorato , 
Vn  Gladiatore  /opra  diunpiedeltallo 
nero . 


URIA 

Quattro  Cavalli  pur  di  bronzo,  tré  an¬ 
tichi  ,  e  un  moderno,  con  piedeftalli 
d’ebano,  e  pietre. 

Ci  fono  altre  figure  picciole  sì  di  Mar¬ 
mo,  conae  di  Bronzo ,  e  Terra  cotta, 
che,  per  non  far  maggior  Volume, 
non  fidefcrivono. 


ALTRE  COSE  DEQNE  DA  OSSERVARSI, 


DVe  Scrigni  di  pietre  varie  di  quel¬ 
le  della  Galleria  del  Serenilsimo 
Gran  Duca  di  Tofeana  lavorati, 
d  ’  Ebano  ,  ficome  fono  li  feguenti , 
Altro  Scrigno  fimile  con  la  facciata  di 
commeifi ,  pietre  dure ,  e  tenere ,  in^ 
mezo  un  Paele  con  luoipilallri^  e 
bali. 

Altro  Scrigno ,  con  la  facciata  di  com¬ 
meifi  fiori,  &  uccelli,  pietre  dure, 
la  portella  rapprefenta  un  Vaio  di 
fiori ,  con  fuoi  pilaftri ,  &c. 

Vno  Scrigno  maggiore  delli  tré  fopra 
d’ un  piede  pur  d’ebano  con  lavori 
di  Tartaruga  ,  e  fornito  di  figure-, 
d’argento,  &  altro , 

Vno  Scrigno,  anco  più  grande  dc’fo* 
pradetcì  a  guifa  d’ Armario, nel  qua^ 
le  vi  fono  incallrate  quantità  di  pie¬ 
tre  dure,e  tenere, e  alcune  gioje.con 
fei  colonne  pur  di  pietre, adornato 
ne’  vani,  e  pofamenti  di  Statuette 
d’argento,  e  altre  cofe  curiofe ,  ve¬ 
dendoli  anco  dalle  cadette ,  che  in 
faccia  annocrifialli,le  Galanterie, 
che  rinchiude:  fopra  detto  Scrigno 
vi  è  un  Tabernacolo,  entrovi  un_. 
Crocifido  grande  con  figure^  lavoro 
d’ ambra  gialla,  e  bianca ,  portato  di 
Polonia  al  Sig.Marchcfe  da  Monlig, 
Ranuzzi. 

Vno  Scrigno  in  piedi,  che  s’apre  in 
quattro  parti  con  quantità  di  com¬ 
parti,  ove  fono  di  tutti  li  remedii , 
quintelTenze,  e  odori  della  Fonde¬ 
ria  del  Sercnifs.  Gran  Duca  di  Tof¬ 
eana  ,  confervandoli  il  Sig.  March, 
non  tanto  per  fcrvizio ,  c  bilogno  di 
Cafa  propria,quanto  per  compartir¬ 
ne  all’occafioni  ad  amici,e  Padroni, 
che  gliene  richiedano  a  bifogni. 


Vn  Cofano,  ò  Studiolo  dicriftallo,  & 
Ebano ,  pienodi  Medaglie  d’Oro,  e 
d’argento  di  belli  conii, Gioje,  Inta. 
gli ,  e  Carnei  antichi ,  che  non  fi  de- 
lcrivono,per  non  tediare  il  Lettore, 
Vn’ Annunziata,  &  Angelo  di  pietre 
commelTe,  ornamento  d’ebano,  e 
bronzo  dorato,  donatali  dal  Sere- 
nilfimo  Principe  Cardinal  Leopol¬ 
do  di  Tofeana. 

VnCrifto  nell’ orto  con  Apoftoli,pur 
di  pietre  commelTe,  ficome  la  corni¬ 
ce  ,  in  parte  d’ebano  donatali  dal 
medefimo  Serenifs.  Principe . 
Quattro  Quadretti  di  pietra  Paragone 
intarlìatovi  varii  uccelli,  foglie,  e 
frutti. 

Vn  Quadro  pure  di  Paragone  con  fio¬ 
ri,  &  un  Pappagallo. 

V n  Quadretto  con  un  tronco  d’ albero 
di  pietre. 

Dodici  altri  Quadretti  di  pietra  parte 
intarlìati , 

Vn  Tavolino  di  marmo  bianco  com- 
melTo  di  gioje ,  con  Arme  de’  Medi¬ 
ci  ,  e  Cofpi ,  donato  dal  Serenilsimo 
Gran  Duca  Ferdinando  al  Sig.  Vin¬ 
cenzo  Colpi,  quando  prefe  in  Mo¬ 
glie  la  Signora  Coftanza  Medici, 
Genitori  del  Sig.  Marchele:  quefto 
Tavolino  è  retto  da  tré  figure,  che 
fingono  marmo . 

Vn'  altro  Tavolino  ottangolo  bislun¬ 
go  d’ Ebano  tutto  intarfiato  di  Ma¬ 
dreperla, e  legni  peregrini,  lavoro 
fatto  nella  Galleria  di  Firenze  ;  nel 
di  cui  mezo  vi  è  un’Oriuolo,  che 
non  impedilce  il  piano  del  mede- 
fimo  Tavolino,  il  quale  è  retto  da 
un  piede  di  lavoro  non  inferiore  al 
medefimo  Tavolino. 


Intra» 


JZI 


C  0  S  P  l  A  N  A. 

Introduzione  dia  Capella  di  s.  Antonio, 

4  T  E  azioni  umane  per  grandi,  e  generofe,  chefianfi,  e  per  quanto  fivan-» 
4  ^  tino  d’aver  genitrice  la  fola  virtù ,  pare ,  che  non  abbiano  a  riconofccrfi 
per  nobilmente  legittinie,quando  in  quel  modo,  che  porta  la  condizione  deU 
l’eiTer  loro,  non  vengano  indirizzate  alla  prima,  e  (ovrana  Cagione.  Quella 
verità  adoperata  a  tempo  da  gii  amici ,  hà  potuto  guadagnar  la  modeftia  dei  Sig. 
Marchefe ,  di  lo  verchio  timorofo  d’ aver  faftidito  il  Lettore ,  accioche ,  dopo  ef- 
(erli  ammirato  il  fuo  genio  virtuofo,  enei  Palazzo  Publico,  e  nel  luo  privato, 
li  compiaccia  ancora  di  appa'elarlo  per  divoto  entro  il  famolo  Tempio  di  S.  Pe¬ 
tronio  nella  lua  Capella ,  dedicata  al  gloriofo  Santo  di  Padova , 

2  E  che  ciò  lia  vero ,  il  Sig.  Senator  Marchele  Bali  Ferdinando  Colpi ,  come 
più  congiunto  di  langue  all’ antichiUìnia  Famiglia  Saraceni,  oggidì  ellinta, è 
lucceduto  nel  poUcllo  della  Capella  di  S,  Antonio  di  Padova,  che  fù  eretta  nella 
celebre  Chielà ,  &  inligne  Collegiata  di  S.  Petronio ,  e  de U’  anno  i  j  1 8,  alTegna- 
ta  a  Gio.  Antonio  Saraceni ,  che  l’ ornò  d’ intorno  con  diverlì  Miracoli  del  San¬ 
to  ,  clprelsi  a  chiaro ,  e  Icuro  dall’  eccellente  pennello  di  Girolamo  Trevifi ,  tra- 
mezati  con  ornato  di  fini  naarmi  ,de’  quali  pure  è  compofio  TAltare,!!  luolo,  la 
cornice  luperiore ,  e  la  Statua  del  Santo ,  Icolpita  da  Giacomo  Saniovino ,  Scul« 
toreinfigne,  ricevendo  polcia  gentilifsimo  compinaento  il  tutto  da  numerola 
quantità  di  pietre  prezìolc,  che  concorrono  a  nobilitare  ftruttura  così  vaga, 
oltre  gli  ammirabili  Fineftroni  di  vetri  colorati  con  figure  per  dilegno  del  famo^ 
lo  Michclagnolo  Buonaroti . 

3  Onde  defiderolo  i|  Sig.  Marchele  di  farli  vie  più  conolcere ,  e  magnanimo 
infieme ,  e  di  voto  imitatore  della  pietà  Saracena ,  hà  prima  eleguito ,  che  deter¬ 
minato  d’ ornar  con  iiqujtìte  pitture, e  la  vojta ,  e  tutto  il  vacuo ,  che  dalla  Indet¬ 
ta  corniceinsùlpogliato,enudoappariva,  Quindi  lervjto  dal  pennello  inge- 
gnolodiFulgentioMondini,ediGiacomoAlborefi,  Pittori  di  quefta  Patria, 
nella  parte  delira,  all’ ingreflo  della  Capella  medefima,  hà  fatto  rapprelentarc 
un  Quadrone,  checontiene  il  gloriolotranfito  del  Santo^,  la  cui  anima  vola  al 
Cielo,  raccolta  dall’ eterno  Padre ,  che  circondato  da  Ichiere  infinite  d’ Angeli , 
efprime  il  giubilo  univerfale  della  Corte  Celefte  in  paffaggio  così  felice . 

4  Ma  le  l’eccellenza  del  pennello  maellofo  hà  forza  d’eftraere  da  gli  occhi 
de  gii  (pettatori  una  lagrima  più  che  divota,  in  rimirando  la  Joa ve  agonia  dei 
Santo  ,ia  rnedefima  non  è  men  valevole  a  produrre  una  rara  maraviglia  nel  cuo¬ 
re  di  chi  rimira  nell’ angolo  finiftro  del  Quadrone  un’ Angelo,  che  riffoluto  in¬ 
calza  ,  e  Icaccia  il  Demonio ,  (imbolo  vagamente  intefo  per  accennare  un  riftret- 
to  delle  glorie  ,  e  prerogative  inferite  nell’Inno  del  Santo  ;  si  quaris  Mi¬ 
racula  ,  c^f. 

5  Vn  ben  finto,equafi  vero  sfondato  ,chefovra  del  Quadrone  Indetto  fi  ri¬ 
mira  ,  vien  riempito  da  d  ue  virtù  Angolari  del  Santo,  e  cioè  a  dire  dalla  Fede ,  c 
Purità ,  le  quali  fi  lafciano  vedere  in  atto  di  volare  al  Cielo,  come ,  direi , obbli¬ 
gate  aconcorrere  ai  Celefte  Concilio,  dove  fi  determinano  le  glorie  più  vantag- 
giofe  dei  noftro  Santo.  Tutto  ciò  vien  meglio  dichiarato  dalle  parole,  cheft 
leggono  nel  Cartel  Ione  inferiore  ne’ leguenti  verfi  ridotte. 

Già  paffa  Antonio  alla  beata  Corte 

Ei  che  di  Fede,  e  Furit ade  armato 

Può  f cacciar  pene%  affanni,  inferno,  e  morte. 


\ 


6  Palla 


jli  capella 

6  Paffa  l’occhio  ammiratore  alla  Volta  della  Capella,  nc*  quattro  angoli 
della  quale ,  che  reftano  divifi  da  un  cordone  di  macigno ,  fono  rapprefentate  le 
Corone ,  che  furono  preparate  in  Cielo  al  Santo  ;  l’ una  fi  è  quella  della  immor¬ 
talità ,  efprelfa  colla  Stola  Sacerdotale ,  e  tiene  il  motto  animante  :  Stolam  glori* 
inàutt  eumi  ficgue  quella  della  Purità,  fimboleggiata  col  Giglio,  e  vi  fi  legge: 
Lumbi  e]us  prxciocft-y  la  terza  è  la  Dottorale  denotata  colla  Laurea,  cdavviva^ 
tacolle  parole .  Sapientiam  eyts  enarrabunt-,  l’ ultima  finalmente  moftra  la  Pal¬ 
ma  del  Martirio  ex  voto ,  e  vi  Uà  Icritto  :  Defiderium  anim*  ejus:  pregi  così  ec¬ 
celli  ,  e  COSI  proprii  del  Santo  fi  veggono  foltenuti  da  due  Angeli  per  ciafehedu- 
no,  e  fono  contrafegni  più  che  chiari  delle  pompe  cclefti,  che  a  quell’anima 
facrofanta  furono  apparecchiati ,  perche  dovuti , 

7  Air  incontro  di  quello  (picca  l’ altro  Quadrone,  nel  quale  è  figurata  la  Ca« 
nonizazione  del  Santo ,  compita  nella  Città  di  Spoleti  da  Gregorio  IX.  Sommo 
Pontefice  nell’ anno  i  2  32.un’anno  folamentedopolamorte  del  Santo  :  azio. 
nc ,  che  denota  maggiormente  la  moltitudine ,  fiugolarità  ,e  grandezza  de’mi- 
racoli ,  c  delle  grazie  a  (uoi  divoti  pictofilsimamentc  compartite.  Ncll’apertu* 
rapofeia  del  Quadrone  dalla  parte  (uperiorerimirafì  la  Carità,  virtù  infepara- 
bilc,  e  connaturale  del  Santo,  il  quale  volando  al  Cielo, direfie  già  ipantada 
gli  occhi  noUrì ,  fe  la  brama  ardentifsima,  eh’ ella  tiene  d’ edere  dei  continuo 
confiderata  daU’aitrui  mente  divota,  per  l’una  delle  glorie  più  celebri  dei  noftro 
Santo ,  non  le  arreflafie  rapidifsimo  il  volo .  Entro  al  Cartellone ,  che  al  dilotto 
è  addattato ,  quelli  verfi  fi  leggono: 

Fer  Legge  di  Gregorio  Antonio  e  Santo: 

E  fe  da  eh'  ei  morì  feorfo  e  un  fol  anno 
di  fua  Caritade  e  gloria y  e  vanto. 

8  II  tutto  fin  qui  riferito  (là  continuamente  efpollo  alla  veduta  di  qualun¬ 
que  defiderada  vicino  ammirarlo,  per  potere  in  un  tempo  medefimo  riflettere 
alla  di  vota  generofità  del  noftro  Sig  Marchefe ,  il  quale  pure ,  dopo  aver  re(a_ 
unasì  vada  Capella  dapitcureragguardevoli  in  ogni  parte  nobilmente  compi¬ 
ta  ,  non  hà  tralafciato  di  arricchire  il  facro  Altare  di  bronzi  dorati ,  &  il  Ciborio 
di  marmi,  e  di  pietre  preziofe,  edi  aggiugnere  a  sì  prezioli  donativi  fei  Cande¬ 
lieri,  e  Vali  di  Lapis  lazuli ,  legati  in  argento,  con  la  Croce  pure  della  medefima 
materia ,  c  foftenuta  da  un  piede  compoflo  di  gioje ,  e  di  collocare  dirimpetto  al 
concorfode’divoti  adoratori  .avanti  il  facro  Altare,  un  Pabotto  d’ immenfo  va¬ 
lore,  per  le  gioje ,  e  pietre  preziofe,  legate  in  argento ,  che  lo  compongono  ;  do¬ 
no  veramente  ragguardevole , sì  per  l’eccedente  quantità  dell’argento  (ommi- 
niftratoviin  abbondanza  dalla  pierà  del  detto  Sig.  Marchefe,  come  per  le  pietre 
preziofe,  eh’ egli  ricevette  dalla  generofa  munificenza  del  Serenifs.  Gran  Duca 
Ferdinando  IL  G.  M.  per  effere  di  vantaggio  fabbricato  da  gli  eccellenti  Arte¬ 
fici  della  Galleria  di  Firenze.  E  ben  fi  dovevano  così  ricchi  abbigliamenti  a 
quella  Imagine, che  con  tanta  copiadi  graziesà  arricchire  ifuoi  divoti.  Sono, 
non  è  dubbio  alcuno, tali  apparati  nel  concetto  degli  uomini  ineflimabili;  ma 
cedano  a  quel  Teforo  d’ alcuni  frangimenti  del  Corpo  del  Santo  di  Padova ,  che 
donò,pcr  collocarli  in  quella  nobile  Capella,  l’Eminentifsimo  Card  Caraffa, 
acquiftatidal  medefimo  Porporato,  quando  era  Nunzio  alla  Serenifs.  Republi- 
ca  di  Venezia ,  e  riconofciuti  in  fua  prefenza  da  Monfig,  Giorgio  Comari ,  Vef- 
covo  di  Padova,  per  quelli  cafeati,  quando  d’ordine  della  Republica  fudettafi 
feparò  TofTo  dal  medefimo  Corpo  del  Santo,  per  collocarlo  nella  Chiefa  della 
Salute ,  come  ne  fa  indubbitabile  tellimonianza  l’ autentica  del  fopradetto  Emi- 
nentiiTimo  Caraffa ,  e  come  ne  indica  l’ infcrizione,  che  regidrata  fi  vede  a  tergo 

del 


.  C  0  S  P  1  A  N  A.  ■  ifj 

del  Reliquiario  j  fatto  fare  a  ta l’effetto  dalSig.Marchefe,  che appupto erutto 
comporto  di  gioje,  legate  in  argento,  Sforo:  le  parole  fono,  hanc 

4e  T hcf^MTQ ^Corporis  S.  Antonii  Pat.  decerptiim  Carolt/s  fa^rdin^lif  Ca^ 
rajfa.  Bononia  de  Latere  Legatus  Marchiani  T ordinando  Cofpio  purpuratum  mUf 
nus  habere  dedit  Anno  S,  S^ó8, 

P  Non  occorre  »  eh’  ioquì  mi  diffonda  nel  rammemorare  la  frequenza  de’  de¬ 
voti  ,  che  concorrono  a  rendere  confidcrabile  quefto  Tanto  luogo  colle  loro  pre¬ 
ghiere  ,  &  offerte ,  mentre  ne  fanno  anche  qualche  teftimonianza  le  argenterie , 
e  iraagnificiToreieri  d’argento, fatti  appunto  dalla  raccolta  cle’VQti,  «  dalla 
pietà  de’ Signori  Canonici,  e  dei  nortroSig.Marchefe,  , 

IO  E'parimente  confìderabile  l’infcrizione  fcolpita  a  caratteri  d’oro  dal- 
runoall’altrolatodeirAra  infìniflimi  Bargilli,  ornati  pure  da  varietà  di  mat* 
mi }  e  Diafpri ,  colle  feguenti  parole  : 

D,  O,  M, 

5ACELLVM  HOC  D,  ANTONIO  PATAVINO  Picatvm 
:r§AR4C6Nl:NQiaiÈÌI§  AC,,.§TP5UMAII§  0R^^A^1ENIV{^,  PEmTVSXXMr 

PICTYRIS,  SPLENDIDQQ;  CVLtV  MAGMXFIpNTIVS  EXORNAìMT'  | 

IVLI^  SARACENA  PR0NEP05  J 

ferdinandvs  cqspivs  bon.  senator,  et  marchio 

oyi  A  patre  vINCENTIO  FERDINANDI,  I.  M.  D.  E,  avlico  in  primis  accepto 
A  MATRE  CONSTANTIA  MEDICEA  LEONIS  XL  P.  M,  pronepte 
ERGA  SERENISSIMAM  MEDICE  AM  DOMVM 

GVM  SANGVINE  FIDEM  CVM  lACTE  TRAXIT  OESEQVIVM  . 


^  AVl^  NATVS  IN  EANDEM  A  COSMO  IL  Mi  D,  OCTENNIS  ADLEGTVS 
ET  FERDINANDO  lì.  MAGNO  PRINCIPI  ephebvs  honorarivs  datvs 
EIVSDEM  POSTEA  MAGNI  DVCIS  CVBICVLARIVS 
IN  religiosa  S,  STEPHANI  MILITIA  MAIORI  CRVCE  INSIGNIT VS  . 
COMENDIS  AVCTVS  BAIVLIVATV  ARRETINO  DONATVS 
BONONIA  APVD  LEGATOS  EMINENTISS,  NEGOTIOR VM  SIBI  CREDITOR VM  GESTOR 
MVLTIS  IN  INSVBRIAM  ET  AD  ALIOS  PRINCIPES  LEGATIONIBVS  FVNCTVS 
AC  DEMVM  MARCHIONATV  FERRIOLI  NOBILITATVS 
SINGVLA  H^C  ORNAMENTA  HVIC  LAPIDI  INCISA  VOLVIT 

sv^  ERGA  PATRONVM  sanctissimvm  argvmenta  pietatis 
EADEMQ}  erga  MVNIFICENTISS,  princeps  fidelis  animi  monimenta 

ANNO  DOMINI  M,  DC.  LXVL 


u  L’epi* 


5t4  £  0  S  P  l  A  N  A, 

1 1  L’ epìlogo  di  quanto  il  noftto  Sig.  Marcbefe  hà  fatto ,  &  è  per  fare ,  men¬ 
tre  vivrà, il  che  è  poco  a  merci  del  Santo,  benché  eccedala  co  adizione  di  priva¬ 
to  Gentiluomo ,  viene  elpreffo  fopra  la  volta  della  prefeàte  Capclla  nc’  feguen- 
ci  yerfii 

Luftta.no  Eroe»  che  qui  fi  more 
Indi  al  del  vota,  e  Santo  poi  s*  adora ^ 

Sacro  Fernando  in  quefii  fregi  il  core , 

E  eoi  fabbricarli  a’  piedi  del  farro  Altare  la  fua  Sepoltura ,  fatta  di  Marmi  Nobili 
comtnelfi ,  e  conforme  al  feguente  intaglio,  hà  difpofto,  che  in  tal  luogo  fiano 
collocate  le  di  lui  Ceneri ,  accioche  ricevano  calore  appreso  1*  Onnipotente  Dio 
dalla  intercelfìone  di  quel  Santo,  che  fempre  vivendo  hà  riverito  per  unico  fuo 
Incelare. 


INDICE 

DELLE  COSE  PI\r  NOTABILE 

Che  in  quello  Mufeo  fi  defcrivono. 


A 

Bdelayi ,  una  forte  di  Melopopone 
d’Arabia,  pag.  Ij8. 

Abitatori  di  Pefcara  in  Africa 
ddneggiati  dagli  Scorpioni.  5 1 . 
Abito  delle  Vergini  V eflalij  e  qual 
autorità  ejfe  creejfero ,  5  06. 

Acefali  Mofìri  1  e  loro  defcri^ione.  a  8. 

Agata  coir  effigie  d’ un’  Iride ,  1 75. 

Agatocle  Rè  di  Sicilia  diede  il  pregio  alti  Vafi  di 
terra,  anteponendoli  a  quelli  d’ argento ,  265- 

Alicorno,efue  propriet  adì.  12. 

Alce  ,òGranBeflia,e  fue  qualità.  15. 

Aleffiandriniricorfia  Vefpajianoper  lafalute,  per 
ay>'vifo  di  Serapide.  462. 

Ambra  con  yarii  animalet ti  rinchiufiyi,  e  come. 

pag.  48. 

Ametifto  con  fua  miniera  annefayi ,  172. 

Amianto ,  e  come  fi  fili .  181. 

Anello  d' Ayorio ,  che  ne  forma  tré  tutti  d’un  peq;^ 

,  ’go.  290. 

Animale  incognito  creduto  Cane  mojìrifico .  24. 

Anubi  Deità  de  gliEgi’^ii,  perche  figurato  con^ 
tejia  di  Cane .  474. 

Antali ,  ò  Entali  forte  di  Conche .  125. 

Apollo ,  perche  figurato  con  afpetto gioy anile ,  e  di 
bella  faccia.  489. 

Aquila ,  perche  più  nobile  tra'  yolat  ili,  40. 

Aquilina ,  forte  di  pietra .  1 8  r. 

Aratiyi  s  frutto  del  Brafile .  137. 


Archi\,  Balefire  >  Faretre ,  e  Saette  antiche .  240. 
Armadillo  ,e  fuadefcrit^ione,  21. 

Armellino,  e  fue  qualità.  23. 

Armi  yarie  da  difefa  antiche .  227. 

Armi  diyerfe  da  offiefa  antiche  Turchefche.  229. 
Armi  yarie  fotto  nome  di  Spade ,  e  fimili  antiche  • 
pag.  231.^238. 

Armi  yarie  da  fuoco  antiche .  243.  e  249. 

Armi  da  guerra,  e  Inyentori  di  effe .  226. 

Armi  anche  dagli  Antichi  appefe  a’  T empii .  495. 
Arte  plajiica  più  delle  altre  nobile ,  e  perche.  264. 
Asbejio pietra  incombuflihile , che  fi  fila.  299. 
Afe  centrale  delle  yolute  d’ una  Chiocciola  grande 
pietrificata.  160. 

AJìaco  Marino .  1 27. 

AyoltoiOyV zcello  in  pregio  apprejfo  gli  Egitti,  e  per., 
che .  479. 

B 


BAbiloni  infegnarono  a  diyidere  il  giorno  co’/l-> 
le  ore .  20G. 

Bacchetta  d’ una  pinna  dorfale  di  una  Balena  ben 
layorata.  ~99. 

Bacco  ayer  ayuto  due  Mtdri .  497» 

Balena,  fua  Stona ,  e  doye  nafta ..  55.  60. 

Baleflre  antiche .  240. 

Barbute ,  forte  di  Morione  ufato  prima  delle  Cela.- 
te.  227. 


Bafalte  forte  di  Pietra  del!  Egitto ,  della  quale  era 
fabbricatala  Statua  d’ Jfide  adorata  in  Bologna 

al  tem- 


INDICE  DELLE  COSE  PIV  NOTABILI. 


al  tempo  del  Gentilefmo ,  1 6j. 

Bafalte  con  geroglifici .  ^  „  i66. 

Bafiltfco  ,oRa)a piccola y  efloria  [opra ciò.  8o. 
Bilancia  T urea  da  pefar  Monete .  289. 

Biffò  d’ Ariftotile  .  119. 

Bi-\>alyi  T  eflaeei  di  due  Conche,  e  loro  fioria  .114. 
Boli  dirverfi  ,efue  proprietà .  271. 

Borfe  ,  0  T afche  di  cuojo  cotto  con  'varii  la-vori 
antiche .  297. 

Buccardia  reticolata,  cir  altre. 

Buccine  Marine  ^arie .  96.  100, 

Bue  in  onore  di  Ofiride paffuto  in  "Yener actione  tri 
Gentili ,  4<54* 

Buffòle  da  Narvigare .  255. 


CAda-veri  fepolti  da  gli  Antichi  con  Idoli  ncHe 
'vifeere .  484. 

Calamita ,  e  fua  fioria .  177. 

Calice  di  -Yetro  per  ufo  de’  Sacrificii  de  gli  Anti¬ 
chi.  283. 

Cama ,  ò  Cappa  lunga  rinchiufa  in  Alahaflro  .161. 

Camaleonti  di  più  forti.  37. 

Camilli ,  che  affìfteYUno  alli  Sacrificii  ,  cofa  fiif- 


Carta  Etiopica ,  e  T urehefea .  19J. 

Carte  da  Na'vigare ,  2J5. 

Cafìità  de’  Sacerdoti,  e  Sacer doteffle ,  che  ajfifle'vano 
a  gli  Dii  de  gli  Antichi .  '  508. 

Catene  di  legno  di  15.  anelle  per  ciafeuna  tutte  di 
impecio.  291. 

Cada,  e  fua  defcriqfione .  55. 

CatlaYelenofiffimo  di  Babilonia,  e  fitta  deficri:!^io- 
ne.  j4. 

Catlddell  Arabia petrea .  ^5, 

Ca-vallo ,  ò  Ippopotamo  Marino ,  e  proprietà  del  di 
lui  dente .  24. 

Carvallo  Marino ,  e  fitta  deficri:^ione .  f 

Ca-vallo  dagli  Perfìani ,  e  dagli  Sciti  offerto  in  Sa¬ 
crificio  a  Marte .  476. 

Ceffo  del  Cane  Care  aria .  75. 

Cenere  del  Ve fìfYio.  182. 

Cerimonie  ufate  nella  fiefii-vità  d’ Ifide  ,  e  d’Ofit- 
ride .  480. 

Cervio,  e  fine  Corna,  16. 

Chine  fi  affiegnano  per  cjitinto  Elemento  il  Metal- 
lo,  257. 

C hiocciola  rtigofia  maggiore ,  1 08. 

Chiocciole  rugofie  firiate.  199. 


fiero . 

514- 

li . 

I  IO. 

Camozza  dove  filtravi,  e  fua  Caccia.  1 7. 

Chiocciola  nautilite  periata . 

III. 

Cane  ‘onfiecrato  a  Mercurio,  e 

perche.  473. 

Chiocciole  ombilicate  lificie . 

1 1  2. 

Cane  Acefalo  ,  0  fienz^teapo . 

26. 

Chiocciole  Cilindroidi . 

ivi. 

Cane  pentapode . 

29. 

Chiocciolette  tifiate  per  Moneta  nel  Regno  del  Con- 

Cane  pefice ,  e  fua  fioria  . 

7h 

go ,  ir  altrove . 

113. 

Cane  Centrini ,  ò  pefice  Porco 

,  e  fiua  deficrizio- 

Chircjuinco ,  e  fii.a  deficriZfone . 

21. 

ne . 


Cane  citfìode  del  Corpo  d’ Ifide ,  e  d’  Ofiride . 
Candeliere  antico  di  bronco . 


Il- 
474‘ 

260. 

Canochiale  ,fie  debbafi  maggior  laude  al  Lipperficin , 
che  l  ’  in-vento ,  ò  al  Gallileo ,  che  lo  perfezio¬ 
nò ,  21 1. 

Canopo  Principal  Deità  de'  Perfiani ,  adorato  come 
■vincitore  del  Fuoco .  485- 

Cappa  flriata  compofla  d’  arena ,  che  moflra  come  è 
impafìata  di  fugo  pietrificante .  1 60. 

Cappa  lunga  con-vertita  in  Alahaflro ,  1 6  r . 

Cappe  trovanfi  anche  ne’  marmi .  i-vi . 

Cappelletti  ufiati  in  tefìa  dalle  Donne  di  T urchia . 
pag.  251. 

Capigliatura  agl’  Idoli  Egizii,e  perche .  454. 

Capro  adorato  nell’  Egitto ,  e  nella  T ebaide ,  e  per¬ 
che .  46(j. 

Carbone  pietrificato .  155. 

Carcinite  ,  ò  Granciporo .  165. 

Caricatori  da  Mofichetto  intagliati  diligentemen- 
te,  289. 

Carta ,  do've  abbia  prefio  il  nome ,  come  fi  ficrive-va  Coltelliera  d’ India  di  Madreperla,  e  nera,  piena  di 
anticamente,  e  come  fi  prattichi  ne’  Paefi  remo-  Coltelli.  289. 

ti.  i8j.  Commodo  Imperatore  fiufiurpa  il  nome  d’ Ercole, e 

Carta  Chinefie .  189.  con  cjual fondamento.  4P4* 

Carta  di  ficor^n  interiore  d'albero,  192,  Conca  corallina  echinata.  120. 

Coru- 


gitto.  24. 

Cicogna  ,  e  fine  proprietà  .  42. 

Cima  della  Cupola ,  eh’  era  alla  Mofichea  di  Clifi- 
fia.  250. 

Ch'Otta ,  perche  -venerata  dagli  EgizH  •  47  i- 

elafe  de  gli  Idii,  cjual  numero  ne  fioffe  confiderato 
da’  Gentili,  e  perche.  502. 

Cocco  delle  Maldi-ve ,  e  fua  fìoria  .  ijj. 

Cocomere  reticolato  d’  Egitto .  1^8. 

Code  di  Pasìmaca  Marina  .  80. 

Cognizione  anche  di  ogni  più  barbara  Nazione  di 
do-ver -venerar  alcuno ,  che  fioprafìi  alle  Creatu¬ 
re,  (tre.  501. 

Colombo  pefice  ,efiua  fìoria ,  77, 

Colombo  del  Nilo ,  altra  forte  di  pefice .  78. 

Colonne ,  Afte ,  Piramidi ,  e  cofie  filmili  effiere  fìate.^ 
adorate  da  gli  Antichi .  450. 

Coltelli  de’  Sacrificii ,  239. 

Coltelliera  antica  d’ avorio  con  varii  lavori ,  gp-  in¬ 
tagli,  piena  di  Coltelli .  244. 


•INDICE  DELLE  COSE  PI V‘ 'NOTABILI. 


5?<7 


Xjonca.  MBriata .  '  J'v’i . 

€oncafafadta,ep'ietrlficum.^  '  ' 

■^oncd^ìfcìààipiétfév''  ir\n> 

'Goficadelprimo  Ndutilo  d’ Ariflotile ,  .  ''¥oy. 

Conche  margariti  fere- di  rarie  'frandei^^è  *  li  8. 
■■Cotiche  Veneree, pèrìhe  così  dette .  iti. 

Conche  Veneree ,  di  prima  fino  all’  undecima gran- 
■'  de'c^c^a,  ■  .t\^  iijj. 

CoHchite,  e  fifnili  fajftgeneraittrà  due  Conche:  i  '6'i. 
Coperchi  antichi  di  Lumne .  ■  3  5  <5. 

■Coperchio  di  un’  Vrm  ariticbijjlfno  di  brón'^o  im- 
■  prejJò’YtilpartódiGio-ve,efuaJhria.'  313. 
Coralli  diyerfi ,  rofio ,  nero ,  e  bianco ,  e  come  ' fi  'ge- 
■  neri,  .  .  '  •  •  128. 

Corna  di  Cer-^ioinfaffite.  IÌ51. 

Corna ,  con  parte  del  Cranio  di  Ga^g^ella .  1 8. 

Corno  di  Monocerote ,  ò  Rinoceronte ,  e  fuo  pre¬ 
gio  ,  12* 

Corno  di  Capretto  impietrito ,  1 5  i  • 

Corno  di  Capriolo  Marino.  18. 

Corno  di  Bue  fal-vatico ,  i~r>i  • 

Corno  da  gli  Antichi  tertutoferfirnolacrodi  darvi- 
:^ia,  ■  5°o- 

■Corona  praticata  da’  Turchi 'nellmloro  ora:(ioni  . 

pag.  151* 

Crangone ,  '0  Sparnocchia .  i-^7- 

Cranio  d’ Ippopotamo ,  '  24. 

CrifiaUi  di  -varie  forme ,  e  grande:i^e ,  do-ve  ,  e  co- 
me  fit  generino .  172. 

Crocodillo  ,e  fue  proprietà ,  30 


Difcorf  ) [opra  li  caratteri  della . China , 
Thorn  Frutto  del  Regno  del  Dongoh , 


•  OC 


E 


1 89* 
i  5.(5> 


i<5?. 


Chinite  dkdue  forai . 

Egit^ii  fceglie'vano  dalle  Mandrie  gli  Ar- 
•  menti  adorandoli  . per  Deita .  '  4^5^' 

Egi'^ii  adorarvano  V enere [otto  nome  d’ Ifide .  493,., 
■Elefante ,  e fUe doti .  .  io. 

Elefante  inimico  del  Rinocerote .  14. 

■Elefante  pietrificato  tro-vato  intero  nelle  Chiane: 

d’ Aret^o .  '  II. 

Elefante  Marino ,  forte  d’ Aftaco .  -  127. 

Ercole  chìfoffe  ,■  e  p'e,rche  tanto  -venerato  dalla  Gen-. 

tilitàfràgV  Iddii ,  :  '494* 

■Efchilouccif)  daunaTefluggine ,  •  489. 

E  fobico.,  unaforte  di  legno ,  138. 

Età,  che  fi  richiedeva ,  per  effer  inflituito  Sacerdote 


-da  gli  antichi  Romani , 


■503- 


F  Agìuolicpr aliini  d’ Egitto .  ,  "  "1-38. 

Fagiuoli  muffimi  del  Br afide .  -  13  7. 

Faretre  antiche .  .  240. 

Fenici  adoravano  Venere  per  Madre'  de'  gl’  Id¬ 
dìi .  493* 

Fesìe  baccanali  degli  Antichi ,  e  da  che  anno  avuto 
origine .  498. 


Cucchiaro  d’avorio,  che  ferve  a’ Tur  chi  per  ufo  del  Fiafca  da  polvere  confiderabile  per  li  diligenti  la- 


calama-jo.  z86. 

Cucchiaro,  e  forcina  uniti  ai  un’ anello  tutto  di  Un 
pe:Z^o ,  bel  lavoro  di  legno .  ivi , 

^•Cuor  dupplicato ,  trovato  alcuna  volta  nel  corpo 
■umano,  e  di  altro  animale,  e  da  che  proceda.  5. 


D 


D 


Adii’ ambra  ufatì  in  Mof cavia.  507. 

Dea  Bona ,  perche  tanto  venerata  dall’  antì- 

■510. 
e  dal 
251. 
60. 
2y. 
1(53. 
2  25. 


caGentilità. 

Decreti  firmati  dal  Gran  Sig.  de’  Turchi, 
primo  Vifir . 

Delfino ,  e  fua  proprietà . 

Dente  d’ Ippopotamo ,  e  fua  proprietà . 

Dentali  foffili ,  e  loro  virtù  .  1 25. 

Dentali ,  e  T ubult  de’  Ve-rmì .  153. 

Dente  di  Scimiotto  pregiato  dagl’  Indiani  fettecen- 
to  mila  Scudi .  47i* 

Denti ,  e  lingue  foffili .  166. 

Diafpri  colla  fua  Madre ,  e  lavorati  informa  poli¬ 
gona  natur  almente .  i74« 

Dii  confenti  fiimati  dodici  dagli  Gentilhfei  mafchi, 
e  fei  femine.  .  49°* 

Dii  difìintì  in  tre  gene-ri  dalli  Greci ,  e  da’  Roma¬ 
ni.  '  485. 

Difciplina  d’ Asbeflo .  299. 


vori  intagliativi .  294*. 

altra  fimile  d’.  avorio  bipartita  .  -9S> 

Fiafche  di  bel  lavoro .  .  260, 

FiafcheTmchefche  di  cuojo  con  ornamenti  dora¬ 
ti  .  295. 

Fico  Faraone.  13  8» 

Figura  d’ avorior apprefentante  un  Cupido .  295. 
Fiumicello  fui  Bolognefe  che  pietrifica .  15  3. 

Flauti  di  pietra  Ofite ,  e  di  bujfjlo  divarie  forti. 

pag.  .  ■  222. 

Fogli  di  carta  Etiopica.  .  .  193. 

Foglio  di  carta  Chi'nefe .  189. 

Freno  per  la  Lafcivia.  .  253. 

Frutto  del  Dongolo  detto  Kabub .  137. 

Frutto  del  Libano .  ^37 • 

Fungo  arboreo  curiofo  da  vedere»  145. 

altro  legnificato ,  e  grande.  ivi', 

altro  di  Ce'rro  fimile  ad  un  cucchiaio.  ivi . 
altro ,  che  pare  una  T  afa .  .  ,  147. 

altro ,  che  fembra  u^n  pane .  ivi . 

Funghi  pietrificati,  e  dove  fi  generino ..  .1 3  2^  i/j  3 . 


G  Abbia  d’avorio  fatta  con  grand’  artìfi-rfo . 

pag.  •  295. 

Galera  piccola  colle  fue  propor-rfioni .  257. 

y  y  2  Galli- 


J28 


INDICE  DELLE  COSE  P1V'  NOTABILI. 


Jdrpfcoph ,  Strumento  da  ponderar  l’ acque .  a  1 7. 
Imperatori  Romani  fi  per fuade'vam  poter  tutto  ot~ 
tenere  dagl’  Jddii ,  quando  aye'vano  fervito  loro 
con  ajfiduità ,  512. 

Jmprefa  ri  dicala  di  Caligola,  90. 

e  per  lo  più  in  varie  forme  Jncenji  ufati  da.  Sacerdoti  de  gl’  Idoli ^  e  perche. 

171,  pag,  jio.  514. 

Jnchiofiro  Chinefe  di  quante  forti .  ,  189. 

Jnfegna,ò  bandieraTurca.da  Guerra .  351. 

Ippopotamo  )  ò  Cavallo  Alarino  figurato  in  fine  del¬ 
lo  Scetro  dalli  Rè  d’ Egitto ,  e  perche,  24. 
Ifide  invocata  Deità  in  congiuntura  d’  infirmiti , 

4<5i. 

Ifide  »  &  Ofiride  creduti  il  principio  della  gener  ai(to  - 
ne  di  tutte  le  cofe .  :  480. 


Gallina  di  due  tefe ,  44» 

Gallo  d’ India  nwfirifico.  44. 

Gamba d’  Elefante  impietrita,  151. 

Gatto  di  due  corpi ,  e  otto  piedi ,  39. 

Gemme ,  e  Crifialli ,  naftono  d'  umore  analogo,  non 
come  fa  il  Giaccio , 
geometriche . 

Geroglifici  d’  un  Libro  del  Mejfico ,  1 9  2» 

Giuoco  delle  Pafiloni  efpreffo  in  un  ma'^gp  di  Carte 
divifo  in  quattro  parti ,  Amore ,  Speran'^a ,  Ge- 
lofia  ,e  Timore ,  304. 

Giuoco  delle  Mufe  confimile,  joy. 

Giuoco  di  Carte  intagliate  da  Stefano  della  Bella, 
pag,  306, 

Giuoco  di  Tdrocchini  antichi ,  con  Arme  de’  Signori 
Bentivogli ,  quando  avevano  autorità  di  Princi¬ 
pe  in  Bologna.  307, 

Giove ,  nome  dato  dalla  Gentilità  a  qualfifia  Poten¬ 
tato  ,  ò  Principe ,  che  in  autorità ,  e  for‘:^e  avan* 
bavagli  altri,  487. 

Giove,perche  alcune  volte  figurato  me^o  ignudo  dal¬ 
la  parte  fuperiore .  ivi  • 

Giove  figurato  da  alcuni  fen^a  occhi,  fen^n  orecchie, 
efen:^a  mani  ;  da  altri  fedente ,  e  perire  •  ivi , 
Giove  ,  perche  coronato  con  oro ,  e  quercia ,  488. 

Gladiatori ,  e  loro  fpettacoli  fanguinofi  da  chi  anno 
avuto  origine ,  495- 

Globi ,  Celejìe ,  e  T erreflre ,  197, 

Globo ,  che  rinchiude  altri  lavori  dentro  di  fé  tutto 
di  un  pec^^o ,  390. 

Globo  d’ avorio  co  n  dodici  altri  dentro,  che  fi  vedono 
da  alcuni  fori,  tutto  di  un  pegg^ ,  0.96, 

Glojfopetre,  ò  denti  del  Cane  Carcaria,  e  dove  fi  tro- 
•  vino.  167. 

Gocciole  di  V itro  ,  perche  fi  dijfolvona  in  polve¬ 
re ,  318. 

Gran  Beflia ,  e fua  defcri'gìone .  1 5  • 

Granchio  Paguro  pietrificato.  I5-» 

Grattatoio  pratticato  da  Turchi .  391. 

Greci  non  efiere  fiati  meno  balordi  de  gli  Egi’^ii  nel- 
l' Idolatria ,  mentre  quefii  adorarono  atKhe  uomi¬ 
ni  facinoroft ,  458, 

Gruppo  di  Voua  di  Seppia  pietrificato ,  J  5  2. 
Guaperua  delBrafile ,  forte  di  pefce ,  87. 


IBi ,  V ccello  prima  lettera  dell  '  Alfabeto  de  gli 
Egi'^ii,  483. 

Idolatria  pullulò  nel  tempo  di  Enos,  Nipote  di  Ada¬ 
mo  ,  e  figlio  di  Set ,  rinvigorendo  nel  dominio  di 
Nernbroi , 


LAcrime  del  Crocodilo  addatarfi  a  gl’  Ippocri- 

Lana  delle  pinne .  119: 

Lavoro  fot  t  ili ffimo  di  legno,  che  fembra  un  Tem¬ 
pio,  291. 

Lavori  di  Noqi  d’ India  ,  3  85. 

Legislatori  annoverati  da  gli  Egi^ii  tràgl’  Iddii . 

pag,  483. 

Legni  ufati  dagli  Antichi  per  fabbricar  Idoli ,  c-* 

perche,  451. 

Legno  del  Pico  Faraone ,  138. 

Legno  E  fatico .  ivi , 

Legno,  tn cui apparifcono efprefi'e due  tefie umane. 

pag.  141* 

Legno  moflrifico.  ivi. 

Legno  d' Ofiacanta ,  che  naturalmente  forma  uncL-, 
Colonna  Coclide ,  142, 

Leone  di  Plinio,  fpe'c^ie  d’ Afiaco .  127, 

Leone,  Deita  da  gli  Egi:^ii  dedicata  al  Sole ,  e  per¬ 
che  ,  47y. 

Lettere ,  qual  giovamento  apportino  al  Mondo  > 
praticandofi  anche  in  Paefi  remoti ,  1 84. 

Libro  Chinefe  in  foglio  e fpreffovi  la  vita  di  Giesù 
Crifio ,  S-c,  187, 

Libro  Mefficano  formato  tutto  di  Geroglifici  .191, 
Locttfia  Marina  .  1 25. 

Luce-f  ne  Sepolcrali  di  terra,  opinione  circa  Voglio 
per confervarle  accefe,  ^25. 

altre  di  bron'^o  di  bi:^:^arra  forma .  331, 

Lucertola  fcincoide  Africana,e  fua  defcri^tone ,  3  y. 
Lucchetto  T ureo  affai curiofo. 

Lumache  Faraone.  iir. 

Lupo  figurato  per  Ofiride ,  che  partito  da  gli  Ahijfi 
Infernali  comparve  all’uccifwne  di  T ifone .  q66. 


Idolatria  fi  dilatò  col  Tirannico  Dominio  di  Ni-  Lupoconf aerato  dalli  Greci  al  Sole,  e  perche,  457. 
no,  4y7 


Idoli ,  che  fi  feppellivano  in  compagnia  de’  Cadave¬ 
ri  da’ Gentili ,  484, 

Idoli  di  legno ,  che  fembrano  termini ,  ò  fanciulli  fa- 
fidati ,  per  quale  Deità  foffero  adorati .  q6o. 


M 


M 

Adreperla ,  e  fue  proprietà .  1 1  y. 

Majolica ,  e  fuo  pregio  per  la  pittura ,  278. 

Mamur, 


INDICE  DELLE  COSE  PIV' 


.jUfamurfio  Ofeofamofo  Maefiro  di  fondere  il  bron~ 
^0,  4-5  L- 

Mani  di  ferro  compagne  con  inaile  dentro  daflringe- 
re.  2$  2, 

MantiUì  ò  T o^^agliolo  di  Pernamhmco .  292, 

Manucodiatd  )  ò  velia  Paradifo .  41. 

Marchefita  di  due  forti ,  e  do^e  rtafca .  i  So, 

Marmi  Sepolcrali  con  infcr legioni ,  jjy. 

Mafcbera  di  ferro  ufata  inguerra  dòpo  V  ufo  delle 
Barbute,  227. 

Ma':^^eferrate  y>arie  •  229. 

Melo  moflriftcQ ,  145. 

Mercurio  Infernale  ■>  come  figurato,  4S0. 

Mercurio  degli  Egi'^^ii ,  Segretario  del  Rè  Ofiride , 
e  itrrentore  dell’  Arti .  482, 


44- 


NOTABILI.  j2» 

0 

OCa  quadrupede . 

Olio,  per  confery:ar  accefe  le  Lucerne  Sepol¬ 
crali,  dichemateriafojfecompojlo.  525. 

Ombrella  del Gingidio di  Diofeoride . 

Orbe  Marino ,  forte  di  pefee .  77. 

Orchite  di  due  forti,  i6S, 

Orecchie  Marine ,  .  1 2  j. 

Orinoli  a  Sole  in^>entati  da  Babiloni  >  e  poi  praticati 
da  Greci.  -  a 00. 

DifcorfofopragUOriuoli,  202. 

Orinoli  Solari ■yarii .  •'  205.. 

Oro ,  Deità  fatto  di  cui  gli  Egit^iiintefero  il  Mondo 
fottopojìo  alle 'Marie  mniat^oni  del  nc^cere,  e  del 
morire,  485.. 


Mercurio ,  perche  coll’  Ali ,  colla  Borfa  >  col  Qadu-  Ofiacantafiegno  che  forma  una  Colóna  Coclidetie^^. 


Ofiride ,  perche  conieertita  la  di  lui  anima  in  Bue ,  0 
quejlo  adorato  da  gli  Antichi .  4^4* 

Ofiride ,  perche  figurato  colle  parti  genitali  ignudei^. 


ceo ,  e  col  Becco  a’  piedi .  490. 

Mefcola  di  metallo ,  per  li  Sacrificii .  259. 

Mii'Mipira  5  ò  fia  Pirabebe  Pefee  ,  S6, 

Militta  altro  non  effere ,  che  la  Dea  Venere ,  493» 

Molinello  inferto  in  un’  ampolla ,  benché  1’  orificio 
fiaanguflo.  291. 

Molinello  d’ avorio  j  con  molti  ornamenti .  295. 

Moralità ,  che  fi  caya  dall’  ufo  de  gli  Specchi ,  207,  Oflrica  grande  pietrificata 
Mor fi,  ò  freni  da  Ca-Mollo antichi.  255,  Oflrtca coralloide .  \ 

Mofea ,  ir  altri  infetti  rinchiufi  in  ambra..  48. 

Mofcardino,e  fue qualità.  24. 

Moflri  umani  di -Marie  forti.  y.  28. 

Multiplicità  de’ Simolacri  degl’idoli  da  che  fia  de- 
riyata ,  468. 

Mumia ,  che  cofa  fia,  i , 

Mumia  di  quante  forti ,  dcree  faccino ,  fue  qualità  > 


Offa  di  Bue  impietrito . 

Offa  d’ Elefante  pietrificato . 

Ofio  di  CaMollo  Marmo,  e  fue  proprietà , 


Oflreite,Saffo  tra  duegufee  d’Oflricagenerato 
Oy-a  di  Bue ,  cofa  fiano . 

Oytadi  Strwi^^o. 

Oy>a  di  Gallina  moftrifiche , 

O-Ma  partorite  da  una  Donna  > 


e  qual  fia  la  più  perfetta  . 
Murice  Galeiforme . 
Murici  di  -Marie  forti . 
Mufeo  retiforme  palujlre , 


N 


N 

Ani ,  perche  non  crefeiuti , 


%. 

95. 

9(5. 

155» 


6. 

detto 


468* 

151. 

II. 

25. 

irvi. 

,  152. 
SO» 

45* 

47' 


252. 


PAlle  di  ferro  per  ufo  de’  Cefli , 

Palma  Egi-^iUìdi  quanta  utilità  fia  a  quelli  abi¬ 
tanti ,  e  fua  fior  ta.  13S- 

Paflinaca  Marina,  e  fuafloria,  79. 

Pelo  dell’  Elefante ,  e  fue  proprietà .  1 1 . 

Pena,  che  fi  darva  alle  V ?  fiali  impud  iche .  507. 

Penne  dell'  Arpoltop  in  qual  fiima  fojfero  app-ceffo 
gUEgf^i,  479. 


Kahub. 

^  137- 

Pefee  Spada ,  e  fua  Storia , 

72. 

Nappo  di  -Metro  ufato  ne’  Sacrificii-, 

28j. 

Pef :e  Colombo  ,efua  fioria . 

77* 

Nappo  d’ Amburgo , 

284. 

Pefei  a'Mer  e  infegnato  alcune  cofe  all’  Arte . 

54- 

Naf  corno ,  ò  Rinocerote , 

Pettine  di  legno  intugliato,  fatto  in  Candia , 

291. 

Natura  ayer  difegnato  ne’  Pefeì  molte  curiofe  in- 

Pettini  di  Mofconia  curiófi . 

299. 

'Men:^iont,  54. 

Nautica ,  quando ,  e  da  chi  irrventata .'  254. 

Nautili  di  -Marie  fpec^ie  >  prima ,  feconda  >  e  terc^a . 

pag,  10(5, 

Nicolò  Stenonì  a'Mer  notato  otto  ordini  di  denti  in 
unaTefiadiCane  Qentrina.  75. 

Nilo  produce  anche  li  CaMalli  Marini.  24. 

Nilo,  perche  dedicato  ad  Ofiride .  469. 

Noce  del  Pf  ,  frutta,  del  Libano  ,  137. 

Noce  mofirifica ,  e  fior 2  a  f opra  ciò.  145. 

Noci  d^ India,  e  loro defer t^ione .  154. 

Numa  fù ,  che  infiitui  il  capo  delle  Clajf  degl’  Idii 
con  titolo  di  Sommo  Pontefice .  502. 


Pianelle  di  fmifurata  grande':^'^au fate  del  16^1,  e 
perche  tralafciate .  501, 

Piatti  di  rame  bianco  ufati  daTurchi ,  251.  250. 
Piatto  di  legno  fottilijfmo ,  e  dipinto .  286. 

Pietra  'Menturinat,  219, 

Pietra  luminare  di  Bologna ,  e  fua  floria  .  278. 

Pietra  Serpentina  detta  Ofite,  177. 

Pietra  Alber  ina .  174. 

Pietra  da  Calce  confimìle,  m» 

Pietra  con  una  Croce  naturalmente  natarvi .  ì'mì  . 
Pietra  Formicaja.  177, 

Pietra  ineguale,  ch'era  ne’'  Reni  diFrancefeo  I. 
Duca  di  Modana  •  1 5 

Pietre 


INDICE  DELLE  COSE  PIV'  NOTABILIJ 


J30 

Pietre  Foxinite  conforma  di  pefci  imprejfi-Yi  >  e  do- 
"i-’f  ji  tr ovvino  piu  frequenti .  158. 

Pietre  due  ,  eguali  di  pefo ,  e  forma ,  troyiate  in  una 
-vejftca umana .  155. 

Pietnpcarfucome  fi  faccia  ,e  fuafloria.  147. 150. 

Pina  del  Cembro  y  cb’è  il  Pino  Tarentino  di  Pli¬ 
nio.  •  1^7. 

Pinne  di  y>arie  grande'i^\e .  1 1 9. 

Pirabebei'-Pefce  'Yolante .  86. 

Pillacchi  d’ Arabia  in  un  ramo .  158. 

Pomicie  di  Fulcano .  182. 

Porcellana,  do-ne ,  e  come  fi  faccia,  di  quante  forti ,  e 
fua  jhria.  '  275.  277. 

Porco ,  perche  confecrato  a  Gioy>e .  488. 

Porpora ,  fua  foria ,  e  di  quante  forti .  92. 

Prifma ,  corpo  folido  di  crifaUo  trigono .  214. 

preludti  rii,  ò  buoni, che s' apprende-rano  da'  T ofca- 
ni.  509. 

Pugnale  Màgico ,  e  difcorfo fopra  di  efo ,  236. 


R 


RAdke  d’ Albero ,  che  forma  un  T orfo  umano . 

pag.  145. 

Rami  diyerf  pietrificati. 

Religione  fu  perflit^iof a  dell’Idolatria  effer  fiorita  più 
tra  gli  Egi:^ii ,  che  in  altre  Na:(ìoni .  45  8. 

Religione  de  gli  Auguri  pafò  a  Romani  per  opera 
de’  T ofcani,allora  oltremodo fuperfli-^iofi .  505. 


Rinucerote  ,e  fua  defcri^ione . 
Ritmomachia ,  ò  Giuoco  di  Pitagora. 
Rondine  pefce . 

Rofa  di  Gerico ,  e  fua  floria . 

Rote  da -venti . 

Rota,  cheafcende  in  un  piano  inclinato. 


^3' 

502. 

85. 

158. 

255. 

291. 


SAcerdoti  Egi^ii  molto  guardinghi  a  palefarele 
cofe -della  Religione ,  e  perche.  450. 

Sacerdoti  de’  Gentili  ufarono  multiplicità  di  figure 
d’ animali, per  accreditar  nelyolgo  l’ Idolatria, 
pag.  458. 

Sacerdoti  di  più  forti  deflinati  per  li  Sacrificii  dalla 
fuperfli^f  afa  Gentilità.  50^, 

Sacerdoteffe  F efali ,  quante  ne  furono  deflinate  alla 
Dea  Ve  fa .  5  o5. 

Sacri  fidi  de  gli  Antichi,  e  loro  origine.  501. 
Saette  antiche .  240. 

Salgemma.  182. 

Saliera  di  la-voro  Francefe  tutta  fmaltata  con  -varie 
figure  antica.  260. 

S alierà  lavorata  nella  China  di  bella  forma .  261. 
Salterio  f  rumento  Muficale  .  220. 

Samia,  Jfola  dell’  Arcipelago , ove  lavor afi  terra. 

257. 

Saponaria  bianca ,  e  nera .  180. 

Scacchiere  di  Dante  Aligeri  %  302. 


Scarafigio  Rinocerote.  50J 

Scarpe  di  legno ,  form,a  di  bicchieri  T urchi ,  da  bere , 
P‘^g'  289. 

Scarpe,  di  Tartaria,  di  Turchia,  d’india  ,  e_» 
d’Etiopia.  2.99. 

Scatola  d’  avorio  efagona  torlita  di  maravighofo 
lavoro.  295. 

Scheletro  del  Delfino.  70. 

Scodella  d' Ambra.  285-. 

■Scolture  della  Natura  in  alcuni  Saffi  rapprefentanti 
F  arti  d' animali  T  errefri,  ò  alfre  frarvagan^e . 
pag.  157.  fino  175. 

Scorpioni  di  Timi  fi ,  e  loro  proprietà .  51. 

Scimie  rice^mte  per  Deità  dagli  Egigii ,  e  dagl'  In¬ 
diani,  e  perche,  472. 

Scritture  T urchefche,  cioè  Diplomi ,  Patenti ,  Let¬ 
tere,  Ricevute,  e  Conti.  i^93' 

Sepolcri  antichi  di  terra  cotta .  508. 

Sepolcri  de  gli  Antichi  aver  fervito  per  Tempii. 

P‘^g-  '  -  45  5* 

Sfera  Mofiavitica.  299. 

S finge,  cofa  fia ,  e  fuasloria.  47^’* 

Simulacri  delle  falfe  Deità  de’ Gentili  aver  avuto 
origine  da’  Sepolcri,offerendo gl' incenfi  agUefin- 
tiEroi.  455, 

Sirene,non  fi  ano  favolo fe ,  97* 

Sirofano ,  al  riferire  di  S.  Fulgentio ,  fù  l’ origine-.^ 
dell’  Idolatria  p'Ceffo  gli  Egi^^ii .  457* 

Solennità Pamilìi  in  onore  d’ Tifalo,  cofa  foffero. 

pag.  457. 

•  Solitudini  de  gli  Ammonii  producono  Mumie,(La 
■  come .  '  '  2. 

Sparviere  venerato  dalla  Gentilità,  e  perche .  459. 
Sparviere  confecrato  al  Sole ,  e  perche.  47°* 
Specchio  conveffo ,  e  concavo  d’  accia]o .  212. 

Specchio  convejfj ,  e  sferico  di  vetro  grande .  215. 
Spoglie  Militari  T urchefche  .  250. 

Sproni  fravaganti  antichi ,  252. 

Staffa  antica  memorabile .  ivi . 

Statera  Chinefe ,  e fuo  ufo.  290. 

Strumenti  Matematici  di  varie  forti .  1 98. 

Strumenti  di  ferro  antichi.  252. 

Stringa,  forte- di  Flauto.  221. 

Stru:^:^olo,  e  file  proprietà.  •  4J. 


TAbacchiere'd’  avorio  con  baffi  rilievi. 

T  aglia  di  ferro  per  fcalar  muraglie , 
T alco  glauco ,  e  verde . 

Taf  tana  piccola  con  fite  proporzioni . 

T  artari  d’ acqua  di  piu  forti , 

T arta-ruga  dell’  Oceano . 

T  art  aruga  del  T  irreno . 

T afchetta  di  ferro  curiofa , 

T  avola  Geografica  Chinefe.  '  ' 

T avole  di  Cofmografia  Maritima . 

T aZfZfl  Ti  legno  tifata  da  Mofcoviti , 


294. 
252. 
181. 
^57* 
i55‘ 
89. 
ivi . 
252. 
198. 
ivi. 
286. 

T  azz<* 


INDICE  DELLE  COSE  PIV'  NOTABILI. 


T a:(p^a  fatta  di  -vertebra  della  Balena .  6o. 

T empii  della  Dea  ejla ,  perche  rotondi .  505. 

Tepii  derivati  dalla  magnifice-n^a  de'Sepolcrù^^  f. 
T  ermometro ,  a  che  ferva ,  e  fue  pircp-fietà .  2  r  (5. 

Terra  Samia,  e  fue  proprietà.  26^. 

T erra  Indiana  candida ,  ivi  • 

Terra  Ghia.  ivi, 

T ejìa  di  Murrtia  fafciata  all'  Egitfiaca .  4. 

T ejia  di  una  vecchia  imprejfa  dalla  Natura  in  un 
legno,  141. 

Tefla  umana  imprejfa  dalla  Natur  a  in  una  pietra. 

pag.  173. 

T efla  di  Morte  d’ avorio  diligentemente  intaglia¬ 
tela.  296. 

T eSìacei  fojfìli ,  che  fi  trovano  ne’  monti ,  fe  filano 
prodotti  dalla  terra.  i'$6. 

T eflacei  megani ,  e  minuti  in  unpeqjgo  di  pietra^ 
Conòide.  161. 

T  ejìuggine ,  fue  proprietà ,  e  di  quante  forti.  5  7. 
T iara ,  ornamento  ufato  da’  Rè  Perfiani ,  e  da’  Sa¬ 
cerdoti  di  Frigia,  che  cofx  fila,  48 1. 

Trfone,perche  uccidejfe  Ofiride.  4(54. 

T igre  cqnfecrata  a  Bacco  da  gl’  Jndia-ni .  477. 

T olomeo ,  per  virtù  del  vetro ,  vedeva  le  Navi 
i ontano  600.  miglia ,  2x1. 

T ortore ,  ò  Pajlinaca  Marina  ,e  fua Jìoria .  79. 

T r appaia  per  prender  fiere .  -154. 

Trionfi  inventati  da  Bacco,  4S>7- 

T urlante  ufato  da’  Sacerdoti  T urchi .  251. 

Turbinili  varie  forti,  loi. 

F 

Af cello  piccolo  colle  fue  propor'gioni .  237. 

V afi  di  Pietra  Ofite ,  detta  Serpentina,  e_-» 
fue  proprietà .  262. 

V afi  di  terra  Samia ,  loro  ufo,  e  virtù .  26-]. 

V afi  di  terra  bianca  d’ India,  loro  ufo,  e  virtù .  270. 
Vafi  di  Bolo  rojfo  Orientale  :  altri  dell’  Ifola  del¬ 


l’Elba, loro  ufo,  e  virtù.  271. 

Vafidibuccaro  di  Portugailo  y  terra  contro  li  vele¬ 
ni,  2JZ. 

Vafi  di  terrà  ordinaria,  due  di  Rafaello  da  Fr bi¬ 
no,  277. 

Vafograndedi  metaUo  alla  Zimina  figurato .  259. 
Vafi)  T ureìoefico ,  che  fi  apre  in  tré  parti .  260. 

Vafio  diCriRallo  di  Monte,  28 J. 

V afo  d’ avorio  con  varie  figure  Geometriche .  293. 
Vafi )  d’ avorio  fi Jtilifsimo  quanto  la  carta .  ivi , 

V mere, e  Mercurio,perche  unite  quejìe  Deità.  492. 
Venere  chiarnata  col  nome  di  MHitta  •  493 . 

Venere,in  quanti  rnodi  dipinta  dagli  Antichi .  ivi . 
V enere,  chi  prirno  la  ponefie  frà  le  Deità .  ivi. 

V enere  chiamata  anche  Libitina .  494. 

Verga  tenuta  da  Mercurio ,  che  denoti .  48  2. 

Vergini  Feriali ,  perche  dejimate  al  mantenimento 
del  Fuoco,  50 j. 

Vefla  Grolandica  per  ufo  de' Sacerdoti  Indiani.z^'è. 
Vetro  ufato  anticamente  a  imprótar  Medaglie  .219 
Vetro,  come  fi  principiò  a  praticare.  281. 

Vgna  della  Gra  Bejiia,qu<il'è  cotro  il  mal  caduco.  1 6. 
Vite  doppia  p7r  ufo  di  romper  ferrate .  232. 

Vmbilico  di  Venere,ò  di  Mar  e, e  fue  proprietà,  125. 
Vnicorno,  che  fila.  12. 

VnivalviT  eflacei  di  una  fola  Conca,  121. 

Volpe  del Brafile ,  23. 

V olume  di ficorga  interiore  d’ albero ,  192. 

Volumetti  di  carta  T urthefica,  con  entravi  oragioni 
in  lingua  Araba ,  193. 

Volume  di  carta  pecora  idioma  Italiano  antico .  ivi. 
Vrne Sepolcrali,  e  dificor fio  fiopra  di  effe.  311. 

V me  di  vetro  a-ntiche .  285. 

Vfignuolo  falvato  da  un  Delfino .  6^. 

Z 

Occoli  Indiani .  300. 


Indice  alfabetico  deile  Medaglie  antiche,  cheli  trovano  nel  Mufeo, 
e  loro  numero  per  ciafeuna  forte,  clTendo  di  differenti  doverli. 


34rfi  ADriano.q^j. 
26  -L\.  Alefsandro 


Severe.  368 

39  Antonino  Pio .  359 
2^Auguflo.  341 

5  Aureliano.  377 

I  Arcadio.  3 88 

1  Attila.  390 

6  Caligola .  34 j 

2  Caracalla.  ^6j 

t  Carine.  379 

2  Caro ,  ivi 

‘^Cefare.  341 

IO  Claudio  Gotico, 

1 9  Commodo .  36) 

3  Ceslante.  38^ 


2  3  Collantino  Magno  . 
pag.  382. 

jCojìantino  Iunior  e. 

P'g-  585. 

1  Collante,  eCoflantir 

no,  389. 

iCojlantino.  ivi. 

5  Coflango  Cloro,  381. 
lyCoflango.  qS6. 

zCrifpo.  383. 

1 1  Dioclegiano .  3  80. 

2  8  Dornigiano ,  353. 

2  Drufo .  344. 

2  Elagabalo.  j68. 
I  ^  Ere-nnio  Decio . 

874f 


i  Eraclio,  589. 

2oFilippo  Padre ,  372. 
4  Filippo  Figlio  ,373. 

1  Floriano.  378. 

6  Galba .  348» 

12  Gallieno.  37 j. 

2  Germanico.,  343. 

iGeta.  368. 

2  Giuliano.  378. 

^  Giujìiniano,  389. 

I  Giufiino .  ivi , 

-2 q  Gordiano.  370. 

^Gragiano.  388. 

Liciniano.  383. 

3  Licinio  Valeriano . 

P‘^&‘  375’ 


^  Lucio  vero.  q6%. 
-a  Magnengio .  387. 

1  Magno  Majfimo.q^% 

2 5  Marc’  Aurelio .  q  26. 
1 1  Maffengio .  3  84. 

2^  Majfmiano.  380. 

6  Maffimino .  370. 

^Majfimino.  382. 

2  Nerone  Claudio 


Drufo , 

344* 

25  Nerone. 

34<5. 

q  Nerva. 

355- 

1  Numeriano. 

380. 

2  Onorio . 

389- 

2  Ottone . 

349. 

1 3  Probo , 

379- 

i  Rornu- 


INDICE  DELLE  MEDAGLIE  ANTICHE. 


I  Romulo  filio 

di  Maf- 

fengio . 

383. 

5  Settimio  Seyero.367 

6  T acito . 

37^* 

3  T eodofiio . 

388. 

I  P.  jfetrico  . 

379- 

Ti  T iberio  . 

343- 

1 2T iberio  Claudio.3-^6. 

20  T  ito . 

351- 

23  T rajano . 

355* 

7  T rajano  Decio.  373. 

2  Treboniano. 

374* 

é  Valente . 

388. 

1  V alentiniano 

•  337- 

l8  Vejpafiano. 

349- 

2  Vitellio . 

iyi. 

I  Volufiano . 

375- 

Medaglie  di  Donne 

Àugufte . 

“ì^^rippina  Alaggio^ 
re.  391. 

3  Crifpina  Moglie  di 
Commodo  .  3  94. 

3  Cornelia  Salonina  . 

pag.  J96. 

1  Domi:^ia  Moglie  di 
Domi:^iano.  392. 
I  Erenma  Etrufcilla. 

pag.  ^96. 

9  F anfìina  Mag.  392. 
13  F anilina  Min.  393. 

4  Giulia  Mamea.  394. 

1  Giulia  figlia  di  T  ito . 

pag.  391. 

2  Giulia  Moglie  di  Po- 

pe)o  Magno .  i-vi . 
1  Giulia  Mefa.  394. 

3  Liyiia  M.  d’Augufio. 

pag.  391. 

3  Lucilla  M.  di  L.  E~ 
Ho.  392. 

3  Lucilla  M.  di  L,  V e~ 
ro .  3  94. 

é  Martia  Ottacilla. 
m-  595* 

I  Sabina  d’ Adriano . 
pag.  392. 

Monete  Confolari 
d’Argento . 

I  Ca)o  Gonfidio  Peto . 

397- 

1  Cajo  Egnatuleio,rvi. 


I 


I  Cajo  Memmio .  i-vi. 
I  Cajo  Norbano .  i'v». 
I  Cajo  Poftumo.  ivi. 
I  Cajo  Sulpicio .  398. 
I  Decio  Silano .  i"vi. 
I  ^Fabto  Labeone^ . 

pag.  400. 

i  Gabinio.  398. 
I  Gnejo  Cornelio  Len¬ 
tulo  .  iyi. 

I  Lucio  Lucre'gioT no¬ 
ne .  399. 

I  L.  Memmio  Gallo . 

I  Lucio  Fifone  .  h’i. 
I  Mirco  Valerio  Fon¬ 
tejo  .  i-YJ. 

I  Marco  Vargontejo . 

pag.  400. 

I  Marco  Voltejo .  i>;. 
I  Publio  Clodio .  ÌYÌ. 
I  Spurio  Afranio.  ^01. 
I  SI.  T  ermo .  400. 

Incerte.  401. 

Monete  antiche  Latine 
di  bronzo . 


1  Cinna.  403. 

5  Giano ,  402. 

2  LucioSaufejo.  403. 
1  Lucio  Surdino .  ivi. 

IO  Marco  Metello,  iyi. 
i^Tii^io.  h>i. 
I  Spurio  Afranio,  iy>i. 

3  Pefii  antichi .  404. 


Medaglie  d’ Vomini 
llluftri . 

iCajoCaffto.  405. 
I  Gnejo  Domi'^io .  iy>i. 
I  Marco  Agrippa .  ìyì. 
I  Marco  Bruto,  it/. 
I  AlarcoFontejo..^o6. 
I  Publio  Fontejo .  h;i. 
I  Virgilio.  n>;. 

Medaglie  Greche 
Regali . 

1  Agatocle  T  iranno , 
png.  ^06. 

I  Alefs.  Magno .  tyi . 


L  F  J  N  E  DE 


I  Artemifia.  407. 

I  Dwnifio .  iyi. 

I  Filippo  Maced,  ì-yì, 
5  Li  firn  aco. 

I  Fifone.  408. 

I  Mitridate .  iyi. 

1  Prufiia.  i-Yt. 

i  Seleuco.  i-pi. 


Medaglie  Greche 
non  Regali . 

3  Antonino  il  diletto 
d' Adriano .  409. 

3  Incognite  >  ma  belle . 

pag.  ìyì. 

I  De’ Chii.  410. 
I  De’  Pegini .  iyi. 
I  De’  Neopoliti .  m. 
3  De’  T  urii  della  ma¬ 
gna  Grecia .  ìyì. 
8  Altre  yarie  belle,  ma 
incognite .  iyi. 
3  Medaglie  Ebraiche . 
pag.  41 1. 

Medaglie  di  alcuni 
Sommi  Pontefici . 

1  Adriano  VI.  413. 

2  Alejfandro  VI.  412. 
6  Alejfandro  V II,  41  <5. 
2Califto  III.  411. 
z  Clemente  VII.  413. 
I  Clemente  F7//.41  5. 

Clemente  IX.  417. 
Giulio  II.  412. 
ej.  Giulio  III.  413. 
I  Gregorio  XIII. 

1  G  regor  io  XV.  415. 
1  Innocen-giol.  41 1. 

1  Innocen.  Vili.  412. 

2  Innocen'gio  X.  415. 


2  Leone  X.  412. 

I  Martino  V.  41 1. 

^  Paolo  II.  412. 

1  Paolo  III.  413. 

I  Paolo  IV.  iyi, 

1  Pio  IV.  414. 

I  Pio  V.  iyi. 

3SÌIÌ0V.  414. 


iVrbano  III.  41 1. 
6  V ebano  Vili.  415. 


L  L’  INDIC 


Medaglie  di  Cardinali. 

Aleffandro  Farne fe.r{i  8. 
Alfonfo  Gefualdo .  iyi. 
Alttigi  Capponi .  iyi. 
Antonio  Santacroce.iyi. 
Benenedetto  Giujìinia- 
no .  iyi. 

Bernardino  Spada. ‘^19. 
S.  Carlo  Borromeo .  iyi. 
Federigo  d’ Hajfia .  iyi. 
Flayio  Ghigt .  iyi. 
Francefeo  Alidofio .  tyi. 
Gio.  Carlo  de’  Medici. 

P^S'  420. 

Girolamo  Colonna,  iyi. 
Giuliano  dalla  Royere . 
Giulio  Sacchetti .  iyi. 
Pietro  Barbo.  iyi. 
Profpero  Satacroct .  iyi. 

Arcivefcovijc  Vefeovi. 

Alfonfo  Paleotti.  420. 
Ernejlo  di  BaYiera.  iyi. 
Gio.  Giacomo  di  Sal:^- 
hurgh ,  iyi. 

Altobello  Ayeroldo.e^2 1. 
Ber.Ru.Co.B.Ep.  iyi. 

Medaglie  diverlè» 
cioè 

D'  Imperatori  ,  Regi  » 
Duchi  Principi ,  e  Si¬ 
gnori  moderni.  421, 
finoa  -3.3  .p. 

Di  Regine,  e  Principef- 
fe.  434./:ho<i43(5. 
D’  V omini  lllujìri.  ^36. 
fiwoa^oji. 

Di  Donne  Jlluftri.  441. 
fiv0aJ^ej2. 

Di  Legno  coniate .  443. 
Di  Madreperla .  iyi. 
Sacre  ,  e  Al  or  ali .  443. 
fino  a  446. 

Monete  dtyerfe  de’  Se¬ 
coli  preced  enti .  445. 
fino  a  ^-3.8. 

Baffi-rilieyi  Sacri.  448, 
fino  a  449. 

Bajfi-rilieyi  Profani, 
iip.finoa^^^. 


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